t ; ;Iris£i:-^^s5f5i i,. :->iàs&2&m23*z t- :v'-.-a'£5SS£Ki^H'rK f. ’> K: ■•: •vj:v» "iK^^^»l: ; .■.•••Xiiri-j i :-‘rl*.v# s 3 ETHIC8 ETH-BIB 00100002210454 /a»/' 23 S 94 - •i ?r-r - ■ ! [ MWP") DEI LATORI SCIENTIFICI DELL! PROTESTA. L’Autore intende di conservare i diritti che gli accorda la legge sulla proprietà letteraria , avendo adempiuto a quanto essa prescrive. mmn IL&TDM SINaattOIIIUt RADUNATO IN GENOVA NEL SETTEMBRE DEL 1846 !ElLàM©l!E DEL DOTTORE CARLO LURATI MEMBRO DI DETTO CONGRESSO, DELLA SOCIETÀ’ ELVETICA DELLE SCIENZE NATURALI, ECC. ^oftutte ^ LltltO LUGANO TIPOGRAFIA VELADIAI K COMP. 1847 PREFAZIONE -Ho voluto scrivere questa Relazione intorno i lavori scientifici del Congresso di Genova principalmente per i miei concittadini della Svizzera Italiana, la quale è pure una bella e colta parte d’Italia, cui deve importare moltissimo il sapere che cosa si fa nei Congressi Scientifici Italiani, e ciò che si è fatto in quello, che fu l’ottavo, segnalato di Genova, come le deve importare assaissimo il conoscere lo zelo e l’amore col quale gli Italiani si vanno ora porgendo la mano allo scopo di far progredire in questa classica terra ogni ramo di utili scienze. E scrivendo questa Relazione fu mio scopo il porgere ai Ticinesi, che furono in detto Congresso l’oggetto di vive simpatie, il frutto dei lunghi studii e delle profonde disamine scientifiche degli ingegni Italiani, confortato dalla speranza che la merce da me portata in questa mia patria dalla Re- gina del Ligure mare sarà per tornare cara e preziosa, come caro e prezioso è il sapere, agli abitatori delle sponde del Ceresio, del Verbano e del Ticino. Alla pubblicazione di quest’ opera io mi vedeva anche spinto dal pensiero che poco o nulla sapendosi da noi dei lavori di questi Scientifici Congressi, perchè pochissimi furono gli intervenuti, e pochi sono coloro cui pervengono i suoi Atti od i giornali scientifici che su d’essi discorrono, da molti s’ignoravano le importanti cose trattate in detti Congressi, e da alcuni si consideravano di minor pregio ed utilità per la Scienza e per il Popolo Italiano di quello che in realtà sono. Ciò premesso, dirò dell’ordine che a me è piaciuto seguire nello scrivere questa Relazione. Il Congresso Scientifico di Genova, al quale intervennero mille e sessantadue Scienziati, venuti non solo dai diversi paesi d’Italia, ma da tutti gli altri Stati d’Europa, ed anche da più lontane regioni, era diviso in nove sezioni (1), ciascuna delle quali teneva in separate sale le sue particolari unioni. Il Congresso poi radunavasi (1) Le sezioni sono le seguenti: l. a di Zoologia, Anatomia comparata e Fisiologia ; 2.® di Medicina; 3.® di Agronomia e Tecnologia; 4.® di Chirurgia e Anatomia; 5.® di Chimica; 6.® di Botanica e Fisiologia vegetale; 7,® di Fisica e Matematica; 8.® di Geografia ed Archeologia; 9.® di Geologia e Mineralogia. tre volte in generale adunanza, di cui la prima fu per la solenne sua inaugurazione; la seconda perla scelta della città ove dovrà tenersi il Congresso nel 1848 (1) j la terza, parimente solenne, che fu quella di chiusura. Esponendo i lavori scientifici delle singole sezioni, dopo avere parlato della prima adunanza generale, e dopo d’avere fatto conoscere i diversi premii che do- vevansi aggiudicare in questo ottavo Congresso, ho voluto discorrere prima di tutto dei lavori della sezione di Zoologia, Anatomia comparata e Fisiologia; in secondo luogo di quelli della sezione di Medicina; e per ultimo delle cose trattate nella sezione di Agronomia e Tecnologia, riserbandomi di discorrere dei lavori delle altre sei sezioni nel secondo volume. Per vero dire io non saprei indicare i motivi pei quali ho dato la preferenza ai lavori delle due prime suindicate sezioni, ma per ciò che riguarda la terza, ossia la sezione di Agronomia, devo ingenuamente confessare che fu per far conoscere sollecitamente ai miei concittadini le cose in questa trattate perchè, per l’importanza che esse hanno, è bene che siano rese pubbliche prima della prossima primavera, affinchè gli agricoltori abbiano il tempo di metterle in (l) La città scelta pel Congresso del 1848 è Bologna. pratica e (li conseguirne in quest'anno quel buon risultato che si ha tutta la ragione di sperare. Tra i lavori della sezione di Agronomia e Tecnologia meritano speciale considerazione gli studii e le osservazioni fatte sulla malattia dominante nei pomi di terra e sui mezzi giudicati opportuni a prevenirla. Avendo io con maggiore diligenza raccolto nella mia Relazione tutte le cose esposte e discusse in detta sezione su questa materia, ed aggiunto altre importanti osservazioni, in parte comunicatemi dopo il Congresso da cortesi miei colleghi, ed in parte tolte da accreditati giornali di agricoltura, è mio ardente desiderio che esse facciausi comuni nel popolo affinchè questo sappia approfittarne nelle imminenti piantagioni di sì preziosi tuberi. Conoscendo poi quanto sia l’importanza non solo pel Cantone Ticino, ma per tutta la Svizzera e l’intiera Europa il preservare in quest’ anno un sì utile prodotto dalla terribile malattia che lo guastò nelle scorse annate, mi sembrerebbe utile cosa che tutti i signori Parrochi, i Maestri di scuola, i Sindaci e le altre persone colte, autorevoli e benefiche facessero un sunto delle osservazioni e degli studii dei dotti su tali materie, e li rendessero in ciascun paese di popolare conoscenza. Nel seguir ciò, si avrà particolar cura di scegliere quelle pratiche che possono essere più convenientemente impiegate in ciascuna località secondo la posizione e la qualità dei terreni od altre condizioni del clima e del suolo, e di consigliare F uso di quelle sostanze atte a preservare il detto prodotto dalla malattia, e che sono in ciascun paese le più comuni, le più conosciute e le meno dispendiose. Quando si consideri il danno che ebbero a soffrire più milioni di persone in Europa per causa di questa infezione, e quando si apprezzi il gran bene che ne può derivare al mondo intiero conservando sano un così importante alimento, la mia proposta non sembrerà nè strana, nè inopportuna. In questa mia Relazione non ho potuto raccogliere tutte le memorie lette, e discorrere per esteso sulle discussioni avvenute, ciò che sarà fatto negli Atti del Congressoj ma mi sono limitato ad esporre un sunto di ciascuna memoria e di ciascuna discussione, ponendo in line dei lavori delle singole sezioni i rapporti letti nell’ adunanza generale del 29 settembre, che mi furono gentilmente trasmessi ancora inediti dagli stessi signori segretari. Se io sapessi esprimerli quali e quanti li ho provati nell’animo, vorrei dirvi in questa occasione i sentimenti di cui sono stato compreso veggendo come in Genova da ogni ordine di cittadini e di magistrati, e con ogni sorta di gentili maniere si cercasse di rendere più gradito il soggiorno in quella civile c dotta città, resa più bella e splendente dal Sapere Italiano che in quei giorni accoglieva. Nella insufficienza della mia penna abbiti, o Madre di tanti illustri, l’omaggio della Scienza, che tu onorasti, l’ammirazione e la gratitudine dei dotti che hai così gentilmente ospitato. Nello scrivere la storia d’un Congresso che ha onorato l’Italia, ho voluto anche giovare in qualche modo agli Italiani destinando il prodotto d’un buon numero di copie di questo libro per gli Asili Infantili della Svizzera Italiana, e per le famiglie Toscane cadute nell’indigenza per effetto del terremoto del 14 dello scorso agosto, i cui disastri mi hanno tocco il cuore quando mi vennero descritti dal dotto segretario della sezione di Medicina, il sig. dott. Odoardo Tur- chelti, al quale io faceva solenne promessa che avrei contribuito il mio obolo per sollevare tante povere famiglie da così grande sciagura (1). Me fortunato se colla presente Relazione, compiendo un atto di beneficenza, avrò potuto nello stesso tem- (I) Il prodotto delle 100 copie destinato a questo scopo sarà trasmesso al prefato sig. dott. Turchetti di Fucecchio nella Toscana perchè in concorso col Comitato di Beneficenza ne faccia quella distribuzione alle famiglie indigenti che crederà più opportuna. po giovare ai miei concittadini col far loro conoscere l’importanza e l’utilità dei lavori scientifici dell’ottavo Congresso Italiano ed il bene che da questi può derivare alla Scienza ed all’ Italia. Questo è il precipuo scopo pel quale tolsi a scrivere il mio libro,, e pel cui conseguimento non omisi ogni sforzo, anche in mezzo alle molte mie occupazioni, che, non lasciandomi che poche ore di studio, non mi hanno permesso di comparire al Pubblico con una Relazione meno disadorna e tale da mostrarsi degna delle materie che ho impreso a trattare e della benevolenza dei lettori. Adunanza Generale del 44 settembre. PRESIDENTE GENERALE &■ ^étirc/ieée ANTONIO BRIGNOLE SALE MINISTRO DI STATO, CAVALIERE DI Pili’ ORDINI, AMBASCIATORE DI S. M. IL RE DI SARDEGNA PRESSO DI S. M. IL RE DE’ FRANCESI, EC., EC. Assessori CAVALIERE AVVOCATO GIAN CRISTOFORO GANDOLFI E DOTTORE GIOVANNI CASARETTO Segretario Generale MARCHESE FRANCESCO PALLA VICINO » La prima adunanza generale, in cui si fece la solenne inaugurazione dell’ Vili Congresso Scientifico Italiano, ebbe luogo iH 4 settembre sotto la presidenza del marchese Rrignole Sale. Tutti gli Scienziati si radunarono alle ore 41 antim. nella chiesa metropolitana di San Lorenzo, dove, celebratosi il sacrifizio della Alessa, venne intuonato l’inno col quale l’uomo invoca un raggio di luce dall’Eterna Sapienza. Dopo di ciò S. E. il cardinale arcivescovo di Genova benedì col Sacramento agli ac- « corsi. Finita la sacra funzione gli Scienziati si portarono in corpo all’ ampio e magnifico salone del Palazzo Ducale, ove, alla presenza del suddetto eminentissimo Cardinale’, di S.'E. 1 il Governatore di Genova, dei signori Sindaci della città, di tutto il Corpo Decurionale, del Consiglio di Presidenza per 1’ ottavo Congresso e d’un gran numero di distinte persone invitate alla festa, il Presidente generale disse l’orazione inaugurale. In essa esprimeva prima di tutto i sentimenti del proprio animo commosso per l’incarico conferitogli; indi si faceva a dire di Genova degnissima d’esser sede dell’ ottavo Congresso, perchè madre di valorosi che ora colla sapienza, ora colle armi, or colle lettere ed or colle arti illustrarono la patria. Dopo la quale enumerazione di celebri Genovesi passò a far cenno della reale utilità dei Congressi e della valida protezione che loro accordarono i principi italiani, ed in ispe- cie il re Carlo Alberto, il quale nulla dimentica di ciò che può crescere vantaggio e decoro a’ suoi sudditi. Indi l’oratore toccò dello stato della scienza regnante la guerra, e della luce che scese sovr’essa all’apparir della pace; e qui disse di coloro che maggiormente cooperarono in ogni tempo pel bene della scienza medesima : quali sarebbero i missionari cattolici, i naviganti, gli esploratori ed altri molti che, sebbene fra le patrie mura, hanno fatto sacrifizio di sè alla causa comune. Cosi progredendo nell’ eruditissimo discorso, venne rapidamente accennando le varie materie di cui, giusta gli istituti, doveva occuparsi il Congresso, e ne dimostrò l’importanza. L’oratore poscia, volto uno sguardo alla terra italiana, parlò di coloro i quali o colla potenza del genio o colla eccellenza delle opere le intrecciarono un serto di gloria. II Presidente conchiuse la sua orazione col dimostrare come la scienza deve procedere ognora sotto il vessillo della religione, sciogliendo nello stesso tempo un voto generoso pei giovani italiani i quali si fanno a consacrare i loro studi al prosperamento della scienza, al bene ed all’onore della patria. 1/ oratore fu più volte interrotto dai più vivi plausi, fra i quali venne pure terminata la dottissima sua orazione. Dopo il discor so del Presidente il principe Bonaparte si levò, e disse il seguente discorso: « Chiarissimi Signori, « Aprcsi quest’ottavo Congresso Scientifico Italiano sotto «ospizi migliori, quantunque nei passati felicissimi ci arridessero. E quale più desiderato di quello del Pontefice, qual più santo auspicio ed efficace del sommo Pio IX, alla cui religiosa potenza 1’ amore di Roma e d’Italia si volge, alla cui autorità tutto il mondo s’inchina? Pregando io la Santità Sua, prima di partire verso di voi, che si degnasse proteggere la nostra istituzione, mi rispose che ciò faceva volentierissimo, ripetendo che era debito di sovrano favoreggiare le scienze e chi le coltiva. I detti suoi erano con tanta affabilità di maniera e virtuosa intenzione pronunziati, che nel cuor vostro, o Signori, si sarebbero come nel mio profondamente scolpiti. E la conosce il sommo Pontefice la istituzione nostra, e la utilità dello scientifico oggetto dichiaratamente ne conferma ! « Non aspetterò mi domandiate il perchè non a voi si presenti una deputazione dell’Accademia dei Lincei, se ornai, per la libera facoltà che il Santo Padre ha categoricamente concesso ai suoi professori ed altri scienziati di intervenire, giungono liete in questa città, fiorente di vita intellettuale e di commercio e d’industria, quelle di altre società scientifiche dello Stato Pontificio. Ben mi terró ni lamentare la inaspet- 4 $* > lata sospensione di un’Accademia fondata e sostenuta in Roma da un principe romano a rimpetto di molti pregiudizi di quel tempo: Accademia che fu la prima delle scientifiche d’Italia: Accademia cui si recò a gloria di appartener Galileo. Egli è però mio debito di annunciarvi, o Signori, che rimedio degno e salutare a tanta ferita si è già preparato. — L’Accademia dei Lincei sarà ristabilita sopra più larghe e più ferme basi. — Questo, nel degnarmi che fece di non brevi ed amorevoli colloqui, mi disse il giusto Pontefice, questo non solo permise, ma che io ridicessi a questo rispettabile Consesso mi comandò. Il recentissimo e grato evento non ha ancor dato luogo al riunirsi e al deliberar dei Lincei, avreste altrimenti veduto venire al vostro cospetto, o chiarissimi signori, i non indegni non dirò emuli, ma discepoli dei Colonna, dei Della Porta, e, per tacere di tanti illustri, del Galileo stesso! « Ed oh quante insieme con quelle dei superstiti Lincei rallegrati tutti con me del segnalato favore sovrano, quante altre simpatie dovrei spiegarvi dei generosi Romani, i quali tanto più volentieri veggono radunarsi in Genova l’ottavo Congresso Italiano, quanto più sanno che un nobile figlio suo, cospicuo per santità, e posto degnissimamente a governare l’opera della cattolica fede, personaggio veramente eminentissimo per virtù, il quale non nomino per non offendere la modestia sua rigidissima /ricevè a gloria propria la elezione che si fece in Milano di questa sua nativa città. Di questa città alla quale dobbiamo il più benefico, il più vasto progresso sociale per la scoperta di un nuovo mondo, del quale l’antico tanto si accrebbe, e lutto giorno di vigorosa gioventù si rinfranca. La Riunione di Genova stamperà nella storia del pen- ■8$ J ì$? siero italiano l’orina incancellabile di un altissimo fatto inorale, come quello che ferma con perpetuo patto T alleanza della religione con la sapienza, ora che Pio IX, Pontelicc santo, con la mano sua potentissima il rallentato nodo ne strinse. Per la qual cosa sieno vólti a Lui, o Signori, ringraziamenti di devozione e d’amore -, e non men vivo e spontaneo sia qui il nostro plauso di quello della sua Roma, che riverente lo adora per quella nuova via che conduce alla civiltà vera c alla pace inclita e durevole delle nazioni ». Fra i vivi applausi clic seguitarono a questo discorso, il Presidente generale si levò per porgere incarico al pr incipe Bonaparte di recare a’ piedi del trono di Sua Santità Tomag- gio di devoto all'etto e riconoscenza con che il Congresso rendeva grazie alla generosa protezione di Pio IX. — L’Assemblea tutta con iterati e pieni applausi confermò le grate significazioni del Presidente generale. Dopo ciò il Segretario generale lesse una lettera degli Scienziati eletti a stabilire i varii esperimenti fisici da farsi durante l’ottavo Congresso ; indi si fecero conoscere le Deputazioni presenti all’apertura del Congresso. 11 Presidente generale invitò infine gli Scienziati a passare tosto all’ elezione dei presidenti delle varie sezioni, e ognuno si ritirò nelle sale destinate all’ uopo. Colf elezione dei presidenti di ciascuna sezione, di cui farò conoscere i nomi, unitamente a quelli dei vice-presidenti e dei segretari quando parlerò dei lavori delle singole sezioni, fu compiuta ia solenne inaugurazione dell’ottavo Congresso Scientifico Italiano in Genova. Prima di parlare dei lavori delle singole sezioni giudico cosa molto opportuna il far conoscere i diversi premii che dovevano essere aggiudicati nell’occasione dell’ottavo Congresso Scientifico Italiano in Genova. E questi sono: Premio di 500 franchi proposto nel Congresso di Lucca dal prof. Pasquale Manfrè di Napoli, e trasmesso dal Congresso di Napoli a quello di Genova, per concedersi alla miglioro memoria sull’ argomento delle alterazioni organiche del cuore. Premio di una medaglia d’oro del valore di 1000 franchi, fondato nel Congresso di Milano dal cav. dott. Matteo Bona- fous, per essere accordato all’ autore che presenterà al Congresso di Genova una versione delle Georgiche di Virgilio, arricchita delle migliori annotazioni e commentari sulla scienza agricola in modo tale da porgere alla gioventù che studia la lingua dell’ antica Italia i mezzi di acquistare utili cognizioni in questa scienza. Premio di una medaglia d’oro del valore d’ital. lire 500, proposto nel Congresso di Milano dal march. Francesco Pallavicino, per essere accordata all’autore che presenterà al Congresso di Genova la migliore memoria sul migliore sistema di motore applicabile alle strade ferrate. Premio di franchi 500, proposto nel Congresso di Napoli dal cav. dott. Trompeo, per colui che dimostrerà quale sia in Italia il più acconcio metodo d’insegnamento medico-chirurgico. Premio di franchi G00, stabilito nel Congresso di Napoli dal cav. doli. Trompeo, a nome di un illustre personaggio incognito, all’autore della memoria che verrà dal Congresso di 7 Genova giudicata più soddisfacente sopra il metodo curativo della lebbra,, e il profilattico della famiglia, in cui si osservano lebbrosi nel contado di Nizza e nel ducato di Genova, collo scopo di prevenire la diffusione di si schifosa malattia. Premio di una medaglia d’oro del valore di franchi 400; instituito nel Congresso di Napoli dal tenente-colonnello Emanuele Baglione di Torino, per chi presenterà al Congresso di Genova una macchina idraulica atta a rimpiazzare il così detto mazzacavallo in Toscana, sigogne in Genova, bricole nel Piemonte ( tempo a presentarla fino al terzo giorno del- P apertura del Congresso). Premio proposto in occasione del Congresso di Napoli di franchi 400, pagabili dal doti. Lionardo Dorotea, già presidente dell’Accademia degli Aspiranti Naturalisti di Napoli; più la medaglia d’argento del 4842 che darà la stessa Accademia a chi esporrà in modo incontrovertibile tutte le scoperte che fecero gl’italiani di ogni epoca in fatto di scienze naturali, e che si appropriarono gli stranieri; senza trascurare la enumerazione di quelle che appartengono ai sommi napolitani Severino e Cavolini, e che figurarono sin qui sotto il nome di non volgari naturalisti oltramontani. (Tanto l’annunciata somma, che la medaglia erano pervenute al Presidente generale dell’ottavo Congresso, il quale era autorizzato a nominare una commissione che giudicasse a quale delle memorie presentate dovevano conferirsi). Premio di una medaglia o del suo equivalente di Ln. 400, deliberato dal Comizio Agrario di Genova, con suo programma del 2 giugno 4840, all’autore della miglior memoria teorico-pratica sul modo pronto e sicuro di popolare di piante 4 $ 8 $ » forestali o di castagno i monti della provincia di Genova, e col proporre inoltro le misure legislative atte a guarentire le novelle puntazioni, e principalmente ad estendere rimboschimento ai terreni comunali incolti. (Il giudizio doveva pronunziarsi dalla sezione di Agronomia e Tecnologia dell’ottavo Congresso Scientifico Italiano, a cui venivano rassegnate dal segretario del Comizio Agrario le memorie presentate al concorso ). <8$ 9 $)g> SEZIONE DI ZOOLOGIA, ANATOMIA COMPARATA E FISIOLOGIA. Presidente PROF. ANTONIO ALESSANDRINI Vice-Presidente DOTTORE FILIPPO DE-FILIPPI S CARLO LUCIANO BONAPARTE PB1NCIPE DI CANINO DOTTORE ACHILLE COSTA I lavori di questa sezione incominciarono la mattina del 15 settembre inaugurati da un discorso del professore Alessandrini, il quale, dopo avere ringraziato i suoi colleglli, che lo elessero presidente, soggiungeva: « E arrivalo dopo lungo desiderare il giorno in cui mi è concesso per la prima volta dalla profonda sapienza dell’immortale nostro Gerarca Pio IX di trovarmi fra voi, illustri cultori della Zoologia e della No- tomia Comparata, e di fruire dei vantaggi di questa utilissima instituzione, fruito dei più recenti perfezionamenti della vita sociale, idea prima della fratellanza, che riunir deve i comuni sforzi di tutte le menti italiane ». Quindi toccava brevemente argomenti relativi alle scienze della sezione, e conchiudeva il suo discorso con parole inspiranti amore allo studio di esse. Dopo di ciò il principe Bonaparte presentò i due primi fascicoli del Corso Elementare di M. Edwards, tradotto in italiano per cura del sig. conte Porro; alcuni esemplari dell’opuscolo del sig. M. Monti sulla ittiologia della Provincia e Diocesi di Como (i) per distribuirsi ai membri; una lettera del sig. Scor- tegagna sui Nummulili; ed il suo Catalogo Metodico dei pesci europei. Su questo suo lavoro il principe Bonaparte intrattenne la sezione con assai dotte osservazioni. Esposti i cambiamenti ch’egli ha creduto necessario introdurre nel suo sistema ittiologico premesso al catalogo, si fece a dimandare degli schiarimenti sopra alcune specie dubbie. Si parlò del posto da dare ai Ciprinidij, del Luvarus imperialis e YJ usimi a Cuvierb del Zeus punrjiOj del gen. PharopteryXj dei Salmo trutta e carpio. In questa lunga discussione presero parte il presidente, il Ruppel, Verany, De-Filippi e Sassi; e dopo di questa il De- Filippi mostrò alla sezione alcuni corpi fossili trovati in abbondanza altri nel Piacentino ed altri in sito ignoto, i quali, mentre in apparenza sembrano simili ad alcuni foraminiferi, sono in realtà otoliti de’ pesci. In questo proposito Achille Costa ricordò la esistenza di simili corpi trovati nella Cala- (1) li sig. Monti, scrivendo l’ittiologia della Diocesi di Como e l’ornitologia, come vedremo in seguito, Ila compreso nel suo trattalo i pesci e gli uccelli anche del Cantone Ticino, che in buona parte appartiene alla delta Diocesi. Ora il Cantone Ticino può dire d’avere per cura del Monti la sua ittiologia e l’ornitologia; il suo quadro mineralogico e l’idrologia medica per ruta del latrali; e la storia delle conchiglie terrestri e fluviali del Luganese per cura dei fratelli Stabile. (Nota delt editore.) bria, c riconosciuti ancora per otoliti dal prof. Costa, il quale li ha descritti negli atti della Reale Accademia delle Scienze. Questa prima adunanza fu chiusa dal presidente, dando incarico al Costa, uno dei segretari della sezione, di esaminare il lavoro del sig. Monti sulla ittiologia di Como, e di riferire alla sezione. La mattina del giorno 1G il presidente apri la seduta, ricordando in nome della Presidenza generale il lavoro già da molto tempo proposto, e non mai definitivamente risoluto intorno alle leggi di nomenclatura. Sopra questo argomento qui là d’uopo ch’io richiami alla mente dei lettori che nell’ indice dei quesiti proposti nelle riunioni anteriori già discussi in parte o tramandati indiscussi ai successivi Congressi eravi la Proposta di una riforma della nomenclatura zoologica e botanica , affine di essere stabilita sopra una base uniforme e permanente ( 1). Ciò premesso, allo scopo di progredire nella discussione di tale proposta il professore Meneghini, in nome dei botanici che facevano parte della Commissione mista, pregò i zoologi a mettersi in relazione con esso per presentare finalmente l’analogo rapporto nel Congresso di Venezia. Venuta la sezione ad un reciproco accordo su tale questione, il De-Filippi comunicò un sunto delle sue osservazioni fatte in quest’anno sullo sviluppo delle clupee, dopo d’avere premesso un cenno sulla feconda disseminazione notturna di questi pesci e sui rapporti strettissimi che anche in quest’atto dimostrano coi salmonidi, mentre i ciprinidi lo esercitano (I) Questa proposta tu discussa licite due sezioni di Zoologia e Botanica nuiiile nei Congressi di Padova e di Lucca. nelle ore più calde del giorno. Da questa comunicazione risultarono specialmente i seguenti fatti : d.° Che il liquido vitellino è assorbito bensi, ma non digerito nel tubo intestinale; 2. ° Che il condotto vitellino-intestinale è il condotto coledoco; 3. ° Che l’embrione giunge a completo suo sviluppo senza che vi si manifestino globuli sanguigni, quantunque non ci si possa negare resistenza d’un liquido nutritizio in circolazione. Sul finire della seduta il principe Bonaparte fece lettura di una lettera di Owen, dalla quale si rilevava l’importante fatto che al nord-ovest di Roma i depositi stratificati di acqua dolce si estendono di più di dodici miglia al di là di quello li ha segnati il eh. Colcgno nella lodatissima sua carta geologica d’Italia. La lettera deH’Owen era piena d’amore o d’ammirazione riconoscente per questa nostra Italia, il cui cielo vivi - ficatore gli ha cresciuto energia di studio, e per Leopoldo II, fondatore dei Congressi Italiani, il quale, accoltolo amorevolmente, gli donò i bellissimi modelli in cera della torpedine c suo apparecchio elettrico. Nella seduta del giorno 47 il presidente prima di tutto presentò alla sezione un’ opera anatomica del prof. Alberto Koelliker; quindi il segretario Costa offri in dono il suo Catechismo di Zoologia , esponendo le ragioni che lo hanno determinato a pubblicare una istituzione di zoologia per quanto potesse al corrente della scienza, e che pur mancava all’Italia, anziché contentarsi delle semplici traduzioni di simili opere che ci vengono dagli stranieri. II presidente ed il prin- cipe Bonaparte vennero dopo parlando di tale opera., clic loro tornò graditissima, e ne mostrarono i principali pregi. 11 prof. Koelliker in seguilo comunicò le sue osservazioni sopra la struttura e lo sviluppo dei vasi linfatici capillari presso le larve de’ Batracii. Parlò della loro origine e formazione, struttura, numero e diametro; della natura del liquido contenutovi, della loro poca contrattilità a differenza dei vasi sanguigni, nei quali questa è massima, e dei rapporti dell’un sistema di vasi con l’altro. Il L. Dorotea di Napoli lesse dopo una memoria, esponendo alcune osservazioni sul liquido contenuto nelle vescichette delle ovaie delle vacche. Parlò 4.° dell’umor giallognolo attaccaticcio (liquido formatore) che scorgesi aprendo una vescica di Graaf che non contiene ancora l’uovo. 2.° Della primordiale formazione della membrana vitellina, la quale nel suo esordio non mostra omogeneità di struttura. 3.° Della forza plastica del liquido contenuto nelle vescichette, per la quale le cellule si trasmutano in canali, e vanno a costruire delle reti capillari; la qual forza plastica gli sembra comune a tutti gli umori delle ovaie. 4.° Infine del mutamento che subisce il liquido contenuto nell’ovaia dopo due giorni estratta dall’ animale. La memoria era accompagnata da analoghe figure. Il vice-presidente De-Filippi venne incaricato a prendere in esame lo scritto del Dorotea, ed a farne alla sezione relazione o sunto, come a lui piaceva meglio. II segretario Costa infine diede lettura di un articolo sulle ferite cagionate dalla puntura dei trachini, pesci marini, e sulla loro pretesa velenosità, nel quale indirettamente l’autore rispondeva all’ erroneo quesito emesso dalla sezione di Chirurgia nel Congresso di Napoli. Nella relazione il Costa dimostrò i.° che i trachini offendono per puntura, e non per morso; e con numerosi esempi provava essere ciò stato ben compreso in tutti i tempi, presso tutte le nazioni, c dal volgo al pari che dai naturalisti; 2.° che le spine o raggi della prima aletta dorsale ed il pungolo dell’opercolo, che sono gli stromenti feritori, non sono in alcun modo velenosi; o.° che le ferite anche tendenti a gangrena debbono ripetersi dall’azione meccanica, come quelle che si riportano da qualunque stromento acuto e penetrante; che la sola acqua marina che penetra nella ferita si può riguardare come esasperante i dolori e causa dei funesti esiti. Il prof. Panizza propose che si facessero su questo oggetto nuovi e concludenti esperimenti, che l’autore diede parola di eseguire. A tale proposito il presidente nominava una Commissione incaricata d’eseguire i detti esperimenti, componendola del prof. Panizza, dott. De-Filippi, A. Costa, march. Durazzo, Cipolina e Verany. Nella tornata del giorno 48 il principe Bonaparte prosegui lo spoglio della corrispondenza, dando notizia di lettera di S. E. il conte Cittadella Vigodargere, il lodatissimo fra i Presidenti generali, il quale modestamente si ritornava alla memoria di chi non può giammai dimenticarlo, perchè le cortesi accoglienze di Padova agli Scienziati Italiani saranno sempre ricordate con affettuose rimembranze. Il prefato principe lesse altra lettera del signor Schembri di Malta, il quale annunziava la traduzione del Rapporto sui recenti progressi e stato attuale della Ornitologia dello Slrickland , e lo aver posto sotto i torchi bolognesi degli annali delle scienze naturali il suo Vocabolario di sinonimi classici della ornitologia euro- pea. Altra del Sclys de Longchamps al Yerany, la quale conteneva molte notizie sopra varie specie di emberize. Altra del signor Francesco Mina-Palombo che dava notizie sopra la Podarcis siculci a ventre rosso e sopra i Vcspertilionidi delle Madonie, insieme alla descrizione d’una specie affinissima al Vespertilio albo-limbatus. Ne lesse un’altra del prof. Owen, contenente una relazione sopra i mammiferi fossili della Gran Brettagna e la teoria della geografica distribuzione del lioce- ne, ossia delle ultime razze estinte di quella classe; vendicava il dotto Inglese le dottrine omologiche di Caras, Oken, Geoffroy e Boianus contro Cuvicr, Agassiz e Moller, e le dichiarava solida base di una giudiziosa filosofia : rendeva infine conto delle scoperte zoologiche dell’ anno. In ultimo comunicò una lettera del Goule, che annunciava la scoperta di varie specie nuove di bordicidi americani, e deplorava la infausta morte del Gilbert nella Nuova Olanda; ed un’altro scritto del principe di Neuwied che offriva in cambio ai musei italiani gli animali della Groenlandia. II prof. Mayer di Bonn esponeva dopo la relazione del principe Bonaparte le sue ricerche intorno all’influenza di una corrente galvanica su i moti del cuore, dalle quali risulta arrestarsi in questo viscere le pulsazioni durante l’influenza stessa, ripristinarsi invece appena quella sia tolta. II professore di Bonn attribuiva il fenomeno della sospensione dei moti del cuore non già ad uno stato di paralisi e neppure di spasma, ma di turgescenza. Il dott. De-Filippi propose due nuovi generi di uccelli nella famiglia degli Arnpelididi , sotto-famiglia dei Conlingi- ni 3 fondandoli sopra specie già conosciute e distinte per l’a- bito, per la forma del becco, per la qualità delle piume e per le remiganti. Il primo di questi generi, ch’egli chiama Ifc- liocherdj ha per tipo YAmpeylis rufo-crislala di D’Orbigny e Lafresn: il secondo, cui dà il nome d ’Eucklornis, dal predominio del color verde, avente per tipi YÀmp. Riefferij Boiss.; YJmp. arcuata , Lafr. ; YAmp aureo-pectus , Lafr. Dopo il discorso del De-Filippi il Verany distribuiva ai membri della sezione una tavola colorita rappresentante due Emberise , una delle quali riguardava come una specie nuova, chiamandola E. Selysii. In fine della tornata lesse la descrizione anatomico-fisiologica del Tristoma coccineum con critiche osservazioni intorno alle Specie di questo genere, lavoro del prof. 0. G. Costa. L’autore notava quello che sull’interna organizzazione di questo elminto era stato scoperto da La Martinière, Baer e Diesing, aggiungendo le scoperte da lui fatte dell’epate, dei reni, del cuore e del meccanismo della fecondazione, avvegnaché aveva raggiunti gli organi sessuali fino al punto del di loro incontro. Spiegava il modo con cui si compie l’assorbimento del chilo e la sua preparazione nel sistema glandulare, e discopriva nell’apparato cutaneo alcune armature come di aculei che adornano il margine intiero del corpo. La memoria era accompagnala da una tavola di delicata esecuzione ed esprimente fedelmente le parti indicate. La sezione di Agronomia presentava il di 49 alla sezione di Zoologia un quesito riguardante la malattia cagionata dal Distoma epatico nelle pecore ed altri animali erbivori che si pascono in luoghi umidi ed acquinitrosi, onde, conoscendo il modo di generazione di questo elminto, indicasse i rimedi valevoli a meglio dirigere le pratiche degli agricoltori. Il pre- sidente incaricò il segretario Costa ed il prof. Patellani a rispondere alla domanda della sezione di Agronomia, ed il Costa intanto dichiarava la genesi del Distoma spontanea e dipendente dalla cattiva nutrizione degli animali. Il prof. Panizza in questa adunanza lesse un’ interessantissima memoria sul movimento dell’ acqua intorno le branchie del Proteo anguino, delle larve di Salamandra e di Tritoni. Premesso un breve cenno istorico degli autori che trattarono del movimento ciliare, confutava primieramente l’opinione di Raspail che le così dette ciglia non siano che illusione ottica prodotta da correnti capillari di acqua sulla superficie delle membrane nervose ; in seguito venivano proposti in detta memoria i seguenti problemi: 4.° Qual relazione possa avere la presenza dell’ aria sull’ acqua sul moto ciliare, e l’autore ritrovava essere nulla. — 2.° Se una irritabilità muscolare presiede a questo moto, ed il Panizza trovava che, mentre un tale agente si deve ammettere nel moto ciliare che verificasi al margine delle branchie delle UniOj non si può egualmente riconoscere per il Proteo e per i girini di Rane e di Salamandre. — 3.° Se un giuoco di endosmosi ed esosmosi sia causa od effetto di tal moto, ed aveva per risultato una negativa. Dalle osservazioni del prof, di Pavia risulta cessar del tutto il movimento ciliare dei Batracii appena che i piccoli animali siano giunti a tanto di sviluppo da essere stabilita la corrente dell’acqua per la bocca e per le fauci fuori dell’apertura che introduce alla cavità branchiale, come ne’ pesci. La dotta assemblea, applaudendo all’illustre Panizza, dietro proposta del presidente fece voti perchè la memoria 2 <3$ 1B £«= da esso letta venisse inserita per intiero negli alti del Congresso. Il segretario Costa, rispondendo in nome di suo padre ad alcune dimande relative alla lampreda, dirette dal prof. Oken al Congresso di Napoli, fece conoscere: 4.” Non potersi stabilire con certezza l’epoca della propagazione, sapendo clic la femmina porta le ovaie molto turgide in maggio, c le uova molto avanzate in giugno. — 2.° Essere indubitato clic le lamprede nuotano, e ciò per fatti ocularmente osservati. — 3° Non essere la lampreda cosi abbondante nel Faro di Messina da farsene commercio. Aggiungeva infine alcune notizie sulla fisiologia di tali pesci. La seduta del 21 veniva aperta dal presidente dimostrando alla sezione una serie di preparati, dai quali risultò che sostanze coloranti frammiste al nutrimento di alcune larve d’insetti hanno potuto passare nell’ apparato tracheale, i di cui vasi specialmente esili e capillari se ne tingono. Ebbe luogo una lunga discussione sulla spiegazione di questo fatto importante, alla quale presero parte il dottore De-Filippi, il cavaliere Bassi ed il presidente; nella impossibilità però di giungere così tosto a risultati decisivi, il presidente eccitò i zootomi a volersene occupare, e designava intanto De-Filippi e Bassi onde nel venturo anno eseguissero esperimenti analoghi a’ suoi, e ne facessero rapporto al Congresso di Venezia. Il prof. Koclliker esponeva in seguito l’anatomia del Tri- stoma papillosum , disegnandola sulla lavagna, dalla quale chiariva la differenza con quella del T. coccineum del professore Costa, quando pur non diversifichino i modi di veder la natura. Il prefato anatomico riteneva con tutti gli anatomici precedenti per bocca quella che il Costa credeva ano il quale, secondo essi, manca. Descriveva il sistema sanguigno, nel quale non trovò cuore distinto. Parlava d’un sistema di vasi acquosi aperto per due forami nella faccia ventrale del corpo, che crede apparecchio respiratore analogo a quello delle oloturie. Trovava il sistema nervoso non diverso del già conosciuto negli altri trematodi. In fine riconosceva nel T. papillo- mm le due gianduia già descritte in altre specie, una delle «piali prepara una vescichetta di Purkitoje, c l’altra i granelli del vitello. Il Costa aggiungeva schiarimenti relativi all’apparecchio digerente del T. cocciiieurn. Il principe Bonaparte, rifermando la sua opinione che la corrispondenza dei sommi uomini tenuta cogli Scienziati Italiani sia in vantaggio ed onore della instituzione, continuò la comunicazione delle lettere scientifiche del comm. Gangadi di Corfù, dell’ illustre Miiller di Berlino e del grande Oken di Zurigo. Il primo chiedeva schiarimenti sopra tre specie di rettili già rimesse al principe, delle quali l’una è 1 ’ Angui* fragili* L., l’altra la Typhlops flavescens , e la terza YAblepharis kilabeili Cocteau ; importante scoperta per quell’ isola del dotto Corfiotto. Il prof. Miiller scriveva fra le altre cose sui suoi più recenti lavori anatomici, mercè i quali trovasi accresciuta la lista degli uccelli forniti di laringe tracheale in modo che la famiglia dei tracheophoni conta oggigiorno dodici generi già disseminati in varie altre famiglie. Il prof. Oken, bramoso di notizie sui Congressi Scientifici Italiani, esprimeva prima di tutto il timore che lo smodato lusso onde gareggiano in Italia le città ncll’accoglierli possa renderli meno caldamente desiderati nell’avvenire; parlava quindi della nomenclatura zoologica,, le cui leggi vede aver incontrato non poca opposizione appo noi. Non ammetteva che debbano considerarsi come due classi gli anfibi ed i rettili, mancando un sistema di organi sul quale poter fondare la seconda di queste classi. Lodava infine l’opera del Gray sugli uccelli, e faceva voti perchè una simile se ne imprenda sui molluschi. Il prefato principe nella tornata del giorno 22, in seguito della visita fatta con la sezione al museo zoologico di Genova, lo dichiarava a nessuno secondo per la perfetta preparazione degli esemplari e per l’importanza di alcune specie principalmente di pesci, esprimendo insieme il suo compiacimento per vedere la Descrizione di Genova e del GenovesalOj offerta in dono agli Scienziati (1), progressiva in ciò che un volume (1) La città di Genova ha dato in dono a ciascun scienziato una bellissima opera intitolala: Descrizione di Genova e del Genovesato; la quale ha quattro parti distribuite in tre volumi. La prima parte riguarda la natura non organizzata ; la seconda la natura organica ; la terza l’uomo ; la quarta i monumenti e le produzioni delle belle arti. Le due prime parti formano il l.° volume; la terza il 2.°, c la quarta il 3.°. Il primo volume contiene inoltre la carta geologica delia Liguria marittima, la caria idrobalica, o della profondità dell’acqua nel golfo di Genova, e n.° 9 tavole di oggetti vegetabili ed animali; il secondo contiene la mappa, o carta topografica della città di Genova ; il terzo contiene n.° 14 incisioni, o litografie di oggetti di arte e monumenti. Lo scrittore della prima parte è il march. L. Pareto ; il quale si assunse per collaboratore il P. C. Sac. Giacomo Garibaldi, c dopo la morte di esso il D. Sac. Fortunato Ciocca. L’autore della seconda parte è il march. M. Spinola, che si assunse per col- laboratori il march. C. Durazzo, il prof. A. Sassi, il prof. G. Denotaris ed il sig. G. B. Verany. L’autore della terza è il march. C. Pallavicino, che si diede per collaboratori l’avv. M. G. Canale, avv. E. Celesia, doli. D. Chiossone, il gen. L. Z. Quaglia, G. Papa, dott. E. Costa, prof. A. Bò, G. Cevasco, G. B. Gandolfi di Cristoforo, il Sac. F. Poggi, gli avvocati P. Torre, A. Careri e N. Magioncalda. E della quarta è l’avv. cav. C. Gandolfi, che per suoi collaboratori ha preso intiero è consacrato alla storia naturale, e accennando la bellissima carta geologica e l’insigne lavoro botanico, si fermava a far rilevare i pregi dei cataloghi de’ vertebrati e dei molluschi, ora vantaggiosamente introdotti in simili libri. In quel giorno la sezione si occupò del quesito inviato dagli agronomi, che fu rimesso alla commissione già scelta, cui venne aggiunto anche il prof. Fossati. Dopo si lesse alla sezione una lettera inviata al Presidente generale dalla comuue di Livorno, con cui si ringrazia il Congresso ed i Genovesi tutti per quanto hanno fatto a vantaggio dei danneggiati dal tremuoto in Toscana (I). gli avvocali M. G. Canale suddetto e F. Aligeri, il march. F. Pallavicino, i pittori G. Isola e G. Frascheri, gli scultori G. B. Cevasco e S. Varni, l’arch. cav. C. Foppiani ed il dott. D. Chiossone suddetto. La carta geologica è stala tracciata dal march. L. Pareto. La carta idroba- tica è stata disegnata e procurata graziosamente dal contrammiraglio M. G. G. don G. Albini; e la carta topografica della città è opera dell’architetto-ingegn. C. G. Foppiani. È pure stata donata a ciascun scienziato la carta geografica del Ducato di Genova ed una medaglia del modulo di 57 millimetri, la quale rappresenta nel diritto l’effigie di Colombo, e nel rovescio leggesi CENOV4 AGLI SCIENZIATI ITALIANI 1846 L’incisione c buona, ed è lavoro di G. Giromelti, coniatore in Roma. (Nota deir autoi'e.J (1) Il Congresso ha aperto nelle sue varie sezioni una sottoscrizione in favore delle famiglie Toscane danneggiate dal terremoto. A tale benefizio da molli si compravano pure alcuni opuscoli, il prodotto della vendita de’ quali era destinato ai danneggiali di Toscana. Tra questi citerò i Documenti storici intorno ad alcuni fatti d’arme degl’Italiani in Montevideo. In Genova si sono parimente date per tale umanissimo scopo delle accademie; tra le quali citerò quella data dal sig. Gius. Novella, maestro di cappella onorario del principe d’Orange, al quale S. A. 1. R. il Granduca di Toscana fece tenere recentemente una medaglia d’oro in segno di benemerenza. (Nota dell’autore.) 4 $ -22 IIprev. Amati di Milano lesse quindi un’importante relazione sopra d’un suo viaggio nell’Africa, nella quale, dopo d’avere esposto molte notizie che si riferivano alla storia, alla geografia ed alla archeologia, parlava d’una specie di pesci da lui osservata nell’acqua caldissima di Hammam- Memskontin, ossia Bagni Incantati. Qui io devo notare al lettore che la memoria dell’ Amati era stata letta alcuni giorni prima da lui stesso nella sezione di Geografia ed Archeologia, dove aveva eccitato grandissimo interesse. Veggendo che lo notizie riguardanti il pesce vivente nell’ acqua termale avevano bisogno d’un maturo esame dei zoologi, io aveva proposto alla sezione suddetta di mandare la memoria dell’Amati alla sezione di Zoologia, Anatomia comparata e Fisiologia. La •mia proposta venne favorevolmente accolta, e l’Amati istesso fu invitato a farne lettura avanti a questa sezione. La relazione dell’ Amati essendo diifusa ed abbracciando cose che si riferiscono ad altre scienze, mi limito ad accentuare le notizie principali sul pesce di Ilammam-Memskoutinj estraendole dal suo Viaggio da Milano in àfrica ( I), in cui sono esposte in modo conforme alla relazione. Dopo d’avere descritto il viaggio da Algeri a Bona, da Bona a Ghelma, l’antica Calama dei Romani, e da Ghelma alla volta dei Bagni Incantati, così continua l’Amati la sua relazione: « Ma quando una nebbia noi vedemmo allo stremo della valle (1) Viaggio da Milano in Africa, visitando il Piemonte, la Savoia, il mezzodì della Francia e F Algeria, col ritorno per Nizza e Genova dell’abate don Giacinto Amati, prevosto paroco di Sanla Maria dei Servi; dedicato a S. A. I. R. il Serenissimo Arciduca Raineri, Vice-Re del Regno Lombardo-Veneto. Milano, presso Angelo Bonfanli, 1845. tra mezzo a ridenti colline ricche di spessi alberi, alle quali facevano corona elevali monti] quando un vapor fumoso e ben denso alzar scorgemmo a ino’ di globi continuali, allora fu che il buon Mustafà gridò Hammam-illemskoulin , cioè : Ecco i Bagni Incantali; grido di letizia ripetuto poi da tutti, perchè tante e si belle idee ci risvegliava di cose udite, ed a buon diritto ognuno salutava la Memskoutinj le terme, le acque, i pesci, le piante, i fiori con ripetuti viva, viva la Memshoulin. «L’incanto, la sorpresa, lo stupore, l’ammirazione già signoreggiavano ogni senso! Opere romane tra quei gioghi? Già si mostravano resti sontuosi di edilìzi, che il tempo edace divorare non seppe : i fianchi di robusto palagio che resistette a quattordici secoli distruttori, due grossissimi archi l’uno di fronte all’altro, e due altri più piccoli a breve distanza allogati] tutto ciò non ci dava forse accenno di opere di magnificenza e di utilità pubblica ? Ma le terme ristaurate dal Conquistatore, oh se ti fosse dato di vederle, allora convinto resteresti con quanta maestrìa di pensieri, con quale solidità di esecuzione da quella antica non meno che celebre nazione venissero costrutte. » Nel primo, avente a capo un semicircolo e allo stremo precisi angoli lineari, vedresti pur chiaramente un vasto quadrato oblungo, forse al nuoto destinato, o il distributore delle acque ahi altri bagni che tengono di seguito, regolando di tal maniera il grado del calorico dell’acqua all’uopo destinata. » Ma tutto ciò fu l’opera del romano Dittatore, e veramente attrae e sorprende. Quello però che il Divino Architetto creò, non vale nè la mano di nemico avverso, nè di tempo edace a ridurlo in ruina. » Scesi nella vallo che a vasta pianura dà capo, qual fenomeno ci si presentò ! Da un monte candido al par di neve precipitano acque bollenti, che qua e là come d’ardente cratere con forte spingimento cscon fuori dalle sorgenti a più di 80 gradi di calore del terni, di R.; e se ciò ti sembra meraviglioso, ti ricorderemo che a trenta passi lontano dalla esalazione fumosa non abbiamo potuto sostenere la forza dell’ardore, grave facendosi in tutti noi il respiramento : al basso poi del colle le acque erano di tanto ancor bollenti, clic guai a chi vi avesse per un solo istante immerso una mano, un solo dito ! e siccome avevamo con noi l’opportuno viatico da servire per il dejuner, così in tale acqua scorrente in cana- liera si fecero cuocere molte uova, che con altri cibi saporosamente mangiammo. » Ma un altro fenomeno stavaci riservato a vedere in quel dì, ed erano i molti pesci guizzanti in quell’ acqua che scor- gevasi e sentivasi bollente in estremo grado : Mirabilis Deus in operibus suis! Qui monsignor vescovo volle darci il soddisfacente piacere di far pescare col preparato insidioso amo uno di que’ pesci, il quale, non appena estratto, e da tutti veduto nei suoi estremi dibattimenti, si tornò a gettare nella stess’acqua, dove, invece di rivivere, come tornato in sua sede natale, morì, e dopo pochi minuti si estrasse a perfetta cottura, c ripartita ognuno sua porzioncella, mangiammo con gusto e sapore squisito, come delizioso ci parve ogni altro cibo che presentato ci venne sotto le grate ombre di quegli alberi dei cent’ anni e di quei tant’ altri fiorescenti, sembrandoci di essere trasportati negli Orti Esperidi ». L’abate Amati progredisce in detto Piaggio narrando d’a ver fatto cuocere eccellente caffè;, immergendo il vaso coll’acqua necessaria nella termale che dal monte scendeva. La relazione dell’Amati, se in molti eccitò il più vivo interesse, in qualcuno non mancò di far nascere miscredenza, o almeno dubbio che il viaggiatore milanese non avesse bene osservato il fatto. Su questo proposito prendendo io la parola, cercai di convincere i meno creduli, adducendo dei falli simili a quello osservato dall’Amati, cioè che nelle isole Manille havvi un’acqua termale di circa 80 gradi, term. R., in cui vivono dei pesci, e che nelle acque caldissime di Abano si sono trovate delle conchiglie vive. Dopo la mia esposizione essendosi detto che trovavansi presenti alla sezione alcuni viaggiatori, che avevano anch’ essi veduto il fatto narrato dall’Amati, non si fece altra quistione sulla verità dell’esposto, ma si propose che si discutesse sul modo di spiegare tale straordinario fenomeno. A tale proposta io domandava che una commissione si occupasse di ciò; ma il prof. Orioli, dichiarandosi pronto a dare lui stesso delle spiegazioni, disse non essere necessario di rimettere la cosa ad una commissione, e discorse lungamente e con applausi su questo argomento. Nella tornata del 23 il dott. De-Filippi comunicava i risultali principali di sue osservazioni fatte in quest’anno sulla embriogenià dei pesci, preso per tipo il Gobius fluvialilis. Accennale prima le differenze più essenziali fra questo pesce e le clupee, entrò a parlare dei cambiamenti che avvengono nell’embrione della specie suddetta dopo l’escita dell’uovo, e specialmente della tardiva formazione di quella sostanza che ben presto appare in altra specie, e la quale dagli autori fu creduta il fegato, mentre non è che uno degli elementi di questo viscere. Da queste nuove osservazioni risulta : 1. ° Che la sola parte periferica vascolare nel Gohius (lu- viatilis va a formar parte integrante del fegato stesso; 2. ° Che il peduncolo vitello-intestinale è la stessa cosa del dutto coledoco ; 3. ° Che la sostanza che gli autori hanno creduto fegato non è assai probabilmente che il peritoneo inviluppante lo strato periferico del tuorlo. Il presidente, cui la sezione aderiva, volle che un sunto di tali osservazioni insieme alle figure che l’autore troverà più importanti, venisse pubblicato negli Alti del Congresso, ed incaricò il dott. Vcrany perchè in nome della sezióne vigilasse alla esecuzione della tavola. II prof. Bcrtoloni parlò in seguito di quattro nuove specie di coleotteri del Mozambic. Le due prime appartengono al gcn. sinthicij delle quali una dedicò al marchese Spinola, J. Spinola:s l’altra chiamò scrobiculata a causa degli scro- bicoli che ha sulle elitre. La terza è un Rhisotrogus, che chiamò Truncatifrons. La quarta è un Odonihopus, che insigni del nome d’un altro distinto entomologo italiano, il Passerini. Avvertiva inoltre la sua Jnlhia Ranzani esser YJnlhia alveolala di Melly, il quale la descrisse pochi mesi prima di lui. Il prof. Ruppel comunicava alcuni rilievi sul Catalogo dei pesci europei del principe Bonaparte, parlando principalmente del Mupus imperialis , che disse differire del tutto dal Centro - lophusj del suo Conger hyalinus , che abolì, e del gen. Para- lepis } in cui riconobbe due specie. Nel dì 24 la sezione applaudiva ad una bella memoria sugli amori di alcuni serpenti nostrali, letta dal prof. Genè, il quale descriveva in modo speciale quelli del Coluber àustria - cuSj Riccioli , di cui sospetta due specie, ed Atro-virens : la qual memoria io qui inserirei volentieri se l’autore non l’avesse già destinala per VAntologia Italiana. Su gli amori dei serpenti parlarono dopo il Genè il principe Bonaparte, il M. Durazzo ed il Ragazzoni. Il prof. Koelliker parlò di un nuovo Distoma , che egli intitolò dal prof. Oken Distoma Okeni , trovato nella cavità toracica della Brama Raji. La più notevole singolarità di esso è l’avere i sessi separati: il maschio filiforme, la femmina posteriormente molto rigonfia, trovandosi costantemente un maschio ed una femmina insieme in una vescica. Il Botto presentò in natura ed in disegno un corpo evacuato da una giovine, ch’egli inclinava a credere un elminto, c che però desiderava la sezione lo esaminasse per giudicarlo. Comunicò quindi la sua idea che il bruciare tutti gli elminti, o vermi, che vengono cacciati dall’uomo e da altri animali potesse influire alla minor propagazione degli stessi. Il De- Filippi e il Costa esclusero l’idea d’elminto, il Koelliker e l’Alessandrini esprimevano il dubbio fosse un frammento di vegetabile. Vennero incaricati dell’esame di quel corpo i professori Genè e Koelliker. Si terminò l’adunanza colla distribuzione del programma per la statua del sommo Geoffroy Saint-Hilaire, la di cui memoria il principe Bonaparte caldamente raccomandava alla riconoscenza dei zoologi. II prof. Koelliker nell’adunanza del 25 ha discorso lun- gamente della origine, terminazione e sviluppo delle fibre nervose. Riconosceva la prima con altri anatomici ne’ gangli, midolla spinale e cervello: descriveva duo diversi modi di terminazioni delle stesse : una in cui si uniscono, l’altra in cui si dividono in rami più o meno numerosi. Secondo la sua opinione lo sviluppo ha luogo dalla unione di cellule fusiformi o stellate che subiscono una trasformazione. I professori Pa- nizza e Alessandrini aggiunsero diverse riflessioni sulle cose esposte dal Koelliker. Il prof. Genè lesse una prima nota del De Martino intorno i risultamenti di osservazioni sull’istante battito del cuore negli animali a sangue caldo, per le quali conchiudeva che il cuore batte nei mammiferi e negli uccelli nel momento della sistole dei ventricoli, e per analogia anche nell’uomo debba accader lo stesso. Il dott. Dubini illustrò la interna anatomia di un verme intestinale umano da lui descritto precedentemente, ed al quale ha dato il nome di Anchilostoma duodenale , quantunque non trovisi solo nel duodeno, ma anche nell’ intestino digiuno (i). Mostrò inoltre alcune tavole, le quali rappresentavano in modo più esatto, che non si possedeva per lo innanzi, alcuni elminti umani comuni. (t) Il Dubini mi parlò a Lugano, or sono Ire anni, àe\V Anchilostoma duodenale, e mi disse trovarsi frequentemente nel duodeno e nel digiuno dei cadaveri di soggetti emaciati c morti dopo lunghe malattie; ma in molle indagini da me falle in cadaveri di questo genere non mi fu mai dato di rinvenire il detto piccolo verme. Con ciò non intendo di negare quello che il mio collega ed amico Dubini ha scoperto per il primo e più volte osservato. (Nota dell’autore.) Il prof. Koelliker presentò in nome di Ermanno Meycr quattro preparati in cera formanti parte di una serie di trenta altri preparati destinata a rischiarare i principali periodi dello sviluppo dell’ embrione umano. Infine il Bourcier di Lione nel presentare tre specie di uccelli-mosca, che destinava pel museo zoologico dell’Università di Genova, parlò delle recenti scoperte e della gran confusione nella sinonimia e classificazione delle specie in questa famiglia di uccelli, della quale perciò si sta di proposito occupando per pubblicare un suo lavoro. L’istesso Bourcier esponeva poi nella tornata del 26 le ultime sue ricerche fatte sopra i bachi da seta relative si all’organo che prepara la materia sericea, che alla sostanza sericea medesima. Descritte le diverse parti, di cui l’organo se- cretore componesi, parlava della formazione dei fili sericei eh’ egli ha riconosciuto avvenire in vicinanza della filiera, poco innanzi l’uscita del filo medesimo; discorreva della sorgente della materia colorante, ec., e faceva osservare varii bozzoli spettanti a specie e varietà diverse. Il cav. Bassi parlava sullo stesso argomento, facendo delle obiezioni su talune delle cose esposte dal Bourcier, il quale rispondeva analogamente. Il prof. Gcnè lesse dopo una memoria sull’intonaco metallico che riveste i denti molari delle capre selvatiche di Ta- volara, facendo in pari tempo osservare in natura varie mascelle i cui denti sono coperti d’un intonaco che pel suo colore ha fatto nascere l’idea volgare di denti d’oro. 11 prefato professore, dopo avere premessa la parte storica, trattò i due punti più interessanti sull’ argomento, mostrando cos’ è e co- me si forma questo singolare rivestimento. Il Gcnè, passando ad altro argomento, fece lettura della seconda delle tre note inviate dal De Martino. Essa riguardava le osservazioni sui fenomeni della contrazione spontanea delle fibre muscolari, eseguite sul cuore dei crostacei, le cui fibre muscolari tolte dal cuor vivo, avendo presentato le ritmiche contrazioni senza alcuno stimolo esterno, sino sui minimi fascetti isolati, gli hanno dato agio a poter con chiarezza eseguire lo sue osservazioni. Il principe Bonaparte lesse in seguito una lettera inviatagli dal prof. Rusconi, in cui gli annunziava d’essergli riuscito nelle rane di far passare con la massima facilità la materia dell’iniezione dalla piccola cisterna linfatica entro la grande, e da questa entro le vene e di farla venire al cuore : la materia essere passata non per via diretta, ma per endosmosi. Il prof. Fossati in nome della commissione, di cui facevano parte il dott. A. Costa e prof. Patellani, lesse il rapporto sul già accennato quesito, inviato dalla sezione di Agronomia, del Distoma che trovasi nelle pecore ed in altri animali erbivori, e sui mezzi onde evitare la cachessia di detti animali, i quali vennero dalla commissione indicati insieme a tutto ciò che riguarda l’elminto. II rapporto venne mandato alla sezione di Agronomia, che ne aveva dato il quesito. Nel dì 27 non fuvvi seduta, essendo domenica, e nel 28, che fu P ultima delle adunanze di questa sessione, il principe Bonaparte comunicò le seguenti lettere: 4. a Del celebre ittiologo Heckel, il quale rendeva conto de’ suoi studi sopra i pesci fossili, ed annunziava che le specie di Ciprinidi aumentano ogni giorno sotto il suo esame. 2. a L’indefesso naturalista Blyth, conservatore del museo della Società Asiatica di Calcutta., discorreva della grande copia di oggetti naturali che ivi si trovano, i quali lo hanno determinato a pubblicare una serie di scritti, che andranno un giorno a formare la Fauna Indica. Prima a veder la luce sai a la monografia dei Columbidi , di cui espose la classificazione con molle illustrazioni. Proponeva infine cambi di oggetti indiani di storia naturale co’ varii musei d’Italia, notando alcune cose che principalmente desiderava. 3. a L’Okcn, congratulandosi cogli Italiani dell’amore e attività sempre crescente pei Congressi, dichiarava non credere altra nazione meglio dell’ Italiana abbia compreso il valore c l’avvenire di queste riunioni; esprimeva la sua riconoscenza per l’accoglimento fatto a’ suoi desiderii, e mostravasi desideroso di conoscere i risultamenti delle sperienze di A. Costa c De Martino sopra la respirazione degli squalli; annunziava infine nuovi studi sulle ale degli insetti e loro vene. Dopo la comunicazione del principe Bonaparte, l’abate Restani parlò d’un fanciullo di quattro anni generato sotto le impressioni d’un omicida, nel quale sono sviluppate esagerate impulsioni all’ uccidere. Il prof. Gene lesse la terza nota del De Martino, la quale tratta di osservazioni sui rapporti di situazione del corpo giallo col follicolo di Graaf, dicendo che la capsula del follicolo ovario anche nella donna trovasi al di dentro del corpo giallo, che si è formato all’ esterno per una vegetazione degli strati verticali. Il prof. Koelliker confutò le osservazioni del De Martino, dimostrando altre osservazioni che confermerebbero l’opinione contraria, quella stessa cioè del BischolF, Leggevasi dopo una lettera diretta al presidente della sezione dal marchese Orazio Antinori, il quale, vedendo che la tassidermia in Italia non ha toccato a desiderabile perfezione e difetta d’un libro soddisfacente, esponeva un suo piano d’opera che va a pubblicare, nella quale proponesi di suggerire riforme a’ metodi tassidermici più usati, tanto per quel che riguarda le sostanze preservatoci, quanto per i mezzi meccanici da mettersi in opera ; al qual proposito proporrà alcune macchine da lui imaginate per meglio giungere a dare agli animali morti atteggiamenti naturali e durevoli forme. La sezione ha lodato il bel proponimento del march. Antinori. Il march. Mazzarosa parlò in quest’ultima adunanza d’un Thryps che riferiva con dubbio al T. physapus Lin., il quale trovasi abbondantemente nelle campagne Lucchesi sopra l’ulivo, cui produce gravi danni. Egli richiamava l’attenzione degli entomologi perchè concorrano coi loro lumi ai mezzi onde distruggere o minorare questo molesto ospite, il quale viene rappresentato insieme con le sue parti in dettaglio in una tavola, che il Mazzarosa faceva distribuire ai membri della sezione. Il cav. Mancini in nome suo e degli altri due deputati del- l’Accademia Pontoniana, cav. De Renzi e A. Costa, fece presentare copia del programma d’un Dizionario Tecnologico Italiano proposto dall’Accademia suddetta. Il De-Filippi comunicò alcune sue osservazioni sulle uove delle valvate, dimostrando come differiscano da quelle della Paìudina impura,, colla quale le valvate dimostrano tanta affinità; ed accennando i mutamenti principali che avvengono nello sviluppo delle uova stesse. Indi passò a dare brevi 55 ragguagli sulla circolazione delle clepsine, dai quali risulta il singolare fatto della non influenza visibile del vaso pulsante dorsale sulla circolazione generale e l’esistenza d’un’ampia cavità nella quale sì versa il sangue che deriva da’ vasi laterali , e nella quale cavità stanno i visceri della digestione e della generazione. Si presentò anche un catalogo di molluschi terrestri e di acqua dolce della Sicilia del Calcara, nel quale sono descritte tre specie eh’ egli crede nuove. 11 sig. Riboli annunciava da Cefalonia essersi rimesse a Parigi alcune mascelle coperte anche di intonaco lucido, sul quale però gli Scienziati Parigini non hanno pronunziato. Il prof. Koelliker riferì sopra una nota del doti. Giuseppe Tenderini in nome di una commissione, della quale facevano parte il prof. Gcnè e dott. Dubini, relativa ad un verme trovato vivo in un uovo di gallina, nel quale riconobbero un Jsca- risj e probabilmente YA. papillosus. Lo stesso Koelliker in nome suo e del prof. Genè fece conoscere il corpo presentato dal sig. Botto essere un vegetabile, e forse un pezzo di buccia di pisello. Sull’argomento de’ Trachini il prof. Genè ricordava essere stato punto egli stesso, e non poter ammettere azione velenosa; e il De-Filippi faceva conoscere la sezione di Chirurgia, convinta deile stesse conclusioni, aver ritirato il suo quesito (1). (I) Dell’effetto prodotto dalla pulitura dei Trachini parlerò più diffusa- mente nella sezione di Chirurgia. o Il presidente prof. Alessandrini poneva termine alle adunanze della sezione rallegrandosi degli interessanti e copiosi lavori in essa presentati, ed esprimendo il desiderio e ferma speranza che Bologna, sua patria, possederà anch’ essa entro le sue dotte mura nel 1848 il fiore della sapienza italiana. Sui lavori di questa sezione il principe Bonaparte leggeva il di 29 settembre nell’adunanza generale degli Scienziati Italiani il seguente importantissimo rapporto, dalla lettura del quale ognuno vedrà suntivamente le principali operazioni della sezione, come da esso ognuno avrà ragione di convincersi del grande amore che l’illustre zoologo romano porta e alla scienza e a’ suoi cultori e al Congresso Italiano. RAPPORTO PER LA SEZIONE DI ZOOLOGIA DEL SEGRETARIO $ Ili nati 3? 3 !2@»&$&!ttt3 LETTO BELL’ ULTIMA ASSEMBLEA GENERALE DELL'Vili CONGRESSO SCIENTIFICO ITALIANO IL DÌ 29 SETTEMBRE 1846 (1) La sezione di Zoologia c Anatomia comparata , nella elezione del professore Alessandrini, ebbe due argomenti assai riguardevoli per acquistar decoro morale e scientifico. Ella vide nel suo presidente un professore degli stati benignamente dischiusi, e un anatomico di valore celebratissimo. Nè questo (1) Questo rapporto mi venne gentilmente trasmesso dallo stesso principe Bonaparte colle seguenti parole : « Carissimo Lurati. Eccovi il rapporto della nostra sezione. Assai di buon grado lo do qual esso sia a voi, che in questa ottava Riunione avete sì chiaramente significato la gentilezza dei vostri concittadini e l’amore sacro per l’in— stituzione dei Congressi e per l’Italia. Stato sano, e credetemi » Fostro affezionatissimo » C. L. P. Bonaparte ». favorevole auspicio andò scompagnalo dalla copia di illustri membri, di lavori, di discussioni importanti. Eleggendo a vice-presidente il De-Filippi, onorò nella gioventù 1’ adulta sapienza, e nel segretario che ha l'onore di favellarvi rimunerò l’amore ardentissimo della Istituzione, per la quale non è peso che sostener non si debba, nè dolore dell’ anima clic non sia da comportare. E prima diremo delle persone, poi delle cose. Vantava la sezione due dotti Segretari generali, spirito e governo di quelle riunioni, il Genè ed il Bassi. Sfolgorava di chiaro lume il discopritore Panizza, e pel grande entomologo e filosofo Massimiliano Spinola eravamo assai lontani dall’ invidiare alle altre sezioni la presenza dei più illustri genovesi concittadini. Quel Riippel, che ogni anno come zoologo levasi a maggiore altezza con opere sempre migliori, fu nostro. Al- l’ingegno sottilmente indagatore di questo abbronzato viaggiatore dell’Abissinia faceva luminoso contrasto l’apparire fra noi del fervido anatomico di Bonn. Delle prussiane sponde del Reno avemmo pur l’entomologo Schmid, esempio di provata amicizia. Con piacere rivedemmo il Durazzo, al quale deve tanto lustro la ornitologia della Liguria, e l’operosissimo Verany fedele seguace delle nostre periodiche pellegrinazioni. Salutato era onorevolmente da noi il Koelliker, che, venuto sotto gli auspici dell’ Oken, ben si mostrò degno di tanta amicizia, di tanta scienza. Dal libero e vivifico cielo di Lugano graditissima udimmo la voce del dolt. Lutati, consigliere di quella Repubblica Ticinese, la quale fece caldamente significare da lui T amore e il desiderio dei nostri Congressi, come già ebbe invitato a maestri l’inflessibile Pietro Giordani, c il torinese Gioberti, campione della più santa e più sicura civiltà italiana! (1) Perchè rapido io trapassi sopra le materie trattate, non ne apparirà meno il numero e l’importanza. La memoria del Patrizza sul movimento dell’acqua circondante le branchie del Proteo anguino, e dei girini di Salamandre, e Tritoni basterebbe essa sola ad onorare una sezione. Nè di minore importanza furono alla scienza le memorie del De-Filippi sullo sviluppo delle Clupee, sull’embriogenià del Ghiosso, in cui perfezionò la sua Teoria del fegato ; non che l’altra bellissima sulle uova delle Valvate. Il Koelliker ci discorreva della struttura e sviluppo dei vasi linfatici e capillari presso le larve (1) Qui il principe Bonaparte allude al desiderio eh’ era in molti Ticinesi di avere il Gioberti ed il Giordani a professori nell’accademia Cantonale Ticinese qualora questa instiamone, decretata con legge del 14 giugno 1844, fosse stata fondata. Come siasi fallo conoscere questo desiderio al Gioberti, io non lo so; ma quanto al Giordani, interrogato da me in proposito, dietro incarico ch’io ebbi da un membro del Governo, mi rispondeva: «.Molle e molle ragioni rendono impossibile l’accettare Tofferta: ma io sento lutto l’obbligo mio per la cortesia del pensiero; e prego lei di voler assicurare della mia durevole riconoscenza quei cortesi che pensarono a me; e veramente mi rincresce che non mi sia possibile il servirli. Questo è il mio destino fino all’ultimo di non poter essere utile a niente, per quanto ne avessi di volontà. Mi pare più convenevole di rispondere a lei, da cui mi viene la proposta. E a quei Signori dirà che, sebbene mi trovino inutile in questo, non vogliano perciò rifiutare di avermi per vero servitore, almeno coll’animo, pur desideroso di poter venire a qualche effetto. » Aggiunga a quei Signori che se mi fosse possibile il servirli, io nè domanderei alcuna condizione, nè accetterei alcun emolumento; perchè avendo già di che vivere, mi sento obbligato di prestarmi ad altrui servigio in tutto quel che io possa. » Aggradisca, ecc. » Suo affezionatissimo » Pietro Giordani ». (Nota dell’ autore.) dei Batrachii, e 1’ anatomia del Tris Ioni a papillosum ; e perseguiva dall’origine al termine lo svolgimento delle fibre nervose. Del Tristoma cocciiieum ci scrisse il napoletano Oron- zio Costa, non che della forma e struttura del cuore, e bulbo dell’arteria branchiale dei pesci. Dal figlio di lui, nostro valido aiuto, ci fu dato !’ apparecchio pterigo-timpanico di varie famiglie dei pesci. Dal Restani una comunicazione frenologica. Dal Dubini l’anatomia dell’^ric/tilostoma duodenale. Dal Boursicr l’organo della «età nei bachi, sopra una mostruosità dei quali ragionò il Bassi. Mandò il Dorotea le ricerche sul liquido delle vescichette ovariche nelle vacche. Il De Martino sul battito del cuore, sulla contrazione spontanea delle fibre muscolari, c sui rapporti di situazione del corpo giallo col follicolo di Graaf. Il Rusconi sul passaggio della iniezione nei linfatici a traverso le vene per endosmosi. E il Presidente mostrò dilicate preparazioni di trachee d’insetti, le quali provano dal loro colorarsi delle sostanze cibate che il fluido circola per entro di esse. Fu doviziosa l’Anatomia, e non meno vedremo esserlo stata la Zoologia. Dei mammiferi intrattenne piacevolmente il Genè sui denti color d’ oro delle capre dell’ isola di Tavolara ; e il D’Hombres Firmas sul cane nella grotta di Pozzuoli; e il Pa- tellani parlò di caratteri zoologici di animali domestici. — Degli uccelli il Riboli discorse frenologicamente sui gallinacei ; di varie specie controverse di passeracei il Durazzo. Il De Selys Longchamps mandò memoria sul Passer pusillusj ed altre notizie ornitologiche; e sin da Calcutta il Blyth una memoria sui Columbidij il Lanfossi la descrizione c la tavola della Euspiza dolychonia. Altre Emberize figurò il Verany, c una nuova YEmberiza Selgsii. L’Astengo ritrasse i costumi dell’ Embcriza rustica. — Dei rettili mandava da Corfù alcune specie il Gangadi* una delle quali nuova per quell’ isola l’ Abhpharus kilaibeli. Il Segretario presentava un suo lavoro monografico sull’ordine delle testuggini, non che una enumerazione sistematica dei rettili e degli anfibii d’Europa. Il Gene seppe cosi acconciamente narrare gli amori dei serpenti* che l’adunanza ne fu vivamente rallegrata* tutto dimenticando il ribrezzo e la vana paura di quegli striscianti animali. — Dei pesci espose il Segretario i caratteri delle loro principali divisioni. Il segretario aggiunto lesse una nota sul Petromy- zon marinus; e sulla puntura dei Trachini ragionò inappellabilmente. Importanti rihevi sui pesci europei furono fatti dal Riipnel, e numerose aggiunte al catalogo dei pesci liguri dal Vercny * ov’è specie nuova il Cijbiv.n BonaparliE di cui distribuì la tavola. L’Amati discorse di un pesce afTrlcono di acq le termali* il che diede argomento al professore Orioli di mostrare plauditamente la sua scienza ed erudizione. D’Hom- bres Firmas produsse i fossili denti dello Sphcerodus gigas; e il Nardo le sue ittiologiche lucubrazioni da quelle lagune* che saranno stanza ed ospizio del nostro indarno combattuto naviglio* il quale, veleggiato due volte il mare Tirreno* si volge imperturbabilmente da questo all’adriatico lido* con ardore tutto contrario a quello che mosse a stolta guerra i fratelli contro i fratelli. Tra la concordia* che maravigliosamente si ricompone fra noi* debbe non intiepidir mai Io zelo di correre ad incontrarci numerosi in ogni eletta città* e a fare ciascuno rattenuta promessa del Presidente generale di Lucca marchese Mazzaro- sa, il (piale ci accomiatava dicendo: « Io vi seguirò sin che mi basteranno le forze ». Questo benemerito dell’agro lucchese davaci negl’insetti una importante comunicazione sul Thnjps che danneggia gli olivi. Achille Costa descrisse alcune specie di coleopteri napoletani; Gius. Bertoloni quattro specie nuove della costa di Mozambicco; lo svedese Lowcnhiclm la Phryga- nca phalcenoides non più trovata fin da Linneo.—Nei Molluschi il Yerany descrisse e figurò i cephalopodi nuovi e rari; e curiosi fatti narrò il Koelliker sui maschi dei medesimi animali. Diede il Calcara un catalogo con descrizione di specie nuove dei Molluschi della Sicilia. — Nei Raggiati il Micheliu descrisse una riguardevole nuova specie di Echinodermoj e il facondissimo professore Meneghini, onore dell’algologia italiana, illustrò completamente le tavole anatomiche del Ranieri, sin qui tolte alla luce della scienza. Oltre la sfera dei suoi lavori si distese la sezione di Zoologia in rapporti di Commissioni utili all’ umanità, alla pastorizia e all’agricoltura, sciogliendo quesiti proposti da altre sezioni, insegnando la igiene delle pecore per organo del Fossati, e distruggendo risibili pregiudizi con la voce autorevole del Genè. Fu onorata la sezione nostra dalla copiosa corrispondenza dei primi zoologi dell’Asia e dell’America, non che dell’Europa, fra i quali ci basti di enumerare un Miiller, un Heckel, uno Strickland, un Owen, un GeofFroy Saint-Hilaire, e sopratutto un Okcn, il quale con voto, consiglio ed amore scriveva: « Non avere nessun’ altra nazione compreso meglio della italiana la importanza e l’avvenire di questi Congressi ». E non solo i popoli, ma i Sovrani eziandio si sono levati all’altezza del nobile concetto! E chi più da lodare, o Signori, del Monarca di questa fortissima parte d’Italia, il quale non volle ristretto il freno alla pubblica manifestazione dei nostri pensieri di civiltà c di progresso? È questo un fatto magnanimo ed efficace da proclamare senza adulazione in quest’aula magnifica ove dalle sue sedici nicchie parte tuttavia una voce di gloria c di patria. Di questa patria italiana, o Genovesi ospitalissimi, oggi sono io supremamente commosso per l’altare, che fra tanto spettacolo di vessilli c di genti poneste alla placata ombra del compiuto uomo dell’universo, allo scopritore d’America, la quale mi fece onore che recassi il suo voto e la grata venerazione sulla prima pietra del monumento, e di rappresentarla a questo Congresso, il quale più scolpitamente dimostra doversi riguardare la istituzione nostra siccome il parlamento della sapienza italiana. SEZIONE DI MEDICINA Presidente rii de. cnuim; umo srEiunzt Vice-Presidenti CAVALIERE BERNARDO BERTIìNI CAVALIERE SALVATORE DE RENZI / DOTTORE ODOARDO TURCIIETTI Segretari ) DOTTORE SECONDO POETO f DOTTORE GIACOMO DIANA Prima di discorrere sulle cose Irattate nella sezione di Medicina, giudico possa essere molto opportuno il far conoscere ai lettori gli argomenti o quesiti proposti nelle riunioni dei Congressi anteriori già discussi in parte, o tramandati indiscussi alla sezione di Medicina del Congresso di Genova. QUESITI PROPOSTI NEL CONGRÈSSO DI LUCCA (Adunanza del 29 settembre 1843). I. d.° Che cosa s’intenda per scrofola., sotto quali forme si presenta, e quali sieno i caratteri distintivi di essa per differenziarla dalle forme di altre affezioni. 2.° Quali i sintomi patognoinonici, e quali le complicazioni di essa. 3.° Quali le 45 cause predisponenti e le occasionali. 4.° In che consistale dove abbia sede la condizione patologica di essa. 5.° Ricercare se le alterazioni che si osservano ne’ cadaveri dei scrofolosi dinotino o no un processo morboso, sui generis j c se le speciali alterazioni che per avventura si trovano siano primarie o secondarie. 6.° Quale sia il suo modo di decorrere, quali gli esiti e le conseguenze. 7.° Ricercare con fatti e con osservazioni molte se v’ha un metodo profdatico, e quale; se uno curativo, e per avventura specifico, e quale (vedi il quesito n.° IX). II. 4.° Dare una classificazione delle alienazioni mentali desunta dai fatti clinici, e confermata dall’anatomia patologica. 2.° Se e quanto la frenologia possa recar luce, od esser guida nella conoscenza delle mentali alienazioni. 3.° Se e quanto le alterazioni anatomiche che si trovano nei cadaveri degli alienati di mente debbansi aver per cagione o per effetto dell’alienazione stessa. 4.° Quali i criterii per intraprendere la cura più conveniente nelle varie alienazioni mentali ; se v’ abbia una profilassi psichica c.somuticaj se una terapeutica morale e fisicaj qual il valore di esse; come e in quali casi adoperarle. III. Ricercare uno o più segni indicanti l’incipiente formazione dei tubercoli polmonari, e precedenti quelli forniti dall’ ascoltazione immediata o mediata, nel qual caso l’arte medica è impotente a guarirli : e trovatili, consigliare i mezzi igienici e terapeutici per la cura migliore, e per impedire la progressiva evoluzione di essi (vedi i quesiti n.° X e XYI). IV. 4.° Che s’intenda per mal’ aria^ e quale sia la composizione chimica di essa. 2.° La mal’aria è propria dei soli pa- duli ? oppure di altri luoghi, e di quali ? 3.° Quale impressione viene fatta e lasciata nell’organismo umano dalla mal’aria? gli animali domestici risentono danno o no dalla mal’ aria? 4.° Quali malattie, oltre le febbri intermittenti, vengono generate dalla mal’aria? 5.° Le febbri intermittenti sono tutte prodotte da essa? 6.° Quale è la modificazione organica prodotta dalla malaria, per la quale viene generata la febbre intermittente? 7.° L’intermittenza della febbre è prodotta dalla mal’aria? Se da altre cagioni, quali sono esse? 8.° Da che derivano le frequenti recidive delle febbri intermittenti? 9.° Quali sono i mezzi che l’esperienza ha trovali migliori, cosi per ispegnere 1’ azione perniciosa della mal’aria; come per guarentire l’organismo umano dal riceverne impressione, c prevenire lo sviluppo delle febbri intermittenti? 40.° Quale la cura migliore per guarire le febbri intermittenti prodotte dalla malaria? 41.° Quali i mezzi più opportuni per impedire le recidive? 42.° È maggiore l’efficacia della china-china, o quella de’ suoi preparati? 43.° Quale c il preparato di china- china migliore all’uopo, e quindi da preferirsi? 44.° Fra le sostanze indigene antiperiodiche, quale può essere convenientemente sostituita alla china-china, e suoi preparati? 43.° Quale è il modo di agire delle sostanze antiperiodichc? 46.° Se e quanto influisce sulla virtù febbrifuga dei medicamenti il tempo di sua amministrazione? 47.° Esiste un antagonismo fra le cagioni produttrici delle febbri intermittenti e quelle che producono la tisichezza polmonare? V. Ricercasi se realmente esista il virus sifilitico nel senso delle scuole, cioè se la malattia sifilitica abbia o no una essenziale eliologia virulenta ( vedi il quesito n.° XIII ). VI. I.° Comprovare con nuove e pnrticolarizzate osservazioni ben accertate la contagiosità e il modo di trasmissione della peste bubonica. 2.° Determinare in modo positivo lo stadio di delitescenza o di incubazione del contagio nelle persone e nelle sostanze capaci di essere imbevute del principio contagioso. 3.° Dare una ragionata classificazione delle masserizie e sostanze capaci di contagio , per servire di norma certa, per potere stabilire il tempo necessario dello sciorina- mento e dell’ intera loro purificazione. 4.° Genesi della peste bubonica. 5.° Se si debba sempre prestar fede alle patenti nette; c con quali riserve. Accennare i vizi osservati nei lazzaretti; e il modo di toglierli. 6.° Se la contumacia possa senza pericolo della salute essere abbreviata; sottoponendo i passeg- gieri allo spoglio; e i loro effetti ad una temperatura elevata di 30 o 60 gradi di Reaumur, come si pretende da taluno. 7.° Se col mezzo del calorico elevato a tal grado si modifichi il principio contagioso e se si distrugga interamente ; oppure se convenga tuttora adoperare gli altri già conosciuti sicuri mezzi di disinfezione, sanzionati dall’osservazione e giornaliera esperienza, cioè la soluzione di cloruro di calce, il cloro, ec. 8.° Se il calorico è un essere disinfettante, riferire fatti numerosi debitamente accertali, e tutte le circostanze relative, il tempo e la durata necessaria per avere una perfetta purificazione. 9.° In fine, all’appoggio della soluzione dei riferiti quesiti proporre un progetto di codice uniforme generale europeo di quarantene, consentaneo coll’interesse primario della salute pubblica e del commercio, e per le persone, e per le merci, e per le varie qualità di bastimenti (quesito discusso in gran parte nei Congressi VI e VII, e tuttavia rimandato a quello di Genova). QUESITI PROPOSTI NEL CONGRESSO DI MILANO, E TRAMANDATI A QUEL DI NAPOLI. VII. 4.° Se l’ordinazione attuale degli ospedali sia conforme a quanto esigesi per i migliori successi: 4.° In quanto al personale dei medici in produzione al numero degli infermi che loro sono assegnati a curare. 2.° In quanto alla distribuzione delle infermerie, ed all’ accumulazione degli infermi in esse. Vili. 2.° Ricercare pelle osservazioni già note, ed in quelle che possono quindi occorrere, quanta sia la parte che nella diffusione delle malattie popolari prendono le influenze epidemiche, quanta quella che vi esercita il trasporto dei prin- cipii contagiosi; e le influenze epidemiche studiare, non solamente in ragione delle sensibili vicissitudini atmosferiche precedenti di poco la malattia popolare, ma di quelle pur anche che ebbero luogo più o meno seguitamente alcun tempo innanzi, avendo pur riguardo ad ogni altra cagione comune di malattia; soprattutto poi queste influenze cercando di riconoscere dalle modificazioni che mano a mano intervengono nelle malattie ordinarie: tutto ciò per acquistare fondamenti più giusti sul vario modo della importazione de’ princinii contagiosi, e quindi sulla modificazione delle contumacie. IX. 3.° Ricercare la migliore eziologia possibile della scrofola per indi inferirne il miglior metodo di cura preservativa, avvalorando eziandio colla dimostrazione diretta di fatto l’efficacia attribuita al medesimo (vedi il quesito n.° I). X. 4.° Stabilire con accurate osservazioni anatomiche e patologiche il modo preciso d’origine dei tubercoli; i cangia- menti clic seguono nei medesimi c ne’ tessuti circostanti, non che l’attinenza di essi colle disposizioni della fisica costituzione degli individui e colle influenze esteriori (vedi i quesiti n.° III e XVI). XI. 5.° Determinare le cause più manifeste dell’epilessia, e proporre il più appropriato metodo curativo, convalidato da un bastevole numero di fatti attendibili ed autenticati da persone autorevoli. XII. 6.° Determinare da quali fonti principali debba il criterio medico dedurre un assoluto bisogno di cavar sangue, d’insistere o di desistere dal salassare. XIII. 7.° Indagare quanto le forme diverse della sifilide possano influire ad indurre la necessità d’importanti modificazioni nella cura della medesima, e sotto di tale aspetto avvertire quanta esser possa l’influenza delle diverse regioni in cui la sifilide si sviluppa ( vedi il quesito n.° V ). XIV. 8.° Quali differenze si verificherebbero nella mortalità delle diverse regioni d’Italia, e quali ne sarebbero le cause. QUESITI PROPOSTI NEL CONGRESSO DI NAPOLI, E TRAMANDATI A QUEL DI GENOVA. XV. I.° Determinare se alcune gravi affezioni puerperali riconoscano origine dallo stato di gravidanza; se sianvi indizi certi per conoscerle durante la gravidanza medesima, e per conseguenza prevenirne lo sviluppo di frequente letale. XVI. 2.° Stabilire per quali segni si stetoscopici, che razionali si possa sicuramente ed assolutamente diagnosticare la tubercolosi ne’ primordi (vedi i quesiti n.° III e X). XVII. 3.° Determinare con precisione maggiore di quello che finora si è fatto, mercè osservazioni cliniche, anatomicopatologiche, chimiche e microscopiche: § l.° La natura delle alterazioni che subisce il sangue nelle febbri tifoidee. § 2.° Se questa alterazione sia primitiva o secondaria, o dell’una e dell’altra natura nel medesimo caso. | 3.° Se le alterazioni di circolazione e di nutrizione od altra lesione valutabile, massime negli organi digerenti e cerebrali, siano primitive o secondarie. Conosciuti i quesiti tramandati alla sezione di Medicina del Congresso di Genova, mi farò ora a discorrere delle cose principali trattate in questa sezione. Il presidente inaugurava il dì 45 settembre la prima adunanza della sezione di Medicina con applaudito discorso, in cui, toccato dapprima il favore che S. M. il re Carlo Alberto accorda ad ogni maniera di studi ed alle utili instituzioni, e ringraziati i membri della sezione che lo vollero a presiederli nelle loro scientifiche discussioni, accennava al progresso della scienza che queste riunioni, non che apporteranno, hanno già apportato; alla nobile ricordanza di uomini eminentemente benemeriti delle mediche discipline che, figli del ligure cielo, ne illustrarono i fasti; fra i quali un Oderico, un Àntero, un Mongiardini; e conchiudeva con inculcare il culto a quella figlia d’Amore, che è l’armonia, senza cui non vi ha reciprocità siccome d’affetti, così di vere cognizioni. Il prof. cav. Rossi presentava poscia la sezione dell’opera del cav. Tommasini sulle affezioni periodiche intermittenti $$ i9 febbrili e non febbrili che l’autore istesso, increscioso di non appartenervi per motivi di salute, alla medesima inoltrava. E gradita l’offerta non meno che accolta la mozione di porgere le dovute grazie all’illustre Nestore della medicina italiana (1). Il dott. Guani lesse un transunto della sua memoria recentemente stampata Sulla diatesi irritativa , e diretta ad infrenare il facile abuso del salasso, e di altre sanguigne sottrazioni. Il dott. Turchetti comunicò in seguito uno scritto del professore Lanza di Napoli, versante intorno ad un caso pratico di veraangioite simulante il tifo, colle relative considerazioni diagnostiche nel vivente, e precisi particolari necroscopici. A tale lettura tenne dietro quella del dott. Ormea su d’un fatto di vesania, cui venne con successo opposta la cauterizzazione. L'esposizione di tal fatto, nella parte sua anatomico- fisiologica, essendo sorretta da proposizioni che han tratto alla frenologia, il dott. Fossati (2) si faceva innanzi con proporre eh’ egli avviserebbe in una delle tornate di rivendicare questa parte della scienza medica da quelle imputazioni che segnano piuttosto la mala intelligenza de’ suoi principii, che non la combattano vittoriosamente. (1) Ora la morie ha rapito questo medico, sicuramente uno tra i più illustri d’Europa, all’umanità cui ha tanto giovato, alla scienza di cui fu il più chiaro cultore, ed ai Congressi Italiani di cui era amantissimo e sostenitore. (Nota dell’autore.) (2) Il dott. Fossati Novarese, ora stabilito a Parigi e presidente della Società Frenologica di quella capitale, è conosciuto per i molti e profondi suoi studi su questa parte importantissima della medicina. (Nola dell'autore.) 4 Finalmente il dott. Riboli faceva noto un caso di gravidanza extrauterina addominale, sulla cui possibilità ed eziologia prese a discutere il dott. Centofanti. Yennero in fine della prima adunanza nominate le seguenti commissioni : 4. a Quella che doveva tener conto di tutti gli stampati trasmessi alla sezione, per darne poi ragguaglio nelle ultime adunanze, composta dai professori Botto, Tavella, Bo, Cipriani, Dubini, Sachero, Trompco, Costa, Finella, Cerioli, Ferrano e Rampinelli. 2. a Sul premio del prof. Manfrè, in lire 500, sui vizi organici precordiali, composta dei professori Cerioli, Tornati, Centofanti, Vannoni, Finella e Dubini. 3. a Sul premio della lebbra, proposto a Napoli dal cavaliere Trompeo, incaricato da personaggio anonimo, composta dal cav. Trompeo, presidente, e dai professori Botto, Dubini, Del Chiappa, Parodi, Sachero, Secondi, cav. Battalia, Bo, Diana e cav. Tavella. 4. a Sul premio relativo al miglior metodo d’insegnamento medico in Italia, stato proposto dal cav. dott. Trompeo, composta dei professori cav. Bufalini, Corticelli, Grottanelli, Finali, Del Chiappa, Sachero e Tavella. Il dott. Salvagnoli nella tornata del giorno 46 intrattenne la sezione con un suo scritto intitolato : Osservazioni sulla rarità della scrofola e della tisi tubercolare del polmone nelle regioni dominale dalla malaria , ove, mosso dall’asserto di Boudin, che primo iniziò gli osservatori nella via di tali fatti, ne produsse dei nuovi e tutti importantissimi in conferma luminosa e quasi perentoria del suddetto principio non meno, clic dell’antagonismo tra quelle malattie e le febbri intermittenti. La sezione accoglieva con plauso le idee dell’ autore (1). Il dott. Dubini parlò in detta adunanza dei lavori della sezione Medico-Chirurgica del XIV Congresso francese tenutosi in quest’anno in Marsiglia., e discorse particolarmente della peste orientale, e delle riforme quarantenarie. Farò conoscere in seguito e più diffusamente le opinioni ed i lavori di altri medici su questo argomento importantissimo. Il dott. Fossati, prendendo motivo dallo scritto del dottor Ormea, si fece ad esporre le basi scientifiche della dottrina frenologica, richiamando ad esame principii di ragione e di fatto pei quali questa parte della medicina merita la meditazione dei dotti. Un certo Dop, francese, si presentò quindi alla sezione dichiarando di possedere un metodo per imbalsamare i pezzi anatomici in modo che si conservino per degli anni freschi e recenti. Egli invocava che una commissione esaminasse alcuni pezzi che portava con sè, e si offriva a prepararne dei nuovi. La sezione annuì al desiderio del Dop, e venne nominata una commissione composta dei professori Tornati, Gentofanti, Ber- ruti, Vannoni di Firenze, Longhi, Asson, Bancalari e Secondi. Nell’adunanza del 17 il presidente fece conoscere i nomi dei componenti la commissione incaricata a risolvere T importante quesito sulla peste e sui lazzaretti, e questi sono il (1) Il Salvagnoli ha pubblicato anche un’ opera interessantissima intitolata : Saggio illustrativo le tavole della Statistica Medica delle Maremme Toscane compilata per ordine di S. A. li. il Granduca di Toscana. Firenze, tipografia di Felice Le Monnier, 1844-1S45. — L’autore mi fece grazioso clono di quest’ opera. (Nota dell’autore.) march. Giustiniani, cav. Trompeo, cav. Bertini, prof. Bo, Secherò, Remiti, Viviani, Parodi, Dubini, Pescetto, Asson, Aspe- sani, Beaufort, Torre, Farini, Corticelli e Galderini, sotto la presidenza del cav. De Renzi. Un’ altra commissione venne creata per visitare gli stabilimenti sanitari di Genova composta del prof. Bufalini, presidente, Mojori, Grottanelli, Longaretti, Rampinelli, cav. Bat- talia, Salvagnoli, Parmigiani, Riboli, Ferrano, Remiti, Sa- chero, Spongia, Solari, Cipriani e cav. De Renzi. II professore Picasso, dott. Costa, Remolino, Del Re, Felice, Solari e professore Tavella erano destinati per accompagnare i membri della commissione agli ospedali di Pammatone ed Ospedaletto; il cav. Della Cella agli ospedali di marina; il prof. Tornati e Yerdena al manicomio; il dott. Novellis all’ospedale militare di terra. Il dott. Calderini intertenne l’adunanza col rapporto della commissione permanente lombarda sulla pellagra, e con lodevole precisione ha dato contezza delle osservazioni di ben trenta osservatori sull’ argomento non che delle conclusioni che la stessa potè formulare insino ad oggi a disimpegno dell’assunto che si prese. Tale interessante lettura eccitava il professore Cipriani a comunicare alla sezione le sue osservazioni fatte in Toscana, nel Mugello e nella Romagna Toscana, le quali furono parimente accolte con plausi. Dopo di ciò si incominciò la discussione sull’antagonismo tra le febbri intermittenti e la tisi tubercolare e la scrofola nelle regioni maremmane o palustri, alla quale presero parte il cav. Trompeo, il dott. Silvano, il cav. De Renzi, il dottor Salvagnoli ed il cav. Bufalini. Esponendo aneli’ io la mia opinione su tale argomento, comunicai alla sezione alcune os- servazioni (la me fatte sulla tisi polmonare e sulle febbri intermittenti nelle diverse località del Cantone Ticino (1). La interessantissima discussione intorno al preteso antar gonismo tra le malattie miasmatiche e la scrofola e la tubercolosi veniva ripresa nella tornala del 18; ed in questa essendo stato dimostrato il necessario accordo di numerose osservazioni e dati statistici formati su d’una scala estesa di circostanze di tempo, di luoghi e di individui, si pensò non si potesse meglio conseguire il risultato scientifico al quale si tende dai cultori delle mediche scienze che con istituire nelle capitali dei regni e nei capi delle provincie italiane dei centri di relazione permanenti a guisa di comitati ai quali riferissero i medici che si trovano nelle opportunità di studiare praticamente la controversia. Allo scopo poi di ben precisare i fatti, di spiegare la loro ragione e le loro differenze nelle diverse località, io proponeva che gli studi e le osservazioni in proposito non andassero disgiunte dalle analoghe osservazioni meteorologiche in ciascuna località. La qual proposta fu dalla sezione accolta (2). La presidenza designava poti) Queste osservazioni saranno riferite nella Statistica Medica Luganese che da alcuni anni vado elaborando, e che probabilmente vedrà la luce alla fine del 1847. In questa parlerò d’un caso di cronica flogistica affezione polmonare * esistente da alcuni mesi in un individuo, ed avanzata al punto da essere da diversi medici giudicala tisi, guarita nell’ospitale di Lugano coll’uso dell’acido prussico, che, portato gradatamente alla dose di quattordici goccie in un giorno, produsse gravissima flogosi ai visceri addominali, durante la quale scomparve ogni morbosa condizione dai visceri respiratori. Chi non vede anche da ciò l’antagonismo tra le malattie addominali e le toraciche? A taluno sembrerà strano che l’acido prussico abbia prodotto tale effetto; ma il l'atto è verissimo, ed in detta Statistica sarà riferito con tutta precisione. (Nota dell’ autore.) (2) In un giornale scientifico di Modena fu insedio un mio articolo sull’antagonismo tra le febbri intermittenti e la lisi polmonalc. In esso ho accennato scia quali membri di commissioni speciali permanenti nelle varie città italiane i seguenti : cav. De Renzi e prof. Dorotea a Napoli ; P. Folchi e barone Beaufort a Roma; dottori Secondi e Namias a Venezia; prof. Giacomini e dolt. Mugna a Padova; prof. Puglia, Grimelli e Tosi a Modena; prof. Breven- tani e Medici a Bologna; prof. Dosi a Ferrara; dott. Calderini e Strambio a Milano; prof. Sachero e cav. De Rolandis a Torino ; prof. Bo e Pescelto a Genova ; cav. Bufalini, prof. Cen- tofanti, Salvagnoli e Tarchetti in Toscana; cav. Tommasini e dolt. Riboli a Parma; cav. Speranza, prof. Del Chiappa é Platner a Pavia; dott. Durali a Lugano; prof. Crispo e Mani- chedda a Sassari. Dopo di ciò davasi lettura alla seguente domanda : La diversità e moltiplicità delle farmacopee e dei pesi e misure medicinali in Italia sono cagioni di frequenti disordini e difficoltà nel pratico esercizio della medicina. Ed invero è noto ad ognuno come le preparazioni farmaceutiche non solo acquistano efficacia diversa secondo il metodo col quale sono preparate, ma eziandio come possono assumere proprietà e spiegare azioni affatto differenti. Ed è pure noto in quanto imbarazzo sìa condotto il medico pratico dalla accennata diversità dei pesi e delle misure che specialmente nel centro d’Italia s’incontra a brevi distanze. Li sottoscritti trovano quindi conveniente di additare siffatti disordini invitando i alcuni casi in cui la mal’ aria giovò come presidio terapeutico, essendo avvenuto che diversi ammalati di avanzate affezioni laringee, tracheali, bronchiali e polmonari guarirono dopo essersi trasportati in luoghi dominali dal miasma delle paludi, ed alcuni anche dopo avere contratto la febbre intermittente e d’essere in loro nata qualche morbosa condizione nel sistema addominale. (Nota dell’autore.) medici e chimici qui convenuti a consigliare i mezzi più opportuni onde procacciare la necessaria uniformità delle farmacopee > dei pesi e misure medicinali in Italia. Genova, il 18 settembre 1846. Sottoscritti. — Dott. Calderini, dott. Farini, cav. Salvatore De Renzi, prof. Ilerruti, dott. Demaria, cav. prof. Rossi, prof. Vannoni, dott. Secondi, cav. Bcrtini, dott. Salvagnoli, dottor Turchelti, dott. Polto. — Dopo questa lettura il dott. Finella facevasi a leggere sulla utilità della corrente galvanica continua nell’amaurosi all’appoggio di osservazioni ulteriori a quelle già comunicate in Milano ed in Napoli, e sui felici risultati che ottenne dalla stessa pratica anche in alcuni casi di sordità. In seguito il dott. Leone esponeva una serie di numerosi fatti osservati nella clinica da lui diretta nello spedale di Vercelli, e conchiudendo doversi oramai bandire dalla buona pratica medica l’uso dell’acido arsenioso e degli altri suoi preparati nella cura delle febbri intermittenti. Alla quale conchiusione del dott. Leone il presidente soggiungeva, essere venuta la sezione di Medicina della stessa opinione in un precedente Congresso, e doversi considerare la massima contraria all’ uso dei preparati d’arsenico nelle febbri intermittenti come generalmente adottata. Si pose infine a discutere il tema della pellagra, cui aveva dato luogo la lettura del secondo rapporto della commissione permanente di Milano; ed in questa discussione presero parte i dott. Farini, cav. Bufalini, il presidente Speranza, il prof. Botto ed il prof. Cipriani. Allo scopo di estendere e proseguire nelle diverse parti d’Italia gli studi e le osservazioni sulla pellagra veniva risolto di creare, oltre la Milanese, una commissione Bolognese-Romagnola, una Piemontese ed una Toscana, e nella tornata del giorno 49 si notificavano i nomi di quelli designati a comporle. Della prima fanno parte i doti. Comelli, Belletti, Daveri, Benfenati, Paolini, Grillenzoni, Bosi, Ottaviani, Baruffi, Versali, Ulivi, Novi, Cerresi, Bilanciani, Toschi, Meli, Lazzarini, Sgarzi e Biagi- della Piemontese il cav. Trompco, presidente (I ), i prof. Sacliero, Bcrruti, Demaria e Gatta; e della ( I ) Il cav. Trompeo ha recentemente pubblicato un suo lavoro sulla pellagra intitolato: Conghiettnre sulla pellagra. La commissione Piemontese poi nominala in questo ottavo Congresso per lo studio di tutto che riflette la pellagra, che sventuratamente serpeggia in molte province del Piemonte, bramosa di procurarsi il sussidio dei lumi che possono somministrare i cultori del- T arte salutare che trovansì nelle province stesse, a loro si è rivolta coi seguenti quesiti onde vogliano coi documenti che già possiedono , o con osservazioni da farsi concorrere al conseguimento dello scopo proposto: 1. ° Quale sembra la più esatta definizione della malattia? Quali ne sono le forme varie, le complicazioni? Quali i risultati necroscopici ? 2. ° Quali ne sono credute le cause probabili sia predisponenti, che occasionali, che prossime? Devesi ammettere l’indole contagiosa della pellagra, o la trasmissione per eredità? 3. ° Si può stabilire che fi alterazione integumentale apparisca talvolta prima, oppure sempre in seguito a processi morbosi orditi nelle interne cavità? Si può ella stabilire con alcuni la gastro-enterite quale condizione patologica costante della malattia? 4. ° Quali sono i primi sintomi coi quali si appalesa la pellagra, quale la di lei ordinaria durata, quali le fasi? Quale forma di alterazione mentale vi si assoda, in qual’ epoca della malattia compare? E egli frequente la tendenza al suicidio per annegamento? 5. ° Si danno esempi bene accertali di vera e compiuta guarigione? In quale stadio della malattia fu ella ottenuta? Toscana il cav. Bufalini, i prof. Cipriani, Lnndi, Luciani, Cioni e Turchetti. Si stabiliva poi che queste tre commissioni dovessero comunicare fra loro e con quella già da due anni stabilita c permanente in Milano, alla quale venne aggiunto il principe B. Yidoni-Soresina in luogo del defunto avv. Berrà. 6. ° Qual’ è l’origine primitiva della pellagra nella località in cui Y. S. pratica la medicina? Si è dessa sviluppata contemporaneamente, o prima della introduzione del grano turco nella località medesima ? 7. ° Nella condotta medica di V. S. nella quale serpeggia la pellagra, il grano turco va egli sottoposto ad alcuna delle malattie che ne alterano l’indole, massime al verderame? (* ) 8. ° Quali sono gli alimenti abituali della popolazione tra cui Y. S. pratica la medicina, qual metodo si segue nella confezione del pane? Qual’è la natura delle acque, e delle bevande più adoperate? 9. ° Qual è il genere di vita, quali i luoghi di ordinaria dimora, (*) Le principali malattie alle quali va sottoposto il grano turco sono: 1. * 11 carbone o gozzo (uredo maydis D. C.) che manifestasi net tempo in cui la pianta vegeta sul campo, e la si distrugge prima del raccolto, o si getta via prima del medesimo. 2. * Sprone del mays ( Sclerolium zeinum ), produzione analoga allo sprone della segala poco conosciuta in Europa, frequentissima nella Colombia. 3. ’ Il verderame. Quest’ alterazione si manifesta prima che il grano sia raccolto e riposto nei granai. Essa appare in quel solco di forma oblunga, coperto da sottile cuticola, che corrisponde al germe dei grano. Tale cuticola (che nello stato normale è raggrinzata ed aderente all’embrione), nata la degenerazione accennata, viene distesa ed alquanto inturgidita da una materia verdastra; rimossa la cuticola, si presenta un ammasso di polviscolo di color verderame or più, or meno fosco, che, secondo Batardini, è un vero essere micetoidco che invade prima la sostanza farinacea a contatto col germe, poi questo medesimo, e Io distrugge. Tale materia è tenuta qual fungo parasitico, denominato perciò sporisorium maydis. Il grano turco può anche venir guastato da insetti, come il punteruolo o calandra ( curculio granarius L.), la tignuota (linea granella Fabr.), che, corrodendo il grano, gli comunica fetido odore. Si lesse quindi una lettera del prof. Taddci, presidente della sezione di Chimica, in cui s’invitava la sezione di Medicina a nominare alcuni membri i quali, uniti ad altri della sezione di Chimica e di Chirurgia, dovessero formare una commissione per gli opportuni studi onde compilare la farmacopea uniforme italiana di cui sopra feci parola (1). massime se nelle stalle? Si ha cura della nettezza del corpo? Qual c il modo di vestire? IO. 0 Quali sono le condizioni topografiche e meteorologiche ? Quale la natura e produzioni del suolo? -11. 0 Qual è il numero dei pellagrosi raffrontalo a quello della popolazione? Quale la proporzione nei sessi, età e Condizione sociale ? 12. ° Esiste egli un rapporto inverso tra la pellagra e la scrofola, cosicché si possa stabilire che dove è frequente la pellagra è rara la scrofola, e viceversa? Si pud forse asserire che in generale nello stesso individuo una malattia esclude l’altra? Quali sono in ciascun paese i rapporti numerici tra i pellagrosi e gli scrofolosi? 13. ° Quali sono le malattie dominanti massime cutanee, ed in qual relazione stanno colla pellagra? 14. ° Qual’ è la cura profilattica, e terapeutica più adatta sia verso la pellagra, che le di lei conseguenze? La commissione, mentre aspetta da Y. S. quei lumi per rischiaramento dei sovra esposti quesiti che i fatti da lei osservati potranno somministrarle, le sarà egualmente riconoscente quand’anco le di lei osservazioni non le dessero facoltà di risposta che a parte dei medesimi. Gradisca, ecc. Torino, 23 novembre 1846. N. B. Le lettere e documenti si potranno inviare al dott. coll. Dentaria, prefetto della facoltà medico-chirurgica nel R. Collegio Carlo Alberto per gli studenti delle provincie. (1) Si vedranno in seguito i nomi di coloro che compongono i diversi comitati per la compilazione della farmacopea italiana. Dopo di ciò il dott. Silvano passò a narrare diversi fatti comprovanti la fallacia della voce Distintiva in infermi di affezioni gastro-entero-epaliche. Nell’adunanza del di 21 il dott. Orsini domandava con lettera indiritta al presidente che una commissione esaminasse un letto inventalo da certo Molinari; letto clic, mediante il servizio d’una sola persona, si presterebbe a tutti gli usi e comodi materiali e curativi degli infermi. Si annui alla domanda, dando tale ispezione alla stessa commissione nominata per esaminare un altro letto idealo dal conte Morello. Leggcvasi quindi una lettera del prof. Grimelli di Modena, con cui esso invitava la sezione a manifestare se mai alcuno di essa avesse osservalo nel corso del vaiuolo o umano o vaccino la linfa gemente da picciol tratto di cute, comunque escoriata o esulcerata, abbastanza efficace per agire quale virus vajuoloso, suscitando in via d’inoculazione la relativa pustola. Il Grimelli aggiungeva che tale foggia di osservazione, che condurrebbe alle più interessanti applicazioni di dottrina e di pratica inoculatoria, gli occorse dietro particolari fatti di raggiungerla, come ha notato in un recente opuscolo presentato alla sezione medesima (1). Il dott. Ansaldo porse al banco della presidenza la seguente dimanda: Essendo della più alta importanza l’accertare con argomenti positivi la contagiosità della pustula maligna proposta quale mezzo preservativo della peste, esprimo il (1 ) Quest’opuscolo porla per titolo : Sulle inoculazioni profilattiche, e sulla vaccinazione e rivaccinazione. Il sig. doli. Tosi di Modena mi fece grazioso dono dell’opuscolo del Grimelli e d’un suo proprio intitolalo: Intorno alla necessità della rivaccinazione. (Nota dell’ autore.) vivo desiderio che venga creata una commissione all’oggetto di eseguire alcuni esperimenti sulla inoculazione della medesima nel seguente modo : 4. ° Innestare negli animali domestici, c di preferenza in qualche bovina, il pus cavato dalla pustula maligna, nata in coloro i quali sotto speciali condizioni toccano alcune parli o le spoglie soltanto di animali affetti o morti di tifo carbon- colare. 2.° Procurare che il pus a ciò destinato venga somministrato da più individui e raccolto nei varii periodi della malattia, non disturbata, quando ciò sia possibile, nè interrotta da cura veruna. 5. ° Ripetere più volte l’esperimento, e tener conto rigoroso di tutti i cambiamenti e di tutti i fenomeni così locali, che generali che ne nascessero. 4° Riferire al venturo Congresso gli ottenuti risultamene. Dopo di ciò il dott. Robert, medico da oltre trent’ anni del Lazzaretto di Marsiglia rassegnava un quadro statistico-cronologico della peste e febbre gialla dal 1720 a tutto il 1845. La sua comunicazione è stata ricevuta con piena soddisfazione, dacché egli stesso, che fu testimonio sul luogo di ben quattro importazioni del flagello orientale negli anni 1819,1825,1837 e 1845, poteva senza fallo somministrare materiali di un peso positivo alla commissione che slava elaborando la sua relazione su questo argomento. In seguito il dott. Riboli, incaricato dal dott. Miraglia di Napoli, leggeva la sua memoria intorno ad una migliore classificazione delle malattie mentali. Riducendo a sommi capi il lavoro dell’autore, invocava una commissione composta di medici frenologi specialmente, non esclusi però i professori di anatomia umana e comparata ed i fisiologi, che dovesse pronunziare sui seguenti quesiti : \.° Se la classificazione del Miraglia delle alienazioni mentali, fondata su principii frenologici e sullo stato e grado delle lesioni degli organi cerebrali, possa essere di norma per una classificazione uniforme. 2.° Se la statistica delle affezioni mentali che il Miraglia propone sul paragone dello stato del turbamento delle facoltà col grado apparente dello sviluppo degli organi del cervello e coadiuvata dalla sua classificazione della follia, possa egualmente servire di norma per una statistica uniforme. Fu accolta l’idea della commissione, che venne poi nominata nella seguente adunanza; ed intanto il dott. Lavagna faceva leggere una sua memoria sulle malattie ereditarie. In questa tornata si è letto il rapporto della commissione incaricata ad esaminare il letto del conte Morello. Il rapporto fa onore all’ inventore, il quale arricchì la scienza d’un mezzo desideratissimo ed importante. La stessa commissione aveva pure l’incarico di esaminare i pezzi anatomici del Dop, e facendone onorevole rapporto, avrebbe voluto che documenti autentici e irrecusabili facessero fede che i pezzi furono realmente preparati da dieci o dodici anni. Il prof. Botto parlò lungamente sulla possibilità del conta- tagio nella pellagra; nel qual argomento gli sorse oppositore il prof. Cipriani. Nella tornata del giorno 22 si fecero conoscere i nomi dei membri componenti la commissione incaricata di ripetere le esperienze sul pus della pustula maligna, come dalla proposta del dott. Ansaldo; e questi sono i prof. Bo, Parodi Remolino., Diana, Ansaldo e Rassa. I risultati delle loro esperienze ottenuti durante l’anno saranno comunicati al futuro Congresso. L’altra commissione destinata ad esaminare le statistiche del Miraglia è composta dei prof. Panizza, presidente, Fossati, Bcrruti, Asson, Tornati, Corticelli, Durante, Torre, Cerioli, Farini, Riboli, Verdona e Tagliaferro. Alla sezione di Medicina è parimente pervenuta la lettera del Comitato di Beneficenza di Livorno, in cui s’invitavano i membri a porgere soccorso alle famiglie toscane danneggiate dal terremoto del 14 agosto. Dopo fatta la comunicazione, il dottor Turchetti disse le seguenti parole: « Signori, io vengo dai luoghi percossi dal terremoto. A una sciagura che non ha confini come porre un riparo ? Vi annunzio una grata novella. Un libro che racconta le militari gesta che a Montevideo hanno testé illustrata e resa immortale la legione italiana capitanata dal prode genovese Garibaldi; quella legione che onde venga salutata valente la nostra Italia in ogni genere di grandezza, quando essa giace in tranquilla vita, coglie altrove le militari corone. Il libro che ci onora è in vendita : il profitto è pei miseri. Su via, chi potrà rifiutarsi quando parla l’onore, la patria, la carità? » All’opra pietosa, cui inclina sempre ogni buon italiano, si mosse volenterosa la sezione, ed il presidente dichiarò aperta la sottoscrizione in favore delle famiglie toscane. Il dott. Ercoliani leggeva in seguilo il rapporto della commissione incaricala a visitare il celebre Albergo dei poveri in Genova. Questo rapporto, onorevolissimo pei Genovesi, ha riscosso unanimi applausi. Il doti. Zenone discorreva dopo su d’un caso d’ipocon- driasi intermittente, ed il dott. Mazzini sulla lebbra e la tisi clie si osservano nell’agro e provincia di Cbiavari. Il conte Sanseverino leggeva un’interessantissima memoria sopra uno stabilimento per la cura c l’educazione dei cretini da lui visitato nel Cantone di Berna. Dopo questa lettura il prof. Platner ha fatto diverse domande relative alle località ove osservasi il cretinismo, ed alle diverse circostanze favorevoli o contrarie allo sviluppo di detta malattia; alle quali interpellanze io rispondeva mostrando le località ove trovansi in maggior numero i cretini, ed ove ora un tale sfregio dell’umana specie è diminuito in ragione di grandi strade costrutte, di paludi asciugate, di acque incanalate, di migliori abitazioni, di cibi più salubri e di maggiori comodi di vita procurati alle popolazioni in cui era frequente tale malattia. In questa occasione io faceva conoscere alla sezione i miei pensieri già su tale argomento comunicati alla Società Elvetica di Scienze Naturali in risposta ai diversi quesiti trasmessimi con apposita circolare; e conchiudeva la mia esposizione facendo voti che anche negli Stati di S. M. Sarda, ove in alcune località (Savoia e Valle d’Aosta) trovansi cretini, si avesse ad erigere uno stabilimento eguale a quello che per il primo fu fondato nella Svizzera, e di cui cosi dottamente ne parlò il conte Sanseverino. Allora il vice-presidente cav. Bertini mi rispondeva che una commissione Torinese aveva già dalla detta Società Elvetica chieste ed ottenute le opportune notizie e sui cretini della Svizzera e sullo stabilimento in discorso, ed essere quindi detta commissione in grado di assecondare i voti dell’ umanissimo Monarca che anche a questa miseria dell’ umanità vuole che sia provveduto. Nella tornata del giorno 23, dopo essere stato comunicato alla sezione che il prof. Yannoni era stato eletto tesoriere per raccogliere il danaro versato a prò delle famiglie toscane, e che T intendente Milanesio aveva destinato a favore degli asili infantili di Genova il prezzo ricavato dal suo Prospetto allegorico dell’ottavo Congresso, il cav. De Renzi leggeva una applaudita relazione sugli ospedali civili di Genova. A questa relazione tenne dietro il rapporto della commissione sulla lebbra, letto a nome del relatore dal dott. Polto, in cui si dichiarava che le due memorie pervenute al concorso non essendo state giudicate meritevoli del premio proposto, il cav. Trompeo, delegato dal personaggio fondatore del premio, allo scopo di veder meglio trattato tal quesito sì importante particolarmente per la Liguria e la contea di Nizza, rimandava al futuro Congresso di Venezia F aggiudicazione del medesimo premio alle stesse condizioni e norme stabilite. Dopo la dichiarazione del cav. Trompeo il dott. Farini riferì sulla memoria del presidente in ordine al primo quesito proposto a Lucca intorno la scrofola. Il sunto preciso e dettagliato che dava il Farini venne ben accolto dalla sezione. Il dott. Dubini lesse su quattro esperimenti diretti a verificare lo strisciamento del polmone sul costato durante gli alterni ritmi del respiro; e subito dopo comunicò una memoria intorno a’ segni con cui dignosticare i tubercoli nello stato di crudità, antecedenti allo sviluppo della tise corrispondente. Tutti i membri applaudirono alla esposizione del Dubini. L’adunanza fu chiusa con alcune parole del prof. Pinali sui riguardi che devonsi avere nella scelta del ptts vaccino per la vaccinazione. Il (lì 24 vennero presentate alla sezione le seguenti memorie: i. a sulla dottrina d’Ippocrate seguita dai primi pratici di tutti i tempi in opposizione all’abuso dei salassi, dei rimedii e dei veleni, del dolt. G. A. Maurizio; 2. a sulla dagnosi delle malattie del cuore, del dott. Tessier. La prima fu trasmessa al prof. Geromini, l’altra al cav. Fantonetti onde le esaminassero e riferissero alla sezione. Il dott. Longhi in questa adunanza significava con lettera che la commissione deputata ad esaminare quale sarebbe l’esito delle applicazioni dell’ elettricità del dott. Finella, proposta nella cura dell’ amaurosi e della sordità, ha cominciato i suoi lavori sopra quattro ammalati. Osservava però che siccome le cure dovevansi continuare anche dopo la chiusura del Congresso, così sarebbe stato bene l’unire alla già nominata commissione alcuni medici genovesi, i quali continuassero le esperienze nel modo indicato dal Finella, e riferissero al Congresso di Venezia sull’ esito ottenuto. Soddisfatta la dimanda del Longhi, vennero aggiunti alla commissione i dottori Rolando, Arata, Marinetti e De Negri. In questa tornata si lesse anche una mia lettera, colla quale presentava alla sezione la mia Relazione sulle acque minerali Ticinesi , il Quadro mineralogico del Cantone Ticino da me delineato, la Farmacopea Ticinese da me compilata per ordine della Commissione Cantonale di Sanità, e l’opuscolo: Sullo stalo dell’asilo di Carità per VInfanzia in Lugano durante Vanno 4845. Si mandarono all’apposita commissione sui libri. Dietro proposta del cav. Trompeo si pregò la commissione che già aveva fatto il rapporto sugli ospedali civili di Genova 5 a voler visitare quello dei lebbrosi, detto di San Lazzaro. Dopo di che il dott. Asson riferiva su d’un caso d’impedita loquela per vizio organico cerebrale; il dott. Massone, di profonde alterazioni cerebrali congiunte a sussistenza di vita intellettuale e fisica ; e l’avv. Perifano, di un caso spettante alla medicina forense. Dopo queste relazioni il barone Beaufort esponeva i vantaggi dell’ apparecchio inventato dal Molinari per mutare e servire i giacenti a letto. Presa la parola il prof. Buftalmi, si fece a dissertare assai eruditamente sull’ abito scrofoloso e sulla scrofola ; quindi proponeva la seguente formola di quesito sull’ antagonismo tra la tise e la scrofola. Posto che si è presunto esistere un antagonismo fra le febbri intermittenti e le scrofole, ed alcuni notarono già il contrario, ed altri avvertirono che solo fra le vere febbri intermittenti miasmatiche e le scrofole osservasi l’antagonismo suddetto, si propone di ricercare se questo, anziché alla causa speciale delle febbri stesse e ad alcuna particolare morbosità delle scrofole, si dovesse riferire all’originaria costituzione degli individui sviluppatasi diversamente nei diversi luoghi ove regnano le febbri intermittenti, e cosi fosse agevole il comprendere come talora le scrofole dominassero insieme colle febbri predette in alcuni luoghi, e talora invece ove regnano le febbri medesime, ivi le scrofole intervenissero assai rare. Nel tener conto adunque dei fatti relativi al presunto antagonismo sopradetto, vuoisi di necessità tener conto ancora dell’ originaria costituzione dei medesimi, quale è prevalente nella maggior parte di essi. Il prof. Bo, relatore della commissione sulla peste, leggeva il giorno 25 il rapporto da essa formulato * le cui finali conclusioni erano le seguenti : 4. a II contagio della peste bubonica orientale è una qui- stione risoluta affermativamente. 2. a La peste è trasmissibile, e può essere trasportata anche a grandi distanze dai luoghi che ne sono primitivamente infetti, conservando sempre identità di forma e di essenza. 3. a La peste è trasmissibile per mezzo degli ammalati e per i fatti che possediamo anche per mezzo degli oggetti che diconsi suscettivi. 4. a La trasmissione della peste per mezzo delle emanazioni della persona infetta, capaci di diffondersi a qualche distanza dall’ammalato, è una maniera di contatto immediato. 5. a La peste si trasmette non solo quando regna epidemica, ma anche quando conserva un andamento sporadico. 6. a Non è definito il tempo in cui gli oggetti chiamati suscettivi possono conservare la proprietà di trasmettere la peste se siano sottratti all’ influenza e contatto dell’ aria. 7. a Non si hanno ancora bastanti fatti per determinare in modo assoluto la durata dello stadio d’incubazione della peste. La commissione, ponderate le osservazioni in proposito, crede almeno approssimativamente possa limitarsi a quattordici giorni. 8. a Le patenti di sanità sono distinte in patente nette, sospetta e brutta. Le patenti d’osservazioni di rigore e d’osservazione semplice vengono considerate siccome inutili e dannose al commercio. 9. a Non si ha a tener conto della patente netta del Levante, e particolarmente dell’Egitto e della Siria, finché le istituzioni sanitarie colà stabilite non abbiano messo più ferme radici e distratti i pregiudizi che in Oriente ancora si oppongono ad ogni migliore ordinamento d’igiene pubblica, e non sia trascorso almeno un decennio di perfetto silenzio della peste sia epidemica, sia sporadica in quelle contrade. 40. a Lo spoglio dei quarantenanti al principio della quarantena è considerata una misura utile ad introdursi nella pratica sanitaria. -1 1. 3 Quando si avverino le condizioni indicate nel rapporto , si possono contare come giorni di quarantena quelli impiegati nella traversata. 42. a Non si hanno ancora sufficienti prove per ammettere la facoltà disinfettante dal calorico elevato ad un’alta temperatura. 43. a Gli spurghi delle merci ed oggetti suscettivi, come sono praticati attualmente nei lazzaretti d’Europa, guarentiscono sufficientemente la salute pubblica dai pericoli della trasmissione della peste. 44. a Si ravvisano urgenti alcune riforme da adottarsi generalmente per migliorare le attuali condizioni di polizia interna dei lazzaretti. Questo rapporto veniva approvato e firmato dai seguenti membri della commissione: cav. De Renzi presidente, Salva- gnoii, Bertini, Trompeo (4), Giustiniani, De Beaufort, Cattu- (4) Sulla peste e sulla quistione delle quarantene il caY. Trompeo ha pubblicato alcune parole , eh’ io amo di far conoscere ai miei lettori : « Siamo in tempo di novità e di progresso : da questo lato novità e progresso esagerati, da quell’ altro novità e progresso incerto, meticoloso. « Un giusto mezzo anche in fatto di peste e di quarantene è prati- rani, Pescelto, Saetterò, Calderini, Torre, Berrulti, Dubini, Corticelli e Bo relatore. Farini e Parodi hanno aneli’essi firmato sotto condizioni che hanno poi sviluppato verbalmente nella discussione, alla quale, oltre i due nominati, presero parte il dott. Torre e cav. Griffa. camente e fors' anche speculativamente il miglior partito da seguitare. Se in ciò vogliamo attenerci ad un principio assoluto, pienamente razionale, anni ed anni trascorreranno ancora prima che questo vero, irrefragabile, assoluto venga riconosciuto dall’ universale. Quando si tratta di operare, quando rationaliter periculum est in mora, il probabile, ammesso appunto per questa necessità dal- 1’ universale, diventa ( ben inteso per questa sola necessità del- l’operare) il positivo, l’assoluto, il vero. Ora che cosa, in questa questione della peste, della contagiosità o non contagiosità, del periodo massimo o minimo dell’incubazione, del tempo delle quarantene, che cosa in tutto ciò si viene divisando? Qui non parlasi del fine, il quale consiste nel tutelare la sanità degli uomini minacciata da un flagello direi quasi extra-naturale. In questa questione, tutta di osservazione, di buon senso e di buona fede, io scorgo tre punti, evidenti, distinti ed importantissimi: sono essi tre problemi, anzi tre teoremi. Sciolti questi punti, l’argomento della peste si trova circoscritto nei naturali suoi confini, la scienza è abilitata a dilucidarlo, e l’azione pratica può procedere con sicurezza sufficiente al provvedere. Io non ricercherò come e quando siasi primariamente ingenerata la peste : questo è un punto che troppo mi dilungherebbe dalla presente mia comunicazione : solo, colla debita venia, mi si permetta affermare, che essa non è indigena, epidemica, sporadica, nè altrimenti nascente in Europa; cioè, a voler essere precisi, che essa è nulla di tutto ciò in qua dai littorali sul Mediterraneo d’Africa e Levante, dallo Stretto di Gibilterra allo Stretto dei Dardanelli, correndosi più o meno al massimo dai 34 ai 35 gradi di latitudine settentrionale; e per ciò che riguarda l’Anatolia e Costantinopoli dal grado 38 della medesima latitudine. Ogni qual volta vi ebbe pestilenza al di qua di questa linea verso settentrione, c’ era peste al di là della stessa linea verso mezzodì; ed istoricamente risulta che ogni volta che vi ebbe peste bubonica in Europa, navi con appestati La discussione sulle quarantene c sulla peste fu continuata nell’adunanza del giorno 26 , in cui veniva data comunicazione d’una lettera del prof. Platner sul proposito della incubazione, che esso riteneva di pochi giorni. Seguiva il prof. BulFalini, che a bordo, venienti da luoghi di peste infetti, ad essa vennero ad approdare. Onesta maladetta morìa, che da quando a quando appare in Egitto, Siria, Anatolia, Romelia, ec., è quella medesima che tremila anni fa devastò il campo de’ Greci sotto alle mura di Troia, duemila anni fa devastò la florida Atene, cinquecento anni fa circa devastò Firenze : ne fanno fede Omero, Tucidide, Boccaccio, cotesti rappresentanti delle tre più grandi ere della storia dell’ umanità nella razza Indo-germanica o Pelasgica. La peste lmbonica orientale si mostra di tempo in tempo da forse trenta secoli, come ho accennato, nei paesi al di là del Mediterraneo, prendendo ora la forma di contagiosa, ora quella di epidemica, ora quella di sporadica, secondo il vario opinare degli osservatori, derivante però, al creder nostro, dalla funesta proprietà che serbano le robe, le merci, le masserizie, e più specialmente le lanugini (velluto, lana, cotone, pelli, ec.), di conservare il germe pestilenziale, conseguentemente di trasmetterlo sia per accostamento, adesione, contatto immediato, sia per trasmissione atmosferica, ogniqualvolta vi sia per parte del- l’uomo avvicinamento : permanenza di avvicinamento alle cose serbanti contagio, e qualora oltre a ciò vi abbia (conclitio sine qua non) la disposizione sufficiente nella persona a contrarre la malattia. L’elemento della disposizione è cosa incontrastabile: sifilide, vaiuolo, morbillo, ec., ne sono prove irrecusabili. Il mio modo anzi accennato di spiegare la rigenerazione, o piuttosto la ricomparsa più o meno periodica della pestilenza, abbraccia, in quanto ad importanza, più della metà di tutta la trattazione della materia della quale ho oggi l’onore di succintamente intrattenere i lettori : forse altra volta mi sarà dato di entrar su ciò in maggiori particolari. « La peste d’Oriente, la quale, come la fenice, dalle medesime sue ceneri rinasce e risorge, è comunicabile, trasmissibile, dicasi come si vuole, da corpo a corpo, per toccamento, per simul-immer- sione atmosferica, morbosamente, endemicamente, sporadicamente, ec. : è fatto che io trovandomi aver la mano, per esempio, stretta raccomandava nuovi studi ad una commissione permanente sulla peste. Succedeva il prof. Botto, al quale sembrava essere il tema maturo per una definitiva trattazione. Facevasi in seguito il prof. Bo a giustificare il suo rapporto da tutte le men- alla mano di un appestato, ovvero senza toccarlo trovandomi alla distanza da lui di dite, quattro o sei metri, e tenendo nel primo caso un certo tempo la mia destra nella destra dell’ appestato, e nel secondo caso aggirandomi un certo tempo entro alla funesta sua aura, alla distanza di questi due, quattro o sei metri, è fatto, dico, che io posso contrarre una malattia identica colla malattia dell’appestato, mentre che Tizio, Caio, ec., che saransi trovati nel medesimo contatto, nella medesima atmosfera, non avranno contratto niun malore. Fatto è ancora che io stesso o questi Tizio e Caio trovandoci alla distanza da uomo, da roba infetta, di cinquanta, sessanta, cento, dugento metri, essi, io non prenderem la malattia, e la piglieremo io, questi o quegli, ovvero tutti se tocchiamo, maneggiamo roba qualsiasi di appestati, o ci troviamo colla necessaria disposizione avvolti nell’ aura pestilenziale. Il che tutto prova l.° che chi non accostasi ad appestato ad una certa distanza (l’osservazione non l’ha ancora definita questa distanza) non contrae la malattia, ed anche accostandosi a codesta distanza non la contrae in tutti i casi: fenomeno questo spiegato dalla scienza colla teoria della predisposizione ; 2.° che le robe stesse sono fomite di contagio. « Veniamo ora alla quistione della latescenza o incubito del morbo; la parola non importa. Qui convienmi dire alcunché dell'inserimento della peste nella macchina vivente. Io credo che talora questo inserimento è cosa istantanea, fulminea, e che pochi secondi bastano, sovrattutto quando yì è vero contatto, per trasmettere la peste. Notisi che per questa trasmissione non intendo solo 1’ applicazione alla fibra viva di materia latrice di pestilenza, ma l’azione di questa applicazione con conseguenze simpatico-morbose, punto questo non ultimo da esaminarsi in tale trattazione. Il diritto, o piuttosto il dovere medesimo della scienza ci dà la facoltà, anzi l’obbligo ci impone di compulsare su questo, persino le miserie stesse più recondite di questa nobile insieme e disprezzabile nostra 4 $ 72 $* > de ed obbiezioni mossegli contro ; ed infine il cav. De Renzi giustificava più ampiamente l’intendimento della commissione e le singole, o, per dir meglio, le poche conclusioni ch’c- rano state attaccate, e si univa al Buffalini, il quale aveva ricreta, e di interrogare i segreti più ribrezzanti degli umani concubiti, fugaci talora come un rapido lampo, seguiti sovente da non meritata impunità, protratti talvolta per impotenza, stanchezza o bagordo a ben più lungo tempo, e seguitati poi da malanni inenarrabili. In questo secondo caso, da un lato predisposizione, dall’ altro persistenza dell’ azione contagiosa sopra la fibra, il sistema nervoso, il sistema assorbente, sopra (permettetemi questa parola) il sistema contagionabile , che non è assurdo ammettere anche questo fatale sistema. Ma affrettiamoci a tirare un velo su questi segreti della povera nostra umanità, e solo ci sia lecito di aggiungere che lo scioglimento del punto della latescenza della lue orientale deve ricavarsi specialmente dalla questione sull’ incubazione della nostra lue occidentale. Da quanto ho sin qui accennato, benevoli lettori, io credo dovere dedurre essere possibile che, ammessa 1’ azione quasi fulminea della peste orientale, come in alcuni esempi della lue venerea, si danno casi in cui l’azione è più lenta, e, a predisposizione eguale, l’individuo A, sottomesso all’azione pestilenziale di aura o di contatto, per esempio, durante un minuto per questo, durante un’ ora, due, quattro per l’altra non contrae la malattia; laddove l’individuo B la contrarrà se il contatto sarà stato di due minuti, o l’aggirarsi nell’atmosfera funesta fu di otto, dieci o dodici ore. Il punto vero di tempo in fatto d’inserimento pestilenziale è cosa impossibile a determinare; in pratica si potrebbe dire che dal primo inizio dell’immersione nell’aura contagiosa, o del toccamente di corpo o cosa infetta al momento in cui l’inserzione trovasi irreparabilmente consumata, si dovrebbe sempre computare un minimum di ventiquattr’ ore compiute. Quanto al caso di contrarsi il male per mezzo delle merci, vesti, derrate, cose, in una parola, di ogni sorta, io confesso essere quasi impossibile determinare l’intervallo di tempo necessario a contrarlo; imperciocché chi pratica con appestati può sapere che erano tali, e ricordarsi a qual punto di tempo li avvicinò, mentrechè chi viene infetto dalle cose non si ac- preso la parola, nel pregare perchè l’argomento non si abbandonasse dagli studiosi. In questa tornata fu passata alla commissione per gli esperimenti sull’ uso dell’ elettricità nell’ amaurosi una me- corge subito e sempre che esse erano appestate, e se ne accorge generalmente dopo cinque od otto giorni (termine minimo), e diciotto, e forse venti giorni (termine massimo), che esse erano tali. Con ciò io voglio dire che nel computare l’inizio dell’ infezione, si deve piuttosto abbondare e prender le mosse dal primo momento che uno si è trovato in contatto con aura di pestilenza; vale dire doversi supporre che si è preso il malore venliquattr’ ore avanti che si cessò di essere in circostanze atte a farlo contrarre: la qual regola, non occorre notarlo, non sarebbe cosa di teoria, ma di pratica, sarebbe non per l’appestato che può sapere di non aver bazzicalo con appestati o maneggiate cose appestate che durante un’ ora, mezz’ora, ec., nel qual intervallo è per esso certo che ha presa la peste, — ma pel medico sanitario, pelle podestà sanitarie, presso le quali, salva prova in contrario, le deposizioni degli ammalati colti dal malore debbono essere sottoposte alla debita tara. « La sifìlide è, nel mio modo di vedere, il male per eccellenza su cui studiare la natura degli altri contagi : questo male, che neppur esso è indigeno nella nostra Europa, questa maledizione (a non parlare delle affezioni uretrali), la lue venerea d’ordinario giace nascosta dai sei ai sette giorni , la sua latitanza è talvolta perfino di venti giorni, sovrattutto nelle persone giovani, robuste e non pria da tal morbo colpite. Il cholera indico ha un esempio inconcusso di diciassette giorni franchi d’incubazione, di diciotto nel nostro sistema di pratica. La peste orientale nelle persone ha tre esempi autentici di latitanza di diciotto giorni (*). « I fatti poi riferiti dall’ illustre Ségur-Dupeyron e dal dotto rapporto della Reale Accademia di Medicina di 3Iarsiglia danno prove certe d’incubazione oltre i dieci giorni, senza far parola del caso di Malta esposto dal cap. Himlisk, comprovante l’incubazione di ven- (*) Se ne vedano le prove autentiche, irrefragabili nei registri della sanità del Varignano. moria riguardante altri casi di malattie nervose curate col- l’agente elettrico. Quindi si comunicò un caso di assenza perfetta di liquido amniotico osservato in donna affetta da idrope ascite, la quale partorì un feto che visse otto giorni; e dicdesi titrè giorni, e di quel citato da Lasperanza di quarantaquattro giorni (Sémaphore del 17 corr.). « In quanto alle cose, la permanenza in esse del virus dehb’ essere in certi casi ben più lunga: si hanno esempi da fare spavento. Su questo proposito altro per ora non si può fare che ammettere per inconcusso il principio che esse sono suscettive in gran numero, tuttoché alcune lo sieno in un grado, altre in un altro, e che le circostanze di temperatura, di umidità, di incassamento, di imballaggio, ec., ec., contribuiscano a modificare la permanenza del contagio nelle robe. « Queste cose già io aveva scritte quando per mezzo dei pubblici fogli mi pervenne la notizia che il governo francese, il governo di quella vastissima contrada che, dopo l’Inghilterra, ha maggior numero di arrivi dall’Egitto, dall’Africa occidentale, dalle Antille, dal Golfo del Messico, venne annunziando alle sue Camere l’intenzione di abbassare i periodi quarantenarii pegli arrivi di Costantinopoli e d’Alessandria d’Egitto. Le mosse prendendo dalla massima che l’incubazione della peste occidentale non eccede gli otto giorni, il governo francese intende ordinare che gli arrivi ( persone e merci ) da Costantinopoli con patente netta per pacchetti postali o bastimenti dello Stato su cui siavi un medico sanitario, sieno ammessi immediatamente a libera pratica quando saran trascorsi nove giorni pieni dal dì della partenza — o, in altri termini, che la quarantena cominci col giorno della partenza. Le stesse disposizioni sarebbero applicabili agli arrivi per navi mercantili, con patente netta, vegnenti da Costantinopoli, con un medico sanitario a bordo. Nel caso che non ci fosse il medico sanitario a bordo, le precedenze da Costantinopoli saranno soggette ad una quarantena di osservazione di cinque giorni (*). « Rispetto agli arrivi (persone e merci) da Alessandria, il governo francese, che finora li trattava sempre come in patente sporca o (*) V. Monìtcur Unìversel del 4 giugno scorso, 3.° supplemento. lettura d’un breve rapporto del cav. Fantonclli sopra la memoria del dott. Tessier sui segni sfigmici per conoscere la cardite indicati dal prof. Laura di Napoli. Nella tornata del dì 28 si lesse una lettera del cav. Trom- sospetta, ammetterebbe per essi la patente netta, talché codesti arrivi, giungendo per pacchetti postali, navi dello Stato, o legni mercantili, aventi un medico sanitario a bordo, sarebbero ammessi a libera pratica, dodici giorni pieni dopo la loro partenza da Alessandria. Se la nave non ha medico sanitario a bordo, il passeggierò sarà tenuto ad una quarantena di osservazione di sette giorni, e le robe ad una quarantena très-réduite , sovra la quale il governo non avrebbe preso ancor definitiva risoluzione (*) (**). (*) Vedi il già citalo Monìteur Universel. (**) Già io aveva scritta questa comunicazione, allorché lessi nella Gazzella Privilegiata di Milano del 30 giugno, e nella Piemontese del l.° luglio corrente un ragionalo articolo d’uno dei più dotti medici della Russia che comprova quanto io aveva pubblicato sino dal 1836 nel Repertorio Medico-Chirurgico del Piemonte in appendice al rapporto di Ségur-Dupeyron : intanto, finché io abbia ricevuto l’articolo originale indicato che sto attendendo, credo doverne qui per nota riportare un sunto. Il dott. Heine protesta contro la decisione dell’Accademia di Medicina di Parigi (cioè della Giunta), la quale sostiene non essere contagiosa la peste, ma propagarsi persolo mezzo dell’aria impregnala dei miasmi che formano l’atmosfera attorniante gl’infetti dal morbo, sicché nè il contatto immediato degl’ infetti, nè quello di robe infette potrebbe comunicare la peste. Tal decisione di quella Giunta viene dal dott. Heine proclamata falsa e perniciosa all’umanità, per le conseguenze che potrebbe produrre ove vi si ottemperasse: soggiunge che, siccome uffiziale medico, avendo accompagnato l’esercito russo al di là dai Balkan nel 1839, ebbe campo ad osservare la peste per Io meno assai più dei medici di Parigi che hanno firmata tale decisione. Egli prova che la peste fu portata, mediante abili ed altre robe, nel 1812 a Odessa, nel 1813 a Bukarest e nel 1815 a Noja.- che nel 1820 la costa settentrionale dell’Africa, e segnatamente Tangeri, ne furono infette per questa maniera, e che ia peste, dichiaratasi a Odessa nel 1837 in seguilo alle medesime cause, non ha potuto essere soffocata fuorché col mezzo di provvedimenti grandiosi e diretti sistematicamente contro di questo flagello. pco, in cui proponeva di consultare il contento del prof. Lan- za di Napoli sulla peste, letto all’Accademia reale di Scienze di quella città, e trasmesso alla sezione dì Medicina. Il prefato cav. osservava inoltre come il premio da lui stabilito di « Il principio di comprendere nel computo della quarantena il tempo del tragitto da Costantinopoli ed Alessandria a Tolone, Marsiglia, ec., è cosa ragionevole: Austria ed Inghilterra ne diedero le prime l’esempio; solo mi pare che la risoluzione peeca nella base, nel supporre cioè l’incubamento non maggiore di otto giorni. Il governo francese fonda il nuovo suo sistema sopra il parere di una Giunta dell’Accademia Reale di Medicina di Parigi, Accademia alla quale, nelle men vaste sue proporzioni, ogni simile compagnia dovrebbe cercare con ogni sua possa di emulare. Ma questo parere non è il parere dell’Accademia stessa ( che del resto ora modificato dalla Giunta stessa si discute ), siccome l’opposizione non mancò di far notare: ad ogni modo al governo francese, così diceva il ministro nelle Camere, era urgente di riscattarsi dalla promessa fatta di modificare la sua legislazione quarantenaria, e la pubblica opinione, quella prepotente dominatrice del mondo, vuole in Francia che per venire con ispedilezza da Africa o Levante a Parigi non sì abbia a sbarcare a Trieste, ovvero, fallo il lungo circuito della Spagna, toccare all’Inghilterra, e giunger poi senz’altri intoppi sulle rive della Senna. « Due, secondo me, sono le modificazioni che ragionevolmente si possono, si debbono ammettere in fatto di quarantene: l’una è Dà per causa del non portarsi ordinariamente la peste dall’ Egitto alla Barberia (quando non sianvi infetti dal morbo sui bastimenti), quantunque non vi sieno quarantene, il solo eccessivo calore che purifica le robe contenenti fomiti d’infezione durante il tragitto. Dice che quanto all’esperienza falla da alcuni medici di inocularsi la materia contagiosa, il solo caso d’un medico francese che non vi soccombette non prova nulla a fronte delle vittime della scienza che così perirono volontarie. Termina col protestare altamente, come dissi, contro il parere di quella Giunta, e scongiurando i governi tulli a stare in guardia contro innovazioni che comprometterebbero la pubblica universale salute. lire 300 per la memoria sull’ ordinamento migliore degli studi medici in Italia forse non si potè aggiudicare perchè è mancato il tempo d’esaminare le molte memorie che pervennero alla presidenza, e manifestava la sua intenzione che lo quella annunziata dal governo francese, di contare il tempo della soggezione quarantenaria dal giorno della partenza: iocchè dapprima venne approvato nella commissione del Congresso Scientifico di Napoli, alla quale ebbi l’onore di presiedere: l’altra è quella del miglioramento degli ordini de’ lazzaretti nei quali purgasi questa quarantena; miglioramenti accennati nella relazione della Giunta della Reale Accademia di Medicina di Parigi; sovra del che del resto il Corpo Scientifico, a cui ho l’onore d’indirizzarmi, e mi glorio di «appartenere, mi permetterà per fine di esporre modestamente alcune mie idee. « Le modificazioni nel modo di computare il tempo dell’ isolamento , quello di contar il tempo trascorso nel passaggio da Costantinopoli ed Alessandria alle spiaggie di Francia, è per ogni rispetto plausibile, ragionevole e praticabile senza pericolo in quanto a principio; solo in vece di aver per base il dato che la incubazione della peste orientale non eccede gli otto giorni, non mi pare potersi sostenere questo principio, ma l’incubazione doversi stabilire a non meno di diciotto giorni. Quanto al miglioramento dei lazzaretti, ecco in breve qual è il sentire della Giunta dell’Accademia di Medicina di Parigi: gli «appestati sono infermi, ed a questo titolo hanno diritto a tutti i soccorsi che la società, la scienza e l’arte possono loro prestare: ammessi una volta nei lazzaretti d’uno Stato, essi debbono ricevere tutti i soccorsi e tutte le cure, notisi bene, che si danno ai malati ordinari negli spedali ed altri stabilimenti, e, notisi ancor questo, i meglio diretti ed i meglio tenuti. I locali poi destinati a riceverli saranno disposti per modo da assicurare agli appestati ed a coloro che li curano le migliori condizioni igieniche, e sovrattutto un’ aereazione facile e completa. Queste idee, o lettori, non lasciano luogo a contestazioni: solo permettetemi che io vi aggiunga per corollario e come conclusione del breve cenno che ho l’onore di presentarvi sovra questa grave materia, alcune mie considerazioni , alle quali, per maggior precisione e brevità, mi è parso dover dare la forma di aforismi. stesso premio fosse aggiudicato dall’accademia Fisio-Medico- Statistica di Milano fra tutto il mese d’aprile del 1847, uniformandosi a quanto si pratica dalle altre accademie. L’autore del premio acconsentiva anche alla proposta del dottor « Il governo di quanto spetta alla pubblica sanità è diritto, dovere, ufficio della sovranità. Ninna podestà provinciale o municipale ha facoltà di esercitare questo governo fuorché in via di privilegio, e per concessione del principe, ed è sempre rivocabile. a II governo della pubblica sanità è cosa di pubblico, generale, universalissimo interesse. Tutto il paese se ne vantaggia; tutto il paese dunque debbe concorrere agli oneri necessitati dai provvedimenti e stabilimenti di pubblica sanità. Le spese adunque del materiale e del personale degli stabilimenti sanitari debbono cadere sul bilancio generale dello Stato. Il ricco od il tapino che capita nei lazzaretti non deve dunque pagare in quella sua dimora in essi oltre a quanto realmente valgono le derrate che consuma, i servigi che riceve ; il mendico non deve pagar nulla : niuno io credo si metterà in mare per vezzo di venire poi passare dieci o venti giorni in lazzaretto senza pagare un soldo. «Le potenze egualmente esposte ad arrivi da porti infetti dovrebbero concertarsi sul proposito dei lazzaretti. Questi lazzaretti non devono essere bottega per chicchessia, per niun governo, porto o municipio. Gli Stati europei del Mediterraneo potrebbero andare d’accordo nell’instituire a comuni spese lazzaretti nei siti più comodi , acconci e salubri di questo mare. Malta, Tunisi (se si potesse aver un luogo sul territorio di quella reggenza ), qualche isoletta della Sardegna, l’Elba, la Capraja, la Gorgona, qualche luogo di Sicilia, Corsica, le Baleari, non sarebbero forse siti addatti a tale effetLo? « Considerata nelle relazioni internazionali la tutela della pubblica sanità è cosa del diritto delle genti in genere ed in pratica, del diritto delle genti convenzionale e.consuetudinario. L’Ordine di Malta, o qualche consimile istituzione, potrebbe così provvedere alla più efficace repressione della tratta dei Neri, come alla costante e poi finale estirpazione della peste; di questo funesto malanno che da innumerevoli generazioni in qua ha spopolato il mondo di forse cinquanta milioni di abitanti delle più nobili ed energiche razze. « Torino, luglio 1846 ». Rossi che si ritenesse chiuso il concorso d’ora innanzi, e che non venisse più accettata nessuna memoria sul soggetto. Il cav. Griffa, esponendo prima le sue idee sul modo di rendere più profittevoli i Congressi scientifici, proponeva un premio di lire 300 da aggiudicarsi nel Congresso di Bologna all’autore della migliore memoria sullo scirro e sul cancro, in appendice a quella giù stata premiata dal Congresso di Milano nella persona del dott. Gandolfi. E ciò, diceva egli, perchè come autore di quel primo premio non credo ancora che siano stati ben risoluti i quesiti che furono allora proposti, e perciò li ripropongo a chiunque volesse aspirare al detto premio. Si presentò alla sezione un istromento di particolare invenzione del dott. Nicolih di Trieste, detto da lui polsimetro. Tale istromento, a detta dell’autore, indica la forza, l’intervallo, e tutti i caratteri visibili della pulsazione. È utile un tale istromento nei lazzaretti ed in tutti i casi di malattia in cui è pericoloso il contatto. Può però perfezionarsi attenuando la borsetta elastica sottoposta, graduando Televazione del mercurio, e rendendo più sensibile T impulso. Non intesi, cosi diceva T inventore, di supplire al contatto, ma solo di offrire un nuovo sussidio alla diagnosi. Quindi venne data comunicazione dell’elenco dei comitati dei diversi Stati d’Italia componenti la commissione incaricata dall’ottavo Congresso Scientifico Italiano per la redazione di una farmacopea uniforme italiana, e questi sono : Presidente generale della commissione Cav. Gioachino Taddei di Firenze. Comitato di Toscana e del Ducato di Lucca. Cav. Taddei presidente, professori Vannoni, Giuli di Siena, Stagi di Pisa, Cozzi di Firenze, Targioni di Firenze, Puc- cinclli di Lucca. Comitato dello Stalo Sardo , in Piemonte e Savoia. Cav. prof. Cantù presidente, cav. Lavini, dott. Giovanni Borelli membro della II. Accademia Medico-Chirurgica, dott. Demaria, Malinverni, Àbbene, prof. Carmagnola, prof. Sobre- ro, Borjean, Revel di Chambery e cav. Moris. Comitato 2.° di Genova. Cav. Tavella presidente, prof. Arrighetti, cav. De Notaris, dott. Carbone, prof. Canobbio. Comitato 3.° per la Sardegna. Prof. Zucca a Cagliari presidente, prof. Ghersi, Piso, Ma- ninchedda, Crispo-Manunta di Sassari, prof. Salomoni. Comitato dello Stato Lambardo-Feneto. d.° Milano e sue divisioni. Dott. Giuseppe Ferrano presidente, Ottavio Ferrano, Luigi Marieni, De Cattanei, Ferretti, Ruspini e Cenedella. 2.° Cantone Ticino. Dott. Carlo Lurati presidente, al quale rimane affidato l’incarico di nominare i membri del comitato. ai 3.° Falesia^ Provincie Illiriche e Tiralo italiano. Dott. Trois presidente, dolt. Domenico Nardo, Bartolomeo Bixio, Namias, Corneliani, Cervetto di Verona, Ragazzini prof, di chimica nell’ Università di Padova. Comitato degli Stati Estensi e Parmensi. Cav. prof. Tommasini presidente, dott. Crispo, Panneggiarli, Selmi di Reggio, Vacca di Modena. Comitali dei domimi Pontifica. 4.° Roma e suoi Stali. Cav. Folcili presidente, prof. Perretti, Capello, Luigi Masi di Perugia, Purgotti di Perugia. 2.° Bologna e Legazioni. Prof. cav. Medici presidente, prof. Sgarzi, Comedi, Mez- zetti, Breventani, Bosi di Ferrara, Versari di Forli. Comitato del Regno delle Due Sicilie. 4.° Napoli e sue Provincie. Cav. De Renzi presidente, prof. Lanza, Semmola, Ignone, Felice De Renzis, Mammone Capria, Deigrosso, cav. Rosatli. 2.° Sicilia. Prof. Giovanni Pruiti presidente, prof. Michele Pandolfmi, prof. Gorgone, Casoria, Minemorini di Messina. N.R. Ciascuno dei presidenti di comitato ha la facoltà di aggregare a sè altri membri e cooperatori scelti fra i medici c chimici farmacisti delle rispettive provincie. 6 Il presidente generale Taddei si riservò poi di diramal e ai rispettivi comitati apposite circolari, perchè gli studi intorno a quest’ oggetto convengano ad un risultato scientifico ed uniforme (4). (1) Il dì 45 ottobre il presidente generale della commissione per la farmacopea italiana mi indirizzava la seguente lettera : « Ornatiss. Signor Consigliere doti. Liiralij « Essendo stato unanime divisamente dei medici congregali in Genova in occasione dell’ottavo Convegno degli Scienziati Italiani di redigere un formulario di medicamenti, il quale sia uniforme per tutta quanta la penisola italiana, ne fu richiesta la cooperazione ai chimici parimenti intervenuti alla ridetta Scientifica Riunione, al tempo stesso che furono invitati anche i membri della sezione Chirurgica a prendervi parte perciò che alla medicina esterna compete. (Vedi Diario dell’ ottava Riunione degli Scienziati Italiani, mini. 5, C, 4.0,11 e 13 sezione di Medicina; nuin. 6 e 13 sezione di Chimica; num. 7 e 10 sezione di Chirurgia ). « In sequela di che, creata tosto nel seno della sezione Medica una commissione con l’incarico di fissare le basi principali di questo lavoro, e di invitare alla compilazione del medesimo i medici e chimici-farmacisti più distinti delle diverse parti d’Italia, io ho l’onore di annunziarle che, stabiliti num. 12 punti centrali rappresentati da altrettanti comitati, ella viene meritamente designata a presidente dei 2.° comitato dello Stato Lombardo-Veneto, che è il redattore per il Cantone Ticino, e che alla S. V. Ill.ma resta affidato l’incarico di nominare i membri del comitato stesso si medici, che farmacisti e chirurghi che ella vorrà aggregare a sè come collaboratori. « E pregandola a volermi quanto prima far conoscere i nomi dei soggetti che ella avrà destinati a far parte del comitato che presiede, io la prego altresì a volermi far pervenire per un qualche mezzo economico la farmacopea o il ricettario che nell’ attuai momento serve più specialmente di norma ai farmacisti esercenti nella prò. vincia cui si estende il comitato da V. S. Ill.ma presieduto, onde io Seguivano indi le letture dei seguenti rapporti : Il prof. Pietro Cipriani sul manicomio di Genova, membro della commissione per gli spedali civili e relatore per questo. Il rapporto sul premio Manfrè, negativo ; quello del dottor Nardo, relatore incaricato di riferire sulle sperienze della galvano-puntura delle arterie; quello pel dott. Arpesani sugli asili infantili di Genova ; del dott. Ferrano sulle tavole statistiche del dott. Ghiraldi; del dott. Riboli sulla classificazione delle malattie mentali proposta dal dott. Miraglia di Napoli; e del dott. Parmigiani sull’ idrocele ed edema delle estremità, malattie endemiche nella città di Loano del dott. Carrara. Dopo di che il dottor Costa lesse per sè la risposta al terzo quesito proposto a Lucca : ricercare cioè uno o più segni indicanti P incipiente formazione dei tubercoli polmonari, e precedenti quelli forniti dall’ ascoltazione immediata o mediata, ecc. possa prenderne cognizione, conforme vado facendo rispetto a tutti gli altri comitati. « In attenzione del favore di sua replica, io ho l’onore di essere con rispettosa stima e con profonda considerazione « Di V. S., signor dott. Lurati, Presidente del 2.° comitato dello Stato Lombardo-Veneto (Cantone Ticino ) per la compilazione della farmacopea uniforme italiana. « Firenze, 15 ottobre 1846. « Umiliss. e devotiss. servitore « Gioachino Taddei ». Nei dare analoga risposta alla presente lettera io ho proposto i membri del comitato Ticinese per la farmacopea italiana, ed ho eseguilo quanto mi si ordinava in questa circolare. (Nola dell’ autore.) Si notificava quindi la seguente comunicazione : « La Presidenza ritenendo che siano giuste per i falli per ora noli ed accertati nella scienza., e quindi approvando pienamente le conclusioni ed i corollari del rapporto della commissione sulle quarantene, essendo la questione pratica, ossia quella delle riforme stata risoluta nel miglior modo che era possibile; nonpertanto per aderire alle istanze del prof. Bu- falini e dott. Farini nomina una commissione permanente. E desidera che si occupi delle costituzioni morbose in corrispondenza delle costituzioni cosmo-telluriche; che tenga dietro all’apparizione diffusiva delle malattie popolari, ed anche alla stessa peste, potendo ben darsi che più prolungati studi in proposito o nuovi progressi della scienza potessero indurre a modificar le stesse conclusioni della commissione dell’ottavo Congresso ». La commissione permanente nominata per questo oggetto è composta dei seguenti : Cav. prof. Gianelli presidente, protomedico della Lombardia. A Napoli: prof. Lanza, cav. De Renzi, cav. Carbonaro, prof. Ciccone. In Toscana: cav. Bufalini, prof. Capecchi, dott. Turchetti. A Roma : prof. Capello, prof. Farini, B. Rogier de Beaufort. In Lombardia: Giannelli, Strambio, cav. Speranza, Platner, Cattaneo. A Venezia: Frari, Namias. A Trieste: Lorenzutti. A Torino: cav. Bertini, cav. Trompeo, prof. Sachero. A Genova: prof. Bo, Botto, Parodi, Remorini,'cav. Tavella. L’adunanza veniva chiusa da cordiali discorsi d’addio del presidente Speranza e dei vice-presidenti Berlini c De Renzi, a cui succedeva il dott. Secondo Pollo, uno dei segretari, colle seguenti parole: « Signori, « Chi disse pensosa la medicina, ben disse. Il Fisico colla folgore e col tuono che rapisce al cielo si fa quasi rivale alla natura nella potenza dei portenti; il Chimico ha il vapore per inorgoglirsi d’aver vinto e tempo e spazio; scioglie l’Antiquario ai marmi e ai bronzi la favella, e in sacra fratelle- vole alleanza si allieta di rannodare le presenti generazioni a quelle che furono; sviscera la terra il Geologo a furarvi tesori per lungamente perduti e infruttuosi; e il peregrare del Geografo per nuove e sconosciute terre, il prodigio per poco non compie che l’universo dilati ancora e allarghi. Siffatte maraviglie, che fra lo strepito e il rumore dei popoli plaudenti fanno il mondo ammutito, assecurarono alle scienze naturali un’ara di gloria, a cui novello vigore attinge il genio, che ardito vola a più stupende imprese. La medicina ad esse sorella, pur essa divina pella missione cui adempie, non mena cotanto romoroso trionfo de’ suoi portenti, nè commette ad eco cotanto fragorosa i vanti suoi. Essa è modesta perchè è benefattrice; è benefattrice perchè è eminentemente umanitaria; e connaturati con sè modestia, benefizi, umanità, se- cura e contegnosa sulla via del pensiero incede, guardinga dell’errore, amante del vero, passionata del bene. Sì, lo ripeto, è pensosa la medicina; chè_schivare l’errore, investigare il vero, promuovere il bene, non sono il gioco di fortunati eventi o di imprevedute combinazioni, ma l’opera di profonde lucubrazioni e di durate intellettuali torture. « E voi, o Signori, già col fatto mi precedeste in questo mio pensiero: voi che convenuti a questa nostra ottava Riunione, il frutto ci porgeste del lungo vostro meditare: per- clic non altrimenti che con perseverata costanza di studio, che con prepotente filantropia, avreste, io tengo, potuto nobilitarvi nelle gare generose che imprendeste a sostenere sui temi, che degl’individui non meno, ma all’essere migliore delle masse si dappresso han tratto. La pellagra, l’antagonismo tra le malattie miasmatiche la tise, e la scrofola, e la peste segnano in Genova una onorevolissima e non peritura pagina negli alti del suo Congresso. E la coscienziosa discussione intorno a quest’ultima, sulla quale le speculazioni dell’egoismo commerciale, e l’esagerata provvidenza delle genti paurose parevano più sospendere che non affrettare il componimento di riforme sanitarie che l’attuale civilizzazione al lume della scienza invoca, tra pel senno maturo onde sorretti dall’ esperienza di ben tre secoli la sosteneste, tra pella franca c libera manifestazione dei voti vostri, non servi alle autorità di nomi, nè figli di careggiati sistemi, fu certo il migliore tributo che alla scienza portaste, e son per dire il più caro contrassegno di riconoscenza a questa bella città, cui, mentre andiam debitori d’una cortese e gentilissima ospitalità, dobbiamo altresì la tutela e sicurezza delle nostre contrade dal flagello Levantino. « Laonde, o Signori, permettete che al termine delle nostre, ahi! brevissime esercitazioni io vi esprima non che i sentimenti della gratitudine pelle cognizioni onde mi foste maestri, ma ancora pella bontà onde compatiste al buon volere dei vostri segretari, che unanimi e più che volenterosi, gelosi ci adoprammo nel raccogliere i vostri dettali, c farne tesoro che parli della vostra sapienza ; chè fiduciosi del vostro condono e confortati della vostra benevolenza, noi già vi sospiriamo sulle amene sponde della Regina dell’Adria ». Il giorno 30 tenevasi un’adunanza straordinaria sotto la presidenza del cav. Bertini. In essa il cav. Trompeo, con lettera indiritta alla presidenza, esprimeva il suo desiderio che tutte le memorie pervenute al concorso pel premio sul migliore ordinamento degli studi medici in Italia venissero trasmesse al dott. Ferrario, vice-presidente dell’Accademia Fisio- Medico-Stalistica di Milano (1), chiamata da lui ad aggiudicarlo nel tempo e modo già stati notificati. Lo stesso cav. Trom- peo faceva istanza perchè una deputazione scelta nel seno della (1) La detta Accademia, che fu fondata in Milano sul finire del 1843, e che già occupa un posto distinto fra i corpi accademici e per gli uomini che la compongono e per le materie che imprese a discutere, ha pubblicato il seguente PROGRAMMA. li’ Accademia Fisio-Medico-Statistica di Milano, a norma dei propri statuti, conferirà i seguenti premii : 4.° Una medaglia d’oro, una d’argento ed altra di rame alle tre memorie manoscritte che entro l’anno 1847 avranno meglio soddisfatto al quesito: Con quali istituzioni, oltre quelle ordinate dal- 7 J autorità legislativa, potrebbesi proteggere la proprietà mobile dei capitali in vista principalmente dei frequenti fallimenti? 2. ° Una medaglia d’oro, una d’argento ed altra di rame ai tre manoscritti per un Manuale Igienico che entro Canno 1847 saranno meglio compilati ad uso delle varie classi di operai, e preceduti da una specifica delle malattie cui i medesimi vanno esposti nell’esercizio delle rispettive professioni. 3. ° Una medaglia d’argento ed un’ altra di rame alle due Memorie od Opere stampate entro Canno 1847 che avranno meglio trattata la Statistica delle morti per apoplessia (Cuna delle città italiane ( esclusa Milano), seguendo le norme della Statistica delle morti improvvise di 31ilano, del dott. Giuseppe Ferrarlo, già stata pubblicata sino dal 1834 dalCl. R. Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti. sezione ed a nome di essa voglia recare l’omaggio di riconoscenza e gratitudine a S. E. il Governatore della Divisione, a S. E. il Presidente generale, ai Sindaci del Corpo Decurionale, ai Deputati del Casino c degli stabilimenti tutti civili e militari per le cortesissime accoglienze che si ebbero gli Scienziati accorsi al Congresso e pelle gentili maniere con cui si prestarono a loro fornire tutti quegli schiarimenti ed opportune notizie intorno al paese e le belle sue istituzioni. L’i- stanza fu accolta con quella premura e gradimento che van di paro coll’ educazione scientifica e civile che seco adduce 1’ alta nostra Italiana Congrega. A quest’ oggetto l’assemblea stessa disegnò il presidente cav. Speranza, il cav. Bertini vice- presidente, e il cav. Trompeo. Poco stante il dott. Ferrario faceva voti che gli uffiziali del banco della presidenza, e particolarmente i segretari che con tanto zelo e integrità compierono al difficile loro incarico venissero rimeritati dai segni di soddisfacimento ed approvazione universale. Venne proposta ed approvata un’ aggiunta che il dottor Onetti desidererebbe al processo verbale, cioè che egli ha dato cognizione di una perforazione di stomaco che si voleva, dipendesse da avvelenamento per acido solforico; mentre con esatte e sagaci disquisizioni pose in chiaro trattarsi solamente di un’acuta gastro-enterite, cosa non rara ad osservarsi nella scienza. Dopo di che il prof. Botto si fece a dire che vorrebbe poter leggere intiero il rapporto che la commissione eletta per esaminare i libri presentati all’ adunanza durante il Congresso avrebbe dovuto formulare; se non che parecchi membri, atteso gl’impegni che contemporaneamente avevano in altre commissioni, ad altre materie applicate, il rapporto stesso non riuscì che parziale, riguardante cioè solo i libri che a lui furono riservali, ed uno rimessogli dal dott. Dubini, membro della stessa commissione. Questo rapporto, comunque non complessivo ed imperfetto per riguardo al mandato che i membri della commissione si avevano, fu nondimeno accolto con assai favore dall’adunanza, la quale anzi colmava il relatore di plausi, quando, pieno il cuore di alti sensi per la sua patria e pel bene di tutti i fratelli d’Italia, conchiudeva: « Così, o Signori, il rendiconto dei libri che nella enumerazione dei nazionali comincia dal Guani, medico nostro rendutosi illustre fra i contemporanei, vissuto lungi dall’aere cittadino, dalle adulazioni, dai vituperii con cui si accatta una celebrità la quale dà l’oro, al quale poi son dati onori e titoli, e finisce col Tommasini, mio venerato maestro ed amico, al quale, senz’altra cagione se non quella sola della in- struzione che da lui ebbi, mi ha legato e mi lega gratitudine eterna, è lavoro mio, fuorché l’opera del Tommasini] acciò il sunto fosse più spassionato venne analizzata dallo stimabilissimo dott. Dubini. Ilo bensì altri estratti di libri fatti da altri dei membri della commissione miei colleghi, ma perchè pel numero sono lontani dal comprendere la maggiorità delle opere presentate, e perchè mi furono dati tardi, non mi posero in grado di farne un insieme ordinato con scientifica distribuzione onde poter dare un qualche corollario generale di eccitamento ai medici d’Italia e di lode. « Nondimeno, tenendo conto soltanto del poco che io vi ho rapportato, rallegriamoci grandemente che l’Italia non è povera, ed anzi, ratinando ora le antiche vitali scintille e le reliquie vetuste e sacre del suo disfacimento, essa, siccome l’uccello simbolo della perpetuici stessa della natura, si mostra nell’ atto di un animoso e forte risorgimento. « Ora io a vece di pregarvi a dilungo della vostra indulgenza alle povere mie parole, soffrite, o miei colleglli Italiani, da qualunque provincia accorsi a salutare questa Liguria, non ultima fra le provincie d’Italia; questa città della Liguria, capitale non ultima fra le capitali italiane, questo popolo ligure che è italiano per antico diritto, per amore clic ebbe sempre alla comune patria, e per grandi gesto colle quali a sè ed all’Italia procurò una gloria non peritura; soffrite, dico, voi tutti che in Toscana dapprima con noi liguri salutaste il Galileo, cui il saggio Leopoldo II poneva poi un maggior monumento a Firenze, e che ora veniste volenterosi a salutare Colombo; soffrite, io replico ancora, che io a voi lutti a nome dei buoni Genovesi (che molti vi accerto ancora ne abbiamo) rivolga la parola del saluto fraterno, il saluto del nostro congedo, e lo rendo ai generosi che già a noi così nobilmente lo porsero. « Ah no, non infiacchiscano per Dio in bassi affetti i cuori italiani, ma per grandi pensieri c per affetti generosi si espandano. Signori, la verità sola è scienza, e la verità e la scienza sono virtù, e la virtù sola è l’amore; e la virtù e la scienza, strascinandoci a grandi umanitarie vedute, se noi lo vorremo, ci sottrarranno all’impero dei piccoli e vili interessi; ci sottrarranno agli urti, alla guerra intestina clic l’egoismo e la sete dell’oro accendono nella umana società e nelle genti d’ogni condizione, c persino, oli sventura ! fra i medici. Siano sempre vieppiù elevali e nobili (c questa è pur vera nobiltà) i nostri studi ed i nostri affetti, tendenti a cooperare al bene di tutti i fratelli nostri che sono in questa classica terra ancor vestila a gramaglia, tendenti a cooperare al bene di tutto il mondo: ma in ciò procediamo, ve ne scongiuro, colla indipendenza d’una forte, d’una intemerata coscienza; e dove non vi lascieranno parlare il vero, tacete affatto: così ha detto Cristo, così dirà Pio IX, il gran padre dei Redenti, di tutti cioè i figli degli uomini. « Ma con la stessa espansione di cuore, memori di avere due volte data vita alla civiltà ed alia scienza a prò di tutto il mondo, abbracciamoci fraternamente nel dividerci, e più sia 9 si vegga questa pace dei nobili animi fra noi medici. Signori, un medico a passioni riprovevoli è un mostro che uccide e guasta la società. Troviamo eziandio noi medici il vincolo che ci tenga congiunti in fraterna benevolenza nelle più alte regioni della scienza e della filosofia, perchè là non si trova egoismo; e ciò sia ad un tempo pegno fra noi di pace, e sia il saluto di noi Liguri ai Siciliani, ai Romani, ai Veneti, ai Lombardi, ai Ticinesi, agli Etruschi, ed ai nostri Piemontesi, a tutti quanti siete Italiani nostri fratelli ». Con questo applaudito discorso la sezione di Medicina ha compito i suoi lavori, sui quali il di 29 settembre nell’adunanza generale dell’ ottavo Congresso il dott. Odoardo Tur- chetti,uno dei segretari della sezione, leggeva il seguente rapporto. Da questo il lettore ha campo di giudicare dell’ importanza delle materie trattate, non che dello zelo pel progresso delle mediche scienze e pel decoro dei Congressi Italiani mostrato dal dotto segretario. RAPPORTO SUI I.AVOUI DELLA SEZIONE DI MEDICINA d&ìl im ( giaifà LETTO NELLA SEDUTA GENERALE IL DÌ 29 SETTEMBRE 1846 DAL DOTT. ODOARDO TURCIIETTI PRIMO SEGRETARIO Odorando Presidente , Preclarissimi Signori ! Fuvvi già un tempo in cui la medicina era un sacerdozio civile, e a lor gloria reputavansi lo studiarla e i grandi pensatori e gli stessi Monarchi. — E ciò a buon diritto se il suo scopo si è quello di tutelare, fortificare, educare, riabilitare e curare, quando è inferma, l’umanità. Questo sacerdozio ebbe per secoli e mandato e onoranza, perchè le mediche discipline stesero larghe ali e si appoggiarono alle scienze del puro intelletto, alla legislazione, alla pedagogia ed a tutte le naturali discipline. Se non che presto i tempi si cangiarono, e ristretta, per opera di miseri intelletti, nel circolo meschino dei soccorsi da apprestarsi agli egri, decadde la scienza nostra da quel trono su cui la venerazione dei popoli e le fatiche dei seguaci di Esculapio 1’ avevano posta. Di bolgia in bolgia cadendo, precipitò negli anni a noi più vicini nelle dilanianti reti di una minuziosa analisi, che, rotte le tradizionali conoscenze, e avvolta nel gretto materialismo dei fatti, distemprò i grandi concetti e le pria sancite massime in un mare di dubbiezze, che ora a nostra sventura dividono e medici e medicandi. Però un tal periodo volge al suo termine. La medicina oggi sta per essere ritolta al sensismo che la invilisce e la fa una morta disciplina, soffocandogli ogni palpito d’interesse pubblico, ogni moto intestino di progredimento. Si, viva Dio — i cultori della sapienza Ippocratica che hanno stanza nella patria di Telesio, di Campanella, di Giordano Bruno e di Gioberti insorgono oggi concordi contro queste miserie, ed alla faccia del giorno, al cospetto di tanti sapienti fanno sacramento di aspirare ad una nuova sintesi che rannodi le materiali ricchezze della scienza ad un principio generale, fecondatore, progressivo quanto è lo spirito dei tempi, vasto quanto il pensiero, figlio primogenito della ragione, che tende alla contemplazione di un mondo che trascende il regno dei sensi e della materia. E ciò tentano avvegnaché sappiano la medicina senza spirito filosofico essere una lettera morta, una moneta senza corso e impronta, un composto di vuoti suoni, un rumore indistinto e miserabile di voci discordanti. Or dunque si torni a quel regno che fa i martiri della scienza e il trionfo del vero suggellato colle benedizioni dei popoli. Su via, si torni alla fede scientifica, e si riponga congiunta al consorzio delle altre discipline civilizzatrici e prò- grcssive anche la medica sapienza : e con questo pensiero e con questa colleganza potrà quandochesia ritrovarsi quella leva di Archimede capace di sollevare il mondo, che della forza brutale oggi si ride, ed ha in fastigio, siccome ha i dettami del puro sensismo che toglie vita, fede, operosità, progresso, entusiasmo. — Ma, Ornatissimi Signori, consoliamoci che un tal periodo, come diceva testé, è per terminare: e se la benefica reazione diede di sé sentore nei precedenti Congressi, qui si sollevò a più manifesta dichiarazione! Che se i lavori della sezione Medica non furono molti, essi però ebbero, col pregio dell’opportunità, quello di fondare la base di istituzioni e di studi più ordinati e tendenti ad allargare il campo delle mediche speculazioni, ed a farli riprendere parte non lieve nella magistratura civile dei popoli, posandole sopra un piedistallo che non sia uno sconfortante sofisma. E diflatti cominciando dalle cose che riguardano la tutela degl’ individui per venir quindi a quelle che riguardano le masse, nel nostro seno si posero dei quesiti sui modi per scegliere un buon vaccino che non istilli veleno per balsamo nei miseri fanciulletti. Si parlò del pericolo che avvi e dell’insufficienza dell’ acido arsenioso nella cura delle febbri intermittenti; farmaco questo più atto a togliere la vita, che a ridonare la salute. Un medicinale trovato utilissimo nella cura della tigna fu additato all’ assemblea, e di ciò che può sperarsi nella cura dell’ amaurosi e della cofosi nervosa dall’uso dell’elettrico, ed in altri malori che affettano arterie e vene, largamente parlossi c si studiò, presentando forse i germi di un passo gigante che stanno per fare la medicina c la chirur- già, adoperando quale benefico agente quell’imponderabile che, distruggitore di vita, imprigionò di già il Grande Americano', disarmandolo. — Ed anche su ciò che nuoce nelle ipo- condriasi recidive, e ciò che giova, e su ciò che dall’ustione può sperarsi nelle inveterate manie, siccome sul modo più equo di una cassazione delle malattie mentali che giovi alla diagnosi ad un tempo ed alla terapia, si intrattenne la nostra sezione — che fu pure avvertita della fallacia degli istintivi appetiti nella cura e diagnostica dei morbi enterici. E giacche cade in acconcio di parlare di diagnosi, giova avvisare che forse acquistava nel Congresso di Genova la medicina i mezzi per diagnosticare i tubercoli polmonari allo stato di crudità; il che se si verificasse porgerebbe armi potenti al medico nei casi dove oggi non ne ha che delle invalevoli; e questo in una malattia che miete inesorabile, e decima tutte le europee popolazioni. E sopra i modi di conoscere la cardile , altro dei malori comuni in questi tempi che il Marroncelli direbbe di cormentabilitù> sentì pure delle comunicazioni preziose, come ne ebbe delle altre che parlando di guasti enormi di massa cerebrale, davano diritto di trarre dei corollari che utilmente potranno usarsi nella diagnostica delle cerebrali e nervose affezioni morbose; come potrà pur trarsi lume di diagnosi dalle nuove ricerche esperimentali che udimmo aggirantisi alla dimostrazione dei modi precisi del movimento dei polmoni, e dal caso narrato di gravidanza estrau- terina, che coi precetti della scienza oggi forse si sarebbe potuto condurre a salvamento. Che se dalla tutela individuale veniamo alla generale tutela ed incolumità delle popolazioni, accennando appena i rapporti che udimmo sugli spedali civili, sul manicomio, sul civico albergo dei poveri e sugli asili infantili; nei quali rapporti trovammo nobili sensi c generose proposte; e tutto ciò additalo che può meglio spegnere le malattie negli uni, riabilitare l’intelletto negli altri, educare alla forza fisica, al morale perfezionamento, ed alle arti salubri i terzi, ed ai quarti conservare integra la salute, che di ogni tesoro è il più gradilo sol che si perda. Da ciò prescindendo, nella nostra sezione la parte della medicina civile, che fece vero progresso e portò ad applaudite conclusioni, si fu quella relativa alla riforma delle quarantene e dei lazzaretti per tener lontano l’orrendo spettacolo della peste bubbonica, avvalorandosi i nostri dotti nel loro giudizio, giusta le cognizioni che per ora si hanno, posato, anche delle discussioni e delle decisioni dei Corpi accademici e del Congresso di Francia. E conciliando la maggior possibile franchigia dei commerci, ed i rispetti alla individuale proprietà e libertà dovuti, colla incolumità della pubblica salute, e voti alzando caldi e solenni onde i lazzaretti addivenghino salubri asili, non mezzi di lucri fiscali. Se non che non basta impedire in Italia l’importazione di esotici malori, che troppi ne abbiamo di indigeni, e la lebbra, c il cretinismo, e la pellagra, e le scrofole, e la tise, e le febbri intermittenti e miasmatiche fanno di noi miserando scempio. Orbene, sulla lebbra avemmo preziosi dettagliati studi e razionali proposte di esterminio. Sulla pellagra il rapporto di una commissione Milanese coscienziosa e laboriosissima, c dotte informazioni sopra quella di Toscana e delle provin- cie Romagnole c delle Piemontesi ; luoghi tutti laddove si crearono dei comitati per maggiormente studiarla, e proporre mezzi di sradicamento. Sulle scrofole si dissertò lungamente e si propose una cura preservativa posata sopra scientifici principii nuovi; cura che ove si realizzasse, come lice sperare, profittevole, renderebbe all’ umanità uno dei servigi più segnalati che dalla medicina abbia giammai ottenuto. Per ciò che riguarda le febbri intermittenti e la tise, messa quasi in evidenza la legge di antagonismo che le regge, l’una all’altra opponendo, e facendo senno degli abiti morbosi dei varii individui e dei luoghi, e creando comitati di studio in tutta Italia, son promessi fruiti ubertosi da cosi bel principio: come pure alcun che lice sperare dalla proposta dell’ innocula- zione della pustula maligna come preservativo della peste bubbonica, e dai mezzi di educazione-morale, fisica e intellettuale che nel Cantone di Berna si fornisce ai cretini, e dalle misure che dai comitati di Torino, di Ginevra ed altrove stanno proponendosi e prendendosi in proposito, non che dalla proposta di una farmacopea universale nazionale italiana, condotta con uniformità di metodi e processi chimici, pesi e misure. Ed entra pure nella tarda tutela preventiva del genere umano la lettura che udimmo sulle malattie ereditarie e sui mezzi che si possono porre in pratica per renderne impotenti e sterili i germi, non che l’altra sulla frenologia che può essere guida di qualche valore nella educazione degl’ intelletti e mezzo di diagnosi e di cura più razionale nelle affezioni intellettuali. Che se bella e gradita gloria si è quella di prevenire le malattie e di risparmiare sofferenze agl’infermi, al quale scopo avemmo anche un letto e un apparecchio di mutamen- 7 to; ella è poi gloria nobilissima e nazionale il confortare la scienza delle leggi coi suggerimenti reclamati dai cultori d’igea, che valgono spesso a ridonare alla vita una vittima che già sta sotto la scure del carnefice. E sopra questo proposito avemmo la comunicazione di un caso che altri aveva reputato un criminoso venefizio, quando fu avvenimento da sole naturali cause prodotto. Finalmente, onde nella ricerca dei veri scientifici di universale applicazione potesse lo spirito umano conoscere il preciso punto di partenza, ed aver lena maggiore, la fondazione di alcuni prendi corroboravanlo, e il rapporto sui libri donati alla sezione, e quello sulle statistiche mediche, nel quale quanto da questo poderoso mezzo di investigazione analitica potesse il medico retrar di vantaggio, era chiaramente fatto manifesto. Che dunque non aveva io forse ragione di asseverare che nella sezione Medica dell’ ottavo Congresso si posarono le basi di studi più fecondi, più estesi, più largamente benefici, civili e nazionali? Or tu, Genova, la bella gemma dei mari, feconda il tributo della medica assemblea, il generoso incarco coll’intemerata coscienza del vero, per cui vai siffattamente distinta: e ai posteri, ai lontani, ai vicini addita il primo passo nella via di un più sicuro progredimento. Tu Vinegia degli scògli, che Iddio volle posata sul macigno, onde eterni fossero i tuoi destini ! Tu che oggimai riscossa da un nuovo fremito di vita civile, di quanto possa il concorde volere di un pugno di sani intelletti, potresti offrire nuovo e solenne testimonio ed esempio! Tu che dalle arti onde s’ingentilisce l’esistenza, più che dalle armi fratricide, traesti i monumenti perenni della tua gloria, recando a civiltà gran parte di Oriente! Tu forte nella pace, invitta in guerra e grande perfino nelle sventure! Tu che racchiudi un popolo già di re, sprezzatore unico al mondo di corone: e a buon diritto, se un tuo figlio a gratitudine di offerta e a presagio di catene ai monarchi donava i mondi! !! Abbiti or tu, che di te maggiore essere non potò o non seppe neppure il potente oppressore di quella libertà onde ebbe Firenze tre secoli di fama e di grandezza, abbili or tu gradito il saluto della scienza che gentilmente accogliesti, sentita l’ammirazione, sincera la nostra gratitudine, la ricordanza eterna ! ! SEZIONE DI AGRONOMIA E TECNOLOGIA Presidente ABATE RAFFAELE LAMBRUSCHINI Vice-Presidenti CONTE EMILIO BERTONE DI SAMBUY AVV. VINCENZO SALVAGNOLI Segretari MARCHESE CAMILLO PALLAVICINO CAVALIERE GIUSEPPE SACCHI Prima di discorrere dei lavori di questa importante sezione amo di far precedere T esposizione degli argomenti o quesiti proposti alla sezione di Agronomia e Tecnologia dei Congressi anteriori; già discussi in parte o tramandati indiscussi alla detta sezione del Congresso di Genova. QUESITI TRAMANDATI DAL CONGRESSO DI FIRENZE AL SUSSEGUENTE. (Adunanza del 29 settembre 1841). I. 1.° Modo semplice e generalmente praticabile dai contadini di dare alla terra ; opportunamente triti, i conci non fermentati. II. 2.° Coltura dei gelsi; cause del loro sollecito perire; rimedii alle loro più frequenti malattie; e come si possa farli allignare ove già altri vegetarono (discusso nel terzo, quarto c sesto Congresso). III. 3.° Esame dei vantaggi dell’affittare i terreni, o darli a mcsseridj o coltivarli a propria mano; considerando l’utile dei possidenti, quello dei contadini, i vincoli d’affetto tra gli uni e gli altri, e il prò che ne verrebbe alla privata c pubblica morale. IV. 4.° Come efficacemente condurre gli agricoltori a mettere una maggiore porzione di terra a sementa di foraggi per le bestie, al fine di aumentare gl’ingrassi, e ritrarre un maggior guadagno dal bestiame accresciuto, raccogliendo la medesima quantità di cereali in minor ampiezza di terra meglio concimata e preparata (vi furono alcune discussioni in proposito nel Congresso quarto e quinto). QUESITI PROPOSTI ÌSEU CONGRESSO DI PADOVA. (Adunanza del 21 e 26 settembre 1842). V. I.° Come accelerare la nascita delle sementi più vantaggiose, tenendole in convenienti infusioni per un dato tempo prima di affidarle al suolo, onde cosi antivenire le sinistre influenze atmosferiche. VI. 2.° Quali piante straniere all’ Italia ( sieno medicinali o di uso tecnico) possano innestarsi a congeneri indigene, e creare in tal modo nuove produzioni patrie. VII. 3.° Essendosi aumentata la coltivazione del ricino, come si possa riescire nella introduzione del baco da seta che si converte nella phalcena cinthiaj baco che nell’ India, al di là de! Gange, vive sul ricino, e produce una seta grossolana, ma pure utile alla manifattura di tappeti e coperte. Vili. l.° Qual è il più sicuro metodo di preservare l’erba ed il trifoglio dalle piante parassite, ed in ispecie dalla cuscuta, delta nella provincia padovana grongo o lovoloj deboli essendo riusciti e quasi inutili i risultamenti dei rimedii fin qui suggeriti a tanto male? IX. 2.° Quale è il metodo di fitto più utile al padrone, al colono, al terreno? X. 5.° Quale è la quantità da seminarsi in ogni campo, misura padovana (peri. cens. 3,80), di frumento? XI. Fino a qual punto convenga all'Italia promuovere lo spirilo manifatturiero senza ledere gli interessi dell’agricoltura ? Esposti i quesiti tramandati alla sezione di Agronomia e Tecnologia, mi faccio ora a parlare dei lavori di questa sezione. Il presidente apriva il giorno 4 S di settembre la seduta con una bella prolusione, nella quale, ricordando l’onore della presidenza già avuto in Firenze, sua patria adottiva, in occasione del terzo Congresso, manifestava la sua gratitudine per essergli altra volta conferito questo medesimo ufficio nella sua terra nativa. Dopo il discorso del presidente il dott. Bia- soletto parlò del danno che può recare alla pianta del grano turco, o zea mais, il taglio del suo fiore praticato in alcune parti della campagna Lombardo-Veneta. Il Mari, rispondendo al Biasoletto, accennò usarsi questo taglio anche in Toscana per procurare un foraggio grato al bestiame vaccino, ma egli non crederla pregiudizievole se venga fatto dopo la fecondazione dei fiori, anzi reputarlo utile per facilitare la maturità del frutto. Su questa distinzione fra il taglio e spuntatura dei fiori staminei fatta avanti o dopo la fecondazione convenivano i dott. Salvagnoli, prof. Moretti, avv. Poggio e conte Freschi. II Garassini osservava che anche il taglio delle foglie riesce generalmente nocivo alla pianta suddetta; ma il prof. Bertoloni asseriva che i Bolognesi sfrondano a poco a poco le piante del grano turco senza ch’esse ne soffrano danno, e che malgrado il taglio precoce dei fiori maschi, le ha veduto fecondarsi col polline di altre piante poste in campi lontani anche un miglio. Il prefato ed il prof. Ragazzoni parlarono in seguito della zea rostrata che si trovò imbastardita benché seminata in campo isolato. Ad essi successe il prof. Moretti, discorrendo sopra le varie specie di holcus adoperate dagli Egiziani per alimento degli animali e dell’uomo. Il presidente, riassumendo la questione trattata, invitò gli agronomi a nuovi esperimenti. L’avv. Maestri lesse una memoria sulla contabilità agraria , nella quale esponeva succintamente importanti teorie economiche agrarie. Queste hanno dato luogo ad una dotta discussione fra il De Luca, avv. Fabio Invrea, Busacca ed il cav. Mancini sul rapporto fra la rendita ed i capitali, e riguardo all’imputare il netto sopravanzo in parte al colono, in parte al padrone. In questa prima adunanza furono invitate le commissioni dei precedenti Congressi a presentare i loro lavori. Il cav. Mancini ed il Sanguineti, come membri della commissione nominata in Napoli per formare la statistica degli stabilimenti pii della Toscana, domandarono se la statistica debb’essere speciale, o formata sopra un quadro generale che possa con- venire a latte le provincie italiane. La sezione annui all’ ultima proposta; ed il Sacchi propose a modello quella pubblicala in Piemonte dal Ministero dell’interno; ma il Mancini ed il De Luca amavano aggiungervi alcune modificazioni. Il presidente invitò quindi il cav. Mancini a farsi capo di una commissione apposita per questi studi. 11 De Vincenzi propose altresì una statistica agraria generale, ed il march. Sambuy ricordò le due presentate all’associazione agraria, le quali divisero il premio del concorso. Nel giorno 16 il presidente propose alla sezione di stabilire delle conferenze preparatorie, nelle quali si dovevano discutere prima i principali c più difficili argomenti da trattarsi dopo nell’adunanza; conferenze le quali non devono in alcun modo vincolare la libertà dei membri della sezione, nè arrecare alcun impedimento alla pubblica discussione, ma invece porgerle un aiuto. La sezione assentiva a questo provvedimento, ed il presidente nominò cinque presidenti a cinque conferenze, alle quali dovevano riferirsi le materie da trattarsi. Il Freschi ha espresso le profonde e soavi commozioni eccitate in lui dal Congresso dell’Associazione Agraria Piemontese in Mortara. Il Sambuy espose gli incrementi che l’Associazione ha preso nell’ultimo anno e i nuovi tratti di munificenza Sovrana per fondare coll’ intervento dell’ Associazione medesima un Instituto d’istruzione agraria, forestale e veterinaria. Presero la parola successivamente P avv. Peritano e dolt. Antonio Salvagnoli per notificare i tentativi che si fanno in Napoli ed in Toscana per fondare una simile Associazione, cui il Giss soggiungeva essere già da qualche tempo nelTirolo una istituzione che ha qualche somiglianza coll’Associazione Agraria Piemontese , e pubblicatisi già da otto anni una gazzetta agraria. Il Biasoletlo in seguito espose aver veduto molto frequente nei prati lombardi il ramnicuhis acrisj e domandò se non ne risente danno il bestiame che se ne pasce. Da ciò nacque una discussione, in cui presero parte il prof. Moretti, avv. Poggio, Andifrelt, dott. Grossi, Sambuy, Salvagnoli, Panattoni, Car- fora e Brun, e da questa risultava che sebbene il ranunculus acris non sia creduto un buon foraggio, e anzi i coltivatori lombardi usino grandi diligenze per estirparlo, pure non arreca danni in quanto che i buoi si astengono dal mangiarlo verde; e quando è secco perde ogni qualità velenosa. In questa occasione si parlò di altre piante velenose cui si attribuisce molte volte la morte delle pecore ; ma dopo schiarimenti dati dal Sambuy e Salvagnoli sembra potersi dedurre che il più delle volte la morte delle pecore derivi da una sottile polvere di terra che dopo le pioggie rimane sopra le erbe, o da animali che le pecore stesse vengono ingoiando. E poiché sembra che talvolta le pecore siano condotte a morte da un verme che loro corrode il fegato, la sezione deliberava che fosse consultata la sezione di Zoologia sul creduto verme e sul modo con cui può introdursi in quel viscere (1). Il Carfo- ra, Sambuy e Brun addussero dopo dei fatti dai quali apparisce essere in questo male ottimo rimedio, almeno preservativo, l’uso del sale, dell’ossido di ferro e dell’acqua ferruginosa. (1) Vedi sezione di Zoologia, Fisiologia ed Anatomia comparata. In questa adunanza vennero anche nominate le seguenti commissioni : 1. a La commissione deputata a studiare Io stato dell’agricoltura genovese, composta del prof. Moretti, dott. Salvagnoli, ing. Antonio Calvi, ing. Brioschi, De Luca, conte Freschi, De Vincenzi, march. Carrega, conte Sanseverino, Gabaldoni, Michela e Costa. 2. a La commissione per l’esame dell’industria genovese, composta di Giuseppe Papa, Paris , Sanguineti, Busacca, dott. Coppa, Mariano d’Ayala, march. Fabio Invrea, cav. Maestri, ing. Cadolini, march. Balbi Pioverà. Aprivasi l’adunanza del 47 coll’annuncio della nomina di due commissioni. L’una incaricata di riferire circa i libri donati alla sezione, la quale veniva composta dai dott. Salvagnoli, Sagredo, avv. Torre, Erede, Freschi e Busana. L’altra destinata a esaminare le memorie intorno l’imboschimento dei monti liguri, la quale era composta del prof. Moris, presidente, De Luca, avv. Salvagnoli, Torre, Magioncalda e Pellegrini. Veniva affidata al generale L. Zenone Quaglia la disamina di una memoria presentata per i! concorso sulle irrigazioni. Prese quindi la parola il Sambuy per informare la sezione sulle benefiche ed efficaci intenzioni del Re e del R. Governo circa l’Associazione Agraria Piemontese; quindi lesse la circolare diretta il dì 48 agosto p.° p.° dal ministro degli interni agli intendenti generali, ed il proemio del regio brevetto col quale S. M. fondava alla Veneria una scuola agraria-forestale- veterinaria. Il Valerio, dopo calde congratulazioni perla elezione del Sambuy a direttore della suddetta R. scuola, eloquen- temente discorse sui numerosi vantaggi materiali e morali derivanti dalla sullodata Associazione Agraria, dai congressi che tiene nelle varie provincie, ed in ispecie dalla distribuzione di premii ai più virtuosi contadini, sulla quale raccontava fatti commoventi, che fecero nell’animo degli uditori una profonda impressione; notava però non sembrargli opportuno il modo seguito dalla benemerita Associazione Agraria per giungere a cognizione degli atti virtuosi meritevoli di premio, il quale è che le persone medesime che pensano avere fatto opera singolarmente virtuosa debbano richiedere il premio. Diceva sembrargli questo un eccitamento alla vanità corrom- pitrice di ogni virtù, e domandava che la sezione esprimesse all’ Associazione Agraria il sentimento che i fatti narrati le hanno inspirato, e per mezzo d’una commissione suggerisse un modo migliore per la distribuzione dei premii di virtù. Sul medesimo soggetto parlò dopo il prof. Baruffi accennando particolarmente all’ accaduto nella Lomellina dacché vi si tengono i suddetti congressi agrari provinciali, e l’ing. Mi- chela, parlando sullo stesso argomento, annunciò un’opera diretta al medesimo scopo scritta dal rev. 0. Scartata, col titolo : Le serate d’inverno in un villaggio. Il presidente propose di votare un omaggio d’ammirazione e di plauso alla detta Associazione Piemontese (I), cui la sezione assentì. (1) Io stimo cosa molto opportuna il far conoscere a tutti gli Italiani, e particolarmente ai miei concittadini, il regolamento dell’Associazione Agraria Piemontese trasmessomi colla seguente cortesissima lettera da S. E. il signor conte di Colobiano, gentiluomo di camera di S. M. il Re, cavaliere d’onore e segretario di gabinetto di S. M. la Regina Maria Crisiina, caldo propugnatore di questa uti- Quanto poi al modo tenuto nel ricercare le opere virtuose per premiarle, approvando il savio riflesso del Valerio, aggiunse lissima instituzione. E ciò col doppio intento di procurare dei membri alla detta Associazione e di dar lumi ai miei concittadini onde promovere nella Svizzera Italiana una simile Associazione. « Signor Consigliere doti. Lutali, « Le cortesi parole che la S. V. si compiacque farmi udire sulla importanza della nostra Associazione e sul bene che da essa può ridondare al nostro paese ed all’ agricoltura generalmente, mi hanno fatto pensare che possa tornarle gradilo il conoscere più compiutamente gli statuti che governano questa Società, e che dietro la conoscenza dei medesimi la S. V. vorrà forse onorarla inscrivendosi nel numero de’suoi membri, e procurarle nella sua patria, dove sono tanti i distinti ingegni e gli uomini che amano il bene, altri associati. « Io mi fo perciò grata premura di inviarle copia del nostro regolamento, persuaso che ella si compiacerà accettarlo come un attestalo della molta estimazione che io le professo e della fiducia che io ripongo nella S. V. per l’adempimento del vivo mio desiderio. « Gradisca, ecc. « Torino, il 16 ottobre 1846. Devotìss. ed affezionatiss. « Di Colobiano ». REGOLAMENTO Dell’Associazione Agraria per l’incremento dell’agricoltura, delle arti e delle industrie alla medesima direttamente attinenti. Art. l.° L’Associazione ha per iscopo l’incremento dell’agricoltura, dell’ orticoltura e delle arti ed industrie che ne dipendono immediatamente, ed assume il titolo di Associazione Agraria. 2.° Il numero degli associati è illimitato; i nazionali e gli stranieri , gli uomini e le donne possono egualmente farne parte purché professino la religione cristiana. Nessuna preminenza esiste tra di essi. non sembrargli conveniente il dar consigli ad un’Associazione che ha mostrato di voler e saper fare il bene, e disse essere 3. ° Per far parte dell’ Associazione conviene di essere proposto da due associati, e proclamato dal presidente. I membri delle reali Società esistenti nei reali domimi non hanno d’uopo di essere proposti, bastando la loro personale domanda di essere ascritti. 4. ° L’amministrazione della Società è affidata alla direzione, che si compone di un presidente, di quattro vice-presidenti, di due segretari, di quattro vice-segretari, di un tesoriere, di un archivista, di ventiquattro consiglieri residenti, e di consiglieri non residenti in numero eguale a quello delle provincie. La spedizione perù degli affari correnti apparterrà ad un Consiglio d’amministrazione composto del presidente, dei vice-presidenti, dei due segretari, del tesoriere e dell’archivista. 5. ° Il presidente è nominato dal Re fra i membri dell’ Associazione. I vice-presidenti saranno nominati dal Re sovra una nota di tre associati per ciascun posto vacante fatta dall’ adunanza generale dell’ Associazione. Gli altri uffiziali saranno eletti dall’adunanza generale, e la loro nomina sarà sottoposta all’approvazione sovrana. 6. ° Il presidente resterà in ufficio per un anno. I vice-presidenti, i segretari ed i vice-segretari resteranno per due anni, il tesoriere e l’archivista per tre. Tutti possono essere confermati. I consiglieri si rinnoveranno ogni anno per un terzo in ciascuna delle due classi, dei residenti, cioè, e dei non residenti. I consiglieri non residenti potranno in caso d’impedimento farsi rappresentare da un altro associato non rivestito di carica, purché ogni volta vorranno profittare di questa facoltà muniscano i rappresentanti di autografo mandato. 7. ° Ad eccezione del presidente e dei consiglieri, nessun altro membro della direzione può essere confermato nella stessa carica più d’una sola volta. 8. ° Per la formazione delle terne pei vice-presidenii e per l’elezione degli altri uffiziali della direzione e dei consiglieri sarà necessaria la maggioranza assoluta di voli. 4$ HO $£> sufficiente indicare alla stessa questo punto come degno d’essere da lei considerato. Il Valerio allora soggiunse poter es- Se due o più candidati ad un medesimo uffizio ottenessero un numero eguale di voti, l’associato più anziano d’inscrizione, ed a parità di data d’inscrizione, il più anziano d’età sarà eletto. Queste nomine avranno luogo nell’ adunanza generale che si terrà sul fine del carnevale, e tutti gli aventi diritto ad intervenirvi saranno chiesti a dare il loro voto personalmente o per mezzo di lettera. 9.° Tutte le cariche menzionate nell’ art. 4.° sono gratuite. 40.° Il presidente riceve e firma la corrispondenza dell’ Associazione, convoca la direzione, stabilisce l’ordine del giorno di ciascuna seduta, dirige le discussioni, promuove l’eseguimento delle deliberazioni della direzione e dell’ adunanza generale, e mantiene la disciplina delle adunanze. di. 0 La direzione siede permanentemente a Torino ; essa terrà una seduta ogni mese, oltre quelle altre che secondo il bisogno saranno fissate dal presidente. Nella seduta mensile si tratterà specialmente della contabilità, il di cui quadro verrà trasmesso al fine di ogni trimestre alla Segreteria di Stato per gli affari dell’Interno. 12. ° Al Consiglio d’Amministrazione apparterrà la nomina e la rimozione degli impiegati degli uffizi e la spedizione degli affari ordinari economici tanto per T esecuzione del bilancio, che per quella delle deliberazioni della direzione e delle adunanze generali. 13. ° Il Consiglio d’Amministrazione notificherà una volta al- l’anno alla R. Segreteria suddetta le variazioni che occorressero all’ elenco nominativo dei membri dell’ Associazione in seguito ad uscita o decesso di qualcheduno di essi, od all’ ingresso di nuovi soci. 14° Presso l’Associazione vi saranno permanentemente i comitati seguenti : Il comitato della Stampa; Il comitato della Biblioteca; Il comitato di Economia e Contabilità; Il comitato del Bilancio ; Il comitato pei Congressi e Premii; 11 comitato per l’esame delle memorie e proposte; Il comitato di Statistica ed Istruzione Agraria. sere questo il soggetto (li ricerche generali intorno il difficile problema di premiare la virtù senza violarne il pudore. Il 45.° Il Consiglio d’Amministrazione nomina a pluralità di voti i membri dei comitati. Ognuno di essi rimane sciolto al termine dell’anno, e non potrà avere meno di tre, nè più di sette membri. Si potranno però eleggere membri supplenti per intervenire in luogo di quelli che fossero assenti od impediti. Il presidente avrà inoltre la facoltà in ogni caso di chiamare nel seno dei comitati quelli altri membri dell’Associazione che crederà conveniente di consultare. Il comitato della Stampa sarà composto unicamente de’ membri della direzione. I membri effettivi dei comitati avranno il diritto d’intervenire alle adunanze generali ancorché non sieno membri della direzione. 1C.° In ciascuna provincia in cui risiedessero più di dodici associati, questi saranno invitati a comporre un Comizio Agrario, che prenderà il nome della città dove saranno stabiliti. E libero ad ogni associato, la cui dimora non è nel capoluogo di provincia, di eleggere a qual comizio provinciale egli preferisca di ascriversi. Potranno ciò nulla meno esservi comizi particolari nelle provinole, oltre quelli dei capi-luoghi, ed in quelle località dove saranno autorizzati dal Re sulla proposta della direzione. L’elezione del direttore e del segretario del comizio sarà fatta fra i membri di esso a maggiorità assoluta di voti, ma non sarà valida se non dopo l’approvazione sovrana. Tanto il direttore che il segretario hanno diritto d’intervenire nelle adunanze generali, o farvisi rappresentare da un altro associato non rivestito di carica, mediante apposito mandato valevole per una sola volta. L’intendente della provincia è di diritto presidente onorario del comizio : intervenendo esso personalmente, presiederà egli stesso la seduta. Egli sarà prevenuto in tempo opportuno del giorno, del luogo e dell’oggetto di ciascuna seduta, e le deliberazioni saranno a lui rimesse per l’opportuno corso. 17.° Nell' adunanza generale si eleggerà il luogo ove dal I.° In- presidente propose ciò a tutti i membri della sezione onde ciascuno vi applichi la sua attenzione e dichiari essere questa gl io al l.° novembre si terrà un Congresso agrario, e ad oggetto di far partecipare ogni parte dei R. Stati di terraferma al benefizio di tale Congresso, si dovrà eleggere per quanto possibile il luogo successivamente in una delle sette divisioni governative ( quella di Aosta rimanendo compresa nella divisione di Torino); cosicché prima di essere tenuto di nuovo nella stessa divisione , debba essersi tenuto in tutte le altre. 18. ° Nella scelta del luogo si avrà riguardo a clic siavi una estesa o parecchie minori migliorate coltivazioni, ed in essa od esse si faranno studi sui metodi di avvicendamento, di concime e modo di concimatura, di educazione e governo dei bachi da seta, ed altre industrie e pratiche agrarie. S’instituiranno paragoni sul merito di vani aratri ed altri attrezzi, ed arnesi rurali; si apriranno secondo le circostanze concorsi sui migliori capi di bestiame. Si daranno premii di buona tenuta di fondi sempre in parità di merito ai piccoli proprietari anche non ascritti all’ Associazione, come quelli che men favoriti dalla fortuna dovettero superare maggiori ostacoli per riuscirvi ; si daranno per ultimo, venendone il caso, premii ai servitori di campagna distinti per moralità, affetto ai padroni, solerzia od intelligenza nei lavori ; si darà la maggiore possibile solennità a questo Congresso, il quale sarà chiuso con una Messa solenne nella parrocchiale del luogo. 19. ° Scelto il luogo, la direzione ne informa tostamente il Comizio provinciale, il quale nominerà una o parecchie commissioni per preparare i lavori, le relazioni e le notizie da comunicarsi al Congresso, ed eleggerà quindi, coll’approvazione della direzione che potrà aggiungervi altri associati, un’altra commissione speciale, la quale si radunerà parecchi giorni prima in quella città, borgo o comune da determinarsi dal Comizio provinciale, che sarà riconosciuto più conveniente per dare le disposizioni preparatorie, e recarsi con minor incomodo sul luogo scelto pel Congresso onde «istituirvi preliminari esperienze, e ciò affinchè la durata del Congresso rimanga limitata a sole tre o quattro sedute, nell’intendimento di non distogliere i piccoli proprietari e gli agricoltori dalle loro occupazioni, c cagionar loro un troppo dispendio. ^ 115 £)g» una importante questione da trattarsi nel futuro Congresso, dopo essere stata bene ponderata. La direzione, dopo aver riuniti questi elementi fornitile dai Comizi, determinerà definitivamente il programma del Congresso. 20. ° Il presidente dell’Associazione sarà presidente del Congresso. L’intendente della provincia vi eserciterà le funzioni di commissario regio cumulativamente col commissario regio stabilito presso l’Associazione allorché quest’ ultimo si troverà presente. Il direttore del Comizio locale sarà vice-presidente, e presiederà la seduta preparatoria in cui sarà nominata la direzione del Congresso. 21. ° La regia Segreteria di Stato per gli affari dell’Interno autorizzerà le adunanze annuali e straordinarie tanto della società, come dei Congressi, non che la scelta dei luoghi dove le medesime si terranno, e degli oggetti delle deliberazioni. In qualunque adunanza tanto della direzione, come dei Congressi provinciali e dei Comizi, ogni discussione sopra oggetti estranei allo scopo della società è vietata. 22. ° Nessuna congrega o riunione potrà aver luogo nelle ore dei Divini Uffìzi nei giorni festivi, durante le quali sarà vietato di entrare a trattenersi nelle sale od altri luoghi di convegno della società e dei Congressi provinciali. 23. ° L’Associazione promuove eziandio l’incremento dell’agricoltura, dell’ orticoltura, ed industrie che ne dipendono, con premii, ricompense, diffusione dei libri tecnici i più utili, con permanente esposizione di modelli, di attrezzi rurali, e con annue temporarie esposizioni di prodotti agricoli ed orticoli. 24. ° Ove l’Associazione incarichi qualche associato di sperienze, e che non avessero buon esito, ove questi lo richiedesse, gli sarà buonificata la perdita che potrà aver sofferta a paragone della ricolta che avrebbe potuto ottenere coltivando quel terreno come pel passato. 25. ° Un foglio periodico sarà pubblicato, in cui si conterranno i quesiti fatti dagli associati, le risposte fatte ai quesiti, il compendio dei processi verbali delle adunanze, sedute e congressi, le noti- 8 L’adunanza veniva chiusa con una narrazione di Isidoro Calderini riguardante alcuni esperimenti da lui fatti di inzie agrarie ed orticole tanto dell’ interno, che dell’ estero, e le mercuriali dei principali mercati. Per la pubblicazione di questo foglio la società si uniformerà alle leggi ed ai regolamenti in vigore. Questo foglio è dato gratuitamente ad ogni associato, principiando col numero uscente dopo la data della sua iscrizione. 20.° L’Associazione, allorché ne avrà i mezzi, fornirà una biblioteca ed un museo geoponieo, che saranno aperti giornalmente a tutti gli associati; non si potranno però introdurre in detta biblioteca e museo giornali, libri e stampe od opere qualunque non permesse nei regii Stati. 27. ° A meglio assicurare il conseguimento dello scopo dell’Associazione , essa si adoprerà compatibilmente collo stato delle sue rendite per promuovere l’istruzione agraria, anche collo stabilimento dei poderi sperimentali. 28. ° Ogni associato paga una retribuzione annua di L. 24, ed un diritto d’ammessione fissato a L. 6. Questa retribuzione e dritto potranno accrescersi col processo del tempo, ma pei soli associati venturi. Si può riscattare a perpetuità l’annua retribuzione pagando in una sol volta dieci annate, cioè L. 240, oltre alle L. 6 per dritto d’entrata. 29. ° Ogni associato s’intende obbligato per tre anni, e se nel mese di gennaio del terzo anno non dà dififidamento con lettera per iscritto ad uno dei segretari di non voler continuare, sarà considerata continuativa l’associazione per un altro triennio, e così di seguito. 30. ° Nel decorso del mese di gennaio d’ogni anno gli associali dovranno far entrare la loro retribuzione a mani dell’associato, che per risparmiare incomodo a quelli, verrà specialmente delegato dal tesoriere in ogni capo-luogo di provincia per riscuotere tali retribuzioni, e di spedirne quitanza. 31. ® I fondi provenienti dalle sottoscrizioni, come ogni altra somma pervenuta a qualunque titolo all’Associazione, detrattanle nesti delle graminacee, e con altra esposizione del Mari sui suoi tentativi di coltivazione dell’ orso nano. quella necessaria a far fronte alle spese correnti, sarà depositata nella cassa centrale di deposito creata con regio Brevetto dell’Il aprile 1840. 32. ° Il regolamento interno della direzione e quello dei Comizi saranno soggetti all’ approvazione della regia Segreteria di Stato per gli alfari dell’Interno. 33. ° Quando la direzione credesse nel seguito consigliata dall’esperienza qualche modificazione od aggiunta al presente regolamento, potrà, previa l’autorizzazione del Dicastero dell’Interno, proporla all’ adunanza generale. Le variazioni proposte non potranno essere adottate se non colla maggioranza assoluta di voti, e dovranno prima essere sottoposte alla sanzione sovrana. 34. ° Nel caso che l’Associazione venisse a sciogliersi, i fondi e le proprietà di essa rimasti disponibili saranno impiegati in un’ opera di pubblica utilità da determinarsi dall’ adunanza generale, coll’ approvazione sovrana. 35. ° Il bilancio ed il conto dell’Associazione saranno approvati dalla regia Segreteria di Stato per gli affari dell’Interno, e li storni di fondi da un articolo all’ altro del bilancio non potranno aver luogo se non che in seguito a deliberazione della direzione, approvata dallo stesso dicastero. I mandati verranno sottoscritti dal presidente, e controfirmati da uno dei segretari. 36. ° I doni di qualunque sorta fatti all’Associazione, dopo accettazione espressa in una delle adunanze mensili, saranno stampati nel giornale col nome del donatore e le condizioni a cui potrebbero essere fatti. V. (bordine S. M. 11 Reggente la R. Segreteria di Stato dell’Interno Des Ambrois. ‘Saliti L’esposizione sulla pratica utilità degli ingegnosi innesti delle graminacee, e specialmente del riso fatta dal Calderini, sulla quale moveva alcuni dubbii il conte Freschi, suscitò nell’adunanza del 18 una discussione, in cui presero parte il prof. Moretti, l’abate Silvani, il march, di Charleval e l’ing. Bruschetti. IIP. Innocenzo Ratti lesse una memoria sull’interessantissimo argomento della malattia che in questi ultimi tempi, con tanto danno della classe più bisognosa, guastò il raccolto dei pomi di terra in tanti paesi. In cpicsta memoria riferiva le esperienze da lui fatte nella provincia di Pallanza al doppio fine di minorare il danno della scorsa annata e di prevenire quello della prossima. Ad istanza del prof. Moretti la sezione unanimemente approvò che la memoria del Ratti fosse stampata per intiero negli Atti del Congresso di Genova. Io intanto reputando del massimo interesse il far conoscere subito ai coltivatori le esperienze e le osservazioni del Ratti, e riflettendo che potrebbe tornare di danno l’aspettarne la pubblicazione cogli Atti del Congresso, che ordinariamente vedono la luce un anno dopo, credo opportunissima cosa il qui inserire per intiero la detta memoria che mi venne trasmessa da un gentile mio collega. SULLA MALATTIA DOMINANTE DE’ POMI DI TERRA OSSERVAZIONI PRATICHE PEL P. ir\IVO€EIVZO RATTI* « Voi lutti conoscete, o Signori, la malattia che si appalesò quasi epidemica in questo tubero, c clic nello scorso anno principalmenle menava gran guasto nelle estese piantagioni dell’ Irlanda, dell’ Inghilterra, della Francia e di molle terre di Germania, e che valicando la catena de’ nostri monti, si gittò anche fra noi, e si fece in più luoghi manifesta, con grave danno de’ nostri popolani. E qui non è mio divisamenlo l’entrare a discorrervi le cause più o meno probabili che possono avere prodotta e propagata la malattia, giacché l’entrare in queste teoriche ricerche riesce per lo più infruttuoso, divide le sentenze dei dotti e non provvede intanto al bisogno. Cosi narrandovi alcuni fatti dei quali sono stato io medesimo testimonio, dirò che nelle regioni montuose di questi II. Stati, in cui siamo accolti con tanta nobile e splendida ospitalità, e principalmente in alcune valli della Sesia e nelle valli d’Anzasca, di Strona e di Rimella, questa malattia, clic incominciava appena a manifestarsi l’anno passato all’epoca dei raccolti, fece in quest’anno si rapidi progressi, che il raccolto può dirsi nullo, non ragguagliando in molti luoghi il quarto del comune adequato: sventura principalmente grave e dolorosa per que’ paesi che chiusi più addentro nelle valli non possono sempre escirne nell’inverno, e avendo abbandonata la coltivazione della segala per la più facile e sicura del pomo da terra, vivono ora quasi unicamente di questo prodotto. « Nella intenzione adunque di volgere a positivo vantaggio il soccorso dei vostri lumi, c senza abusare della vostra sofferenza, io mi faccio semplicemente ad esporvi due esperimenti dei quali mi sono occupato, e le cui prove ho l’onore di sottoporre alle vostre osservazioni. « Il primo consiste nelle precauzioni usate a minorare i danni del l'accollo del passalo anno; il secondo nelle misure praticate per difendere dal guasto la piantagione novella. « E quanto alla prima esperienza fu mia cura innanzi tutto di dividere i tuberi guasti dai sani., distendendo questi in ampi ed asciutti locali, purgandoli a quando a quando da quelli su cui apparivano le macchie caratteristiche della malattia, le quali, anziché di colore giallognolo, come vennero descritte da molti, mi parrebbero presentare un colore plumbeo argentino. Dopo tre settimane lavai i tuberi destinati per semente in una leggiera soluzione di cloruro di calce, e lasciatili asciugare all’aria, gli riposi in casse a ciò destinale. « Questa medesima operazione, praticata sopra molti tuberi già guasti, valse ad arrestare il male in modo da poter trarre profitto della parte sana, almeno per alimento degli animali; mentre nei tuberi guasti e non sottomessi a questa operazione il male progredì rapidamente, invadendo lo strato corticale dalla periferia al centro, fino a produrre in pochi dì una totale disorganizzazione accompagnata da prodotti ammoniacali. « Dietro questi primi risultamenti, mi persuasi che era vano il tentare di trar partito dei tuberi malati; giacché, sebbene il signor Bouchardat abbia proposto di tagliare a fettucce la parte sana, lavandola in una soluzione di acido idroclorico per servirsene poi di cibo, io non crederei prudente cosa seguire una simile pratica sul riflesso che quest’ acido altera la sostanza milacea, c la rende pressoché inetta alla nutrizione. Quindi volsi ogni mio pensiero a ciò che potesse meglio giovare il raccolto futuro applicando le più diligenti cure alla nuova puntazione. 4$ 119 $g> « Incominciai periamo sul finire di ottobre a disporre a quest’uso un pezzo di terra in un mio fondo posto in Mas- siola, piccolo villaggio di valle Strona, provincia di Pailanza, situato tra mattina e mezzodì. Dissodato prima il terreno profondamente e zappatolo in tutti i sensi, formai tante fosse paralelle, a tre piedi di distanza le une dalle altre^ in direzione pendente verso la china del monte. Questo terreno così disposto potè in tutto l’inverno, rimovendolo di quando in quando, modificarsi sotto la varia influenza dell’aria, della pioggia e del gelo, che tanto valgono a preparare una migliore c più durevole vegetazione. « Venuta la primavera, e trovali perfettamente sani i germi messi in serbo colle cautele sopraccennate, divisi il campo in tre sezioni per tre diverse esperienze. « Nel primo campo posi i germi quali erano, senza altra preparazione fuor di quella di gittare sotto di essi una porzione della terra stata esposta alle vicissitudini atmosferiche, e ricoprendoli giusta l’uso comune. « Nel secondo campo piantai de’ germi lavati prima in una soluzione di solfato di rame (vetriolo azzurro), nella proporzione d’un’oncia per ogni libbra di acqua, e dopo averveli lasciati a bagno per quindici minuti. « Nel terzo campo piantai una medesima quantità di germi, lavati prima replicatamente e lasciatili per poco in una soluzione di cloruro di calce, nella stessa proporzione di un’oncia per ogni libbra di acqua. « Tripartita così e preparata la seminazione, dopo sei settimane, feci zappare leggermente e rialzare la terra intorno ad ogni pianta, purgandola dalle erbe inutili e spruzzando le pianticelle e la terra del terzo campo con soluzione di cloruro di calce, e quelle del secondo con soluzione di solfato di rame , e usando poi in lutti i tre campi la cura, ch’io reputo importantissima, di ammonticchiare all’ingiro di ogni gambo la terra in modo da render facile la via allo scolo delle acque, e da non impedire sulla maggior superficie della terra tutte le impressioni dell’atmosfera. « Rinnovata questa operazione per ben due volte prima che i tuberi giungessero a maturanza, eccovi l’esito che ottenni da queste diverse esperienze. « I tuberi del primo campo piantati senza alcuna preparazione, crebbero in prima belli e rigogliosi, ma nel luglio, e precisamente nei giorni più caldi, cominciarono le foglie di alcune piante a coprirsi di macchie giallognole, che presto volgevano ad un nerastro, che, discendendo in lunghe strisce lungo il fusto, giungeva fino alla radice tuberosa, e vi comunicava la infezione, come lo dimostrano gli esemplari che ho l’onore di presentare, e sui quali si possono di leggieri conoscere i diversi stadii di questa malattia. « A riparare questo incipiente guasto, sovvenendomi che la calce erasi manifestata attiva per arrestare la putrefazione sviluppatasi nell’ultimo raccolto, circondai di calce estinta da molto tempo le pianticelle tuberose, spruzzandole anche con soluzione di cloruro di calce, e riconobbi essere questo un potente rimedio, il quale, se non guarì i tuberi già guasti, arrestò di certo o limitò l’intensità della maligna influenza; sicché il raccolto preso in massa fu abbondante, e forse maggiore di quelli degli anni anteriori. « Nel secondo campo , dove i tuberi erano stati preparali 121 $)g> colla soluzione di solfato di rame, si presentò una vegetazione stentala e inferiore di molto a quella sopra descritta, ma nessun indizio di male vi si manifestò fino a quest’ora, sicché i piccoli tuberi sono sani e di buon sapore. E qui debbo avvertire che 1’ uso della soluzione del solfato di rame venne già proposto dal chiarissimo Raspail per togliere la malattia del brusone sulle cereali, c specialmente dell’influsso del- l ’uredo h'ilicij per la qual cosa credetti di farne l’applicazione alla preziosa nostra tuberacea. « Finalmente il terzo campo, quello cioè i cui germi furono preparati con soluzione di cloruro di calce, corrispose in modo singolare, e superò l’aspettazione, presentando piante rigogliose e fruiti copiosi, belli e sani, come i proposti esemplari lo possono dimostrare. « Da questi esperimenti, che sottopongo alla saggia riflessione di loro Signori, panni potersi dedurre: « l.° Che i germi da piantarsi debbono essere presi da tubero sano, giacche sebbene alcuni asseriscano di avere ottenuto prodotti sani da tuberi infetti piantati nel dicembre, anziché nella primavera, io crederei che ciò sia provenuto dall’ essere state nel tubero alcune gemme malate ed alcune sane; cosicché distruttesi nel naturale processo della vegetazione le gemme infette, i tuberi sani furono prodotti da gemme sane. Come poi avvenga che in un medesimo tubero vivano insieme a contatto le gemme guaste e morienti colle sane e vegetanti, io penso che sia ancora un mistero quasi simile a quello che si presenta nei contagi umani, in cui fra dieci persone che avvicinano un ammalato cinque contraggono la malattia, e gli altri la trattano impunemente. « 2.° Deve aversi per cosa di somma importanza la preparazione del terreno, il quale vuol essere fino dall’ autunno scavato c lavorato profondamente, avendo potuto osservare che dove il terreno fu zappato appena superficialmente ed in primavera, ad onta dell’uso di molto concime, i tuberi furono presi dal male, ed il prodotto fu poco meno che nullo. « 3.° Doversi ripetere la zappatura per due ed anche per tre volte, massime se la stagione sia di molto asciutta, e si deve rimondare diligentemente ogni pianta dagli inutili e nocivi erbaggi. « 4.° Finalmente sembra non esservi miglior mezzo sia a preservare i tuberi che si colgono sani, come a favorire la successiva loro vegetazione che il far uso delia soluzione di cloruro di calce adoperato nei modi sopra indicati. « Dietro queste osservazioni, o Signori, vedrà la sezione se sia il caso di chiedere che venga nominata una commissione, incaricata specialmente a proporre un metodo pratico economico e di facile esecuzione, nella vista di rendere queste nostre scientifiche conferenze utili ad un bisogno attuale ed urgente della classe più povera della popolazione ». Dopo la lettura di questa memoria vennero esposte parecchie importanti osservazioni sulla materia dall’Àndifli edi, doti. Garassini, avv. Perifani, Maestri, march, di Charleval, Botto e dott. Ormea. Il Sanguineti depositava parimente alla presidenza un rapporto sull’istesso argomento presentalo al Comizio Agrario di Annecy. Il presidente, mostrata prima la grande importanza del tema in discussione, esponeva la necessità di prendere in maturo esame tanto l’esposto del Ratti, quanto ogni altra 4$ 125 notizia, osservazione o schiarimento potesse da altri essere fornito in questa materia onde il giudizio della sezione sulla detta malattia ed i consigli per porvi un opportuno rimedio fossero autorevoli e tali da inspirare la maggiore possibile confidenza. A tale scopo nominò una commissione composta dei prof. Moretti, Garassini, Parlatore e march. CharlevaJ, la quale presentava il seguente RAPPORTO (1). « Nel rimetterci la memoria del P. Innocenzo Ratti, che ha per titolo : Osservazioni , ec. , insieme a varii campioni di essi dall’autore presentati alla sezione Agronomica di questo Congresso, onde testimoniare quanto da lui asserivasi in questo scritto, l’illustre presidente di questa sezione c’investiva dell’onorevole incarico di esaminare 1° severamente si trattasse del male medesimo che con tanto nocumento de’ popoli diversi ha sin dallo scorso anno infierito in Irlanda, in Inghilterra, in Francia ed altrove; 2.° di prendere in considerazione le esperienze dall’autore instituite per difendere dalla malattia le novelle piantagioni delle patate ed i tuberi di quelle già raccolte. « I membri quindi della commissione, credendo estranea al proposito qualsiasi cosa che aver possa riguardo alla causa (I) Questo rapporto non venne presentato nell’istessa adunanza del 18, ma qualche giorno dopo. Io ho amato però di farlo succedere subito alla memoria del Ratti onde tener unito in questa mia relazione tutto ciò che riguarda la malattia dei pomi di terra ed il modo di preservare questo importante prodotto da così strano e pernicioso malanno. fPìota dell'autore.) (li sì funesto male, della quale per altro non ha voluto nè punto nè poco occuparsi il Ratti nella sua memoria, hanno l’onore di riferire di avere essi diligentemente esaminate le foglie, i fusti, i tuberi delle patate su indicate, e di poter fare su di queste le seguenti osservazioni : 1.° Il male, giusta l’asserzione del Ratti, ha comincialo dapprima dalle foglie, ed è passato in seguito al fusto, propagandosi infine nei tuberi. 2.° I tuberi presentati, che son tutti appartenenti alle patate giallognole, offrono differenti stati del male dal suo principio fino ad un punto assai avanzato. Si vedono infatti alcuni di questi tuberi con piccole macchie di colore fosco sulla loro superficie; altri, nei quali la malattia ha già progredito di più, presentano un cangiamento di colore in tutta quella specie di pellicola che riveste il tubero; essa è infatti rossa- stro-cupa o fosca, e tendente in alcuni punti al micaceo: questa pellicola si lacera facilmente, di già l’alterazione del tessuto ha cominciato dalla periferia verso il centro, alterazione che ci si rende manifesta ancor meglio per la lacerazione delle cellule contenenti i granelli della fecola ancora intatti, ma mescolati ad una specie di materie fuliginose, siccome il prof. Parlatore ha avuto il destro di osservare col microscopio. Mancano i tuberi in istato di totale decomposizione, cioè fino al centro. Per tutti questi caratteri che riguardano lo sviluppo e la natura della malattia in esame, la commissione opina essere questa perfettamente identica a quella osservata oltramonti; poiché questi caratteri ben corrispondono a quelli di essa malattia, e a dippiù due membri della commissione, il marchese di Charleval ed il prof. Parlatore, lo accertano sopra osservazioni proprie fatte sulle patate inferme di alcune <3^ m contrade di Francia. Quest’ultimo inoltre avendo sottomesso all’ esame del microscopio la parte più superficiale alterata del tubero, nella quale il tessuto celluloso è completamente distrutto, e vi esiste solo la fecola, che sembra ancora intatta, ha potuto osservarvi un ifomiceta, composto di fiocchi ramosi, pellucidi, interrotti da diaframmi e da sporule fungiformi un po’ curvate ancor esse, trasparenti e con tramezzi che probabilmente spetta al fusisporium solimi. Raschiando poi il fusto e le foglie degli esemplari attaccati dal male, che sono secchi ed appassiti, lo stesso prof. Parlatore ha veduto anche col microscopio delle sporule miriformi, cellulari, di colore fuliginco e fornite di un pedicello, quali si osservano nel genere sporidesmium , e una miriade di altre piccole spo- riole diafane. Non è stato a lui possibile osservare la nota raucedine Butrylis infeslans s eh’è stata da alcuni riguardata come causa del male. « Riguardo poi alle precauzioni prese dal P. Ratti per minorare i danni della raccolta dell’anno passato e le esperienze fatte per difendere dal male le novelle piantagioni, la commissione è lieta di poter tributare i suoi elogi all’autore per queste esperienze istituite con un metodo comparativo e coronate del più felice successo, dalle quali risulta come piantati in un terreno medesimo sottoposto precedentemente alla stessa rotazione, ma in tre porzioni separate, i germi delle patate, le piante furono attaccate dal male nella prima porzione, perchè non assoggettate ad alcuna operazione, mentre quelli della seconda, i germi della quale erano stati lavati ed immersi in una soluzione di solfato di rame nella proporzione di un’oncia per ogni libbra di acqua, ne rimasero illesi, quantunque la vegetazione loro fosse stata meschina; e finalmente nella terza porzione si ottennero piante rigogliose e assai belle^ giusta gli esemplari presentati de’ germi eh’erano stati reiteratamente lavati e tuffati per qualche tempo in una soluzione di cloruro di calce nella stessa proporzione d’un’on- cia per ogni libbra di acqua : in guisa che 1’ autore dà la preferenza a quest’ultima sostanza ; che possiede ancora la facoltà; secondo lui, di arrestare la malattia anche incominciala; come avvenne nei tuberi della scorsa raccolta. Si belli risultamenti meritano al certo tutta la considerazione da parte nostra; in quanto che per ciò che riguarda la conservazione de’ pomi di terra raccolti nell’anno passato, gli effetti ottenuti con la soluzione di cloruro di calce vengono ad accrescer valore a quelli già avuti dai signori Wohl, medico olandese, ed Ilees, farmacista della stessa nazione, i quali hanno già fatto conoscere essere giunti, dopo reiterate ricerche, a poter arrestare e distruggere la malattia che attacca le patate c a difendere quelle che ne sono immuni. Lavano essi le patate con la soluzione di cloruro di calce, nella proporzione di un centesimo di questo cloruro, entro cui le tengono anche immerse per una mezz’ora, a capo della quale le pongono per venti minuti in un’ altra soluzione di soda nella stessa proporzione di un centesimo, quindi nell’acqua fresca, e poscia le fanno prosciugare all’ aria. « Su quanto poi al metodo impiegato dal P. Ratti per la puntazione de’ germi ed agli effetti da lui ottenuti, la commissione non può che congratularsene seco lui, essendo questo un passo di più e di molta importanza fatto sul proposito. Essa non può che grandemente raccomandare queste espe- rienze agli agronomi tutti che si trovano nella condizione di poterle eseguire, invitandoli, in grazia dell’interesse sommo del subbietto, a ripeterle sempre comparativamente ed a portare al venturo Congresso i risultamenti che ne ottennero per potere così alfine sanzionare questo metodo, per cui si spera preservare da un male si terribile per le sue conseguenze una sostanza tanto importante per la nutrizione di una classe non piccola di popoli diversi. Essi si acquisteranno dei titoli alla pubblica riconoscenza (1). « Sottoscritti : Prof. G. Moretti, prof. Giacinto Garassini, march. Charleval, prof. Filippo Parlatore relatore ». (1) Stante l’importanza di questa materia si è voluto far succedere alla memoria del llatti ed al relativo rapporto della commissione diverse altre notizie sulla malattia dei pomi di terra, e sul modo di rimediarvi, tolte da accreditati periodici: L J Univers relkjieux dice che la malattia dei pomi da terra e le inondazioni vennero mandate da Dio per punire gli agronomi d’avere voluto perfezionare l’agricoltura. Se avessimo a riprodurre per intiero l’articolo, come fece la Presse Agricole, vedrebbero i nostri lettori che la morale che si vuol predicare da quel giornalista non è diversa da quella di altri settarii che si prevalgono della religione pei loro interessi particolari: malgrado ciò noi onderemo qui raccogliendo le osservazioni che verranno registrate nei diversi periodici intorno a questo importante argomento. In tutto il regno di Danimarca si sviluppò la malattia nel 1841. Si pretende colà che un fungo parassita ne sia la causa. Non giovarono a prevenirla nè la calcinatura dei tuberi, nè l’immersione nel- l’acqua sia pura che salsa. In Inghilterra la piantagione invernale sembra essere stata coronata da buon successo. Nell’Algeria gravi sconcerti soffrirono più di cinquanta soldati d’artiglieria stanziati a Tangarin, i quali si cibarono di pomi da terra infetti. Nella scorsa primavera il signor llenicr mescolò un mezzo sec- ria £*> Il presidente ricordava in quella importantissima adunanza che nella sera del giorno 18 doveva aver luogo l’accade- / mia vocale ed istrumentale in favore dei danneggiati dal ter- cliio di sugo di letame con un’ eguale quantità di calce spenta ; vi pose poco per volta i pomi da terra da semente, e fece in seguito distendere uno strato di paglia nel fondo dei solchi, essendo il terreno soverchiamente umido al momento della piantagione. I tuberi, deposti in un granaio affinchè essiccassero prima di venire piantati, si erano ricoperti di uno strato di calce in polvere. I pomi da terra piantati senza questa preparazione si svilupparono meglio da principio in confronto di quei calcinati, ma a poco a poco si resero eguali; in seguito si manifestarono i primi sintomi della malattia. Il signor Renier fece falciare gli steli; i tuberi non erano allora più grossi d’una noce: dopo questa operazione continuarono ad ingrossare, e pervennero al loro volume normale. IV'on se ne trovò alcuno che non fosse del tutto sano al momento della raccolta. Ma il Journal des villes et campagncSj da cui ricaviamo questa nota, non c’indica se la stessa operazione siasi o no praticata anche pei pomi da terra non calcinati. II Cultivateur ci fa conoscere che le campagne poste tra Mau- berge, Avesnel, Landracies e Valenciennes tutte diedero raccolte di pomi da terra guasti, ad eccezione d’un campo spettante ad un taglia legna, al quale si era data polvere di carbone. Un pugno di questa polvere era stata posta intorno a ciascun tubero, ed al mese di aprile altra ve n’era stala sparsa per più di Om 01. Una persona onorevole dimorante ad Orleans che ha relazione coll’ Inghilterra, comunicò un fatto che può riuscire di gran giovamento agli agricoltori. Un fittaiuolo dei dintorni di Windsor avendo piantato un ettare di patate nel marzo 1813, le trovò tutte guaste nel successivo settembre. Vedendo la sua raccolta andata, la lasciò nella terra, che destinava ad altra coltura. Ma il marzo seguente, quando stava per affidare al campo altra semente, fu sorpreso al vedere che le sue patate erano ritornate belle e vigorose ; le cavò fuori e riconobbe che tutte avevano ricuperate le loro qualità, ed erano quindi attissime al nutrimento dell’uomo. Se è cosi, il processo del fittaiuolo di Windsor potrà essere applicalo con buon sue- remoto di Toscana, ed aggiungeva alcune parole per eccitare tutti i membri della sezione a concorrervi. Nel suo applaudito discorso egli diceva, i frutti dei Congressi Italiani non essere cesso fin da quest’anno, e riuscire di gran giovamento nei paesi minacciati. Noi raccomandiamo questo fatto ai direttori dei giornali che si occupano specialmente di agricoltura. Il signor Domenico Botto fece recare alla sezione Agronomica del Congresso di Genova radici di tuberi consunti dal male, che, rimasti intatti nel terreno a malattia finita ed a tubero disfatto, ri- germogliarono di nuovo, e riprodussero nuovi tuberi sanissimi. Il direttore del Comizio d’Acqui ci comunicò il seguente fatto: Un suo mezzadro piantò molte patate nei campi in mezzo al formentone, come si pratica generalmente: della stessa semente ne piantò in un orto ben concimato ed in terreno feracissimo : queste ultime furono adacquate, mentre le prime vennero abbandonate a sè senza alcuna particolare coltura. I tuberi cresciuti nei campi furono tutti attaccati dalla malattia ; quelli nati nell’ orto riuscirono tutti perfettamente sani. Fu scritto che l’umidità e la letamatura sono cause della malattia, od almeno la favoriscono : questo fatto smentisce tali asserzioni. La Gazzetta Privilegiata di Milano del 15 gennaio p.° p.° conteneva il seguente articolo sulla malattia dei pomi di terra , scritto dal dott. Agostino Bassi : « Sono oramai a tutti noti i grandi mali che cagionò a diversi popoli in diversi Stati la malattia manifestatasi nei pomi di terra l’anno 1845, non che i mali ancor maggiori pervenuti dalla stessa causa nell’ora scorso 1846, la quale privò del consueto nutrimento nella sola Irlanda quattro milioni e più di persone; ed è da temersi a-ragione che eguali disastri, e forse ancor maggiori, accoderanno nel corrente anno, ove la scienza od il caso non pongano riparo a tale disavventura. « Appena giunse a mia cognizione per mezzo dei pubblici fogli nel 1845 la malattia di cui si parla, dichiarai tosto essere il detto morbo contagioso, e cagionato da un altro ente vegetale parassito, come dissi sin dal principio di questo secolo essere una pianticina 9 tutti contenuti nelle deputazioni scientifiche, nel volume degli Atti; i migliori frutti essere invisibili, nascosti nei cuori di chi v’interviene; essere scintille di amor fraterno, di carità, parassita della infuna specie quella che produce nei tempi umidi la conosciuta macchia sulle foglie del gelso; macchia che va mano mano dilatandosi e moltiplicandosi sopra le foglie dell’albero gelsivo; ciò che si conobbe poi in appresso mercè le più attente osservazioni microscopiche; e mostrai io pure che anche la malattia contagiosa che attacca i bachi da seta, detta in italiano calcino , ed in francese inoscardinej non è essa pure prodotta che da un essere parassito; e quello che è più meraviglioso da un essere parassito vegetale. Conoscendo io forse più d’ogni altro la natura della terribile malattia che attaccò all' improvviso i pomi di terra in vegetazione, ed i mezzi propri economici ed in potere ben anche di qualunque benché più ristretto coltivatore onde arrestarla, o diminuirne almeno per quanto si può le stragi, mi trovo perLanto in dovere di rendere di pubblica ragione col mezzo delle stampe le poche cognizioni che Dio mi diede nell’argomento, scegliendo a tal fine il giornale più diffuso d’Italia, qual’ è la Gazzetta Privilegiata di Milano. « Ho già io fatto menzione della suddetta malattia, non che di alcuni mezzi di prevenirla in una mia Memoria uscita alla luce ultimamente coi tipi di Giuseppe Chiusi in Milano sotto il titolo: Discorsi sulla natura e cura della pellagra , sulla malattìa contagiosa che attaccò V anno scorso ed attacca tuttora in diversi Stati d J Europa i pomi di terra , e come si possa arrestarla , ec., ec., e sopra altri diversi oggetti; ed ora rendo di pubblica ragione altri mezzi che le osservazioni ed analoghi esperimenti intrapresi sulle patate nello scorso anno mi fecero conoscere più attivi, molto economici ed eseguibili anche dalle persone le meno istruite in siffatte materie e le più ristrette di finanze. Dissi già in detta mia Memoria che, sottoposto il pomo di terra colpito molto o poco dal riferito morbo, non lascia temere che possa nuocere alla salute di chi se ne ciba; nè che possa la stessa malattia distruggere ben anche il residuo bulboso qualunque siasi della stessa patata, ove si faccia questa cuocere o si esponga soltanto per alcuni minuti ad una temperatura di 80 gradi circa Reaumuriani. (li desiderio del bene che si propagano, che accendono tutti gli animi a far sì che le gioie ed i mali d’una parte d’Italia siano mali e gioie d’Italia tutta; di questa nobile congiun- « In questo slato di cose è da pensarsi prima di tutto a trovar mezzo con cui impedire la ricomparsa del fatai morbo ; e quando non si possa prevenirlo totalmente, cercar modo di minorare per quanto si può il danno che da esso deriva. Ciò si è quello che io mi faccio ad esporre : I piccioli pomi o pezzi dei medesimi che si destinano nell’ anno seguente alla coltivazione di questa utile radice bulbosa trovandosi più o meno disseminati dei germi parassiti contagiosi prodottisi nell’ antecedente stagione del terribile morbo in discorso; epperciò, affidandosi alla terra le piccole patate od i pezzi delle medesime per il raccolto dell’ anno successivo senza togliere la vita a siffatti germi avanti di piantarli per la successiva coltivazione, è chiaro che il temuto morbo non solo continuerebbe le sue stragi, ma stragi maggiori farebbe ancora per l’avvenire. Si possono distruggere tali germi pestiferi facilmente e con grande economia in uno dei seguenti modi : « Si prenda una parte, per esempio un boccale, di acido solforico di commercio di 64 a 66 gradi Areometro di Reaumè, e vi si uniscano nove parti di acqua in misura, per esempio nove boccali ed anche dieci, undici e fin dodici parti d’acqua, che pur la miscela riesce attiva all’ intento ; ed in questa miscela si infondano le dette piccole patate od i pezzi di queste, e lasciatele cosi infuse circa due minuti, si estraggono per porrate delle altre, e così si fa finché vi ha liquido ; indi si piantino lo stesso giorno o pochi giorni dopo. « 3Iancando o non convenendo l’uso dell’acido solforico, si potrà adoperare, in luogo della detta mistura, un forte liscivio fatto con buone ceneri ed in ristretto. Non si usi il latte di calce, come propongono molti per non poche disinfezioni, dacché ho io sperimentato più volte, ed in ispecie contro il calcino, la insufficienza di tale mezzo. « Per rendere attivo all’uopo il latte di calce, si devono spegnere, ossia far sfiorire i ciottoli di calce viva per far il detto latte, bagnandoli poco a poco col liscivio invece d’usare dell’acqua semplice. zione di cuori già averne Genova dato un bell’ esempio nel porgere soccorsi ai danneggiati dalla innondazione di Firenze , e darlo ora di nuovo coll’Accademia rivolta in benefizio « Perchè poi i detti germi contagiosi che possono essere sfuggiti al contatto d’uno dei detti liquidi distruttori, o che siansi altrimenti conservati vivi sopra altri corpi, dai quali, in qualunque modo trasportati e posti in contatto colle patate in vegetazione, non abbiano a riprodurre in queste il fatai morbo, si seguiranno le pratiche che prendo ad esporre, le quali giovano nella distruzione delle mulfe o funghi parassiti che cagionano la gangrena, e quindi la morte nei gelsi, nei fichi ed in altre diverse specie di piante. « Piantando la piccola patata od un pezzo di essa, come suol farsi, coperto che si avrà il seme, ossia il piccol pomo od il pezzo del medesimo con un po’ di terra, si porrà sopra dello stesso seme un pugno o manata di così detta carbonina che si estrae dalle fornaci di stoviglie o di altro genere, non che dai forni in cui si fa cuocere il pane, e da qualsiasi altro luogo; oppure un pugno del grosso carbone reso minuto in qualche modo a un dipresso come la detta carbonina; e nella stessa maniera può servirsi di un carbone vegetale qualunque minuto o ridotto in grossa polvere e piccioli granelli. « In mancanza del carbone o di una sufficiente quantità del medesimo, si potrà far uso della cenere, ma non della cenere cruda, ma sibbene cotta, ossia liscivata. « Si pone la cenere che si ha disponibile in una data quantità di acqua, per esempio di tre o quattro volte di più del suo peso, e si fa bollire per un po’ di tempo, per esempio per una mezz’ora e più, e sino che tutto il liquido è pressoché assorbito. Allora si rimescola questa cenere cotta da quando in quando finché non ha assorbito tutto il liquido in cui fu bollita, e resa così asciutta, si pone sopra i detti pomi di terra o pezzi di questi una manata della stessa cenere, come ho detto dover farsi del carbone, in maniera che, germogliando la patata, abbia il di lei stelo o fusto ad attraversare, sorgendo da terra, il detto strato di carbone o di cenere. « Volendosi poi per economia o per necessità, non avendo bastante carbone nè cenere durando tuttavia il bisogno, si potrà mescolare alla detta cenere preparata un terzo od altrettanto di sab- dei percossi dal terremoto nell’agro Volterrano, Pisano e Lucchese. II presidente chiudeva le sue care parole sperando che tutti i membri della sezione avrebbero risposto al caritatevole invito. bìa grossa, la quale lascerà ancora bastante efficacia al preparato dì agire opportunamente: e così conseguirassi mescolando la detta sabbia col carbone in ragione di una parte di questo e di altra di sabbia; e forse basterà all’intento della sola sabbia grossolana, la quale, impedendo che si trattenga un eccessivo grado d’umidità intorno alla pianta, è probabile che non permetta lo sviluppo del fungo o muffa micidiale in discorso: ma usando la sola sabbia, converrà impiegarne, invece d'una, due o tre manate per pianta. Io prego i coltivatori, non che ogn’ altra persona interessata a voler farne sperimento , non che a voler bagnare la stessa sabbia col surriferito latte di calce lisciviato, la quale deve operare, a mio avviso, in due modi, e come pura sabbia, e molto più come sostanza medicata distruttrice delle picciole piante parassite in discorso, e di cui basterà allora l’impiego di una sola manata o poco più. « Se si avesse della materia combustibile opportuna da spargere sulla superficie del terreno da piantarsi a patate, come paglie, foglie, sterpi, brugo e simili, non escluse le piante essicate degli stessi pomi di terra, ed ivi abbruciate, siffatta pratica, mentre ucciderebbe colla fiamma ed il forte calore i fatali germi parassiti esistenti sul terreno, non che entro il primo picciolo strato del medesimo, e accrescerebbe così la fertilità del suolo, opporrebbe la prodottasi cenere un maggior o minor ostacolo al successivo sviluppo dei detti germi pestiferi rimasti vivi. « Se malgrado poi tutte le sin qui accennate disposizioni sì per annientare i germi contagiosi che possono trovarsi deposti sui semi delle patate che si affidano al terreno pel successivo ricolto, che per impedire lo sviluppo del rio morbo durante la vegetazione della rispettiva pianta bulbosa, si dovrà, ricomparendo la malattia fra le proprie piantagioni, si dovrà, dissi, appena si può conoscere che una pianta di patate si trova attaccata dalla malattia di cui si tratta, si dovrà, torno a ripetere, scavare una profonda fossa più vicina che è possibile al luogo coltivato, e tosto estirpare la pianta offesa, L’adunanza di quel giorno era chiusa dal De Luca con una breve esposizione di esperienze in due modi da lui insti- tuite sulla maniera di propagare l’ulivo per mezzo di semi; e gettarla sul fondo di questa fossa, coprendola quindi con uno strato di terra perchè abbiano colla pianta così sepolta a perire i nuovi germi fatali del micidiale parassito, quand' anche fossero questi già maturi, e qualora si vedesse a sorgere al di sopra di detta terra, vegetando, la stessa pianta o piante sepolte, si dovrà subito colla vanga tagliuzzare queste piante e riporvi sopra nuova terra perchè muoiano o non possano almeno, benché si conservassero vive, portare a maturanza i fatali germi parassiti, od impedire almeno che possano, essicati, innalzarsi al di sopra della fossa onde attaccarsi ad altre piante in vegetazione ; e così si farà sempre mano mano che si scopriranno altre piante affette dallo stesso malore; e quando siasi già empita una fossa, se ne scaverà un’ altra, e così successivamente finché dura il bisogno, potendosi in questo modo minorare immensamente la propagazione del rio malore, diminuendosi immensamente così la moltiplicazione e diffusione all’ intorno dei temuti germi parassiti tanto a vantaggio della presente, che delle future coltivazioni. E per ottenere meglio questo scopo desiderato, non che per minorare fin che si può il guasto, ossia la perdita degli utili bulbi che si aspettano dalle patate in vegetazione, sarà bene, estirpata che siasi una pianta inferma, il tener d’occhio per più giorni le altre piante sane che facevano a questa corona, come quelle che possono essere più facilmente prima delle altre attaccate , per far loro subire la stessa sorte della estirpazione e sepoltura nel caso che si mostrino infette; anzi sarà bene, avendo ancor materia, di collocare intorno al piede delle poche patate in vegetazione che circondavano la patata stata estirpata in contatto al medesimo piede un pugno o più di una delle suddette sostanze distruttrici. « Con siffatte pratiche non v’ ha dubbio che, se non si potrà giungere a bandire totalmente in una sola stagione il rio morbo che toglie il necessario alimento ad intere popolazioni, si potrà certamente almeno minorarne assaissimo il danno e nella prossima nuova coltivazione e molto più ancora nelle successive ». in conferma delle quali il march. Mazzarosa prendeva la parola, cui in parte contraddiceva il dott. Garassini col risultato di altre sue esperienze che andò esponendo. Il prefato Mazzarosa nella tornata del 19 offri alla sezione la nuova edizione di una sua opera intitolata : Le pratiche della campagna Lucchese , accresciuta di nuove importanti aggiunte sopra la legislazione agraria e la condizione morale del contadino , sulla quale, leggendone un brano, esprimeva il voto che si pensasse efficacemente alla sua istruzione. Il cav. Mancini lesse il rapporto sui lavori della commissione permanente incaricata nel Congresso di Napoli di raccogliere notizie intorno lo stato dell’ istruzione primaria e tecnica del popolo in Italia, e d’indicare i miglioramenti ond’ è suscettibile. Cominciava dall’ esporre le categorie nelle quali era partita una sinopsi di domande diramate dalla presidenza della commissione ai singoli membri di essa : le quali abbracciando vastissimo campo, non era da sperare un lavoro completo dopo il breve giro di pochi mesi dagli intrapresi studi, i quali, riuniti ed ordinati, fra non molto daranno maturo frutto ed utilissimo. Intanto comunicava le notizie statistiche raccolte sul numero degli stabilimenti d’istruzione primaria e tecnica e degli alunni, e sopra simili fatti non meno importanti in molti Stati d’Italia, fra i quali più specialmente toccava del regno Lombardo-Veneto, della Liguria, del ducato di Lucca, del regno di Napoli e del Cantone Ticino , ed accompagnava la lettura coll’ offerta d’ ampie tavole statistiche, increscendogli di non avere in pronto dati riguardanti la Toscana ed il Piemonte. Sul Cantone Ticino così si esprimeva: <#§ 13G $*> « La commissione ha creduto suo dovere per non trascurare alcuna delle contrade dove suona la bella lingua del sì di estendere le sue ricerche anche al Cantone Ticino, cioè alla Svizzera Italiana. « Scuole elementari. — Nel 4837 il Governo chiamò il nobile Parravicini, direttore delle scuole tecniche in Venezia e membro della commissione, a ordinare l’istruzione elementare, affidandogli la fondazione della cattedra di Metodica. « La buona volontà del Governo, de’ comuni, de’ cittadini ha fatto si che nel 4844 quasi tutti i comuni fossero provveduti non solo di scuole elementari minori maschili, ma eziandio delle femminili ; almeno le femminili sono più frequenti che nella vicina Lombardia. Oltraciò in uno Stato la cui popolazione è di circa centoventimila abitanti, già vi hanno sei o sette scuole maggiori, altrettante di disegno, d’onde la scolaresca trae molto profitto, e una cattedra puramente di Metodica in cui si istruiscono annualmente più di cinquanta candidati maestri, e più di venti maestre. Le spese delle scuole elementari sono fatte dai comuni con generosi sussidii pecu- niari del Governo. La scuola di Metodica è intieramente a spese erariali. Gli scolari e le scolare stanno in ragione della popolazione come 4 : 8. La commissione non omette notare essere questo T unico Stato Italiano che abbia una pubblica scuola di Metodica per le candidate maestre. Mancano però ancora in più luoghi buoni maestri e ispettori, libri ed orti o poderi modelli per insegnare l’agricoltura. « Scuole tecniche. — Non vi sono scuole tecniche, ma in parte suppliscono a ciò le scuole di disegno sopra menzionate ». La narrazione del cav. Mancini, arricchita e ravvivata da nobili riflessioni e desideri!, riscosse ripetuti applausi, che si raddoppiarono quando, dopo accennala colla scorta dei criminali registri la forte influenza della popolare istruzione sulla moralità del popolo, conchiudeva colla sentenza di un moderno: « L’institutore e non il cannone sarà in avvenire l’arbitro dei destini del mondo ». Sulla proposta del presidente la sezione unanimemente approvò che il rapporto del Mancini fosse per intiero stampato negli Alti del Congresso. Il principe di Canino esponeva in seguito le liete speranze che il grande Pio IX fa concepire per efficaci provvedimenti intorno all’istruzione popolare negli Stati della Chiesa, e specialmente per la fondazione di scuole infantili (I), che tanto bene arrecano alle diverse città italiane, ove sono già da alcuni anni stabilite. Dopo che Mariano d’Ayala ebbe parlato sulla necessità e l’importanza dell’istruzione tecnologica, il Valerio annunziava con gioia l’arrivo del tanto benemerito abate F. Àporti, domandando che fosse aggiunto alla commissione eletta per visitare gli istituti di pubblica beneficenza in Genova; cui il presidente rispose, il venerabile Aporti non aver bisogno di essere eletto, ma appartenere di diritto alle commissioni di questo genere. (1) Alle notizie date dal cav. Mancini sulla istruzione elementare del Cantone Ticino con vero piacere aggiungo che sul finire del 1844 fu fondato in Lugano un Asilo di Carità per l’infanzia, che ora prospera e dà ricovero ed istruzione a più di ottanta fanciulli. Simili scuole furono pure inst.ituite con fausti auspici in Tesserete, paese del Luganese, ed in Locamo a grande vantaggio di quelle popolazioni. (Nota dell’autore.) II cav. Mancini in fine dell’ adunanza espose un sunto dei lavori della commissione scelta nel Congresso di Napoli per 10 studio degli aratri ed altri istromenti aratorii e loro miglioramenti, e ne presentò il programma stampato ed alcuni disegni di strumenti comunicati dal prof. Fallati di Tubinga, membro della detta commissione, la quale andava proseguendo i suoi lavori. Il dì 21 aprivasi l’adunanza colla comunicazione d’una lettera che i deputati del Comitato stabilito in Livorno pei soccorsi ai danneggiati dal terremoto in Toscana indirizzavano al Presidente generale del Congresso* esprimendo i più vivi sentimenti di riconoscenza pel nobile esempio di carità che Genova ha dato la prima in favore di quegli sventurati, non che pel Congresso medesimo, dal quale tal esempio ebbe generoso incitamento. In questa occasione l’avv. Salvagnoli comunicava alla sezione che il prof. Calamai gli ha commesso di presentare alla sezione di Geologia il rapporto officiale che per commissione del Governo Toscano egli ha disteso sopra 11 terremoto, affine di consultarla sulle cause misteriose di quel terribile sdegno della natura. Il prefato presentò un esemplare di quel rapporto alla sezione. Dopo questa esposizione il march, di Sambuy parlò del suo aratro, e si fissò il giorno in cui dovevano essere fatti gli esperimenti nei fossi delle fortificazioni, ed il Julien di Parigi lesse una memoria sulla in- stituzione di quegli stabilimenti di carità che, distinti in Francia per una commovente allusione religiosa col nome di Crè- chesj vennero non a guari immaginati e fondati per ricoverarvi i lattanti delle povere madri. Apertasi il giorno 22 la discussione su questo importante oggetto, il cav. Sacelli, se- grctario, annunziò che in Genova già veniva proposto di fondare una simile istituzione dal march. Francesco Pallavicino, e che la stessa fondazione si preparava in Milano da una società, in seguito d’un’opera pubblicata dal Budini, dal quale vennero fatti conoscere tristissimi risultati intorno il troppo crescente numero dei trovatelli. E le statistiche lo ammaestravano ancora che notabile parte degli esposti erano figli legittimi ; strano, sconsolante e troppo generale fenomeno. Toccando poscia in genere la questione, insinuava la necessità di non dimenticare in questo caso quelle cautele che debbono aversi nella fondazione d’ogni opera di carità per adattarla all’ opportunità del luogo. È insomma suo pensiero che ben si mediti prima di estenderla troppo, poiché la miglior culla è sempre nelle braccia delle madri. L’abate Fissiaux cercava distruggere l’obbiezione e dissipare il timore del segretario, esponendo che gli ospizi pei lattanti, dei quali descriveva l’interna economia (citando quello più perfetto annesso alla fabbrica dei tabacchi in Marsiglia), tendono a sviluppare, non a reprimere l’istinto della maternità, e a rendere più facile l’adempimento dei doveri eh’ esso suggerisce ed impone. L’ abate Lambruschini concordava coll’ illustre abate Fissiaux, per quanto riguarda la utilità, anzi pure la necessità della proposta istituzione; ma credeva doversi attribuire qualche valore al timore espresso dal cav. Sacchi. Disse che quanto più un’opera di carità si mostra proficua, tanto meglio bisogna esaminare se solamente soddisfarà al presente bisogno, oppure se con morali vantaggi gioverà anche per l’avvenire. Che quindi non si devono punto rallentare le sollecitudini della carità per l’educazione delle madri. Riconoscevano appunto questa qualità educatrice, e quindi un elemento preventivo del male, negli ospizi pei lattanti, quali si hanno in Francia, il march. Jessé di Charleval e cav. Mancini. Rammentava il principe di Canino che in tutte le umane cose anche migliori v’ ha un lato men buono ; ma che considerando questo esclusivamente, non bisogna raffreddare la pubblica carità, che invece ha d’uopo di stimolo. E in egual senso parlarono successivamente il Cal ibra e il Valerio, annunziando che simili sale d’asilo vennero aperte da Michele Bravo nel suo setificio in Pinerolo, e dal Cairali in Lomellina, nelle terre della nobile famiglia Busca di Milano. L’avv. Ferdinando Maestri e Luigi Mari informarono l’assemblea che il Governo nel Ducato di Parma e le Comunità in tutta la -Toscana, dietro attestati che comprovino la povertà e l’impossibilità di adempiere ai doveri materni, sogliono distribuire opportuni soccorsi per l’allattamento, ed il Sineo, dopo applaudite lodi all’abate Fissiaux, fece nota la fondazione in Piemonte d’uno spedalelto pei fanciulli, per cura del conte Franchi. Dal Busacca si mossero alcuni dubbi, cui pare abbiano soddisfatto i discorsi degli altri membri della sezione. Dopo l’avv. Perifano, che mostrava consentire col cav. Sacelli, e dopo alcune riflessioni economiche del Nicola De Luca, il presidente, riassumendo la discussione, credette poter esprimere il voto generale dell’assemblea con queste brevi parole: « Che da tutti è sentita la stringente necessità di simile istituzione, la quale è tanto più utile e tanto più sapiente, in quanto che non provvede solamente ai bisogni attuali, ma prepara le madri a provvedere ai bisogni futuri, e stringe in vincolo di fratellanza le madri di famiglie bennate con le madri povere. Che perciò le riflessioni fatte da alcuni non tendono ad altro se non che a destare nel povero l’amore della famiglia, e dargli i mezzi economici e morali per adempirne i doveri e gustarne le dolcezze : ma tutti concorrere nel voto che gli ospizi pei lattanti siano ovunque istituiti; e nella speranza che la illuminata carità dei Genovesi saprà introdurli quanto prima in questa generosa città ». Introdotto il discorso dal medesimo presidente sul concorso al premio fondato dal Bonafous per la migliore traduzione delle Georgiche di Virgilio, dopo varie osservazioni del Sanguinelti, del Sineo e prof. Moretti, si conchiuse che venisse convenientemente scelta una commissione, la quale s’incaricasse del lungo e difficile esame delle memorie presentate, e ne riferisse al venturo Congresso. La sezione fu in questa adunanza onorata della presenza del Presidente generale del Congresso. Nell’ adunanza del giorno 23 il Paris Sanguinetti lesse il rapporto dei lavori della commissione sulla esposizione generale dell’industria italiana, di cui era relatore, la di cui conclusione fu che si ammettesse il principio della esposizione, e se ne determinassero i modi. La stessa commissione fu incaricata ad indicarli pel venturo Congresso. In questo oggetto il principe di Canino faceva voto che si eseguisse un pensiero così generoso e così utile per la generale prosperità dell’ industria italiana; ed il cav. Mancini proponeva che mentre si stava discutendo sulla cosa venisse spontaneamente tentato un saggio della stessa, ciò che gli sembrava facile se in ogni paese d’Italia si trovasse qualche benemerito che volesse incaricarsi di recare al luogo fissato prodotti sufficienti a dare un’ idea delle condizioni in cui si trova l’industria patria; e si offriva a dare lui stesso l’esempio per ciò che appartiene all’ industria napoletana. Diversi membri appoggiando la proposta del Mancini ed offrendo la loro cooperazione a tale scopo, il presidente opinò che tale progetto non poteva che giovare a nuovi studi della commissione, di cui il Sanguineti aveva letto il rapporto, presentando un pronto modo di venire alla effettuazione di un tanto desiderato concetto; ed il cav. Mancini, autore della proposta, venne delegato a ricevere le generose esibizioni dei varii membri, e riferire alla sezione. Dopo di ciò il conte Freschi lesse a nome dei membri qui sotto segnati il seguente indirizzo : « Per quanto si voglia considerare massimo il progresso e lo sviluppo delle scienze applicate, ed inoltrato il perfezionamento delle arti e dell’industria, non isfugge nè può sfuggire a chi si interna nello esame del movimento contemporaneo, come più celere delle invenzioni fisiche, chimiche e meccaniche, avvenisse il progredire delle idee. « Le idee si fecero barriera all’ ignoranza, strumento alla scienza, stimolo alla civiltà.... le idee generarono la sapienza , questa generò l’arte, l’arte il ben’ essere sociale ! « Le idee sono semi che producono il mille per uno.... non ad anno, nè a mesi...., ma a minuti secondi! « Un’ idea luminosa che racchiude i germi d’un novello modo di socialità, insorse non è guari in Bordeaux.... voi tutti la conoscete.... l ’association pour le libre echange .... ossivvero l’associazione intellettuale ordinata a diffondere il principio economico della libera concorrenza ! « Nel citare 1’ associazione Bordelese, anziché la lega Inglese per i cereali, che forse le fu madre, non volemmo, o Signori, invocare una ingiusta priorità; conciossiachè la Britannica volgeva esclusivamente ad abolire una delle piaghe che vulneravano l’Inghilterra, mentre l’altra mirando ad un sistema di generale prosperità, al bisogno universale delle nazioni e al tema santissimo di affratellare le popolazioni, chiamandole tutte al banchetto della produzione e consumazione, investe e contempla un orizzonte che ha per limite i (lue poli, e per abitatori l’intiera umana famiglia! « E questa idea, o Signori, questa innocua associazione, questo apostolato di commerciale libertà, noi veniamo sottoporre alla sanzione vostra per Italia.... ove, essendo nata la scienza teorica della libera concorrenza, ogni mezzo capace a indurne il trionfo e l’attuazione debb’ essere validamente sorretto. « Il pensiero d’un’ aggregazione scientifica diretta a far prevalere i professati onesti principii di libertà commerciale, è pensiero generoso che l’Italia, benché maestra.... e perchè maestra.... ad ogni altra nazione, non isdegna attingere da coloro che primi avventurosamente lo concepivano ! a Noi domandiamo perciò in di lei nome che una corrispondenza avente lo scopo medesimo sorga qui fra noi; che se ne propongano immediatamente le basi e l’ordinamento con quella larghezza di vedute che al subbietto si addice; che infine se ne inauguri l’istituzione in Genova, cui tanta parte spettando nelle antiche Crociate d’onde il commercio e la civiltà del mondo trassero non dubbio incremento, in Genova conviene gettare la prima pietra di un edificio che all’incivilimento può arrecare immenso e consolante progresso ! « Uniamoci adunque, colleglli chiarissimi, in codesta umanitaria e delicata missione ; portiamo al comune assunto F obolo del buon volere e dell’ intelligenza ; prepariamo gli clementi che della libera concorrenza introdurranno ovunque la gloriosa esecuzione; associamoci tutti in leale, pacifica e solerte gara per far adottare con F irresistibile forza del ragionamento i consigli che adducono al sospirato fine! « Siane l’ottavo Congresso Scientifico Italiano l’auspice fortunato!.... e la posterità intuonerà un inno di gloria e benedizione all’ intelletto vostro_o meglio ancora al magnanimo vostro cuore ! « Soltoscritli : Principe C. L. Bonaparte, conte Faustino San Severino, conte Gherardo Freschi, cav. avv. P. S. Mancini, prof. Raffaele Busacca, B. P. Sauguinetti estensore ». Apertasi la discussione, cui diversi oratori prendevano parte, il cav. Mancini appoggiò con energia la necessità di rivolgere in Italia gli sforzi comuni dei buoni pensatori onde accelerare il trionfo economico del principio della libertà industriale e commerciale. 11 prefato notava clic solo in Toscana tale principio è, non che un fatto consumato, una traduzione ed un sentimento universale, ma che quasi in tutte le altre contrade d’Italia i governi trovansi assai più innanzi della pubblica opinione, e per conseguenza sono da questa fraintesi e mal giudicati, rimanendo loro soltanto l’applauso dei buoni cultori delle scienze; e ne dava un esempio indicando come siano state accolte le nuove non mai abbastanza commendate riforme commerciali fatte dal Governo delle Due Sicilie; avvertiva in che modo la presente quistione viene sovente svisata quando si considera nell’interesse dei produttori, astraen- 143 do da quello nazionale ed universale dei consumatori, e bene avere opinato colui che voleva si presentasse al popolo in questa semplicissima forma : Giova alla nazione Vabbondanza o la carestia? Conchiudeva col dire che i Congressi Scientifici possono e debbono suggellare ed accreditare colla solenne loro approvazione tale verità, e raccomandava ai membri della sezione di adoperarsi ad istruire su questo punto di scienza la massa della nazione coll’ organo de’ loro scritti e de’ giornali che dirigono, dando lui il primo l’esempio col mettere a disposizione di si nobile causa il giornale che già da più anni pubblica in Napoli: La continuazione delle ore solitarie , ossia Biblioteca di scienze morali , legislative ed economiche ( 1). (1) L’accoglimento ed il plauso di questa sezione al suddetto indirizzo, e le consentanee discussioni che gli succedevano per parte del Sinneo, Busacca, De Luca, Pellegrini e dell’illustre abate Raffaele Lambruschini avendo confermata l’utilità dell’argomento, i segnatarii dell’indirizzo hanno in seguito concordato e pubblicato ad esordio della istituzione il seguente statuto preliminare ; il quale mi venne cortesemente nello scorso novembre comunicato dal principe di Canino. CORRISPONDENZA SCIENTIFICA ITALIANA PER DIFFONDERE I PRINCIPII DELLA LIBERTA’ COMMERCIALE. STATUTO PREMMIAARE. d.° Una Corrispondenza scientifica italiana per il solo ed unico fine di propagare i prineipii economici della libera concorrenza è formata definitivamente, adottando le massime dell’indirizzo letto il 23 settembre alla sezione Agronomo-Tecnologica dell’ ottavo Congresso Italiano dal conte Gherardo Freschi a nome dei diversi individui a quello sotloscritti dO In seguito la sezione fu intrattenuta da diverse relazioni sopra istituti d’istruzione tecnologica e di pubblica beneficenza. L’A ni olii parlava della Società Biellese, delle scuole tecniche, del podere sperimentale da essa fondati, dell’abbondanza di simili fondazioni educatrici e filantropiche nella piccola e non ricca città di Biella, e dichiarava saperne essa principalmente buon grado alle sollecitudini del suo vescovo, per cura del quale nei seminari di quella diocesi gli ecclesiastici ricevono una opportuna istruzione agronomica. L’abate Silvani discorreva delle scuole tecnologiche di Siena. 11 Maestri faceva noti alcuni particolari relativi all’asilo della Provvidenza in Parma e ad altre annesse istituzioni. Il Guada- 2. ° La Corrispondenza non incomberà ad altro che a raccogliere e riunire materiali, statistiche, notizie e ragionamenti da pubblicare e rendere popolari mediante stampa di opuscoli e libri a buon mercato e di articoli da giornali, riviste, ec., aventi lo scopo d’insinuare e dimostrare 1’ utilità somma che alle classi laboriose, ai consumatori ed alle intiere nazioni può conseguire dalla libertà di commercio. 3. ° La Corrispondenza avrà una Direzione Centrale composta provvisoriamente del principe C. L. Bonaparte, conte San Severino, conte Freschi, cav. Mancini, prof. Busacca e B. P. Sanguinelli; ai quali è conferito il diritto di aggregarsi altri individui del loro re- spettivo stato onde formare Comitati speciali e locali, che corrisponderanno con la Direzione Centrale. 4. ° La Corrispondenza avrà un numero indefinito di soci o partecipanti, i quali potranno, volendo, inviare articoli ed opere da fare inserire, salvo approvazione della Direzione Centrale nelle pubblicazioni della Corrispondenza, e dovranno, se ve ne sarà d’uopo, concorrere ad una tassa annuale non maggiore di franchi due per individuo onde far fronte alle spese. B.° È rimessa alle cure della Direzione Centrale la compilazione dello Statuto orgauico della Corrispondenza, e dello Statuto disci- gitoli presentava a nome delle scuole tecnologiche Aretine una medaglia fatta coniare dalle medesime. In fine di quella tornata si lesse dal d’Aumont un cenno sulle carte agronomiche ultimamente delineate in Francia, indicando brevemente il modo tenuto nel raccogliere i dati necessari alla loro composizione, ed il sistema adottato per figurarli sulle carte medesime. Una di queste carte con varii scritti relativi venne deposta al banco della presidenza, ed il prof. Moretti e Cini vennero incaricati ad esaminarla, e riferire. L’abate Crouchet de Mouchy fece conoscere un nuovo efficacissimo metodo di disinfettare le immondizie per farle servire alla concimazione delle terre. plinare, sulle norme del presente Statuto, che nella parte sostanziale s’intende insuscettibile di modifiche. 6. ° Intanto rimane provvisoriamente incaricato della qualità di segretario generale della Direzione Centrale e della Corrispondenza il B. P. Sanguinetti di Livorno, ove quindi viene pure provvisoriamente stabilita la sede della medesima. 7. ° L’adesione a far parte di questa istituzione consta dafia sottoscrizione apposta ad un’esemplare del presente Statuto; i nomi degli aderenti e partecipanti verranno a suo tempo pubblicati. 8. ° E mentre la Direzione Centrale si occupa di preparare la compilazione di un Giornale apposito per le sue pubblicazioni, invita i direttori dei diversi Giornali Italiani che trattano gli argomenti di sociale economia a volere prestarsi per l’inserzione di articoli , notizie e fatti relativi ai principii scientifici della libera concorrenza , ed annunzia che già da alcuni collaboratori sono stati offerti a tale assunto i seguenti Giornali, cioè: Biblioteca di scienze morali, legislative ed economiche, ossia Continuazione delle ore solitarie, del prof. Mancini, di Napoli; Lucifero, di Napoli; Appendice al Corriere mercantile, di Genova; L’Amico del Contadino, di San Yito; Annali di Statistica, ec., di Milano; Letture di Famiglia, di Torino; La Parola, di Bologna; Giornale Euga- nco, di Padova; Favilla, di Trieste. dell’adunanza del giorno 24 il dott. Salvagnoli lesse una serie di quesiti da lui proposti in una conferenza sulla pastorizia ; e riguardanti quanto v’ha di più notevole sull’educazione delle pecore, sui prodotti che se ne ricavano, ec. E il march, di Sambuy spiegò come s’intendesse con ciò di rivolgersi agl’intelligenti e studiosi della materia, onde ottenere dalle loro risposte quelle cognizioni che si richiedono per comprendere le condizioni attuali, e per provvedere al miglioramento delle razze, e farne poi tema di speciale discussione al futuro Congresso. 11 march, di Charlcval faceva osservare che, attesa la influenza innegabile della natura del suolo sui di lui prodotti, sulle acque che lo irrigano, e quindi sugli animali che lo abitano, non si potrebbe nell’ attuale argomento riuscire a buon fine senza le carte agronomiche. Il march, di Sambuy rispose che tanto egli, come la sezione ne sentono l’importanza ; ma che la descrizione topografica, di cui è fatta parola nei quesiti del Salvagnoli, conterrà tutti gli elementi d’una vera carta agronomica. Aggiungeva il dott. Salvagnoli che facile sarebbe avere anche le nominate carte, almeno per quanto riguarda la pastorizia, se tutti i periti d’agronomia s’incaricassero di delinearne delle speciali ognuno pel proprio paese; e quanto a sè prometteva di adoperarsi perchè venisse stesa quella della provincia di Grosseto. Il De Luca, interpretando il voto della sezione, domandò che si desse tutta la possibile pubblicità agli esposti quesiti; e si è deciso che ciascuno procuri di renderli noli col mezzo de’ giornali che dirige, o de’ quali è collaboratore. Il can. Ambrosoli lesse il rapporto della commissione deputata alla visita degli stabilimenti di pubblica beneficenza esistenti in Genova. Annunziando che il Mompiani aveva l’incarico della commissione medesima di riferire per ciò che riguarda l’istituto de’ sordo-muti, non omise però alcune circostanze di sommo interesse pel cuore degli ascoltanti che accompagnarono la sua visita in quel luogo, ed una giusta lode al direttore cav. abate Boselli. Esponeva con modi di viva approvazione, anzi di ammirazione e di affetto, quali sensi abbia eccitati in lui e ne’ suoi colleglli la visita al magnifico Albergo dei Poveri, del quale caldamente encomia l’amministrazione, ammirando altresì il ben essere fisico c morale degli individui in esso raccolti, istruiti, educati. Egualmente commosso si mostrava ragionando degli Asili infantili e della Società, distinta col nome della 31isericordia J di soccorso ai carcerati, a proposito dei quali entrava in osservazioni altamente onorevoli pel morale carattere del popolo genovese. Enumerando con sorpresa il numero delle caritatevoli istituzioni che in Genova quasi tutte sorgevano per impulso spontaneo di benefici e magnanimi cittadini, esprimeva anche un voto perchè a tante città non manchi, ed in tutte si diffonda l’istituzione delle società di patronato per gli usciti di carcere. Erano mescolati all’ affettuoso elogio alcuni desiderii nobilmente espressi di utili riforme. L’istruzione primaria prestava soggetto all’ultima parte del discorso: nella quale, offerto un tributo d’encomio a chi primo introduceva in quella città le scuole primarie di carità, il tanto benemerito abate Lorenzo Garaventa, e fatta conoscere la sentita necessità di applicare que’ nuovi metodi che già formano materia di pubblico inse- gnamenlo, conchiudeva con questa considerazione: che si debba seguire il bene avviato progresso nella sua miglior parte, in quella cioè che si applica al modo di rendere il popolo intelligente, onesto e fisicamente robusto. Dopo caldissimi ed unanimi applausi dell’assemblea, dalla quale si acclamò che il rapporto venisse inserito negli Alti del Congresso, l’avv. Pellegrini sorse a proferire in nome dei Genovesi un animato ringraziamento al can. Ambrosoli. Il conte Franchi fece noto che, oltre l’ospedalelto dei fanciulli, un altro se ne fondava in Torino per le fanciulle dalla marchesa di Barolo. L’abate Fissiaux parlò sull’ utilità degli stabilimenti di ricovero e d’istruzione agraria pei dispersi e discoli, noti in Francia col nome di colonies agricoles. E il Sineo lo appoggiava affermando d’averne osservato i buoni effetti nel Cantone di Ginevra. Il cav. Mancini, presa occasione dalle splendide parole dell’Ambrosoli, discorse intorno il patronato per gli usciti di carcere, eh’ egli vedeva con piacere già radicalo in Milano, in Torino, e vicino ad esserlo in Napoli. Desiderò in ultimo che si nominasse una commissione per studiare l’argomento, e riferire al venturo Congresso. Avvertiva l’avv. Salvagnoli che il patronato è stato istituito in Firenze contemporaneamente alla riforma delle carceri. Il conte Sanscverino ha dato notizia della coltivazione del thè felicemente tentata presso Angery sulle rive della Loira c nella Provenza, e che crede possibile anche nelle riviere genovesi e nella Lombardia. Il prof. Morelli diceva che a Monza detta cultura fu tentata senza buono effetto dal cav. Casti- glioni. Il prof. Baruffi concordava col conte Sanseverino; ma non dissimulava clic la maggiore difficoltà starà sempre nel tornaconto. Sull’argomento espose anche le sue idee il prof. Parlatore. 11 prof. Moretti segui leggendo una memoria intorno al diverso grado di nutrizione che prestano ai bachi le foglie delle diverse specie c varietà di gelsi. Ebbe luogo una discussione cui presero parte lo stesso prof. Moretti, ed il marchese di Charleval e prof. Parlatore. II prof. Baruffi nella tornata del 2o aggiunse alcune altre considerazioni a quel che si disse nel giorno avanti sulla coltura del thè e del cotone in Italia. Proponeva in seguito la robinia lebac come pianta opportuna a rinselvare la pendice meridionale dei monti spogliati. Il Perifano, il march. d’Àlbergo e principe di Canino dissero alcune parole sulla più o meno utile coltivazione del cotone in Italia. II presidente nominò il cav. Mancini, avv. Salvagnoli, Marco Minghetti, avv. generale Pinelli, Sineo, conte Priuli, Alessandro Porro, e conte Giulini a comporre la commissione che dovrà riferire al prossimo Congresso di Venezia sui migliori modi di istituire il patronato dei liberati dalle carceri. Si annunziò il programma di Michele Erede di un nuovo Istituto di Commercio in Genova. Il presidente delegò una commissione composta dal generai Quaglia, Bartolomeo Cini, march. Malaspina e march, di Charleval ad esaminare un rastrello inventato dal conte Morelli per radunare i fieni e le paglie sparsi sui prati c sui campi. Il Monoplani lesse un rapporto sulla istituzione dei Sordomuti in Genova, nella quale per opera del benemerito cav. Boschi si conserva lo spirilo dell’illustre fondatore Àssarotti. Per diffondere e perfezionare l’istruzione de’ sordo-muti facevano utili proposte il Fissiaux, Mompiani, Charleval, Sacchi e Garelli; l’ultimo de’ quali annunziò che il prof. cav. Boschi si è offerto di dare gratuitamente agli istitutori primarii lezioni di metodo per la istruzione dei sordo-muti. Il Mancini ha manifestato con vera compiacenza che circa sessanta soscrizioni si erano in un sol giorno da lui raccolte di benemeriti membri del Congresso, i quali con generosa gara hanno offerto il loro spontaneo concorso all’ invio di oggetti delle patrie industrie al proposto saggio della esposizione italiana nel prossimo Congresso di Venezia; e che, oltre di costoro , altri molti, de’ quali non sono ancora registrati i nomi, hanno offerta la loro cooperazione allo stesso buon fine. Ha soggiunto che la soscrizione rimarrà ancora aperta nella segreteria della sezione finché dura il Congresso; c dopo la sua chiusura presso lo stesso Mancini in Napoli, a cui si potrà dirigere qualunque lettera all’oggetto: che dopo gli opportuni concerti da prendersi col novello Presidente generale del nono Congresso sul modo d’invio e di ricevuta degli oggetti da spedirsi in Venezia, ne sarà data notizia per circolare a tutti i cooperatori che si sono profferti: che all’invio di ogni oggetto sarebbe desiderabile che si unisse, da coloro che il vogliono, una nota indicante il prezzo corrente, i dazi d’importazione e di esportazione, l’abbondanza e qualche notevole particolarità della produzione o della fabbricazione dell’oggetto stesso, non che della corrispondente merce stra- 4$ 1S3 $*> niera: che un promotore sarebbe pregato in ogni regione d’Italia a volersi far raccoglitore ed intermediario dell’invio degli oggetti a Venezia dalle mani di coloro che non potessero inviarli direttamente: che in Venezia una commissione, di cui faran parte i membri dell’ attuale commissione permanente, presenterà alla sezione un suo rapporto su questo primo saggio d’esposizione ; e dopo chiuso il Congresso, gli oggetti saranno restituiti al proprietario. Esprimeva in fine la speranza che da questi umili princi- pii la istituzione possa venire in favore ed incremento. Ecco i nomi di quelli che si presteranno all’ invio degli oggetti in discorso. Regno Lombardo-Veneto. Giacomo Giustiniani, march. Filippo Alessandro Gianfi- lippi, Pietro Sailer, Guglielmo d’Onigo, prof. Angelo Ronco- roni, Carlo De Sinelli, can. Àmbrosoli, conte Sanseverino, dott. Giuseppe Sacelli, ing. Giuseppe Cadolini, conte Freschi, ing. Felice Dossena, prof. Giuseppe Moretti, A. Bolini. Siati Sardi. March. Balbi Pioverà, Innocenzo Ratti, barone Giuseppe Dacquemond vice-presidente della Camera R. di Agricoltura e Commercio di Savoia, conte di Salmour, march. Antonio Carrega, conte Franchi di Pont, conte Edoardo Rignon, prof. Baruffi, avv. Daziari, la R. Società Econ. ed Agraria di Cagliari in persona del suo vice-presidente e de’ suoi deputati, march. Emilio Bertone di Sambuy, march. Camillo Pallavicino, Lo- renzo Valerio, il podestà per la provincia ùi Chiaval i, iLGan- dolfi per la stessa, avv. Sineo, cav. Audifrcdi, Francesco Viani. Toscana. Conte Pieri, cav. Oreste Brizzi, cav. Spinelli, B. P. Sangui- netti, avv. Vincenzo Salvagnoli, dolt. Antonio Salvagnoli. Regno delle Due Sicilie. Prof. Federico Napoli, prof. Raffaele Busacca, prof. Enterico Amari, prof. Salvatore Marchese, principe Imperano, principe di Torello, cav. Ferdinando De Luca, avv. Michele Solimene, avv. Pcrifano, Nicola De Luca, Federico Capitto, Sis. Greco, Giuseppe De Vincenzi, Francesco Laorzi, cav. Pasquale Stanislao Mancini, maggiore cav. d’Agostino. Siali Pontifica. Principe di Canino C. L. Bonapartc, duca Serafino Altems. Parma. Avv. cav. Maestri. Lucca. March. Antonio Mazzarosa. Disivelli Trentini c Roveretani. Conte Sizzo. Cantone Ticino. Consigliere dott. Lurati. 4 $ 135 Lo stesso avv. Mancini presentò al banco della presidenza due opere periodiche che si occupano assai utilmente dello materie commerciali, cioè la Biblioteca di Commercio pubblicata a Napoli dal chiariss. G. Bursotti, c l 'Appendice al Corriere mercantile clic si è cominciata a stampare in Genova per le solerti cure dell’avv. Tito Carbone; ed annunziò che questi due giornali si faranno organo di propagazione de’ buoni principi! di libertà commerciale. Il Valerio sorse a dichiarare che anch’ egli rende d’oggi innanzi il suo giornale, Letture di famirjlia_, che pubblica da molti anni in Torino, organo alla diffusione di queste salutari discipline. Il dott. Salvagnoli presentò alla sezione un animalclto chiamato nelle Maremme toscane zecca , sebbene diverso dalla zecca comune, il quale attaccandosi alle pecore ed ai buoi, gli spossa, e se non è dai pastori scoperto ed ucciso, li conduce a morte. Propose, c la sezione approvò, che si domandassero i lumi della sezione di Zoologia sulla precisa determinazione dell’animale e sulle sue abitudini (1). L’avv. Farina lesse una serie di quesiti preparati nelle conferenze serali intorno alle viti ed ai vini; e da proporsi, per averne convenienti risposte, alle Società Agrarie e agli agricoltori. Il march, di Charleval vi aggiunse il quesito sulle piante che nascono spontanee nei terreni ove si coltiva la vite. Il Sineo parlò a questo proposito dell’ Associazione negli Stati Sardi per il miglioramento dei vini. (1) Yeggansi su questo argomento i lavori della sezione di Zoologia. È presentato dal dott. Salvagnoli uno scritto del Menici di Pisa sopra un particolar modo di escavar le fosse dei campi. Il segretario Sacelli fece conoscere che la commissione permanente stata eletta nel sesto Congresso per occuparsi del tema relativo al lavoro dei fanciulli nelle manifatture, ha continuato i suoi studi a Milano, e dovendo presentare il suo rapporto al Congresso di Venezia, desidera che da ogni parte d’Italia le vengano comunicate nuove notizie. Lo stesso ha riferito che la commissione stata eletta per proporre una norma per le associazioni di mutuo soccorso nelle classi operaie, non ha potuto presentare il suo rapporto per l’avvenuta morte del suo benemerito relatore Goltardo Calvi: assumersi però siffatto incarico pel venturo Congresso il nobile Alessandro Porro di Milano. Nel giorno 26 il De Vincenzi, segretario della commissione incaricata nel Congresso di Napoli di studiare la legislazione e la pratica delle irrigazioni in Italia, avvertiva l’assemblea che non essendosi raccolta tutta la suddetta commissione, ma soltanto parecchi de’ suoi membri, nè potendosi per conseguenza presentare un vero e regolare rapporto, essi convennero nel pensiero di redigere un lavoro preparatorio, che depose alla presidenza. Esponeva i generali principii in esso contenuti sopra alcuni punti di cjuesta vasta e interessante materia, cioè sulla proprietà delle acque fluenti, sulla servitù d’acquedotto, sulle società per la irrigazione, sulla libertà dell’uso dell’acque. Ricordava altresì varii lavori presentati dai diversi membri e utilissime comunicazioni avute da altri: un rapporto del Comitato di Mortara sull’irrigazione della Lo- mellina, e su questa parte d'irrigazione nel Piemonte, e varii ragguagli sulle leggi delle acque nei varii paesi della Svizzera e della Germania, dati dal prof. Charpentier e cons. Mitter- majer. Domandava in ultimo al presidente, che alla commissione venissero aggiunti alcuni membri delle provincie Venete, paese di molto interesse in tale materia. L’avv. Salvagnoli ricordò che, volendosi preparare pel Congresso di Venezia una relazione effettiva, e quanto si potrà completa, rimaneva ognuno invitato a fornire materiali e notizie al segretario della commissione, specialmente per quanto riflette le varie legislazioni sull’ irrigazione. Il Cini fece rapporto di varie comunicazioni fatte alla Conferenza tecnologica. Ragionava in primo luogo di due memorie presentate per concorrere al premio proposto dal tenente- colonnello Boglionc a chi trovasse la miglior macchina per supplire al cosi detto mazzacavallo. Di una si conosce l’autore, Giuseppe Maria Bertini di Pavia. Ma nessuna parve pensiero applicabile agli usi comuni dell’ agricoltura, che richiedono soprattutto economia somma e semplicità di costruzione. Notava ancora che alcune altre comunicazioni di macchine venivano fatte alla detta Conferenza; poche ne nominava non attendibili, e accennava che in genere le altre non servirono Se non a far desiderare la maggior diffusione dell’ istruzione tecnologica. Il prof. Moretti lesse un rapporto a nome della commissione deputata ad esaminare le carte agronomiche presentate dal Caumont. Essa ne riconobbe l’utilità, e raccomandava di imitarne la perfetta esecuzione. Il Mancini lesse una nota sulle migliori norme dietro le qua’i la statistica degli stabilimenti di beneficenza verrà redatta dalla commissione cui egli presiede. La classificazione adottata è delle sole due categorie di istituzioni di semplice soccorso, c di quelle anche di prevenzione. Ogni stabilimento sarà descritto per la parte storica di esso, per la statutaria ed amministrativa , per la parte economica dell’ entrata e della spesa, per la statistica dei beneficati , nelle diverse loro classi e nel loro rapporto alla popolazione, c finalmente per la esposizione dello stalo attuale e dei risultamenti dell’ Istituto e degli opportuni miglioramenti. Comunicò poi alla sezione tanto a proprio nome, quanto a quello del cav. De Renzi e Achille Costa che l’Accademia Pontaniana di Napoli, da essi rappresentata a questo Congresso, avendo eletta nel suo seno una commissione, e datole, incarico di studiare sul- l’importantissimo argomento d’un Vocabolario Tecnologico, la commissione medesima presentò le conclusioni de’ suoi studi, le quali vennero dall’Accademia con voto unanime approvate, e servirono alla formazione del programma, che venne dettato dall’ illustre socio avv. Boccili. Di tale programma vennero presentati esemplari a tutti i membri della sezione, i quali furono invitati a porgere su di esso le loro riflessioni. Lo stesso cav. Mancini lesse una nota di F. Lattari sopra un modo di ridurre ad unità le differenti monete italiane) e domandò che una commissione venisse eletta per riferire su tale argomento al futuro Congresso. Il presidente annunziò che ciò si sarebbe fatto nell’ ultima seduta. L’avv. Perdano, a nome del Sanguinetti, lesse una nota in cui si proponeva che venisse ristabilita la commissione che negli anni addietro si occupò sopra l’emporio enologico. Par- larono sopra tale argomento Rossetti, Spinelli, conte Pollini di Mendrisio e march. Boyl. Il presidente si riservò di nominare a tal uopo una commissione. 11 prof. Meneghini parlò d’ una società promotrice del giardinaggio e dell’agricoltura in Padova, che distribuisce prendi ai migliori agricoltori c giardinieri. Il doti. Masi, presentando a nome di Ottavio Gigli un tomo completo del giornale L’ArligianellOj che ormai conta ben cinquemila associati, ed il primo volume della Biblioteca delle Famiglie , dal medesimo redatti, tenne eloquente discorso sui progressi dell’ istruzione popolare, che largamente diffon- desi in Roma e negli Stati Pontificii. Diceva come le scuole notturne (1) per gli artigiani, surte per generoso pensiero d’un umile ed illustre uomo, l’intagliatore in legno Giacomo Caso- glio, vennero già in maggiore floridezza per la efficace protezione del card. Ostini, e di altri benemeriti del ceto ecclesiastico e secolare, fra’ quali nominò l’abate Romanini, l’arciprete Sallustri, il principe Buoncompagni e il principe Conti. Richiamava quelle generose e memorabili parole della Circolare del cardinale Gizzi: Dare opera ad estendere in ogni luogo Veducazione civile e religiosa dell J infima classe del popolo; significava in ultimo che l’amicizia non gli fa velo al giudizio, quand’egli stima doversi collocare il nome d’Ottavio Gigli tra i primi e più caldi promotori dell’ istruzione popolare per tutta l’Italia. (1) Il Jlunicipio di Lugano, cui sta mollo a cuore l’istruzione pubblica, ha in quest’anno ordinato che le scuole notturne fossero aperte anche in questa città a comodo principalmente degli artigianelli che di giorno non possono frequentare le pubbliche scuole elementari. (Nota dell'autore) Aggiunse a tutto ciò il cav. Sacelli, che il magistrato civico di Cesena promuove in quella città la fondazione di un Asilo Infantile (I). Lesse l’Abbene una nota del Sella sul colore arancione ricavato dal rus radicans^ e il giallo ottenuto dalle foglie del gelso. Il prof. Moretti opponeva i pericoli della coltivazione del rus radicans, pianta velenosissima. Il Poggio diceva d’avere ottenuto Io stesso colore dal pomo d’oro. Il De Luca, in nome di Federico Pistelli di Campo Basso, annunziò esperienze da questi eseguite trattando i semi con sostanze eccitanti, perchè diano miglior frutto e più pronta germinazione. Nell’ adunanza del giorno 28 il presidente fece conoscere alla sezione i nomi dei membri componenti le seguenti commissioni : La commissione pel sistema uniforme delle monete; la commissione per conferire il premio Bonafous; la commissione permanente delle irrigazioni; la commissione per l’esposizione dei vini italiani; e la commissione sul patronato. Dopo di ciò il can. Ambrosoli lesse una rettificazione in fatto al rapporto della commissione sugl’ Instituti di Beneficenza ; su cui parlarono il Presidente generale del Congresso ed il march. Balbi Pioverà. Il prof. Orioli lesse un rapporto in nome della commissione nominata dal Congresso di Napoli intorno al Bulleltino bibliografico italiano. Il presidente annunciava che non potendosi discutere sulle (1) Questa instituzione, umanissima e veramente cristiana, va oramai diffondendosi in tutta Italia. (Nola deir autore.) insufficienti memorie presentate circa il verme degli olivi,, le ha affidate al prof. Gene, il quale pubblicherà intorno ad esse le sue osservazioni unite ad un metodo per gli agricoltori, onde possano raccogliere sicuramente i fatti concernenti quel verme. Il De Luca lesse in seguito il rapporto della commissione sull’agricoltura del Genovesato; e l’avv. Farina comunicò gli esperimenti fatti con buon successo coll’ aratro Sambuy non ostante le cattive condizioni del terreno. Il conte Freschi annunziò che il tenente-colonnello Carlo Boglione ha instituito il premio d’una medaglia d’oro del valore di L. 400 per F inventore della migliore macchina idraulica atta ad elevare litri la,000 per ogni minuto all’altezza d’un metro dal pelo dell’acqua bassa; e promise di far conoscere le analoghe condizioni con apposito programma. Il march. Malaspina lesse un rapporto sul rastrello inventato dal conte Morelli di Torino , e l’avv. Magioncalda lesse il rapporto della commissione che doveva giudicare le memorie presentate al concorso sul rimboschimento dei monti liguri, aperta dal Comizio Agrario. Undici erano le memorie. La quinta, compilata dal Garassini, ha ottenuto il premio, e tre altre ottennero 1’ accessitj delle quali una era del march. Camillo Pallavicino, un’ altra di Giacomo Biscornia ed una terza d’ignoto autore. Ottenne menzione onorevole la memoria del prof. Cristoforo Lazzari. Il presidente invitò il Garassini a sedersi al banco della presidenza in segno d’onore pel premio riportato. Il prof. cav. Maestri lesse il rapporto della commissione sulle industrie e manifatture del Genovesato (1). (1) Quest’importantissimo rapporto, ch’avrei qui unito molto 41 Il presidente annunziò che i lavori del De Vincenzi e del Bruschetti in preparazione del rapporto della commissiono sulle irrigazioni saranno pubblicati a cura sua nel Giornale Agrario toscano ; il dottor Masi presentò un libro donato dal Buckingham che ha fondato in Inghilterra una institu- zione che accoglie tutti gli scienziati esteri, e li agevola nei loro studi in quel regno; il Bruschetti espose i vantaggi della macchina inventata dal De Teni per la trattura della seta. Venne chiesto alla sezione con lettera di E. Bossi che fosse eletta una commissione per formare una Società Italiana promotrice dei libri utili alla morale , ed alle arti e mestieri. Riconosciuta l’utilità di tal progetto, venne nominata la richiesta commissione. Infine il cav. Mancini lesse il rapporto della commissione sul credito agrario in preparazione d’un rapporto generale da presentarsi al Congresso di Venezia; e l’avv. Solimene lesse un saggio della maggiore influenza che i Congressi Scientifici potrebbero avere quando fosse fatta una nuova classazione delle scienze. Il presidente della sezione., dopo avere proposto ringraziamenti alla città e a tutti gli ordini dei cittadini per le splendide, generose e fraterne accoglienze, ciò che la sezione ha votato con unanime acclamazione, chiuse l’adunanza col seguente discorso : « Il giorno che pone fine ai nostri dolci colloqui, il giorno della separazione è venuto; c troppo presto è venuto. — volentieri se i limiti di questa Relazione me lo avessero permesso, è inserito nel Repertorio d* Agricoltura e di Scienze economiche che si pubblica in Torino dal medico Rocco Ragazzoni, fase, di gennaio 1817. Le nostre menti possono essere alquanto affaticate: ma i nostri cuori noi sono,, perchè l’amore non affatica. E un amore scambievole ha veramente governato e fatto soavi le conferenze nostre, come un conversare di famiglia, e di famiglia fatta quest’anno più lieta, perchè la prima volta nessun fratello mancava. « Nel separarci, un pensiero pur ci consola che gli studi nostri non siano stati del tutto sterili; e ci consola una speranza che l’anno avvenire siano per essere più fecondi. — Noi primi abbiamo dato l’esempio di scegliere e preparare in private conversazioni i subietti da trattarsi nelle pubbliche adunanze; e la trattazione fu cosi breve, più ordinata, più facile, più fruttuosa. Ad alcune gravi quistioni toccate già in altri Congressi abbiamo dato fine, altre abbiamo continuate e schiarite, altre proposte, e proposte in quesiti che procureranno copia e varietà di fatti precisi, e agevoleranno la risoluzione. — Ai più importanti prodotti dell’ agricoltura e delle arti abbiamo volto l’attenzione : e la libertà de’ commerci, dispensatrice equabile e generosa dei beni della terra, quella libertà a cui nulla manca per divenire diritto internazionale, se non che un generale consenso della opinione pubblica ne agevoli ai governi la stipulazione, la libertà dei commerci fu qui presa da noi per nostra tessera; fu qui da noi promesso di non restare dal mostrarne per tutto 1’ utilità e la necessità, finché per tutto ella sia pregiata e invocata, quanto ancora è da alcuni temuta ed abborrita; e per tutto ella divenga, come in Toscana è già, amore e consuetudine popolana. Ma dai materiali beni noi abbiamo alzato lo sguardo ai beni che non periscono, ai beni che ripongono T anima umana nella signo- ria del mondo; che fan gustare fra i lavori dell’officina i celesti piaceri deila mente, non Svogliando dal lavoro, ma nobilitandolo e facendolo più gradito; quei beni del cuore che addolciscono le amarezze della vita, che accostano il povero al ricco, e il ricco al povero, congiungendoli con una carità che innalza l’abbiettezza senza inorgoglirla, e abbassa l’alterigia senza umiliazione che inasprisca; quei beni che allignano, come in terreno nativo, nella famiglia, e la famiglia fortificano o rallegrano, e la pongono fondamento della generale società. — E a voi, o gentile e cara parte dell’ uman genere, a voi imagine della Bontà di Dio sulla terra, a voi che, frequentando le nostre adunanze, ne foste l’ornamento e la giocondità, a voi, o madri, che a noi insegnate come si soffre e si ama, come si opera il bene e si nasconde, a voi abbiamo commesso le speranze nostre, a voi abbiamo detto: Ecco la novella generazione; ella sia per voi generazione di buoni e di forti, generazione cristiana e generazione cittadina. « Questi pensieri, questi affetti levavano alto le nostre scientifiche disputazioni, e le scaldavano d’una pura fiamma che era come luce di interiore visione. In questa terra, ove , or corre il quarto secolo, balenò alla mente del gran Ligure l’imagine d’un nuovo mondo, pareva che a noi si porgessero dinanzi i tempi avvenire, a guisa d’un nuovo mondo morale che i nostri cuori vagheggiavano, le nostre brame affrettavano, e una dolce illusione ci faceva quasi salutare come venuti. Tempi di pace che non sia fiacchezza, d’obbedire volenteroso che non sia servitù, d’autorità vigile, discreta, benevola, di libertà pacata e rispettosa, d’industria operosa ed assennala che sia nutrice e non carnefice dei lavoranti ; tempi di gene- rale agiatezza che non corrompa ; di concordia fra i popoli che li persuada essere l’uno utile e necessario all’ altro, e gli induca a scambiare i beni, non a negarseli; tempi di forte e savia opera degl’intelletti, intenti a tutte indagare e sviscerare le cose da Dio concedute alla investigazione degli uomini, ma cauti a non si spossare nell’infecondo prurito di penetrare le arcane, ove l’acume dell’umano occhio non giunge; tempi soprattutto di quella semplice e schietta e soave religione del Vangelo, che fa tutti gli uomini fratelli, che in tutti infonde la pace e la forza d’una nuova vita, e fa che il ministro della parola di verità divenga primo facendosi l’ultimo, e apportatore di pace e di consolazione sia 1’ uomo del popolo, come è 1’ uomo di Dio. — Questo mondo avvenire che abbiamo traveduto col pensiero, noi noi vedremo forse cogli occhi nostri. Non lo vedremo; ma lo prepareremo. E come lo prepareremo noi? Preparando noi stessi a meglio conseguire i fini di queste annue nostre convocazioni, le quali se già arrecano più frutti che non paia, molli più ne arrecheranno ove gli animi nostri già siano conformati a quell’ idea di bene che intendiamo e speriamo di rendere effetto vivo ed efficace. Non sia il nostro un sapere vano e scomposto; sia scienza profonda, precisa, ben ordinata; sia scienza che cerca tutti i veri, e li compone in bella armonia, che scende all’opere con senno e circospezione. Sia più che scienza, sia sapienza. E non sapienza gelida, altiera, incurante, esanime; sia sapienza fatta vivente e feconda dall’ amore. Da quell’ amore che pospone sè stesso agli altri, che prova una delizia nel bene altrui come nel proprio, che non cerca la vanità della lode, ma il benefizio dell’opera, che rispetta e intende tutti, e a tutti giova, perchè tutti abbraccia nella sua immensa espansione. La sapienza e l’amore informeranno la parola, e la parola ispirata da loro, la parola parca, splendida, sicura è potenza irresistibile. « Ecco la preparazione miglioratrice di noi stessi clic preparerà un mondo migliore; ecco l’arme con che vinceremo, non aprendo ferite, ma risanandole. Ecco in qual guisa, al ricongiungerci d’anno in anno, sentiremo clic rechiamo in cuore un sempre nuovo tesoro da diffondere sopra tutta la terra. « Se io sapessi esprimerla quale e quanta la provo nell’animo, vorrei ora dirvi la gratitudine mia per l’affettuosa deferenza con che avete agevolato la mia opera. Aver presieduto ai vostri colloqui non è stato soltanto per me un onore, è stato una dolcezza. A me non è toccalo di governarvi; voi avete governato voi stessi. Che se mi fosse mai avvenuto di dispiacere ad alcuno, certo non sarebbe avvenuto per mia volontà; perocché nulla mi è stato sì a cuore come di compiacere a tulli, e dimostrare a tutti quanto io vi rispetti e vi ami. « Abbiatevi ora il mio fraterno saluto; ed abbiatelo con una speciale preghiera voi clic veniste di là dove comanda su tutti i cuori il Pio che c’ inviò le sue benedizioni. Ditegli che il suo nome è da noi venerato ed amalo; ditegli che l’umana scienza a nulla cede delle umane cose, ma umile e volonterosa s’inchina alla stoltezza della croce; che noi saremo, quanto uomo può essere, la sua forza, come egli è il nostro amore. « Ora addio. Oh cosi la memoria di me non sia per voi 4$ 167 $«- un discaro pensiero; come la memoria di voi sarà la consolazione della solinga mia vita ». La sezione fece eco coi più vivi applausi a queste care parole, e domandò che fossero stampate. Il presidente Lambru- schini acconsentì, destinandone il prodotto a beneficio degli Asili Infantili di Genova. Con questo discorso la sezione di Agronomia e Tecnologia poneva fine ai suoi lavori sui quali il giorno 29 il march. Camillo Pallavicino, uno dei segretari della sezione, leggeva il seguente rapporto. RAPPORTO SUI LAVORI DELLA SEZIONE DI AGRONOMIA E TECNOLOGIA DII ilDtttU'ISSO DII GìSittìTà LETTO NELLA SEDUTA GENERALE IL DÌ 29 SETTEMBRE 1846 DAL MARCH. CAMILLO P ALL ANICINO SEGRETARIO L’importanza e la moltiplicità dei temi agrari! e tecnologici suggeriva fin dal principio delle nostre sessioni l’utile divisamente di preparare le discussioni in conferenze speciali per sceverarle dalle verbose inutilità, e poter poi tradurre in pubblica sessione solamente quelle eh’ erano pervenute ad alcun maturo risultamento. Si esposero nuovi perfezionamenti dell’aratro, primo fra gli strumenti agrarii, e le teoriche dimostrazioni furono confermate con pratici esperimenti. Fu studiata la malattia di quel prezioso tubero che è gradito alla mensa del ricco ed a quella del povero, e si propo- scio i mezzi per assicurar la sana riproduzione di un frutto la cui carestia nello scorso anno afflisse le più ricche contrade d’Europa (1). Elaborati nelle conferenze serali, si annunziarono nella pubblica sessione i quesiti relativi alla pastorizia, che verranno pubblicati al fine di raccogliere e preparare ai futuri Congressi esatte notizie sui costumi, sulle condizioni e sui prodotti delle diverse razze pecorine. Si parlò di alcune pratiche agrarie delle campagne italiane, e si accennò come possibile, ma in generale meri conveniente al clima italiano, la coltivazione del thè e del cotone. L’insetto che, annidandosi nel frutto delle olive, distrugge il raccolto il più prezioso dell’agro genovese, si occultò alle scientìfiche inquisizioni, ed attirerà ancora pur troppo le maledizioni dei nostri campagnuoli. Parecchie memorie in concorso al premio proposto dal Comizio Agrario di Genova per lo imboschimento dei circostanti monti presentate alla nostra sezione furono trasmesse all’accurato giudizio di chiari agronomi e giureconsulti, affinchè esaminassero la materia sotto il doppio aspetto forestale e legislativo; una di queste memorie, scritta dal sig. Ga- rassini di Toirana, riportò il premio; tre altre V accessit. Gli importanti rapporti delle due commissioni incaricate di esaminare l’agro e le officine genovesi verranno per intiero (1) Stante la grande importanza di quest’ argomento, ho voluto far succedere al presente rapporto a modo di Appendice alcune altre istruzioni sul modo di preservare dalla malattia i pomi di terra, le quali serviranno come di aggiunta alle note poste alle pag. 127, 128 e seguenti. (Nota dell’autore.) 4 $ 170 inserite negli Atti del Congresso; per lo che noi ci dispensiamo di farne parola. Per la enologia e pel credito agrario in seguito di molte discussioni si dedussero importanti quesiti, che si propongono da schiarire nei futuri Congressi. La commissione instiluita per istudiare qual fosse il migliore governo delle acque incontrò gravi difficoltà nel conciliare i principi! e le tradizioni del Diritto romano con quelle del Diritto germanico, onde derivarono leggi e consuetudini diverse nei varii Stati della nostra penisola relativamente alla proprietà delle acque fluviatili. Con ammirazione, e quasi direi con invidia furono intesi i progressi dell’ Associazione Agraria di questi R. Stati ; essa già novera quaranta Comizi e tremila soci; ma per l’invito di aggregazione fatto dal Ministero degli affari interni a tutti i Comuni, si può sperare che fra poco tanti saranno gli associati , quanti sono i proprietari dello Stato; intanto essa raggiunge lo scopo della sua istituzione accennato nella sua epigrafe o divisa : Ce ri est seulement du blé qui sort de la terre labouréCj c’est ime civilisalion toute enticre (Lamartine). Vengono infatti a poco a poco a collegarsi per questa istituzione le due grandi famiglie poste quinci e quindi dell’Appennino, le quali, obbliati non solo i vetusti odii, ma sdegnose ora perfino della giogaia che le divide, le amiche destre congiungono a reciproco aiuto dell’ agricoltura e del commercio. Nelle liguri spiagge, ove per lunghi secoli prosperò libero il commercio, non doveano troppo tardi echeggiare gli applausi ed i voti onde i popoli dalle sponde del Tamigi, della Gironda e del Rodano or ora salutavano la teoria della libertà commerciale; i nostri tecnologi riconoscendone l’origine italiana, promisero di promuoverla fra noi coll’ aiuto dei periodici fogli, e con tutti quei mezzi legali di associazione che moltiplicano, e danno agli sforzi individuali una vittoriosa potenza. Questa libertà commerciale, stabilendo equità di rapporti fra i produttori ed i consumatori, rimovendo le occasioni di un immorale contrabbando, aprendo il campo alla libera concorrenza, deve essere desiderio non dei soli dotti, ma di tutto il popolo italiano. A noi intanto gode l’animo nel vedere che, quasi a preparare quest’ era felice di una libera gara e concorrenza fra i produttori italiani, molti Genovesi, figli d’Italia, si propongano dare ben tosto principio di eseguimento ad una esposizione nazionale d’agricoltura ed industria, che speriamo sarà aperta nel venturo Congresso di Venezia. Mentre la nostra sezione si occupava dei campi e delle officine, ben conosceva però che il perfezionamento civile materiale non deve disgiungersi dal morale, che l’uomo vince di gran lunga per lo suo intelletto la terra che lo sostiene e gli animali che gli servono, che l’istruzione e l’educazione popolare non possono oramai essere più una colpa nel giudizio di alcun governo italiano. Una commissione era stata nominata in Napoli per riconoscere lo stato dell’istruzione popolare in Italia. L’egregio relatore della medesima, dopo aver esposto le varie ricerche statistiche, cominciava dall’ annunziare con compiacenza esser cresciuto a centosessantotto il numero degli asili d’infanzia in Italia; in essi accogliersi non meno di diciottomila 4 $ 172 $* > bambini, con la spesa annuale di circa quaitrocentomila lire, quasi del tutto derivate da privale largizioni. Riferiva poscia esatte notizie sulla istruzione primaria e tecnica nel Regno Lombardo-Veneto, dove nel 4844 non si contavano meno di seimila e centoventidue scuole, presiedute da ben diecimila e settecentoquarantaquattro tra maestri, ispettori, catechisti, ec., con l’annua spesa di circa mezzo milione di lire austriache: notava essersi aumentalo nel 4845 il numero delle scuole e degli scolari; e tributando le dovute lodi alle solerti cure governative per l’incremento dell’ istruzione del popolo, non tralasciava però di esprimere alcuni voti di miglioramento. Protestava non aver la commissione raccolto notizie precise intorno alla condizione dell’istruzione popolare nel Piemonte; esser però entrato questo paese fin dal 4840 nelle vie del progresso pedagogico, e molto doversi attendere dal suo illuminato Governo. Accennate le condizioni dell’ istruzione pubblica in Liguria e nelle altre parti d’Italia, il rapporto si chiude con mostrare riposta la gloria e la prosperità avvenire della patria nostra non in altro che nella maggior diffusione di lumi tra le masse popolari, e riserbato non più alla forza brutale, ma alla coltura dell’intelletto, ed alla bene intesa istruzione il dominio delle future sorti del mondo. Ma le attenzioni e le sollecitudini da prestarsi all’ educazione fisica dell’ uomo debbono principiare dall’ età la più tenera. L’istituzione dei ricoveri pei lattanti proposta nella nostra sezione sarà benedetta da quelle madri che, costrette a guadagnarsi col lavoro il pane della giornata, non possono vegliare alla culla della prole, e che per disperata miseria abbandonano alla ruota dei trovatelli i frutti di un legittimo amore. Questo invito eccitò la simpatia e la commozione nelle gentildonne genovesi e italiane., che in gran numero presen- tavansi alle adunanze; e quelle lagrime di tenerezza parlarono sensi che arrivano ai cuori , ma che la voce non può esprimere. II relatore della commissione incaricata di visitare e riferire sugli stabilimenti di beneficenza di questa città lesse un interessante rapporto, nel quale, ordinando le materie, percorre i varii instituti di beneficenza, fermando l’attenzione e il giudizio sui principali, l’Albergo dei Poveri, gli Asili Infantili, la Mendicità, ec., e non omettendo di accennare con rispettose e lusinghiere, ma franche parole ad alcune variazioni che alla commissione parvero consigliate o dal mutarsi che fecero i tempi e i costumi, o da altre particolari circostanze, ed evocando delle care e gloriose memorie, eccitò le pubbliche simpatie verso i fondatori e padri della vasta beneficenza genovese, commendò il sagrifizio dei molti buoni che vegliano la prosperità di quegli istituti, ed appoggiò a sode e pratiche considerazioni di pubblica economia le riforme da lui indicate. Per non dilungarsi a troppe lunghe enumerazioni, raccolse sotto un solo punto di vista le altre istituzioni, e mettendole nel confronto di alcuni bisogni ancora inesauditi, faceva voti perchè i molti e dispersi istituti tendenti ad un solo scopo si congiungessero in un solo regime a maggiore semplicità di direzione, a più utile ed equa distribuzione di soccorsi, e a risparmio di spese, di locali e di servigio. Conchiudeva con alcune osservazioni sulla tendenza e sulle esigenze dell’epoca nostra ; incoraggiava i molli buoni che intendono alla educazione del popolo siccome mezzo atto a prevenire la miseria , e prima base d’ogni pubblica prosperità ; invocava uniformità e pubblicità nella istruzione ; consigliava a tutti la sublime annegazione di chi semina perchè gli altri raccolgano., la pazienza di chi travaglia per un guadagno lontano, predicendo che l’ albero che spunterà dal seme che noi piantiamo non proteggerà dell ’ ombra sua che le nostre ceneri. A voi spetta ora, o Signori, pronunciare se la sezione abbia adempiuto al suo uffizio con quella dottrina e moderazione che argomenti sì varii e tanto dilicati richiedevano, ma insieme con libertà di pensieri e di parole conveniente alla dignità nazionale italiana. Alle note poste a pag. 127,128 c seguenti sulla malattia ile' pomi di teppa. O MODI DI PREVENIRE LA MALATTIA DELLE PATATE. Al chiarissimo signor Direttore del Comizio Agrario d 3 Acqui. At non solum copia major experiment.orum quee- renda est et promovenda, atque etiam alterius generis, quam adirne factum est: sed etiam me- thodus piane alia, et ordo, et processai, continuando; , et provehendm experientiw inlrodu- cenda. Bac. de Verul. Nov. organ. aphor. C. Ho veduto una memoria, Sulla malattia de 3 pomi di terra: osservazioni pratiche del P. Innocenzo Matti; la quale fu letta alla sezione d’Agronomia dell’ ottavo Congresso il 18 settembre p.° p. tf ; sulla qual memoria avendo fatte alcune riflessioni che credo giovare all’agricoltura pratica, stimai tempo non affatto perduto di scriverle, ed ora le indirizzo alla S. V. 111.ma siccome a distinto e zelante agronomo che prudentemente segue il progresso, pregandola di comunicarle al Comizio, acciò tanto ella, quanto i membri del medesimo si compiacciano, se le giudicassero degne di farvi quelle osservazioni che meglio crederebbero del caso. Nella precitata memoria l’egregio P. Ratti, dopo di aver narrato come pervenne a minorare il danno del raccolto delle patate dell’ anno scorso, si fa ad annunziare il modo con cui pensò giovare al raccolto dell’anno futuro colle seguenti parole: « Incominciai pertanto sul finire di ottobre a disporre a questo « uso ( piantagione ) un pezzo di terra in un mio fondo posto in Mas- « siola, piccolo villaggio di Valle Strona, provincia di Pallanza, si- « luato tra mattina e mezzodì. Dissodato prima il terreno profon- « damante, e zappatolo in tutti i sensi, formai tante fosse paralelle, « a tre piedi di distanza le une dalle altre, in direzione pendente « verso la china del monte. Questo terreno così disposto potè in « tutto l’inverno, rimovendolo di quando in quando, modificarsi « sotto la varia influenza dell’ aria, della pioggia e del gelo, che tan- « to valgono a preparare una migliore e più durevole vegetazione ». Dissodare profondamente il terreno in ottobre, zapparlo in tutti i sensi, e rimuoverlo di quando in quando nell’ inverno, è preparazione utilissima per qualunque siasi seminagione, e certamente tale a cui debbono fare buon viso ed i teorici, ed i pratici (non so per altro se questi troverebbero il tornaconto nel lasciare tre piedi di distanza fra una fossa e l’altra nel piantamento delle patate, e mentre che la metà di tale distanza potrebbe, a senso mio, essere sufficiente): ma dove si troverà tanto tempo, dove si troveranno tante braccia per eseguire tali lunghe operazioni? quale sarà il padrone, il fittaiuolo, quale il colono parziario che vorrà assumersi l’impegno di tanta spesa? I proprietari che tengono ad economia i loro poderi noi possono fare ancorché il volessero, poiché non trovano che a stento (almeno nella nostra provincia) giornalieri sufficienti per fare i lavori ordinari di campagna, massime in ottobre, epoca in cui sono occupatissimi e nella vendemmia, e nel seminerio del grano, tanto più che a quell’epoca principalmente lo giornate si pagano carissime; di modo che riesce tuttora giusto l’antico proverbio, che la zappa mancia la terra. Ma se non può effettuare il lavoro in discorso il proprietario, tanto meno lo possono i futaiuoli ed i mezzadri, perchè sono per soprappiù privi delle scorte necessarie per anticipare le spese di coltivazione straordinaria : lo stesso dicasi del rimuovere il terreno di quando in quando durante l’inverno, stagione in cui generalmente la terra è coperta di neve, oppure fortemente gelata, ed in cui potendosi lavorare, lo si deve attorno alle viti novelle, e debbesi pure preparare qualche poco di terreno pel seminerio del formentone, onde non trovarsi poi in primavera soverchiati dai molliplici lavori della stagione. L’autore, dopo di aver così lavorati i tre campi per l’esperienza di confronto, ed indicatoci che nel primo piantò i germi delle patate senza preparazione alcuna, nel secondo germi preparati col solfalo 4t$ 177 di rame, nel terzo altri preparati col cloruro di calce, passa a narrare le altre operazioni eseguite allorché furono nati, come segue: « Tripartita così e preparata la seminagione, dopo sei settimane « feci zappare leggermente e rialzare la terra intorno ad ogni pian- « ta, purgandola dalle erbe inutili, e spruzzando le pianticelle e la « terra del terzo campo con soluzione di cloruro di calce, e quelle «del secondo con soluzione di solfato di rame, ed usando poi in « tutti e tre i campi la cura che io reputo importantissima di ammon- « ticchiare all’ingiro d’ogni gambo la terra (1), in modo da render « facile la via allo scolo delle acque, e da non impedire sulla mag- « gior superficie della terra tutte le impressioni dell’ atmosfera. « Rinnovata questa operazione per ben due volte prima che i « tuberi giungessero a maturanza, eccovi l’esito che ottenni ». Eccoci descritta una nuova serie di lavori da praticarsi attorno alle piante delle patate, lavori la cui esecuzione presenta le stesse difficoltà sopra descritte, le quali sono tali da dover circoscrivere, a mio credere, T esperimento alle sole accademie, ed a pochi privati, che non permetteranno giammai , ancorché il trovato del nostro autore fosse senza eccezioni, di poter essere messo in pratica dalla universalità de’ coltivatori di pomi da terra, de’ quali la maggior parte appartiene alla classe povera; e vaglia il vero chi potrà spruzzare le pianticelle e la terra!!! con soluzione di cloruro di calce, ed ammonticchiare due volte all’ ingiro la terra nelle estese piantagioni ( sono parole dell’autore) dell 3 Irlanda s dell 3 Inghilterra della Francia e di molle terre della Germania , ed io soggiungerei dell’Italia, della Savoia massime? nè fia pure di poco momento il costo del cloruro di calce, quello de’ vasi grandissimi ove preparare la mentovata soluzione e quello del trasporto della medesima in luoghi montuosi e di difficile accesso : e non saprei pure ove anche di più zelanti e meglio intenzionati agricoltori potrebbero trovare l’enorme quantità di acqua necessaria pel suddescritto spruzzamento delle piante e della terra nelle siccità di giugno, luglio, ecc., ed i giornalieri, ed il tempo necessario per tali operazioni: posto il caso (1) Fra i vantaggi che produce rammonlicchiamento praticato in giro a'ic piante delle patate, ossia la rincalzatura, v’è pur quello principalissimo che nella terra impiegatavi, purché sia antecedentemente bene sbriciolata ed asciutta, si forma un nuovo strato di radici, da cui spuntano tuberi che moltiplicano il raccolto. V2 fortunato (che io annovero fra gl’impossibili) che si potesse effettuare tutto l’operato dal lodato P. Ratti,il ‘prodotto, dedottene lo ingenti spese, donerebbe il tornaconto? Ne dubito assai. Dopo cotali riflessioni io bramerei che gli sperimentatori si proponessero modi più facili,più-ovvii, e meno complicati e costosi, onde avendone risultati favorevoli, ogni coltivatore di patate dal più ricco di buona volontà e di borsa lino 'al piti infingardo e povero, ed abitatore di qualunque regione pdtesse ripetere T‘esperienze, pelle quali desidererei pure si provassero nimedii esistenti fra de domestiche muralo fossero ‘di facile ritrovo, e di pochissimo-costo; poiché la 'spesa anche piccola, al povero ; è-di grande e-soventi-d’insormontabile ostacolo ad intraprendere opere di conosciuto e provato vantaggio, come lo è pure Tesser dbbligàto'di andar m-cerca a distanze, ancorché poco lontane, d’ingredienti medicinali; e meco converrà, lo spero, chi, come ella, conosce da vicino la povertà, la pigrizia e le male abitudini de’nostri‘contadini, che non ne sono neppure gli unici impressionati. E siccome la necessità di trovare li -segreto'capace di togliere con mezzi i più facili possibili la rea malattia olla patata per ridonarla sana agli affamati poveri nostri fratelli stringe per ora molto di pitiche farli instrutti, solleciti per randelli poi ricchi,-così io reputo cosa doverosa per ogni uomo il metter sùbito a prova ogni cara, ogni forza sì intellettuale, che materiale ne’ summentovaii esperimenti onde rendersi utili alla società, a quella parte massime che è la più afflitta, lapiù laboriosa, e forse la più morale, e che dona all’Altare i ministri, allo Stato i soldati ed a noi tutti il pane. La via che io mi propongo di battere megli esperimenti che'ho intenzione di intraprendere nella seguente primavera, onde tentare di raggiungere‘lo scopo proposto, per poi renderli di pubblica ragione qualunquene sia il risultato, ella è la seguente: 1. ° Preparare il terreno ne’ tempi e modi soliti del paese, ed il meglio possibile. 2. ° Lavare i tuberi interi in differenti ranni e soluzioni, cioè parte in ranno bollito di ceneri comuni, parte nella soluzione di cloruro di calce, e parte in soluzione di calce viva, parte poi lasciarli senza preparazione alcuna. 3. ° Dopo diligentemente lavati i tuberi, fettarli in modo che ogni fetta contenga uno o due germi, e.quindi metterle a bagno in una soluzione o ranno nuovo, e della stessa qualità in cui furono <*$ S 79 prima lavati i tuberi, lasciandole immerse per venti minuti cirea, acciò possano meglio venir influenzati dall’azione medicamentosa deL preparato,. e quindi seminarle. 4. ° Dividere il terreno in tante aiuole quante diverse sono le preparazioni delle patate: le aiuole sieno tutte eguali di superficie, sie- no nelle stesse condizioni di composizione di terreno, di esposizione, fertilità, ecc. 5. ° Piantare in ciascuna aiuola un eguale peso di fette portanti un egual numero per Io. meno approssimativo di germi,, onde poter confrontarne fra loro iL prodotto. (k° All’ epoca della rincalzatura (operazione solita sempre a praticarsi fra noi )> visitare le piante, onde accertarsi se fessesi in qualche aiuola manifestata la malattia, ed in questo caso conspergere le piante e la terra di quell’aiuola con calce viva, e polverizzata prima (li rincalzarle, nel modo stesso con cui praticasi spargere il gesso sul trifoglio, e tener conto, della quantità di calce adoperata. 7. ° Il terreno destinato alle esperienze sia ancor vergine dalla coltivazione delle patate. 8. ° Tener separati i tuberi raccolti in ciascuna aiuola per poter istituire, col peso, il paragone del prodotto secondo le diverse preparazioni adoperate, onde vedere quali di esse sia pure più. vantaggiosa, e riguardo al maggior o minor raccolto, e, riguardo al grado della potenza preservatrice. Se qualcuno dei succitati esperimenti fosse, coronato di buon successo, sono persuaso che, stante la sua semplicità, la poca o nis- sima spesa, ed il poco tempo che richiederebbesi per eseguirlo, si potrebbe ripetere ovunque, e così venir generalizzato, massime ove, come fra noi, i contadini fossero assuefatti a lavar nel ranno di ceneri o nella soluzione di calce viva il grano da semente per renderlo immune dalla golpe. Proposi le ceneri comuni per essere ovvie e di nessun costo : la calce per essere essa pure ovvia e di pochissimo costo, e perchè provveduta di valida potenza disinfettante: il cloruro di calce perchè già trovato utile dal prelodato Ratti, e dai signori Wohl ed Ilees, olandesi, come appare dal rapporto della commissione creata per l’esame della precitata memoria, redatta e letta dal dotto ed eloquente sig. professore Parlatore. Esclusi il solfato di rame, quantunque efficace per prevenire la malattia, perchè alquanto costoso e poco confacente alla loro vege- tazione c prodotto, siccome insegna il prelodato P. Ratti. Proposi il terreno vergine dalla coltivazione delle patate, poiché non è fuor d’ogni dubbio che la malattia sia contagiosa, e che nel terreno ove furom i tuberi infetti possa conservarvisi il seminio contagioso. Non voglio lasciar isfuggire codest’ occasione per manifestarle il dubbio natomi dalle osservazioni fatte in due anni, che il letame cioè possa molto aiutare lo svolgimento della malattia in discorso, e che forse fu una delle principali cagioni per cui ove fu molto concime i. tuberi furono presi dal male, ed il prodotto fu poco meno che nullo , siccome osservò il Ratti, e che perciò mi asterrò dal letamare il terreno destinalo alle suddette esperienze, e che destinerò una nuova aiuola vicino alle altre, per seminarvi dopo ben letamata altre palate senza previa preparazione, onde portar qualche lume sul dubbio. Sii giova inoltre richiamarle alla memoria che un mio amico nell’ autunno del 1845 fece dissodare ad una profondità di tre palmi circa un campicello, e quindi nell’ora scorsa primavera piantovvi patate giallognole, dopo averlo concimato a dovizia di stallatico cavallino, e coperto rettamente di gesso cotto e pesto, e che ciò nullameno la vegetazione fu poco prosperosa, ed i tuberi raccoltisi sui primi di novembre furono piccoli e quasi totalmente rovinati dalla malattia, abbenchè quelli adoperati pel seminerio ne fossero immuni. Io porrò fine a questo qualunque siasi scritto col ripregarla a favorirmi i preziosi di lei lumi all’oggetto di poter rendere sempre più facili, efficaci e concludenti codesti miei progettati esperimenti, e di eccitare i membri del Comizio acciò ognuno di essi li ripeLa nel proprio paese anche con modificazioni giudicate più acconcie allo scopo, affinchè la natura, interrogata da svariati, replicati e precisi tentativi, ci possa donare risposte favorevoli per renderle poi utili a tutta l’umana famiglia. Aggradisca, ecc. Morsasco, 47 dicembre 1846. Angelo Domenico Iyaldi, medico. i Nell’accreditato Repertorio d’dgricoltura del dott. Rocco Ragazzoni, che si pubblica in Torino, ch’io bramerei fosse diffuso an- che nella Svizzera Italiana, ove non potrebbe che portare utilissime istruzioni, leggo le seguenti notizie ehe ne dà il conte Piuma di Prasco sulla malattia delle palate : « Il sig. D. Grillo, prevosto della collegiata di Finalborgo, parroco di S. Biagio, ha seminato patate in diverse sue terre, e tutto il raccolto fu infetto dalla malattia. Ne seminò nello stesso tempo, e con tuberi della stessa qualità, in una terra dissodata cinque anni fa, la quale, come terra nuova, fu lavorata diligentemente e largamente concimata negli anni passati, e fu più particolarmente lavorata e più lautamente concimata in quello ora scorso, perchè si destinava alla coltivazione dei pomi da terra. In questo terreno le patate riuscirono d’ottima qualità, illese da ogni malattia, e si conservano tuttavia eccellenti, consumandosi dal suddetto sig. Prevosto, che le riservò per uso della sua famiglia. Ecco un fatto che coincide con altro fatto consimile osservato da un mio mezzadro, e che dà maggior peso all’ opinione che il concime non aiuti in verun modo allo sviluppo della malattia dei pomi da terra. Che anzi, se si moltiplicassero simili fatti, se ne potrebbe dedurre l’opinione contraria. Le sia di norma che il concime adoperato dal mio mezzadro è concime da stalla di bestiame bovino, quello adoperato da questo sig. Prevosto è concime di bestiame cavallino. « Dai fatti esposti dal sig. Buzareingues in una sua memoria presentata alla R. Accademia delle Scienze di Parigi (Comptes rendus , n.° 21) conchiude che il guasto dei pomi da terra nel 1810 deve attribuirsi alla temperatura bruciante ed alla lunga siccità della state. « Si è supposto, aggiunge egli, che vi fosse stata una malattia contagiosa di questa pianta, ma questa supposizione fu combattuta e rovesciata dalle esperienze del 1846. « Si credè che a causa d’avere seminato pomi da terra sugli stessi terreni che già ne avevano prodotto sia sopraggiunto il guasto del 1846. Questo è un errore; il quadrato del mio giardino, dove la varietà tardiva d’Irlanda fu tanto compromessa, non aveva mai ricevuto pomi da terra. Feci la stessa osservazione su quelle seminate in detta area su di un terreno abbruciato della montagna di Fathé, dove non vi era mai stata alcuna sorte di pomi da terra, ed in cui una quarta parte di quelli prodotti si guastarono ». Anche l'inclita Accademia Fisio-Medico-Statistica di Milano ha rivolto i suoi studi al modo di preservare questo importante prò- dotto dalla dominante malattia, ed ha pubblicato le seguenti istruzioni : « L’Accademia Fisio-Medico-Statistica si occupa della malattia del Pomo di terra coll’ attenzione che merita un tubero, ornai divenuto parte essenziale del nutrimento de’ nostri contadini. Intanto però che se ne accertano i caratteri e i possibili rimedj, giova, ingegnarsi a prevenirla con quei modi che.la,pratica indica meglio opportuni, quand’ anche non rispondessero a tutte le esigenze scientiliche. Quindi quest’Accademia-, appoggiata su.quel che fu provato altrove e sulle sperienze de’ suoi membri e massime del conte Kava-, ha trovato di raccomandare specialmente neL paese nostro le seguenti, precauzioni: « l.° Si preferisca la specie conosciuta col: nome di quarantini a 2.° Si piantino al principio di marzo (1); tempo acconcio anche al villico, ancora sciolto d’altre faccende) « 3.° Anziché il solo occhio, si pianti un tubero intero e. de’ più belli, col che si ottengono più individui, e meglio rigogliosa Tanto meglio se vi si' aggiunga uni pugno di cenere, o poca calce di fabbrica sparsa nel terreno, detta volgarmente qalavrina ,, o calcinaccio j eco. Si zappino e rincalzino al modo consueto;. « 4.° A giugno entrante, alcuni sono già. a perfetta maturanza ; ed in quell’ epoca i. primi Pomi, vanno- quasi immuni dalla temuta malattia ; e ognuno comprende l’importanza d’ allestire un mangiare ai contadini allorché vien meno la provvista del grano turco ; « 5.° Man mano dunque che nasca bisogno di usarli, il villico collo zappino bidente scopre metà del cespo, ne stacca diligentemente i tuberi, più grossi, lasciando attaccati alle madri i piccoli, e coprendoli poscia di terra con eguale diligenza; « 6.° Questi sono maturi sulla metà d’agosto, quando già i. gambi veggonsi diseccati. Cólti, asciugati sulle aie , si ripongano in luogo secco. Quantunque la malattia guastasse quest’ultimi., il contadino sarebbesi mantenuto l’estate, il che è già un sicuro avanzo. « Nell’incertezza di rimedii provati, l’Accademia trovò bene raccomandare questi palliativi, che crede di molta efficacia. Perdo ha voluto candidamente esporli al pubblico, e raccomanda altresì che fi) Nei luoghi freddi delle nostre valli e dei noslri molili si potranno piantare anche un po’ più lardi , ma-tosto che lo stato del terreno lo permeila. questa semplice istruzione popolare venga diffusa colla stampa ed a voce, massime dai parrochi e dai fattori, per vantaggio di quella classe tanto utile quanto «neglettala cui essa Accademia dirigerà sempre le più sollecite sue cure. « Milano, 12 febbraio *1847. « Il Presidente F, Schizzi. « Cesare Cantù, segretario » . FINE DEL PRIMO VOLUME INDICE DEL VOLUME PRIMO Prefazione .p« : >#; T : h.- : '’&m. - ] x: : O'^ AO Cr J ■ SEZIONE DI GEOGRAFIA ED ARCHEOLOGIA Presidente C4V. GIULIO CORDERÒ DI SAN QUINTINO, Vice-Presidenti CAVALIERE LUIGI CIBRARIO GIUSEPPE FIORELLI i PROF. FRANCESCO GHIBELLINI Seqretari s l GIOVANNI BATTISTA GANDOLFI Il presidente apriva il giorno 45 settembre questa sezione esprimendo i sensi della sua riconoscenza per P onore della presidenza cui fu assunto, e la sua gratitudine verso il Presidente generale per avere conservata la sezione di Geografia ed Archeologia ad esempio dell’antecedente Congresso. Quindi il conte Jacopo Graoberg da Hemso leggeva il proemio dell’ esposizione sommaria degli ultimi progressi della geografia dall’anno 4845 al 4846, nel quale discorreva delle Società Geografiche ultimamente instituite in ogni parte del mondo, degli incoraggiamenti e premii concessi a’ dotti viag- giatori e delle opere geografiche pubblicale nel 4840 od in corso di slampa. Alla dotta memoria del conte Graoberg il cav. Cibrario ed Ignazio Cantò opportunamente proponevano alcune aggiunte, e da alcuni si esprimeva il desiderio che: nei Congressi avvenire la prima adunanza d’ogni sezione fosse inaugurata con un simile rendiconto dei progressi fatti in ciascun ramo di scienze. La sezione concordemente applaudiva a tale proposta. L’esposizione del conte Graoberg da Hemso sui progr essi della geografia era continuata nell’adunanza del giorno 46, in cui esso parlò specialmente di varie carte ed opere geografiche stampate in Italia, non che della splendida opera Bresciana d’illustrazioni archeologiche sugli scavi di quella città. In seguito veniva approvata la proposta del presidente, che con argomenti suggeriti dai membri della sezione e scelti da apposita commissione si formasse un programma il quale potesse servire di norma agli studii del nuovo anno senza togliere a ciascun membro la libertà di trattare anche altri temi. Giovanni Codemo leggeva quindi la descrizione d’una scuola di geografia j al qual proposito il segretario Ghibellini parlava d’un suo metodo di popolare insegnamento geografico (4). La sezione volgeva poscia la sua attenzione ad una interessantissima e dotta relazione esposta dal prev. Giacinto (4) Il Ghibellini propone in un Compendio di Geografia Antica e Moderna, di cui è già cominciata l’edizione,il suo Nuovo Metodo Elementare, di cui il lettore potrà conoscere un sunto nella nota che in questa Relazione è posta al rapporto dallo stesso letto nel- l'ultima adunanza generale del Congresso sui lavori della sezione di Geografia ed Archeologia. (Nota dell’autore). Amati riguardante il suo ultimo viaggio per le coste dell’Algeria. II prof. Orioli nell’adunanza del di 47 riferiva di alcuni scavi operati in Corfù appartenenti alla metropoli dell’antica Corcira, i di cui monumenti egli crede antichissimi, od almeno sincroni alla guerra persiana. Oltre le varie specie di sepolcri che vi s’incontrano l’uno all’altro sovrapposti, 1’0- rioli osservava come i Corciresi tumulassero in diversi modi, e tutti forse usati all’ epoca stessa. Fra gli oggetti rinvenuti cranvi figure e vasi di terra cotta di antico stile, ed altri con animali mostruosi come nei tirreno-fenici. Faceva inoltre parola dei grandiosi avanzi delle terme del teatro e di un pavimento a mosaico, e ricordava i monumenti epigrafici, nei quali per ignota cagione cessa il doricismo al tempo degli Antonini, ed un dittico di piombo, già illustrato nella Gazzetta di Corfù, offrendo i disegni degli indicati monumenti. Sulle cose esposte dall’Orioli si facevano diverse aggiunte e si manifestavano varie opinioni dal conte Sanseverino, dal cav. Cesare Cantù, dal Cibrario, da Ignazio Cantò e da altri. Dopo la quale discussione il principe di Canino presentava una lettera della Società Antiquaria americana di Worcester, che lo aveva incaricato di farla conoscere all’ottavo Congresso Scientifico Italiano. Il prev. Giacinto Amati leggeva in questa adunanza il seguito della sua memoria risguardante due lapidi antiche, l’una rinvenuta in Bona, e l’altra notissima d’Aix di Provenza, e conchiudeva col promovere la ricerca del valore da attribuirsi alle monete romane. E l’abate An- gius leggeva un giudizio sulla carta della Sardegna del generale La Marmora, facendo varie osservazioni sulle antiche carte geografiche. Prima di sciogliere 1’adunanza il presidente creava una commissione per esporre alla sezione i progressi fatti dalle scienze geografica ed archeologica nel corso del- l’anno, componendola per la geografia del conte Graoberg, prof. Ghibellini^ cav. De Luca e cav. Cesare Cantù segretario; per l’archeologia del principe di Belmonte, prof. Capei; Beau- lieu ed avv. Alizeri segretario; e formulava un quesito archeologico da trattarsi nel futuro Congresso, che verrà pubblicato con gli altri presentati per formare il programma. Il Crocco soggiungeva che nel programma dei quesiti da trattarsi vi fossero argomenti che interessassero lo stato attuale delle leggi, delle instituzioni e delle scienze naturali. Questa adunanza veniva chiusa colla nomina della commissione delegata ad esaminare le diverse opere presentate alla sezione, ed a farne rapporto, la quale era composta degli abati Angius e Piccaluga, del Cevasco, del march. Pareto Damaso c dell’avv. Alizeri, e colla proposta d’una passeggiata archeologica per la città di Genova, nella quale erano guide assai esperti gli abati Piccaluga e Grassi, e l’avv. M. G. Canale. Aprivasi la tornata del 18 colla lettura del processo verbale, dopo la quale il prof. Orioli, il Librario, il conte Sanseve- rino ed il prof. Ghibellini esponevano alcune dilucidazioni sui crani etiopi. Quindi il cav. Cibrario esprimeva il desiderio del conte Ranuzzi perchè la sezione volesse raccomandare a S. M. il Re di Sardegna la pubblicazione del suo Annuario Geografico. Il presidente leggeva in seguito una lettera di P. Ma- sgry, in cui chiedeva notizia sui manoscritti del Verazzano, ch’aerano in Firenze. Il prof. Capei e l’Arcangeli comunicavano che quelle carie furono vendute insieme colla Biblioteca dal Vai di Prato, nè ora si sa ove rilrovansi. L’avv. Canale leggeva in seguito una memoria sopra, i genovesi navigatori che prima di Colombo cercavano nuove terre nell’Oceano, preparando così l’epoca fortunata della scoperta del nuovo mondo- e della via marittima per l’India. La sezione, accolto il quesito proposto con lettera dal P. G. Toniato intorno al modo col quale i Romani facevano le quattro operazioni aritmetiche prima che stendessero fuori d’Italia il loro dominio, decretava che fosse inserito nel programma da pubblicarsi. Il Crotti esponeva le sue ricerche sul pozzo egiziano del solstizio estivo, ch’egli crede identico coi ruderi che costantemente si additano per l’antico nilomctro, cui il prof. Ghibellini soggiungeva che quel famoso pozzo non si doveva in alcun modo confondere col nilometro, il quale esisteva più a mezzogiorno nell’ isola Elefantina. Il Ginocchio discorreva della primitiva ed ipotetica formazione, non che dello stato attuale dello stretto di Gibilterra. Infine il conte Freschi leggeva un compendio della memoria del Zuccheri di San Vito intitolata : Studii sopra ima moneta longobarda del secolo Vili. Tale moneta è inedita, ed appartiene a Pemone, duca del Friuli. L’autore ha voluto dimostrare che i duchi longobardi erano privi del diritto regio di battere moneta, e che se in qualche modo sembravano essi partecipare all’ esercizio di tale prerogativa, lo facevano non già di loro piena autorità, ma sibbene come mandatari del proprio re, o come suoi rappresentanti. Impegnatasi discussione su questo oggetto, vi presero parte il presidente, il cav. Cibrario ed altri. Nell’adunanza del 49, che veniva onorata della presenza del Presidente generale, il presidente della sezione mostrava un ritratto in litografia di Cristoforo Colombo, inviato alla sezione dal Jomard di Parigi, il quale trovò il dipinto originale in Vicenza, ed un opuscolo dello stesso autore, col quale vuole provare essere questo il più genuino ed antico ritratto da scegliersi a modello per la statua del monumento da innalzarsi in Genova a Colombo. Dopo qualche discussione venne nominata una commissione per occuparsi di siffatto esame, composta del conte Pinelli, conte Vacari, march. V. Serra, Beaulicu, principe di Belmonte e Reta. L’abate Angius leggeva quindi una memoria intorno ai nuraghi sardi, in cui intendeva di rigettare le opinioni, a suo credere, poco fondate di chi voleali supporre destinati all’uso di castelli, specole o sepolcri -, egli congetturava piuttosto che fossero edifizi religiosi consacrati al culto degli astri. Il prof. Orioli desumeva, in contrario di quanto espose l’Angius, che essi siano sepolcri, e con lui conveniva anche il Fiorelli j ma il generale La Marmora diceva che per quanto egli abbia con diligenza studiato i nuraghi, non era ancora riuscito a comprenderne con certezza l’uso. L’abate Bellani presentava alcune fibule di bronzo ritrovate presso Como, ed un singolare arnese d’argento, di cui cercava stabilire l’epoca e la destinazione. Il vice-presidente Fiorelli dubitava dell’autenticità di tale oggetto, il quale, se mai fosse vero, non sarebbe più antico del 4500. L’Orioli, non pronunziando sull’epoca, rifiutava affatto l’autenticità, ed opinava servisse a qualche medico oculario od auriculario. Il cav. Cibrario richiamava la discussione sull’ epoca cui potesse attribuirsi, e vi partecipavano anche l’Orioli, il presidente ed il principe di Belmonte. Il Rosnati c Cesare Cantù parlarono del luogo ove dicesi essere stato ritrovato l’oggetto in quistione. Il Jullien discorreva in fine del soggiorno dei Saracini nella provincia di Savoia, e della loro venuta dal mezzodi della Francia, spiegava l’origine dei Frassineti, e le vicende dei Saracini debellati da Corrado, re della Borgogna. II march. Centurione dava alcune notizie sui diversi Frassineti d’Italia e di Francia e delle sedi saracine in Piemonte, cui il Cibrario soggiungeva, nulla di certo potersi dire sui Frassineti, ma un nido di quelli Arabi aver esistito presso Monaco. Dopo qualche discussione su questo soggetto, il conte Pinchi,ed il Cibrario citarono alcuni documenti storici sui Saracini di quel- F epoca. Aperta la seduta del giorno 21, io domandava che fosse invitato il prev. Amati a leggere la sua memoria risguardante il suo viaggio in Africa, e principalmente il pesce trovato nella caldissim’ acqua di Hammam-Memskoutin, avanti alla sezione di Zoologia, Anatomia comparala e Fisiologia, importando moltissimo che questa sezione prendesse in esame le notizie relative al detto pesce. L’Amati dichiaravasi disposto ad assecondare il mio desiderio, e la sezione acconsentiva alla mia domanda (i). • Il De Caumont, fondatore dei Congressi Scientifici di Francia, offriva alla sezione la statistica monumentale del dipar- (1) Vengasi la sezione di Zoologia, Anatomia comparata e Fisiologia nel volume I, pag. 22 e seg. timento di Calvados, ed esponeva il diligente sistema tenuto nella pubblicazione dell’opera, che proponeva a modello di altre che potessero essere fatte in Italia. Il cav. Cesare Cantò ne lodava l’esempio. Il principe di Canino offriva alla sezione i disegni d’un carro etrusco ornato di bronzo, rinvenuto nelle sue terre di Canino presso l’antica Vetulonia, e comunicava che la principessa vedova di Canino, sua illustre genitrice, ha ritrovato un grande sarcofago d’alabastro trasparente con fregi e lettere etrusche, avente sul coperchio due figure umane. II prof. Orioli ricordava i ricchi scavamenti di Tarquinia, di Yulci e di Cere, e fra gli altri carri etruschi, specialmente quello rinvenuto presso il Trasimeno, ornato d’oro e d’argento, e £on- chiudeva dicendo che questo di recente scoperto avrà potuto servire in guerra a nobile guerriero colà sepolto. Il generale la Marmora mostrava in questa adunanza i modelli di alcune terre cotte trovate in Sardegna, che rappresentano Cerere, ed il disegno d’un gruppo di bronzo forse fenicio, eh’ egli spiegava per un soggetto cosmogonico relativo allo sviluppo dei principii creatori dell’ uovo dell’ universo, e confermava questa opinione con disegni d’altri monumenti scoperti pure in Sardegna. L’Orioli in questa occasione ricordava quanto è noto sulle antiche credenze della creazione del mondo. • Il cav. Cibrario comunicava una lettera dell’ abate Auger sull’ esistenza d’un archivio storico diplomatico nel castello del barone di Viry in Savoia, quindi leggeva il seguito della dotta memoria del conte Graoberg sui progressi della geografia , in cui si è fatta onorevole menzione dei lavori di Leo- poldo Pilla sulla ricchezza minerale della Toscana, del cav. P. Savi sulla geologica costituzione dei monti pisani, del dott. Salvagnoli sulle maremme toscane, non che di altri lavori topografici eseguiti a Vienna dall’ingegnere Marieni, a Pisa dal Piazzini ed a Napoli dal Fergola. Dopo di ciò il presidente presentava alla sezione la carta geografica del Marocco, opera e dono del conte Graoberg. Letta infine una memoria dal Falconi sulle rovine della chiesa di San Pietro in Portovenere distrutta ai tempi di Alfonso I d’Aragona, il vice-presidente Fiorelli sottometteva il programma della pubblicazione degli Scoliasti greci ad una commissione composta d’Orioli, del principe di Belmonte, Capei, Grassi, Bona e Fiorelli redattore. Apertasi la seduta del giorno 22, e letto il processo verbale, il De Caumont aggiungeva alcune cose sulle statistiche monumentali, che desidererebbe venissero promosse dai Congressi in Italia. Quindi l’avv. Alizeri proponeva una nuova gita archeologica, ed accennava alcuni dei principali monumenti da visitarsi in Genova. Il presidente dopo di ciò faceva noto alla sezione come le carte dell’ archivio degli antichi conti di Provenza prima esistenti presso la Camera dei Conti in Aix, poi trasportate a Marsiglia ai tempi di Carlo V, e quindi credute disperse, si trovino oggi nel palazzo civico di Aix. Tale notizia devesi al march, di Jessé Charleval, membro del Congresso Scientifico. Quanto quell’ archivio possa interessare per la storia d’Italia, lo n ostro con erudito discorso il cav. Cibrario. Il prof. Orioli, dopo nuovi studii fatti sul chiodo magico I posseduto dal cav. Tempie, confermava la spiegazione data nel Congresso di Napoli., e fattane trascrivere l’epigrafe sopra tavola esposta alla sezione, ha ragionato sul modo ch’egli trovò per interpretarla. Lo stesso presentava alla sezione un amuleto di bronzo degli scavi di Corfù, che forse come il chiodo suddetto si riferisce all’ arte magica. Il Cibrario ed il padre Giuliani esponevano probabili congetture per l’interpretazione di alcune parole. Il conte Vimercati Sozzi presentava alla sezione due nuove monete inedite di Pavia, e tre altre della città di Como, finora ignote, dando apposita illustrazione. Quell’adunata era chiusa colla lettura d’un’erudita memoria di G. B. Raggio sui limiti ed il territorio del dominio di Genova nel 4143. Dal prefato si faceva emenda d’un diploma riguardante la moneta genovese con data del 4109, ch’egli invece attribuiva al 4479. La commissione che doveva formare il programma dei quesiti di geografia ed archeologia era composta del cav. Adriano Balbi, Monsignore Muzzarelli, cav. Luigi Provana, Giovanni Code- mo, conte L. Sauli ed abate L. Grassi relatore. L’adunanza del giorno 23 aprivasi con un discorso del presidente sui preziosi monumenti scritti di storia patria che esistono in buon numero ed assai ben conservati nelle varie biblioteche di Genova; sul qual proposito l’abate G. B. Raggio ricordava P amplissima raccolta d’iscrizioni genovesi fatta dal Piaggio. Il padre Giuliani pronunziava quindi un applaudito discorso sopra un nuovo comento di Dante eh’ egli intende di produrre per servire a più ragionata interpretazione della Divina Commedia, argomento ch’egli tratta solo dal Iato archeologico. II padre Giuliani mostrava con molta erudizione e svelando le fallacie degli antichi comenti, che Dante non può spiegarsi senza la cognizione di tutte le sue opere e degli autori su cui studiò, c conchiudeva che Dante solamente potrà spiegarsi con Dante (-1). Parlandosi dei cementatori di Dante, il Vimercati-Sozzi accennava un altro simil comento del Picei di Brescia; ma il Giuliani non concordava nella massima nè con questi, nè con altri cementatori. In questa dotta discussione sorgeva il generale Della Marmora dicendo non competere alla sezione di Geografia ed Archeologia l’occuparsi di tali materie, ch’egli considerava contrarie allo spirito del regolamento. Alle ragioni del generale opponeva il duca d’Altemps come Dante appartenga al- l’alta filologia qual grande monumento nazionale ed archeologico per sentenza dell’ accademia di Roma. Al voto del prefato duca unendosi una ragguardevole maggioranza della sezione, si stabiliva che le letture fossero proseguite nell’ ordine stabilito. Dopo di ciò il conte Crotti parlò dei sepolcri egiziani, in molti dei quali egli crede che siano nascosti dei tesori; ed espresse alcune sue opinioni sulle cause per cui produce- vasi il suono del colosso di Memnone, che perciò veniva detto vocale. II cav. Cibrario, in nome del conte Graoberg, continuò la lettura del sunto degli ultimi progressi della geografia, in cui ha fatto menzione di monumenti scoperti nell’ America settentrionale con iscrizioni e caratteri simili a quelli d’Africa della lingua Amazirga o Berbera ; ed il padre Calvi, missio- (I) Il padre Giuliani C. R. S., che fu per breve tempo lettore di filosofia in Lugano, dove ha lasciato di sè cara memoria e forte desiderio, sta ora pubblicando un’opera su Dante, che giudico della massima importanza, intitolata: Dante spiegalo con Dante. (Nota dell’autore.) 4$ 16 $£> nano, parlò di varie antichità genovesi da lui osservate nella Siria alle falde del Libano, e specialmente di un castello detto kaisariè, che il prof. Ghibellini opinava essere una delle antiche Cesaree. L’adunanza era chiusa colla lettura d’una lettera di Antonio Salvagnoli, che accompagnava due carte geografiche della provincia di Grosseto. Il cav. Adriano Balbi rammentava nella tornata del giorno 24 il progetto d’una società geografica già proposto in Napoli; cui il Gandolfi soggiungeva essere questo un tema da riproporsi alla sezione nell’ ottavo Congresso. Anche il De Luca scriveva alla sezione le sue opinioni sulla creazione di una simile instituzione. Il vice-presidente Fiorelli, offrendo il primo fascicolo de’ suoi Annali di Numismatica, invitava in questa tornata i cultori di tale scienza ad unirsi eoa lui per tutto ciò che potrebbe rieseire utile c nuovo alla formazione di quest’ opera periodica. Leggeva in seguito il Canale alcuni cenni sull’ antica moneta di Genova, ed inclinava a mantenere l’epoca del diploma del 1109, contro l’opinione manifestata dall’abate Raggio, .l'ale memoria ha dato motivo a qualche discussione; dopo la quale il Perifano cercava di spiegare le condizioni del reame di Puglia e Sicilia ai tempi del re Ruggiero I ; il Cibrario dava una illustrazione del pallio o velo figurato che si conserva nel palazzo civico di Genova, e che crede del 1277; il marchese Adorno presentava e dichiarava i tipi di tre monete d’argento genovesi sinora inedite ; e l’abate Angius ragionava con argomenti contrari alle opinioni finora emesse dai geografi intorno alla verace situazione dell’ antica città di Tibula in Sardegna. Sul finire dell’ adunanza Francesco Im- periate mostrava uu ritratto ili Aristotile in bronco a basso rilievo, vestito con tonaca e beretto, della misura di 53 centimetri per 18 -, e si proseguiva la lettura dei sunti geografici del conte Graoberg intorno all’ Asia e la Turchia Asiatica, in cui erano accennati anche gli ultimi scritti riguardanti quelle contrade. Nella tornata del 25, dopo la lettura del processo verbale, aprivasi una discussione tra il generale La Marmora, il quale dava alcune spiegazioni per provare erronea la situazione geografica attribuita nella antecedente seduta all’ antica città di Tibula, lasciando anche deposti innanzi alla sezione i documenti da consultarsi, e l’abate Angius, che ritornava col suo discorso sugli argomenti atti a confermare la sua opinione che Tibula e Longone fossero tra loro distanti. In questa seduta, che fu sicuramente una delle più importanti, comechè in essa si discussero cose da cui l’Italia può aspettarsi un gran bene, il cav. Cesare Cantò esponeva col seguente dotto rapporto il risultato di private discussioni avvenute il dì innanzi nella Biblioteca della Università di Genova fra lui, l’ing. Bruschetti, il cav. Mancini, l’ing. GriL lo, l’avv. Vincenzi, march. Ricci, Michele Erede, l’arch. Mosca, il conte Sauli, Canevari, Carfora, Sanguinetti, Busacca, dott. Lurati, i fratelli Cini ed altri sulle strade ferrate d’Italia c la direzione da darvisi. RAPPORTO. « Vi sono alcune idee le quali dapprima non incontrano che il disprezzoj il disprezzo per fino degli spiriti leali, ma angusti, pei quali il passato è l’unica misura dell’avvenire. II 2 Da poi soltenlra un arcano sgomento, e si procura o seppellirle col silenzio, od opprimerle colla calunnia. Che importa? se esse sono vitali, crescono, giganteggiano; ben tosto si presentano da per tutto inevitabili; c il vilipendio degli uni e lo spavento degli altri son vinti dall’ entusiasmo dei più. « Tal è la questione, o piuttosto lo quistioni che si attaccano a quella che oggi veniamo a presentarvi, quella cioè delle strade ferrate. Essa appartiene a diverse sezioni del Congresso; alla Fisica po’ suoi strumenti, alla Tecnologia per la sua amministrazione, alla Geografia per le sue direzioni, a tutte poi per la suprema importanza clic ha nel presente e nell’ avvenire. « Perciò fra alcuni membri di questi comizi della scienza italiana, in quelle privato conferenze, elio ne sono forse la maggioro utilità, studiammo il problema delle strade ferrate .italiane, finche ci parve di poter venire ad invocare intorno ad esso i lumi di questa sezione, sviluppati nella discussione, ben più opportuna che non il soliloquio dei libri. Non appena fu essa tolta alle ambagi di alcuni speculatori, persone di alto -merito e di lealissime intenzioni hanno agitata questa materia, gli uni studiando parzialmente un terreno, gli altri estendendo la vista a tutto il bel paese. Noi li veneriamo e dei loro .studii facciamo senno : ma ci parve che sovente cadessero in angustie di municipalismo. Tale.sentimento noi rispettiamo come rivelazione di quella virtù che diede due volte la grandezza all’Italia, e che sempre ne impedì l’estrema decadenza: pubblicata in Genova nel 1840, dal qual lavoro risulterebbe essere egli in grado di dimostrare l’insussistenza delle conclusioni del Ruffini sulla non risolvibilità delle equazioni algebriche letterali di grado superiore al 4.°. Terminata questa applaudita comunicazione, il prof. Vismara esternava il desiderio a nome suo e di alcuni fisici, che non poterono assistere alle esperienze del- T Iest, che il presidente ne ottenesse la ripetizione. Il prof. Ma- iocchi terminava la lettura della sua memoria intorno all’origine della corrente voltaica, le cui conclusioni tendono a stabilire essere necessario per lo sviluppo della corrente voltaica l’intervento di due forze, cioè 1’elettro-chimica e l’elettromotrice del Volta, che egli riguarda come una forza induttiva ed impellente. Il prof. Orioli, in anticipazione dell’ esame speciale che doveva esser fatto dalla commissione intorno alle esperienze rammentate in detta memoria, ricordò come nei Congressi di Milano e di Napoli aveva introdotto come necessario elemento una forza induttrice della spiegazione deila pila elementare e della pila composta; ma che non ammetteva la maniera d’intervento delle due forze anzidetle quale è sostenuta dal prof. Malocchi, sperando bensì che dopo una amichevole discussione in seno alla commissione avrebbero potuto convenire in una medesima teoria. Nel giorno 22 sorgeva il prof. Maiocchi ad esporre in che precisamente consista la differenza fra la sua teoria della corrente voltaica e quella dal prof. Orioli svolta nei Congressi di Milano e di Napoli, facendo specialmente sentire come egli non ammetta il fatto fondamentale di quest’ultima, clic cioè lo zinco sia più elettro positivo dell’ idrogeno. A ciò rispondeva il prof. Orioli che la elettro-positività o la elettro-negatività relativa dei corpi non è costante, ma che può variare per mille circostanze. Seguita la discussione, interveniva il cav. Botto riepilogando i principii della teoria chimica della pila nella sua ben nota maniera di ravvisarli e di sostenerli. Prendeva la parola l’ing. Rossetti per stabilire rispetto alla comunicazione fatta a nome del Gonella nella antecedente adunanza, che la priorità dell’invenzione di quel sistema di rimorchiatore spetta al De Cristoforis, quella della pubblicazione al Brambilla, quella del calcolo all’ing. Arrivabene, e finalmente quella dell’ esperienza al suddetto Gonella. Dopo ciò si comunicarono i libri presentati alla sezione, e venendo alle considerazioni del cav. prof. Mossotti Sulle forze di capillarità e di coesione dei liquidi relative alle recenti esperienze dei signori Henry, Donny ed Haggcr, articolo estratto dal Cimento, fascicoli di settembre ed ottobre 1846, l’autore medesimo esponeva un’analisi del suo scritto tendente a togliere nozioni molto erronee sulla coesione dei liquidi mantenute tuttora nei libri di fisica, accennando come le esperienze dei citati autori, che contrastano colle suddette nozioni, portino a risultati che discendono dai principii che ha adottati nel suo Corso di fisica, e sviluppati nel suddetto articolo. Moveva in fine un dubbio sulla esattezza delle forinole idrauliche, derivante dalla omissione delle forze di coesione nello stabilirle. Oltre i fatti esibiti dal cav. Mossotti, ne veniva ricordato uno analogo dal prof. Vismara. Dopo una breve discussione fra il prof. Mossotti ed il prof. Mcnabrea sulla differenza tra i modi di intendere la costituzione molecolare dei corpi degli altri geometri e del prof. Mossotti, ebbe luogo una discussione fra esso ed il dott. Piola, il quale dava un cenno dei principii co’ quali ritiene di avere ovviato all’ultima difficoltà affacciata dal prof. Mossotti, svolti in una memoria che era allora in corso di pubblicazione negli atti della Società Italiana. Sorgeva poscia ring. Potenti, e presentando la sua carta già annunziata sulle comunicazioni a vapore, ne dava la descrizione, facendone brevemente rilevare gli usi e l’importanza, che, come attestò il march, de Jessé-Charleval, fu riconosciuta da una commissione nel Congresso di Marsiglia. Questo lavoro promoveva le lodi dell’ ing. Michela. In seguito il barone d’Hombres-Firmas esponeva le sue idee in estensione c modificazione del piano di associazioni dei fisici per le osservazioni meteorologiche qual venne promosso dal cav. Antinori. Per ultimo il barone De Ferrari sviluppava i suoi principii e le applicazioni del sistema dodicesimale. Arila seduta del giorno 23, dopo approvato il processo verbale, il prof. Maiocchi, senza reclamare su di esso, chiedeva che fosse considerato come facente parte del processo verbale precedente quanto segue: « Il prof. Maiocchi fa osservare, come risulta dalla nota inserita per intero nel processo verbale, che il suo lavoro, accompagnato da esperienze e da fatti, non ha a che fare, nè ha alcuna analogia colle idee emesse al Congresso di Milano dal prof. Orioli, e ripetute a quello di Napoli ». Si lesse indi una lettera dell’ intendente Milanesio al presidente, in cui faceva noto che la Presidenza generale del Con- presso ha annuito alla sua proposta tii cedere a beneficio dei danneggiati dal terremoto in Toscana e degli Asili infantili di Genova il profitto che si ricaverà dalla vendita del Prospetto allegorico emblematico-simbolico dell’ottavo Congresso Scientifico Italiano. Il presidente faceva in seguito conoscere i professori di fisica da lui prescelti a costituire la commissione che doveva concertarsi col prof. Orioli, e sotto la presidenza del medesimo per la redazione, dallo stesso Orioli proposta, di un nuovo corso di fisica. Essi sono : nel regno di Napoli i prof. Melloni e Palmieri; negli Stali Romani i prof. Gherardi e Pian- ciani; negli Stati di Toscana i prof. Mossotti, Matteucci, Amici, Paccinotti ed Antinori; negli Stati Estensi il prof. Marianini; nello Stato di Parma il prof. Cassiani; negli Stati Sardi i prof. Botto e Bancalari; nel regno Lombardo-Veneto i prof. Belli, Perego, Maiocchi, Magrini, Zantedeschi e can. Bcllani. Il prof. Maiocchi esponeva il fatto della smagnetizzazione di un ago calamitato, ch’egli crede derivare dai movimenti sussultorii sofferti in viaggio, essendo forse disposto l’ago in direzione normale a quella per cui P azione del magnetismo terrestre avrebbe anzi favorito lo stato magnetico di esso. Il presidente osservava che forse a questa causa devesi aggiungere la poca tempra dell’ago. L’ing. Potenti esprimeva il desiderio che i lavori che si riferiscono alla scienza dell’ingegnere vengano presentati alla sezione di Fisica e Matematica, e non ad altra. Dopo di ciò i professori Orioli e Maiocchi discutevano insieme i principii delle loro teorie sulla corrente voltaica, riportandosi per la decisione ad un più maturo e circostanziato esame di quella del prof. Maiocchi da farsi in seno della commissione. Il cav. prof. Marianini lesse il compendio di una memoria inedita sopra l’azione magnetizzante della scarica elettrica, nella quale si tratta dell’influenza che ha sulle magnetizzazioni il conduttore per cui deve passare l’elettricità nel circolare attorno al ferro soggetto alla magnetizzazione. Prendeva la parola l’ing. Potenti, il quale cominciò dal ringraziare a nome dei Toscani il Milesio per il dono succi* tato a beneficio dei danneggiati dal terremoto in Toscana ; indi lesse parte di una sua memoria tendente a dimostrare il maximum di sicurezza di forza, di velocità e di economia delle migliori locomotive di già in uso, c ciò per facilitare un confronto con tutti i nuovi sistemi di motori oggidì in predicato. Nell’ adunanza del giorno 24 il prof. Maiocehi comunicava una sua particolare disposizione applicabile ad ogni pila per neutralizzare l’ossigeno che si reca al polo positivo, e ciò in correlazione ai fatti raccolti nella sua memoria più volte citata. Questo trovato promoveva alcune osservazioni da parte del cav. Bollo, la cui risposta si riportò dal prof. Maiocehi alla discussione di detta memoria. Il can. Cecconi parlò in seguito d’ una sua invenzione d’un mulino a vento ad albero verticale consistente nell’applicare all’albero medesimo due sode antenne orizzontali e fra loro normali munite all'estremità di vele a valvola che si aprono in versi opposti e mediante un opportuno meccanismo più o meno secondo li forza del vento. Siffatta comunicazione promosse breve discussione fra l’autore dell’invenzione e diversi membri della sezione; dopo la (piale l’ing. Bruschetti facevasi a leggere il rapporto delia commissione nominata nel Congresso di Napoli sulle acque d’irrigazione della Lombardia. 4$ 6o Questo rapporto, latto a nome del conte Faustino Sanse- verino, ing. Anastasio Calvi, ing. Francesco Brioschi, ing. Giuseppe Bruschetti, prescinde dalla legislazione delle acque in generale, su cui doveva riferirsi alla sezione di Agronomia e Tecnologia. Sulle conclusioni di tale rapporto fecero alcune osservazioni i prof. Malocchi ed Amici, ai quali venne risposto dal relatore ing. Bruschetti. Per ultimo il cav. Botto rammentò con parole di lode che il Colladon stava eseguendo, mediante i possenti apparati fatti costruire dalla città di Genova in occasione del presente Congresso, esperienze sulle vibrazioni di corde metalliche sotto la doppia influenza dell’ elettricità e del magnetismo. Indi, riprendendo le sue considerazioni accennate in principio sulla pila del prof. Maiocchi, proponeva due esperimenti che egli asserì dover rimuovere ogni dubbio circa il modo d’agire di detta pila : la discussione che si agitava in proposito tra esso e il prof. Maiocchi ne era troncata dall’ ora già trascorsa per l’adunanza e rimessa dal presidente alla commissione (I). (I) Per riparare ad una involontaria omissione non devo trascurare di far conoscere con apposita nota gli argomenti o quesiti proposti alla sezione di Fisica e Matematica dei Congressi anteriori, già discussi in parte, o tramandatijndiscusst a questa sezione nel Congresso di Genova. QUESITI PROPOSTI NEL CONGRESSO DI LUCCA. (Adunanza del 21 e 29 settembre 1843). •l.° Intorno alle cause cui si possono attribuire le esplosioni dello macchine a vapore, e dei mezzi di evitare queste ultime. 2.° Quali sono i sistemi di apparecchi voltaici che in rapporto della forza, della spesa, della regolarità devono essere impiegati per rendere utili ai diversi rami dell’industria le proprietà delle correnti elettriche. II o Il Bonafoux di Torino, nella tornata del 25, comunicava una lettera chiedendo di esaminare se nell’ opera di Antonio Cella, stampata in Roma nell’anno 4686, col titolo: Descrizione d'un nuovo metodo di trasportare qualsiasi figura disegnata in carta mediante i raggi solari , si trovi cosa che 3. ° Dell’elettricità atmosferica, ed in particolare della folgore. Certe sostanze metalliche non prendono talvolta parte importante alla produzione di tale fenomeno? 4. ° Indicare i mezzi di misurare con precisione la velocità dei venti in tutte le direzioni. 5. ° Quali sono i vantaggi relativi dei diversi sistemi idraulici impiegati finora. 6. ° Sviluppare i vantaggi teorici che possono presentare le macchine a vapore rotatorie. 7. ° Esame comparativo dei processi che hanno per iscopo la preparazione e l’uso del gas illuminante. 8. ° I vegetali legnosi o erbacei hanno essi temperatura propria durante le diverse stagioni dell’anno? 9. ° Le osservazioni meteorologiche fatte da gran tempo in un gran numero di luoghi hanno esse venduto qualche servizio all’ a- gricoltura, alle arti, ece.? Per qual mezzo potrebbesi accrescere la loro utilità? 40.° Quali osservazioni possono farsi sulle diverse disposizioni molecolari proposte dai fisici e chimici. 11. 0 Si danno sostanze isomeriche? Indicare le cause che produrrebbero l’isomeria. 12. 0 Delle aurore boreali. 13. ° Origine delle due elettricità statica e dinamica, e quali sono gli apparati più convenienti per mostrar separate le diverse sorgenti dell’elettricità. 14. ° Relazioni e differenze che esistono fra le due elettricità statica e dinamica, ed apparati che servono a convertire l’una nel- T altra. Io. 0 Strumenti che servono a misurare l’intensità della luce rilevati dalle sue differenti proprietà e messi d’accordo fra loro. (Nota dell’ autore.) si riferisca a qualche processo analogo a quello di Dagherre. In seguito il can. Bellanì leggeva alcune sue considerazioni igroscopiche sulla stagionatura della seta, nelle quali, fatti rilevare alcuni inconvenienti che tuttavia si riscontrano nel- * l’attuale metodo di stagionatura a disseccamento assoluto, esponeva le ragioni che lo porterebbero a preferire il metodo inverso della massima umidità. Indicava il modo e le cautele con cui si potrebbe ciò eseguire, terminando con avvertire che non pretendeva egli che si dovesse questo metodo sostituire a quello già in uso, ma che lo proponeva solo come metodo facile di verificazione. Il prof. Elice faceva un esperimento che si riferisce alla comunicazione del moto, intorno al quale disse qualche parola il Durand. Il prof. Osenga, latta rilevare la non conformità dei risultati delle esperienze con quelli dedotti dalle forinole conosciute intorno alla resistenza dei piani che si movono obbli- quamente entro fluidi indefiniti, proponeva una sua forinola, che egli disse dedotta dall’ esperienza e conducente meglio al- l’uopo. Il prof. Chiò offrì un cenno di una sua memoria rivolta a stabilire una nuova forinola per esprimere una funzione arbitraria sotto forma d’integrale definito doppio. Indicati brevemente i punti principali della dimostrazione di detta for- mola, l’autore passò a mostrare col mezzo di esempi come dessa sia applicabile non solo per ritrovare i valori di alcuni integrali noti, ma eziandio a determinare quelli di integrali non ancora conosciuti. Indi il prof. Viani espose una sua modificazione ai processi di galvano-plastica, colla quale si facilita l’operazione e si può estendere ad oggetti di considerevole dimensione e di forme intricale. Finalmente il Code fece conoscere un fenomeno di relazione tra il magnetismo e la luce risultante da un esperimento semplicissimo da lui insti- tuito, che il presidente invitò a ripetere nell’ adunanza del di vegnente. Il Durand volle attribuirsi la medesima osservazione. Nel giorno 26 il presidente annunziò alla sezione che essendosi recato nel gabinetto di fisica,, cercò di ripetere l’esperimento per produrre il fenomeno., la di cui scoperta era stata annunziata dal Code, seguendo le norme dallo stesso indicate, ma che non ottenne l’effetto dichiarato. Si invitò il Codé a rifare egli stesso l’esperimento, ma aneli’esso non ottenne di più di quello che il presidente aveva ottenuto. Intorno a ciò faceva osservare il prof. Orioli che forse il Codé sarà stato tratto in errore da una illusione ottica, giacche per la conducibilità del metallo, la presenza della calamita, raffreddando la fiamma, rendeva imperfetta la combustione, e quindi doveva allungarsi la colonna di fumo con perdita nella intensità della luce. Il presidente dichiarava che tale appunto fu 1’ apparenza che si scorse, ed avere egli stesso fatta la medesima osservazione al Codé; ed a conferma di ciò l’Elice diceva avere anch’egli ripetuto l’esperienza con caiamite a ferro di cavallo, con sbarre calamitale e con semplici sbarre metalliche, ed avere sempre ottenuto il semplice fenomeno osservalo dal presidente. Sorgeva poscia il prof. Orioli a dire un discorso che intendeva dovesse valere come di prefazione alla discussione da farsi sulle esperienze del prof. Maiocchi. Cominciava a combattere il disfavore in cui da taluni si hanno le ipotesi, ossee- vando che il rigettarle sarebbe un distrugger gran parte della fisica., quale almeno è adesso costituita. Quindi partendo dai principii noti dell’induzione elettrica, dell’azione chimica, e del legame tra l’elettricità e l’affinità, se ne serviva, secondo le leggi della scienza, per stabilire la sua dottrina della pila. Al quale rispondeva il prof. Malocchi non credere egli precisamente che si possano confondere le ipotesi e le congetture colle teoriche dedotte da un cumulo di fatti. Comprovando questo asserto con alcuni esempi, conchiudeva che l’ipotesi del suo valente oppositore sull’origine della elettricità voltaica, quando non venisse comprovata in tutte le sue diverse circostanze, dovrà sempre ritenersi come una ipotesi sull’ u- nico fatto che cercò di spicgare.il vice-presidente cav. Mossotti esponeva in seguito in una sua memoria già presentata alla Società Italiana i risultati ottenuti nella soluzione del problema: Determinare quale sia l’influenza che la maniera di considerare l’azione dei corpi dielettrici di Faraday può avere sulle leggi della distribuzione delle elettricità alla superficie dei corpi elettrici o conduttori. Tradotta in espressione analitica l’azione del corpo dielettrico, giovandosi dell’analisi che il celebre Poisson aveva già impiegato trattando la teoria del magnetismo secondo l’ipotesi del Coulomb, la quale ha una perfetta analogia con quella di una induzione molecolare, e stabilite colla scorta di questa analisi le equazioni fondamentali dell’ equilibrio elettrico, T autore le trattò in guisa, che ne emersero tre teoremi generali che mettono in piena luce il modo di operare dell’azione del corpo dielettrico. Fatta quindi avvertire la concordanza fra le vedute del Faraday e quelle adottate dall’autore nella sua memoria, chiudeva osservando clic forse gli effetti di polarisazione di un raggio luminoso sotto l’influenza del magnetismo sono dovuti ad una alterazione di forma nelle atmosfere eteree delle molecole del corpo diafano. Terminata questa memoria il dolt. Piola dirigeva all’ autore la dimanda se egli abbia trovato nella sua analisi la spiegazione del fatto osservato dal Faraday nei corpi coibenti circa la forza variabile dall’uno all’altro colla quale essi trasmettono l’induzione. 11 Mossolti rispondeva che ciascun corpo ha una sua induzione specifica. Parlarono su questo argomento l’autore ed il prof. Malocchi. Dopo di che si sciolse l’adunanza. Nella seduta del 28 il vice-presidente cav. Mossotti annunziava con cordoglio alla sezione che il presidente cav. Amici, per disgraziata circostanza domestica, ha dovuto repentinamente allontanarsi dal Congresso; quindi, fatti per parte dello stesso i ringraziamenti ed i saluti di congedo alla sezione, assunse egli in ordine di carica a presiedere l’adunanza. Data quindi comunicazione d’una lettera del prof. Zantedeschi intorno ad alcune leggi da esso scoperte sulla polarisazione della luce lunare, si leggeva dal relatore prof. Belli il rapporto della commissione destinata a discutere le esperienze del prof. Maiocchi, nel quale egli conchiudeva dicendo, che sebbene questa discussione non valesse a mettere d’accordo le opinioni dei due partiti, cioè del sostenitore della teoria delle due forze e dei sostenitori della teoria elettro-chimica, tuttavia ha servito a far sì che ciascuno potesse valutare meglio le ragioni avversarie per farle soggetto di un esame più ponderato, e perchè possano più proficuamente essere discusse in memorie scritte. Parlarono ancora su questo argomento il cav. Botto od il prof. Malocchi, coll’aggiunta di qualche parola del prof. Orioli. Si lesse in seguito dal relatore ing. Grillo il rapporto della commissione istituita per l’esame delle memorie presentate al concorso per il premio proposto dal march Pallavicino, dal quale risulta che le medesime non avendo soddisfatto alle condizioni del quesito, nessuna è riputata meritevole del premio suddetto. Terminava il rapporto della commissione col- Pavvertire alla convenienza che venisse più specificatamente interpretato il quesito proposto pel premio suddetto. Discorrevano su questo argomento i! cav. Mossotti, ing. Merlini ed ing. Potenti. Poscia Ting. Merlino parlava di un cannone da bersaglio da lui inventato che si carica per la culatta con palle di piombo. Questa comunicazione dava motivo al capitano Menabrea di far conoscere alla sezione un altro pezzo di artiglieria inventato dal Cavalli che si carica pure per la culatta, e la cui costruzione è tale, che pare soddisfi a tutte le condizioni del problema. Leggeva il cav. prof. Marianini alcuni cenni d’una sua memoria intorno all’influenza che sulla azione magnetizzante della scarica leido-elettrica esercita il ferro da essa stessa magnetizzato ; il che tende a stabilire una perfetta analogia fra le correnti istantanee e le continue. Il capitano Menabrea faceva avvertire il fatto finora inosservato intorno alle oscillazioni isocrone di alcuni punti di un filo sospeso ad un estremo, e la cui direzione passi per i centri di gravità di parecchie sfere materiali attaccate ad esso e facenti oscillazioni necessariamente non isocrone intorno alla verticale passante per le posizioni di equilibrio. Il cav. Botto faceva conoscere alia sezione che alcuni fisici misero con lui a profitto gli apparati fatti costruire dalla città di Genova in occasioni di questo Congresso, verificando tra loro le esperienze del Faraday. Si dava in seguito lettura di una memoria sul taglio del- l’Istmo di Suez del Carandini, presentata dal cav. Marianini. Dopo di che il dott. Piola faceva una mozione per ringraziare i membri della presidenza per l’opera prestata nella direzione delle adunanze c nella redazione degli atti rispettivi. Finalmente il vice-presidente cav. Mossolti, dopo avere nominata, dietro dimanda del prof. Grillo, la commissione composta del can. Angelo Bellani, can. Giorgio Carrel, dott. Gatta d’Ivrea incaricato di visitare l’Osservatorio Meteorologico di questa Università, e riferirne il rapporto al futuro Congresso di Venezia, con cordiale discorso si congedava dal- l’adunanza. Il barone d’Ombres-Firmas porse parole di ringraziamento a nome dei suoi connazionali, a cui si aggiunsero quelle del prof. Orioli interprete dei sentimenti della sezione verso la città di Genova che con tanta cortesia accolse i dotti italiani. RAPPORTO SUI LAVORI DELLA SEZIONE DI FISICA E MATEMATICA DSIì ( R®U alle quali il dott. Biasoletto aggiunse pure i Ferbascum. Rispondeva il prof. Parlatore forse non servire queste osservazioni a provar l’ibridismo, del quale interessante argomento si occuperebbe, aggirandosi su di esso il quesito se le specie viventi siano le stesse di quelle del principio della creazione, o s’abbiano cangiato, nè esser finora evidente succedere l’ibridismo vegetale anche allo stato selvatico; esser bene intanto occuparsene tutti seminando piante credute ibride. Per tali esperienze il prof. Moris propose le grandi varietà di Pe- largoniumj assentivano il presidente, i professori Giuseppe Bertoloni e Moretti, il quale, citando le teorie del Galesio, aggiunse non potersi dare piante doppie se non fecondate da piante dello stesso genere, od almeno da altra pianta della stessa specie. Quindi il prof. Horaninow dava lettura di uno scritto, in cui, stabilendo essere tutti i corpi primitivi semplicissimi, siano molti corpi organici formati d’una sola cellula, altri di molte disposte a catena, a lamine, a strati, si propone di dare un supplemento della terminologia, limitandosi ad indicare alcuni oggetti di organologia onde soddisfare ai bisogni della prima. Ammettendo la generazione spontanea od equivoca, espose le diverse qualità di cellule talline e propagative. Tallo sarebbe un termine generale per denotare gli organi vegetativi di molte crittogame e polipee; affine di determinare le diverse specie di tessuto organico esser bene distinguere il merenchimaj il parenchima , l’epen- c/iimfl, il presenchima , l’ esenchima di Kutzing, i suoi or- menchima e plochenchima. Nel tallo elerocita oltre Yanfirde- mide distingue l’epilallo o endotallOj tra cui si dispone uno o più strati di mezolallo formali di citemi differenti. Queste innovazioni, ei diceva, darebbero una terminologia botanica più semplice ed uniforme senza aver gl’inconvenienti, l’inutile abbondanza e i difetti in altre notati rispetto ai diversi organi e specialmente ai frutti che distingue in semplici, calieini, molteplici ed aggregati. Sorto il prof. Parlatore, avvertiva che omettendo l’esposta nuova nomenclatura ei vedesse rivivere il sistema filosofico del Carus e le teorie botaniche del Godichaut, solo opporsi ( idea già di grande questione fra Cuvier e GeofTroy Saint-llilaire ) che i corpi organizzati siano formati di vescichette, perchè la loro organizzazione varia secondo la diversa scala; e la teoria, buona per gli esseri inferiori, non reggerebbe pei superiori forniti di tessuti diversi; non potersi per vero concepire esseri organizzati senza esistenza di vescichette, ma non esser vero clic da esse provengano. Si oppose quindi all'idea del prolungamento o schiacciamento delle cellule ed alla questione che la natura non faccia salti, non più sostenibile da che mostrò Cuvier agir la natura mettendo gli organi in relazione tra loro (1). (1) Sulla fatta esposizione delle cose trattate in questa adunanza mi trovo in dovere di far conoscere la seguente rettificazione, a tenore del processso verbale, la quale darà un’idea più giusta e precisa dei lavori e delle cose esposte dai diversi membri della sezione nella tornata del giorno 25. A proposito del pesco-mandorlo presentato dal Ridolfi, il cav. Morìs domandava se i semi ottenuti da quel creduto ibrido siano stati seminali e siano nati. Il prof. Morelli diceva averne veduti di consimili, ma non da lui stesso seminali nè ottenuti. Parlava degli ibridi spontanei nei Cirsium e nelle Cenlauree } e riguardo alla teoria del Gallesio diceva solo che i fiori divenuti doppi per ibridismo si conservano tali. Il prof. Parlatore paragonava gli ibridi animali ai vegetali; sosteneva doversi riguardare la riproduzione costante come carattere distintivo fra le vere specie e gli ibridi, e riferendo la teoria del Seringe, il quale nega la esistenza di ibridi vegetabili sì nello stato selvatico, che di coltura, diceva che, mancando di argomenti sufficienti per dimostrarla, nel primo caso (su di che si propone istituire apposite esperienze) crede non potersela da alcuno negare riguardo alle piante coltivate. Rispondeva poi al prof. Moretti, non essere la scomparsa della Cento urea hybrida carattere sufficiente a riguardarla come sterile, potendo ciò provenire da molte altre cause. Riguardo alla comunicazione del prof. Iloraninow, il prof. Parlatore, trascurando di occuparsi della generazione spontanea e della nuova nomenclatura proposta, si opponeva principalmente alle due idee di detto professore: essere costituiti tutti i corpi organizzati nel modo medesimo, ed esserne unica e continua la serie. Si fonda a questo secondo oggetto principalmente sulla legge di correlazione degli organi, per cui tutte le disposizioni organiche non sono sempre possibili, e sulla esistenza di esseri che riuniscono classi distanti fra loro, come, a modo d'esempio, XJi/a-at/a del Madagascar fra i rosicami ed i quadrumani. (Nota dell’autore.) Il dì 23 non vi fu adunanza, essendosi la sezione portala a visitare il giardino del marchese Durazzo posto allo Zerbino, ed avendo quindi falla una escursione lungo le mura dal detto luogo fino alle Porte Pila. Nel giorno 24 il prof. Parlatore leggeva in nome della commissione il seguente rapporto sullo stato del giardino botanico dell’Università di Genova dalla stessa visitato: « La commissione incaricata di riferire pel giardino botanico di questa II. Università degli studii, dietro di aver visitato questo stabilimento, si reca ad onore di far palese a questa sezione il suo compiacimento per aver ivi trovato talune collezioni ben ricche di piante, tra le quali ricorda quella delle felci come una delle migliori fra i giardini d’Italia. Varie specie rare di altre famiglie di recente introdotte nel giardino, ed altre piante pregevoli per la bellezza degli individui hanno attirata l’attenzione della commissione, che ama tra queste di annoverare la Ravcnala madagascaricnsis , la Damar a auslralis , la Jraiia Irifoliala , YJreca rubra , la 77/- landsia Duratliij la Caraipa gnyanensis, la Zania bifrons e spiralis, ccc. « Per questo i membri della commissione tributano concordi e spontanee iodi all’illustre prof. De Notaris, alle di cui cure è affidata la direzione del giardino, e a cui si deve si pregevol raccolta di belle piante, non che al giardiniere Bucce; però essa non può fare a meno di esprimere il suo vivo desiderio di vedere accresciuto il giardino di nuove serre, attesa la ristrettezza di quelle attuali, per cui c forza in inverno di collocare le piante nei corridori dell’Università, ove per la mancanza della luce e del calore convenienti a tali piante, queste devono in parte almeno perire, e soprattutto di vedere ingrandito l’orto stesso per la coltura delle piante che vivono in piena terra. E con tanta forza essa esterna questo suo voto, in quanto che il cielo ridente di questa incantevole città e le tepide aure delle sue sponde permettono di qui allignare piante di più miti regioni, che non è possibile di poter coltivare a cielo scoperto al giardino botanico di Torino, si distinto per altro in Italia per la copia delle piante da serra e per l’altra delle alpine. La commissione nutre fondata speranza che questo suo desiderio sarà ben accolto da chi meritamente presiede alla istruzione pubblica dello Stato, ed essa sì augura di poter contribuire così a mantenere e ad accrescere, se sia possibile, quella riputazione che per l’abbondanza e bellezza dei fiori e delle frutta giustamente gode nel- l’estero la città regina del Mediterraneo. « Nel chiudere questo rapporto la commissione si crede in dovere di aggiungere ancora un altro suo voto perchè l’erbario del Viviani, che in grazia delle specie autentiche e rare che contiene deve essere di soventi consultato dai botanici, sia collocato in un sito degno dell’ autore che lo formò e della Università Genovese cui esso appartiene. « Firmali: Prof. G. Moretti, prof. Roberto Yisiani e prof. Filippo Parlatore relatore ». Dopo la lettura di questo rapporto il prof. Meneghini presentava alcune osservazioni sulla infiorescenza del tiglio, dalle quali deduce che la gemma laterale da cui proviene quella infiorescenza non è gemella alla fogliare, colla quale si trova collocata sulla medesima ascella, come suppose il Bruner figlio, ma è figlia invece ad essa, cioè appartenente ad una 97 £* > generazione successiva. Insisteva quindi sul fatto dello sviluppo di un asse in precedenza a quello da cui proviene. Coglieva F occasione per esporre alcuni particolari, riguardo ai quali egli crede dover differire dalle idee del Gaudjchaud. Descrivendo lo sviluppo successivo di una gemma qualunque, sosteneva esserne parte principale quella che dal Micheli è denominata filloforo , la quale ha un accrescimento ascendente., e quindi diametralmente opposto a quello delle radici. Questo filloforo per altro, dal quale successivamente provengono tutte le altre parti, restandone immutata solo la midolla, non è a riguardarsi, secondo il Meneghini, come morfologicamente rispondente all’ asse che appartiene parte a parte ai singoli organi fogliari che lo costituiscono. Terminava invitando i professori Ugo Molli e Parlatore a voler entrare nella discussione che appartiene ad argomenti da essi già illustrati. Si riservò il primo a parlarne in altra seduta, ed il secondo, convenendo col Meneghini nelle esposte opinioni, e specialmente nella distinzione necessaria a farsi tra il sistema ascendente ed il discendente, e nella origine delle libre, che non discendono punto, ma si formano successivamente dall’ alto in basso, invitò a particolare esame del caso in cui le fibre radicali divergano, come suol dirsi à patte d’oie. A ciò rispondeva il Meneghini, organizzarsi sempre le fibre in conseguenza allo stabilirsi delle correnti, e descrivendo l’origine e la formazione delle radici, intendeva spiegare la direzione divaricante delle fibre provenienti da quelle radici accessorie. Il Parlatore conveniva col Meneghini in ciò, ed insisteva sulla indipendenza organografica di quelle fibre radicali dalle foglie. II 7 II prof. De Notaris esponeva in seguito un suo Profilo della famiglia degli Isleriacef nel quale, dopo avere narrato la storia del genere Myslerium , e della famiglia quale oggidì si ammetta dai micologi, ne stabiliva i caratteri, e proponeva di dividerla in due sezioni, nelle quali si annoverano i generi seguenti: Sezione prima : Phacosporii, Trìblidium , Pers. sp. Ifysle- rium , Auct. sp. llyslerographium , Cord. sp. Sezione seconda : Hyalosporii , Gloniopsis , D. N. Glouium, Miihler. Jclidium, Fries. Jglographunij Liber. Ostropa_, Fries. Lophium_, Fries. Ilypoderma , I). C. sp, Coccomyces , D. N. Colpornaj Walle. sp. Lophodcrma , Chev. sp. Melanosorus , D. K Questa memoria,* accompagnata dalla indicazione delle specie e dei sinonimi, non che da cinque tavole, fu accolta con plauso dalla sezione, la quale volle che fosse inserita per intiero negli Atti del Congresso. Il prof. Moretti esponeva in fine della tornata alcune osservazioni intorno alla monografia dei gelsi, e particolarmente sulla necessità della seminagione di essi per constatarne la specie; giacché di venti e più specie coltivate di gelsi, pubblicate da diversi autori ed in varie parti d’Europa, egli riconobbe che si riducevano a sole tre specie veramente distinte : Morus alba , nigra c rubra. A dimostrazione di ciò presentava alcune tavole in cui sono figurate le svariatissime forme delle foglie d’una sola specie, il Morus alba. Conchiudeva applicando l’istesso principio anche alla distinzione delle specie di altre piante sì rizocarpiche, che caulocarpiche. Nella tornata del 25 il presidente proponeva alla sezione ili presentare vivi ringraziamenti al prof. De Notaris per l’eccellente sua illustrazione della vegetazione ligustica di cui arricchì la Guida generosamente regalata dalla Città agli Scienziati Italiani convenuti all’ottavo Congresso. Il prof. Parlatore leggeva a nome del prof. Molti una memoria sullo sviluppo della membrana delle cellule. Il prof. Molti si fa a dimostrare che l’otricello primitivo non si forma isolatamente intorno a ciascuno dei nuclei primitivi, ma che bensì l’otricello si introflette in corrispondenza a ciascuno dei nuovi nuclei, e termina per separarsi in altrettanti otricelli distinti, allorché si organizza la parete di sostanza cellulosa differente per la sua natura ternaria da quella quaternaria azotata dell otricello primitivo. Il presidente proponeva che la breve memoria fosse inserita negli Atti del Congresso, e la sezione unanimemente annui. Il prof. Parlatore invitò poscia i colleghi a verificare sì importanti osservazioni. 11 prof. Meneghini rispondeva accordarsi le proprie osservazioni con quelle di Molli, aver anzi riconosciuto quella maniera di moltiplicazione cellulare come caratteristica di un genere di alghe inferiori, Pleurococcus, mentre si ha delle stesse il C'IorococcuSj ove la moltiplicazione delle cellule è quella che descrive lo Schleiden ; e terminava domandando al prof. Moli! se abbia verificato questa formazione di cellule nello sviluppo dell embrione, ove sembra evidente. Il prof. Molli rispose non aver ancora esaminalo sotto questo aspetto lo sviluppo dell embrione. Il prof. Parlatore dimostrò alcune nuove specie di gramigne dell isole di Capo Verde: Peimisetnm mijurus, P unicum hooherij Sporolobus inmlamiSj Eragrotis pulcheìla; e termi- nò dimostrando una nuova avcnacea che crede poter servire di base ad un nuovo genere. Il prof. Moretti domandava schiarimenti sul Panicum zonale del Gussone riguardo alla sua differenza, o conveniienza col Colonum L. Il prof. Parlatore rispondeva aver già avver- tito nella sua Fiora Palermitana il P. zonale non differir dal Colonum che per il leggiero carattere delle foglie macchiate, e credette, dietro l’erbario di Linneo, dover riunire Ite due specie. Terminava dicendo essere stato appunto il prof. Moretti il primo ad avvertil e questa cosa. Il prof. De Notaris coglieva l’occasione, trattandosi di gramigne, per invitare il dolt. Savignone a descrivere una graminacea da lui trovata, che sembra intermedia fra la Jegilops e gli Jgropyrum , e ne indicava i caratteri. Il prof. Parlatore c il dott. Savignone aggiungevano qualche particolare. Il prof. De Notaris esponeva le sue osservazioni sul genere dei Calgciunij mostrando che non solamente esistono in essi veli ascili, ma che anzi da essi ascili e dall’intero apotecio si possono trarre i caratteri a separare i calicii nei seguenti generi, formando la tribù delle Caliciee: Jcolium , Calycium , Sphynlrina 3 Embolus , Cyphelium , CouioeybCj, Schlcrophora. Il Parla presentò i suoi fascicoli dei funghi, ad esaminar i quali il presidente nominò una commissione nei professori Moris, Moretti, De Notaris e Meneghini. Il march. De Jessé-Charleval presentò a nome del Beraud le sue Observalions sur la coloralion en bleu de guelgues espèces de la seclion des melanium du gerire viola. 1846. 11 prof. Bertoloni domandò nozioni intorno alla pianta del Capo chiamata illafuri. Il prof. Parlatore diceva crederla una sapindacea. Il presidente, i professori G. Bertoloni, Moretti e Parlatore aggiungevano altri particolari sul medesimo soggetto. Il cav. Moris espose alcune osservazioni sui laliri, dalle quali deduceva che il L. angulatus dell’ erbario di Linneo per nulla differisca dallo Sphacricus del Retz e Coccincus di Aliioni. Aggiungeva pure illustrazioni intorno al L. clgmenum del detto erbario, che è lo stesso che il L. arliculatus , pur dello stesso erbario; e quindi il L. lenuifolius ed il dimenimi del Des Fontaines non differiscono che per la larghezza delle foglie, e costituiscono una specie (L. tcguifolins) ben distinta dal dimennm L. Il prof. Parlatore accordava tutto il valore alle asserzioni del Moris intorno ai sinonimi che sono spesse volte cosi confusi nelle opere del Linneo per lo stato della scienza di allora. Il prof. cav. Moris dimostrò che il L. silvestris^ Linn. Herb., ed il L. ensifolius di Badarò appartengono alla medesima specie. Il presidente fece pur parola della Fida craccaj ed in ultimo il prof. Moris espose le sue osservazioni sul Lythrum tribracteatum , Salzm., che considera quale specie affatto diversa dal Lhijmifolia dell’ erbario di Linneo. Nel giorno 26 il prof. De Notaris dimostrava le analisi dei caratteri della fruttificazione che servono a distinguere i generi di licheni da lui già pubblicati nel giornale botanico : Ramalina , Buellia , Solorina , Peltigera_, Rocella , Slieta , Ri- casolìa, Divina , Usnea, Hagcnia , dadonia , Sphaeropho- rum , Lecidea ( diviso in due genei’i), Fole aria , Ggalecta , Parmelia ( unendovi parte delle cetrarie e delle evernie, e se- parandone alcuni generi distinti), Ferrucariu ( separandone due nuovi generi ), Perlusaria, Endocarpon, Opegrapha, Graphùj Umbilicaricij Lassatici , ecc. Il prof. Visioni leggeva il rapporto della commissione incaricata ad esaminare la prima teca delle piante secche della Flora Tridentina. Questo sarà inserito negli Atti del Con- gresso. 11 Ridolfi leggeva una sua memoria, nella quale si narrano le esperienze instituite sull’uso dei sali di ferro per guarire le piante affette da clorosi , dalle quali risulta che gli innaffiamenti non solo restituiscono la verdezza alle piante clorotiche, ma impediscono però anche la clorosi delle parli sottratte all’ azione della luce. La comunicazione diede luogo ad alcune osservazioni da parte dei professori Parlatore c Meneghini. Il prof. Parlatore intrattenne in ultimo la sezione sulle cavità esistenti nel tessuto celluloso, che propone di classificare nel modo seguente: interstizii. lacune , finestre , meati. Riguardo poi alle cavità delle foglie distingue: vesciche , asci- dii e fistole. I professori Meneghini , De Notaris e Molti aggiungevano osservazioni sullo stesso argomento. Nel giorno 28, in cui fuvvi l’ultima adunanza di questa * sezione, il prof. Rertoloni lesse il rapporto sulla escursione botanica eseguita dalla sezione il giorno 23 al giardino dello Zerbino, e poi lungo le mura della città. Aggiunse pure un dettagliato rapporto sul giardino di Pegli, già fondato dalla illustre Clelia Durazzo Grimaldi, ora posseduto e magnificamente abbellito ed arricchito dal marchese Pallavicino, visi- tato da una parte della sezione per invito dello stesso marchese il 26 settembre. Il cav. prof. De Notaris presentava in seguito esemplari fioriti della pianta che si coltiva nei giardini col nome di So- lanum fragrans, facendo notare i molti caratteri che lo fanno genericamente differire dagli altri Solanum. Proponeva quindi di formare un genere che intitola al chiariss. marchese Ignazio Pallavicino coi seguenti caratteri : PALLAVICINIA. Calyx rolalus, quinquefidus, persistens, corolla multolies minor. Corolla hemisphaerico-campanulata, obtuse pentagona, profunde quinquefida, lobis revoluti, aesiivatione valvalis. Anlherae inflexae, liorisontalesradiaiim convergente*, biloculares, apice laterales biporosae, loculis, conneclivi ar- ticulo superiore excurrente dorsoque praesertim prominente, distinctis. Connectivum carnosolum, geniculato bi-articula- lum, arliculo inferiore subverticali, subcordato orbiculari, dorso convexo, facie concaviusculo, apice filamenti adfixo, superiore antherifero a lalere compresso ad angulum fere rectum inflexo. Ovarium conoideum, disco annidaci membranaceo, obtuse decemdentato cincinni, bilocidare, loculis pluriovulatis, ovnlis placentis axilibus, dilalatisj adfixis . Stigma cura stilo obconoideo confluens, cupulare, callis- que linis, convexis, contiguis, inclusisi instruclum, subbilobo- marijinatum, cito deciduum. iacea ovoidea, subexsucca, epicarpio coriaceo, laevissi- tnOj polgsperma. Pallavicinia fragranti . Solarium fragrans , Kook. Bot. Magaz. tab. 3084. — Wal- per Repert. 3, pag. Gl, a Gujanis ex Walpers. Terminava poscia la sua comunicazione con queste parole: « Intitolo questo nuovo genere al nobilissimo sig. marchese Ignazio Pallavicini, attuale proprietario del giardino di Pegli, già celebre appo tutti i botanici per le ricche collezioni di piante esotiche ivi riunite dalla fu chiariss. marchesa Clelia Durazzo-Grimaldi ; giardino cui la sezione di Botanica dell’ ottavo Congresso Italiano si augura di vedere quanto prima ripopolato di splendentissime piante, e restituito al- P antica rinomanza, come già ora per la ricchezza, T eleganza, lo sfoggio delle nuove e recentissime decorazioni primeggia su tutti i giardini d’Italia ». Il presidente aggiungeva aver egli stesso già da molti anni rimarcato la necessità di instruire questo nuovo genere, che nel suo erbario aveva denominato Clothca. Ma siccome non lo aveva pubblicato, ben volentieri acconsentiva che fosse dedicato al march. Pallavicino, e dichiarava non aver detto queste cose che per appoggiare viemaggiormcnte la proposizione del prof. De Notaris. Il Ridolfi, a nome del prof. Piria, espose l’analisi delle varie parti della Tillandsia adianlhoidea. Trovò le foglie ricchissime di elementi minerali, e specialmente di sali calcari più di qualunque altra pianta vivente in terra. Invitò i botanici a giovarlo in queste ricerche e ad instituire essi stessi esperimenti su questo soggetto, specialmente di campane pneumatiche e di acqua distillata. 11 prof. Meneghini faceva osservare che non c’ è punto meraviglia trovare abbondanza di sali calcarei in una pianta che, quantunque aericola, è inalbata con acqua comune, e conveniva quindi sulla importanza delle esperienze proposte dal chiariss. prof. Piria, promettendo dal canto suo di coadiuvare colle proprie esperienze alla importantissima ricerca, e così promettevano pure di far lo stesso i prof Moretti e De Notaris. Il prof. De Notaris lesse a nome della commissione a ciò destinata il rapporto sulle tavole iconografiche del Barla. Il prof. Meneghini aggiunse nuovi eccitamenti al Barla, affinchè, ponendosi in corrente dello stato attuale della scienza, rendesse i suoi lavori di pubblica utilità. Il prof. Meneghini lesse il rapporto della commissione incaricata di assistere alle osservazioni del prof. Amici sulla fecondazione della zucca. Il dott. Savignone presentò all’ esame della sezione due specie di Agropyrum , eh’ ei crede nuove, non avendo trovato su di essi descrizione alcuna negli autori. Propose pertanto i nomi di essi, e dava le seguenti frasi specifiche : Agropyrum tournefortii. Culmo laevi , vaginis fecfo, infcrioribus pilosis, superiori- bus puberulisj foliis infcrioribus piloso-puberulisjsuperioribus glabriS; margine cilialo-scabris : Spica oblongata 3 rachide strigosa arliculis spiculis subqtdnquefloris adpressis acquali bus j giumae valvis ovalis , obtusis , rmiftew, apice truncato mucronati*; quinque-sexnerviis pubendis , glumellae valvis ovalo-oblongis , apice brevissime aristalo-mucronatis_, jloscnlo interno mulico: spicula terminali sterili , glumellae valva ex- terna longissime aristata , arislis spica snbacqualibus , acu- lealo-scabris. Genuae ad feritorem. Jfjropyrum ligusticum. Culmo laevi; vaginis ledo glubris, foliis glabris, margine ciliato-scabris, spica brevi , rachide siri gasa , arliculis locu- stis quinquefloris adpressis brevioribus , glumae vaìvis ovalis qninqvcnerviis j glabris 3 inferioribus mulicis, superioribus brevissime nervo mucronalis, glumellis ovato-acuminatis ex- limis in longam arislam rachidem aequantem abcunlibus, medii intimare accnminato-oblongis. Genuae in collibus secus aquaeductum allo Zerbino. Il prof. Fée, esprimendo alla sezione il suo dolore per essere arrivato cosi tardi a far parte del Congresso, presentava la memoria sulla Segala cornuta , da lui già comunicata al Congresso di Firenze recentemente pubblicala (1), e quindi la sua grand’opera sulle felci, esponendo il metodo da lui seguito nella determinazione dei generi, metodo nel quale si trovò contemporaneamente concordare col Presi e collo Smith. Dava il massimo valore ai caratteri ricavati dalle curvature senza per altro trascurare quelli della fruttificazione. I principii generali esposti in quell’opera sono pure applicati alla tribù delle acrostichee con un gran numero di magnifiche tavole litografiche, in cui sono figurate specie nuove e critiche. Lo stesso prof. Fée passò a parlare della Mimosa pudica , ed accennando come già inviasse alla Accademia di Parigi una memoria su quell’argomento, per cui si trova obbligato a passar sotto silenzio fatti importantissimi, si limitava ad (1) Io scriveva in lingua latina una memoria sulla segale cornuta fino dal 1828, che fu stampata in Pavia. In essa faceva conoscere le diverse opinioni dei botanici sulla genesi di tale malattia, e trattava dei diversi effetti terapeutici di detta segale. (Nota deir autore.) esporre la sua osservazione sull’azione del succo gommoso di quella pianta sul ferro, che macchia in rosso emolitico, azione ch’egli suppone doversi ad un qualche principio acido. Il presidente aggiunse aver egli pure fatto la stessa osservazione. 11 prof. Fce narrò avere fino dal 1841 osservato che nei Calladiam , Calla ed Arum, scuotendo la spata, ne cade gran copia di rafidi, eh’ egli suppone espulsi dalle cellule rafidifere. Il prof. Meneghini ricordava come il dott. Clementi nella recente sua memoria sulla anatomia della Vanilla planifolia abbia pubblicato l’osservazione da lui fatta di copiosi rafidi trovati alla superficie delle foglie di quella pianta. Il prof. Moretti domandò se l’opinione del Raspail che tutti i rafidi siano costituiti di ossalato di calce, si possa al giorno d’oggi dimostrare. 11 prof. Fce rispose potersi desumere la natura chimica dei cristalli esistenti nei tessuti delle piante dalla loro forma. Il prof. Meneghini citava i recenti lavori nell’ argomento, ed i reagenti che attualmente si pongono in opera per riconoscere la natura chimica di quei cristalli. Il prof. Fce aggiunse aver recentemente osservato le cosi dette biforme di Turpin sul Cissus quinquefolia. Il prof. Moretti propose che la sezione manifesti la sua gratitudine al presidente per avere con tanto amore disimpegnato l’ufficio suo; e la sezione plaudente accettava di buon animo la proposta. li di il presidente poneva fine con le seguenti parole ai lavori di questa sezione: « Illustri colleghi, oggi finiscono le nostre adunanze. Colle 4 $ 108 dottrine esposte e discusse avete dato luminose prove del valore scientifico che possedete e vi adorna; l’Italia e l’Europa sapranno largamente apprezzarle. Per parte mia vi rendo le grazie più segnalate della buona tenuta in tutte le nostre riunioni; e non dubito che voi vi unirete meco in rendere grazie amplissime alla magnanima e grandiosa Genova, la quale ha saputo e voluto imprimere nelle nostre menti una memoria indelebile del suo amore e favore verso le scienze e verso gli Scienziati dell’ottavo Congresso Italiano ». RAPPORTO SUI LATORI DELLA SEZIONE DI BOTANICA E FISIOLOGIA VEGETALE IDI2IL HOStlT&IBSS® IDI LETTO NELLA SEDUTA GENERALE IL DÌ 29 SETTEMBRE 1846 DAL PROF. GIUSEPPE MENEGHINI SEGRETARIO La sezione di Botanica e Fisiologia vegetale gareggiò valorosamente colle sorelle a corrispondere per copia ed importanza di lavori alla solennità di questo ottavo Congresso, la cui memoria resterà indelebile e fruttuosa in ogni animo italiano. La botanica non è solo la scienza de’ fiori, nè si limita alla distinzione delle specie, nè si occupa soltanto a proporre nuovi e difficili nomi. Il doppio titolo di che si fregia la sezione accenna ai differenti rami che essa abbraccia. Ed i lavori, che appena mi è concesso annoverare, ben dimostrano come quei rami insieme si colleghino. La vastità della scienza esige ormai che ognuno si circoscriva a professarne una piccola ì!0 peparle: e questi studii rimarrebbero inutili se non si unissero, cosi come impossenti sono gli sforzi umani in qualsiasi genere d’imprendimento (piando una concorde associazione non li fecondi. L’associazione intellettuale è nei Congressi Scientifici, e già porta i suoi frutti. La colleganza degli studii organografici e fisiologici colla botanica descrittiva brillò in questo Congresso più clic in alcuno dei precedenti, e deve essere riguardata come uno dei più luminosi successi. Descriveva nuove specie di gramigne delle isole del Capo Verde il prof. Parlatore, ed alcune pure di nuove dei contorni di Genova ne proponeva il dott. Savignone. Altre specie di quella sterminata famiglia illustrava il presidente Bertoloni, cercando riunire le forme fra loro distinte da troppo minute differenze. Così il prof. Moretti offriva, quale risultato di lunghe osservazioni e di numerose esperienze per via di seminagione, la riduzione delle moltissime specie di gelso, variamente denominate dai coltivatori, a tre sole di veramente distinte. Nella parte descrittiva i lavori più apprezzati sono giustamente i monografici. Il cav. prof. Moris ne presentava di preziosi intorno ai latici, ai litri ed alle borragee, distinguendo le sezioni di quella tribù, fissando il posto relativo dei generi secondo le affinità, illustrandone le più difficili specie, e mettendo noi tutti a parte delle preziose osservazioni ch’egli potè istituire sull’erbario linneano e sugli altri autentici esistenti a Londra e Parigi. II prof. De Visiani illustrava pure monograficamente il genere Ireviranaj, le cui numerose specie ornano oggidì di loro graziose forme e sfarzosi colori ogni giardino, e ne separava con nuovo nome nn distinto genere. Nuovo genere proponeva anche il eav. prof. De Notaris per una pianta erroneamente finora annoverata fra i solani, e la intitolava al march. Ignazio Pallavicino col nome di Pal- lavicinia. E pur dolce questo ricambio, che insieme unisce e chi protegge le scienze e chi le coltiva, fratelli nello studio di lontane regioni e di epoche remote, uomini di ogni tempo e di ogni nazione ! Il tributo offerto dal naturalista altro non può essere che quello de’ suoi studii, ed è nobile il sentimento che gli detta, ad eternarli, un nome ch’egli vuole onorato. Cosi il prof. Parlatore non dubitava intitolare Galilea un genere che, quantunque riconosca a tipo una pianta comune, è egregiamente da ogni altro distinto. Ad illustrare la flora tridentina inviavano i fratelli Perini ricca collezione di piante diligentemente disseccate. Ma, fra i nuovi lavori fitografici, quello che maggiormente arrestava l’attenzione della sezione era il bellissimo del cav. prof. De Notaris sulla vegetazione ligustica, inserito nella Guida generosamente regalataci dalla gloriosa città di Genova, e l’intera sezione tributò ben giusti elogi al valentissimo professore, lìd a lui del pari devono essere tributati quelli che apposita commissione vivamente espresse dopo essere stata a visitare il giardino della Università da lui diretto, dove si ammirano numerose, belle e rare piante, fra le quali moltissime felci, invano desiderate negli altri giardini d’Italia perchè di coltivazione difficilissima, onde n’ebbe meritata lode anche il giardiniere sig. Bucco. Degli altri cospicui giardini di Genova c suoi contorni, visitati dai membri della sezione, eloquentemente riferi il cav. prof. Bertoloni, particolarmente trattenendosi a parlare di quello di Pegli, che lo splendido attuale pos- scssore vorrà, oltreché alla meravigliosa amenità, ridonare pure alla rinomanza per rarità di piante, cui lo avea fatto salire la famosa Clelia. La speciologia si lega ne’ giardini alla fisiologia. La clorosi delle piante guarita coll’ uso del solfato ferroso ad esse amministrato in soluzione per inaflìamento, e la clorosi ordinaria delle parti sottratte all’ azione della luce con quello stesso mezzo artificialmente impedita, la influenza della luce lunare sullo sviluppo della clorofilla; la presenza di più abbondanti sali calcari nelle foglie e steli delle tillandsie ed altre aerofite di quello che nelle piante terrestri e l’azione particolare del succo della sensitiva sul ferro che arrossa, furono argomenti fisiologici offertici dal sig. Ridalli, dal prof. Giuli, dal prof. Piria e dal prof. Fée, ai quali tutta la sezione prese il più vivo interesse. La grande questione dell’ibridismo vegetale fu provocata da una comunicazione del sig. Ridolfi intorno al pesco-mandorlo, ed il Moretti, il Moris, il Parlatore ed il Biasoletto ne trattarono diffusamente. Le microscopiche ricerche di sottile anatomia tengono aneli’esse un distinto posto nel novero dei nostri lavori. 11 chiarissimo prof. Ugo Molli esponeva i risultamenti dei pazienti suoi studii sullo sviluppo della membrana cellulare. II prof. Fée descriveva la struttura della gomma adraganti, ed illustrava con nuovi fatti la storia dei rafidi. Ma in Italia quanto si riferisce al microscopio è inseparabile dal nome di Amici. Quel grande che, mercè i preziosi stranienti da lui inventati c costrutti, seppe spingere lo scopritore suo sguardo cosi nella profondità de’ cieli, come nei misteri della organizzazione , ed avvicinandosi più che altri agli estremi della creazione, potè maggiormente progredire nella conoscenza intellettuale di quel Dio che tutto crea, anima e muove, dovea necessariamente essere un tipo di quanto può offrire natura umana in nobiltà di carattere, in dolcezza di sentimenti, in integrità di coscienza. E giacché dolorose vicende famigliari lo tolsero ormai al nostro convegno, cessi per noi il timore di offendere sua modestia, e proclamiamone altamente il meritato elogio. Nobilissimo silenzio avea egli osservato verso una ingiuriosa polemica di un dotto, ma orgoglioso oltremontano circa alla sue scoperte sulla fecondazione delle piante. Unica sua risposta fu una serie di ulteriori ed importantissime scoperte su quello stesso argomento. La morfologia vegetale, quella parte cioè della botanica che, indagando il nesso e la correlazione fra la intima struttura, la prima origine, la fisiologica funzione e la esterna forma degli organi, cerca rilevarne la corrispondenza di simmetria e la naturale significazione, apriva ampio campo di discussioni al Fée, al Parlatore, al Molli, al Meneghini, al- l’Horaninoff. Trattavano della nervazione nelle felci, delle cavità nelle foglie e di quelle del tessuto cellulare, della significazione delle spine nello xanthium spinosum , della infiorescenza del tiglio, dello sviluppo, importanza e significazione del filloforo, della continuità delle fibre nelle monocotiledoni, e finalmente dei generali principii di Organogenesi, di terminologia e di classificazione. Il quale ultimo argomento, svolto dal sunnominato professore di Pietroburgo colle idee trascendentali dei così detti filosofi della natura, offrì opportuna occasione agli Italiani di dimostrare, che, lungi dal trascurare quelle astratte ricerche, essi ne sanno far calcolo, ma le itili 8 tendono sempre subordinate alla osservazione; perchè (juanto è bella e sublime la sintetica astrazione quando si appoggia sull’analisi coscienziosa dei fatti, altrettanto è vana e fallace quando riconosce a’principali suoi elementi metafisiche e preconcette idee. Lo studio delle crittogame, ch’ebbe sua culla in Italia, alacremente per opera degli Italiani progredisce. Lo stato attuale della micologia italiana veniva esposto in eruditissima lezione dal cav. Bertoloni. II Baila mostrava esatte rappresentazioni delle numerose specie di funghi da lui osservate nei contorni di Nizza. Il De Notaris aggiungeva nuova fronda alla corona di gloria che già lo cinge per le importantissime sue monografie di micromiceti, illustrando la famiglia delle iste- riacee e quella delle calliciee. Nè limitandosi a quella sola classe di crittogame, le altre pure trattava con eguale amore, e come già fece dei muschi, delle epatiche e delle alghe, imprese ora a studiare i licheni, dimostrandone i generi e le famiglie egregiamente distinte per i caratteri della fruttificazione. Separato ordine di crittogame fu per consenso della sezione dichiarato quello delle characee, del quale trattò il Meneghini descrivendone una nuova specie. A compiere l’intero quadro de; varii rami, in cui la botanica puossi riguardar suddivisa, rimangono ad annoverare le tecnologiche applicazioni e le storiche illustrazioni, nè tali argomenti punto mancarono. Il prof. Giuseppe Bertoloni apriva la discussione sulla pianta oleifera d’Africa conosciuta sotto al nome di mafuri, ed il barone d’Hombrcs Firmas dottamente dissertava sui sigilli del Linneo. L’associazione dei varii rami della scienza e degli studii individuali fu, lo ripeto, scopo comune e frutto dolcissimo dei lavori intrapresi e forniti dai membri della sezione di Botanica e Fisiologia vegetale, i quali ebbero l’onore di proclamare a presiederli il Nestore dei botanici italiani, quello che direttamente od indirettamente fu a noi tutti maestro, il professore di Bologna, l’autore della Flora italiana. Io non posso senza commozione toccaro di questo grande avvenimento che noi tutti incuora a speranze maggiori. Vivi felice, o Maestro, ed attendici fra due anni ad onorarti nella tua Bologna più istrutti dallo studio, ancor più uniti di fraterno amore ed animati da nuovo sentimento di gratitudine a quel grande dei grandi che giù benediciamo perchè ci concesse il benefizio della tua presenza. SEZ1QINE DI GEOLOGIA E MINERALOGIA. Presidente nira. Lonzo Nicolo moto. Vice-Presidente PROF. LODOYICO PASINI. Segretario CAV. ACHILLE DE ZIGNO Alla storia dei lavori di questa sezione è bene il far precedere l’esposizione dei quesiti proposti in altri Congressi, già discussi in parte o tramandati indiscussi alla sezione di Geologia e Mineralogia del Congresso di Genova. QUESITI PROPOSTI REI CONGRESSO DI FIRENZE. (Adunanza del 29 settembre 1841). L° Havvi nelle Alpi alcuna roccia cristallizzata che si possa riguardare come anteriore ai primi terreni di sedimento, e che abbia ad essi servilo di base, senza esser poi stata soggetta ad altri cambiamenti? l I.° Quali caratteri chimici e mineralogici servirebbero, in caso affermativo, a far distinguere queste rocce da quelle i cui elementi provengono dal disfacimento di rocce anteriori, e che subirono dopo il rimaneggiamento una forte alterazione? o.° Allorquando le rocce sedimentarie delle Alpi o di altre parti d’Italia, contenenti resti organici, furono da particolari cause modificate e trasmutate in rocce cristalline, sinché ogni impronta organica vi sia cancellata, mantengono esse alcun particolare carattere che permetta di riconoscere a quali fra i terreni secondari abbiano appartenuto? 4. ° Si può dall’esame dei singoli terreni dell’Italia, come trovansi presentemente disposti, arguire l’altezza e l’estensione che ebbero il mare o i laghi interni sull’attuale continente d’Italia, dall’epoca del terreno cretaceo fino allo stato presente? 5. ° Quali sono in Italia i varii limiti fra il terreno cretaceo ed il terziario? Havvi fra questi due terreni alcuna connessione paleontologica o mineralogica? 6. ° Quale sia il valore dei caratteri paleontologici per determinare il sincronismo delle formazioni geologiche, separate dalla catena delle Alpi, ed in particolare se le Ippuriti, le Fuciti di varie specie, e le Nummuliti caratterizzino nella Francia meridionale e nell’Italia settentrionale terreni contemporanei. Dopo aver fatto conoscere i su esposti quesiti, m’accingo ora a discorrere dei lavori di questa sezione. Il march. Pareto apriva il giorno 45 di settembre la prima seduta colle più grate espressioni pei membri che gli impartirono l’onore della presidenza. Cogliendo poscia l’occasione della posizione geografica di Genova, si faceva a porgere in nome di lei e d’Italia tutta calde azioni di grazie ai dotti stranieri convenuti al Congresso, e particolarmente al celebre teologo che venendo dalle rive dello Sprca più volte assistè ai tali riunioni scientifiche, come onorò di sua presenza quella dii Genova. Indicava quindi i lavori cui doveva intendere la sez ione tanto riguardo alle particolari ricerche scientifiche dei singoli membri, quanto riguardo alla favorevole posizione di Gemova, che presenta in non lontano cerchio i terreni secondari e: terziari delle montagne che ne sorreggono il dorso. Dopo iìl discorso del presidente il prof. Coquand leggeva parte d”una sua memoria Sulle miniere d’antimonio e sui lagoni della Toscana , in cui richiamava l’attenzione sulle alterazioni prodotte nei macigni dei filoni antimoniferi. Questa lettura fu susseguita da importanti discussioni intorno alle alterazioni prodotte dalle rocce serpentinose, al passaggio del granito alla trachite, alle diverse età di quest’ultima roccia, alla posizione ed età del terreno nummulitico, alle quali presero parte il march. Pareto, il Pasini, il Collegno ed altri. Dopo di ciò il barone d’Ombres Firmas annoverava le ricchezze mineralogiche, geologiche e paleontologiche dei contorni di Alais, sua patria, ove poco tempo prima aveva avuto luogo la riunione della Società Geologica di Francia, ed invitava i geologi italiani a visitare quella interessante regione. Dietro invito del presidente furono inscritte per la lettura nelle successive adunanze le seguenti memorie: Cenno sopra la polvere rossa caduta in Genova nel maggio del 1846, del generale Della Marmora j Cenno sull’indipendenza dei terreni qualernarii nell’orlo del Mediterraneo , dello stesso: Sopra alcuni fenomeni delirici per servire di appoggio ad una seconda sua memoria geologica , del march. Pio Bussi-Muti; Sull’origine delle grandi e gigantesche asperità ed ineguaglianze della terra, dello stesso; Sulla scavazione del marmo minhio di Porlovenere, di Agostino Falconi. Nella tornata del 46 il segretario De Zigno leggeva una memoria sul limite fra i terreni cretacei ed i terreni iurassici nelle Alpi venete, presentando in pari tempo uno spaccato del pendio meridionale delle medesime e delle colline terziarie che vi si protendono dinanzi. Tale lettura diede luogo ad una discussione intorno alla concordanza dei fatti osservati dal De Zigno nelle Alpi venete con quelli che presentano la Lombardia e la Provenza. Dopo di questa il generale La Marmora comunicava molte importanti osservazioni sulla polvere rossa caduta in Genova nel maggio del 4846, ed osservata nella stessa epoca a Tunisi, in Sardegna ed in Corsica. Il Parolini e il Charters riferirono esempi di un consimile fenomeno osservato in altre località (4). Dopo una lunga discussione intorno alla ricorrenza di questo fatto ed ai fenomeni che sogliono accompagnarlo, s’incaricava il prof. Meneghini di osservare col microscopio la polvere presentata dal La Marmora per verificare se contenesse spoglie d’infusorii. Il barone De Buch faceva notare la gran differenza che esiste fra questa (1) Nel giorno 17 dello scorso mese di ottobre ( 1846 ) avvenne anche in alcune località del Cantone Ticino un simile fenomeno meteorologico, cadendo una pioggia rossastra che deponeva sulle foglie un sedimento assomigliantesi alla polvere finissima di mattone. Una relazione su ciò fu da me inserita nel Foglio Officiale di questo Cantone. (Nota dell’autore.) polvere proveniente dall’Africa e quella che cade costantemente al Capo Verde, e che deriva, secondo lui, dall’America, ed è composta, come ebbe a riconoscere l’Ehrenberg, di resti di Bacillarie. 11 prof. Collegno leggeva in seguito una memoria sul rincronismo dei depositi iuranici del nord e del sud dell’Europa. Sul proposito della polvere rossa caduta in Genova l’ing. Piazzini esponeva nell’ adunanza del 47 d’ avere osservato una polvere consimile nell’ agro pisano. 11 Moltedo diceva di avere esaminata chimicamente la polvere caduta a Genova, e di averla trovata contenere della sostanza animale, del bromo, dell’jodio, dei carbonati calcarei, del ferro, dell’allumina, e nessuna traccia di silice. Leggeva quindi il prof. Coquand una nota nella quale spiegava la sua maniera di pensare relativamente all’ epoca geologica cui debbasi riferire la calcarea rossa della Spezia, insistendo sull’importanza dei caratteri paleontologici, nella determinazione di questo terreno, siccome quelli che servirono a determinare esattamente tutti gli altri banchi secondari e terziari della nostra penisola. Su di ciò nasceva un’interessante discussione, cui presero parte il De Buch, Collegno, Pareto, Pasini, La Marmora e Mi- chelin. Il march. Muti faceva in questa adunanza un invito alla sezione onde alcuno de’ suoi membri volesse associarsi a lui, ed intraprendere delle ricerche sulle tracce lasciate dal mare lungo la costa d’Italia, a fine di riconoscere possibilmente il tempo che esso impiegò nel ritirarsi dai luoghi che ricopriva anticamente. Dopo una animala discussione su questo argomento, l’adunanza fu sciolta. Nel giorno 48 leggevasi una lettera del dott. Luigi Laviz- zari di Mendrisio, con cui accompagnava alla sezione il dono di una sua memoria sopra i minerali della Svizzera Italiana. Poscia il segretario De Zigno, a proposito di quanto fu parlato nella seduta del giorno 47, presentava degli esemplari di Terebentula dipiusa trovati parte nelle montagne del Veneto e parte nel Tirolo italiano, nella calcarea ammonitica a Jmmoniles Tatrìcus , biptkx, Parkinsonii, ecc. Il barone De Buch ed Ewald facevano rilevare l’importanza di questa comunicazione, che fa seguito all’ altra egualmente interessante della presenza dei fossili neocomiani nel Bia- mone. Il march. Pareto leggeva una lettera dell’ Escher de la Linth, la quale racchiude degli importantissimi ragguagli sopra la geologia del Cantone di Glarona, ed era accompagnata da una carta e da dei profili. Questa lettera porse l’adito al prof, Pasini a favellare dei rovesciamenti avvenuti nelle montagne del Vicentino. Indi il barone de Buch discorreva dell’ utilità in genere delle carte geologiche, e ne presentava una bellissima del dipartimento del Gard fatta da Emilien Dumas, ed eccitava i geologi italiani a dar compimento alle molte carte particolari che stanno facendo, onde si possa sollecitamente avere anche per l’Italia una carta geologica completa. A questo proposito il generale La Marmora ha dato un’ i- dea della sua carta che comprenderà tutta l’Europa meridionale e le regioni circostanti al bacino del Mediterraneo. Il generale Vaccani, unendosi al barone De Buch, esprimeva il desiderio che la carta geologica generale d’Italia fosse fatta sulla stessa scala di quella di Francia. Il prof. Coquand citava >a<$ 122 1 *> quelle del Savi, dello Spada, del Ponzi, del Pareto pella Toscana e pella Romagna, che sono però inedite. Il generale La Marmora citava quella del Sismonda pel Piemonte, del Pareto pella Liguria. Il Pasini si faceva a discutere circa il modo di costruire una simile carta, ed alla scala da adottarsi, c dichiarava come al museo del Jardin des Plantes a Parigi abbia depositato la sua carta geologica del Veneto. Il segretario lesse in seguilo una lettera del dott. Carlo Lurati, con cui accompagnava il dono della sua Relazione sulle acque minerali Ticinesi , c del suo Quadro Mineralogico del Cantone Ticino e della Falle Mesolcina ( Svizzera Italiana) (I). (1) Dai seguenti cenni di prefazione posti al mio Quadro Mineralogico ognuno potrà vedere lo scopo di questo mio lavoro : «Sotto la direzione di S. E. il generale Annibaie di Saluzzo, cavaliere e comandante dello stalo maggiore Sardo, si andava compilando fino dal 1840 la carta e la statistica delle Alpi. Il p'refato desiderava che qualche Ticinese gli volesse comunicare le notizie mineralogiche delle Alpi italiane del Cantone Ticino, ed il chiarissimo sig. G. Genè, professore di storia naturale nell’Università di Torino, che fu mio collega all’Università di Pavia, proponeva me per questo onorevole incarico. « A dire il vero io mi sentiva non molto adatto a fare degli studii sui minerali delle Alpi italiane del Cantone Ticino, fra le quali è compreso il San Gottardo, sicuramente uno de’ più ricchi di minerali e dei più importanti di tutte le Alpi, ed al quale rivolsero già i loro studii celebri naturalisti, e fra questi i Saussure, i Klaprolh, i Blumenbach, Pini ed altri; ma mosso dal sentimento di corrispondere all'invilo fattomi e di non lasciare in così importante produzione dimenticato il mio paese, mi accinsi all’impresa, e nel miglior modo che mi fu possibile delineai il quadro che ora presento. « La parte che fu a me data da studiare è quella compresa dal versante italico della Nufenen (valle di Bedretto) al San Bcrrardi- Dopo di che il De Charpentier leggeva una sua memoria (1), nella quale prende in esame la questione se gli effetti no (*), e da queste località fino a Chiasso. Questa estensione di paese fa parte della catena delle Alpi Lepontine (**). « L’ordine da me seguito è quello stesso che fu tracciato per lo studio dei minerali delle altre Alpi, ed il quadro venne delineato in modo che può far parte del grande lavoro fatto per tutta la catena delle Alpi. « Ho voluto far succedere alla Relazione sulle Acque Minerali il Quadro Mineralogico del Cantone Ticino e della Falle Mesol- cina per la ragione che in questo sono indicate tutte le altre sorgenti minerali finora conosciute (oltre le sette di cui si è trattato diffusa- mente in detta memoria), le quali vennero anche per maggiore chiarezza poste nell’ ordine topografico unitamente ai minerali che tro- vansi nelle vicine località. « Questo mio quadro, che è il primo (***) che finora fosse fatto sui minerali del Cantone Ticino e della Valle Mesolcina, è ben lontano dall’ essere compito e perfetto, imperocché molte cose sono sicuramente sfuggite alle mie ricerche; ma anche per questo non ho voluto tralasciare dal renderlo pubblico, sia perchè alcune persone istrutte nelle scienze mineralogiche me lo consigliarono, sia perchè nutro fiducia che altri più versati di me in queste scienze vi porteranno quelle aggiunte che varranno a renderlo più completo ». (Nota dell’autore.) (1) Da quanto ha letto il Charpentier del Cantone di Vaud (Svizzera Francese) e dalle altre cose trattate in questa adunanza il lettore vedrà che gli Svizzeri non furono gli ultimi a portare il loro tributo al Congresso Scientifico Italiano. (Nota dell’autore.) (*) « Non si parla di nessun minerale della Valle Calanca, perchè finora non mi fu possibile d’avere precise notizie di quella località ». (**) « La suddivisione prescelta per le frazioni delle Alpi è la seguente : Dal Monte Rosa al còlle del San Bernardino diconsi Alpi Lepontine, che comprendono parte dello Stato Sardo e Svizzero; dal còlle del San Bernardino al Pizzo dei Tre Signori chiamansi Alpi Retiche, che abbracciano parte della Svizzera e dello Slato Austriaco ». (***) « 11 presente lavoro fu da me fallo fino dal 1840, e per conseguenza prima che fossero pubblicate le tre interessanti Memorie su d’alcuni minerali della Svizzera Italiana del sig. doti. Lavizzari. Altri pure avevano scritto su diversi minerali del Cantone Ticino, ma nessuno, per quanto io sappia, ne aveva delincato un quadro generale ». prodotti dalle inondazioni provino in favore dell’ipotesi che attribuisce i fenomeni erratici a delle correnti. Questa lettura dava luogo a una discussione. II presidente annunciava alla sezione nella tornata del 19 il progetto di una escursione geologica nella valle della Pol- cevera pel giorno del 22 settembre, e dava un’idea preliminare dei terreni che si osserveranno in questa escursione, invitando i membri clic ne volevano far parte ad inscriversi al tavolo della presidenza. Il generale Vaccani presentava in dono alla sezione un’operetta del generale Saldanha sulla concordanza della geologia colla genesi. Indi il can. Chamous- set dava la descrizione del terreno antereifero delle Alpi, e conchiudeva che esso è inferiore al Lias, e sia veramente da riferirsi al terreno carbonifero pella natura delle piante fossili che contiene e pei caratteri mineralogici che lo distinguono dalle stratificazioni del Lias che lo ricopre. Su questo argomento insorgeva una lunga ed interessante discussione, cui prendevano parte Chamousset, Pareto, Collegno, Coquand e Michelin. Indi l’Ewald ed il barone De Buch svolgevano le loro idee circa la necessità di separare in due queste diverse stratificazioni, ed in ciò convenivano col can. Chamousset, unitamente al Pareto, Coquand e Michelin. Il presidente riassumeva quindi lo stato della quistione, ed accennando anche ad una consimile opinione esternata dal Sismonda, stabiliva che debbano considerarsi geologicamente distinti gli strati ad antraciti da quelli a belemniti. Infine il De Filippi comunicava le sue osservazioni sopra alcuni esemplari di anagonite delle zolfature presso Girgenti. Nell’adunanza del giorno 21, dopo alcune rettificazioni 4 $ 123 pfr Talte al processo verbale dal presidente riguardo a quanto vi si dice intorno all’ opinione recentemente emessa dal prof. Si- smonda che il conglomenlo della tinea sia inferiore alla calcarea agrifea arcuata, il barone De Buch esprimeva il suo desiderio che fosse inserita negli Atti l’osservazione fatta dal march. Pareto che all’imboccatura della valle di Chamounix la formazione con impronti di piante è in istratificazione discordante dalla sovrapposta calcarea bigia del Lias. Dopo di ciò l’Ewald leggeva la sua memoria Sulle relazioni fra il grès verde dell’Europa settentrionale e quello dell’Europa meridionale. Succedeva a questa lettura una lunga discussione sull’argomento e sulla giacitura delle varie zone uunnnulitiche e sulla loro relazione col terreno cretaceo e col terziario. Sul finire dell’adunanza venne distribuita una memoria del prof. Catullo Sui massi erratici dello Stato Veneto , ed il presidente avvisò che nel di susseguente si sarebbe fatta la corsa geologica già stabilita, invitando i membri che bramavano intervenire a trovarsi al luogo convenuto per la partenza. Nel giorno 22 non fuvvi quindi adunanza. Nella tornata del 23 il presidente march. Pareto leggeva la seguente relazione sulla corsa fatta il dì innanzi dai membri della sezione a Sestri di Ponente, al monte Panigaro, alla Madonna della Guardia ed alla valle della Polcevera, nella quale si esaminarono le formazioni del gabbro, della serpentina, della calcarea compatta e degli schisti più o meno modificati : « La sezione di Geologia destinava la giornata d’ieri ad una delle solite escursioni che in ogni Congresso ella fa per studine i terreni delle vicinanze dei luoghi ove esso si raduna. « Essendo tra noi importantissimo lo studio delle rocce di trabocco, e principalmente della serpentina, non che quello delle relazioni di queste rocce con quelle di sedimento, venivano scelte per scopo della gita le vicinanze di Sestri a Ponente e i monti che stanno sulla destra della Polcevera. Partita la sezione alla mattina per tempo da Genova, osservava dapprima al Capo di Faro i numerosi banchi di calcarea argillosa compatta bigia diretti S. S. 0. N. N. E. quasi verticali od inclinati alcun poco all’E. N. E.; veniva poi indicato che al disotto di quei banchi esistevano degli scisti ardesiaci, alcuni scisti con tracce di macigno, ed altri scisti argillosi, i quali però non potevano separarsi da dette calcaree. Traversata la Polcevera, si soffermava alcun poco allo Scoglio di Sant’Andrea e di Gabaia, ove sono scisti con numerose vene di calcarea spatica, dopo cui succede un filone considerevole di una roccia, o metamorfica, o di trabocco, ma probabilmente più di quest’ultima natura che della prima, la quale ognuno si accordava a riguardare come T analogo del gabbro di Toscana: uno de’ membri della sezione indicava come quel filone si comportasse, cioè come da quel punto s’inoltrasse dentro le terre, e continuasse nei monti detti Bignè , che formano una specie di muraglia alia destra della Polcevera, non essendo fiancheggiati al basso lateralmente, che da una serio di collinette non alte, composte in generale di scisto lucido alterato con qualche poca calcarea. « Giunti al ponte della Ceravagna, prima di Sestri, si montava per la collina che sta accanto e a levante di questo torrente, ma le mura, entro cui è incassala la strada, non permettevano per qualche tratto di vedere in che modo fosse 127 costituito il terreno. Veniva però indicato clic vi era qualche poco scisto, e che poi nella vicina valletta di Borzoli, e al còlle di questo nome, non alto più di una cinquantina o sessantina di metri, esisteva un bacino terziario, ove non sono rari i fossili, e ove la marna subappennina è coronata da banchi di sabbia giallognola e di ciottoli. Di questi se ne vedevano alcuni calcarei perforati dalle foladi. « Giunti più in alto, la sezione trovava la massa di serpentina, in alcuni luoghi compatta, nera, in altri quasi scagliosa ; si osservava dal Coquand che qua, come in Toscana, essa occupa ordinariamente il centro, e che il gabbro sta più alla parte esterna. Scesi un poco dalla collina nella vicina valle della Ceravagna, al luogo detto Panigaro, si osservavano gli strati quasi verticali della calcarea subgranulare che formano il monte del Gazzo. Opinavano alcuni che quel masso potesse essere giurese, ma altri, appoggiandosi sulla sua connessione cogli scisti già veduti, propendevano per crederlo appartenente e legato alla formazione del macigno, di cui sarebbe la parte inferiore. Veniva poi da uno di noi fatto conoscere alla sezione come queste calcaree del Gazzo ne abbiano delle analoghe in quelle montagne, e come siano desse disposte a foggia di larghi nodoli, diretti gli uni per rapporto agli altri all’incirca dal N. al S., e come siano contornati dagli scisti e dalle serpentine, che ne tagliano anche la continuità. Nel letto del fiume potevansi osservare i banchi scistosi traversati dai filoni di una serpentina, che al contatto loro pareva scagliosa e venata. Si vedevano poi nel letto medesimo dei massi enormi di una specie di conglomeralo staccato dalle vicine falde dei monti, ed era questo quel conglomerato che ha accompagnato la serpentina o il gabbro nel suo trabocco, soltanto qui a differenza di quello della Riviera di Levante contiene meno parti straniere, e non vi si sono veduti dei ciottoli granitosi come nei monti dell’ Ariona e della valle della Nura. E inoltre i suoi elementi sono più legati dalla pasta della roccia eruttiva medesima. Giunti al luogo detto Serra, ove la valle si biparte in due rami, si prendeva quello che sta più a ponente, e, seguitandolo per alcun tratto, si veniva a tagliare gli strati della calcarea dall’E. all’O., traversata la quale, si trovava al di là di lei nuovamente dello scisto, il quale differenziava dai primi già trovati per essere un poco più cristallino. In un punto, prima che si abbandonasse questa valle per salire la costa a levante della medesima, che sta tra i due rami della Ceravagna, si trovava la calcarea coll’ a- spetto assai cristallino. Aveva un poco l’apparenza della dolomite, ma non lo era in realtà. « Sulla costa si trovavano ancora scisti e serpentina, cosicché vedevasi chiaramente essere l’ammasso calcareo del Gazzo intieramente circoscritto. Non potea poi assicurarsi eh’ esso fosse alternante cogli scisti, e ad un membro della sezione, il Coquand, venne in idea che fosse ricoperto dalle due parti degli scisti quasi a modo di mantello. In tutti i modi però convenivasi ch’egli fosse alla parte inferiore della formazione scistosa di quelle vicinanze. Durava per poco tratto la serpentina lungo la strada seguita dalla sezione, ma invece vedevasi abbondante più all’ E. della medesima, cioè nel fondo della valle orientale della Ceravagna e alla base dei Rigrè, de’ quali la parte più alta, meno in un punto, era tutta occupata dal gabbro o da una roccia un poco anfibolica. Nella ser- pentina (lei monte Ramano era indicato un filone di pirite cuprifera, da cui un tempo si cavava del solfato di magnesia. Giungevasi alla cresta, che è all’origine della Ceravagna, e che trovasi tra la Polccvera e la Varenna, e progredivasi più al N. da scarpino verso l’incisa, fino al qual punto non si giungeva, perchè, piegando un poco all’Est, intraprendevasi di salire al monte della Guardia; riconoscevasi questo composto nella parte occidentale di quelli scisti un poco semicristallini ora con quarzo, ora con vene di calcarea spatica, i quali diventano violacei presso la roccia eruttiva. Da alcuni si vedeva una somiglianza tra loro e il verrucano, ma la loro relazione, constatata altrove cogli scisti del macigno, pareva indicare che non fossero così antichi. Vedevasi l’alto della montagna poi composto di una roccia verdastra talora in decomposizione, che riconoscevasi come il solito gabbro, o come una roccia anfibolica fusibile in ismalto nero, contenente talora cristalli affilati di feldspato. Alcune tracce di infiltrazioni minerali, forse manganesi, si erano trovate dal vice-presidente Pasini, e si giungea sulla vetta del monte. Di là avevansi davanti a sè il mare, Sampierdarena e il Faro, poi i monti sui quali si estendono le fortificazioni di Genova, i Due Fratelli, il Diamante, la montagna del pian di Cretto e la sella sulla catena centrale, quindi l’Antola e i monti che lo conseguitano fino al Giarola. Sopra’un piano più ravvicinato poi i monti di Comago, quelli della Vittoria, tutti di terreno calcareo e macigno secondario, quelli di puddinga terziaria della Casella e di Savignone e della Isola; e a sinistra poi, cioè a tramontana, il colle del Giogo, quello della Bocchetta e le molle serpentinose al laco delle figure del Taggio, che si riattaccano Il 9 alle giovare, le quali formano a cominciare da Pegli e dai Pra una zona di rocce serpentinose più a ponente di quella percorsa e traversata nella giornata, essendovene ancora più lontana una terza zona, la quale, cominciando da Varagine per gli alti monti di Brigna, Faiollo, Dente, va a finire ad Ovada a contatto delle colline terziarie. « Soffermatasi la sezione sul monte della Guardia adcun poco, scendeva quindi nella valle incontrando gli scista già veduti la mattina al Capo Sant’Andrea, ma più modificati, e la sera riducevasi a Genova, avendo potuto nella fatta escursione chiarirsi e in parte della posizione della serpentiina e del gabbro, e dell’importanza che queste due rocce hanno nella geognosia del nostro paese, e come forse si debba loro attribuire alcune delle modificazioni sofferte dalle rocce di sedimento che loro stanno d’accanto ». Indi il generale La Marmora mostrava la sua gran carta geologica della Sardegna, e numerosi profili e spaccati dimostranti la varia giacitura dei terreni stratificati di quell’ isola e le varie azioni prodotte dalle trachiti, dalle serpentine e dai basalti. Accompagnava tale presentazione di molti esemplari di rocce a conferma di quanto aveva esternato al Congresso di Milano, ed invitava i membri a visitare il suo gabinetto. Il De Chaumont presentava una notizia sopra un terreno quaternario scoperto nel dipartimento della Manica. Il Michelin accennava ad alcuni fossili che vi si osservano. Indi il Salva- gnoli presentava una memoria del dott. Calamai sui terremoti che afflissero la Toscana nel mese d’agosto del passato anno. Succedeva il De Zigno leggendo una sua nota sopra i fossili neocomiani della calcarea bianca compatta delle Alpi venete, e ne presentava l’elenco con delle tavole. r ■3<$ 151 Venne presentato alla sezione un altro opuscolo del prof. Catullo con tavole ed intitolato: Cenni sul sistema cretaceo del - ■i le Alpi venetej e si lesse una sua nota manoscritta nella quale risponde alle eccezioni fatte dal De Zigno alle conclusioni dell’ opuscolo suddetto. Ma il De Zigno mostrava come da tale risposta e dal disegno che l’accompagna venissero confermate le eccezioni da lui fatte al lavoro del prof. Catullo. Il Pasini aggiungeva alcune parole a conferma delle cose esposte dal De Zigno. Il Perez leggeva una memoria sui limiti del terreno cretaceo delle Alpi marittime, e rendeva ostensibili i fossili che ì ' rinvenne nella calcarea compatta dei contorni di Nizza. Dopo qualche discussione su questa lettura, il barone De Buch presentava a nome del prof. Kolliker di Zurigo due tavole del- l’Heer, professore di botanica nella stessa città, che fanno parte di un’ opera dello stesso sugli insetti trovati negli schi- sti calcarei terziari di Oeningen presso Costanza, e di Rade- bay in Croazia. Il prof. Coquand, a nome di una parte della sezione che visitò la collezione del generale La Marmora, nel di 24 ! rendeva conto di essa, e faceva rilevare gli importantissimi oggetti che contiene. Dopo di che il Michelin rendeva ostensibili tre tavole di polipai del terreno sopracretaceo che fanno parte della sua opera sui Polipai fossili. Si presentarono quindi alcune opefe del cons. Adriano Balbi, il quale entrò in alcuni particolari riguardo alle misurazioni barometriche delle altezze, spiegando Io scopo delle sue opere. Il Giustiniani, riferendosi alla comunicazione falla dal 132 £>& generale La Marmora in un’ antecedente sedata circa alla polvere rossa caduta in Genova, ricordava il fatto di neve colorata in giallo-rossiccio caduta a Padova nel -1813. Su di ciò ebbe luogo una breve discussione fra il Pareto, Pasini, Balbi, Parolini e Giustiniani. Il Pasini trattava delle condizioni geologiche della pianura Veneta e della probabilità di ottenere in Venezia acque saglienti. Espose quali strati sieno stati attraversati col traforo finora spinto a 40 metri di profondità. Il generale La Marmora ricordava il nuovo metodo testé ritrovato per facilitare l’uscita dei materiali scavati dalle lineile artesiane. Il Pasini soggiungeva che si era in procinto di attivare questo metodo anche pel pozzo artesiano di Venezia. Il cav. Michelin leggeva una memoria dell’ Edouard Col- lomb sopra un terreno abbandonato da una giacciala. Il De Zigno leggeva una breve nota sopra alcune impronte circolari della calcarea bianca compatta del Vicentino e del Padovano. Il Guidoni dava lettura di una sua memoria sui fossili e sulla calcarea della .Spezia, che viene susseguita da alcune di- lucidazioni date dal Pareto, Pasini e Coquand.. Il Pasini leggeva poscia una lettera del prof. Catullo sulla calcarea che nelle provincie Venete può riferirsi al terreno etrurio, sulla calcarea a nummuliti e sulle articolazioni dcl- l’/òis Melilensis trovate nel Vicentino, e da alcuni prese per falangi di Sausiano. Il De Zigno ricordava come quanto si riferisce alla calcarea nummulitica ed alla scaglia rossa che vi è soprapposta sia già da qualche tempo illustrato in una sua memoria pubblicata al principio di quest’anno, e come non vi sia stato che lo stesso prof. Catullo che abbia prese per alangi di Sausiano le suddette articolazioni d ’his. 135 ì°$= Il Pasini, a proposito della lignite dei Pulii, della quale il prof. Catullo mandò uno spaccato, entrava in alcuni particolari rispetto alla giacitura di questo combustibile, e dava un esalto ragguaglio dei terreni componenti la valle in cui giace. Il prof. Meneghini riferiva di avere esaminato microscopicamente la polvere rossa caduta in Genova nel maggio di quest’ anno 4 e di averla trovata affatto priva di resti di Dia - /omee, che sono pur tanto comuni in ogni qualità di polvere, ritenerla poi essenzialmente costituita di piccolissimi grani di quarzo. Quindi il Falconi leggeva la sua relazione istorica sulla scavazione del marmo di Porto Venere. Nel giorno 25 si lesse prima di tutto una lettera del dott. Della Torre, colla quale accompagnava il dono d’una sua opera sulle Cave delle Lavagne, sulla quale il march. Pareto entrava in alcune spiegazioni relativamente alle Lavagne stesse. Poscia il Guidoni presentò alcuni fossili della Spezia, nei quali il barone De Buch, Ervale, Collegno, Michelin, Coquand, Sismonda, Pareto, De Zigno riconobbero degli alveoli di be- lamnite e dei frammenti d’ammoniti riferibili a specie liaffi- che. Il Pasini e Collegno vedono nella roccia che li contiene molta analogia con quelle del lago di Como. Il barone De Buch mise in avvertenza circa alla differente collocazione del sifone delle Ortocese e rispetto a quello delle belemniti. Il prof. Coquand quindi finì la lettura della sua memoria sui sagoni di Monte Carboli, di cui in una precedente seduta aveva letta la prima parte. S’intavolò una discussione sulla presenza del borace nei sagoni, da alcuni contestata, fra il Pasini, Pareto e Coquand. Poscia il prof. Meneghini, distribuendo alla sezione una sua memoria stampata, dava una particolareggiata descrizione della natura e giacitura del combustibile fossile che si scava a Raveio nella valle del Degan presso il Tagliamento. Successe a queste una discussione fra’ diversi membri della sezione. II prof. Coquand rammentava a questo proposito l’e- sempio di vero carbon fossile trovato nel Varo a Monferrà sotto una calcarea ad Jvicula Socinlis , e ritiene dai fossili nominati dal Meneghini che il carbone di Roveio appartenga al Trius. Il Coquand e il Collegno, facendo rilevare l’importanza della comunicazione del prof. Meneghini, esprimevano il voto che i lavori si proseguissero alacremente per porre in chiara luce la potenza dello strato carbonifero. 11 barone De Buch reputava parimente importante la scoperta del Trius in quella località. Il Pasini descrisse quello di una valle poco discosta da Cenci nighe, e dichiarò come avesse sospettato la continuazione della formazione arenacea e la maggiore importanza del combustibile che vi si palesa per entro avvicinandosi alla Carnia. II De Zigno accennava al Trius bene sviluppato e da lui osservato nella Valmgam e nel bacino di Trento, ove prima non era stato indicato. Il Pasini, richiesto dal prof. Coquand, dava alcuni schiarimenti sugli scisti cristallini delle Alpi venete, che sono indubitatamente anteriori all’arenaria carbonifera di quella regione, allo Zechstein, al Trius, al lino ed al fuso che vi sopraincombono. Il prof. Coquand coincide nell’opinione del Pasini, per ciò che riguarda gli scisti delle Alpi Apuane e dell’Elba. Il prof. Sassi di Genova presentò un pesce fossile recatogli dall’ America settentrionale, che, secondo la sua opinione, riferirebbe all’ordine dei ctenoidi dell’Agassiz. Il barone De Buch, Erwald e De Zigno riconobbero nelle squame del fossile suddetto il carattere proprio dell’ordine dei ctenoidi. Nella tornata del di 26 il barone De Buch prendeva la parola per encomiare il lavoro del prof. Meneghini letto nell’antecedente seduta, ed accennava all’importanza delle notizie che contiene rispetto alla geologia di quella parte d’Italia che lambe il Tagliamento. II Pasini faceva la descrizione dei terreni che si legano con quello illustrato dal Meneghini, e ne indicava la estensione geografica. Il barone De Buch accennava agli strati Siluziani osservati presso Gratz con Productus ed Ortocere. Indi si lesse una memoria del Calcara sui terreni terziarii dei contorni di Palermo, alla quale successe una discussione in cui parlarono il generale La Marmora, il march. Pareto ed i professori Collegno e Coquand. Si lesse una memoria del conte Graoberg d’Hemso sulle miniere della Toscana, dopo la quale ebbe luogo una discussione a cui presero parte il Charters, Pasini, Coquand, Bal- dracco, Pareto, Guidoni. Il Baldracco dava un cenno dell’importanza del filone della miniera di Noli. Il De Zigno lesse una sua nota sulla formazione iurese riconosciuta anche negli Euganei, e sui fossili iurassici che ebbe luogo di osservare in essa. Il Parolini dichiarava di avere (veduto i fossili raccolti dallo Zigno, e di averli riconosciuti identici a quelli che egli stesso possiede provenienti dalla cal- carea ammonilica di Cesuera nei sette comuni. e di Roveredo nel Tirolo. Il Pasini entrava in alcuni particolari rispetto alla successione ed al nesso relativo degli strati iurcsi e cretacei delle alpi venete, e faceva un quadro delle potenti formazioni calcaree che le compongono. Il De Zigno chiese se la calcarea ammonitica di Castel Lavazzo possa essere considerata più antica di quella del- l’alto piano dei sette comuni, come egli sospetterebbe. S’intavolava su di ciò una lunga discussione a cui presero parte il Pasini, prof. Collegno, prof. Coquand, Villa e De Zigno. Nell’adunanza del dì 28, che fu l’ultima, si lesse una lettera del cav. Mancini, con cui accompagnava la distribuzione di un programma dell’Accademia Pontaniana di Napoli per la formazione di un Vocabolario tecnologico italiano. Indi si presentò dallo stesso, a nome del cav. Niccolini, la descrizione delle gran Terme Ercolane, volgarmente dette il Tempio di Serapide. Il Pareto ed il Pasini entrarono in alcuni particolari relativamente al preteso innalzamento del mare, sostenuto dal eav. Niccolini per ispiegare il fenomeno di Pozzuoli. Per T c- same, chiesto dall’autore, di questo lavoro furono deputali i professori Collegno, Pasini e Sacchi. Si lesse poscia una lettera del conte Paoli sopra un nocciolo selcioso trovato nello strobilo di un Pino, e si comunicò una lettera del Presidente generale march. Brignóle Sale sulla pietra da cui deriva la sabbia altirabile dalla calamita di Pegli. A questa succedeva la presentazione di un elenco dei graniti porfidi e marmi dell’alto Novarese, compilato dall’avv. Benvenuto Poggio di Novara. Venne quindi letta una memoria mandata dal prof. Ponzi di Roma Sulle ossa fossili della Campagna Romana. Indi il can. Carrcl presentò molti saggi di rocce levigate e di rocce striate della Valle d’Aosta, ch’egli offriva al Museo dell’Università di Genova, dando alcuni schiarimenti verbali sulle medesime. Si mostrarono esemplari di un combustibile fossile trovato a Pitigliano, e presentato con lettera dal dott. Salvagnoli. Il Pareto, La Marmora, Coquand e De Zigno dichiarano eh’è lignite delle marne del terreno terziario medio. L’ing. Baldracco lesse una nota sopra un diaspro porfì- dico della provincia di Chiavari, ed espose un nuovo processo per la riduzione delle loppe contenenti ferro e rame. Si lesse una lettera del dott. Passerini di Pisa, con cui accompagnava un Saggio di nomenclatura geologico-orittogno- stica latina. Il prof. De Filippi espose le osservazioni geologiche e mineralogiche da lui fatte nel Piacentino nella Val di Nura, ed insistè sulla utilità che si potrebbe ricavare dalla grande massa di ferro magnetico attraversato da filoni di rame che si trova alle Ferriere. Il march. Pareto aggiunse un cenno sulla costituzione geologica della regione citata dal prof. De Filippi, e tracciava in essa l’estensione delle serpentine. Il generale La Marmora propose um premio di 500 franchi a chi presenterà la migliore e più completa monografia dei terreni numinulitici dell'Europa meridionale, e principalmente dell’Italia, notando le loro relazioni con quelle degli altri paesi. La proposta è diretta a chiarire le incertezze che ancora sussistono su questo particolare, e veniva accolta con unanimi applausi dalla sezione. Il march. Pareto faceva vedere le diverse nummuliti che si trovano nei terreni da lui descritti nelle antecedenti sedute, ed i fossili che le accompagnano. Questi oggetti davano luogo ad una breve discussione. Si raccomandò caldamente ai geologi italiani di mandare al Museo Geologico centrale stabilito in Firenze le rocce, i minerali ed i fossili dell’ Italia. Poscia il Pasini invitava la sezione al Congresso di Venezia colle seguenti parole : « Alcune circostanze mi hanno obbligato da sei anni a sospendere quasi intieramente le mie ricerche geologiche ed a rimanere lontano dalle mie raccolte, da’ miei libri e da tutti que’ materiali ch’io aveva adunato per contribuire, il meglio che per me si potesse, alla illustrazione geologica delle Alpi. « Questa lunga separazione va ben tosto a finire, e tornando fra le domestiche pareti per dedicarmi di nuovo agli studi favoriti, ho speranza di vedervi di nuovo l’anno venturo nella bella Venezia, di potervi servire di scorta nelle corse che imprenderemo fra le montagne dov’ io son nato, e di poter mostrarvi le rocce ed i fossili che ho raccolto, ed ogni altro risultamento delle mie ricerche. « A Venezia dunque io v’invito, o egregi colleghi, ed alla visita di quelle montagne, dove su piccolo spazio ed in breve tempo vi sarà dato riconoscere le rocce di quasi tutte le epo- che dagli antichi terreni cristallini ai più recenti depositi terziari. Questo esame chiarirà, non dubito, molti punti ancora controversi della geologia italiana. « Confido che tutti sarete per accogliere cortesemente l’invito che vi fo in nome mio proprio e degli altri cultori della geologia che abitano i paesi veneti ». Dopo queste parole del vice-presidente, il presidente marchese Pareto, tracciati brevemente i lavori della sezione, prendeva commiato con eloquente ed affettuoso discorso, che fu ripetutamente applaudito. SEZIONE DI CHIMICA. Presidente PROF, GIOCHINO TADDKI. Vice-Presidente PROF. G. B. CANOBBIO. C DOTT. GIACOMO FINOLLO Segretari ? ( CHIM. FELICE DE NEGRI È conveniente cosa che il lettore prima di conoscere le cose trattate in questa sezione vegga i quesiti proposti nelle riunioni dei Congressi anteriori ^ già discussi in parte o tramandati indiscussi alla sezione di Chimica del Congresso di Genova. QUESITI PROPOSTI NEL CONGRESSO DI FIRENZE. (Adunanza del 29 settembre 1811). I. 4.° Quale azione provi il carbonato d’ammoniaca assorbito dal carbone sotto l’influenza di temperature diverse proprie delle varie stagioni j tenuto conto delle osservazioni in proposito fatte dal march. Ridolfi, e dalla sezione verificate. II. 5.° Quale azione eserciti il carbonato d’ ammoniaca sulle piante allorché molto allungato d’acqua venga presen- tato alle spongille delle loro radici ; e determinare se l’acqua delle piogge contenga realmente tracce d’ammoniaca, conforme si asserisce. III. 6.° Indagare se, formando le masse del letame con alternarne gli strati con altri di polvere di carbone, e per modo che l’ultimo strato della massa sia di carbone, i letami si conservino e si dissecchino senza che sia necessario l’aiuto di calore artificiale o del sole. IV. 7.° Ripetere i medesimi esperimenti, sostituendo al carbone le argille ben cotte e ridotte in polvere, per quindi notarne gli effetti. V. 8.° Stabilire con quale intensità d’azione le argille cotte, del pari che mischiate con sostanze vegetali, assorbano e ritengano i liquidi ed i gas, e come poi li modifichino. VI. 9.° Stabilire il grado di cottura delle argille più propizio all’ assorbimento in questione, ed il modo di eseguirla economicamente nella pluralità dei casi e delle circostanze.' VII. IO. 0 Finalmente riferire le pratiche di quei paesi ove si usano le argille cotte come mezzo fertilizzante. QUESITI PROPOSTI NEL CONGRESSO DI LUCCA. (Adunanza del 29 settembre 1843). Vili. i.° Proseguire lo studio chimico della materia fosforescente delle lucciole (discusso nel sesto Congresso c tramandato). IX. 2.° Studiare l’azione che la mannite, lo zucchero ed altre sostanze analoghe esercitano sui borati. X l.° A quali cause debbasi definitivamente attribuire la fermentazione alcoolica? XI. 2.° Si danno delle sostanze isomeriche? Indagare le cause che produrrebbero l’isomeria. XII. 3.° Gli acidi o i composti capaci di produrre dei sali cogli ossidi per base., debbono essere riguardati come idracidi, conforme hanno ammesso Davy e Doulong? XIII. 4.° L’acido carbonico, l’aria, l’ammoniaca, e le materie saline inorganiche, sono esse le sole sostanze che concorrono allo sviluppo delle piante ? XIV. 5.° Qual’è, nell’impressione delle tele dipinte, l’influenza che le variazioni atmosferiche possono esercitare sulle combinazioni dei mordenti di ferro e d’allumina coi tessuti? XV. 6.° Quali sono le reazioni chimiche che possono aver luogo al fondo dei mari? XVI. 7.° In qual modo si spiega la formazione dei depositi di zolfo nei differenti luoghi conosciuti ? XVII. 8.° Dei miasmi e dei mezzi di conoscerne la natura. XVIII. 9.° Indicare un mezzo efficace, pronto e facile per riconoscere le falsificazioni degli olii in commercio. XIX. IO. 0 Indicare i mezzi chimici, coll’aiuto dei quali si potesse riconoscere l’avvelenamento prodotto dagli alcali organici. Conosciuti i quesiti presentati alla sezione di Chimica, mi faccio ora a parlare degli oggetti discussi in questa sezione. La prima seduta fu aperta il di 45 col discorso inaugurale del presidente. Esprimeva questi la sua convinzione sulla necessità che tutto quanto risguarda le scienze debba essere patrimonio comune, e quindi affatto indipendente dai confali politici che separano i dotti che le coltivano; rendeva grazie al Granduca di Toscana siccome istitutore dei Congressi Scientifici, ed agli altri principi che non li temono, come si vorrebbe da taluno far credere, ma li proteggono. Secondo lui non v’ha angolo d’Italia in cui chi può non sia convinto del gran principio che la scienza fa la prosperità degli Siati. E qui gli era fatto adito ad esprimere la riconoscenza universale dei buoni e la speciale dei dotti verso quel Sommo che segnalò la sua esaltazione al sacro seggio con atti di saggia clemenza e di illuminata filantropia; e volle dar prove non dubbie dell’amore che porta alla scienza, ed in particolare all’instituzione dei Congressi, che mira a diffonderla, permettendo finalmente a tutti coloro che la coltivano ne’ suoi Stati l'accorrere alle riunioni dei loro confratelli. II presidente non può disconoscere come la chimica abbia sempre avuto pochi cultori in Italia, ma confida che alcune recenti instituzioni varranno ad accrescerne il numero, ed intanto egli si confortava credendo che i membri componenti la sezione siano pochi si, ma valenti. In seguito il prof. Canobbio dava lettura d’un sunto storico delle vicende della chimica nella città di Genova, dall’epoca della fecondazione della cattedra di chimica fino al 1840 , in cui quella cattedra fu a lui confidata. Lo stesso dopo di ciò leggeva una lettera del chimico Cenedella, nella quale fa cenno di alcune sue esperienze sulla Crepis foetidaj nella cui radice avrebbe ottenuto, seguendo lo stesso processo impiegato per ottenere l’acido valerianico, un acido di color giallo dorato, che si decompone alla temperatura dell’ acqua bollente, che si converte coll’ossido cuprico in acido carbonico ed in «na materia cristallizzabile in lamine. Leggevasi pure un rap- porto dello stesso Cenedella sulle varie miniere di carbon fossile del Regno Lombardo-Veneto e del Tirolo italiano. Il prof. Sgarzi di Bologna annunziava alla sezione di avere avuto l’incarico di esaminare i carboni fossili nel Bolognese, ed il Canobbio lo invitava a comunicare alla sezione i suoi lavori. In fine dell’adunanza il prof. Peretti annunziava la lettura d’una sua memoria intitolata : Nuove osservazioni sulle orine delVuomo. La seduta del 16 fu tutta impiegala, toltane la lettura del processo verbale, in una lettura del Peretti, e nella discussione eh’essa vi suscitò. Io riferirò quanto si trattò in questa adunanza colle stesse parole con cui ne diedero la relazione gii Annali di Chimica applicala alla 3Iedicina nel fascicolo di dicembre Ì846. « Il Perrctti, nella memoria che si fece a leggere, richiamò i suoi studii sull’urea da lui latti conoscere al Congresso di Napoli; disse come allora aveva asserito che l’urea contenuta nell’orina dell’uomo non è una base, ma bensi un acido da lui denominato antropuricoj ricordò le obbiezioni che questa sua opinione, per verità affatto contraria a quella dei chimici i più illustri, incontrò per parte dei membri del settimo Congresso, e in particolare del prof. Piria, il quale aveva inclinalo a credere che l’urea da lui allora presentata fosse impura, e lo fosse per la presenza di una certa quantità di soda. A meglio combattere quelle obbiezioni, e specialmente quelle del prof. Piria, al (piale lanciò qualche sarcasmo, tanto immeritato quanto ingeneroso, siccome quello che feriva un assente, narrò d’aver raccolte nuove osservazioni, e d’aver preparato altra urea con maggiore accuratezza, e disse esser sua intenzione di sottomettere sì le une che le altre all’esame della dotta assemblea, confidando eh’ ella avrebbe riconosciuta l’aggiustatezza delle sue idee. Descrisse poi le proprietà della sua urea ed il processo da lui seguito per ottenerla, il quale non differisce da quelli che si riscontrano nei trattati di chimica tanto che meriti d’essere notato. Quanto poi alle esperienze instituite per riconoscerne la natura acida, esse si riducono all’ aver egli fatto un composto di urea con altre basi salificabili e nell’ averlo assoggettato all’ azione della pila voltaica, per la quale l’urea, in confronto delle basi, avrebbe reagito come un acido. « Aperta la discussione sulla memoria del Peretti, il prof. Canobbio disse che sarebbe importante a sapersi se l’acido antropurico del Peretti consti aneli’ esso come quella sostanza che i chimici chiamano urea, e che si comporta come una base di ossigeno, idrogeno, carbonio ed azoto, e nelle stesse proporzioni; che per riconoscer ciò, trattandosi di sostanze organiche, sarebbe necessario di ripetere almeno tre volte le indagini analitiche; e che poi si dovrebbe esaminare se hanno caratteri diversi in modo da poter essere chimicamente considerati come corpi separati, e cosi conciliare le opinioni. Infine conchiuse candidamente che qualora fosse riconosciuto che entrambe quelle sostanze constano degli stessi componenti e nelle stesse proporzioni, esse dovrebbero necessariamente avere le stesse proprietà, ed esser quindi identiche. « Indovini chi può a che volesse riuscire il Canobbio colle sue osservazioni, e soprattutto come queste possano giovare a sciogliere la quistione. Del resto chiunque ha appena qualche conoscenza della chimica meraviglierà non poco alle ul- II IO lime proposizioni del sullodato professore. Il Canobbio sembrò aver dimenticato, per quel solo momento crediamo, che, perchè due date sostanze possano dirsi di composizione chimica identica, è necessario non solo che constino d’un egual numero d’atomi degli stessi elementi, ma inoltre che quegli atomi sien tra loro combinati nello stesso modo per entrambe le sostanze. Dippiù il Canobbio si scordò che, date anche queste condizioni, due sostanze ponno benissimo godere di proprietà molto diverse, o, ciò che torna lo stesso, essere isomeriche. Gli esempi d’isomerismo poi, trattandosi di sostanze organiche, sono talmente ovvi?, che più vi si pensa, più cresce la meraviglia suscitata dalle innocenti parole del Canobbio. « Lodi siano quindi alla avvedutezza del presidente, il quale, appena il Canobbio cessò di parlare, fece tosto osservare al Peretti che i dati fornitigli dalla pila non valgono a stabilire l’acidità dell’urea; giacché avendo egli impiegato per questa esperienza un composto , e secondo lui (il Peretti) un sale d’urea, era ben naturale che al confronto di basi salificabili più potenti, l’urea si comportasse a quella prova come si comportano gli acidi, senza perciò esser tale in realtà. Che del resto egli non si era accertato che la sua urea fosse pura, al quale intento avrebbe potuto esporre al calore in un crogiuolo di platino una certa quantità di quel suo sale, ed esaminati i residui fissi, osservare se essi constavano soltanto delle basi cli’ei vi aveva commisto, o non piuttosto se assieme a queste non si trovasse qualche altra sostanza, la quale avesse potuto preesister nell’ urea, ed averlo così tratto ad un giudizio erroneo. Soggiunse poi che in ogni caso sarebbe stato assai meglio ottenere anzi tutto l’urea pura e pura indubbiamente, e su di essa intraprendere poi le esperienze che ne provassero la sua acidità. Rispose il Peretti d’aver già trovato delle combinazioni d’urea colla calce, colla soda e colla magnesia. Ripetè il Taddei che perchè questo argomento potesse aver qualche valore sarebbe necessario che il Peretti si fosse accertato che il corpo unito a quelle basi fosse proprio urea ed urea pura; il che non avendo fatto, la sua opinione non vi trovava un appoggio. « Ma il Peretti insistendo perchè venisse nominata una commissione che verificasse la purezza de’ suoi preparati, ed in- stituisse ricerche opportune a decidere sul merito della sua opinione, il Canobbio fece osservare che ricerche molto dili- cate mal si potrebbero istituire nel laboratorio dell’ Università di Genova da lui diretto, il quale, quantunque fornito d’un crogiuolo di platino col suo coperchio (!!), non era sufficientemente provveduto dei mezzi analitici indispensabili alle prove domandate dal Peretti. « Questa volta dobbiamo proprio lodare la prudenza del professore di Genova, chè coi nostri propri occhi dovemmo riconoscere la compassionevole miseria del suo laboratorio. Giustizia vuole che ci affrettiamo a dichiarare com’egli stesso la riconosca, coni’ egli abbia fatto dal canto suo ogni sforzo per rimediarvi, e som’egli sia dolente del poco successo ottenuto. Con un laboratorio che appena fanno riconoscer per tale qualche fornelli, alcune storte ed alcuni armadi in cui fu- ron gettati, per giacervi, diversi vasi con entrovi alcune delle più comuni sostanze chimiche, nella mancanza di una ordinata collezione di preparati chimici, è impossibile l’istruirsi nelle nozioni anche le più elementari della scienza chimica. In tanta povertà di suppellettile scientifica vorremmo clic il Canobbio perseverasse, come non ne dubitiamo, nelle sue istanze presso cui spetta, onde la studiosa gioventù della Liguria non sia più a lungo sprovveduta dei mezzi di erudirsi in una scienza nella quale il felice di lei intelletto farebbe sperare gloriosi successi. « Torniamo ora alle discussioni della seduta del giorno 16. Il Canobbio adunque, pur confessando la pochezza de’ suoi mezzi, ritiene tuttavia che alcune indagini preliminari possano pure instituirsi. Il presidente Taddei avrebbe voluto evitare anche queste, ma il prof. Botto sorse a proporre che una commissione verificasse durante il Congresso la purezza del- l’urea del Peretti, provata la quale, un’altra commissione assumesse poi a tutto agio in esame il resto delle opinioni del Peretti, e ne riferisse al Congresso di Venezia. Il Gaulthier De Claubry, appoggiando la proposta, suggerì alcuni mezzi atti a verificar la purezza dell’urea, e il presidente compose la commissione dei professori Sgarzi, dott. Parmeggiani, Cristo- foro Grassi e conte Lodovico Bertozzi ». Nella tornata del giorno 17 il segretario De Negri leggeva una memoria del dott. Serafino Capezzuoli intitolata : Nuove comparazioni della materia grassa nelYuovo incubato e nell’uovo già sviluppato. Dopo che il presidente ebbe esposte alcune osservazioni su questo argomento, ne venne una lunga discussione, in capo alla quale fu risolto d’inserire per intiero la detta memoria negli Atti del Congresso. In seguilo il prof. Henry Gaultier De Claubry annunziò un Nouveau moyen mécanique de delruire la putrefaclion dans le rouissage du Un et du chanvre } sul quale discussero molti membri della sezione. Da Henry Gaultier De Claubry esponevasi nell’adunanza del 18 un metodo per determinare quantitativamente lo stagno per via umida. Dopo di ciò il segretario De Negri presentava un saggio di magnesia del farmacista Milani accompagnato da una sua lettera, nella quale diceva di avere ottenuta una magnesia che ha tutti i caratteri di quella di Henry, e pregava la sezione a voler farne l’esame. Dopo alcune osservazioni fatte da alcuni membri su questo proposito, il prof. Peretti, informato che la commissione da lui chiesta e destinata a riferire sulla purezza dell’urea presentata non aveva per il momento intenzione di progredire oltre nell’ esame degli altri prodotti offerti, ritirò la sua proposta. Il presidente però osservava non essere in diritto di modificare il mandato della commissione a meno che il Peretti non ne facesse formale domanda. Il De Negri lesse una memoria inviata dal Casanti intorno al modo di comportarsi della tintura acquosa di campeggio colle soluzioni di diversi composti salini. Il Taddei, fondandosi sull’ estrema sensibilità della materia colorante del campeggio, ne riconosceva la somma importanza come reattivo, e citava in appoggio alcune sue esperienze. Dopo qualche discussione su questo argomento, il Grigolato leggeva due memorie, l’una riguardante un acido particolare da lui ottenuto dall’Eupatorium Cannabinum , e l’altra sopra alcuni grani speronati rinvenuti in qualche spica di frumento che hanno molta analogia colla segale cornuta. In fine dell’ adunanza il De Negri leggeva una nota del Menici di Pisa sopra alcune esperienze fatte sul girasole (adianthus anmms) 3 cui varii membri facevano diverse osservazioni. Nella tornata del di -19 il dott. Ravizza contestava al Milani la priorità del suo metodo di preparare la magnesia coi caratteri di quella di Henry. Dopo di ciò il segretario Finollo leggeva una lettera indirizzata dalla sezione Medica alla sezione Chimica* colla quale i membri della prima invitavano i chimici ad unirsi con loro onde discutere sull’utilità che verrebbe alla medicina adottando un sedo Co dice Farmaceutico cd un solo sistema di pesi e misure per tutta l’Italia. Il presidente* dopo udite le diverse osservaìziofli di diclini membri* rispondeva con lettera al cav. Speranza* presidente della sezione di Medicina* ed al cav. Rossi, presidente della sezione di Chirurgia* aderendo in nome dei chimicii all’invito fattogli* e rimettendosi alle determinazioni che le due suddette sezioni avrebbero preso in proposito (d). Il prof. Canobbio leggeva quindi una nota del chimico Woehler sul lattucone, cd il dott. farmeigiani leggeva una memoria di Francesco Selmi intitolata : Studi sul latte. Tanto sulla prima che sulla seconda venivano fatte da alcuni membri diverse osservazioni. In questa adunanza il dott. Giuseppe Mazzini inviava con lettera alla sezione un saggio di un minerale esistente nel villaggio Sopra la Croce* Mandamento di Eorsonasca. Venne poscia nominata una commissione incaricata dell’analisi delle acque presentate dal dott. Mazzini. Il conte Bertozzi leggeva il dì 21 il rapporto della commissione sull’urea del prof. Peretti. Il Woehler su questo proposito consigliava al Peretti di preparare l’urea artificiale* che si può ottenere purissima* e di ripetere su questa le esperienze (1) Vedi i lavori della sezione di Medicina nel voi. I. < 8 $ 181 già instituite, trattandosi di argomento della massima importanza nello studio della chimica organica. Il Peretti avendo fatte alcune osservazioni sul rapporto della commissione, gli veniva soggiunto dal presidente Taddei che il parere della commissione era per allora inappellabile, riservando alla opinione pubblica un ulteriore giudizio. Il prof. Canobbio dava una comunicazione d’un lavoro dei chimici Woehler e Liebig Sulla reazione dell’acido cianico sull’alcool e sull’aldeide. Questa memoria sarà inserita per intiero negli Atti del Congresso. II presidente leggeva in seguito una sua memoria Sulla suscettibilità che hanno le materie organiche azotate a combinarsi colle inorganiche. Alcuni membri confermavano con molti fatti le ricerche del Taddei; e la sezione risolveva di far inserire per intiero anche questa memoria negli atti del Congresso. Il prof. Canobbio parlava della proposta del Bossin- gault di fare un’analisi qualificativa delle acque nei paesi ove domina la rachitide; ed il Ruspini di Bergamo comunicava le sue osservazioni sulla preparazione in grande della man- nite, presentandone alcuni saggi all’ adunanza, la quale mostrò molto interesse pel suo lavoro. Nell’adunanza del 22 (I) il segretario De Negri dava comunicazione di una lettera pervenuta a S. E. il march. Brignole Sale, Presidente generale dell’ ottavo Congresso, da parte dei (I) Prima che fosse approvato il processo verbale della tornata precedente, il presidente Taddei faceva alcune osservazioni al Ruspini riguardo a quanto questo aveva asserito sull’azione che la inannite esercita sull’ossido di piombo, cui il Ruspini rispondeva dando analoghi schiarimenti. (Nota dell'autore.) membri della Commissione di Beneficenza in Livorno, che qui riproduco per intiero, così volendo il decoro italiano, e trattandosi d’un fatto che onora il benefattore ed il beneficato, e presenta da un lato il bell’esempio di carità patria, e dall’ altro il sentimento della riconoscenza, « Eccellenza, « Gli Scienziati Italiani hanno dimostrato che se i loro consessi annuali in varie città della nostra patria comune servono a fomentare gli studi Cd arricchire la Scienza, non sono meno efficaci a stringer vincoli d’intima fratellanza conducente ad opere di carità cittadina. E già di quest’ opere rallegratasi l’umanità quando vide l’attenzione dei Congregati Sapienti rivolta agli Asili infantili, agli Orfanotrofiii, ai Peni- tenziarii e ad altre istituzioni consecrate ad educaire, beneficare o correggere col proponimento di esaminande e perfezionarne i principii, non che di animarne l’operositìà al pronto sollievo di quei mali che l’acume scientifico accuiratamente investigava. — Nel Genovese Congresso, cui Y. E. degnamente presiede, si apre nuovo e luminoso campo per comgiungere all’ esercizio dell’ intelletto l’esempio pratico di verace pietà. Il terremoto del 14 agosto tolse a moltissimi tetto, sostanze, mezzi d’industria, come lasciò orfani in estrema miseria, e vedove desolate. Intere popolazioni gemono per immense sciagure. La pubblica e privata carità hanno dato vita in Toscana a Commissioni di Beneficenza, le quali, secondando i sovrani provvedimenti, raccolgono soccorsi per gl’infelici, e la nostra città, afflitta da non lievi danni materiali, si mostrò essa pure sollecita a sussidiare i vicini fratelli pivi gravemente disastrati dal tremendo infortunio. I sentimenti caritativi pie- sto si propagarono al di là dei confini Toscani, e ci è grato proclamare essere Genova fralle prime città d’Italia che al grido della sventura abbia alacremente risposto. A Genova dunque mandiamo parole di riconoscenza anziché di eccitamento, e indirizzandole al Congresso Scientifico crediamo fare cosa convenientissima, imperocché vive ed opera nel suo seno il fiore della Ligure cittadinanza esultante per il nuovo lustro che la città nobilissima ne riceve, e tutti coloro che vi accorrono da oltre le Alpi, e da ogni parte della Penisola sentono il bisogno di trarre motivo da opportune ed oneste occasioni onde afforzare nella umana famiglia quei legami che guidano al progresso della civiltà e della universale prosperità. E noi pure impegnati a sacro ufficio vi accorriamo col pensiero e con voci di caldo affetto, le quali suoneranno dolenti, ma verranno accolte da cuori genovesi con quella benevolenza che acquista energia dove è contatto di animi ingentiliti da sublimi meditazioni atte ad avvicinare l’uomo per la via del vero all’eterna sorgente di ogni bontà! Sì, l’illustre Congresso Genovese, sovvenendo i miseri danneggiati dal terremoto del 14 agosto, insegnerà coll’esempio che la schietta carità ha per carattere distintivo T universalità delle applicazioni, e tanto più speriam frutto delle nostre preghiere in quanto che sono affidate al potente patrocinio di V. E., cui rassegniamo con profondo ossequio l’attestato della nostra considerazione. « Livorno, dal Palazzo Comunitativo, 14 settembre 1846 ». (Seguono le firme). Il prof. Taddei aggiungeva a nome dei Toscani alcune parole di ringraziamento ai cittadini Genovesi che furono accolte con segni di plauso. 154 Il prof. Canobbio prosegui la lettura della nota dei chimici Woehler e Liebig Della reazione dell’acido cianico sull’alcool e l’aldeide. Il prof. Peretti leggeva poscia una memoria-metodo , col quale si può riconoscere se l’amaro contenuto in una pianta sia dovuto ad un alcaloide, ovvero ad un resinato alcalino. Il Coppa comunicava alcuni suoi lavori sull’ olio delle castagne amare. II prof. De Cananei espose in fine alcune ricerche analitiche istituite da una commissione, della quale era relatore, sopra la Pomata di S. Bois di L. Dubouais. Il dott. Parmeggiani leggeva, nella tornata del di 23, una sua memoria intorno ai cambiamenti che accadono alle sostanze solfo-azotate nelle funzioni della digestione. 11 prof. cav. Taddei, il prof. Sgarzi ed il Grasso aprirono la discussione sullo stesso oggetto, ed appoggiarono le opinioni del dott. Par- meggiani, citando molte interessanti esperienze da loro insti- tuite, e molti fatti comprovanti la verità e l’importanza di quanto espose il Parmeggiani. La sua memoria sarà inserita negli Atti del Congresso. Il segretario De Negri dava comunicazione di una memoria del prof. Giuli di Siena Sull’alterazione delle patate raccolte in diversi luoghi del territorio Toscano , e presentava alcuni saggi di tuberi infetti. Diversi membri discussero a lungo sulla malattia delle patate considerata sotto il rapporto chimico, non essendo intenzione dei membri della sezione di Chimica d’invadere il dominio dell’ agronomia. Il prof. Sobrero proponeva che si facessero esperimenti analitici da chi è posto in favorevoli condizioni onde poter presentare al Congresso di Venezia una serie di lavori ponderati e propri a condurre alla soluzione della questione, promettendo dal canto suo di concorrere con tutta l’alacrità in questa utile impresa. L’Abbene annunziava avere già in pronto i suoi studii sulle patate, che presto sarebbero stati pubblicati. Esaurita la discussione, il De’ Conti del Seprio presentò all’ adunanza delle boccie di cristallo a bocca stretta e chiuse a smeriglio ad uso de’ farmacisti, atte a garantire ermeticamente gli acidi e gli spiriti, decorate di un elegante cartellino indelebile portante il nome della sostanza e la sua gravità specifica. Il chini. Coppa, nell’adunanza del giorno 24, ritornando a quanto aveva detto in una antecedente seduta sull’olio da lui ritrovato nelle castagne d’india, dichiarava ch’egli non considera quest’olio che come un prodotto secondario nel suo lavoro, essendo suo scopo principale di tramutare la fecola di questi frutti in alcool; locchè egli ottenne con pieno successo. Inoltre s’egli avesse dovuto ricercare YEsculinaj non nell’olio, come sospetta il Grigolato, ma bensi nel precipitato calcico, avrebbe cercato di rinvenirla. Conchiudeva infine col dire che quattro sono i prodotti da lui ottenuti da queste castagne, cioè la Destrina , il Gaz luce, l’olio, il glucose, e da questo lo spirito. Il De Negri dava lettura di uno scritto del prof. Luigi Sementini col titolo : Della combinazione del mercurio col ferro. Dopo analoga discussione, il Sobrero, professore di chimica applicata alle arti, leggeva una memoria riguardante una serie di esperienze ed osservazioni da lui fatte unitamente al Mauss, ispettore onorario del genio civile, ed al cav. A. Si- smonda, prof, di mineralogia, Sopra una nuova foggia di forno fumivoro e sull'impiego di alcuni combustibili fossili del Piemonte per le macchine locomolive delle strade ferrateli chim. Coppa esprimeva il desiderio di vedere associata la sezione di Chimica a quella di Tecnologia, onde i membri delle due sezioni potessero far tesoro comune dei lavori che ad entrambe si riferiscono. Il prof. Taddei soggiunse doversi questa proposta presentare alle adunanze generali, e non alle singole sezioni. Il P. Gallicano Bertazzi lesse una memoria Del biferro-cianidrato di chinina. Il prof. Taddei comunicò T invio fatto alla sezione di un saggio di acqua minerale esistente presso Ronco, e nominò una commissione incaricata d’istituire un’analisi qualificativa. Il prof. Peretti presentò in ultimo un acido rinvenuto nella Matricaria Parlenium. Il prof. Sobrero domandava, nella tornata del giorno 25, che si aggiungesse a maggiore schiarimento di quanto era stato riferito nel Diario, riguardo al desiderio da lui espresso che tutti i chimici intraprendano stridii sulla malattia delle patate per riferirne al Congresso di Venezia, aver egli avuto in mira di ricercare qual parte possano avere nella produzione della malattia delle patate i materiali inorganici dei terreni, rintracciando questi nelle patate sane e malate, e nei terreni nei quali esse vegetarono. Il De Negri comunicava alla sezione le seguenti lettere e note, dirette al presidente Taddei. Una lettera del march. Ridolfi accompagnata da un estratto a stampa del Giornale Agrario di Firenze, e due semi di Arau~ caria Ridolfìana , eh’ egli chiama con nome volgare Pino Americano. Il Ridolfi, esternando il suo dispiacere di non potere assistere al Congresso di Genova, e volendo in qualche modo parteciparvi, pregava il presidente di voler comunicare alla sezione l’analisi di questi semi, fatta dal prof. Piria, invitando alcuno dei membri ad estrarre l’amido dai semi presentati. Il presidente pregava il conte Bertozzi di assumersi l’incarico di questa operazione; ed il conte accettò gentilmente l’invito. Una lettera del prof. G. L. Cantò con due note, delle quali si dava lettura, col titolo: 4. a Nota intorno all’influenza che esercita il corbonio sul grado di stabilità deijoduri metallici quando si trovano assoggettali alla simultanea azione del calorico e del gaz azoto ,• 2. a Nola sulla scomposizione dei joduri metallici per mezzo dell’azoto. Il chim. Abbene, il prof. Taddei e il prof. Sobrero intrattennero l’adunanza con una interessante discussione sul lavoro del Cantò. Una lettera del dott. Targioni-Tozzetti, nella quale accennava non aver potuto fin qui per motivi di salute sdebitarsi dell’incarico avuto dal Congresso di Napoli di presentare un lavoro compiuto intorno ai combustibili fossili della Toscana, e prometteva di ultimare le sue ricerche, onde averle in pronto pel futuro Congresso di Venezia. Una lettera del Casoria di Napoli con due estratti a stampa, col titolo: 4.° Ricerche intorno all’Allume di Croma ; 2. a Analisi di 34 calcoli uro-vescicali pertinenti al Museo Patologico della R. Università di Palermo. Il prof. Sgarzi, il prof. Taddei ed il Mulledo facevano alcune osservazioni sul- T analisi del Casoria. 4$ 158 Il presidente presentava all’adunanza tre concrezioni calcolose del peso complessivo di libb. i9, rinvenute negli intestini di un mulo, mandate alla sezione da Pio Rastelli assieme ad una nota illustrativa. Si dava quindi lettura di una memoria del prof. Selmi intitolata: Alcune osservazioni sull’ Amigdalina. Il chim. Coppa domandava che lo scritto del Selmi fosse inserito per intiero negli Atti del Congresso. Il prof. Sobrero annunziava alla sezione l’invio fatto dal dott. Domenget di alcuni saggi dell’ acqua minerale di Challes in Savoia, ed eseguiva alcune esperienze tendenti a dimostrare la natura di quest’ acqua. Il Grigolato leggeva infine una sua memoria Sulla proprietà del carbone animale di togliere il principio amaro ai vegetali. Sulla quale venivano fatte alcune osservazioni. Il conte Bertozzi leggeva il di 26 il rapporto della commissione incaricata dell’analisi dell’acqua minerale del villaggio di Soprala Croce nella provincia di Chiavari, portata dal dott. Mazzini, e presentava quindi alla sezione F amido ottenuto dai semi di Araucaria inviali dal Ridolfi. Il presidente, annuendo al voto del Ridolfi, trasmetteva col mezzo dei segretari l’amido estratto alla sezione di Botanica e Fisiologia vegetale. Il chim. Righini leggeva una nota sul Falerianato di fer- rOj sua preparazione , metamorfosi che l’accompagnano , e suoi caratteri fisico-chimici. Il presidente, il prof. Sobrero, il prof. Canobbio e il Grasso facevano alcune osservazioni sulla convenienza del metodo adoperato dal Righini. Il can. Cecconi leggeva quindi una sua memoria Sopra un / 4K$ 159 suo processo per ottenere la fusione della gomma elastica. Il chini. Abbene comunicava alcuni Cenni intorno all’acqua sol- furea nelle vicinanze di Monbasilio presso Ceva. Il presidente dava lettura delle sue Ricerche sul sangue dei vertebrati , che furono accolte dalla sezione con vivi segni di plauso. Sulla proposta fatta dall’autore presidente Taddei di nominare in seno alla sezione una commissione dalla quale fossero esclusi, oltre il presidente, gli ufficiali della presidenza, onde rimuovere ogni sospetto di parzialità e deferenza a suo riguardo, il prof. Grottanelli, facendo un elogio alla somma modestia e delicatezza del presidente, insisteva a nome di tutta la sezione perchè egli volesse assistere agli esperimenti da istituirsi in proposito, e tutta l’adunanza manifestava unanime la sua adesione a tale proposta. Il conte Bertozzi, il prof. Canobbio e il prof. Sobrero concertarono il modp da tenersi più ovvio, e conciliabile colla brevità del tempo. Il cav. prof. Taddei offrì di comunicare alla sezione il metodo sperimentale da lui tenuto onde potesse esser di norma ai chimici che dovevano occuparsi di quest’ analisi. Il cliim. Abbene propose infine s’inserisse negli Atti la descrizione di questo metodo. Il presidente leggeva nell’ adunanza del 28 lo stato nominativo dei membri componenti i comitati istituiti nelle diverse provincie d’Italia per la redazione di un Codice Farmaceutico Italiano, de’ quali fu eletto per voto unanime presidente generale, e presidente del comitato di Toscana e di Lucca (1). (t) Veggansi i lavori della sezione di Medicina nel voi. I. Il dott. Panneggiai» leggeva la sua Nola intorno alle reazioni presentate dalle soluzioni di alcuni sali alcalini sidla fibrina recente del sangue venoso. Il segretario De Negri leggeva il rapporto sulle tre concrezioni calcolose indirizzato dal Rastelli al presidente cav. Taddei. Il Multedo accennava qualche suo lavoro analitico fatto sopra queste concrezioni, e i risultati ottenuti. Il segretario De Negri leggeva pure una memoria del principe Bartolomeo De Soresina Yidoni sopra un suo 31etodo per lavorare il lino senza preventiva macerazione e fermentnzio- ncj, accompagnata da due saggi di lino ottenuto con questo metodo, che si presentarono all’esame dei membri della sezione. Si diede in seguito lettura di una lettera dei fratelli Ansaldo, proprietari della Manifattura Reale di foulards ia Genova, nella quale invitavano i chimici italiani ad intraprendere, come già fu praticato in Francia, degli studii, onde fissare stampando sulla seta il vero rosso «/arance, nominando atale uopo una commissione incaricata di riferirne al Congresso di Venezia. Il presidente riconobbe l’importanza di questi studii, c fece un appello all’operosità dei chimici preseni al Congresso onde volessero nell’intervallo di un anno p’eparare i loro lavori da comunicarsi al futuro Congresso. Il Baldracco, ingegnere delle miniere, leggevi una sua memoria col titolo : Della corruzione dell*aria nei lOtterranei delle cave di ardesia situale nei territori di Lavagia e di Co- goniOj provincia di Chiavari , dei mezzi di porvi riparo s e della natura del terreno in cui trovami. La lettun di queste memorie dava luogo ad una discussione. Il segretario De Negri dava lettura di tre memorie del cav. prof. Cantò: d. a Intorno ad un nuovo metodo per la ricerca del bromo e dell’iodio; 2. a Intorno alla mutua scomposizione d’alcuni sali aioidei ; 5. a Intorno alla reazione dei corpi ossigenati sopra i clorurii bromuri„ gli joduri ed i cianuri, li Abbene propose s’inserissero per intiero negli Atti del Congresso queste tre memorie. Il presidente presentava alla sezione una pila in azione modificata dal Carraresi, facendone rilevare la somma importanza per le infinite applicazioni che di questa si fanno dai chimici alle indagini analitiche. Il Ruspini leggeva il rapporto della commissione incaricata dell’ analisi delle acque minerali di Ronco. Il presidente Taddei, mentre annunziava essere la sezione di Chimica giunta al termine della sua adunanza, a norma dello statuto organico, invitava i membri della sezione pel giorno 2) ad una seduta supplementaria onde esaurire le materie che ancor rimanevano a trattarsi. Quindi pronunziava un eloquente ed affettuoso discorso di congedo 3 del quale la sezione ad unanimità ordinava la stampa. Nell’ adunanza supplementare del 29 il Baldracco dava notizie del suo apparecchio per utilizzare la fiamma perduta nelle Ferriere Catalano-Liguri; ed il Canobbio leggeva la memoria del Selmi intitolata: Indagini intorno al zolfo ulteriori a (fucile die furono comunicate alla sezione di chimica nel sesto Congresso. Il De Negri leggeva una nota del prof Cozzi col titolo 5 Descrizime di due apparecchi destinati ad effettuare V analisi clemeilare delle sostanze organiche; ed in fine era chiusa II H 4$ 1(52 §*> l’adunanza colla lettura d’una memoria del prof. Casoria col titolo: Ricerche intorno all’allume di Cromo ( 1). (1) Chi bramasse di leggere notizie più diffuse sui lavori della sezione di Chimica del Congresso di Genova, vegga gli Annali di Chimica applicata alla Medicina , compilati dal sig. dott. Gio. Polli. Fascicoli di novembre, dicembre 4846 e seguenti. (Nota dell'autore.) RAPPORTO SVI LAVORI DELLA SEZIONE DI CHIMICA DISI» DIT ©US1OT& LETTO NELLA SEDUTA GENERALE IL DÌ 29 SETTEMBRE 1846 DAL DOTT. GIACOMO FINOLLO SEGRETARIO La sezione di Chimica ne’ suoi lavori scientifici non volle nè potè rimaner seconda alle altre sorelle. Presieduta anche questa volta dal cav. prof. Taddei, il cui nome suona una lode^ onorata dall’intervento di altri valenti chimici italiani non che di un Woehler e di un Gaultier De Claubry, vantava nel suo seno troppo illustri Rappresentanti della chimica italiana ^ tedesca e francese 3 per non dovere corrispondere an- ch’essa all’altrui aspettazione. Dava principio alle sedute il presidente Taddei con un discorso inaugurale j che riscosse vivi applausi ; al quale., per parte del vice-presidente prof. CanobbiOj tenne dietro l’esposizione di un sunto storico dello stato della chimica in Genova cominciando dall’ epoca in cui venne la prima volta sta- bilita in questa città una cattedra di chimica, e venendo fino al tempo presente. Quindi la sezione passava ad occuparsi di diversi argomenti riguardanti la chimica inorganica, organica ed applicata. E cominciando dall’inorganica, sorgeva il prof. Gaultier De Claubry a determinare le minime quantità dello stagno per via umida col metodo dei volumi, fondato sulla decolorazione istantanea di una dissoluzione d’iodio per mezzo dei sali di protossido di stagno o dei corrispondenti composti aloidi di questo metallo. — Quindi il prof. Cantù ci facca conoscere il suo metodo per la ricerca del bromo e dell’iodio: trattava dell’ influenza esercitata dal carbonio sul grado di stabilità degli ioduri metallici quando si trovano assoggettati alla simultanea azione del calorico e del gaz azoto ■ della scomposizione degli ioduri metallici per mezzo del gaz azoto ; della mutua scomposizione di alcuni sali aioidei, e finalmente della reazione dei corpi ossigenati sopra i cloruri, i bromuri, gli ioduri ed i cianuri. — Il Casoria inviava alla sezione le sue ricerche intorno all’allume di cromo; il prof. Selmi le sue osservazioni sopra il solfo, e il Cenedella un rapporto sopra le varie miniere di combustibili fossili nel Regno Lombardo-Veneto e nel Tirolo italiano: alle quali comunicazioni un’ altra si aggiungeva del prof. Targioni Tozzetti sopra un buon numero di combustibili fossili della Toscana, che riconobbe esser tutti vere ligniti. Ma si è principalmente alla chimica organica quella alla quale i membri della sezione, certi della grande influenzi che un giorno dovrà esercitare sulle arti e le scienze naturali, diressero i loro studi e le loro indagini. E discendendo a parlare dei diversi lavori riguardanti la chimica vegetabile , ci è grato il riferire che l’illustre professore di Gottinga ci metteva a parte delle sue ricerche analitiche istituite sopra diverse sostanze fin qui sconosciute. Egli descriveva prima un nuovo composto cristallino., detto da lui lattucone, del quale ci fece conoscere la composizione e le proprietà. Passando quindi a dar comunicazione degli studii ed esperienze da esso lui intraprese in un col celebre Liebig intorno alla reazione dell’acido cianico sull’alcool e l’aldeide, descriveva due nuovi acidi dotati di proprietà singolari, l’a- cido allofanico e l’acido trigeaico; il primo dei quali in diverse reazioni dà luogo alla produzione dell’ urea, ed il secondo alla formazione della chinolina. — Il modo di comportarsi della tintura acquosa di campeccio colle soluzioni di diversi composti salini fu messo in chiaro dal dott. Damiano Casanti, il quale riconobbe in essa un reagente sensibile per distinguere le acque di fonte, o contenenti anche poche tracce di sali calcarei, dall’acqua piovana o in generale dalle acque che ne vanno scevre. — Importanti osservazioni sopra l’a- migdalina venivano fatte per parte del prof. Selmi, il quale, dopo aver proposto un metodo per ottenere facilmente quest’ultima sostanza, passava ad esporci quali agenti abbiano la proprietà d’impedire l’azione della sinaptasia sulla medesima, e quali principii azotati catalitici possedano l’efficacia di scomporla. — Il prof. Peretti descriveva un metodo per riconoscere se l’amaro di una pianta sia dovuto ad un alcaloide o ad un resinato alcalino; e accennava di aver ottenuto un nuovo acido lasciando esposta all’ aria l’acqua della Matrica- ria Parlenium. — Il Grigolato annunziava di aver anch’ esso ottenuto un nuovo acido dall’ Eupalormm Cannabinnmj descriveva alcuni grani spronati rinvenuti in alcune spiclie di fromento, e aventi molta analogia colla segale cornuta; e parlava della proprietà che ha il carbone animale di loglieire il principio amaro alle sostanze vegetabili. — 11 Cenedella descriveva alcuni caratteri di un nuovo acido che giunse ad estrarre dalla Crepis foelida. Oltre a ciò l’analisi dei semi d’ Araucaria Ridoìfiana istituita dal prof. Piria ; quella dell’acqua sulfurea di Monbasilio (presso Ceva) fatta dal prof. Ab- bcne; quella eseguita dal Multedo sulla polvere rossa caduta in Genova sotto forma di pioggia nel mese di maggio scorso; la composizione della pomata di S. Bois di L. Dubouais, di cui parlava il prof. De Cattanei; quella dell’acqua minerale di Ronco, non che quella del luogo detto Di sopra la Croce (Mandamento di Borzonasca), determinata da due commissioni appositamente create; il valcrianato di sesquiossido di ferro e il biferro cianidrato di chinina, il primo dei quali descritto dal Righini, e il secondo dal Padre Gallicano Bertazzi, furono altrettanti nuovi argomenti che intrattennero la nostra sezione, e diedero luogo ad importanti discussioni. Ricerche anche più interessanti vennero fatte da diversi membri, per ciò che riguarda la chimica animale. — L’urea fu soggetto di molte esperienze per parte del prof. Perctti. — Le nuove comparazioni della materia grassa nell’uovo incubato e nell’uovo già sviluppato conducevano il dott. Capez- zuoli ad importanti osservazioni. — Il prof. Selmi ci dava notizia de’ suoi studii sul latte; ed il Casoria ci comunicava le sue ricerche analitiche intorno a 34 calcoli uro-vessicali appartenenti al Museo Patologico dell’Università di Palermo. — Il presidente Taddei ci facea l’enumerazione dei risultati di alcune sue sperienze dirette a misurare l’affinità relativa di varie materie organiche si proteiche che non proteiche, con alcuni materiali inorganici, ed in ispecie col fosfato basico di calce; dalle quali risulta che il maximum d’affinità è segnato dalla fibrina tratta dai muscoli, e il minimum lo c da sostanze non proteiche, per esempio la gelatina. Quindi lo stesso prof. Taddei trattava di un argomento della più alta importanza per le sue applicazioni, dir voglio del suo metodo di discriminazione del sangue umano da quello dei bruti, invitando la sezione a farsi giudice nella questione insorta a questo proposito fra esso lui e il prof. Mori di Pisa. — I cambiamenti che subiscono le sostanze solfo-azotate sotto l’azione delle forze digerenti formarono il soggetto di una interessante memoria del dott. Parmeggiani; il che forniva occasione al prof. Sgarzi per esporre i risultati delle sue indagini analìtiche istituite sulle produzioni integumentali dell’Armadillo, del Co- codrillo e del Chetodonte. — Dallo stesso dott. Parmeggiani venivano esposte le reazioni delle soluzioni di alcuni sali alcalini sulla fibrina recente del sangue venoso; ed il prof. Andrea Cozzi ci dava la descrizione di due apparecchi destinati ad effettuare l’analisi elementare delle sostanze organiche sì vegetali che animali. Per ciò che riguarda la chimica applicata veniva esposto dal prof. Gaultier De Claubry un mezzo meccanico per preparare il lino ed il canape senza aver ricorso alla macerazione o alla fermentazione nell’acqua. —11 principe De Soresina Vidoni descriveva un metodo per lavorare il lino senza previa macerazione e fermentazione. — Il Coppa enumerava i di- versi prodotti che., con mezzo economico, ottenne dalle castagne d’india, i quali sono un olio fisso che puossi impiegare nelle arti per ungere le lane, per preparare il sapone, ec., del gaz-luce, della colla per l’apparecchio delle tele, un liquore spiritoso potabile e dell’ alcool. — Il Grasso parlava di un processo per togliere la rancidità agli olii, il quale consiste nell’uso di una soluzione acquea di albume d’uovo. — I combusti- bili fossili di Noceto e di Cadibone furono il soggetto di molte ricerche per parte del Mauss, del prof. Sismonda e del prof. Sobrero, i quali sono d’avviso potersi impiegare i ridetti combustibili facendo uso di una nuova foggia di forno fumivoro, di cui danno la descrizione, facendo rimarcare come la grande quantità di solfo che essi contengono non può tornare nociva. — Il Ruspini descriveva un metodo per la preparazione in grande della mannite, della quale presentava molli saggi alla sezione, la quale ebbe occasione di ammirarne la bianchezza e la perfetta cristallizzazione. — Finalmente l’ing.Bal- dracco parlava della corruzione dell’ aria nei sotterranei delle cave di ardesia situate nei territori di Lavagna e di Cogorno (provincia di Chiavari), dei mezzi di porvi riparo, non che della natura del terreno in cui trovansi : al che aggiungeva la comunicazione di alcune nuove pratiche da esso suggerite ed adottate nei forni fusorii del ferro, per le quali risulterebbe maggior quantità di prodotto e minor dispendio di combustibile. A questa succinta enumerazione dei principali lavori concernenti le diverse parti della chimica aggiungeremo che il dott. Carraresi offriva all’ esame dell’ assemblea la sua Pila di Burgen modificata e corredata di condensatore elettrico Fa- remo in ultimo notare, a maggior gloria della nostra sezione, che si è, mediante la di lei cooperazione, che potremo aver fra non molto un Formolario Farmaceutico uniforme per tutta l’Italia; al qual fine il cav. prof. Taddei veniva eletto a presidente generale dei diversi Comitati istituiti a questo oggetto nelle diverse provincie della Penisola : che finalmente non meno importanti furono le discussioni che ebbero luogo nella nostra sezione relativamente alle diverse comunicazioni che vennero fatte; discussioni che riuscirono anche più fruttuose sotto la saggia direzione del presidente Taddei, il quale poneva fine alle sedute con un discorso che riscuoteva generali applausi. SEZIONE DI CHIRURGIA E ANATOMIA. Presidente CR GIOVANNI ROSSI, Vice-Presidente PROF. BARTOLOMEO GHERARDI. f DOTT. BERNARDO BATTOLLA Segretari } ( DOTT. GIAN LORENZO BOTTO Accingendomi a render conto dei lavori di questa sezione esporrò prima gli argomenti o quesiti proposti nelle riunioni dei Congressi anteriori già discussi in parte o tramandati indiscussi alla sezione di Chirurgia ed Anatomia del Congresso di Genova. QUESITO PROPOSTO NEL CONGRESSO DI LUCCA. (Adunanza del 29 settembre 1843). I. l.° Se la vera fibra muscolare s’infiammi, o no? — 2.° Se dato, e non concesso, che s’infiammi, per opera della infiammazione si rigeneri, o no? — 3.° Se da causa traumatica o da agente deleterio asportato o distrutto, o tutto un muscolo o porzione di esso, si rigeneri? <*•£ 17! $«• QUESITI PROPOSTI NEL CONGRESSO DI NAPOLI E TRAMANDATI A QUEL DI GENOVA. II. 4.° Se la pelviotomia, modificandosi nel miglior modo possibile il processo operativo, possa in alcuni e determinati casi preferirsi al taglio cesareo. III. 2.° Determinare se la profonda infiammazione gangrenosa del tessuto cellulare sottocutaneo cagionata dal morso del Trachinus Draco , volgarmente detto dai pescatori napolitani Tracina , debba aversi com’effetto d’un principio venefico dell’ animale, ovvero come conseguenza della ferita da morso. IV. 3.°, § 4.° Determinare qual sia il volume e la natura dei calcoli vcscicali ch’esclude la litotripsia. § 2.° Determinare quale sia il volume dei calcoli che possano cavarsi col metodo sottopubiano, e quale sia il processo operativo più conveniente. V. 4°, § 4.° Determinare i casi di deviamento della colonna vertebrale, dipendenti da retrazione di muscoli sacro-spinali. | 2.° Se in questi casi la miotomia possa razionalmente praticarsi, e quali vantaggi se ne possono ottenere. VI. 5.° Determinare se nel caso di parto periodico con feto morto nel corso dell’ ottavo mese convenga nelle gravidanze consecutive provocare il parto prematuro. Secondo l’ordine da me seguito fin qui, mi farò a discorrere dei lavori della sezione di Chirurgia e Anatomia (4). (I) Avrei desiderato di diffondermi molto nella descrizione dei lavori scientifici della sezione di Chirurgia e Anatomia, non che di Il dì lo il presidente apriva le adunanze con un discorso nel quale venne proclamando la utilità dei Congressi Scientifici in generale, e quanto per ciò stesso possa andar lieta l’Italia per aver fatto allignare nel suo seno una istituzione tanto proficua alle scienze. Enumerò quindi i vantaggi che le scienze naturali, e specialmente le chirurgiche, aspettavano dal concorso di tanti che le professano. I quali vantaggi, assai meglio che per l’addietro, ei diceva attendersi in Genova, ove l’anatomia e la chirurgia erari per esser trattate in una sezione a sè, ed indipendente dalla sezione di Medicina. Ed affinchè i lavori della sezione di Chirurgia e Anatomia conseguir potessero il bramato effetto, prometteva la più calda e maggiore opera che per lui si sarebbe potuto. Troppo persuaso del concorso unanime de’ convenuti della attiva loro cooperazione, invitavali ad esporre i risultati de’ propri studii ad incremento e lustro della scienza, e specialmente raccomandava di comunicare osservazioni chiare ed esatte, e che le induzioni partisscr da fatti non incompleti, ma ripetuti e veramente concludenti, e che le discussioni si avesser non tanto in conto di accademiche aringhe, quanto di amichevoli conferenze, nelle quali a ciascuno sarebbe stato dato esporre quelli della sezione dì Medicina trattati nel primo volume, comechè spettano a scienza, cui particolarmente dedico i miei studii, ma l’abbondanza delle materie trattate nelle nove sezioni mi ha obbligato a tenermi anche per queste all’ ordine ed alla brevità che ho dovuto seguire per le altre. Chi bramasse però di conoscere più in esteso i lavori delle sezioni di Medicina, Chirurgia ed Anatomia vegga gii Annali Universali di Medicina già compilati dal dott. A. Omodei, e continuati dal dott. Carlo Ampelio Calderini, Fascicoli di novembre 1846 e gennaio 1847. (Nata dell’attore.) ilo liberamente le proprie opinioni senza tema nè di spirito di parte^, nè di predominio di speciali dottrine, nè della disarmonia de’ principii così nociva alla chiara intelligenza dei fatti. Indi era invitato il dott. Secondi, segretario della sezione di Chirurgia a Napoli, a voler richiamare alla memoria quali argomenti insoluti il Congresso di Napoli avesse tramandato a questo di Genova. Ed egli prendeva la parola in proposito, ricordando come fra gli argomenti non risoluti in Napoli fosse il quesito sulla miotomia spinale, intorno al quale soggetto esponeva le sue particolari considerazioni. — Fondandosi sulla natura ed importanza anatomica delle parli, egli sog- giugneva non temere di recidere in più punti gli attacchi dei muscoli spinali; citava i felici risultati ottenuti dal prof. Carbonai, e sosteneva tale operazione utile e vantaggiosamente praticabile ogni qual volta non esistono insuperabili deformità della colonna vertebrale. II dott. Rogier De Beaufort proponea che i quesiti fosser formolati nel modo stesso che lo furono al Congresso di Napoli. Il prof. Vannoni domandò che fosse differita la discussione del quesito sulla miotomia in discorso fino all’arrivo in Genova del prof. Carbonai, siccome quello che possiede fatti propri, valevoli a sciogliere questo argomento. E il presidente ne aggiornava la trattazione. 11 dott. Pertusio dava lettura di una sua memoria, nella quale era proposta una modificazione alla legatura circolare delle arterie, modificazione ch’egli crede poter divenire feconda di utili conseguenze. Applicato il laccio, egli pensa che prima di stringerlo torni di molta utilità il far precedere la divisiono delle tona- ■ 8 ^ 174 che interne dell' arteria, per la ragione che ove si stringa l’arteria stessa a segno di romperne col laccio le interne tonache, la esterna trovasi molto compressa, e quindi, ove il vaso abbia sofferto qualche alterazione, o sia travagliato, ad esempio, d’incrostazione calcare, si divide troppo presto, e prima che avvengane l’obliterazione; mentre, all’opposto, facendo precedere la divisione delle interne tonache, con lieve strettura, si ottiene il combaciamento delle pareti della tonaca esterna, e si previene cosi il pericolo di una divisione prematura. A tale oggetto il dolt. Pertusio passa nel modo solilo il laccio sotto l’arteria, ne forma un’ansa per sollevarla tanto che basti a introdurvi per di sotto una branca della pinza a bacchette del dott. Amussat, preme quindi con questa l’arteria in modo da romperne le tonache interne, e completa per ultimo 1’ allacciatura. A provare la utilità di questa sua modificazione riferiva il dolt. Pertusio la storia di due legature dell’arteria femorale per aneurisma al poplite, le quali furono seguite da un felice successo quantunque praticate in circostanze sfavorevoli, per essere gli infermi affetti da morbo sifilitico, e le arterie in istato patologico. Il presidente rimandava la discussione sopra questo argomento alla successiva adunanza. Il dott. C. A.Caldcrini, cogliendo l’occasione della proposta fatta dal presidente che la sezione di Chirurgia dovesse occuparsi durante il Congresso dell’applicazione della galvano- puntura in alcune malattie chirurgiche, e massimamente nella cura degli aneurismi, compendiosamente esponeva la storia di quanto si era operato in proposito presso gli stranieri e fra noi; quindi comunicava essersi fatti in Milano de- gli esperimenti affine di obliterare le arterie di animali coagulando coll’elettricità il sangue scorrente in esse. Narrava che tali esperimenti vi venner fatti da due gruppi di sperimentatori: da un lato per cura di .una commissione dell’Accademia Fisio-Medico-Statistica, alla quale ha l’onore di appartenere, e dall’altro da una società di giovani milanesi. E siccome que’ gruppi di sperimentatori non erano riusciti all’uguale risultamenlo, essendo la commissione accademica rimasta quasi direbbesi a mezza via nell’ ottenere essa coagulazione, mentre l’altro gruppo avea prodotto il coagulo, e tale da rimanerne otturati i vasi arteriosi sui quali eransi fatte le prove, e avea conseguito Io scopo, il dott. Calderini proponeva alla presidenza di nominare una commissione composta di medici e di fisici per ripetere gli esperimenti e constatare gli asseriti risultameuti. Terminava poi col proporre che venisse invitato il dott. Quaglino, presente all’ adunanza, altro degli sperimentatori milanesi che avevano ottenuto il grumo sanguigno otturatore, a voler egli stesso ripetere quelle sperienze davanti alla commissione, potendo ben daisi che guardando al suo modo di sperimentare coronato da esito felice, e riscontrandolo con quello adoperato dagli altri non riusciti ad ottenerlo, si venisse a scoprire la cagione della differenza di risultameuti ottenuti dai due gruppi di sperimentatori diretti, ma non riusciti ad un medesimo fine. Il dott. Secondi chiedeva che si differisse a far tali esperimenti sino a che fosser giunti i dottori Fario e Calegari che molto si eran occupati di questa materia. Il presidente all’ incontro avvisava doversi tosto cominciare le proposte sperienze per aver maggior campo ad os- servare se il coagulo che si forma è durevole, e tener dietro alle modificazioni che in esso avvengono. E siccome il tempo del Congresso era troppo breve perchè tutta si potesse percorrere la serie delle esperienze a farsi per constatare la durevolezza degli asseriti risultamenti, diceva che anche per quindici giorni successivi alla chiusura del Congresso la commissione avrebbe continuato le sue osservazioni per esaminare i gradi di resistenza del coagulo sanguigno, la forza di adesione dello stesso alle pareti del vaso, non che il modo di obliterarsi di questo. Facevano in seguito altre importanti osservazioni il dott. Caire, il prof. Centofanti, il presidente ed il dott. Quaglino, dopo le quali il presidente procedeva alla nomina della commissione destinata a praticare gli opportuni esperimenti, la quale fu composta del dott. C. A. Calderini, chiamato a presiederla, dei professori di fisica Marianini, Orioli, Bancalari; dei professori di medicina Gherardi, Bò, Tornati, Arrighetti, e dei dottori Secondi, Quaglino, Caire, Riboli, Cerioli, Banca- lari, Arata, Asson, Cipolina, Massa. Una seconda commissione veniva pure nominata dal presidente per visitare gli istituti ospitalieri relativi alla sezione, composta di membri non genovesi, nei professori e dottori Secondi, Yannoni, Borelli, Centofanti, Calderini, Pertusio, Morardet, Asson, De Beaufort. Nell’adunanza del giorno 46, dopo varie osservazioni fatte da alcuni membri sul modo da tenersi della commissione destinata a sperimentare sugli animali il valore della galvano- puntura , la sezione era chiamata a discutere sulla memoria del dott. Pertusio relativa ad una sua modificazione per la le- gatura delle arterie, ed era primo il presidente stesso ad impugnare la utilità della proposta modificazione, considerandola atta piuttosto a favorire anziché a prevenire le emorragie secondarie, ed appoggiava la sua opinione a numerosi esperimenti suoi propri, del Vacca e di altri molti. Nell’ulteriore sviluppo di questo argomento sorse questione intorno ai vantaggi o danni che si hanno nel procurare la rottura delle tonache interne dell’arterie nell’allacciatura delle medesime. Presero parte attiva a questa discussione il presidente, il dott. Pertusio, il prof. Gherardi ed il prof. Centofanti; ma per l’ora avanzata questa discussione venne differita ad altra adunanza. Il presidente nel dì 17 riapriva la discussione intorno al quesito se convenga o no romper le interne tonache nell’ al- l’allacciatura delle arterie, ed emetteva il voto che dall’adunanza si pronunziasse su questo argomento. Si oppose a questo modo di ultimare la questione il prof. Bo, e dopo alcune osservazioni del dott. Lunghi in favore del metodo inglese, e dopo una discussione, cui presero parte il presidente, il prof. Gherardi, i dottori Negrotto e Dclla-Cella, il prof. Centofanti, fondandosi sui molti ed importanti lavori già pubblicati su quest’argomento, proponeva di chiudere la discussione. II prof. Capezzi leggeva una sua memoria intorno al quesito: Se la pelviotomia sia preferibile alla gastro-isterotomia, ed in questo caso quale sia il metodo migliore per eseguirla. Il prof. Centofanti ed altri membri vi facevano alcune osservazioni, e la discussione venne rimessa ad altra seduta. Essendosi presentato alla sezione un uomo avente un voluminosa tumore alla parte laterale del collo, il presidente II 12 ■ 8 $ 173 fa incaricava dell’esame del medesimo i professori Ghcrardi e Arrighetti, ed i dottori Asson, Secondi e Bancalari. Nella tornata del giorno 48 veniva invitato il dott. Calde- rini a fissare il giorno per esperimentare la galvano-puntura sugli animali, alcuni dei quali erano già in pronto. Aperta la discussione sul quarto quesito trasmesso dal Congresso di Napoli a quello di Genova, il dott. Secondi esponeva le proprie idee riguardanti la tenotomia dei muscoli dorsali; dava le ragioni per le quali detto quesito restò insoluto nel settimo Congresso; sosteneva che la tenotomia dei muscoli dorsali è accettabile quando non esistano vizi della colonna vertebrale a tal grado da far presagire inefficace la tenotomia accennata; citava i felici risultamenti ottenuti con essa da varii chirurghi; negava il pericolo asserito da alcuni di dover recidere nervi o vasi di speciale importanza, o di dover praticare ferite troppo numerose di attacchi muscolari, osservando la rarità dei casi nei quali il vizio sia esteso alla maggior parte di essi; derivando quindi il proprio parere dalla base anatomica, e dai felici risultati ottenuti da quelli che la instituirono come si deve, e nei soli casi ove era veramente indicata, dichiarava essere quest’atto chirurgico nelle condizioni di precisata convenienza, non solamente utile, ma ben anco razionale e di nessun pericolo. Concludeva anche proponendo che l’assemblea emettesse in proposito il proprio voto a decoro della chirurgia ed a guarentigia futura dei chirurghi che fossero nella opportunità di praticarla. Il prof. Carbonai, in conformità alla decisione fatta dal dott. Secondi, leggeva una memoria sulla miotomia spinale; dichiarava di abbracciare gli stessi principii, e che la stessa 4 <$ 179 operazione, ad eccezione di piccole differenze inconcludenti, è nella stessa identicità come se fosse applicata ad altre parti. Dopo varie dimande dirette dal presidente al prof. Carbonai intorno alla miotoinia in genere, dopo alcune osservazioni in proposito del prof. Gherardi, e dottori G. L. Botto, Beaufort e Secondi, venne adottata la decisione fatta dallo stesso Secondi, che servì di chiusa a tale argomento. S’aperse la discussione sul quinto quesito trasmesso pure da Napoli: Nfe nel caso di parlo periodico con feto morto nel corso dell’ottavo mese convenga nelle gravidanze consecutive provocare il parto prematuro. Il dott. Secondi adduceva tali argomenti in favore di questa pratica, che dopo alcune altre osservazioni conformi del dott. Arata, prof. Cenlofanti, dottori Caire e Tosi, e dopo maggiore sviluppo dato allo stesso argomento dal prof. Yannoni, l’assemblea convenendo unaniniamente rispondeva al discusso quesito nei seguenti precisi termini : Ferifìcato dalle quattro alle cinque volle il caso di parto periodico , con feto morto nel corso dell’ottavo mese, conviene nelle gravidanze consecutive provocare il parto prematuro. Il presidente invitava, nella seduta del giorno 19, il dott. Asson a presentare il parere della commissione incaricata a riferire sopra il tumore che aveva al lato destro del collo l’uomo presentatosi pel relativo esame all’adunanza del giorno 17, c questi, in nome della commissione, ne faceva il rapporto non senza premettere alla diagnosi di aneurisma alcune riflessioni sulle cause e sulla forma dello stesso. Il presidente osservava che il punto più interessante era quello di fissare le indicazioni curative, e prima di ciò prò- poneva che fosse da tutti i membri della sezione visitato l’ammalato clic si trovava presente, ma per dar esito ad altri incombenti se ne trasmise l’esame al fine della sedata. 11 prof. Carbonai dicendo che il letto del Nardo è imperfetto,, proponeva di adottare l’uso di un letto da lui inventato per trasportare più facilmente gli ammalati, e per medicarli più comodamente in qualunque siasi posizione, particolarmente nelle malattie del dorso. Venne instituita una commissione per darne relativo parere. Si dava lettura dal dott. Pietro Arata <1’ una memoria sul quesito della pclviotomia. Dopo di che il dott. Botto le fece osservare che si è allontanato dalla trattativa del quesito trasmesso da Napoli. Dopo alcune parole del dott. Capezzi, il prof. Cento fanti si opponeva radicalmente alle opinioni del lettore della memoria, e si metteva d’accordo col dott. Secondi, il quale disse che la pelviotomia è stata rigettata dal Congresso di Napoli, asserendo che la stessa è stata anche in Francia decisa non accettabile dalla sana chirurgia ; ma il prof. Vannoni, esponendo diverse ragioni in contrario, sosteneva che, mancandoci ancora una serie di fatti, questa sentenza si potrebbe dire immatura a carico di un’operazione che egli altronde considera nè tanto difficile, nè tanto pericolosa, come venne da altri considerata; ed è perciò che il presidente trasmetteva questa discussione ad altra seduta. Nel giorno 21 il presidente apriva un’ altra volta la discussione sulla pelviotomia. Il prof. Vannoni osservava che, mentre nella tornata anteriore sosteneva che questa non dovesse venire esclusa dalla sana chirurgia, intendeva di piazzarla non già ira la sinlìsiotomia e la isterotomia, ma precisamente tra il parlo provocato e l’operazione cesarea, quando però non esistano vizi dello inferiore. 11 dott. Capezzi osservava che assistendo ad un parto a nove mesi, non si può calcolare nel parto provocato, e questa circostanza venne ammessa come eccezionale. Il dott. Secondi soggiungeva che, se non può restare totalmente risoluto il quesito, si facesse conoscere che la trattativa era stata molta discussa, e che l’argomento si è d’assai illustrato, che non si dovesse trasmettere più tale e quale il quesito ad altro Congresso, e che convenisse stabilire rigorosamente le condizioni nelle quali si potrebbe praticare la pel- viotomia, e formolare perciò un altro quesito da trasmettersi al nono Congresso onde far vedere che nell’ottavo non si è lasciato di far qualche passo sopra questo argomento. Il presidente appoggiava a tale pensiero, aggiungendo che il valore di quest’ atto chirurgico non può essere dato che dal fatto clinico, ed invitava i dottori Vannoni e Secondi a formolare il quesito, il quale sarebbe stato pubblicato nel Diario del dì seguente. Il prof. Elice, per parte di un suo fratello, leggeva alcune note sul tetano traumatico, e sopra un modo facile di estrarre dall’utero per la testa il feto morto; ma interprete il presidente dell’opinione di tutti, soggiungeva che tanto un metodo clic l’altro non ammettono niente di nuovo. Venne accordato al prof. Textor, che diceva di dover al- 1 indimani partire di Cenova, di presentare un instrumento e di leggere alcune note sull’uso dello stesso per risecare le ossa. Quest’instrumcnlo, che sarebbe l’osteotomo di Heine, 182 §*« venne apprezzalo assai; ma il doti. Galli osservava che lo stesso era già stato presentalo all’ Accademia di Parigi, che alcuni vi hanno già scritto relativamente, e che molti l’hanno già praticato utilmente; non si tralasciava però di farlo osservare all’assemblea, e ne risultò che più dell’instrumenlo già conosciuto si può tener conto di un corredo di molli fatti clinici che il prof. Textor ha riportati nel metterlo in pratica. Il dott. Asson leggeva alcune osservazioni anatomico-patologiche sulla corrispondenza della glandola mammaria col sistema linfatico. Il presidente leggeva in fine una lettera del prof. Tadilei, il quale invitava la sezione Chirurgica ad unirsi alla Medica ed a quella di Chimica per fissare il modo di compilare una farmacopea per tutta la Penisola (1). Nella tornata del giorno 22 si leggeva una relazione sopra una ragazza che ne’ suoi primi anni udiva e parlava naturalmente, e che al momento presenta delle vaghe combinazioni differenti nel suo modo di udire e di parlare, essendosi fermato il potere di questi sensi in un certo stalo assai difettoso senza graduato sviluppo. Dietro questa lettura il presidente esponeva il desiderio che si emettesse dall’ assemblea qualche parere in proposito; ma il prof. Yannoni osservava che la relazione essendo imperfetta e l’argomento per sè difficile, non potevasi fare delle ragionate conclusioni; ad ogni modo in tanta oscurità sforzando alcuni l’ingegno per formare una diagnosi e per instituire un metodo curativo, dopo diverse dimande fattesi tra loro dal presidente, dal prof. Yau- (1) Y'eggansi i lavori delle sezioni di Medicina e di Chimica. noni e dal dolt. Calderini, il qual ultimo, avendo già prima visitata detta ammalata, ha potuto porgere alcuni schiarimenti in proposito, dopo un esame induttivo sulle cause e sulla condizione morbosa, non calcolando per il momento l’influenza nervosa, concertavano che si potrebbe supporre il vizio nella tuba eustachiana, e che perciò potrebbe essere razionalmente sondata con canoline, minugie, liquido o gaz. Il dott. Peloso osservava che egli stesso ha visto praticare questo metodo anche in Parigi molte volte, e con molta facilità, ma ben di rado utilmente. Il prof. Arrighetti soggiungeva che aneli’ esso ha assistito a quest’atto chirurgico, ma che nè da questo, nè dall’uso dei caustici esternamente applicati ha visto mai risultarne il menomo vantaggio. Il prof. Yannoni diceva che il difetto può dipendere da imperfetto sviluppo delle parti, e fra queste dal sistema nervoso destinato a questi sensi, e che non sarebbe fuori delle risorse dell’organismo che la prossima pubertà presentasse degli utili inaspettati. Il prof. Carbonai diceva che è stato assai decantato in questi casi il bagno ad aria condensata. Veniva anche proposto specialmente dal presidente l’uso dell’elettricità e della noce vomica, come agente sul sistema nervoso motore, e s’incaricava pel primo esperimento l’istessa commissione creata per le esperienze elettriche sugli animali, aggiungendo fra i delegati il prof. Ciniselli. 11 dott. Caire lesse una memoria sull’ uso del nitrato d’argento solido nella cura dell’ oftalmia scrofolosa, particolarmente con ulceri alla cornea, e se ne rimetteva la discussione al di seguente. Esaminato di nuovo l’aneurisma al lato destro del collo, di cui si parlò in altre adunanze, si decise che non era operabile coi soliti mezzi, e che sarebbe stato appena da tentarsi il metodo della galvano-puntura che nei giorni addietro aveva tanto ben corrisposto negli animali, formando assai presto il coagolo del sangue. S’interrogò l’ammalato presente se era contento di essere operato in questo modo, e rispondeva affermativamente ; si conchiuse che sarebbe stato tosto ricevuto nell’ ospedale di Pammatone per essere ivi operato alla presenza di una commissione incaricata a riferirne in seguito i risultati. Nel giorno 23 si dava luogo ad altre osservazioni sulla esclusiva convenienza di operare l’aneurisma al lato destro del collo mediante la galvano-puntura, e qui, dopo alcune idee espresse in contrario dal prof. Centofanti, e dal dott. Cai- re, prendevano la parola il presidente, il prof. Vannoni e Ci- niselli in favore dell’ indicazione e dell’ opportunità di praticarla, e quest’ultimo particolarmente portava in appoggio alcuni suoi fatti clinici. Si facevano a tale oggetto delle distinzioni, e si emettevano diversi criteri scientifici relativi agli elementi anatomico- fisiologici del tumore, e a questa parte teorico-pratica prendevano anche parte i dottori Quaglino, Asson e Calderini. La conclusione sta che non si deve tanto temere l’esito infausto di un atto chirurgico qualunque, allorché si trova in questo l’unica x’isorsa dell’ammalato. Convenuta l’assemblea di praticare la galvano-puntura ,■ se ne affidava l’esecuzione a coloro che se ne occuparono più specialmente, e vennero tra questi nominati i professori Ci- niselli, Cairo, Asson, Secondi, Quaglino, con l’assistenza de’ chirurghi principali ed assistenti dell’ospedale di Pammatone, formando cosi una commissione incaricata di riferirne. Si presentava all’assemblea il prof. Orioli, il quale disse che sapendo occuparsi in allora la sezione in esperienze elettriche, amerebbe comunicare in proposito un rendiconto di un suo figlio che riporta alcuni fatti del suo maestro doti. Angelo Cogevina, il quale ha messo in pratica alcune idee dallo stesso prof. Orioli comunicate relative all’applicazione dell’elettricità in varie malattie; e qui l’illustre professore, parlando di pile elementari con lamina di zinco sottile ed altra d’argento come più idonea per le oscillazioni di un’applicazione assai continuata, intendeva che si facessero con qualche caustico due piccole piaghe artificiali a certa distap- za sul corpo secondo la corrente elettrica che si vuole stabilire ; che le due lamine sieno applicate sopra le piaghe alle quali si manifesta un’azione elettrica più energica dallo zinco che dall’argento; ed infatti la piaga corrispondente allo zinco si dilata, si approfonda, si corrode, e la prima azione è una potente controirritazione più efficace di quella dei vessicatorii e della moxa. L’apparecchio si lascia in genere un giorno e mezzo, e non più, perchè diversamente la piaga dello zinco s’irrita troppo ; con questo mezzo diceva che si guariscono piaghe di cattiva indole, vere ulceri, carcinomi; si procurano le cicatrici, si fanno obliterare le fistole; ma che in questi due ultimi casi l’effetto appartiene non al polo dello zinco, ma a quello dell’ argento o del rame, e che sopra di ciò il prof. Co- geniva stamperebbe un libro riportante moltissimi fatti. Il presidente pregava il prof. Orioli a favorire la sua opinione se le correnti elettriche producano il trasporto delle sostauze nell’organismo; e veniva dallo stesso risposto essere statuto antico che le materie ponderabili possano essere trasportate coll’elettricità, che ciò fu in alcuni tempi oppugnato, ma recentemente riconfermato: si faceva però da sè un quesito che promise di non risolverlo, se cioè le sostanze introdotte restino o totalmente, o in parte, o sortano via; dubita perciò che F effetto possa essere transitorio senza portare vantaggio nel poco tempo che si trattiene nel corpo. Il presidente propose di sperimentare ciò colle sostanze che manifestano prontamente i loro effetti, per esempio colla belladonna per la dilatazione della pupilla, e col tartaro sti- biato per l’emesi; lo che venne apprezzato dal prof. Orioli, il quale aggiunse che si devono distinguere due modi di trasporto, uno delle materie immutate, e F altro delle materie decomposte alterate ; ed aggiunse anche altre distinzioni di azione elettrica, o statica, o dinamica, che qui non si riportano per brevità. Prendevano la parola su tale argomento i dott. Guerin e Peloso, ed il prof. Orioli conchiuse che gli esperimenti non sono mai troppo, che è ottimo consiglio il ripeterli, e che, oltre Fazione delle sostanze medicamentose passate o trattenute nell’organismo, tiene per certo che l’elettricità per sè sola sia un rimedio. Il presidente ringraziava il prof. Orioli di aver onorato di sua presenza la sezione Chirurgica, comunicando i suoi pensieri sull’utile terapeutico dell’elettricità, e lo pregava a far parte della commissione creata per assistere all’operazione della galvano-puntura. Si apriva, nella tornata del giorno 24, la discussione sulla memoria del dott. Cairo relativa all’uso del nitrato d’argento ^solido nell’oftalmia cronica scrofolosa, particolarmente con ulceri alla cornea, e qui primo il presidente osservava che aneli’esso pratica questa cura colla differenza che si serve del nitrato d’argento liquido invece del solido. Il dott. Tosi emetteva qualche idea in contrario per le risultanze di questo metodo; ma il dott. Negrotto osservava che non si potrebbe in complesso che annuire alle opinioni del dott. Caire, perchè queste oramai sono da tanti anni accettale dai migliori oculisti italiani e stranieri, e crederebbe solo di osservare al dott. Caire che invece di praticare soltanto il nitrato d’argento nelle oftalmie scrofolose croniche, si potrebbe usare anche in quelle che hanno un certo grado non però energico, acuto, giacché, secondo anche il parere di Scarpa, il caustico applicato sulle parti ulcerate toglie un morboso eccesso di sensibilità, che mantiene l’infiammazione ; e trovando nelle giudiziose osservazioni del dott. Caire, che ha rilevato dei vantaggi cauterizzando in punti dell’ occhio un po’ staccati dall’ ulcera, crede che ciò sia un fatto che corrisponda egualmente alle ragioni per le quali si usano in senso rivul- sivo le escissioni dei vasi che da più lontani punti si portano all’ ulcera istessa. Esponeva ancora che userebbe il nitrato d’argento solido sulle ulceri isolate, e liquido sulle più estese alterazioni uniformi delle oftalmie scrofolose. 11 dott. Marchetti, temendo troppo l’azione del caustico, intenderebbe di usare invece gli astringenti; e parlava ancora di cure generali, di differenze individuali; ma questi riflessi si giudicarono un po’ staccati dalla quistione, e il presidente in ultimo osservò che il caustico ormai in questi casi è prati- cato da lutti i chirurghi , giacché hanno riconosciuto che la sua prima azione è un po’ risentita, ma che non lascia poco dopo di calmare il dolore, e di cambiare il grado e l’indole delle infiammazioni scrofolose con ulceri. 11 dott. Secondi appoggiava a questi pensieri del presidente_ che servirono di chiusa alla discussione. Il dott. Bancalari leggeva una memoria sulle degenerazioni cancerose dell’ utero. Parlava specialmente dei caratteri propri di questa malattia ne’ suoi primordii, dulia necessita di constatarla a principio, e della differenza essenziale di altre infermità apparentemente conformi. Dichiarava che il cancro dell’ utero nella sua genesi si presenta sempre, o quasi sempre, sotto forma di migliare isolata vegetazione della membrana mucosa che lapezza il collo di questo viscere, e che a processo avanzalo presenta moltissime variate forme relative a’ suoi diversi periodi. Non ammetteva l’utilità de’ rimedii interni, anzi li crede tutti nocivi, e conchiudeva che le affezioni cancerose dell’utero non possono essere riparate che dalla medicina operatoria in tempo applicata, preferendo il taglio al caustico. Parlando in seguito dell’ esportazione totale dell’utero, protesta che per sé quest’atto chirurgico non è solo troppo ardito, ma che non è accettabile nelle risorse del- l’arte. Questo vasto argomento, trattato così nelle sue generali, presentava a tutti un campo vastissimo di osservazioni; ne vennero fatte alcune dal prof. Centofanti e dal presidente, ma, essendo al termine della seduta, se ne trasmise la discussione al dì vegnente. Nella tornata del dì 25 il dott. Marchetti esprimeva il de- siderio che alle sue idee, contrarie all’uso del caustico, si aggiungesse nel Diario che egli pensa ugualmente sull’uso di lutti gli astringenti nella cura delle oftalmie scrofolose; ed il dott. Tosi voleva pure si aggiungesse che la pratica del nitrato j d’argento nelle ulceri della cornea non è seguita da mancanza j di cicatrice egualmente nelle profonde che nelle superficiali. Si presentava in seguito dal prof. Vannoni il titolo sulla 1 pelviotomia da trasmettersi al Congresso di Venezia, e veniva accettato. Il presidente osservava che invece di aprire la discussione sul cancro, essendo questa già stata fatta ampiamente in altri Congressi, si passasse invece a trattare l’argomento sulla congiuntivite scrofolosa, e dichiarava che nella cura di questa malattia egli combatte a principio il processo flogistico con metodo deprimente proporzionato, volgendosi in ultimo con propri rimedii contro l’indole scrofolosa. Il prof. Vannoni, aggiunto su questo punto il suo voto a quello del presidente, dimandava ed otteneva eccezionalmente di prendere ancora parola sulla memoria del dott. Ban- calari relativa al cancro, ed apprezzandone le generali idee anche abbracciate dal maggior numero de’ chirurghi, manifestava soltanto un’ opposizione sul valore da attribuirsi alla granulazione migliare dal Bancalari considerata come sintomo primordiale delle affezioni cancerose, e basato sull’osservazione di falli clinici propri, si dichiarava convinto che se questa granulazione migliare si trova nel cancro, si trova anche in affezioni dell’utero non cancerose e consistenti in semplici escoriazioni guarite con semplicissimi mezzi, e che inoltre (piando si trova nel cancro, non la considera che co- 190 me forma espressiva di condizione associata. Anche il Bamca- lari, appoggiato alla sua ed all’altrui clinica osservazione, rispondeva che non può desistere dalle sue prime convinzioni. 11 dott. Marinelli leggeva una memoria sopra una membrana particolare, fitta, resistente, pellucida, priva di vasi, scabra, granulosa, sparsa (pia e là di scaglie ossee tra la retina e la coroidea. La dichiarava in istato patologico, e la presentava alla sezione, conservata tra lamine di vetro. Sopra questo strano fatto patologico fece a sè stesso ed all’assemblea le seguenti dimande : È dessa una membrana relativa tanto allo stato sano che allo morboso? E la membrana di Jacob degenerata? Le produzioni ossee sono figlie di detta membrana? Se è membrana che esiste in istato normale, a quale classe appartiene? A quale scopo la natura pose tra la coroidea e la retina delta membrana? A svolgere tali questioni emettevano diverse opinioni i varii membri della sezione. Nel giorno 26 si comunicava all’ assemblea che alle otto antimeridiane del dì vegnente doveva aver luogo nell’ospedale di Pammatone una seduta straordinaria per esaminare diversi instrumenti chirurgici, e fra gli altri un nuovo coltello per le amputazioni circolari, due nuovi instrumenti per la cistotomia, ed una macchinetta per fermare l’emorragia dopo l’arteriotomia. Il prof. Gherardi leggeva una memoria sulla convenienza di un migliore ricomponimento delle ossa fratturate e male riunite; e dopo diversi sani criterii in appoggio di questa pratica rilevati dalle sue cliniche c dalle altrui osservazioni, dopo aver notato delle circostanze che possono dar luogo a delle differenze eccezionali anche contrarie al parere del Mon- teggia, relative al tempo e al modo e al luogo,, non lasciava di conchiudere francamente che quest’atto chirurgico può essere praticato anche oltre il quarto mese dalle avvenute, scomposizioni. Il dolt. Asson faceva una piccola osservazione riguardo al tempo da eleggersi per questa operazione, ma il prof. Gherardi lo persuase a convenire ne’ suoi principii. Si lesse anche una memoria comunicata alla presidenza sulla cistiffelleotomia, e si presentò un calcolo biliare cavato colla medesima della grossezza e lunghezza di due pollici circa. II presidente riportava diversi fatti, dai quali risulta che queste concrezioni nella cistifellea non sono rarissime; e che quando la presenza delle medesime si fa conoscere improntando alla regione ipocondriaca destra dei tumori con o senza fluttuazione, crede che sia non indicata soltanto, ma necessaria la cristiffelleotomia. II dott. Bancalari dichiarava che negli Atti del Congresso di Lucca è riportato un suo fatto conforme; e che negli ascessi di questo genere fa utilmente uso della pietra caustica per dare esito ai contenuti degli ascessi esterni nelle regioni del fegato. Il dolt. Riboli presentava anche un calcolo biliare, che dalla sua forma lo crede passato dal condotto coledoco per l’ano. Il dott. Pietro Arata esprimeva che non si dovrebbe sempre praticare la cistiffel- leotomia quando non s’abbia che l’indicazione di un ascesso alla regione corrispondente; ma il presidente osservò che credendo di parlare con uomini colti, non vedeva necessario premettere tutte le cognizioni preliminari, e tutte le distinzioni scolastiche. Il prof. Arrighetli comunicava che il prof. Griffa, non sod- disfallo abbastanza della memoria sul cancro del Candolfi, alla quale fu conferito in Milano il premio da lui accordato di 500 lire italiane, propone un altro premio di lir. ital. 500 per chi con nuove osservazioni ed esperienze, da presentarsi al decimo Congresso Italiano, risolverà con maggiori ragioni patologiche e terapeutiche le quistioni sul cancro che si possono leggere negli Atti del Congresso di Milano. E lo stesso prof. Griffa proponeva ancora di praticare nella cura del cancro l’uso dell’idriodato di cicutinn, da lui creduto il rimedio meno degli altri infruttuoso. È stata anche trasmessa e letta al banco della presidenza una memoria sopra una gravidanza extrauterina del dott. Carlo Doglia; ma il dott. Berctta osservava clic dal tutto insieme riferito si tratta piuttosto di una cisti contenente denti c capelli, che di lina gravidanza. Il dott. Rubini, d’accordo col Berctta, riportava che nei gabinetti di Londra e di Parigi esistono molte di queste cisti con peli, unghie, cute, molti denti, ed anche ossa, espulse o ritrovate in vergini donne, e delle quali narrava un esempio particolare. Il prof. Vannoni, riguardo alla memoria letta, disse che non si trattava di gravidanza, ma di una cisti dermoidca, e che in genere i contenuti di questa cisti, secondo l’opinione di alcuni, non sono che gli effetti di alterate fantasie femminili, specialmente predominate dal desiderio di essere fecondate. Il dott. Pietro Arata accennava un fatto di Velpau, che trovò dei resti di un feto in uno scroto; ma pare che questa sia un’altra quistione. Il doti. Secondi, dopo alcune sue idee espresse intorno a tali prodotti strani ed informi dell’ organismo, protestava che questa discussione d’ovologia pelle sue leggi organiche c col- 4$ 193 legata talmente ad una induzione metafisica, che non ci è dato e che non ci conviene di trattare. Nel giorno 27, dalle ore otto alle undici e mezzo antimeridiane, ebbe luogo nell’ospedale di Pammatone una seduta straordinaria della sezione di Chirurgia. In questa si esaminava una macchinetta inventata e presentata dal dott. Fontana onde fermare l’emorragia consecutiva all’arteriotomia temporale, e dopo che lo stesso ne definì la semplice forma ed il facile modo di applicazione, faceva specialmente rilevare il vantaggio di comprimere soltanto sul vaso ferito. L’assemblea ha giudicato utile alla chirurgia l’invenzione del dott. Fontana. Si leggeva in seguito una memoria del dott. Palasciano di Napoli, in soluzione della seconda parte del terzo quesito trasmesso dalla sezione Chirurgica, e si esaminava un cistotomo dallo stesso inventato per instituire un nuovo processo di ci- stotomia ; ma l’assemblea osservava che col processo operativo dallo stesso descritto, e col suo instrumento si risica di tagliare uno dei dutti deferenti, la falda cisto-peritoneale posteriore c la vessica dove è più ricca di vasi e di nervi ; che incidendo nella parte più bassa sono più facili le fistole e le infiltrazioni; che si taglia la fascia pelvica e si risica molto di ferire il retto, e che perciò nè l’instrumento, nè il metodo si può accettare, corrispondendo meno degli altri già conosciuti alle risorse chirurgiche. Si esaminava un altro instrumento, un catetere del dott. Biagi di Guastalla, da lui immaginato per la cistotomia, e particolarmente pel metodo latcralizzato, e si osservava che quest’ instrumento del Montagna, riformato ed analogo molto II do a quello di Guerin, dando luogo ad una manovra troppo lunga e complicata, richiedendo di avere sempre in pronto diversi dadi, dovendo appoggiare sulla vessica col rischio di ferirla nel suo basso fondo, e non essendo praticabile in una vessica assai contratta, ec., non può essere accettato nè per sé, nè pel suo processo operativo. Il dott. Botto proponeva un altro instrumento per la cisto- tomia, ma si osservò che questo, già conosciuto sin da Petit e chiamato dai Francesi a galleria , essendo troppo legato allo sciringone, tagliando nell’entrare, spinge, distacca la prostata e la vessica dal pube, e che perciò non si ammette, osservando ancora che se era stato proposto per i chirurghi poco esercitati, questi si potrebbero meglio servire del litotomo di F. Cosimo, o del bistori bottonato. Si mostrava altro instrumento, esaminato dal dott. Leonardo Rossi di Parma, per amputare circolarmente le braccia c le gambe : ma osservando che non è disgiunto da alcuni inconvenienti suoi propri, e che i vantaggi dallo stesso presentati si ottengono più facilmente col solito coltello, invertendo di questo il manico nella mano quando si vuol completare il taglio circolare, non veniva approvato dal voto dell’assemblea. Il dott. Battolla proponeva un mezzo per fissare il globo dell’ occhio in qualunqne posizione con un uncino applicato sull’espansione aponevrotica del muscolo retto interno; si osservava che l’uncino a tale oggetto era già stato praticato, ma che non lascia di essere utile il suo ritrovato di applicarlo a preferenza sull’ aponevrosi. Il prof. Galli proponeva, per fissare i nodi nelle suture ad una certa profondità, di servirsi di piccole sezioni di un cilindro vuoto di piombo, per il quale, fatti passare i capi del filo portato in contatto delle parti da cucire, e stretto con un paio di pinze, si fissano i fili, e s’impedisce lo scorrere dei medesimi; riportava anche dei felici risultati ottenuti con questo mezzo in operazioni di slafilorafia. Quest’ invenzione del dott. Galli venne approvata, e si accettò come superiore ad altri metodi, particolarmente per la sua singolare semplicità. Il dott. Dubini faceva vedere sul cadavere la convenienza superiore del metodo di Sim, riformato dal prof. Roux, per eseguire l’operazione della disarticolazione del piede; e l’assemblea accordava a questo metodo la sua approvazione. Il presidente cav. Rossi praticava sul cadavere un suo processo d’amputazione circolare delle estremità, invece di tre distinti, eseguendo in un tempo solo il taglio dalla cute alle ossa. Questo metodo venne dichiarato più pronto, meno doloroso, e più atto a mettere a contatto i muscoli, e più sicuro per coprire e difendere il tronco osseo, col vantaggio ancora di ammettere più facilmente l’uso de’ membri artificiali. Lo stesso presidente eseguiva sul cadavere l’operazione della cataratta per estrazione, praticata in un sol tempo, ossia in tre tempi continuati, senza cambiare instrumento, c tanto il primo che il secondo processo operativo del prof. cav. Rossi veniva riconosciuto superiore agli altri anteriori, e accettato come ingegnoso ed utilissimo da tutta l’assemblea. Lo stesso presidente osservando in ultimo che non sono da condannarsi i nobili sforzi di coloro che, mirando ad aggiungere qualche cosa alla scienza, presentarono instrumenti e melodi che non furono accettati, aggiungeva che la chirurgia avrebbe bisogno piuttosto di semplificare i suoi inslru- menti, che di crearne de’ nuovi, e che applicandosi ad invenzioni di questo genere, il primo attributo di merito sarebbe la semplicità. Nell’ adunanza del giorno 28 il dott. Asson leggeva una relazione degli esperimenti fatti colla galvano-puntura sugli animali; ne dava i minuti ragguagli teorico-pratici assai favorevoli per incoraggiare a praticar questo metodo operativo, e faceva in seguito alcune proprie osservazioni sull’ aneurisma al lato destro del collo operato nell’ospedale di Pam- matone; osservazioni che ottennero l’approvazione dell’assemblea. 11 dott. Peloso prendeva la parola su questo argomento, riportando alcune differenze di altre commissioni che si occuparono dell’ istesso processo. Il prof. Tornati presentava dei vasi arteriosi in condizioni diverse risultanti dal metodo del dott. Quaglino, ed altre dal metodo del dott. Peloso, e da queste diverse risultanze ne deduceva de’ giudiziosi corollari relativi. Il dott. Secondi parlava del secondo quesito trasmesso da Napoli per determinare se la profonda infiammazione gangrenosa del tessuto cellulare sottocutaneo cagionata dal morso del Trachinus Draco sia un effetto di principio venefico del- l’animale, ovvero una conseguenza della ferita del morso ; e dopo alcune riflessioni di analogia tra altre ferite avvelenate, ed altre prodotte semplicemente da azione meccanica, conchiudeva che il criterio chirurgico non può ammettere l’importanza della ferita del Trachinus Draco che in un principio venefico comunicato. II dott. Cipolina si opponeva alle idee del Secondi., dicendo che i zoologi non hanno ancor ritrovato nel Trachinus un « organo destinato a contenere detto principio, e che perciò la decisione sarebbe immatura finché non si abbiano ulteriori fatti in proposito, e tanto più nel supposto che anche in mancanza di un organo distinto capace di tale comunicazione, si può sospettare clic il principio venefico esista latente nell’impasto organico di tutto l’animale; il dott. Bassi, in appoggio alle idee del Cipolina, soggiungeva che i morsi della pulce e della zanzara, non proporzionati per gli effetti alla semplice azione meccanica, sono schiariti dagli organi particolari di questi insetti che contengono dei principii capaci di essere comunicati. Il dott. De Filippi diceva che non è stato osservato nel Trachinus un organo secretore proprio, c che dubita che le cangrene consecutive al morso di detto animale non sieno sempre da calcolarsi come dipendenti assolute dall’innesto, ed all’istessa dubitazione si associava il dott. Bassi. Il prof. Ghc- rardi diceva aver visitate molte ferite prodotte dal Trachinus senza sviluppo di cangrena; che altre furono seguite da infiammazione profonda, e alcune poche non presentarono che piccolo o nessun processo di flogosi; e che d’altronde si sa che le ferite da puntura colla divisione parziale di un nervo sono seguitate,da sintomi non proporzionati, c che la risultanza delle ferite del Trachinus le crede sol dipendenti dalla forma speciale della lesione. Il dott. Bafico osservava che anch’esso visitò molte di queste ferite, e che non osservò mai la cangrena; ma che però le ferite di un altro pesce, d ell’FxliinuSj anche con pernia- ncnza dell’aculeo per molti giorni nell’organismo, non producono gli istessi risultati; ma a questi il prof. De Filippi osservava che è troppo marcata la differenza materiale di questi due instrumenti, e che perciò non se ne possono indurre delle ragioni conformi. Dopo queste discussioni si conchiudeva dall’assemblea che intanto i risultati alla ferita del Trachinus si possono con ragione tenere come specifici, e che in seguito l’esperienza deciderà più assolutamente. In seguilo il presidente leggeva un discorso di congedo. Le sue affettuose ed eleganti parole sono quelle di un uomo amante delle scienze e di chi le coltiva. Esprimeva la sua viva emozione clic ha sentito potente nell’animo nel giorno che fu eletto a presiedere alla sezione Chirurgica, ed in quello nel quale se ne doveva dipartire. Si rallegrava che gli argomenti discussi ed i quesiti risolti sieno stati di massima importanza, trattati con profondità, con decoro e con franchezza ; si compiaceva di aver visto che in un’ assemblea di uomini distinti il primo pensiero era stato quello di cooperare all’ utile del- l’umanità, al progresso della scienza ed all’onore della nazione. Rivolgeva a tutti parole di ringraziamento. 4 Lodava la franchezza e la moderazione osservata nel constatare in generale le verità, e nel combattere gli errori specialmente nel giudizio relativo agli instrumenti presentati ad esame in seduta straordinaria. Rendeva grazie ai Sindaci della città, che generosi accordarono tutti i mezzi richiesti per mandare a termine tutte le nostre esperienze, e con quella dolcezza, con quella dignità, che non è mai disgiunta da un animo grande, esprimeva il 4$ 199 desiderio di trovarsi altre volte riuniti per trattare l’onore della nostra Italia, ed offriva a tutti le più sincere dimostrazioni di stima, di amore e di fratellanza. Porgeva in ultimo i più caldi ringraziamenti al Presidente generale, che si trovava presente all’adunanza, ed al quale, appena comparso, la sezione dedicava unanime applauso di stima e di riconoscenza nel vedersi onorata da un personaggio che in tanta parte aveva ingranditi gli onori dell’ ottavo Congresso. Il dì 29 aveva luogo un’adunanza straordinaria, nella quale si leggevano i rapporti di varie commissioni; dopo dei quali i segretari della sezione dicevano care parole di ringraziamento e di congedo dai fratelli stranieri; ed il presidente esprimeva un sentimento di riconoscenza alla Direzione degli spedali di Genova, che con tanta gentilezza e generosità accordò tutti i favori richiesti dalla sezione di Chirurgia cd Anatomia per fare gli opportuni studii ed esperimenti. sta asma RAPPORTO SUI LAVORI DELLA SEZIONE DI CHIRURGIA ED ANATOMIA 3>S3> iiimfi'iì'JSSSD 3)2 r fi3'fl'l)ViA LETTO NELLA SEDUTA GENERALE IL DÌ 29 SETTEMBRE 1846 DAL DOTT. GIAN LORENZO ROTTO SEGRETARIO A chi venisse mai dubbio o men favorevole idea sulla utilità delle annuali adunanze de’ Cultori delle Scienze, perocché breve di troppo trascorra rapidissimo il tempo ad esse assegnato, sarà argomento in contrario ciò tutto che la sezione d’Anatomia e Chirurgia, presieduta e diretta dal cav. prof. Rossi, operò. Si, o Signori, la discussione nobile e libera, che fu intorno a temi del più grave interesse di pratica, portò a conclusioni cui mal sarebbe pervenuto un sol uomo, per quanto avesse egli lungamente vissuto; avvegnaché la diffidenza delle proprie opinioni si rinfranchi e cessi, e la troppa fidanza nelle proprie forze si castighi e moderi per lo altrui consentimento. iiOl §*■ E la sezione incedendo franca nel nobile aringo, c con quell’ equa moderazione, e quell’amore del vero che soli valgono a combinare i contrari, a realizzare l’accordo dei dissenzienti, statuiva: Essere utile, razionale e di nessun pericolo la miotomia spinale, tuttavolta che grave organico vizio non s’abbia alla spina; dimodoché quest’alto operativo, ridotto così dentro i termini del proprio valore, non si possa ora più indistintamente intraprendere da’ partigiani fanatici senza tema di biasimo, e sia per rincontro dai più timorosi e cauti abbracciato, quando se n’abbia la giusta indicazione. Per egual modo occupandosi intorno ad altro quesito importantissimo relativo alla vita dei nascituri che in ottavo mese di loro sviluppo periscono nel seno materno. Dopo serie e lunghe riflessioni in proposito dei più valenti ostetrici italiani, ciò si fermava : Convenire il parto prematuro artificiale quando si verifichi dalle quattro alle cinque volte periodicamente il parto con feto morto in ottavo mese di gestazione. Or chi non vede, o Signori, per ciò solo la utilità delle annuali adunanze? E chi di per se solamente avrebbe ciò stabilito a canone? e più, praticato? Qual beneficio ai colleghi, l’esercizio de’ quali non tanto è sottomesso al pregiudizio più inetto e vulgare, siccome qui è eziandio, ma ciò che più monta è sottoposto alla più severa censura c applicazione della legge in quello dove non abbia ancor pronunziato la scienza? Quale e quanto interesse non s’addimostra per l’incremento degli stati delle famiglie nel sancir tentativi conducenti a conservare c cittadini e figli? Ma la sezione non ha ciò solo statuito relativamente ai parti, che dolente di vedere il pratico in gravissime circo- stanze costretto a liberare la donna con tale un atto operativo che le si può dire di morte, gravemente discusse intorno ad altro postulato pratico: Se la pelviotomia fosse per avventura preferibile alla gaslro-istcrotomia, c qual fosse in tal caso il mezzo migliore per eseguirla. Alla quale domanda interessantissima, se pienamente non potè rispondere, perocché fatti e conscienziosi esperimenti si richieggono all’uopo, avanzò nondimeno la scienza di un primo passo intorno a questo argomento, stabilendo più precisamente i termini, dentro i quali è a vedere se possa tale operazione adottarsi a vece della cesarea, rimettendo ad altro Congresso il quesito riformato nei seguenti termini : Se nel vizio di ristrettezza dai 2 pollici e 3 linee all’l e 8 del diametro antero-posteriore del distretto superiore, sano del resto il bacino, possa convenire la pelviotomia. Ma qui non si arrestò la sezione, e marciando sulle vie del progresso e seguendo l’impulso impresso d’ogni lato alle dottrine sperimentali, occupavasi durante tutto il Congresso in una lunga e variata serie di ripetuti esperimenti sugli animali , per vedere se veramente coll’ applicazione della galvano-puntura si ottenga grumo sanguigno per entro i tubi della circolazione per modo, che la medesima in dato punto si arresti. — E qui mi si conceda, o Signori, ch’io tributi una parola di encomio ai membri della commissione a ciò destinata ed ai Sindaci della città, che d’ogni mezzo la vollero e soccorsa e provvista. Ma più d’ogni elogio soddisfa la coscienza del bene operato a vantaggio dell’ egra umanità. E i felicissimi risultati ottenuti in proposito, mentre per una parte confermano quelli già per altri avuti, ricevendo la sanzione, per cosi dire, d’un Senato imparziale, composto d’ uomini d’ogni scuola e sapere, c d’un’ intera città, nel cui seno cscguivansi, non andranno senza frutto e per la pratica e per la scienza. Che la galvano-puntura, già per altri enunciata qual fatto nella cura radicale degli aneurismi, c a ritenersi oramai siccome altro mezzo prezioso di terapia. — Nè qui solferino la sezione, che dato il caso di voluminoso aneurisma alla parte laterale destra del collo non altrimenti operabile e mortalmente disperato, tentavasi lo sperimento del galvano-puntin a in discorso • c se poco è a sperare per la troppo ingente mole di esso tumore, servirà non pertanto a meglio vedere i casi in cui vuoisi applicare, a stabilire viemeglio il giusto valore che si vuol darle, e a dimostrarne o no la innocuità. Siccome appare di per sè, non è dubbio, o Signori, che per uno soltanto dei lavori esposti operati dalla sezione di Chirurgia è segnata per lei una gloriosa pagina negli Atti del Congresso di Genova. II perchè mi tacerò di buon grado sugli altri molti argomenti, intorno ai quali fu e discusso e conchiuso. Non dirò delle molte e belle cose discorse intorno all’ elettrico sperimentato proficuo in molti casi di morbo grave c ribelle; nulla delle oftalmie scrofolose, nulla intorno all’aflezion cancerosa, all’allacciatura dei tronchi arteriosi, nè farò pure parola della utilità di praticare la rottura ed il giusto riattamento dello ossa infrante e informemente consolidate, nè dei nuovi mezzi operatori proposti, altri accettati imparzialmente, altri no; chè troppo lungo verrebbe il mio dire ed inopportuno. Il perchè conchiudendo avviserò solo a quest’ utilissimo frutto delle nostre annuali adunanze: Fusione delle diverse scuole in ciò 4 $ 204 §* « che era progresso scientifico e bene dell’umanità; discussione libera e franca quale si richiede in cose di cotanto momento, dove le personali amicizie e il mal’inteso rispetto dei nomi non si vogliono ritenere per una catena da chicchessia, e tanto meno dagli intelletti Italiani. Eccovi, o Signori, in brevità di termini e con istile inelegante non dirò fatto, ma accennato appena il rapporto generale delle nostre sedute, e con ciò l’ultima delle mie fatiche. — 0 voi che l’amore della scienza anatomico-chirurgica, illustri Italiani e Stranieri, portò in questa città, che mi è patria elettiva, e veniste ad aprirci i tesori della vostra sapienza, e me, ultimo di tutti, cortesemente voleste, aiutato e confortato d’una parola benigna, nel dilicato e geloso uffizio di segretario, abbiatevi i più vivi e sinceri ringraziamenti, perchè di voi ci voleste far dono, perchè, mercè l’opera vostra, Genova non è più solo la terra dei Colombi e dei Doria, m^ sede dell’ottavo Congresso, e come le altre città sorelle da voi già percorse, è terra e madre adottiva della Sapienza Italiana. ADUNANZA GENERALE DEL 25 SETTEMBRE La sera del 25 si è tenuta nel gran salone del palazzo ducale la generale adunanza prescritta dall’ art. 5.° del Regolamento organico per la scelta della città destinata a sede della decima Riunione degli Scienziati Italiani nell’anno 1848. Votarono 506 membri effettivi, c la città di Bologna fu prescelta con voti 356 (1). (1) In quest’adunanza il principe di Canino pronunciò il seguente discorso : « Grandiosa troppo e troppo ben collocata e sempre però felice e vigorosa è la eloquenza dell’ onorando amico marchese Lorenzo Pareto ad ottenere oggi con suffragio ed applauso universale la scelta di Bologna, se quella di Roma non abbia luogo per sede del decimo Congresso Scientifico Italiano nell’anno 1848. « Le quattro magiche lettere di cui si compone il nome della città eterna bastano a trarre verso lei tutto il mondo. Roma ama i Congressi Scientifici, Roma li desidera più che altra città d’Italia. Quei miei concittadini che non ha guari si mostrarono degni dei loro antenati, manifestando il trionfo dell’idea con le più esplicite acclamanti dichiarazioni al nuovo Pontefice, perchè mostrasi fermo sostegno del progresso e della civiltà, vi accoglieranno con quel decoro, con quell’affezione, con quella gioia che alla dignità vostra si deve, e l’animo loro suole generosamente offerire. « Molte altre città dello Stato, mature ai Congressi non meno che a qualunque altra istituzione che sia liberale e saggia, si disputerebbero fin da questo momento l’onore di nobilmente ospitarvi. « Chi però tra quelle delle provincie non darebbe alla dotta Bologna la preferenza? Succederebbero Ferrara c Ravenna, ricche di -OG monumenti, di rimembranze: ma credete voi che sareste per ritrovarvi piacevolmente e graditamente entro mura troppo disgiunte dalla Capitale, e non ancora guernite e protette a quel modo che vorrebbero le benefiche mire della Santità di Pio IX. Non contrasto che qualche altra cospicua città dello Stato Pontificio, degna an- ch’essa di possedervi, trovisi in più libera condizione civile. Ma perchè , o Signori, non differire di poco la scelta di un luogo entro lo Stato Pontificio per innoltrarvici quindi con maggior gloria e soddisfazione delle stesse provincie, le quali si sono oggi alla capitale fratellevolmente congiunte. Giova le tante volte ritardarsi un bene per averlo un giorno piti compito, più grande. E si che Roma deve essere la periodica meta delle vostre scientifiche peregrinazioni 1 Chi però, chi vi accoglierebbe officialmente oggi in tanta Metropoli con la dignità che a voi e a lei si addice? Fra i henelieii che l’alma città si aspetta dal sommo regnante Pontefice è quello di provvedere ad una stabile e vasta rappresentanza municipale. Il Campidoglio fu mai sempre del Senato e del Popolo romano; e per la rimembranza ridestata da un mio collega linceo, che colassù erigevasi la prima specola dell’antica Roma, vi si ottenne la sede dell’Accademia dei Lincei, che in suolo così naturale e indigeno non può non ripullulare; e tra quelli augusti lari la riporrà con profonda radice il senno di Pio IX e la virtù sua, di tutti gli Stati rigeneratrice. Sospendete dunque, Signori, la scelta tra le città pontificie, ma sospendetela per poco. Ho procurato persuadervi altra volta che giova molto alla Istituzione nostra valicare un poco di mare per ricongiungere sempre più con terra ferma la culla di Empedocle, la tomba di Archi- mede, per quindi ascendere più benemeriti il Campidoglio, opportunamente alle nostre pacifiche discussioni apparecchiato ». *207 ìpfc ADUNANZA GENERALE DEL 29 SETTEMBRE Il Presidente generale apriva Y adunanza, e faceva tosto leggere alcune lettere. Una era del prof. Tommasini, colla quale significava il suo dispiacere di non potere assistere all’ottava Riunione; altra del Jomard, con cui annunziava inviare un ritratto di Colombo da lui trovato a Vicenza, e che egli crede originale; una terza del Bally, colla quale inviava alcuni squarci di un suo discorso pronunziato al Congresso di Marsiglia intorno a Cristoforo Colombo; la quarta ed ultima del prof. P. Bancalari rendeva conto degli esperimenti fatti durante il Congresso colle lire seimila erogate dalla città. Indi il Segretario generale leggeva la sua relazione, alla quale la dotta udienza porgeva per i molti generosi concetti applausi ripetuti c vivissimi. Il Presidente generale invitava i segretari a dar lettura dei proprio rapporto per la sezione cui appartenevano; e questi leggevano le loro relazioni (1). Il Segretario generale annunziava quindi l’invio Ritto dalla Società degli Aspiranti Naturalisti di Napoli di una medaglia offerta in dono agli Scienziati Italiani che intervennero all’adunanza tenuta da detta Accademia il27 settembre 1845, durante il Congresso ch’ebbe luogo in quella città. (1) Questi rapporti, a me trasmessi con lodevole cortesia dagli stessi segretari, furono posti in fine ai lavori di ciascuna sezione. i (Nota dell'autore.) 4 $ 208 $* > Il Jullien di Parigi leggeva una breve allocuzione in cui, come decano e a nome degli Scienziati Francesi, significava le simpatie dei suoi fratelli di patria per i Congressi Italiani. Il Presidente incaricava il Jullien di essere interprete dell a ' riconoscenza degli Italiani presso gli Scienziati Francesi. In fine io domandava la parola per esprimere come il Cantone Ticino, già unito all’Italia dalla natura, dalla lingua, dalla religione, dai costumi, dalle simpatie e dalle rimembranze, ora più fortemente si annodava a questa grande nazione coi dolci e sacri vincoli della Scienza, la quale è pure venerata e cara anche ai Ticinesi. « Si, io diceva, essi amano e coltivano le scienze. La natura, creatrice di cosi vago paese, improntò nell’animo degli abitatori del Cantone Ticino il genio delle belle arti, pel quale tanti andarono e vanno illustri in molte parti d’Italia e d’Europa; ma quantunque cultori delle arti belle, essi non hanno trascurato nè trascurano le scienze: ed io qui potrei citarvi i nomi e di passati e di contemporanei che nella scienza sono nomi carissimi agli Italiani ». Nel seguito del mio discorso io rendeva omaggio alla Sapienza italiana, ai suoi benemeriti cultori ed alla città che aveva cosi benevolmente ospitato l’ottavo Congresso; e chiudeva il mio dire coi più fausti e cordiali voti alla dotta Genova, all’Augusto Monarca che ne regge i destini, a Colui che lo rappresenta in quelle contrade, ad ogni ordine di magistrati e di cittadini ed al Congresso Italiano (I). (1) Per amore di brevità non ho qui riportato per intiero il mio discorso, il quale sarà inserito negli atti del Congresso. (Nota deli’autorej 4$ 200 $B> Il Presidente generale annunziava come fu eletto a Presidente del Congresso di Venezia il conte Andrea Giovanelli. Questo annunzio veniva accolto con ripetuti applausi. Lo stesso Presidente leggeva il discorso di congedo; rendeva grazie prima al Re poscia ai presidenti, si chiamava fortunato di aver presieduto l’ottavo Congresso Scientifico Italiano; parlava della futura Riunione in Venezia, e, fatto omaggio agli Scienziati stranieri, finiva coll’invitare gli Italiani ad ampliare il sacro patrimonio delle Scienze. SU DI UN NUOYO SALE CREDUTO FEBBRIFUGO DENOMINATO SOLFATO INDIGENO. Mentre io stava per pubblicare alcune osservazioni in risposta alla lettera del chiarissimo dottore Giovanni Strambio diretta ad un medico ticinese, in data del 29 aprile p.° p.°, e stampata nel N.° 68 della Gazzetta Ticinese in cui dice: godere assai di sentire , dalla lettera di questo medico ticinese , come il solfato indigeno del Gatti sperimentato dal detto medico e da altri del Cantone Ticino venisse coronato da prospero successo nell 1 arrestare le febbri periodiche intermittenti anche di forma perniciosa , mi venne fatto di leggere negli ANNALI DI CHIMICA APPLICATA ALLA MEDICINA, COMPILATI dal dott. Giovanni polli ( fascicoli di giugno e luglio) un articolo del dott. V. Masserotti sul detto preteso febbrifugo, in cui è con molta precisione tessuta la storia del detto sale, sono riportati i giudizi di incliti corpi accademici, sono narrate le vicende di questo nuovo solfato e di esso esposte le analitiche ricerche. Da quanto ho letto in quest’articolo, mi sono persuaso che la quistione sul solfato indigeno, dapprima suscitatasi nel Cantone Ticino, ora andando, come suol dirsi, per la bocca di tutti, è divenuta italiana; e quindi, sospendendo per un momento la pubblicazione dello dette mie osservazioni, mi determinai ad inserire per intiero la memoria del dott. Masserotti a modo di appendice al mio libro destinato a far conoscere all’Italia le diverse discussioni, che in giornata si vanno facendo nei Congressi Accademici in vari rami di scienze, non escluse le chimiche e le mediche (1). E presentando al pubblico, prima delle mie osservazioni, la detta memoria ho creduto di offrirgli, colla storia del solfato in discorso, un saggio di una discussione dignitosa e imparziale, scritta all’unico scopo di illuminare i medici italiani sullo stato della quistione. Questa appendice non mi distoglierà dal rendere in seguito pubbliche anche le mie osservazioni, dirette al chiarissimo dott. Giovanni Strambio, al quale io ho fiducia di provare con luminosi fatti che il solfato indigeno del Gatti, sperimentato nel Cantone Ticino, nell 3 arrestare le febbri periodiche intermittenti di qualsiasi forma, non venne coronato da quel prospero successo, che da qualcuno gli si è voluto dare ad intendere. In queste mie osservazioni gli proverò che gli esperimenti instituiti in buon numero nel Cantone Ticino, hanno chiaramente mostrato l’inefficacia del detto solfato nella cura delle (1) Nelle diverse sezioni del Congresso di Genova nessuno ha parlato del solfato indigeno. Ne tenne però con me privato discorso un medico lombardo, il quale m’invitò ad intraprendere nel Cantone Ticino degli esperimenti in malati di febbri periodiche intermittenti. (Nota del dott. C. Lurati). 4 $ 213 $* > febbri periodiche intermittenti di qualsiasi forma, come mostrerò ad ognuno la nessuna convenienza del preteso febbrifugo del Gatti anche dal lato economico. Con queste osservazioni (1) non si creda già ch’io voglia portare la menoma offesa alla chiara fama del dott. Giovanni Strambio, uomo di meriti distintissimi e di esemplare lealtà, al quale pubblicamente dichiaro, che se dapprincipio io fui propenso a far csperimentare nel Cantone Ticino il solfato in discorso, lo era principalmente per una particolare deferenza alla di lui opinione manifestata in una lettera diretta al dott. Zezi il 20 maggio 1846, e pubblicata in un supplemento della Gazzetta Ticinese N.° 131, 13 novembre 1846. Il dott. Strambio al grande zelo per il progresso delle mediche scienze unisce Tamore della verità. È per questa parti- colar dote del suo animo eh’Egli non vedrà a maTincuore, se dopo ripetute esperienze, io ho dovuto confermarmi in una opinione contraria alla sua. Egli sa meglio di me che se in tutte le cose è prudenza mutar consiglio dopo conosciuto Terrore, in medicina è il più sacrosanto dei doveri, non essendovi nulla di più avverso al bene dell’umanità ed al progresso delle scienze mediche quanto la caparbietà ed il capriccio. Sono talmente persuaso che Egli dividerà con me tale convinzione, che non dubito dichiarare apertamente, che se (1) À queste osservazioni unirò l’esposizione dei fatti ottenuti da diversi distinti medici lombardi che sperimentarono ripetutamente il solfato del Gatti ( sono parole d’un chiarissimo Medico di Milano) e lo riconobbero assolutamente privo di virtù febbrifuga. (Nota del dott. C. Lutati). 14* II continuando in ulteriori esperimenti, Egli riconoscerà l’inefficacia del solfato in questione, per la grande sua onestà e lealtà, non esiterà un istante a proclamarla pubblicamente. Premessa questa dichiarazione sottopongo ora al giudizio del pubblico l’articolo estratto dai citali Annali di Chimica, fascicoli N. 6 e 7 (giugno e luglio 1847) che ha per titolo: sr DI un nuovo febbrifugo denominato solfato indigeno Osservazioni del doli. V. Masserotti. «Il farmacista Benedetto Gatti di Cremona già da molti anni oc- cupavasi nella ricerca di un composto che avesse le virtù del solfato di chinina, che si potesse ovunque preparare e vendere a buon mercato. Fino dal 1833 egli credette di avere pienamente conseguito lo scopo che si era prefisso. Ai lo dicembre del 1844 il dott. Zezi, medico provinciale di Cremona, in una lettera che venne pubblicata in un supplemento alla Gazzetta Ticinese. n\.° 131,13 novembre 1846) significava al Gatti i soddisfacentissimi risultati conseguiti da molti medici nella cura delle febbri ad accesso, dietro l’uso del nuovo farmreo, detto dal suo preparatore solfalo indigeno. Ecco in riepilogo le deduzioni che si potevano inferire dai fatti sui quali il dottor Zezi basava il suo giudizio: useremo presso a poco le sue medesime parole: l.° Il nuovo farmaco è ben tollerato dal ventricolo anche quando la febbre periodica è complicata da irritazione gastrointestinale; 2.® esso merita la preferenza sul solfato di chinina nel trattamento delle febbri intermittenti accompagnate da carattere subinfiammatorio, poiché non porta alcun sconcerto sul sistema circolatorio, mentre in tali casi le tante volte il solfato di chinina riesce pernicioso; 3.® merita parimenti la preferenza quando si hanno a trattare febbri ad accesso in soggetti nei quali predomina un afflusso di sangue al cervello, afflusso che è cagione di cefalalgie, per la ragione che il solfato indigeno nella misteriosa sua azione, non produce nè sbalordimenti, nè dolori al capo, nè susurro alle orecchie, nè gli altri inconvenienti solili a manifestarsi dietro l’amministrazione del solfato di chinina; 4." il nuovo composto, meritevole di occupare un posto eminente fra i rimedii antifebbrili, oltreché non produce mai il benché minimo sinistro effetto, è capace di troncare il corso a febbri periodiche ostinatissime ribelli a moltissime dosi di solfato di chinina; 5.° lui linalmente il vantaggio di poter essere facilmente propinato anche ai bambini stemperato nei siroppi, mancando esso del principio amaro. Però il dott. Zezi nella medesima lettera manifestava al Gatti che in alcuni incontri col solfato indigeno non era stato ottenuto il desiderato effetto; «ma ciò dipende, soggiungeva tosto con gentile osservazione, dal non essere stato ben indicato, come pure non produce i salutari effetti lo stesso solfato di chinina quando è controindicato ». Se il dott. Zezi non avesse diretta questa osservazione ad un profano della nostra scienza, avrebbe senza dubbio soggiunte le precise indicazioni e contro-indicazioni del solfato indigeno, la qual notizia sarebbe riescita pei medici assai interessante; fortunatamente la chimica, disvelando la composizione del vantato febbrifugo, potè benissimo riempiere questa lacuna. Il dott. Zezi terminava la sua relazione asserendo che la dose più adattala era quella di uno scrupolo diviso in otto dosi, da prendersi una ogni ora nella giornata in cui non ricorreva la febbre; accennava finalmente che il nuovo farmaco erasi riconosciuto tanto più attivo quanto più di recente preparato. Nello stesso numero 131 della succitata Gazzetta Ticinese leg- gesi un’altra lettera del dott. Zezi (8 marzo 1840), nella quale sono registrati altri casi felicissimi di guarigioni di febbri intermittenti per mezzo del solfato indigeno amministrato in pillole od in polvere, e fra gli altri uno che ha un tantino del miracoloso, è il seguente: « Trattavasi di una donna che da cinque mesi era quotidianamente assalita da gagliarda febbre intermittente, complicata ad un’ affezione di petto con incessante tosse, ed alla quale nulla valsero i molti propinati rimedii dal medico condotto sig. Brilli di Cremona, si che ebbe ad abbandonarla dichiarandola cronica ». 11 dott. Zezi prescrisse quattro pillole di tre grani ciascuna di solfato indigeno da prendersi coll’intervallo di due ore una dall’altra, al declinare della febbre. « Al giorno susseguente comparve un fierissimo parossismo, cessato il quale, continuai, scrive il dott. Zezi, a propinarle altre quattro pillole alla foggia come sopra, e dopo questa somministrazione venne interamente vinta la malattia, e quello che poi recò sorpresa si fu la scomparsa eziandio del tutto contemporanea dell’affezione di petto ». La guarigione fu stabile, come ebbe ad accertarsene un anno dopo il dott. Zezi. Dietro questi felici successi pareva che ormai fosse assicur ato il trionfo (lei solfalo indigeno, il quale avrebbe in breve tempo sbandita e fatta porre in dimenticanza la corteccia peruviana, uno dei pochissimi rimedii di azione efficacissima e sicura che possa vantare la medicina; ed il fortunato scopritore del preziosissimo composto economico poteva lusingarsi d’essere ben presto proclamalo benefattore dell’umanità, e di tramandare ai posteri il proprio nome, e di fare intanto una eccellente speculazione, riserbandosi il segreto, come in fatti ne aveva il progetto, della preparazione del suo ritrovato. Queste brillanti illusioni vennero troppo presto turbate: il chimico di Cremona, nella via sulla quale si era incamminato, trovò dapprima soltanto le rose; lutto ad un tratto inciampò ne’ triboli o nelle spine. Nel maggio 18Ì5 il Gatti presentò un ricorso all’I. K. Governo di Milano onde gli venisse accordalo un privilegio per la preparazione e la vendita del decantato febbrifugo. I/I. R. Governo volle prima di tutto interpellare in proposito la Facoltà medica di Pavia, onde trasmise ad essa l'istanza del Gatti unitamente ad una cerla quantità dell’ alcaloide indigeno scoperto c presentalo dal Gatti e del prodotto della reazione dell’ acido solforico sopra siffatto alcaloide, analogo, giusta l’asserzione dello scopritore, alla chinina, alla cinconina, alla veralrina, alla morfina, alla stricnina, ecc., il qual prodotto costituiva appunto il solfato indigeno, il sale eminentemente febbrifugo. La direzione degli sludii medici presso l’Università Ticinese nominò una commissione divisa in due sezioni, incaricando l’una delle indagini chimiche intorno ai due composti l’alcaloide ed il suo solfato, e l’altra di successivi esperimenti clinici. La commissione chimica non tardò guari a riconoscere essere il preteso alcaloide costituito da una soluzione concentratissima di carbonato di potassa impuro ( l’alcaloide del Gatti era in soluzione acquosa ! ! ), ed il relativo sale da solfato potassico e solfato ferroso deacquificato. L’altra parte della commissione, dielro la conoscenza della composizione del sale presentato dal farmacista cremonese, si rifiutò di intraprendere alcun esperimento, giudicandolo assolutamente sprovveduto delle mirabili proprietà febbrifughe attribuitegli dal suo preparatore. Il Gatti protestò altamente contro questo voto della Fn- eoltà medica, e specialmente della sezione chimica; presentò nuova istanza all’I. R. Governo corredata da altra quantità del preteso 217 alcaloide indigeno e del miracoloso solfalo, preparali e l imo e l'altro, come comprovava regolarmente, sollo gli occhi del medico provinciale e del medico municipale di Cremona, e da alcune, pillole contenenti il medesimo solfalo. 1/ 1.lì. Governo spedì tosto il riclamo , gli atti ed i preparati alla Facoltà medica di Pavia onde si facesse carico dei primi e ripetesse ed estendesse le indagini analitiche su questi ultimi. La commissione chimica, nella assoluta certezza di non essere incorsa in equivoci e di non avere tralasciato alcun minimo argomento della scienza, e quindi convinta dell'aggiustatezza del voto già emesso, estimò inopportuna ed indecorosa qualunque ulteriore ricerca; onde rimandò il tutto all'I. IL Governo, grandemente meravigliata non solo dell’impudenza e dell’ignoranza del Gatti, ma benanco dell'insistenza di chi, appoggiandone il riclamo, mostrava apertamente di difenderne le viste intorno alla natura dei preparati in quistione; non volle nemmaneo prendersi la briga di analizzare le pillole, delle quali ignorava la composizione, e che il loro preparatore asseriva costituite dal solfato indigeno ed estratto amaro. Ma il Gatti, con mirabile pertinacia di proposito e non comune presunzione, presentò un nuovo reclamo all’I. R. Governo, il quale sottopose la quistione al giudizio dell’ I. R. Istituto; venne nominata una commissione, della quale il prof. De Kramer fu relatore; ecco il sunto del rapporto che egli lesse all’ I. R. Istituto (t)>« Il sig. De Kramer, relatore della Giunta che aveva considerato Io specifico febbrifugo preparato dal farmacista Benedetto Gatti di Cremona, il quale asseriva essere quella sostanza un nuovo alcaloide analogo alla chinina, alla cinconina, alla salicina, veratrina, morfina, stricnina, eec., proveniente da vegetabili indigeni, e avere la proprietà di vincere le febbri intermittenti le più ribelli, riferisce che, dopo presa cognizione degli alti relativi e di avere esaminati i campioni contenuti nella cassetta che li accompagnava, non ebbe difficoltà a riconoscere la giustezza delle conclusioni del voto d’una Giunta che a tal uopo era stata nominata dalla Direzione degli studii medici dell’I. lì. Università di Pavia, non che il contenuto di un rapporto’in data del 23 maggio p.° p.°, firmato: prof. Dé Cattanei di Momo, dott. Pietro Sozzani e dott. Francesco Ferretti, dai quali atti appare nel mode il più chiaro possibile che il preteso alcaloide (1) Veggasi il Giornale del/'/. R. Istituto, fase. 43, pag. 9, 1846. del sig. Gutti è invece semplicemente carbonato potassico , e quindi sostanza di natura ben diversa dai così detti alcaloidi febbrifughi. «Infatti, aperti i vasi contenenti i preparati in questione, non du- rossi fatica a riconoscere, coll’aiuto delle necessarie reazioni, i.° che il preteso alcaloide consiste di carbonato potassico impuro ; 2.° che il sale bianco proveniente dalla saturazione dell’ anzidetto sostanza, mediante l’acido solforico, non è altro che il solfato potassico non puro; risultamenti lutti che si potevano benissimo prevedere dopo di aver letto i processi verbali relativi alla preparazione della sostanza in discorso, e firmato dai signori Gatti, dott. Giovannini medico municipale, e dott. Zezi medico provinciale di Cremona, perchè la preparazione di quella materia alcalina consiste nel lisciviare le ceneri ottenute da certi vegetabili indigeni ( 1). « Aperta poi la scatoletta di cartone contenente le pillole che l’I. R. Governo trasmise cogli atti, si trovarono essere queste composte di ossido di' ferro allo stato di solfato ferroso e di solfato potassico, impastate con una materia estrattiva organica vegetale. Si ha pur anche il sospetto della presenza in queste pillole di qualche alcaloide febbrifugo, quantunque non si abbia potuto rinvenirlo in modo bastantemente decisivo; sospetto che viene avvalorato dai risultamenti indicati dai rispettivi attestati medici; giacché il solfato potassico alla dose di due o tre grani non presenta nessuna azione medica, e tanto questo sale quanto il solfato ferroso non hanno le virtù febbrifughe. « La materia cristallina che servì a quell’ impasto non potrebbe essere una sostanza per sè già febbrifuga, come, per esempio, refi) Faremo notare che la commissione chimica della Facoltà medica di Pavia dettò il suo giudizio fondandosi unicamente sui risultati analitici, e non guidata da questa ragionevolissima prevenzione; poiché nella sua prima istanza il Gatti non faceva parola del processo di cui si valeva per conseguire Xalcaloide indìgeno ed il solfalo; processo che egli descrisse successivamente nel suo reclamo, allo scopo di riconvenire la commissione di Pavia sull’errore grossolano in cui pretendeva che la medesima fosse incorsa nel giudicare carbonato di potassa impuro il prodigioso alcaloide; e, per porre il suggello alla dimostrazione di questo madornale strafalcione della Facoltà, aggiunse al reclamo una certa quantità di alcaloide e di solfato preparati, come abbiamo già detto, alla presenza dei medici municipale e provinciale: la commissione chimica vide allora incontrastabilmente confermata l’opinione già pronunciala con questa prova contraria adolla dal chimico di Cremona. V. M. stratto chinoidato? In tal guisa si renderebbe difficile la sua determinazione, e per la natura stessa della mentovata sostanza e per la presenza del solfato ferroso, il quale inoltre maschera col suo proprio sapore l’amaro dell’estratto febbrifugo. « La commissione dichiara quindi di attenersi pienamente alle conclusioni dell’ onorevole Giunta della Facoltà medica dell’ I. R. Università di Pavia preaccennate ». Questo rapporto parve decidere definitivamente della sorte del portentoso febbrifugo: sul più bello il Gatti si vide rapita dai chimici di Pavia e di Milano ogni speranza di gloria e di lucro, almeno negli Stati Austriaci ; ma non si convinse del proprio errore_si credette un nuo vo Bacone, un nuovo Galileo perseguitato dall'ignoranza e dalla malvagità— Molte goffaggini si sparsero intorno a questo fatto; si parlò d’invidia, di scandalo, di mire interessate, si dissero insomma le più ridicole assurdità.... L’idea fondamentale che diresse il Gatti nella preparazione del suo preteso alcaloide era, come apparisce chiaramente dal rapporto del prof. De Kramer, uno degli errori più madornali che possa commettere dii si trovi appena appena iniziato nello studio della chimica. Oh la bellissima ideal le ceneri di nn vegetabile costituiscono un alcaloide analogo alla chinina, alla cinconina, ecc.? Meravigliosa scoperta! mentre il calore altera e distrugge le altre combinazioni organiche che concorrono a costituire un vegetabile, rispetta, dietro il comando del sig. Gatti, la sostanza che appunto Importa di isolare. la sostanza attiva, l’alcaloide; l’alcaloide partecipe della prodigiosa proprietà attribuita un tempo alla salamandra! I chimici tanto si studiarono per inventare e modificare i procedimenti ritenuti più idonei per isolare dalla corteccia di china e dall’oppio la chinina c la morfina; oh cecità! Se fosse balenata nella loro mente la felicissima idea dello scopritore dell’ alcaloide indigeno, riducendo in cenere la china e l’oppio, avrebbero con tutta facilità e colla maggior possibile economia ottenute isolate e pure quelle preziosissime basi organiche ! ! ! nell’epoca attuale in cui la chimica organica con rapidissimi progressi pervenne ad un alto grado di sviluppo, chi potrebbe star nella pelle udendo simili sciocchezze? Le ceneri sono costituite, così si insegna nelle prime lezioni di un corso di chimica, dai materiali inorganici diversamente modificati, clic fanno parte della composizione di una sostanza organizzata, onde sono ben lungi dal poterne conservare q rap presentare le proprietà medicinali ; io sarti pronto, parlo a chi ardiss e sostenere le sublimi vedute del Gatti, ad ingoiare mezz’oncia ed anche più di cenere ottenuta dalla noce vomica, dalla fava di S. Ignazio e da qualsiasi altra sostanza vegetabile velenosissima e neutralizzata, questa cenere, dall’acido solforica; non avrei a temere... che gualche scarica alvina. Aggiungerò inoltre che il Gatti non poteva nemmanco portare il vanto dell’ originalità dell’ i- dea che lo guidò alla sua bella scoperta, poiché l’aveva attinta dai libri polverosi della chimica ancor bambina dei tempi di Tachenio e di Riverio. Leggesi nella Farmacoloqia di Antonio Giordano: « Anticamente si riducevano in cenere diverse pianticelle, come l’assenzio, la centaurea, la ginestra, il cardosanto, il benedetto, il legno di ginepro, il tamarisco, la cicoria, eco., le cui ceneri lisciviate, filtrate ed evaporate a secchezza costituivano sali di cui attribuivasi a ciascuno in particolare la proprietà rispettiva del vegetabile impiegato, distinguendolo perciò eoi nome proprio, come sale di assenzio fisso, di centaurea, ecc., cogniti anche sotto il nome di sali di Taclienius » . Nè erano riescile a convincerlo deirerroro di queste vecchie opinioni le contrarie osservazioni proclamate nelle opere farmaceutiche, che senza dubbio gli saranno qualche volta capitate fra le mani, fra le altre YJdparatus medicaminum> eco., Fr. Marabelli, e le Istituzioni di chimica farmaceutica del prof. Antonio Porati; nella prima è detto : « Hoc alcbali ( carbonato di potassa ottenuto dalla calcinazione del tartaro crudo) commode et uliliter substituipotest salibus alchalinis methodo Tachenii paralis, ideoque sali absipi- Ihy aliisque veqetabilibns , ecc. ». Con ciò il .Marabelli mirava ad insegnare che il prodotto era identico seguendo l’uno o l’altro processo. Nella seconda parimenti si legge: «Le ceneri dei vegetabili dai quali si estrae il sale non somministrano che un carbonato di potassa alcalinulo »; ed altrove: « Tutto le volte che l’alcali vegetabile da qualunque vegetale che non è cresciuto vicino al mare esso sia formato per mezzo della combustione, e o direttamente o indirettamente stato unito a saturazione con l’acido solforico, il risultato è il solfato di potassa». Ma il Gatti, incapponito della sua idea, non avrebbe mai inclinato a credere che nelle ceneri delle legna che abbruciamo nei nostri focolari ed in quelle de’ suoi favoriti vietabili indigeni si potesse avverare una molto analoga, se non identica, composizione. Per mostrare ancor più direttamente l’ideatiti del concetto del chimico di Cremona con ([nello degli antichi riporterò alcuni altri brani dell'opera del prof. Porati: « La medicina in passato usava molto solfato di potassa sotto ullro nome, con quello cioè di sali neutri delle erbe— Questi sali Tacheniani ebbero qualche uso per alcun tempo, ma furono abbandonati_Ad ogni libbra di cenere (delle erbe medicinali ) univano due dramme di solfo fatto in polvere, indi la cenere in tal modo disposta si metteva alla calcinazione con fuoco bastantemente forte, perchè venisse acceso il solfo, e si teneva fino a che lutto il solfo abbruciato, essendo tuttora la cenere molto calda, non mandava più odore di solfo. Da questa cenere si cavava per lisciviazione il sale, al quale davano il nome di sale fisso di quell’ erba da cui era fatta la cenere, ma clic infatti non era che solfato di potassa ». Il Gatti usò tuttavia un processo alquanto diverso quando preparò il solfalo inditjeno alla presenza del medico provinciale e del medico comunale di Cremona ; in questo caso trattò direttamente le ceneri, voglio dire l’alcaloide (!), coll’acido solforico; ma il Gatti usava sempre ed esclusivamente di questo processo? Forse non è congettura soverchiamente azzardata, e, se non foss’altro, giustificata dal fanatismo del Gatti per le dottrine Tacheniane, che cioè qualche volta egli preparasse il suo solfato di potassa, giusta quanto consigliava il Tachenio, per mezzo di una doppia decomposizione, facendo reagire una soluzione di solfato di ferro sul liscivio delle ceneri, contenenti il carbonato di potassa. Questa supposizione spiegherebbe la presenza della notabile quantità di solfato ferroso rilevata dai chimici di Pavia nel sale battezzato dal Gatti eoi nome di solfalo indigeno, e la presenza del medesimo composto ferruginoso notata dalla Giunta dell’ I. R. Istituto nelle pillole febbrifughe; altrimenti si dovrebbe tacciare di mala fede il Gatti, il quale protestava che non poteva formar parte del suo preparato il vitriolo di ferro. Ammessa la mia congettura, il solfato,ferroso, ne’ due casi citati, sarebbe provenuto dall’avere il Gatti impiegato per la doppia scomposizione una quantità di questo sale molto maggiore di quella richiesta dal carbonato potassico contenuto nel liscivio delle ceneri. Finalmente aggiungerò che il Nestore dei farmacisti di Cremona nel proporre il suo preteso febbrifugo non fece altro che riprodurre modificata una vecchia forinola, stata un tempo in molla voga, indi condannata all’obblio, cioè quella dell’ acqua antifebbrifuga del Rivcrio. Questo rimedio era costituito da un liscivio ottenuto col processo Tacheniano, al quale si aggiungeva, nell'alto di somministrarlo ai febbricitanti, dell’acido solforico diluito; come ognun vede, questa bevanda si componeva in line dei conti di una soluzione di solfato di potassa, di quello stesso sale che costituisce il gran specifico dell’ idolatra di Tachenio. Il Gatti ed i socii, che, per non so quale contratto, dovevano essere a parte della speculazione, riavuti dallo sbalordimento della sconfitta incontrata per gli sfavorevoli giudizi delle commissioni della Facoltà e deU’Islituto, cercarono di raggiungere altrove il loro intento. Si diressero al Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino per ottenere privilegio e permesso di fabbricazione e vendita nel Cantone suddetto del solfato indigeno. Il dott. Carlo Curali, vice-presidente della Commissione Cantonale di Sanità , avendo conseguito qualche guarigione di febbri periodiche dietro l’amministrazione del sale direttogli dal Gatti, appoggiò con molto impegno la domanda fatta al Consiglio di Stato, e fece ripetute istanze (1) onde la Commissione Cantonale di Sanità prendesse la cosa in considerazione e si facessero eseguire gli opportuni esperimenti; la proposizione del dott. Lurati venne ben tosto accettata. Gli esperimenti furono fatti, ma se n’ebbe un esito pochissimo soddisfacente; lo stesso dott. Latrati trovò inefficace in molti altri casi il tanto decantato succedaneo del solfato di chinina, onde venne nella determinazione di chiedere informazioni nella Lombardia intorno agli studi! stati eseguiti col sale qualificato dal Gatti solfato indi genio 3 ed alle indagini analitiche che sul medesimo fossero state intraprese; a quest’uopo si diresse ad un membro della Facoltà medica di Pavia e ad un membro dell’Istituto. Il primo fu in grado di fornirgli le più precise e circostanziate notizie, siccome quegli che era stato preside e relatore della commissione delegata dalla direzione degli studii medici ad eseguire l’analisi dell ’alcaloide e del suo solii) Se io feci ripetute istanze avanti la Commissione Cantonale di Sanità, onde prendesse la cosa in considerazione, non fu perchè io abbia conseguilo qualche guarigione di febbri intermittenti periodiche col solfato indigeno, ma piuttosto perchè, dopo avere visto alcune lettere di medici lombardi, e specialmente quella del dott. Gio. Slrambio, nelle quali si accennava qualche caso di guarigione ottenuta col detto solfalo, io ho creduto non fosse nè ragionevole nè giusto il respingere la domanda del Galli c socii senza prima fare anche da noi gli opportuni esperimenti. ^Nola del doli. C. Lurali ). fato ; l’altro mandò per risposta al dott. latrati una copia del sunto del rapporto del prof. De Kranter che abbiamo più sopra riportato. Dietro i risultali clinici negativi, e queste sfavorevolissime informazioni il dott. Durati credette doveroso il mutare consiglio, il ricredersi dell’errore in cui era stato indotto dai pochi favorevoli esperimenti (1), e dichiarò francamente all’Ufficio di Sanità di non poter più appoggiare la domanda diretta al Consiglio di Stato. Tuttavia nella seduta all’uopo tenutasi dalla Commissione Cantonale di Sanità (2) si propose, in onta all’opposizione del dott. Lurati, che venisse concessa la fabbricazione e la vendita del solfato indigeno , colla condizione che la preparazione fosse diretta da un farmacista approvato dal governo, e che il sale si vendesse ai soli farmacisti e senza alcuna manipolazione, come sarebbe in forma di pillole, ecc. Il dott. Lurati nel N.° 15 della Gazzetta Ticinese pubblicò una dichiarazione nella quale accenna come egli, per le ragioni che abbiamo più sopra riferite, avesse votato perchè fosse respinta la dimanda indirizzata al Consiglio di Stato dagli eredi del segreto del Gatti (3) ; aggiungeva di aver fatta questa dichiarazione per far conoscere la propria opinione ed il suo fondalo convincimento, non che per tutela dell’ onore e per isgravio di qualunque responsabilità. Al dott. Lurati venne diretto un articolo assai ingiurioso da un Anonimo; esso vi rispose senza livore e con tutta urbanità nel N.° 19 della Gazzetta Ticinese , citando i fatti che lo avevano indotto a votare contro una dimanda che dapprima aveva appoggiata. Molte dicerie si sparsero intorno alla condotta tenuta dal dott. Lurati in quest’affare; gli si scagliarono contro vituperii e calunnie... e noi facciamo le nostre più sincere congratulazioni col dotto medico ticinese, riconoscendo com’egli abbia agito da uomo onesto, franco e coscienzioso, amico del giusto e del vero, desideroso del decoro della scienza e del bene dell’ umanità. La fabbricazione del solfato indigeno venne attivata nelle vicinanze di Lugano, e nella Gazzetta Ticinese si annunziò non ha guari come già sia stata allestita una grandissima quantità del preziosissimo rimedio; sappiamo che a quest’ora ne circola in conici) Qui polrebbesi aggiungere: non già da lui fatti, ma a lui comunicati con alcune mediche relazioni, di cui erano muniti i soci del Galli. (2) Dicasi: dall’Ufficio di Sanità. (Note del doli. C. Lurati). (3) Il Gatti morì nel dicembre p.° p.° ^ *224 mcreio, e, se pure fummo bene informati, al prezzo di sei lire austriache l’oncia, nel qual caso la speculazione sarebbe tale, se potesse durare a lungo, da compensar largamente le brighe ed i maneggi che vennero fatti per attivarla. Avendo potuto facilmente procurarmi qualche grammo del preteso febbrifugo preparato nel Cantone Ticino, di quello medesimo che alcuni medici milanesi vanno sperimentando nella cura delle febbri ad accesso, lo sottoposi ad una serie di indagini analitiche, delle quali soggiungerò ora i conseguiti risultati. Essendo già nota la composizione del solfato indigeno , dopo che venne stampato il sunto del rapporto letto all’ I. R. Istituto dal prof. De Kramcr parrà forse a molti affatto inutile la relazione delle analitiche ricerche da me intraprese ; credetti opportuno di pubblicarla per rendere compiuta la storia di questo farmaco, del quale tanto si parlò e si parla tuttavia per lodarlo a cielo o farlo cadere in discredito, e per attirare su di esso l’uttenzone di chi non ne avesse presa cognizione dal giornale dell’ I. R. Istituto. D' altronde non era identica la natura dei campioni offerti dal Gatti per le analisi fatte eseguire dalla Facoltà di Pavia e dall’Istituto di Milano; ed avrebbe potuto essere differente la composizione di quello ora preparato presso a Lugano : di più non si fecero ancor conoscere i processi seguiti per disvelarne la chimica natura. Del resto voglio candidamente protestare che non ebbi la pretensione, la quale in me sarebbe ridicolissima, di riescire a persuadere intorno alla vera composizione del solfato indigeno , quelli che per ispirito di partito o per soverchia tendenza a simpatizzare per le cose nuove e trovarle mirabili, o per poca fede nelle analisi chimiche non vollero essere soddisfatti dei giudizi già emessi dalle commissioni dei due corpi scientifici piti volte nominati. Il solfato indigeno della fabbrica ticinese si presenta in piccoli ammassi cristallini, bianchi, ulquanto trasparenti, duri, friabili, di sapore acido fortemente pronunciato (a), indi alcun che amaro: esposto all’ aria non tarda guari a rendersi efflorescente. Cimentato, entro un tubetto di vetro, al calore di una lampada a spirito di vino, in sulle prime assume una tinta bigia, che poco dopo scompare (ft); svolge dei vapori, i quali diventano densi come nebbia in contatto dell’ aria, ed arrossano fortemente la carta tinta in bleu coll’infuso di tornasole (c) ; al calor rosso subisce la fusione. Il solfato indigeno ridotto in polvere si discioglie facilmente in circa otto o nove parti di acqua distillata alla temperatura di -f 14 C.; la soluzione arrossa vivamente la tintura di tornasole; — anche la soluzione di quello cui sia stala fatta subire la fusione, conserva una reazione sensibilmente acida (rf). — Trattata colla potassa dà luogo alla formazione di un voluminoso precipitalo bianco, fioccoso, gelatinoso, il quale scema notabilmente per l’aggiunta di un eccesso di potassa. L’ammoniaca vi determina parimenti un precipitato di aspetto gelatinoso, però meno abbondante, che non diminuisce sensibilmente anche per un largo eccesso della soluzione ammoniacale. Il precipitato conseguito dalla soluzione mediante l’ammoniaca, dopo ripetute lavature con acqua distillata, indi asciugato, venne fatto bollire con alcool, e poscia versato sopra un filtro; l’alcool non lasciò alcun residuo colla evaporazione, e la materia che resistette all’ azione di questo menstruo spiritoso si disciolse quasi per intiero nella potassa; dalla qual soluzione la isolò nuovamente il cloruro ammonico; raccolta ed asciugata, e poscia riscaldata al cannello, indi bagnata con una goccia di soluzione dilutissima di nitrato di cobalto, e di nuovo arroventata, fornì un globetto di un bel color bleu-cupo traente al violetto (e). Quella parte di precipitato bianco ottenuto dalla soluzione del solfato indigeno col mezzo della potassa, e che resistette all’ azione solvente dell’eccesso di quest’alcali, trattata nella stessa maniera al cannello, assunse un color roseo sbiadito (f). Alla soluzione del solfato indigeno si aggiunse una notabile quantità di cloruro ammoniaco, poi un piccolo eccesso di ammoniaca; si separò una materia bianca voluminosa, gelatinosa, la quale, tolta dal liquido sopranuotante, si disciolse nella potassa (g); ad una parte del liquido liberato da questo precipitato, e passato pel filtro, si aggiunse un po’ di ossalato di ammoniaca; ebbe luogo un intorbidamento appena appena sensibile anche dopo la bollitura e l’agitazione (li) ; nel rimanente si versarono alcune goccie di soluzione di fosfato d’ammoniaca; si produsse tosto un copioso precipitato granelloso facilmente solubile negli acidi (t). La soluzione di solfato indigeno cimentata col solfuro ammonico deposita una massa gelatinosa solubile nella potassa (/); non manifesta alcuna reazione coll’ acido solfidrico, col cianuro giallo, coll’infuso di noci di galla; col bicloruro di pialino dà luogo alla formazione di un precipitato giallo polveroso (m). Instillando nella soluzione satura, a freddo, di solfato indigeno una soluzione concentrata di acido tarlrico si conseguisce un pre? II lo eipilato cristallino clic tappezza le pareti ilei tubetto di assaggio in cui si compie l’esperienza (n). Il cloruro di bario produce nella soluzione di solfalo indigeno un copioso precipitato pesante, sicché si aduna ben tosto al fondo del tubetto d’assaggio ; F acido nitrico non esercita la più piccola azione dissolvente sopra questo precipitato (o). Col nitrato d’argento si conseguisce un lievissimo inalbamento che F ammoniaca dissipa istantaneamente (p). Si fece agire dell’alcool bollente sopra un pò di solfalo indigeno polverizzato; l’alcool fdtrato si ridusse, mediante l’evaporazione, alla rimanenza di alcune goccie; si divise questo residuo per metà; ad una si aggiunse dell’acqua, poi si divise la miscela ili due parti: una di esse venne cimentata col nitrato di barite e ne provenne un forte intorbidamento che non scemò punto dietro Faggiunta dell’acido nitrico ({/); l’altra fu posta a contatto con una goccia di soluzione di potassa, e se ne ebbero isolati dei fiocchetti che scomparvero affatto per una successiva aggiunta di potassa (r). Il rimanente del liquido alcoolico, il quale si riconobbe fornito di marcatissima reazione acida (,j), ridotto a secco, diventò leggiermente bruno ( t ), poi, innalzandosi sempre più la temperatura, diffuse un pò di fumo denso, e lasciò traccia di residuo bianco, insolubile nell’aqua, che si disciolse però, sebbene lentamente, nell’acido solforico; la potassa e l’ammoniaca resero opalina questa soluzione; un piccolo eccesso di potassa vi ridonò la trasparenza; lo stesso effetto non venne prodotto da un leggiero eccesso di ammoniaca (?<). Per tutte le accennate reazioni apparisce chiaramente che il solfalo indigeno risulta di potassa (m, n )> di un pò di allumina (e, g, I, r, u) e di magnesia (f, i), e di qualche traccia di calce (h) salificalo da acido solforico (o, q) in eccesso (a, c, d 3 s) e di appena sensibile quantità di materia organica accidentale (6, t) e di cloro (p) combinato con alcuno dei radicali delle ricordate base salificabili; insomma è un solfato di potassa acido e molto impuro. Il dott. Gaetano Strainbio mi favorì gentilmente una piccola quantità di solfalo indigeno che suo padre aveva direttamente ricevuta dal Gatti: assoggettato alle opportune reazioni lo riconobbi costituito di solfato di potassa appena sensibilmente acido e quasi allatto puro, poiché conteneva sol qualche traccia di allumina, ed era privo di magnesia e di materia organica. Faccio quindi osservare conte non si manifesti costantemente identica la composizione del solfalo indigeno; di fatti, come già vedemmo, ora contiene del solfato ferroso, ed ora ne è privo; ora si mostra più o meno acido, ed ora è neutro; ora racchiude qualche traccia di magnesia e di materia organica, ed ora ne manca affatto, ecc. (1). In qual conto debbesi tenere il solfato indigeno qual sostanza atta a vincere le febbri intermittenti amministrato alla dose che venne più sopra accennata? Il quesito, mi pare, sarebbe abbastanza risolto, stanti le attuali nostre cognizioni terapeutiche, dalla semplice esposizione dei risultati delle analisi su di esso intraprese. Nessuno fra i medici ignora come parecchie febbri intermittenti siano vinte dietro l’uso di alcuni purganti, e come fra questi, specialmente negli spedali, venga prescelto il solfato di potassa, amministrato sotto i nomi di sai de duobus, arcano duplicato, potassa vitriolata, alla dose di un’oncia sciolto in qualche decotto amaro. Al solfato di potassa alla dose ora accennata, alcuni medici attribuirono già una speciale azione febbrifuga; mi basti citare rilolfmann il quale (V. Frederici Hoffmann, opera omnia, Pars II, pag. 91. Genève 1749) così si esprime: « Ssepius in me ipso et in aliis cani arcano duplicalo feci experimentum, et ad uneiam unam in mensura dimidia aqua; solutam hypocondriacis, intennittentibus lentisque febris laborantibus egregio cum comodo propinari. Sustulit s;cpe unica dosis febres, etc. ». Tuttavia non è d’uopo che io dica se nel solfato di potassa siasi riconosciuta un’azione che pareggi o superi quella del solfato di chinina. Il solfato di potassa sarebbe forse più efficace, come febbrifugo, alla dose di pochi grani? Non ne sono persuaso, però non ho alcun argomento per negare assoluta- mente la possibilità di questo fatto. E come spiegare, aggiungeranno taluni, che qualche medico si trovò e si trova contento dell’uso del solfato indigeno, nella cura delle febbri ad accesso, propinato alla dose di venti grani? Questi successi, con un rimedio inefficace non sono senza esempj nella storia della medicina: moltissime altre sostanze vennero vantate come febbrifughe più di quello che ora si fa del solfato indigeno; e dopo di aver goduto di (1) Mentre io correggeva le prove di stampa di quest’articoli mi venne mostrato del solfato indigeno, arrivato recentemente dal Cantone Ticino, il quale si presenta in polvere bianca traente al bigio, di sapore ancor più intensamente acido e più amaro dell’altro da me esaminato, e che in contatto dell’aria si inumidisce prontamente. V. M. 228 una effimera gloria dovettero cader nell’obbìio. Un piccolo numero di guarigioni di febbri aceessionali operate con un dato rimedio non basta perchè si possa ad esso attribuire un’ azione veramente febbrifuga; bisogna riflettere che molte febbri intermittenti dopo un certo numero di accessi terminano spontaneamente o per effetto di un regime più o meno severo o per opera della forza medicalrice della natura. Del resto panni potersi decidere la sorte del solfato indigeno col seguente ragionamento; o il solfato di potassa è capace di troncare il corso delle febbri aceessionali, od è privo di questa virtù : nel primo caso in tutte le farmacie si trova il solfato di ito- tassa puro ed a vilissimo prezzo, e perciò non è d’uopo ricorrere a quello del Gatti, ossia al solfato di potassa ottenuto col processo Tacheniano, impuro e di un prezzo piuttosto elevato; nel secondo caso, chi vorrebbe consigliare l’uso del solfato indigeno ? Quando il solfato di potassa amministrato alla dose di pochi grani possedesse realmente l’azione febbrifuga di cui si volle dotato il solfato indigeno , il Gatti sarebbe benemerito, sebbene affatto indirettamente ed inscientemente, per aver messi i medici nella circostanza di conoscere un fatto importantissimo che era fin qui sfuggito alla loro osservazione. Ho detto indirettamente ed inscientemente, perchè il Gatti in buona fede credeva ben diversa la composizione del suo preparato ; ed ove gliene fosse stata nota la vera natura, e ne avesse informati i medici, come avrebbe potuto trovarne uno che si fosse arreso a tentare un solo esperimento? Ognuno prestamente gli avrebbe rivolte le spalle: allettati invece dall’idea di rimedio arcano e fors’anche dalla sua simpatica denominazione, molti, ed anche alcuno dei più distinti, si diedero premura di instituirne delle prove. — Temiamo però che al Gatti non sia riserbata neppur questa piccola gloria, e che i sali di chinina continueranno ad essere i veri e soli febbrifughi ». INDICE DEL VOLUME SECONDO. Lavori della sezione di Geografia ed Archeologia . pag. 5 Rapporto di Cesare Cantù sulle strade ferrate italiane . » 47 Rapporto sui lavori della sezione di Geografia ed Archeologia, letto nella seduta generale il dì 29 settembre 1846 . » 46 Lavori della sezione di Fisica e Matematica . . . » 52 Rapporto sui lavori della sezione di Fisica e Matematica, letto nella seduta generale il dì 29 settembre 1846 . . » 73 Lavori della sezione di Botanica e Fisiologia Vegetale . » 79 Rapporto sui lavori della sezione di Botanica e Fisiologia Vegetale, letto nella seduta generale il dì 29 settembre 1846 » 109 Lavori della sezione di Geologia e Mineralogia . . » 116 Lavori della sezione di Chimica.» 140 Rapporto sui lavori della sezione di Chimica, letto nella seduta generale il dì 29 settembre 1846 .» 463 Lavori della sezione di Chirurgia e Anatomia . . » 470 Rapporto sui lavori della sezione di Chirurgia ed Anatomia, letto nella seduta generale il dì 29 settembre 1846 . » 200 Adunanza generale del 25 settembre .... » 205 Adunanza generale del 29 settembre .... » 207 Appendice su di un nuovo sale creduto febbrifugo denominato Solfato Indigeno.» 211