■ ' • ■«fcrròfrHjj V4-:% :. . u : f* l-v «* /; :■ /• , ■ ;•'?. :\V' li ■ . aiL.fi. «2 DI FISICA $ I) 21 IP 31 il U‘ D DALL’ INGEGNERE GIOVANNI CANTONI PROFESSORE NEL LICEO DI LUGANO proprietà’ generali — barologia AZIONI MOLECOLARI—TERMOLOGIA T W'Ty 'àLbushlÙ TIPOGRAFIA VELADINI E C.03IP. La presente Edizione è posta sotto la tutela della Legge sulla propt ietà letteraria s essendosi adempiuto a quanto essa prescrive. * DICHIARAZIONE DELL’AUTORE. Le occupazioni per l’insegnamento ed altre imprevedute mi forzarono a trarre in lungo la pubblicazione di questo lavoro, incominciata nell’ottobre 1853. S’aggiunse il desiderio di dare uno sviluppo maggiore di quello ideato dapprima alle materie trattate nel capo IV. Imperocché comprende questo molti argomenti importanti, sia dal lato delle applicazioni tecniche (mezzi di riscaldamento, macchine a vapore, ecc.), sia dal lato delle applicazioni scientifiche (abbracciando gran parte della meteorologia, la teoria di parecchie funzioni dei corpi organizzati, ecc.). Ma soyratutto ebbi di mira d’esporre i principj e gli appoggi della nuova teoria dinamica del calore , la quale, a mio vedere, arreca semplicità nell’ interpretazione dì molti fenomeni termici, mostrando il legame che questi tengono con altre proprietà fisiche dei corpi. E per ciò, mi sembra, venga d’assai agevolato l’insegnamento non solo di questa, ma pur di altre parti della fisica. Talché, se avessi conosciuta a sufficienza codesta teoria sin dal principio di questo lavoro, avrei potuto mettere in armonia e collegare tra loro le diverse parti di esso, meglio che non l’abbia fatto, attenendomi, in su le prime, alla consueta dottrina, che attribuisce i fenomeni termici alle variazioni di densità d’uno speciale fluido imponderabile, chiamato calorico. Per quanto io sappia, non v’ è finora in Italia un libro elementare di fisica, che siasi fatto interprete di questa nuova dottrina, proposta n e sostenuta anzitutto dai fisici inglesi, e già accettata da molti tedeschi e francesi. E quasi corollarj di essa, aggiunsi alcune considerazioni su la connessione delle forze e dei fenomeni nella natura: argomento che interessar deve anche ai cultori della filosofia. Inoltre ebbi riguardo a raccogliere dai giornali scientifici e dai lavori speciali molti fatti interessanti, che sono trasandati dalla maggior parte dei manuali di fisica. Poiché panni che la fisica progredisca segnatamente mercè lo studio minuto ed accurato dei fatti particolari, dai quali ci vengono poi suggerite, per induzione, le leggi generali e le nuove applicazioni. Avvertasi che le materie, le quali, stando olla divisione del corso accennato a pag. 49 (ed impostami dal Programma dei Corsi di questo Liceo), formar dovevano il capo VI, vennero esposte, benché in modo compendioso, nel Supplemento al capo II, dato a pag. 005 e seguenti. Per tal modo rimane completata la Barologia , ossia il discorso su la gravitazione, e sui principali fenomeni che da essa conseguono sì ne’ corpi terrestri che ne’ corpi celesti. Dando un’occhiata a\\' Indice, il lettore rileverà meglio quali siano le materie svolte in questo libro. Forse pubblicherò in seguito l’elettrologia, e l'esposizione dei fenomeni della luce e del calore radiante. Ma ciò senz’alcun vincolo per gli associati: giacché il libro, che oggi presento loro, può, in ogni caso, fare da sé. La fisica ottenne ai tempi nostri tale e tanta ampiezza dì dottrine, di fatti e di applicazioni, che non è quasi più possibile ad un sol uomo di approfondirsi in tutte le parti. Qnind’innanzi, meglio che dei corsi completi di fisica , si pubblicheranno dei trattati speciali delle singole sue sezioni : siccome già uscirono in luce dei buoni trattati di elettricità, di ottica, e di termologia. Devo per ultimo pregare il Lettore di farsi carico delle Correzioni ed Aggiunte poste in fine del libro. fingano 20 ottobre 1857. INDICE DELLE MATERIE Dichiarazione ( 1857) AL Lettori ( l 853) Opere consultate pay. I ?? lil » VII INTRODUZIONE. Definizioni preliminari } )a p 1 Primordj delle scienze fisiche ?» 2 Spartizione delle scienze stesse »» 5 Arti del metodo inventivo »» 9 Osservazione, esperienza ?» id. Paragone, analogia ?» il Induzione, ipotesi « 12 Leggi empiriche pai /. I 3 Forze naturali id. Teoria; leggi naturali ?? 1 4 Errori •,» 15 Dubbio „ U> Assunto speciale della fisica », id. Divisione del corso „ 19 CAPO I. PROPRIETÀ* GENERALI DEI CORPI. Proprietà generali e particolari pag. 20 Definizione generica di corpo id. Astensione », 21 Volume e figura de' corpi ?, id. Siati d'aggregazione », 22 Rasi del sistema metrico 5» 23 Quadro delle misure metricbe 5» 20 Rapj ioni colle misure antiche 1» 28 Divisibilità »» 35 Porosità, impenetrabilità 5» 38 Pariabihtà di volume », 39 Elasticità >» 40 Mutabilità di stalo fisico puff. IO Forze molecolari - h l Mobilità ?» Fi Condizioni e leggi del moto uniforme ?? 15 Condizioni del moto uniformemente variato ?? id. Inerzia ?? 17 Principi fondamentali del moto ?» *18 Comunicazione del moto ?? 50 NOMENCLATURA CHIMICA .. 52 CAPO II. BAROLO GIÀ* GRAVITA’E SUE LEGGI pan. 58 Tavole relative pag. 72 Gravità riguardata come una forza 11 59 Problemi SO Direzione del moto libero dei gravi 11 id. Centro di gravità 11 id. AEROSTATICA li 32 Leggi del moto dei gravi il 60 Pressione atmosferica ìì 83 Peso assoluto e peso relativo „ 62 Barometro n 85 Densità e peso specifico ii 63 Tavole per le correzioni ii 87 Legge di Boyle il 91 IDROSTATICA 11 64 Manometri ii 92 Condizioni d’equilibrio d’una massa Forinola e tavole per calcolare le al- liquida omogenea II id. tezze col barometro 11 id. Pressione sul fondo dei vasi 11 66 Peso specifico dei gas ii ino Idem su le pareti laterali 11 67 Tavole relative ii tot Vasi comunicanti 1» 68 Aerostati ii 102 Liquidi di diversa densità 11 id. Macchina pneumatica 11 103 Pressione sui solidi immersi „ 69 Trombe i> id. Peso specifico dei solidi e liquidi »i 70 CAPO III. AZIONI MOLECOLARI* Cristallizzazione pag 105 Leggi delle vibrazioni trasversali delle Condizioni e leggi della formazione corde pag. 139 dei cristalli 5» id. Scala musicale ii 141 Coerenza nei solidi 11 109 Numeri delle vibrazioni e lunghezze Tenacità, consistenza I» id. delle onde corrispondenti ai di versi Durezza, saldezza, rigidità 11 in suoni » 145 Klasticità nei solidi II 113 Vibrazioni delle verghe » 146 Elasticità alla trazione II id. Idem delle lastre » 148 Idem alla pressione II 115 Tubi sonori .» 149 Idem alla flessione 11 id. Coesione nei liquidi » 451 Idem alla torsione II 116 Aderenza fra i corpi diversi .. 152 Tavole relative 11 118 Compressibilità nei liquidi 120 FENOMENI CAPILLARI » 153 Compressibilità nei gas 11 124 Condizioni e leggi empiriche dei fe- nomeni capillari .. id. ACUSTICA 11 128 Influenza della temperatura » 457 Condizioni per la produzione d’un Teoria di questi fenomeni i> 158 suono II id. Forinole relative ai diversi casi „ 160 Propagazione del suono nei gas 11 129 Applicazioni » 170 Idem nei solidi 11 132 Imbibizione » 171 Idem nei liquidi 11 134 Espansione delle goccie » 172 Onde sonore nell'aria » 136 Diffusione fra i gas js id. Intensità, altezza e metallo dei suoni ìl 137 Diffusione fra i liquidi » 173 Endosmosi fra i liquidi pug. 175 Condensazione dei gas nei solidi porosi e nei liquidi » 177 Endosmosi fra i gas ■>■> 181 AFFINITÀ" CHIMICA » id. Leggi delle combinazioni » 182 F.quivalenti de" corpi indecomposti e de’ composti » id. Equivalenti e simboli dei corpi indecomposti pag. 185 Forinole chimiche de 1 composti » 187 Tavola di alcuni composti binari » 188 Volumi equivalenti e numeri affini* tarj de" corpi indecomposti » 189 Obbiezioni alla teoria atomistica » 191 Classificazione dei metalli » 192 Considerazioni sui fatti molecolari « 193 CAPO IV. TERMOLOGIA. Calore, temperatura pag. 195 Termometro » 198 Requisiti d'un termometro » id. Preparazione e graduazione del termometro a mercurio » 199 Rapporti tra le varie scale » 200 Prontezza e sensibilità » 202 Irradiazione calorifica » id. Propagazione e riflessione dei raggi calorifici »* 203 Facoltà emittente ed assorbente della superficie de 1 corpi » 201 CONDUCIBILITÀ PEL CALORE» 207 Conducibilità assoluta e relativa nei solidi » id. Diffusione del calore nei liquidi » 211 Idem nei gas » 212 Facoltà raffreddatrice dei fluidi » id. CALORIE DI TEMPERATURA » 213 Caloria : legge di Richmann » id. Determinazione delle calorie di temperatura ne 1 solidi e liquidi » 214 Risultati sperimentali « 216 Condizioni più influenti su la capacità de’ corpi pel calore >? 223 Calorie di temperatura nei gas » 227 VARIAZIONI DI VOLUME » 231 Dilatazione dei solidi » id. Tavole della dilatabilità dei solidi » 233 Condizioni più influenti su la dilatabilità dei solidi » 238 Pirometro di Wedgwood » 244 Pendolo a compensazione » 245 Forza d'espansione e di contrazione nei solidi » 246 Dilatazione dei liquidi pag. 24 1 Dilatazione assoluta del mercurio » 248 Dilatazione apparente dei liquidi » 250 Massimo di densità nell" acqua » 252 Idem nelle soluzioni » 25o Forinole della dilatazione dei liquidi » 256 Osservazioni di Monche » 258 Idem di Pierre » 261 Dilatazione dei gas » 271 Osservazioni di Kegnault » 273 Termometria » 2 78 Termometri a gas » 279 Osservazioni di Regnatili » 280 Termometri a mercurio » 285 Osservazioni di Kegnault » 290 Termometri ad alcoole e ad altri liquidi » 295 Avvertenze per 1' uso de' termometri » 297 MUTAZIONI NELLO STATO FISICO „ 3no Liquefazione dei solidi ,, 301 Temperature di fusione „ 302 Calorie di fusione dei solidi « 301 Osservazioni di Perso» „ 307 Calorie di soluzione dei solidi „ 308 Miscele frigorifere » 313 Solubilità a varie temperature » 3HÌ Solidificazione dei liquidi » id. Solidificazione dell'acqua e del solfo .. 317 Solidificazione delle leghe 320 Variazioni di volume nei liquidi che si solidificano 322 Liquidi plutonici 330 Dei vapori „ 333 Proprietà dei vapori » 331 Dati empìrici su la tensione del vapore acqueo V a 9’ 335 Forinole per la tensione del vapor acqueo a diverse temperature » 337 Sperienze di Magnus « 345 Idem di Regnatile e calcoli relativi « 34G Tavola della tensione del vapor acqueo da —32° a 230° » 354 Tensione dei vapori di altri liquidi « 360 Diffusione dei vapori nei gas •>•> 368 Miscele di vapori diversi »» 372 Densità dei vapori alle diverse temperature « 375 Condizioni dell’evaporazione u 382 Ebollizione dell’acqua sotto diverse pressioni « 386 Condizioni influenti su la temperatura d’ebollizione dell'acqua » 392 Ebollizione delle soluzioni » 394 Temperatura d’ebollizione di varii liquidi ?? 401 Calorie di vaporizzazione dei liquidi iì 407 Calorie di vaporizzazione dell’ acqua a diverse temperature « 408 Osservazioni di Regnauìt » 412 Calorie di vaporizzazione di altri li quidi .. ili Applicazioni »> ito Liquefazione dei gas » 421 Fenomeno di Leidenfrost „ i27 Igrometria » Ì31 Umidità atmosferica id. Metodo chimico « 436 Tensione del vapor acqueo da — 10 ° a 35° ». i37 Igrometro ad appannamento ». 440 Psicrometro »» 444 Igroscopio di Saussure n 451 Altri metodi igrometrici »» 455 Variazioni igrometriche dell’atmo- sfera Variazioni barometriche Variazioni periodiche 456 460 id. Pioggia a diverse altezze pag. 478 Acqua evaporantesi r> 4’80 Neve e grandine « 481 Rugiada 483 Macchine a vapore « 485 Misura del loro lavoro « 487 Caldaje » 492 Mezzi di sicurezza 55 49 i Considerazioni sul potere dinamico di diversi vapori ,, 496 Effetto utile del vapore come forza motrice „ 501 FONTI DI CALORE „ 505 Calore svolto per compressione ,, 506 Dai solidi „ id. Dai liquidi ,, 510 Dai gas „ 511 Calore svolto per attrito „ 517 Trasformazione del moto in calore ,, 519 Teoria dinamica del calore ,, 520 Applicazione al calore svolto per compressione dai solidi ,, 522 Idem dai liquidi „ 525 Equivalente meccanico del calore „ 529 Altre applicazioni „ 534 Combustioni » 536 Condizioni delle combustioni ,, id. Calorìe di combustione „ 542 Sperienze di Favre e Silbermann ,, 544 Calorie di combustione dei legni „ 548 Idem dei carboni ,, 554 Idem dei combustibili fossili „ 555 Calorie di combinazione dei corpi ,, 560 Combinazioni binarie ,, id. Equivalente calorifico dei corpi „ 563 Combinazioni ternarie ,, 564 Miscele di varie soluzioni „ 567 Considerazioni su questi fatti „ 568 Calorie d’idratazione ,, 570 Calore svolto da azioni molecolari „ 571 Calore proprio degli animali ,, 574 Temperatura propria de’ varii animali, e condizioni influenti su di Variazioni accidentali » 464 essa 11 51 Loro relazione coi venti » 467 Calore prodotto dalla respirazione » 573 Onde atmosferiche » 472 Sperienze di Lavoisier „ 580 Relazione coll’elettricità » 473 Idem di Dulong e Despretz „ 581 Acqua cadente dall atmosfera 5 » id. Idem di Regnauìt e Reiset 3 .j 5 8 0 Nubi, loro forme e loro altezza » id. Idem di Boussingault „ 584 Pluviometri » 475 Idem di Magnus „ 586 Pioggia in diverse località » 476 Idem di Liebig e Matteucci „ 588 Condizioni influenti su la respirazione pag. 589 Influenza delPetà e del sesso „ 591 Jdern del lavoro „ 592 Idem dell’esterna temperie „ 593 Idem del letargo „ 591 Idem degli alimenti „ 595 Teoria dell’alimentazione 598 Calore proprio dei vegetabili „ 601 Ripartizione del calore solare sala terra ,, 601 Tavole relative „ 606 Condizioni influenti sul clima dei varii luoghi ,, 610 Variazioni annue nella temperatura d’ogni luogo „ 611 Variazioni diurne ,, 616 Media annua e media diurna ,, id. Linee isotermiche „ 618 Linee isanomali termiche pag. 620 Influenza delle macchie solari „ 621 Temperatura a diverse altezze ,, 622 Limite delle nevi perpetue „ 625 Misura del calor solare „ 626 Temperatura dello spazio interpla- netare ,, 628 Zero assoluto di temperatura „ 633 Suolo a temperatura variabile „ 63-4 Idem costante .. 637 Calor proprio della terra ,, id. Prove di questo calore ,, 638 Ipotesi cosmogonica di Laplace „ 6-10 Calore provocato dall’elettricità „ 643 Connessione tra le forze fisiche „ 645 Connessione tra i fenomeni della natura ,, 650 Origine del calor solare „ 658 Conclusione del capo ,, 661 APPENDICE al § 4.° — Proprietà caratteristiche dei minerali' 9 dei vegetabili e degli animali .... pag. 663 SUPPLEMENTO AL CAPO II. Continuazione della BAROLOGIA. Caria m Joni della gravità su la terra pag. 665 Lunghezza del pendolo a diverse latitudini „ id. Idem a diverse altezze ,, 667 Influenza della forza centrifuga „ id. Figura della terra ., 668 Delinizione di latitudine ,, id. Lunghezze d’alcuni archi di meridiano ,, 669 Raggio equatoriale e raggio polare „ 670 Raggio a diverse latitudini „ id. Schiacciamento del globo ,, id. Prove fisiche del moto diurno „ 671 Deviazione dei gravi cadenti p a $- 671 Deviazione dei pendoli liberi ., id. Orientazione dei corpi ruotanti „ 672 Prove e leggi della gravitazione 5 , id. Bilancia di torsione ,, id. Densità media della terra ,, <573 Altre prove ,, id. Gravità nell’interno del globo „ id. Leggi di Keplero „ 674 Dati astronomici sul sistema solare „ 675 Definizione dei principali elementi astronomici „ 676 lormole e dati di matematica ..... . . ., 679 Correzioni ed aggiunte . . . . . . . . . „ 68L AI LETTORI AVVISO DEGLI EDITORI. iV et presentarvi un ìibro che s 1, intitola elementare, stimiamo dover nostro di dichiararvi cldesso non pretende con ciò di riuscir popolare. Crediamo necessaria questa dichiarazione, da che sono pur inaile oggidì le pubblicazioni scientifiche, le quali immerilamenie si dico» popolari. • li per ispiegurvi come., a parer nostro, corra non piccai divario fra un libro popolare ed un libro elementare, porremo ad esempio che si tratti d*un mannaie di fisica, qual 1 è appunto il caso presente. Lo si dirà elementare qualora, indirizzandosi alle persone già iniziale nello studio della fisica, verrà compendiando sotto brevi proposizioni quel cumulo di cognizioni, che da costoro sonosi già apprese, o col frequentare una scuola speciale di fisica, o colla lettura di estesi trattati dell'islessa scienza. Epperò un così fatto libro ci porgerà IV quasi un inventario dei precipui risultati delle inda- (lini sperimentali istituite per iscoprire le leggi dei diversi ordini di fenomeni fisici: e ci esporrà i risultali medesimi con esalto linguaggio scientifico, tralasciando la minuta dichiarazione delle osservazioni, degli apparecchi, degli sperimenti e dei calcoli, che servono negli estesi corsi di lezioni e nei trattali a dimostrare o ad appoggiare le proposizioni in tal libro epilogale. Sarà invece un trallatello popolare di fisica quello che, pigliando ad illustrare in ispecial modo i fenomeni più ovvii della natura, ed evitando, possibilmente, ogni ordine artificiale o sistematico, ogni terminologia scientifica, ed ogni troppo astrusa considerazione, giungerà a tradurre i risultati scientifici sotto tali forme, che li rendano viemmeglio accessibili ed interessanti per il popolo poco istrutto. E qui il discorso procederà per gradi, ma piuttosto diffusamente, citando e descrivendo ad ogni passo quelle osservazioni o quegli sperimenti, che valgano a rischiarare e comprovare -le leggi della natura che mano mano prenderà ad esporre. Bla, sventuratamente, di quest"uUima foggia di libri, almeno per la fìsica sperimentale, non si contano che scarsissimi esempj. Ora il primo intento del presente Manuale è di porgere il Somjiaiuo di un compilo corso di lezioni su la fisica, allo a servir di guida agli allievi ed agli uditori della scuola fanoni. Blercc queste sussidio, gli sviluppi, le dimostrazioni e gli sperimenti che verranno esposti dal professore, meglio s’imprimeranno nella loro mente j e quindi potranno essi medesimi svolgere ordinatamente in iscritto le udite spiegazioni. Poiché soltanto dietro coleslo lavoro del loro intelletto polran V dire d’ essersi davvero appropriale le cognizioni della scienza. Però un lai Sommario potrà ancor giovare a quelle colte persone, che amano veder raccolto in un sotlil volume le più positive nozioni che in oggi si posseggano sui fenomeni più generali della, natura inorganica.. La fisica è tal scienza che interessa quasi tulle le classi sociali, giacché, nel disvelarci V indole e le leggi delle forze naturali, ci addila altresì i mezzi più sicuri e più economici per evocare'c rivolgere queste fòrze a beneficio della umanità. In olire questo Manuale si propone di radunare, a guisa di Prontuario, alcune di quelle tavole numeriche die servono a facilitare i calcoli relativi a diverse osservazioni scientifiche, come pure quei quadri numerici che esprimono i valori relativi delle diverse proprietà ne’singoli corpi,, o che offrono i dati più interessanti di fisica, di chimica minerale, di meteorologia e di astronomia.. A render poi più spedilo lo studio di quelle parti della fìsica che meno abbisognano delle cognizioni matematiche, si dividerà il corso in due sezioni. La prima, intitolala Fisica sperimentale, comprenderà i capitoli concernenti le proprietà:generali dei corpi ; le leggi della gravità, dell’idrostatica e dell’aereostalica ; le diverse azioni molecolari, comprese le azioni chimiche; f acustica ; ed i fatti deli calore condotto, dell’elettricità, del magnetismo e dell’ elettro-magnetismo. Nella seconda sezione, ehe si denominerà Fisica matematica, si esporranno la teoria della gravitazione universale coi principi di astronomia, e le dottrine dei fenomeni della luce e del calor radiante. ri Infine vuoisi tiare un compendio della Storia degli incrementi delle scienze fisiche , ove si noteranno le principali scoperte ed invenzioni } e le migliori pubblicazioni di coloroche più efficacemente contribuirono a porre le fondamenta delle fisiche dottrine ed a farle progredire. Ali’ intento di non moltiplicare le citazioni a piè di pagina, ed affinchè non si dubiti che l’autore del presente Sommario •voglia appropriarsi il lavoro altrui, si indicano le opere più importanti state consultate nel compilarlo. D’altronde questo elenco potrà giovare a quegli studiosi che amano approfondirsi nella scienza. Accademici del Cimento, Saggi di naturali esperienze. > in 4.° Firenze 1667. Annali di fisica, chimica e matematiche, pubblicati da G. A. Majocehi in Milano. Serie l. a dal 1841 al 1848. Serie 2, a 4850. Sospesa la pubblicazione. Annali delle scienze del Regno Lombardo-Fetielo, pubblicati per cura del dolt. À. Fusinieri dal 4831 al 4845. Annales de physique et de chimie, par Arago, Chevreul, ecc. 3.«« séries; fondée en 1841. Continua la pubblicazione. * Annuaire méléorologique de la France, par J. Haeghens, Ch. Mnrtins, A. Bravate, ecc. Paris 1849 à 4852. Annuaire du bureau des longiludes. Notices scientifiques, par F. Arugo. Paris 1831 à 1852. Archives des Sciences physiques et nalurelles, par A. De-la- Rive et Marignae. Généve. Cominciarono ad uscire nel 4845, ed escono tuttora. A. Avogadro . Fisica dei corpi ponderabili, 4 voi. in-8.° gr. Torino 1847-51. Tiri Becquerel* Tratte de TélécArìcite et dii magnélisme, 7 voi. in-8.° Paris 1834-40. Racchiude diverse notizie anche su altri rami della fisica. » et En. Becquerel, Élemens. de physique terrestre et de météorologie, in-8.° gr. Paris 1847'. G. Belli , Corso elementare di fisica sperimentale,. 3 voi. in 8.° Milano 1830-38. Sospesa la pubblicazione. J. B. Biot, Traile élémentaire d*astronomie physique, 4 voh, in-8.° Paris 1841-47. la corso di pubblicazióne. B. Bizio, Dinamica chimica, Venezia 1850-51, 2 voi. in-8.° In corso di pubblicazione. R. Boscovicn, Theoria philosophice natuvalis,. Vene- tiis 1763. A. Boucharoat, Fisica elementare, vers. dal frane, con note ed aggiunte di P. Tanzini, in-16.° Firenze 1847. R. Bovle, Opera omnia, 3 voi. in-8.° gr. Venetiis 1696. A. Cohte, Cours de pliilosophie positive, 6 voi*. in-8.° gr. I primi tre volumi, pubblicati dal 1830 al 1838, riguardano la filosofia delle scienze matematico-fisiche. G. Davy, Elementi di filosofia chimica, versione dall’ inglese, 2-voi. in-8i° Milano 1814. C. Despretz, Trattato elementare di fisica, traduzione dt A. Nobile con note, 3 voi. in-8.° Napoli 1838. Dumas, Lecons sur la pliilosophie chimique, in-16.° Paris 1838. ' A. Fusimeri, Memorie su la meccanica molecolare e su varjrami della fisica e meteorologia, 3 voi. in-4.° Padova 184447. A. Gabba, Leziwii di matematica applicata, in-8. 0 gr. Pavia 1852. G. Galilei, Opere, 2 voi. in-8. gr. Milano 1832, A.Gahot, Traité élémentaire de physique, in-16-° Paris 1852. Ne esiste una buona versione italiana del prof. C. Hayccb. Milano 1852-53. C. Gerardt, Introduclion à Tétude de la chimie, in-16. 0 Paris 1848. G. I- ’s Gr. a vie sa mi e , Physices elemento mathematica, edit. 4.a, 2 voi. in 4." Leidee 1748. IX W. R. Grò ve , The correlation of physìcal forces-, 2.d edit. in-8.° London 1850. S. Heuschel, Discours sur Tétude de la plulosophie natn- relle, trad. de l’anglais, in-lO. 0 Paris 1831. F. Hoefer-, Histoire de Iwehimie, 2 voi. in-8.° Paris 1842-43. A. Humboldt, C'osmos, trad. de l’altemand, 3'voi. in-8.° Paris 1848-52. In corso di pubblicazione. E. Kater e D. Lardner, Elementi di meccanica, versione- dall’inglese, in-16.° Torino 1851. L J Instilvt,. l.re section ; Sciences mathémaliques, physiques et nalurelles, fondé'e en 1833. Paris. Continua la pubblicazione. L. Kaemtz, Cours eomplet de. météorol'ogie, trad. l’allena» avec notes par Cft. Mar.lins, in-T6»° Paris 1853. G. Lamé, Cours de physique, 2; me edit. in-8.° gr. Paris 1836i A. Libes, Histoire des progrès de la pliysique, 4 vol. in-8.°‘ Paris -1810-13. G. Liebig, Prime e seconde lettere, versione dal tedeseo dii E. Leoni, con note di-F. Selmi, in-16.° Torino 1853. L. Magrini, Manuale di fisica in-8.® Milano 1845. Pubblicazione sospesa. G. A. Majocchi, Elementi di fisica , 3 gr. voi. in-8.° Torino 1850-53. C.Matteucci, Lesioni di fisica, dedizione in-8.° gr. Pisa 1850» » Lecons sur les phenoménes physiques des corps vi - vans, in-16. 0, Paris 184T. F. Moigno, Reper.loire d J optiqne modèrne, 4 voi. in S.° Paris ISIT-Sli. Contiene diverse memorie anche su altri rami della fisica. 0'. Mossotti, Lesionielementari di fisica matematica, 2 voi. in-8.° Firenze 1813. A. Mozzoni, Elementi di fisica generale, 5. a ediz. in-8.° Milano 182T. P. Miìssohembroek:, Introducilo' ad philosophiam: natura- lem, 2 voi. in 8.° Palavii 1708. !.. ìNewtoìn , Philosophim naturaiis. principia mathematica, iu-4° Amstelodami 1723. X D. Paoli, Ricerche sul moto molecolare dei solidi, in-8.° Firenze 1841. E. Péclet, Traile élémentaire de physique, 4. mp edit., 2 voi. in-8.° gr. Paris 1837. • Traile de la chaleur, considerée dans ses applica • lions, 3.»>« edii. in-4.“ avec alias de planches, Lié- ge 1843. G. Piànciaixi , Istituzioni fisico-chimiche, 4 voi. iu-8. Roma 1833-35. Pouillet , Élémens de physique éxpérimentale et de mé- iéoroloqie, G. ine edit. 2 voi. in-8.° avec alias de plauches. Paris l833. V. Reg.naclt , Relation des éxpériences entreprises pour délerminer les principales lois et les données nu- meriques qui entrent dans le calcai des machines ù vapeiu•, publiée dans les Méinoires de l’Académie des Sciences, in-4.° Paris 1847. » Premiere élémens de chimie, in*16.° Paris 1850. » Corso elementare di chimica, traduz. di G. Arpe- rani e F. Selmi con copiose note dei traduttori, 4 voi. in-46.° Torino 1850-53. D. Scena, Elementi di fisica generale e particolare, 4 voi. i 11-10.° Milano 1833-34. F. Selhi, Principi elementari di chimica minerale e di chimica organica, 2 voi. in-32.° Torino 1830-51. » Strnlj di chimica molecolare, 2 voi. in-8.° Modena 1813-46. B. Z ambra , I principi e gli elementi della fisica, in-16.° Milano 1851. In corso di pubblicazione. » Introduzione allo studio della fisica, in-16.° Udine 1815. F. Zantedeschi , Trattato di fisica elementare, 4 voi. in-8.° Venezia 1843-46. Téli. Le opere riguardanti solo dei rami particolari della fisica saranno menzionale ne’ loro luoghi nel corpo del Sommario. INTRODUZIONE. Sola interprete della natura è la speranza. Da lei mai nonricevesì inganno: bensì il giudizio nostro s’inganna, aspettando effetti ai filali l'esperienza rifiutasi. Leonardo da Vinci. Il dubitare in filosofia è padre del- f invenzione, facendo strada allo scopri- memo M '<* 0. Galileo Galilei. Definizioni preliminari. 1. Il vocabolo fisica, giusta la sua derivazione dal greco tpótu; natura, accenna la scienza della natura in generale. Quindi la fisica, nel suo più largo significato, abbraccia la cognizione di lutti gli ordini de’fenomeni naturali: giacché chiamasi fenomeno ( da Qtuvi/uevoy , apparenza) qualsiasi fatto sensibile, che è quanto dire qualunque proprietà o qualunque mutamento che possiam ravvisare negli oggetti sensibili. E si applica poi il nome generico di corpo a qualsiasi par- ticolar cosa sensibile, cioè ad ogni cosa atta a provocare in noi determinate sensazioni, in virtù dei fenomeni che le sono proprj. In altre parole, si denomina corpo genericamente la sostanza (dal latino substantia) dei singoli fatti sensibili, ossia ciò clic il nostro giudizio ritiene sottostare ad ogni indi* viduato fenomeno. Per universo sensibile s’intende poi la totalità dei corpi esistenti e capaci di operare in qualunque modo sui nostri 2 INTRODUZIONE' sensi: epperò vi si'comprende tutto quanto può diventar oggetto di sensazione, dalla piu minuta particella discernibile soltanto col sussidio di perfetto-microscopio, sino al più remoto astro reso visibile dal migliore de’'telescnpj. Laonde si- può dare quest’ altra più esplicita definizione della fìsica : è la scienza ohe dichiara i fenomeni dei: singoli corpi costituenti l’universo sensibile. Primordj e sviluppo delle scienze fisiche. 2. Ma per così fatta definizione rilevasi esser vasto oltremodo il campo delle fisiche investigazioni. Presso le antiche scuole la fisica formava parte della filosofia : anzi ne’più vetusti sistemi veniva con questa confusa, mal sapendosi rilevare) in que’ primi tentativi della scienza, la fondamentale differenza sussistente fra la cognizione empirica ed analitica del- 1’universo sensibile, e la considerazione astratta e generica- su le cagioni sovrassensibili della esistenza e conservazione dell’ universo medesimo. Nondimeno anche nelle più, antiche scuole di filosofia 1 fu- ronvi de’ fortunati ingegni, i quali intuitivamente presagirono alcune verità, dimostrate poi sperimentalmente solo nell’epoca moderna. Tra esse primeggia, per questo riguardo, la scuola italica o pitagorica, la quale iniziò molti studj positivi, ed esercitò altresì una rimarchevole influenza sit-in filosofia greca, e specialmente su la dottrina del mondo sensibile, sostenuta da Platone nel celebre suo dialogo intitolato il Timeo. Dobbiamo poi ad Aristotile di aver nettamente distinto il campo; delle indagini fisiche da quello delle speculazioni astratte della filosofia teoretica, o metafisica. fila le successive scuole dei neoplatonic-i e dei gnostici, lasciatesi adescare dalle poetiche fantasticherie del misticismo, confusero di bel nuovo la fisica colla filosofia, violentandole entrambe) per ridurle a servigio della teologia. E cotesto traviamento influì: notevolmente a perturbare lo spirito dei peri- INTRODUZIONE 3 patetismo, vivificato nelle dottrine degli'scolastici. Laonde vedemmo per ben quattordici secoli (dal IL. al XVI.) la scienza immiserita e stazionaria nelle scuole di Alessandria e dei- 1’ Evo medio, perocché tenacemente intenta a svolgere futili od irresolubili quistioni su la essenza delle cose sovrassensi- bili, assunte come sostanza delle cose sensibili. Pure di mezzo acquei tenebroso e vuoto battagliar di parole, esdrono non radi lampi di luce, segnatamente da coloro che ebbero più positiva educazione negli studj di geometria, di astronomia, di meccanica e di medicina. Così son tuttora memorabili i lavori di Tolomeo, Galeno, Diofanlo, Pappo-, ILoezki, Alberto Magno e Rogero Bacone. Così va distinta una eletta e numerosa schiera di filosofi, che nel sedicesimo secolo illustrò l’Italia, gittando le basi di quella riforma del metodo scientifico, che do altri s’ascrive al Cartesio ed a Francesco Bacone. Essi («) avevan già designato 1’ oggetto ed il metodo proprio della scienza positiva, col proclamare la indipendenza della filosofia dalla teologia,-e-col-richiedere che la natura fosse studiata nelle sue stesse opere, anziché nei volumi d’Aristotile e dei suoi mille chiosatori. Ciò nulladimeno meritatisi ancora il vanto di fondatori del metodo sperimentale Copernico-, Leonardo da Vinci, Keplero e Galileo, e segnatamente quesL’-ultimo, poiché egli pel primo additò tulli i sussidj di questo metodo — l’osservazione, 1’ esperienza , l’induzione, il calcolo ed il libero raziocinio — •e seppe fare d’ognuno di essi applicazione assai larga e feconda per l'incremento della scienza. Ne’suoi scritti, e sovra tutti ne’ dialoghi sul sistema copernicano e ne’ discorsi sopra due nuove scienze, oltre ad uno stile veramente purgato ed elegante, noi troviamo un modello tuttora imitabile di scritti scientificij essendovi opportunamente consociato il (a) Pomponaccio, Patrizio, Cardano, Tclesio, Bruno, Campanella, Vanini, Porta, Cesalpino, Eustachio, Fracasloro, Jlaurolico, Tartaglia, ecc. 4 1KTR0DUZICWE rigore delle argomentazioni con una mirabile lucidezza e varietà di esempj e di dichiarazioni, per modo da raggiungere compiutamente quell' intento, che molti ancor oggidì si propongono, ma pochissimi sanno toccare, quello cioè dell'espor- re popolarmente la scienza. Ed ai suoi discepoli («) è dovuta quella prima istituzione scientifica, l’Accademia del Cimento, la quale fe’dono alla scienza d’un prezioso volume, in cui quasi ogni parte della fisica venne illustrata con assai giudiziosi esperimenti. E intanto questi luminosi esempi suscitarono l'emulazione in Inghilterra, in Francia ed in Olanda: cosicché tutti i più robusti ingegni, lasciate le infeconde dispute della filosofia teologica delle scuole, misero mano a ricostruire la scienza sovra una più modesta, ma più salda base, e ne trassero la filosofia dell'epoca moderna, che giustamente s'intitola filosofia sperimentale o positiva. E allora vedemmo che la natura, tentata con accorti e svariali artifici da Gilbert, da Torricelli , da Guericke, da Redi, da Boyle, da Huyghens, da Newton, da Lana, da Leewenhoefc, da Ilauksbee, da s’Gra- vesande, da Mussehenbroek e da tant’altri valentissimi sperimentatori, venne rivelando loro non poehi di q.ue’ segreti processi, eh'ella medesima adopera per costituire i corpi e per promuovere in questi le proprietà ed t fenomeni (&)■. Ed è questo appunto il supremo proposito della fisica, considerata in tutta la sua ampiezza etimologica, accennata sopra (1), (a) Torricelli, Cavalieri, Redi, Castelli, Viviani, Ranieri, Del Papa, J ts n a Idi ni, Lana, Montanari, Giiglieiiutui, Vallisuieri, ece,. ( b) Nella parie istorica della scienza si troveranno poi indicati gli speciali lavori di ciascuno de’ menzionali fisici e naturalisti. introduzione 5 Ripartizione delle scienze fisiche. 3. Ma per siffatte assidue investigazioni il tesoro della filosofia sperimentale crebbe a tal misura, che apparve insufficiente la mente d’un uomo a tutto comprenderlo. E fu quindi una necessità il ripartire la scienza generale della natura in molte scienze particolari, affinchè ognuno, applicandosi in ispecial modo allo studio d’ una di esse, meglio potesse abbracciarla in tutta la sua estensione, riconoscerne le lacune e le imperfezioni, e trovar modo a compire le une ed a togliere le altre. E così la filosofia naturale venne, in men che due secoli, ad acquistare un’ ampiezza ed una perfezione veramente ammirabili. 4. Gioverà però esporre un quadro de’ diversi rami in cui riesce in oggi ripartita la scienza generale della natura. Ma prima convien far distinzione tra le scienze naturali propriamente dette, e le scienze preparatorie. Diciamo scienze pre- paralorie quelle che apprestano i principi di ragione e di fatto, i quali servono di base alle scienze naturali, o che additano il retto uso degli stronfienti o mezzi d’investigazione del vero. Tali sono la Matematica, la Meccanica razionale, la Fisica e la Chimica. La Matematica studia in astratto i rapporti delle diverse grandezze, onde determinare la misura di ciascuna di esse. La Meccanica razionale ricerca le condizioni d’equilibrio e le leggi del moto ne’corpi sollecitati da più forze, considerate astrattamente, cioè senza riguardo alla speciale origine di queste. La Fisica propriamente detta investiga le proprietà generali dei corpi concernenti la loro costituzione e le leggi delle azioni che determinano in essi le più generali modificazioni. Infine la Chimica esamina i caratteri speciali dei corpi indecomposti, le leggi delle loro combinazioni, e le proprietà de’singoli corpi composti. Dobbiamo inoltre avvertire che in natura si distinguono i corpi organizzati dogli inorganici , per ciò che i primi son INTRODUZIONE 6 formati da diverse parti, dette organi , le quali non potino aver esistenza separata 1’ una dall’ altre, ma pur ciascuna ha una speciale struttura, e compie una speciale funzione. Inoltre ì corpi organizzati hanno la'facoltà di crescere e conservarsi sotto forme determinate, mentre i materiali che le costituiscono sono in islato di continua mutazione, sotto le influenze d’un appropriato mezzo ambiente e di appropriati alimenti: hanno altresì la facoltà di produrre, per via di germi, altri corpi ad essi somiglianti, I corpi organizzati si distinguono poi in animali ed in vegetabili-, secondo che possiedono o no degli organi speciali per la sensibilità e -la locomozione spontanea, provocata cioè da volontà o da istinto. Ora diremo che le scienze naturali passali tutte per due stadj: lo stadio isterico o descrittivo, e lo stadio scientifico od esplicativo. Nel primo si occupano soltanto di descrivere con diligenza le proprietà ed i fenomeni caratteristici d’ ogni singolo corpo c gruppo di corpi ; nel secondo tentano di conoscere le leggi, ossia i rapporti e le colleganze dei diversi ordini de’fenomeni. Anzi questi due stadj sono così bene distinti, da dar luogo ad una-bipartizione in ciascun ramo di scienza naturale. L’insieme delle sezioni descrittive costituisce la così detta Storia naturale ; mentre l’insieme delle sezioni esplicative forma la Filosofia naturale propriamente detta 5 come emerge dal seguente quadro : INTRODUZIONE T li*? ,, 5 ** ^ il *^2 fc/J CT) viSoiodf) 000(8 ppvowj re to SO v dividalo Q attyj.Hins =0 Oh B1303|J05 0UJd)S» 0UJ91UI S © c. ■ Man. di Fisica INTRODUZIOHE Da! precedente quadro è facile rilevare che l’intento supremo della Filosofia naturale è quello di scoprire i rapporti generali sussistenti fra le condizioni astronomiche, fisiche e chimiche del globo terrestre e lo sviluppo della vita negli esseri organizzali; non che i rapporti sussistenti fra le leggi della conservazione della vita ne’ due regni de’ vegetabili e degli animali. E il fatto cardinale dell’universo, ond’esso venne giustamente chiamato Cosmo, dal greco sta appunto nel generale ordinamento e nella intima connessione di tutte le cose naturali. 5. Ed anche dalla storia dei progressi d’ognuno dei predetti rami di scienze naturali risultano gli stretti legami che tra essi sussistono; mentre vennero tra di loro mutuamente sussidiandosi, e più efficacemente, secondo i rapporti di precedenza e di parallelismo notati nel suesposto quadro. Quindi, affinchè le scienze naturali ottengano sicuri incrementi, è necessario che i cultori d’ognuna di esse mai non si dimentichino dell’ intimo nesso, che in fatto sussiste, fra la peculiare materia dei loro sludj e quella che forma 1’ oggetto speciale delle altre scienze. Imperocché non devonsi attribuire ad una sostanziale differenza fra le cose naturali quelle distinzioni e quei scomparii che, attesi i limiti delle nostre facoltà percettive ed intellettuali, siamo costretti a porre, in via arlìfiziosa e provvisoria, onde agevolarci le indagini sperimentali. La mente umana mai non avrà compresa la realtà della natura, se non quando giungerà — se pur le sarà possibile — a veder raccolte in una risultante il complesso di tutte le influenze che dalle singole parti dell’universo si esercitano su di ogni punto individualo di esso, e di tutte le reazioni che da tal punto si dispiegano all’incontro di ciascuna delle dette influenze. Però le medesime attinenze che sussistono in natura fra i diversi oggetti delle singole scienze segnano anche le dipendenze che razionalmente si dovranno riconoscere fra i prineipj ed i melodi delle scienze medesime. INTRODUZIONE 9 Del metodo sperimentale od inventivo. 6. Si è detto (2) esser singolarmente dovuto alfa continua e giusta applicazione del metodo sperimentale il progresso rapido e sicuro delle scienze lisiclie in quest’ ultimi tre secoli. Vediamo ora quali siano le arti spedali di un tal metodo. So* no esse: l’osservazione, l’esperienza, la comparazione, l’analogia, Tinduzione, l’ipotesi, iL calcolo, la teoria, il raziocinio ed il dubbio. E prima notiamo che i sensi della vista e det tatto sono, tra gli altri, quelli die più comunemente ci fanno accolli e consapevoli della esistenza dei corpi, giacché la percezione dei fenomeni ci è data anzi tutto per opera di questi due sensi. Però ii senso del tallo ci prova in un modo più diretto e più ovvio, anco nell' oscurità, la presenza di un corpo, grazie alla resistenza da esso opposta al moto volontario delle noslre membra venule in contano col medesimo. Ea vista, per sé sola, non basta ad accertarti (iella esistenza dei corpi, poiché non di rado abbiamo percezioni visive di taluni fenomeni ai quali non sottosta alcun reale oggetto esterno, sendo esse mere parvenze, dipendenti dall’istessa organizzazione del nostro senso della vista, o da vizj organici di questo, oppure da alcuna mudilìcazione recata ai raggi luminosi da altri corpi. Pure in eerti casi ammettiamo la esistenza corporea di tali cose, le quali, benché possano iti niun modo operare sul senso del tatto, ci dimostrano la loro realtà colla costanza e regolarità delle loro apparizioni. E talora ammettiamo persino la sussistenza di aleune cose, ette d’ordinario non istimoiano in modo sensibile né l’organo delia vista nè quello del tatto. I. Si compie un’ osservazione quando, la mercè dei sensi, si percepisce distintamente un individuato fenomeno. In altre parole si effettua un’osservazione, quando si nolano attentamente tintele particolarità e le circostanze die accompagnano un dato fenomeno naturalmente verificantesi. Laddove facciamo un’esperienza; quando poniamo attenzione ulle muluzioni INTRODUZIONE 10 che noi poss’nino indurre nello stato de’ corpi, col variarne artificialmente le circostanze o le condizioni: ovvero l’esperimento è l’atto con cui determiniamo pensatamente l’avvenimento d’ un fenomeno. Ma affinchè l’osservazione ci dia risultati attendibili, è necessario adoperarla con molte cautele. E primamente eon- vien discernere quelle circostanze che costantemente accompagnano il fenomeno preso in esame da quell’ altre, che per mero accidente ponno trovarsi con esso concomitanti. Epperò ugni osservazione dev’essere il medio risultato di molte osservazioni simili, ripetute in varj tempi e sotto varie circostanze, all’uopo di elidere le influenze delle circostanze accidentali ed estrinseche alla produzione di tal fenomeno. Vuoisi poi che ogni osservazione sia accurata, onde rilevare con iscrupolosa esattezza lutto quanto e sol quanto realmente ed in ogni caso interviene nel proposto fenomeno, olfatto che la natura lo produce. E qui giova avvertire che contro 1’ esattezza delle osservazioni stanno le tante volte i difetti od i vizj accidentali de’nostri sensi, le imperfezioni degli strumenti adoperati per le osservazioni medesime, e segnatamente i giudizi affrettati, ed i pregiudizi che si ricevono dalla tradizione, sia volgare, sia scientifica. Pertanto, volendosi osservare un fenomeno qualunque, devonsi diligentemente esaminare tulli quegli altri fenomeni che lo precedono, lo accompagnano, lo susseguitane, tenendo esatto calcolo delle differenti grandezze od intensità corrispondenti alle sue varie manifestazioni, in rapporto alle variazioni occorse nelle circostanze ; e dividendo, ove sia possibile, il dato fenomeno negli altri più semplici, che per avventura concorressero a produrlo. E facile avvedersi elle anco per compiere un esperimento converrà usare delie medesime, anzi di maggiori cautele. L’ arte dello sperimentare richiede indicibili diligenze e molta perspicacia di mente, per ideare ed apprezzare le variazioni da recarsi ad arte nella produzione d’ un fenomeno. E’ espi- rienzn poi va ripetuta le molte volle, variandone le cireostan- INTRODUZIONE IL Ze, dii’ uopo eli nvverlire le condizioni indispensabili alla produzione del fenomeno studiato, e di determinare i rapporti di quantità che fra esse sussistono. 8. Preparati cosi i fatti particolari della scienza mercè l’osservazione e l’esperienza, bisogna ordinarli in gruppi, a seconda delle più strette loro dipendenze e connessioni: ed i diversi gruppi di fenomeni si raccolgon poi sotto poche classi, a seconda delle loro più esplicite rassomiglianze. In questo studio dell’ordinamento dei fatti s’adoperano efficacemente la comparazione, l’analogia, l’induzione, l’ipotesi ed il calcolo. È opera della comparazione il mettere a scrupoloso confronto gli uni cogli altri i diversi fatti, tentandoli sotto tutti gli aspetti pei quali è possibile contemplarli, all’uopo di ravvicinar quelli fra i quali rilevatisi i più salienti punti di contatto. Ma prima di paragonar tra loro i fenomeni, bisogna averli semplificati come testé si disse (7), onde togliere da ciascuno di essi tutto quanto v‘ ha di estrinseco o di accidentale, e quindi ridurlo a’ suoi elementi, cioè a quelle sole condizioni che sono veramente necessarie alla produzione del medesimo. E qui giova avvertire che i fisici assumono qual causa di un dato fenomeno appunto l’insieme delle condizioni strettamente indispensabili alla sua manifestazione , e perciò ripongono le cause dei fenomeni in quegli altri fenomeni che ne precedono ed accompagnano l’avvenimento: senza alcuna pretesa di conoscere l’intima essenza de’ fenomeni medesimi. 9. Per analogia si attribuiscono a molti oggetti simili quelle proprietà che direttamente si riscontrarono eoll’osservazion» o coll’esperienza soltanto in uno od in alcuni pochi di essi. E ancora per analogia si ascrivono cause simili ad effetti somiglianti: e reciprocamente da cause d’ uno stesso genere si aspettano effetti simili tra loro. Questo modo di argomentare serve a convalidare gli asserti della scienza, quando la previsione vien corrisposta dall’esperienza, e giova talora ad allargare le nostre cognizioni, richiamando l’attenzione su dei fenomeni dianzi incompiutamente osservati. Peròdevesi andar 42 INTRODUZIONE cauli, per non lasciarsi adescare dalla fanlas : a o dalla pigrizia a ritener per vere talune somiglianze, che sono puramente illusorie od occidentali; e quindi bisogna che le somiglianze cadano o su le proprietà caratteristiche dei diversi generi di corpi, o su le condizioni essenziali dei diversi gruppi di fenomeni. ■10. Dicesi Induzione quell’argomentazione per cui da parecchi casi particolari si desume una proposizione generale. Così si fa un’induzione quando un dato rapporto, verificatosi più volte nella successione o nella grandezza di alcuni fenomeni, vien assumo come un rapporto costante; quando dall’os- servare che due fenomeni si susseguitati l’un l’altro più d’una volta, s’argomenta che il primo promuove l'altro; quando si pongono come necessarie condizioni d’ un fenomeno quelle che parecchie volte ci apparvero indispensabili alla produzione del medesimo, lo qiirst’atto delia mente facciamo bensì un’ipotesi, ossia una stipi os : zione: ma è pure un passo indispensabile per giungere in qualche modo alla conoscenza della realtà, ed è poi itti passo plausibile ove la fatta supposizione si presti atl una riprova per mezzo di altre osservazioni o sperienze. Devesi però usar tutta la circospezione prima di tener per sicura un*induzione. Il nomedi ipotesi vien ordinariamente applicalo soltanto a quelle induzioni vite si fanno dietro scarsi ditti di osservazione o dietro semplici indizj congetturali, massime in quegli argomenti che ditlìcilinente si prestano ad una verificazione sperimentale. Così fatte supposizioni si devono evitare a tutto potere, perché sviano o ritardano il sicuro progresso delia scienza, appagandoci di mere congetture. Giovano invece le ipotesi quando le si possano assaggiare colia esperienza, poiché valgono ad estendere il campo delle nostre cognizioni. 11. I fatti adunali in un medesimo gruppo, se è possibile, si oi dittano ili serie secondo le rispettive grandezze od intensità, mostrate nelle dirette loro manifestazioni, oppure nelle influenze eh'essi esercitano su altri fenomeni. E in allora, col INTRODUZIONE 13 sussidio del calcolo , ossia delle matematiche, si ricercano i rapporti di quantità che collegano i diversi elementi di tali fenomeni. Sono questi astratti rapporti fra le condizioni d’un dato gruppo di fenomeni che si dicono leggi empiriche dei medesimi, in quanto che esse hanno un valore condizionato ai limili tra i quali stanno i dati sperimentali che servirono di base ai calcoli: mentre al di fuori di tali limiti le stesse leggi potrebbe!* riuscir difettose. È ancora per via d’induzione che talora una legge empirica vien elevata al grado di legge generale, cioè vien reputata sussistente ancorché abbiano a variare in un modo qualunque le grandezze relative dei suoi elementi. Sia questa sorta d’induzione è molto pericolosa, ossia convien riguardarla come ipotetica, fin quando non si verifichino per essa i requisiti che si accennano più avanti (13) parlando della sintesi. ■12. Qualora tutti i fenomeni d’una classe si possan disporre in una serie regolare, nella quale ciascuno dipenda dal precedente, e quello che è primo non sembri provenire da niun altro fenomeno riconoscibile coi nostri sensi, anche sussidiali dall’arte, allora si ha in tal fenomeno che sta a capo della serie il principio o l’agente fisico di tutti gli altri subordinali. Questi fatti semplici e primi delle varie classi di fenomeni soglionsi denominare forze naturati. Da ciò si rileva che anco le forze promovitrici dei fenomeni non si conoscono nella intima loro essenza, ma si assumono dai fisici puramente come fenomeni inesplicati od indecomposti. Si dovrà però dapprima scrutare ben addentro ciascuno di tali fenomeni primi, per rintracciare se mai ve ne fosse alcun altro, o non ancora esaminalo o già registrato in altra classe, il quale mostrasse aver con uno di essi tali relazioni di procedenza da esser possibile il collegamento dell’uno coll’altro: in tal caso tutta la classe de’ fenomeni dal primo dipendenti verrebbe a subordinarsi in quell’altra classe. ■13. Colle predette operazioni si compie il primo stadio d’o- gni investigazione sperimentale che suol dirsi analisi , sotto INTRODUZIONE 14 la qual denominazione si comprendono appunto tutte le arti sovra descritte. Principia allora il cómpito della sintesi , la quale intende a formulare una teoria generale di un’ intera classe di fenomeni, già studiata con tutti i sussidj dell’analisi. Una teoria fisica consiste in un’astratta posizione di proprietà e di rapporti, dalla quale si possa, per via di rigorosi raziocinj, cavare e svolgere tanti parziali corollari, che corrispondano ai dati empirici dei singoli gruppi di fenomeni ordinati in una medesima classe, scendendo per gradi dal generale al particolare, ossia dal semplice al complesso. A guidarci però ed a rassicurarci in così falla serie di deduzioni valgono anzi tutto le considerazioni matematiche. Imperiamo tuta teoria in su le prime non è altro che una ipotesi: ed acquista valore sol quando la si riscontra soddisfacente ai dati dell’analisi. Anzi, Iorchè nel detto processo discensivo, oltre al trovar confermali i risultamenii sperimentali già noli e classificati, ci avvediamo d’alcuni altri fenomeni, cui prima non s’era posta mente, e che ci si rivelano come conseguenze dell’ assunta teoria, allora i fenomeni di una tal classe ebbero una compiuta spiegazione; le loro leggi empiriche acquistano un valore scientifico, e si meritan nome di leggi naturali; e quella teoria cessa d'esser provvisoria ipotesi, e tiensi come una verità scientifica. Dunque, quando per opern dell’analisi siasi segnalato il principio fisico e scoperte le leggi di una classe di fenomeni, e quando tal principio e tali leggi siansi sinteticamente comprese con una teoria, può dirsi raggiunta la spiegazione scientifica dei fenomeni medesimi. Epperò ogni possibile spiegazione di fenomeni riducesi puramente alla conoscenza delle condizioni da cui essi dipendono, e della relativa quantità d’azione o d’influenza dovuta a ciascheduna di tali condizioni. Ogni altra investigazione su le cagioni prime e su la essenza dei fenomeni, ed ogni considerazione sui fini delle loro leggi de>e sbandirsi dalle scienze tìsiche, come affatto vana e con- INTIIODUZIOKE 45 getturale. Il più allo intendimento cui possa aspirare la scienza positiva è quello della previsione dei falli : e appunto la cognizione del principio e delle leggi d’un dato ordine di fenomeni basta a farei prevedere gli speciali fenomeni che accadranno sotto date condizioni, determinate cioè in qualità ed in grandezza. 14. Pertanto tutto il metodo sperimentale od inventivo delle scienze fisiche consta di due principali processi, l’uno analitico, sintetico l’altro. 11 primo risulta da una serie di induzioni o generalizzazioni, che dai particolari dati di osservazione — i fenomeni — si eleva gradatamente sino ai principj cd alle leggi che complessivamente li reggono. Il secondo, all’opposto, risulta da una serie di raziocini o deduzioni, che, muovendo dai principj generali, discende ordinatamente e rigorosamente sino ai più specificali fenomeni. Questi due processi diconsi perciò induttivo il primo, e deduttivo il secondo. 15. Tale sarebbe il procedimento regolare e completo del metodo scientifico. Ma in non pochi casi, dietro alcuni dati, l’ingegno umano trascende prestamente ad ideare delle leggi, dei principj, delle teorie, che poi vengono assaggiate o provate deduttivamente con esperienze ed osservazioni. E questa l’opera del genio. Nel processo deduttivo massimamente rifulge l’utilità del calcolo , come mezzo di prova delle ipotesi. Per molte classi di fenomeni manchiamo tuttora d’una teoria, poiché non si è pernnco trovalo modo di applicarvi il processo deduttivo, e di assoggettare al calcolo i loro elementi. Quindi devesi procurare di rischiarar maggiormente tali ordini di fenomeni col raccogliervi intorno nuovi sperimenti e nuove osservazioni. In queste parti della scienza devesi andare ben guardinghi, innanzi d’accettare per vere le ipotesi. 46. Per quanto le ipotesi siano indispensabili ed utili per l’incremento delle scienze naturali, s'hanno perù a deplorare molli e gravi traviamenti prodotti dal loro abuso. E qui è luogo di notare talune tra le più comuni sorgenti d’ei- INTRODUZIONE 16 rore: alcune riguardano specialmente gli scienziati, altre il volgo. Yizj degli scienziati. Il troppo facile generalizzare; l’accontentarsi di qualche apparente corrispondenza delle ipotesi e delle teorie coi fatti; il forzare i dati d’ osservazione a soddisfare ad una teoria; ed il trascurare le particolarità d’alcuui fenomeni giudicati anomali, mentre invece, studiati perbene, potrebbero gettar molta luce su altri fenomeni, tuttora mollo oscuri. Errori del volgo. Per esso le molte volle la causa d’ un fenomeno non è più solamente, come pel fisico (8), un puro complesso di condizioni, ossia di fenomeni precedenti e concomitanti, ma bensì un potere immateriale od un agente estrinseco al fenomeno stesso, e che arbitrariamente lo determina. Il volgo, al par dei poeti, tende ad animare tutte le cose naturali ; ed ogni fenomeno, che esca appena dal consueto, è tenuto dal volgo come immediato effetto d’un atto volontario di qualche ente sovrassensibile. Laddove per un fisico le cagioni immediate dei fenomeni altro non sono che una dipendenza od un concorso d’ una o più proprietà de’corpi: delle cagioni rimote e sovrassensibili non è debito suo t'occupar* si ). Queste due proprietà, che sono comuni a tutti i corpi, di presentare un dato volume ed una data figura, si volici' da imi (a) Atomo deriva dalla voce greca m/xy', divisione, e dalla particella negativa *, e quindi significa indivisibile. {!>, Tra poco vedremo perchè siasi qui aggiunto 1’ epiteto apparente alia superficie do' corpi. 22 CAPO PRIMO significare col dire che un corpo è un aggregato esteso e figuralo di molecole. Però anche le molecole saranno estese e figurate: poiché, per piccole che siano, occuperanno una certa quantità di spazio, e questa sarà limitata in un modo particolare. Il geometra considera le estensioni in astratto: quindi le costruisce idealmente, ora d’ una sola dimensione e ne forma le linee, ora di due dimensioni e ne forma le superficie, ed ora contempla tutte e tre le dimensioni e ne costruisce i solidi. Ma invece per il fisico l’estensione dei corpi, ed ancor quella delle loro parli minime, conta inseparabilmente tutte e tre le dimensioni. 20. I diversi corpi vengono nella fisica classificali con riguardo al loro stalo d J aggregazione, ossia al parlicolar modo con cui sono collegate tra loro le molecole. Comunemente si distinguono tre differenti stati, cioè solido, liquido ed aeriforme, e quindi si hanno tre grandi classi di corpi. Meglio è però divider prima i corpi in due sole classi, solidi e fluidi, e poi suddivider quest’ ultima classe in due sezioni, liquidi e fluidi espansibili. E solido ogni corpo che presentasi sotto una determinata figura, e tende a mantenerla, opponendo una sensibile resistenza a lutto che operi per disgiungere o per mutare la posizione relativa delle sue molecole. Denominatisi fluidi quei corpi, le cui particelle sono sì debolmente collegale tra loro, da spostarsi per lievissimo sforzo e da non presentare una figura determinata, modellandosi variamente a seconda della figura delle interne parti de’ vasi che li sorreggono o contengono. Dicesi poi liquido quel fluido che manliensi sotto un volume sensibilmente costante, qualunque sia la capacità dei vasi ne’quali è versato e l’intensità delle forze esterne che tendono a comprimerlo: laddove è detto espansibile od aeriforme quel fluido, le cui molecole tendono a discostarsi per modo da investire l’intera capacità del vaso che lo racchiude, per grande ch’essa sia, e che però vengon facilmente raccolte sotto minor volume per esterna pressione. proprietà’ generali Sistema metrico. 27. Chiamasi misurazione quell’operazione, mediante la quale si determina quante volte si contenga in una data estensione quell’altra individuata estensione, che si convenne di assumere per unità del medesimo genere di estensioni. Si danno tre generi di estensioni : lineari, superficiali e cubiche o di volume, e quindi si dovranno fissare altrettante unità di misura per le diverse estensioni : poiché è impossibile paragonare fra loro estensioni di diverso genere. E similmente, per la determinazione dei pesi relativi dei corpi e dei valori relativi delle cose, convien stabilire un certo peso da assumersi per unità ponderale, ed un certo valore da prendersi per unità di moneta. E poiché già in ogni paese si trovavano in uso alcune unità lineari, superficiali, cubiche, ponderali, e di moneta sensibilmente differenti da quelle adottate negli altri paesi, in sul finire del passato secolo, all’ uopo di agevolare i confronti dei fatti scientifici, si convenne dagli scienziati di tutte le parti d’Europa di adottare il sistema metrico decimale per le dichiarazioni delle estensioni, dei pesi e dei valori. Questo sistema che era stato proposto da alcuni membri dell’Accademia di Francia nel 1791, fu imposto a tutta la Francia da un decreto del 9 dicembre 1799, onde facilitare le contrattazioni ed i commerci, e toglier di mezzo le frodi, che eran tanto favorite dalla molliplicilà delle unità di misura. In seguito fu introdotto anche nel Belgio, nel Piemonte ed in parte nella Svizzera. Ed è desiderabile che venga adottato in tutti gli Stati d’Europa. 28.1 principali pregj del sistema metrico sono : di aver desunte le unità di superficie, di volume, di capacità, di peso e di valore su la base dell’unità lineare o di lunghezza ; di aver presa quest’ultima unità da un fatto costante, universale, e determinabile in qualsiasi luogo e tempo; e di aver formati i multipli ed i sununultipli delle diverse unità secondo il sistema decimale, per la prontezza dei calcoli. Man. di Fisica 3 CAPO PRIMO 2* Tre erano le grandezze proposte a base d’una generale unità lineare: la lunghezza del pendolo che batte i minuti secondi alla latitudine di 45.°, la lunghezza di un quarto del circolo equatoriale della terra, e la lunghezza di un quadrante d’un meridiano terrestre. 1 commissari deH'Aceademia preferirono, per diverse ragioni, quesl’ultima base, cioè stabilirono di prendere per unità lineare una lunghezza equivalente alla diecimilionesima parte della lunghezza d’un quarto d’un meridiano terrestre, e di denominarla metro , m dal greco rpov misura. La lunghezza corrispondente a questa definizione non può dirsi ancora determinata con precisione, poiché, at- lese le sensibili ineguaglianze dei meridiani terrestri, converrebbe assumere per base la lunghezza d’un quadrante ellittico corrispondente al quarto d’un meridiano medio; e la dieci- milionesima parte di siffatta lunghezza costituirebbe il metro teorico. Laddove il metro le(jate_, adottato dagli scienziati e da alcuni governi, come si disse sopra, quantunque sia una lunghezza che mollo si approssima a quella del metro teorico, ne è però alcun pò maggiore. Questo argomento verrà sviluppato nel Capo VI, quando si parlerà della figura e delle dimensioni del globo terrestre. Intanto diremo che il metro legale è una lunghezza equivalente a tese 0,5130740, ossia a linee 443,293030 del piede parigino («), presa l’asta del metro alla temperatura del ghiaccio deliquescente e l’asta della tesa alfa temperatura di 16°, 25 C. Tale è la lunghezza che emerse dai calcoli istituiti da Délambre e Wan-Svriiiden sul risultato della misurazione del- l'arco di meridiano stendentesi da Dunkerque a Moijouy presso Barcellona, misurazione che fu eseguita da Méchaiu e Délambre (à). Quindi innanzi, parlando di metro, intenderemo sempre del metro legale. (a) La tesa francese equivale a 6 piedi parigini. (b) Dunkerque e Monljouy si trovano in un medesimo meridiano. Dunkerque alla latitudine di 51.° 2.’ 8”,50 e itlon’jouy alla lalitudine di 4l.° 21.’ 46”,57 Quindi l’arco di tal meridiano compreso fra questi due punti corrisponde a 9.° 40.’ 2”,93. proprietà’ generali 23 Per unità delle misure superficiali si assunse 1’ area d’ un quadralo avente per lato un metro lineare, e quest’area vieti detta metro quadrato. Per unità delle misure di volume si prese il volume di un cubo avente per lato un metro lineare; e questo volume si chiama metro rubo, od anche stero, dal greco mfor, solido. Per unità delle grandi estensioni superficiali, come per la misura de’ cainpi e delle estensioni geografiche si pose Purea d’un quadrato avente per lato una lunghezza corrispondente a dieci inetri; e quest’area fu delta aro dal Ialino arare r coltivare. Per unità delle misure di capacità per i liquidi e per i corpi minuti, come i grani, le farine, i semi, eco,, si adottò una capacità equivalente al volume d’un cubo avente per lato una lunghezza corrispondente ad una decima parte d’ un metro; e siffatta capacità è detta litro , da libbra. Per unità delle misure dei pesi si fissò di assumere il peso, determinato nel vuoto, della millesima parte d’ un litro di acqua distillata, presa alla temperatura corrispondente al massimo della sua densità, cioè a 4.° (J.; e questo peso, che risultò equivalente a grani 18,82713 dal peso di marco francese, si chiamò- grammo, da y^x'/u/ix che esprimeva il peso più piccolo adoperato dai greci, cioè la ventiquattresima parte d’ un’ oncia. E per unità di misura delle monete si stabilì un pezzo di argento, legato con un decimo di rame, e pesante 3 grammi. I multipli delle diverse unità si formano col premettere al nome d’ogni unità le particelle deca, etto, chilo, mi-ria, derivate dalle voci greche hxx (dieci), Ixxrìv (cento), >uxio; ( mille), e /nS(iof ( diecimila). Invece, premettendovi le voci deci, centi , milli, tolte dai latino, si indicano i sommili li pii, corrispondenti alle parli decime, centesime, millesime di ciascheduna unità. Ora esporremo in un quadro le diverse misure adottale nel sistema metrico coi loro valori relativi. E di poi daremo alcune tabelle per ì ragguagli frale misure metriche e quelle in uso in diversi paesi. CAPO PRIMO QUADRO DELLE MISURE METRICHE. MISURE DI LUNGHEZZA Miriamelro o Lega marittima Lega nuova postale Chìlomeiro o miglio metrico Eliometro Decametro Metro Decimetro o palmo metrico Centimetro o dito » Millimetro od atomo » Decimillimetro 10.000 metri 4000 » 1000 » 100 » 10 » 1 » 0,1 di metro 0,0t 0,001 » 0,0001 » MISURE DI SUPERFICIE Geografiche Miriamelro quadralo a 100 chilometri quadrati Chilomeiro » a 100 ettometri » Agrarie Ettaro o tornatura a 100 ari a ettometro quadrato Decaro o pertica a 10 » Aro o tavola a 1 decametro quadrato Deciaro a 0,1 di aro Cenliaro a 0,01 » a I metro quadralo Scientìfiche Metro quadrato a 100 decimetri quadrati Decimetro » a 100 centimetri » Centimetro » a 100 millimetri » MISURE DI SOLIDITÀ Scientifiche Metro cubo a 1000 decimetri cubi Decimetro > a 1000 centimetri » Centimetro » a 1000 millimetri » Commerciali Decastero a 10 steri Stero a 1 » a 1 metro cubo Decìsero a 0,1 di stero. PROPRIETÀ,’ GENERALI 27 MISURE RI CAPACITA per i liquidi ed i corpi minuti Chilolitro = 1000 litri = 1 metro cubo Ettolitro o Soma metrica = 100 » Decalitro o Mina » Litro o Pinta » Decilitro o Coppo » Centilitro Millilitro =3 10 » ss 1 » ss 1 decim. » = 0,1 di litro = 0,01 » ss 0,001 » ss 1 cenlim. » MISURE DI PESO Tonnellata metrica Quintale metrico Miriagrammo o rubbo Chilogrammo o libbra Ettogrammo od oncia Decagrammo o grosso Grammo o denaro Decigrammo o grano Cenligrammo Milligrammo 1000 chilogrammi (a) 100 to » “ 10.000 grammi 1 » ZS 1000 » 'b) 0,1 di chilog. = 100 » 0,01 9 ZZ 10 » 0,001 9 ZZ 1 » le) = 0,1 di grammo = 0 , 0 ) = 0,001 • MISURE DI VALORE Franco ss 100 centesimi = 5 grammi d’argento con 1/10 di rame. Decimo =10 » Centesimo = 0,1 di franco = 2 grammi di rame. Lunghezze d’ini metro campione a diverse temperature. Lunghezza in millim. Temper. In platino In ottone 0 ' C . 1000.00000 1000,0000 4° • 4000,03537 4000.0740 8° • 4000.07074 4000,4492 43' • 4000,40210 1000,2238 Lunghezza in millim. Temper. In platino In ottone 46” C. 4000,44147 1000,2984 20° • 4000,17684 4000,3730 24” » 4000.21221 4000,4476 28° • 4000,24758-4000,5222() Lo stajo contiene esattamente 30 libbre d'acqua distillata a 4“ C. (e> La libbra equivale alla cinquauiaqnaliresiina parte del peso d’un piede cubo d'acqua distillata a l.^C. Ad) La libbra di farmacia equivale a 3|4 della libbra civile, PROPRIETÀ GENERALI MISURE NUOVE TICINESI (a). Braccio da legnami, ecc. ss metri 0,500 • stoffe 3 » 0,625 Trabucco lineare 3 • 2,500 Pertica ss braccia quadrate 2000 ss metri quad. 500,00 Libbra ss once 32 di Milano ss chilogrammi 0,871446 Moggio per i grani = al milanese = ettolitri 1,462343 • carbone ss 4,25 br. tic. 3 » 5,3125 MISURE ANTICHE DELLA SVIZZERA. Lugano (b). Braccio lungo » corto Pertica Libbra ss metri 0,677493 SS » 0,529998 e: met.quad. 705,0336 ss chilogr. 0,785585 Zurigo. Piede 3 metri 0,30005 Anna 3 » 0,60001 Haas di campagna = litri 1,823 • di città 3 • 4,642 • da olio 3 • 1,376 Libbra pesante 3 chilogr. 0,520215 • leggiere » 0,458831 Sema. Piede 3 metri 0,2932 Auna 3 » 0,5425 Maas per liquidi 3 litri 1,671 Mult per grani 3 ettolitri 1,68120 Libbra = chilogr. 0,522223 Basilea. Piede 3 metri 0,2983 Auna 3 • 1,1780 Braccio 3 » 0,5438 Ohm per liquidi 3 ettolitri 0,50028 Sack per grani 3 • 1,28957 Libbra di marco 3 chilogr. 0,489503 (а) Stabilite dalla legge cantonale del 1826 per l’uniformità dei pesi e delle misure nel Cantone Ticino. (б) Dedotte dalle tavole di ragguaglio annesse alla summenzionata legge del 1826 . 32 CAPO PRIMO Ginevra. Piede a metri 0,4879 Auna zz » 1,1437 Seder per liquidi a ettolitri 0,45224 Coupé per grani ZZ » 0,77653 Libbra pesante a chilogrammi 0,550602 » leggiere zz # 0,45S83i Neuchatel. Piedè a metri 0,29326 Anna « M 1,1111 Libbra peso di ferro a chilogrammi 0,520215 Miglio lombardo Braccio Pertica ds _ carbone Brema Fascio Libbra grossa » piccola MISURE D’ ITALIA. Milano. a metri 1784,809 a » 0,5949364 a metri quad. 654,517945 a ettolitri d,462343 a » 2,25103 a » 0,755544 a chilogrammi 76,0251714 a » 0,762517 a » 0,326793 Piede Braccio da lana » seta Boriila Moggio Libbra grossa • sottile Auna da lana « seta Orna da vino Stajo pei grani Libbra Miglio piemont. Piede Iiprando Raso Libbra Venezia. metri M ettolitri » chilogr, H Trieste. a metri ZZ M = ettolitri zz » a thilogr. Torino. = metri — chilogr. 0,3473 0,6825 0,6372 0,6438 3,3326 0,477109 0,332642 0,6758 0,6406 0,56564 0,82611 0,560012 2466 0,5136 0,5994 0,368796 proprietà’ generali 33 Genova. Palmo Barile da vino » d’olio Mina pei grani Libbra grossa » souile sa metri 0,2.183 sa ettolitri 0,74225 sa » 0,64657 sa » 1,20716 ss CllilOgr. 0,348645 sa » 0,316962 Firenze e Livorno. Miglio Braccio Barile da vino » d’olio Stajo pei grani Libbra metri 1653 » 0,583623 ettolitri 0,45584 » 0,33428 » 0,24369. ehilogr. o,339510 Roma. Braccio da mercante di 4 palmi sa metri 0,8482 » tessitore 53 » 0,6361 Barile da vino ettolitri 0,58341 » d’olio » 0,57480 Rebbio pei grani 53 N 2,94465 Libbra « ehilogr. 0,339121 Napoli* Canna metri 2,1079 Palmo s » 0,2635 Barile da vino ss ettolitri 0,41685 » d'olio 33 n 1,61959 Tomolo da grani sa » 0,51157 Rottolo sa ehilogr. 0,890632 Palermo. Canna — metri 1,9423 0,25810 Palma S N Salma grossa sa ettolitri 3,4433 » generale sa » 2,7669 Rottolo grosso sa ehilogr, 0,877392 » sottile sa » 0,797629 Libbra sa » 0,319052 NB. In quasi tutte le parti d’Italia s’usa il miglio geografico di 60 al grado sa metri 1851,852, CAPO PRIMO GERMANIA. Miglio o lega dii 5 al grado =3 metri nos Miglio del Reno 55 • 7532 Piede del Reno SS • 0,31385 Marco di Colonia — cliilogr. 0,233768 • della lega doganale tmmi » 0,233855 AUSTRIA. Miglio postale = metri 7586 Piede 55 » 0,31502 Anna S5 • 0,7792 Metrc per grani ettolitri 0,6150 himer per liquidi £3 » 0,56564 Libbra ss chilogr. 0,560012 Marco di zecca ss * 0,280644 Libbra micidinale 55 * 0,420008 PRUSSIA. Piede = metri 0,31386 Auna 55 » 0,6669 himer per liquidi = ettolitri 0,68690 Scheffel per grani 55 • 0,54952 Libbra ss chilogr. 0,467702 BAVIERA. Piede 33 metri 0,2910 Auna =3 > 0,83301 Libbra 33 chilogr. 0,5600 OLANDA. Piede d'Amsterdam — metri 0,2831 Auna • 55 • 0,68781 • della Haja !5! • 0.69424 ■ del Brabante 55 » 0,7000 SPAGNA. Piede rr metri 0,2785 Vara £5 • 0,8356 Arroba per il vino 33 litri 16,137 • ■ l'olio 55 • 12,564 Fanega per grani = • 54.800 Libbra sa chilogr. 0,46050 proprietà’ generali 35 RUSSIA. Werst — 500 sagènet =2 metri 1067 Piede inglese s • 0,30179 Sagène = 7 piedi sa • 2,13356 Archine as 1)3 sagène ss • 0,71119 Vedrò per liquidi ss ettolitri 0,12299 Tchelvert per grani s= » 2,09817 Libbra ss chilogr. 0,483218 29. All’uopo di misurare colla maggior possibile approssimazione le dimensioni dei corpi, tenendo conto anche delle più piccole frazioni dell’unità di misura, i fisici adoperano diversi strumenti, quali sono il nonio, la scala liconica, il compasso di spessore, la vite micrometrica, la macchina di divisione, il comparatore e lo sferometro. Alcuni di questi strumenti servono pure a dividere in un certo numero di parti tra loro eguali date dimensioni, per sè già molto piccole. 31). Per divisibilità dei corpi s’intende la loro altitudine ad esser risolti in particelle od in molecole, mediami operazioni meccaniche 0 fìsiche (24). E questa una proprietà che l’esperienza dimostra in tutti i corpi osservabili, e che perciò ri- tiensi una proprietà generale dei corpi (22). Esistono già preparati dalla natura dei corpi d’una singolare esiguità. Ecco ad esempio gli spessori d’alcuni corpi naturali: Lana ordinaria millimetri 0,0389 N di merinos • 0,0237 n di leone » 0,0212 • di Sassonia • 0,0186 H di Schalls • 0,0161 Pelo di talpa m 0,01354 M di castoro t 0,01100 Seta » 0,01015 Carbone dell’orzo • 0,00550 Polvere del lycoperdon bovista • 0,00296 Le arti del lisciapietre, del battiloro, del filaloro, dell’indoratore e del tintore ci forniscono molli e svariali esempi della CAPO PRIMO 36 estrema minutezza delle particelle in cui ponno risolversi i corpi solidi. Eppure i corpi ridotti in particelle impalpabili coi diversi mezzi meccanici, possono ulteriormente dividersi, disciogliendosi in un liquido, per modo da ridursi indiscernibili anche col più valido microscopio. Anzi per il maggior numero dei corpi siffatte molecole invisibili sono tuttavia costituite dalla riunione di parecchie molecole eterogenee, ossia sono esse ancora scomponibili da appropriate azioni chimiche. Le materie odorose forniscono esempi veramente sorprendenti di divisibilità. Quando i liquidi si riducono in istrati o pellicole molto sottili, come nella bolla di sapone , riflettono i più vaghi eolori, somiglianti a quelli delEiridej ed in allora è segno che essi raggiunsero certe sottigliezze, che sembrano incredibili, e ehe pur il ffsieo puòeon alcuni artifiej determinare con molta approssimazione. Lo stesso accade eoi corpi solidi trasparenti ridotti sottilissimi. Ecco per esempio gli spessori delle lamine sottili di acqua e di vetro corrispondenti ai diversi colori dalle medesime presentati per riflessione e per trasmissione e formanti il primo ordine di anelli colorati. Colori Spessori in millesimi di millimetro Riflessi Trasmessi Acqua Vetro Nero iutenso 0,0095 0,0082 Nero Bianco 0,019 0 0,0164 Principio del nero 0,0381 0,0326 Turchino Rosso-giallastro o,(U5S 0,0394 Bianco Nero 0,09-84 0,0864 Giallo Violetto 0,1397 0,1069 Aranciato 0,1524 0,1312 Rosso Turchino 0,1677 0,1474 I più chiari esempj della estrema divisibilità dei corpi ci sono offerti dall’organismo dei corpi viventi, qualora Io si guardi col sussidio di buon microscopio. I diversi organi degli animali risultano da un finissimo intreccio di filamenti,, di proprietà' generali 37 fibre, ili vescicole e di angustissimi caiTalelti: in questi circolano dei liquidi, entro cui nuotano certi globuli, formati da sottile involucro e racchiudenti un altro liquido e talora un nucleo solido. Ecco i diametri d’alcuni di siffatti globuli: Globuli del pus « del sangue umano » » di cavalla » » di toro • » di capra » del latte millimetri 0,00635 » 0,00503 » 0,00560 » 0,00381 » 0,00280 » 8,00254 Esistono poi tantissime specie di microzoi, ossia di animali microscopici, il cui complessivo volume, tuttoché dotali di parecchi organi, e muniti di gusci od involucri silicei o calcari, è minore di quello de'detti globuli sanguigni, almeno per molte specie di essi. Popolano le acque di tutti » mari, ed in tal copia che, eoi gusci depositati dalle loro successive generazioni sui fondo de’ mari entrano a costituire molta parte dei terreni stratificati o di sedimento marittimo. Cotesti gusci microscopici s’incontrano in abbondanza anche nel limo di parecchi fiumi, e persino nel contesto d’ aleuti© rocce vulcaniche. Ciò nondimeno per qualsivoglia operazione meccanica non possiamo mai dire d’ aver ottenuta isolata la molecola d’ uiì corpo, nè per qualsivoglia artificio fisico possiam renderla discernibile pei nostri sensi. Però non ci è dato asseverare che per tale o tal’ altra via siasi diviso un dato eorpo in certe pani che non comportino una ulteriore divisione. Imperocché la sperienza ci dimostra che tulli i corpi sono divisibili a tal punto da sorpassare la nostra immaginazione. E.dove le divisioni da noi tentate trovano un limite, ciò non proviene da un’ invincibile saldezza delle parti di lai corpi, ma ben piuttosto dalla imperfezione degli strumenti e dei processi adoperati per eseguirle, oppure dal difetto de’ nostri organi per di- scern da. 3S CAPO PRIMO 31. I corpi tulli, anco i solidi più compatii, non soltanto sono divisibili per azioni estrinseche, ma hauno lo loro particelle continuamente divise tra loro, per modo da lasciar framezzo ad esse degli spazielti privi della materia propria dei corpi medesimi. Siffatti interstizj son detti pori , e riscontrandosi essi in tutti i corpi sottoponigli ad esperimento, si ritiene la porosità una proprietà generale. In molli corpi, specialmente negli organizzati, questi piccoli vani riescilo visibili coU’oechio sussidiato da microscopio. In altri si manifestano col lasciarsi penetrare dai gas, dai liquidi e dai solidi in questi disciolti. In parecchi ensi la porosità dei corpi vieti dimostrata da alcune loro apparenti compenetrazioni , per cui il volume della mischiauza di due diversi corpi risulta minore dalla somma dei loro volumi determinati prima d’unirli. 32. Nel porgere la definizione del volume dei corpi (23) si ebbe riguardo alla loro porosità, comprendendovisi non solo il volume reale dell’insieme delle sue molecole, ma ancora il volume occupalo dall’insieme de’ suoi pori. Epperò un tal volume complessivo delle molecole e dei pori d’ un corpo chiamasi anco volume apparente del medesimo. E quando, nel dare la definizione generica di corpo (22), si è detto che le sue molecole si tendono tra loro ad una certa distanza , si volle appunto dichiarare che lutti i corpi devonsi ritenere porosi. 33. Si è poi detto che le molecole de’ corpi sono incompenetrabili ( 22), per significare che esse non potino mutuamente penetrare le une nelle altre, cioè non potuto nello stesso tempo occupare un medesimo spazio. L’esperienza ci mostra bensì che in molti casi un corpo può insinuarsi od essere spinto nell’interno di un altro; ma in allora l’esperienza ci dimostra altresì che siffatta penetrazione d’ uno in altro corpo è dipendente o dalla loro porosità o da uno spostamento avvenuto nelle molecole d’uno di essi. proprietà’ generali 39 81. Una prova della porosità de’ corpi in generale la sì cava dalla loro compressibilità , ossia dall’attitudine che manifestano tulli i corpi ad assumere un volume minore di quello che ci presentano sotto date condizioni, qualora si applichino ad essi delle nuove forze comprimenti, cioè operanti nel senso di far mutuamente avvicinare le loro molecole. Non è difficile provare la compressibilità ne’corpi solidi, e più facile ancora riesce il dimostrarla ne’fluidi aeriformi: invece per renderla sensibile ne’ liquidi bisogna applicar loro delle forze comprimenti assai valide, e far uso di complicali apparecchi, quali sono i piezomelri ( da premo) di Oersted e di Regnatili (“). 35. E se, all’opposto, si applicano ai corpi delle forze distraenti, cioè tendenti a discostare mutuamente le loro molecole, essi manifestano la loro dilatabilità , ossia la loro altitudine a pigliare un volume maggiore di quello corrispondente ad altre determinate condizioni. La forza che meglio si presta a far palese questa proprietà nei corpi d’ ogni stato è il calore: giacché coll’accrescere l’intensità di questa forza è facile il mostrare che tanto i solidi quanto i liquidi e gli aeriformi subiscono tutti degli aumenti di volume, quali più quali meno notevoli (*). E reciprocamente, venendo a diminuire l’intensità del calore, tutti i corpi si raccolgono sotto un volume minore, cioè le loro molecole si avvicinano rispettivamente le ulte alle altre. II qual fatto ci fornisce poi la prova più generale della porosità de’corpi: perocché fin quando ci è possibile di andar gradatamente menomando in essi il calore — sino ad assoggettarli ai più intensi freddi — sempre si verificano delle graduali e sensibili dimunizioni nel loro volume. (a) Nel capo li. si citeranno i risultali delle esperienze istituite da Re- gnault, da Grassi e da altri su la compressibilità dei differenti liquidi e degli aerilormi. (à) La misura della dilal.bilità de’ varj corpi per opera del calore si esporrà uel capo IV. Man. di Fisica 4 CAPO PRIMO 3G. Quando i corpi vengono modificali nella loro figura o nel loro volume da esterne forze comprimenti o distraenti, dispiegano la tendenza a riprendere la prima figura od il primo volume ; tendenza che si riduce in atto, tosto che cessi l’azione di tali forze su di essi. Cotesta proprietà generale de’ corpi denominasi elasticità: però in alcuni solidi non riesce molto distinta ( a ). Si deve dunque ritenere che, sotto determinale condizioni di temperatura e di pressione, le molecole costituenti un corpo qualsivoglia tendano a conservarsi ad una certa rispettiva distanza. Che perù, venendo a mutare siffatte condizioni, si muterà, in corrispondenza, anche la detta distanza fra le mole- iole. E siccome su la superficie della terra la temperatura presenta continue variazioni, nel corso dei giorni e degli anni, così tutti i corpi situati alla superficie del nostro globo subiranno continue variazioni di volume, ossia le loro molecole saranno in uno stato di continuo moto, ora d’ avvicinamento ed ora di discostamento rispettivo. Ee proprietà generali de’corpi ora indicate, la compressibilità , la dilatabilità e l’elasticità, si vollero comprendere nella definizione generica di corpo (22), col dichiarare che l’asserita distanza sussistente fra le molecole d’ ogni corpo è va- riabile secondo le circostanze di temperatura e di pressione. 37. S’aggiunse poi che ogni corpo è altresì modificabile nel suo stalo d 3 aggregazione , perciocché variando, ora in più, ora in meno, sino ad un certo grado, l’intensità del calore, i diversi corpi mutano il loro stuto d’aggregazione (2G). Ma il grado, per cui succede il passaggio da uno ad altro stato, è differente nelle singole specie di corpi, come meglio si dichiarerà nel capo IV. Intanto basti il notare che in generale, crescendo progressivamente l’intensità del calore, tutti i corpi tendono ad assumere lo stato di fluido espansibile ; e per converso, diminuendo progressivamente il calore, lutti i (a) I particolari su l’elasticità de’solidi si daranno nel capo IH. proprietà’ generali 4L Corpi tendono n ridursi allo stato solido. Dal che si rileva che Io stato d’aggregazione in ciaschedun corpo dipende, per una parte, da una tendenza che sussiste in tulle le molecole de’corpi ad avvicinarsi e stringersi più saldamente tra loro, come fanno nello stato solido, e, per altra parte, da un’opposta azione esercitata su di esse dalla forza calorifica, la quale tende a dislegarle ed a discoslarle sempre più le une dalle altre, come accade nei corpi aeriformi. Epperò anche il diverso stalo d’ aggregazione offertoci dai corpi è intimamente legato alle esLerne condizioni di temperatura e di pressione. Circa aU’asserita modificabilità nello stato termico, elettrico e magnetico (22), che si riscontra in ogni corpo, si esporranno le prove nei capi IV e V. 38. Dai diversi fenomeni che si riferiscono alla compressibilità, alla dilatabilità , alla elasticità ed alla mutabilità di stalo si può inferire che le molecole costituenti ogni corpo sono sollecitate mai sempre dalla risultante di due forze opposte, una repulsiva, che tende ad aumentare ognor più la distanza delle molecole e la cui intensità diminuisce però rapidamente col crescere della distanza medesima, ed una allraltiva la quale tende ad avvicinare sempre più le molecole tra loro, e la cui intensità diminuisce essa pure, ma in una ragione meno rapida della precedente, col crescere delle distanze. Lorchè comprimiamo un corpo, la resistenza che le sue molecole oppongono al mutuo loro avvicinamento, e che cresce d’intensità coll’ aumentare della forza comprimente, ci prova la forza repulsiva operante fra esse: ed è pure mercè questa forza che, al cessare della compressione, il corpo manifesta la sua elasticità, ossia le sue molecole riprendono o tendono a riprendere la prima maggior loro distanza. E quando ten- -liamo di allungare o distendere un corpo solido, la resistenza opposta dalle sue molecole al mutuo loro allontanamento, accenna all’operare fra esse d’una forza attrattiva: ed è pure grazie a questa forza che, togliendo Ut forza distraente, il 42 CAPO PRIMO corpo spiega la propria elasticità, cioè le sue molecole ripi* gliano o tendono a ripigliare la primiera minor loro distanza. Ed è ancora in virtù della forza attrattiva delle molecole che bisogna andar gradatamente crescendo l’intensità della forza calorifica, sia per dilatare i corpi, sia per liquefarli se sono solidi , sia per trasformarli in fluidi aeriformi se sono liquidi. Fra le molecole dei solidi, si suppone operatrice uno terza forza, detta ili oi'ienluzioncj perciocché esse, non soltanto tendono a serbare fra lot o una determinata distanza , ma ancora una determinata disposizione relativa, quasiceliè in esse sussistessero certe linee, dette assi, le quali tendessero a dirigersi in un determinalo verso. Infatti i solidi oppongono resistenza non soltanto alle forze che tendono a mutare il loro volume, ma altresì a quelle che tendono a modificare la loro figura, e manifestano per questo riguardo dei mudi speciali di elasticità (alla flessione, alia torsione, eco.) che non si riscontrano nei empi fluidi. Cotesta forza di orientazione, dipendente forse dalla figura delle molecole, si farebbe specialmente manifesta nell’ atto che i solidi si formano per cristallizzazione (“), e nel- 1’ aggruppamento delle molecole ne’ corpi organizzati. Anco in que’ liquidi che. diciatti viscosi dispiegherebbe qualche azione una tal forza, la quale però ne’ liquidi in generale riuscirebbe ben debole od insensibile: e da ciò la mobilità o scorici olezza delle loro molecole. Insensibile affatto sarebbe nel corpi aeriformi. Queste forze, delle quali non conosciamo nè la natura nè le leggi, si dicono forze molecolari , perocché si manifestano operatrici fra le molecole sol quando esse si tengono a delle distanze insensìbili. Se ne farà parlieolar discorso nel capo III. Quanto alla energia relativa delle forze di attrazione e di ripulsione, considerate ne’ corpi aventi un diverso stalo d’aggregazione, è evidente che nei solidi devono prevalere le forze (a) Dei fenomeni della cristallizzazione e delle relative leggi si parlerà nel capo ili. proprietà’ generali 48 attrattive alle repulsive, come ce lo indica la coerenza sussi- stenle fra le loro molecole. Però, in ogni parlicolar condizione di temperatura e di pressione esterna , queste forze opposte tengono le molecole del solido a tale distanza, per cui esse si fanno mutuamente equilibrio. Nei liquidi l’intensità delle forze attrattive dev’essere di poco maggiore di quella delle forze ripulsive, giacché tra le loro molecole non è molto gagliarda la coesione. Se non che in essi — nelle ordinarie circostanze — cospira colle forze molecolari attrattive, a tener le molecole ad una determinata distanza, qualche esterna forza di pressione (la pressione atmosferica e la pressione delle parti stesse del liquido). Invece ne’ fluidi aeriformi aver devono una prevalente vigorìa le forze ripulsive a fronte delle attrattative, da che si manifesta in essi la tendenza aH’espandersi indefinitamente: e se le loro molecole si tengono fra loro a determinate distanze, egli è per effetto d’una esterna pressione, la quale controbilancia l’azione delle loro forze repulsive. Sonvi però dei fenomeni che accennano all’operare delle forze attrattive anche fra le molecole dei corpi aeriformi. 88. È detta mobilità l’attitudine, che pur si rileva in tutti i corpi, all’esser indotti in istato di moto da azioni estrinseche od intrinseche. Il molo è un fenomeno tanto semplice, che è assai difficile il definirlo senza cadere in paralogismi. Alcuno definisce il moto per il passare che fa un corpo da un luogo od tin altro; altri il trovarsi successivo d’ un corpo in luoghi differenti. Al fisico interessa soltanto di conoscere le leggi che si verificano ne’moti de’corpi prodotti da cause naturali, cioè di rilevare la loro direzione e la loro velocità, le quali cose costituiscono i due elementi che servono a contraddistinguere i diversi moti. Suolsi però distinguere il molo assoluto d’un corno, considerato cioè per rispetto ad un punto individuato dello spazio' (o per rispetto ad un corpo che fosse in assoluta quiete* ossia che si conservasse constontemenie in un dato punto dello spazio), dal moto relativo d’un corpo, considerato cioè per CAPO PRIMO 44 rispetto ad altri corpi determinati, i quali per sè possono essere anche in istato di moto. Dicesi poi in quiete relativa quel corpo che non muta di posizione rispetto ad altri corpi coi quali esso si trova connesso. Per quanto è a cognizione nostra, in natura non si dà corpo ciie possa dirsi in assoluta quiete, perocché anche le stelle chiamale fìsse mostrano aver de’ moti proprj. Il sole, oltre ad un moto di rotazione, ha un moto di traslazione: epperò trascina seco i pianeti, i satelliti, le comete e gli asteroidi, i quali corpi hanno poi anche un moto di rivoluzione attorno il sole, e molti di essi anche un moto di rotazione. La quantità di siffatti movimenti si indicherà nel capo VI. E per quanto si accennò sopra (36) su le continue variazioni nel volume de’ corpi, e per parecchie altre cause che si studieranno più innanzi (gravitazione, forza centrifuga, vibrazioni sonore, azioni chimiche ed elettriche) si può ritenere che pur nell’ interno d’ogni corpo situato alla superficie terrestre succedono de’continui smuovimenli fra-le sue molecole. Fu in vista di tutti cotesti fatti che si è asserito (22) ogni corpo esser continuamente forzalo a muoversi sotto V influenza detjli altri corpi coi quali è legala la sua sussistenza. E circa poi al continuo gravitare d’ogni corpo, ivi pure asserito, si daranno le prove ne’capi li e VI. 39. Chiamasi forza qualunque azione di un corpo che tenda a modificare o che modifichi effettivamente lo stalo di un altro corpo. Quindi qualsiasi mutazione, che si verifichi nello stalo di molo o di quiete d’uu corpo, la si attribuisce all’operare d’una qualche forza. Per determinare le intensità o le grandezze relative delle forze si paragonano tra loro le grandezze o le quantità dei loro effetti. E questi effetti si misurano, lenendo conto della massa dei corpi che vengono messi in moto da ciascheduna forza, e delle velocità che vengono impresse ad ognuno di essi. proprietà’ generali 4» Una forza è detta istantanea quando opera sul corpo solamente per un istante al principiar del moto da essa impressogli, abbandonandolo di poi a sè medesimo. Allora il corpo si muove con moto uniforme, poiché percorre spazi di eguale lunghezza (che diconsi spazi eguali) in tempi successivi di eguale durata. In questo genere di moto si chiama velocità il rapporto fra il numero delle unità lineari di spazio percorse ed il numero delle unità di tempo trascorse onde percorrerle, o più brevemente lo spazio percorso nella unità di tempo, perciocché in ciascuna successiva unità di tempo le quantità di spazio percorso riescono tra loro eguali : e quindi la misura dello spazio totale percorso dal corpo in un dato numero di unità di tempo risulta equivalente al prodotto della detta velocità per il medesimo numero delle unità di tempo trascorso. Per unità di tempo si assume ordinariamente la durata di un minuto secondo, ossia di della durata di un giorno solare medio: e per unità degli spazi il metro lineare. Quando una data forza istantanea, operando successivamente su diversi corpi, imprime loro eguali velocità si dice che tai corpi hanno masse eguali; e qualora le velocità risultino differenti, la massa di ciaschedun corpo vieti ritenuta inversamente proporzionale alla velocità da esso concepita sotto 1’ azione della medesima forza. Eppcrò anche in questo caso si ritengono eguali tra loro gli effetti di una data forza istantanea su diversi corpi, effetti che sono misurati per cadami corpo dal prodotto della sua massa per la rispettiva velocità: ed è questo prodotto che chiamasi quantità di molo comunicata da tal forza a ciascun corpo. Quindi si dice che una forza istantanea, operando successivamente su diversi corpi, produce in ognuno di essi una eguale quantità di moto. Pertanto le intensità relative di diverse forze istantanee si desumono agevolmente dal confronto delle quantità di moto da ciascuna di esse provocate in dati corpi. 40. Una forza continua opera invece su di un corpo, senza interruzione, finché dura il moto da essa prodotto: allora que- 4Q CAPO PRIMO sto moto risulta variato , poiché varia ad ogni istante fa re- locità del corpo, ossia riescono tra loro differenti gli spazi percorsi dal corpo in tempi successivi tra loro eguali. Se questi spazi vanno successivamente crescendo, il moto dicesi accelerato e la forza acceleralrice: se, per opposto, vanno diminuendo, il moto dicesi ritardato e la forza ritardatrice. E se gli incrementi od i decrementi nella velocità in tempi eguali successivi risultano sempre eguali o costanti, ossia se le velocità aumentano o decrescono proporzionalmente al tempo, il molo si chiama uniformemente acceleralo od uniformemente ritardalo , e la forza acceleralrice o ritardatrice che lo produce si dice costante , poiché opera sempre con la medesima energia sul corpo, comunicandogli o togliendogli ad Ogni istante eguali impulsi al moto. Propriamente nel moto uniformemente accelerato si chiama velocità acquistala dal corpo, dopo trascorso un determinalo tempo dal principio del moto, lo spazio che tal corpo percorrerebbe nell’ unità di tempo, qualora, al termine del detto tempo, la forza continua cessasse immantinenti dall’ operare sul corpo, epperò questo proseguisse a muoversi, ma con moto uniforme. Ed è questa velocità acquistala che cresce proporzionalmente al tempo trascorso per acquistarla: e allora gli spazi percorsi riescono proporzionali ai quadrati dei tempi impiegati a percorrerli, come lo si dimostra nella meccanica astratta. L’intensità di una forza acceleralrice costante è data dal prodotto della massa del corpo mosso per la velocità acquistala nella unità di tempo, contata questa dal principio del molo: un tale prodotto chiamasi ancora quantità di moto impresso dalla forza costante. E le intensità relative di diverse forze aceeleratrici costanti sono proporzionali alle rispettive velocità che esse fanno acquistare nel medesimo tempo ad un dato corpo. ■41. Soglionsi distinguere le forze anche in forze attive e forze di pressione. Ee forze attive sono quelle che producono ne’ corpi un moto effettivo, e la conseguente velocità dei proprietà’ cenerari M corpi chiamasi velocità reale. Diconsi poi forze di pressione quelle che tendono soltanto ad imprimer moto ne’corpi, mentre questo effetto non si produce, essendo l’azione di tali forze distrutta dall’ azione di altre forze ad esse contrarie : e chiamansi velocità virtuali le velocità che tali forze tendono a produrre. 42. Nella meccanica si considerano i corpi come inerti, cioè come affatto incapaci di modificare da sè medesimi 1’ azione delle forze che si applicano od essi. Questo stato passivo dei corpi è una pura astrazione, contraria anzi alla vera loro costituzione, perehè anche nei corpi inorganizziti si danno molti e svariati movimenti, «he potino dirsi spontanei, in quanto che sono determinati dalle loro forze interne e costitutive, come a dire: forze molecolari, gravitazione, elettricità, affinità, calore, ece. Nondimeno tale supposizione può adoperarsi senza inconveniente nello stabilire le leggi astratte della meccanica, poiché in questa scienza, non lenendosi conto de! modo di producimi* delle forze (18), è lecito sostituire una forza qualsiasi ad un'altra di diversa origine, purché valga ad imprimere al corpo la stessa quantità di moto: e quindi sì possono considerare i corpi come sollecitati soltanto da forze esterne, mentre alle forze interne, realmente inerenti ad essi, si possono surrogare delle forze esteriori equivalenti quanto agli effetti. Ma questa astrazione, che è concessa in meccanica, non è ammissibile in fisica. Comunemente si chiama inerzia la proprietà mostrata da tutti i corpi non viventi di tendere a conservare lo stalo di quiete o di moto in che trovatisi, opponendo olle forze esterne, che tendono a mutare in essi un tale stalo, una reazione proporzionale alla loro massa ed alla velocità che le forze medesime tendono ad imprimere in essi. In altre parole l’inerzia de’ corpi accenna alla loro inettitudine a mettersi da sè in moto ove siano in quiete, oppure a cambiare la direzione o la velocità del moto già in essi determinato da altre forze. Ma non s’intende cuti ciò asserire che la materia dei corpi sia per CAPO PRIMO 48 sè priva di cnuse di moto ed incapace di agire. Quando un corpo conserva immutato il suo stato di quiete relativa , egli’ è perchè le diverse forze operanti in esso in contrarii sensi si fanno mutuamente equilibrio. E quando diciamo serbarsi immutato lo stato di moto determinalo in un corpo da una data forza esterna, facciamo astrazione dall’ azione delle sue forze interne, in virtù delle quali la detta forza esterna ha potuto suscitare in esso il moto, e facciamo altresì astrazione dagli effetti di altre forze esterne operanti su di esso contemporaneamente. A meglio rischiarare il concetto che dobbiam farci dell’inerzia de’corpi, si può dire che sotto questo principio s’intendono raccolti i seguenti fatti generali, che servono di fondamento alla dinamica , e che si devono ritenere come puri risultati dell’osservazione, quantunque alcuni fisici abbiati voluto dimostrarli come verità di ragione. l.° Ogni corpo, assoggettato all’azione di una forza unica ed istantanea, si muove in linea retta, e con velocità costante per un tempo indefinito. Questo principio di fatto venne posto in chiaro da Keplero. Se noi vediamo rallentarsi gradatamente, sino ad estinguersi, il molo stato impresso ne’corpi da date forze, egli è in virtù delle resistenze de’mezzi entro i quali si muovono, e degli attriti contro i corpi sui quali s’appoggiano: ep|>erò la quantità di molo, ad essi dapprima comunicala dall’azione di dette forze, va mano mano trasmettendosi alle molecole dei mezzi ed alle parti dei corpi da essi successivamente rimosse o toccate. Quindi gli effetti delle forze stesse non si estinguono, ma si trasmettono da corpo a corpo. Di questo fatto, della indefinita conservazione del molo una volta impresso ne’corpi, si ha chiaro esempio nella perseveranza dei movimenti propri de’ corpi celesti (e segnatamente dei pianeti, sui quali si sono potute istituire delle più precise osservazioni), mentre questi corpi si muovono in un mezzo, ove diradatissima è la materia. Cosi la terra, dai tempi di Ipparco sino ai nostri, cioè da oltre 20 secoli, non deve aver subita alcuna sensibile variazione nella velocità del suo muto rota- proprietà’ generali 49 torio, essendosi serbata eguale la durata del giorno solare medio. E se vediamo che i corpi messi in moto da un’unica forza istantanea deviano dalla linea retta secondo la quale eran diretti al principio del molo, egli è perchè tai corpi risentono contemporaneamente l’azione di altre forze, che operano su di essi di continuo, come la gravità o la gravitazione. 2: 0 Ogniqualvolta un corpo è mosso da un’altro in un modo qualunque, esso esercita su di questo, in senso contrario, una reazione tale che il secondo perde, in ragione delle masse , una quantità di moto esattamente eguale a quella trasmessa al primo. E similmente tutte le azioni che si esercitano tra i corpi sono reciproche. È questo il fatto generale messo in rilievo da Newton , sotto nome dell’eguaglianza e reciprocità fra l’azione e la reazione. 3.° Ogni moto, che sia esattamente comune a tutti i corpi formanti no sistema qualunque, non altera punto i moti particolari di questi diversi corpi gli uni rispetto agli altri, moti che continuano a verificarsi, come se l’insieme del sistema fosse immobile. Questa legge, messa innanzi da Galileo per appoggiare; il sistema Copernicano, vien detta da alcuni il principio dell’ indipendenza o della coesistenza dei moti. In altri termini i moti die le diverse forze generano nei corpi si aggiungono ai già preesistenti-, e tulli si effettuano secondo le loro proprie direzioni e colle loro velocità, senza alterarsi reciprocamente, come se ciascuno operasse da solo. E un’immediata conseguenza di questo fatto generale 1’altro fatto, detto comunemente della composizione delle forze, che quando un corpo è animato insieme da due moli uniformi comunque diretti, esso descrive, in virtù della loro combinazione, la diagonale di quel parallelogrammo, del quale esso avrebbe separatamente descritti i iati in virtù di eiascun molo isolato (“). (a) Nella esposizione delle precedenti Ire leggi fìsiche fondamentali del moto Si sono seguite specialmente le idee emesse da A. Comte nel tomo I. pag. 557-76 dell’ opera citata sopra nell’Avvertimento. BO CAPO PRIMO Potrebbesi impertanto definire l’inerzia per l’attitudine che ha ogni corpo a risentire tutte le azioni che gti altri corpi dispiegano contemporaneamente e successivamente su di es- #o, opponendo a ciascuna di tali azioni una equivalente reazione in senso contrario, e tendendo a conservare indefinita* inerte l’effetto risultante da ognuna di dette azioni e reazioni: se non che mano mano si elidono in esso gli effetti di quelle azioni che tendono ad imprimergli una egual velocità in opposte direzioni. 43. Le esterne forze attive , comunicandosi ai corpi, d’ordinario operano direttamente soltanto su una parte delle molecole di questi, ma la loro azione, in virtù delle forze interne del corpo stesso, tende a distribuirsi equabilmente su tutte le molecole: però a compiersi siffatta interna comunicazione del molo si richiede talora una durata di tempo abbastanza sensibile, attesa la discontinuità delle molecole stesse, ossia (attesa la porosità de’ corpi. D’ altra parte è evidente che una forza attiva non potrà imprimere ad un corpo, dianzi in quiete, nna determinata velocità, senza che questo abbia a passare per tutti i gradi intermedi di velocità, epperò senza impiegare un certo tempo. Ed anche nel valutare le quantità di moto che misurano le intensità delle diverse forze devesi tener conto del tempo trascorso nel produrle. 44. La comunicazione del moto fra i corpi si verifica in virtù della loro compressibilità e della loro elasticità, e quindi grazie allo suscitarsi delle loro forze interne. Ogni corpo che colla propria resistenza impedisce 1’ azione di una forza , ha pur sempre alcun poco ceduto alla forza stessa , sino ad aver acquistata una forza d’ elaterio capace di equilibrarla. Similmente nella comunicazione del moto per urto fra due corpi è la loro forza d’elasticità , la quale, agendo per un tempo più o men lungo, muta la velocità io ciascuno di essi, e di poi svanisce in breve istante, rimettendosi le loro forze molecolari nello stalo primitivo. Fra corpi assolutamente incompressi- proprietà’ generali 51 bili, e privi di qualsiasi forza repulsiva tra le loro molecole, non polrebbesi concepire una comunicazione di moto. Epperò quando un corpo si muove dietro 1’ urlo di altro corpo, non è che il primo riceva da questo una forza, ossia un moto; ma è la forza di elasticità propria dell’urtato , che dall’urtante vien messo in giuoco in direzione opposta ed in quantità e- guale, onde ne segue il moto nell’ urtato, commisurato ap« punto a questa reazione. Tra due forze capaci di comunicare un’ egual quantità di moto, quella che compie la sua azione in un minor tempo, produce alcuni effetti per i quali l’altra più lenta non sarebbe sufficiente. In altri casi invece, a produrre un dato effetto, convien scegliere quella forza che compie la sua azione in un maggior tempo, poiché 1’ altra s’ esaurirebbe in un modo differente. Talora poi una forza grandissima ed estremamente rapida non vale a produrre un effetto, per cui basta una forza molto minore, tuttoché sia esso di natura da ottenersi ^ più facilmente col mezzo di una forza rapida pjultosto che lentaàd. Non rare volte una forza, nel trasmettersi da corpo a corpo, si trasforma. Così il molo si trasmuta, almeno in parte, in calore nell’urto fra due corpi compressibili e molli, e nel- T attrito de' corpi scabri. In qualsiasi caso le cause del moto, ossia le forze, sono inerenti alla materia de’corpi, talché non può darsi una forza afTatlo disgiunta dalla materia. Anzi non può svolgersi una forza senza il conflitto di due corpi, od almeno di due molecole. Una molecola, considerata da sola, e supposta sottratta all’influenza d’ogni altro corpo, non potrebbe manifestare alcuna forza, ossia starebbe assolutamente inerte. (a) Vcggasi su questi argomenti la pregievole memoria del prof. Giusto Sellavitis su la natura delle forze resistenti , inserita nel Poligrafo di Ycrona, ottobre 1832. 53 CAPO PRIMO Nomenclatura chimica de 3 corpi. 45. Quasi tutti i corpi della natura, tentati con opportuni artiGcj, si mostrano composti , in quanto che da essi si ottengono due o più sostanze dotate di proprietà particolari tra loro differenti, e differenti anco da quelle caratteristiche dei corpi medesimi. Invece quei corpi, che coi mezzi finora conosciuti non si poterono risolvere in sostanze differenti, si dicono indecomposti , ed anco semplici od elementari , avvertendo però che quest’ultime due denominazioni non si ritengono in senso assoluto, essendo pur possibile che alcuni di tai corpi, assoggettati ad alcune prove, finora intentate, abbiano a mostrarsi composti. I corpi oggidì conosciuti come indecomposti sono in numero di sessantacinque: molti però tra essi non s’incontrano in natura che in quantità oltremodo piccole. Sedici soltanto son quelli che entrano a comporre la massima parte delle rocce e dei minerali costituenti la corteccia osservabile della terra, e che compongono allresi l’organismo di tutte le specie di vegetabili e di animali. I corpi indecomposti si dividono in due grandi classi, i metalli ed i metalloidi. Non sono però abbastanza ben precisali i caratteri che servono a contraddistinguere gli uni dagli altri , per modo che i chimici sono ancora incerti se taluni corpi siano metalli piuttosto che metalloidi. Inoltre i caratteri distintivi de’ corpi di ciascuna classe si riferiscono in gran parte a delle proprietà che si studieranno nei capi seguenti di questo Corso. Nondimeno ora li accenneremo in breve. Le principali proprietà distintive de’ metalli sono: una notevole tenacità; facile condultricità del calore e dell’ elettricità; suscettibilità ad acquistare splendore o lucentezza col pulimento; propensione a produrre corpi basici, combinandosi voli’ossigeno; e tendenza a recarsi al polo negativo d’una pila, nell’ atto che questa produce la scomposizione de’composti binari , oude i metalli si dicono elementi elettro putitici. proprietà’ generali 53 I metalloidi (da /nirxXKov, metallo, ed eÌSo; forma o rassomiglianza) manifestano all'incirca le proprietà opposte di quelle de’metalli, cioè debole tenacità; poca conduttricità per il calore e per 1’ elettricità ; inettitudine a farsi splendenti col pulimento; propensione a generare degli acidi combinandosi all’ossigeno; e tendenza a recarsi al polo positivo d’ una pila (ad esclusione dell’ idrogeno, che si raccoglie al polo negati\o, come i metalli), epperò i metalloidi sono detti elementi elettro negativi. Ecco i nomi dei corpi indecomposti in oggi conosciuti: Metalloidi: * Azoto, Boro, Bromo, "Carbonio, "Cloro, •Fluoro, *Fosforo, "Idrogeno, "Iodio, "Ossigeno, Selenio, •Silicio e "Solfo. Metalli: " Alluminio, Antimonio, Argento, ‘Aridio, Arsenico, Bario, Bismuto, Cadmio, "Calcio, -Cerio, Cromo, Cobalto, -Didimio, ‘Donano, -Erbio, "Ferro, -Glucinio. -Ilmenio, •Ittrio, ‘Iridio, -Lantano, -Eitio, "Magnesio, "Manganese, Mercurio, Molibdeno, Niccolo, -Aiobo, ‘Sorto, Oro, ‘Osmio, •Palladio,‘Pelopio, Platino, Piombo, "Potassio, Rame, -Rodio,‘Rutenio, "Sodio, Stagno, Stronlio, -Tantalo, ‘Telluro, •Terbio, -Torio, Titano, -Tungsteno, -Uranio, -Vanadio, Zinco e -Zirconio. N.B. Si sono segnati con un * i corpi che sono predominanti nella composizione dei corpi minerali ed organizzali che stanno nella superficie della terra, e con un • que’corpi che s incontrano assai di rado ed in tenui quantità. 46. 1 corpi composti inorganici si ripartono in quattro classi: acidi, basi, neutri e sali. Gli acidi, le basi ed i corpi neutri sono composti binarj: i sali sono almeno ternarj. Gli acidi si distinguono per un sapore agre; volgono al rosso le tinture azzurre vegetali, ma non alterano la tintura gialla di curcuma; propendono ad unirsi ai corpi basici; e si recano al polo negativo della pila, onde son detti corpi elei- tro-pusilivi. Per opposto i corpi basici , o ie basi , hanno un 84 CAPO PRIMO sapore più o meno caustico; mutano ni verde In tintura azzurra di viole nianunoìe; arrossano il giallo della curcuma; ripristinano il colore azzurro stato alterato dagli acidi; ten- dono a combinarsi cogli acidi ; e, nella scomposizione dei sali prodottu dalla corrente voltiana, si raccolgono al polo positivo: epperò si dicono corpi elettro-negativi. I corpi neutri od indifferenti non presentano in un modo decisivo nè i caratteri degli acidi, nè quelli delle basi, ma nondimeno colle basi energiche fungono la parte di acido, e cogli acidi energici pigliano la parte di base, ed in entrambi i casi producono dei sali. Un sale è un corpo sovracomposto, risultante dalla combinazione d’un acido con una base, il quale si scompone sotto Tazione d’una corrente elettrica, producendo appunto separati ai due poli un acido ed una base. Nella nomenclatura proposta nel 1787 da una commissione dell’Accademia delle scienze di Parigi, della quale facevan parte Lavoisier e fìuyton-Morvenu, si ebbe di inira di indicare nel nome dei composti, non solo i nomi e le proporzioni relative de’loro componenti, ma ancora la classe cui appartengono. Le regole stabilite dalla detta commissione vennero però successivamente in alcune parti modificate, onde adattare la nomenclatura ai progressi della scienza. L’ ossigeno era creduto dapprima l’unico corpo capace di produrre degli acidi: e di là il suo nome derivato da 0 % ù;, acido, e ymxu, genero. Quindi, dicendo corpo acido, si sottintendeva che uno dei componenti di esso fosse 1’ ossigeno. In seguito, gli acidi formati dall’ossigeno si dissero ossucidi. Ora accenneremo le principali regole della nomenclatura che souo più comunemente adottate oggidì. In generale, nel formare i nomi dei composti, si segue questa regola : si antepone il nome del componente elettro- negativo, che designa il genere del composto, ponendo di poi il nome del componente elettro-positivo, che costituisce la specie del composto. PROPRIETÀ’ GEKERAI.I 55 A’egli acidi la voce ossacklo od acido semplicemente indica il genere degli acidi generati dall’ossigeno : e per accennare le proporzioni dei componenti, si diede al nome del corpo elettro-positivo la desinenza in oso od in tco, secondo la minore o maggior proporzione dell’ossigeno in riguardo all’altro componente, oppure gli si antepose la particella ipo od iper ( da Stto, sotto, ed v xsp, sopra) per indicare un grado di ossigenazione minore o maggiore di quello designato dalla desinenza. Ma per istabilire quale fra queste desinenze o particelle si dovesse usare per i singoli composti acidi formati da un medesimo corpo elettro positivo, non si ebbe altra norma che quella della successiva scoperta de’composti medesimi. Quanto agli acidi formati da due metalloidi, fuori dell’ossigeno, quello tra questi elle riesce elettro-negativo relativamente all’ altro, e che perciò ritieusi 1’ elemento acidificante, forma il genere del composto. I composti basici, ne’quali entra l’ossigeno, si dicono ossidi ed è questo il loro nome generico; la spe.cie è data dai componente elettro-positivo, il cui nome viene aggiunto, ridotto al caso genitivo. I diversi gradi di ossidazione si indicano, premettendo alia voce ossido le particelle proto (primo), dento (secondo) oppure hi, sesqui ( una volta e mezza), trito ( terzo), tetra ( quattro), eee. Altri invece adottano per i vari gradi di ossidazione delie basi la medesima regola suindicata per designare le varie proporzioni dell’ossigeno negli acidi. Nel comporre i nomi dei sali, 1’ acido (componente elettronegativo) determina il genere, e la base (eleltro-postlivu) ne fissa la specie. II nome della base si conserva intatto, e vi si pone innanzi il nome della specie dell’ acido, cui si muta soltanto la desinenza in ilo od ufo, secondo che esso termina iti oso od in ico. Anche i sali si distinguono in acidi, basici e neutri. Quando il saie, risultando da un acido energico unito ad una base debole, conserva le qualità di acido, lo si indica col posporre la voce acido al nome del genere, oppure coll’ anteporre a quesLo la particella bi. Se invece il sale , ri* Ma n. di Fisica 5 E)(5 capo primo stillando dnlP unione d' un addo debole con una base energica, mantiene le proprietà di base, si antepone la particella gotto al nome del genere. Qualora poi nel sale si trovino neutralizzale le opposte proprietà dell’acido e della base, si aggiunge al nome del genere la voce neutro. Quando un dato acido ed una data base danno lungo a due diverse combinazioni, nelle (piali le quantità dell’acido, unitesi ad una medesima quantità della base, stanno tra loro nel rapporto di 2 a 3, chiamasi sai neutro la prima combinazione, e l’altra s’indica anteponendo la voce sesqui al nome generico del sale. Talora due sali si combinano tra loro, e allora si ha un sale che dicesi doppio. Quei composti binarj, che risultano dall’ unione d’ un me- tallitolo diverso dall’ossigeno e da un metallo, si denominano, attribuendo la desinenza in uro all’elemento elettro-negativo, cioè al metalloido, che ne forma il genere, ed aggiungendovi il nome dell’elemento elettro-positivo (il me , cui si premette la preposizione di. E se un dato metalloido produce vari composti con un medesimo metallo, ognuno di essi vieti designalo con riguardo alle crescenti proporzioni dell’elemento elettro-negativo , anteponendo al nome di questo le voci proto. gesquij dento o bt, per, ecc., allo stesso modo che si indicò per gli ossidi. Analogamente si forma il nome di quei composti binarj che risultano dall’ unione di due metalloidi (escluso l'ossigeno), e che non hanno decise le. qualità di acido: avuto però il riguardo di comporre il nome generico con quel metalloido che, rispetto all’altro con cui è unito, si comporta come elemento elettro negativo. Sonvi de’metalloidi, come il solfo ed il cloro, che producono alcuni composti binarj aventi i caratteri degli acidi, ed altri aventi le proprietà delle basi: per modo che uno di lai composti può combinarsi con uno degli altri, e produrre dei veri sali. I nomi di questi sali si compongono colle stesse regole dei sali ne’ quali entra 1’ ossigeno, anteponendo però al nome generico del sale (derivalo dal nome dell" acido) il nome del metalloido acidificante. proprietà’ generali 57 L’acqua, come corpo neutro, combinandosi ora con acidi energici ed ora con basi energiche, produce dei veri sali: quando essa fa la parte di acido, il sale dicesi idrato , aggiungendovi il nome della base in forma di genitivo. Che se 1’ acqua funge le parti di base, il nome generico è derivato da quello dell’acido, posponendovi il nome del componente elettro-positivo (l’acqua) preceduto dalia preposizione di, oppure posponendovi l’addietiivo ìdrico ( da «'Stop, aequa). Le combinazioni di due o più metalli tra loro diconsi leghe, enunciandosi in forma di genitivo i nomi de’singoli metalli costituenti. Qualora uno de’ metalli componenti sia il mercurio, il composto chiamasi amalgamai e si ommette quindi di menzionare il nome di tal metallo nella enumerazione dei componenti. Quando un solido, immerso in un liquido, vi si divide in parti tanto esigue, da non turbare la trasparenza di questo, e da non esser più discernibili, nemmanco col sussidio dì buon microscopio, si compie una soluzione; ma suolsi chiamar soluzione anche la risultante unione de’ due corpi. E questa dicesi satura, lorchè, sotto una data temperatura, più noti si può aggiungervi del medesimo solido, senza che questo precipiti al fondo insoluto. Taluni riserbano poi il nome di dissoluzioni per quelle soluzioni, in cui il solido disciolto viene modificato chimicamente dal solvente, e quindi non può più riottenersi eolio svaporare o coll’abbassare la temperatura del solvente medesimo. Le leggi delle chimiche combinazioni de’corpi indecompo- sii, relative ai composti inorganici, si indicheranno nel Cupo III. 58 CAPO SECONDO BAROLOGIA. . Della gravita’ in generale e delle sue leggi. 47. È delta gravità la proprietà mostrata da tutti i corpi terrestri, ed anco dalle lor parli minime, di tendere a muoversi secondo una determinata direzione, e in virtù della quale si muovono effettivamente, quando vengono abbandonati a loro medesimi, oppure esercitano una pressione od una trazione su quegli altri corpi che si oppongono a siffatto loro movimento. Da alcuni si assume la gravità come la causa fisica dell’accennala proprietà de’corpi. Ad ogni modo si può considerare la gravità come una forza ( 39), in quanto che produce o tende a produrre moto ne’corpi; anzi come una forza inerente alla materia de’ corpi stessi, giacché si riferisce ad una proprietà, che si mostra direttamente in qualsivoglia corpo terrestre, senza bisogno di recargli niuna modificazione, e che mai non lo abbandona, qualunque siano le mutazioni nelle condizioni esterne e nello stato di aggregazione e di composizione che gli si facciali subire. È in vista di questa proprietà che i corpi in generale si chiamano anche gravi. Per iscoprire poi di qual genere sia celesta forza, con- vien studiare le condizioni fondamentali dei fenomeni da essa provocati ne’ corpi. 48. La direzione del movimento che la gravità tende ad imprimere ne’corpi, è segnata dal cosi detto filo a piombo , ossia dalla retta secondo la quale si dispone un filo molto flessibile, un cui estremo stia connesso con un punto Gsso, mentre dall'altro estremo pende liberamente un grave, che LEGGI DELLA GRAVITA’ 89 si mostri in quiete relativa al punto di sospensione del filo. La retta segnata da un tal filo, o piuttosto dal suo asse, denominasi la reità verticale corrispondente al punto di sospensione del filo, od ni punto della superficie terrestre per cui passerebbe il prolungamento dell’ asse del filo. Ad ogni punto della superficie terrestre corrisponde perciò una propria verticale: e in ogni dove le verticali riescono perpendicolari alla superficie delle acque tranquille, contenute in estesi bacini. Una retta od un piano che siano perpendicolari ad una retta verticale si dicono orizzontali. Le verticali, corrispondenti a due punti della superficie terrestre molto discosti tra loro, sono sensibilmente concorrenti al centro della terra, ossia nel punto che è la comune intersezione dell’asse di rotazione della terra con uno qualunque dei diametri del circolo equatoriale. Però, se i due punti che si considerano sono ad una distanza rispettiva non maggiore di metri 30.89, le corrispondenti verticali si potranno ritenere come fisicamente parallele, comprendendo esse un angolo non maggiore di un minuto secondo di grado. Ma, per diverse cause che si dichiareranno nel capo VI, le verticali dei singoli punti della superficie del globo terraqneo non concorrono precisamente al centro di esso, ma in tali punti che sono dal centro medesimo ben poco discosti. 49. Per centro rii rjravitàòì un corpo s’intende quel punto di esso, cui può ritenersi applicata la risultante delle forze di gravità correlative alle singole sue molecole, ossia quel punto in cui si intersecano tutte le direzioni che può assumere la risultante anzidetto, col variare la posizione della superficie del corpo rispetto ad un punto dato al di fuori di essa. Nei corpi aventi una figura regolare, ed aventi in ogni lnr parte la medesima densità, si può determinare la posizione del loro centro di gravità per via di semplici considerazioni matematiche. Altrimenti sì trova il centro di gravità dei corpi di figura e costituzione qualsisia, dietro alcune facili operazioni fisiche. La conoscenza della situazione del centro di CAPO SECONDO 60 gravità tu.*’ corpi è necessaria per determinare le condizioni della loro stabilità, e [ter ispiegnre parecchi fenomeni allindili alla gravità. 50. I)ovesi a Galileo la dimostrazione sì razionale che sperimentale delle seguenti leggi del molo dei gravi liberamente cadenti: l. a i diversi corpi, qualunque sia la loro densità e la loro natura chimica, percorrono eguali spnzj in tempi eguali, computati questi da! principio del molo; ossia si muovoil lutti indistintamente con la medesima velocità, qualora sia tolta affatto la resistenza del mezzo entro cui si muovono, oppur sia parificata in tutti codesta resistenza. 2.® Gli spazj percorsi in tempi diversi, computali però tutti dal corniti- ciamento dei moto, sono proporzionali ai quadrali dei tempi, impiegati a percorrerli. 3.“ Le velocità acquistale sono proporzionali ai tempi trascorsi dal principio del molo. Do queste leggi si deducono i seguenti corollarj: l.° La gravità imprime a qualsivoglia corpo degli impulsi al moto esattamente ed unicamente proporzionali alla sua massa. 2.° Gli spazj percorsi.da un grave cadente, in tempi eguali tra loro successivi, u partire dalla quiete, crescono proporzionalmente alla serie dei numeri dispari 1, 3, 5, 7, 9, ecc. 3.° Gli incrementi nella velocità che il grave riceve in tempi eguali sono pur sempre eguali tra loro. 4.° Lo spazio percorso in un dato tempo da un grave cadente risulta la metà di quello che percorrerebbe un corpo muoventesi per un egual tempo con molo uniforme (39) e colla velocità acquistata dal grave alla fine del detto tempo. 5.° Le velocità acquistate, dopo trascorsi diversi tempi dal principiar del moto, sono proporzionali alle radici quadrate degli spazj percorsi, pure dall’incominciare del moto. Da tutti questi fatti si eonelhude essere uniformemente accelerato il moto dei gravi cadenti, epperò la gravità, che lo produce, essere una forza continua e costante («). (a) Ecco con quali parole lo slesso Galileo riassumeva questa importantissima sua scoperta: « Ogni corpo ha da natura intrinseco principio di muoversi verso il cumini centro dei gravi con movimento conti- LEGGI DELLA GRAVITA’ 61 Oggidì le due ultime succennate leggi, e gli ultimi quattro fra i predetti corollarj si provano agevolmente col mezzo cruna macchina , ideata sul finire del passato secolo dall’inglese Giorgio Atlwood. Le medesime leggi ed i medesimi co- rollarj si possono esprimere algebricamente colle forinole v— cj.t ed « —i e/.f 2 . dalle quali si deduce * — v ' t > evz — Vfè.q.i), dove s indica lo spazio percorso, t il tempo impiegalo a percorrerlo, v la velocità acquistata alla fine del medesimo tempo, e ’ del liquido da esso spostalo, ovvero se la densità del solido è maggiore di quella del liquido, il solido scenderà verso il fondo del bacino, sollecitato dalla differenza di peso p-p’, epperò come se perdesse una parte del proprio peso, eguale al peso del liquido rimosso: questo fatto è comunemente denominato il principio d’Archimede, poiché questi ne fu lo scopritore -, e vieti dimostrato anche sperimentalmente col mezzo della bilancia detta idrostatica. Se p è esattamente eguale a p’, cioè se sono eguali le densità del solido e del fluido, condizione ben difficile a verificarsi, il solido rimarrà itt equilibrio in qualunque parte si trovi dell’ interna massa del liquido, aslrazion fatta dalla compressibilità (li questo, come se fosse annullato l’effetto della gravità su di esso. Se infitte sarà p minore di p', ovvero se la densità dei liquido sarà maggiore di quella dei solido, questo risalirà verso la superficie, sospinto dalla differenza di peso V 1>j e giunto alla superficie libera del liquido, ne emergerà TO CAPO SF.COMIO con tanta parie del suo volume, die la parte tuttavia immersa sposti un tal volume del fluido, il cui peso equivalga al peso totale del solido. In questo caso, affinchè il solido galleggiante si trovi in istato di equilibrio, conviene che la risultante delle pressioni esercitale dal fluido sul solido, la quale passa per il centro di volume della parte immersa del solido (detto anche centro di pressione) passi altresì per il centro di gravità del solido, ossia bisogna che i detti due centri si trovino in una stessa verticale. E quest’equilibrio sarà stabile, se il centro di gravità riescirà al dissolto del centro di pressione: però non è questa una condizione indispensabile per la stabilità dell’ e- qtiilibrio, come Io si dimostra nella meccanica. Dietro i precedenti principi è facile intendere come si possa agevolmente determinare il volume d’un solido di qualsisia ligula irregolare; la capacità di un vaso, ed il diametro d’ un sfoltii filo, o d’un canello capillare. Si fondano pure sui medesimi principi i diversi mezzi adoperati per determinare le densità relative o meglio i pesi specìfici de’ corpi solidi e de’ liquidi. In generale il peso specifico d’ un corpo è dato dal quoto che si ottiene, dividendo il suo peso relativo e reale per il peso di un volume d’acqua distillata a 4.° eguale al volume del corpo medesimo, giacché si assume per unità dei pesi specifici quello dell’acqua presa nelle predette condizioni (52). I mezzi usitati per determinare il peso specifico de’diversi solidi sono : la bilancia idrostatica; l’areometro di Nicholson, e la boccetta. Qualora il solido sia solubile nell’acqua, si determina la perdita di peso eh’esso prova in altro liquido, in cui non sia solubile e del quale sia noto il peso specifico rispetto all’ acqua. E quando il solido sia cristallizzato, convien ridurlo in polvere, poiché il peso specifico d’ una data sostanza crislalizzata varia sensibilmente secondo il volume e la figura dei singoli cristalli. Per i solidi molto porosi, o che s'imbevon d’acqua, convien distinguere il peso specifico corrispondente al loro volume apparente da quello corrispondente al loro volume reale (32). Anche il peso IDROSTATICA 71 specìfico dei liquidi può ottenersi coila bilancia idrostatica, colla boccetta o coll’areometro di Farenheit. Soavi poi di* versi areometri, detti a peso costante od a volume variabile ( a differenza dei menzionati areometri di Nicholson e di Farenheit, che si dicono a volume costante ed a peso variabile), i quali sono usitati in commercio e nelle arti per valutare il vario grado di concentrazione delle soluzioni saline od acide, e degli alcoli. Sono celebri specialmente gli areometri di Bearne, di Cartier e l’alcolometro di Gay-Lussac. Ma questi istro- menti non indicano direttamente la densità relativa dei liquidi ; soavi però delle tabelle che si riportano qui innanzi, e che accennano i rapporti tra le loro indicazioni ed i pesi specifici corrispondenti. Siccome i pesi specifici de’diversi corpi s’intendono determinati allorché essi abbiano la temperatura 0.°, e siccome col variare della temperatura varierà pure la loro densità relativa, ossia il loro peso specifico, così interessa di conoscere la densità d’ che avrà alla temperatura t un corpo che a 0.° abbia la densità d, ed il cui coefficiente di dilatazione cubica sia Sarà d’~ ~ |-j. Oppure, conoscendosi d’ s’avrà d—d! ( 1+S.t). E qualora si conosca la densità d’ alla temperatura t , e si voglia direttamente la densità d” che avrà il medesimo corpo ad altra temperatura C, senza ricorrere alla densità che esso ha aU.°, si riterrà d”~d.’ ^^ '. Queste forinole riceveranno spiegazione nel capo IV. Man. di Fisica 12 CAPO SECOHO» Pesi specifici dei corpi a ( i. 0f riferiti a quello delPacqua distillata a 4. 01 che è freso per unità , Corpi indecomposti , Platino (a) . , * . . 19,500 Oro . . . Iridio . . » • . . . 18,680 Tonsteno . • » . . . 17,500 Mercurio (b) . . » .. .. 13,596 Palladio . . ... . . Il,800 Piombo. . . » . . . 11,445 Rodio . . . • . . 10,600 Argento . .. • . . 10,474 Osmio . . . • • . . 10,000 Risoluto .. . . 9,822 Uranio . . . . f9,000 Rame . , ... . . 8,788 Molibdeno . . . . . . 8,620 Cadmio . . » , . 8,700 Niccolo . . .. . 8,800 Cobalto . . . . < .. . 8,513 Manganese. » . . . . 8,010 Stagno . . . . . .. . 7,293 Ferro . . . . . . , 7,600 Zinco . . .. . 6,861 Antimonio . . .. . . . 6,752 Telluro . . . . 6,115 Cromo . . .. , 5,900 Arsenico . . 5,789' Titano . . . . . 5,300 iodio . . . . 4,948 Selenio . . . . 4,310 Carbonio (diamante) . . 3,515 Bromo. . S,18T Solfo. . 2,070 Fosforo. . 1,770 Potassio. 0,972 Sodio ..... . 0,865 Composti binari. Acido arsenioso . . . 3,700: » silicico (quarzo ialino) 2,654 » solforoso (liq.a - 24 °) 1,491 » iposolforico . . 1,347 » tungstenico . . 6,000 Bromuro di fosforo . . 2,925, » di silicio . . 2,813' Cloruro d’argento (fuso) 5,548 » (tri) d’arsenico 2,205 » di bario . . . 3,900- » di calcio . . . 2,230' » (bi) di carbonio 1,630 » (tri) di fosforo 1,616 » (proto) di mercurio 7,140' » (bi) idem » - 5,4-20 » di potassio . . . 1,836; » di silicio .... 1,524 • di sodio- .... 2 ,ioo- • (proto) di solfo . 1,687 » (bi) idem . . 1,620- » (bi) di stagno . . 1,267 » (bi) di titano . . i,76t (a) Tutti i metalli s el»e essi acquistano coi di ’ intendono presi in istato di semplice fusione. I pesi specifici Hversi lavori s v indicheranno parlando della malleabilità e duttilità de'metalli. Si espongono poi (quei valori che si reputano i meglio attendibili; non; sensa avvertire che tra i dati degli autori più moderni di fisica e di chimica si riscontrano, per alcuni metalli, delle notevoli discrepanze, attesa la difficoltà d’avere i singoli metalli in istato di perfetta purezza, ed atteso il diverso addensarsi de’metalli fusi- nell’atto della solidificazione, secondo la quantità del metallo adoperato, la lentezza: del raffreddamento ecc., come si dirà uel capo HI. (b) Kegnault, determinando con ogni diligenza il peso specifico di tre campioni di mercurio purissimo, ottenne rispettivamente 13,59599; 13,5957$; 13,59002, il cui medio valore è 13,59593. Il valore trovato prima da Biot ed Arago 13.597190, fBìot, Traile de physique T. I, 1810, p. 407) ben poco differisce dal precedente. idrostatica Fluoruro (li calcio (spalo fluo- re). 3,200 Ioduro d'argento (fuso) . 5,61-i • (proto) di mercurio 7,750 • (bi) idem . . 6,320 • di piombo . . . 6,100 » di potassio . . . 3,000 Ossido d’alluminio (corindone) .4,-160 » (proto) d’antimonio 5,778 » d’argento.... 7,250 » di bismuto . . . 8,968 » di ferro magnetico 5,400 » (per) di ferro . . 5,225 » (sesqui) di manganese 4,722 » (per) idem . . 4,480 » (bi) di mercurio . 41,000 » (proto) di piombo . 9,500 » (bi) idem . . 9,2oo » (proto) di rame . 5,300 » (bi) idem . . 6,130 « (bi) di stagno . . 6,700 » di zinco .... 5,600 ■ (per)dititano(rutilo) 4,250 Selenitico di piombo . . 7,690 Solfuro di antimonio . . 4,334 » d’argento . . . 7,200 » di bismuto . . . 6,540 » di carbonio (liquido) 1,293 » (bi) di ferro (pirite) 5,000 » magnetico di ferro 4,620 » (proto) di manganese 3,950 » di mercurio (cinabro) 8,099 » di molibdeno . . 4,600 » di piombo (galena) 7,580 » (proto) di rame . 5,690 » (proto) di stagno . 5,267 » (bi) idem (oro musivo) . . 4,415 » di zinco (blenda) . 4,160 Sali. Alluminato di magnesia (spinello) . . . 3,700 ■ di zinco Azotato baritico . » piombico » potassico » stroniico 4,700 3,185. 4,400 1,930 2,890 Borato magnesico (boracite) 2,500 Carbonato barbico . . . 4,300 * calcico (spato islan- dico) . . . 2,723 » idem (arragonite) 2,947 » ferroso (ferro spa- tico) . . . 8,850 » magnesico (giober- tite) . . . 2,880 » manganesico. . 3,550 » piombico (cerussa) 6,730 » strontieo . . . 3,650 » zillCiCO . . . 4,500 Cromato piombico (naturale) 6,600 » potassico . . . 2,700 Molibdato piombico . . . 6,700 Silicato zirconico (zirconia) 4,400 Solfato argentico- . . . 5,340 » baritico (spato pesante) .... 4,700 » calcico (anidrite) . 2,900 » idem (gesso) . . 2,332 » piombico . . . 6,300 » potassico . , . 2,400 » sodico, anidro . . 2,630 » strontieo (celestina) 3,950 Tungsiato calcico . . . 6,ooo • piombico . . . s ,000 Minerali. Adularia del S. Gottardo Agata. Alabastro d’Europa . » orientale . Allume. Aiunite. Amianto .... Anfìbolo (tremolite) 2,940 a » (actinoto) . Aufìgeuo .... Apatite (calco fosfato) 3,110 a Ardesia .... 2,st0a Arena . Arconte . . . 3,500 a Argento rosso .... jArgilla. Axinite . .. 2,560 2,590 1,S74 2,730 1,753 2,690 1,910 3,000 3,300 2,450 3,250 2,854 1,910 3,600 5.800 2,630 3,210- 7i CAPO SEOONOO Basalto , . . Berillo orientale Bevola . . . Calamina . . Calamita . . Calcedonia. . Caolino . . . Ceppo (pudinga) fino » di Brembate . Cobalto grigio Corniola . . Creta . . . Criolite . . • Diaspro (onice) Disleno (cianite) Dolomite . . Feldspato (ortosi) » (albite) Ferro arsenicale . fosfato azzurro 2,722 a 2,864; . . . 3,540' . . . 2,615 , . . 3,400 4,264 a 5,000 2,207 a 2,691 2,210 2,303 2,222 . . 6,290 . . . 2,620 2,252 a 2,675 . . 2,900 2,764 a 3,430 3,630 2,800 a 2,857 . . 2,600 . . . 2,400 5,760 a 6,120 2,660 » OligiStO . 5,100 a 5,180 Focaja .... 2,594 a 2,700 Gagate (giavazzo) . . . 1,250 Granato ordinario 3,660 3 3,757 » fino . . 3,839 a 4,230 Granito rosso di Baveno . 2,602 » bianco del lago Magg. 2,656 Matita rossa fina .... 3,139 ordinaria . . 2,990 MCSOtipO.2,250 Mercurio argentifero . . 14,000 Mica. 2,654 a 2,934 Minio.8,940 Niccolo grigio . . . . 6,160 Orpimento.3,480 Ossidiana.2,300 Perle comuni.2,750 orientali .... 2,684 Pietra molare . . 2,480 a 2,521 » di Mapello.... 2,632 » oliare . . 2,792 a 2,929 » di ViggiÙ . 2,634 a 2,698 Peridoto.3,400 Piombaggine (matita nera) 2,167 Piombo mudalo .... 6,000 Pìromorfite (piombo eloro- fosfatico).3,250 Porfido .... 2,670 a 2,750 Pozzolana ...... 1,172 Rame grigio . . 4,300 a 5,000 » piritoso .... 4,160 Rubino.3,990 orientale .... 4,280 di Riva di Chiavcuna 2,624 » d’Egitto .... 2,654 » grigio di Brettagna 2,728 Idrocrasio . . . 3,000 a 3,400 Ipersteno.3,380 Lava. 2,795 a 2,823 Lavagna (pietra di) . . . 2,854 Magnesite (schiumadi mare) 1,500 Malachite . . . 3,670 a 4,000 Marmo serpentino (gabro) » ■ comune » lumachella . » breccia . . » nero d’Italia » di Carrara . » di Varenna . » bianco comune » di Paro . . » del duomo di Milano Sfeno (tilanite) .... 3,500 Smeraldo . . . 2,678 a 2,775 Staurotide.2,940 Steatite.2,800 Slilbite.2,160 Talco.2,620 Telluro auro-piombifero . 9,220 » seleno-bismutifero 7,800 Terriccio (humus) . . . 1,125 Topazzo di Sassonia 3,490 a 3,560 2,450 « orientale . . . 4,ooo 2,669 Tormalina nera . 3,000 a 3,400 2,673 » verde . . . 2,840 2,687 Tripoli .... 1,856 a 2,200 2,712 Urauite.3,100 2,7i7;Zafflro brasiliano . . . 3,130 2,7231 » orientale . 4,290 a 4,830 2,828ÌWolfrain./7,300 2,838 2,896) IDROSTÀTICI 75 legni ( a). Abete. ■ giallo . . . . 0,657 Acero. Alloro. Bai sa d’America . . . 0,f29 Bosso comune . . . 0,912 » olandese . . . . 1,328 * brasiliano*. . . 4,031 Campeccio . . . . . 0,913 Cedro selvatico . . . 0,596 » americano. . . . 0,561 » di Palestina . . 0,613 » indiano . . . . 1,315 Ciliegio. Cipresso .... . . 0,644 Cocco . Ebano americano . . 1,331 • indiano . . . . 1,209 » spagnuolo . . 0,800 Faggio. Fernambuco . . . . .. 1,014 Frassino .... Gelso. Guajaco .... Larice. Melagrano .... . . 1,354 Melarancio .... Mogano. Melo comune . . . » cotogno . . . . . 0,705 Nespolo. Noce. Olmo.o,soo Ontano .... 0,660 a 0,680 Pero. 0,661 Pino.0,814 Pioppo comune .... 0,385 » bianco spagnuolo . 0,529 Quercia.0,914 » di 60 anni (tronco) 1,170 Salice.0,585 Sambuco.0,693 Sassafrassino.0,482 Sughero.0,2 40 Susino.0,785 Tasso olandese . . . . 0,788 » spagnuolo . . . . 0,807 Tiglio.0,604 Ulivo.0,920 vite.1,215 a 1,327 Corpi diversi. Acciajo non temperalo nè battuto.7,833 Ambra.1,080 Amido.1,560 Antracite . . . 1,400 a l,S0O Asfalto .... 1,070 a 1,336 Avorio .... 1,815 a 1,917 Borace. 1,720 Bronzo da cannoni . . . 8,460 » statue e timballi . s,950 Burro.0,942 Canfora.0,986 Carbone di legno in polvere ( b ) 1,400 a 2,000 («) I pesi spechi! qui indicati per il legno si riferiscono al loro volume apparente : laddove il peso specifico dei diversi'legni, ridotti in lina limatura, e \notali affatto afratto d’aria, secondo le recenti osservazioni di Violette, riesce sensìbilmente eguale per tutte.le queliti di legno: per es. egli Lrovò per Celiano 1,515, per la quercia i,5lU, e per il pioppo 1,512. Solamente il sovero, torse per la maggior difficoltà di spogliarlo d’aria, gli diede un peso specifico un po’minore, cioè ì,300. (5) Secondo le sperienze del citato Violette, i carboni ottenuti da qualsivoglia qualità di legno, ridotti in polvere, e privati d’aria, presentano un egual peso specifico, purché siano stati preparati tutti ad un’egual temperatura. Per esempio se la temperatura di carbonizzazione è 350,° tutte le specie di legni danno carboni del peso s: -citino 1,500, che all’incirca equivale a quello indicato sopra per tutte le qualità di legno. Ecco un quadro delle densità dei carboni secondo le temperature di carbouiz/.azione : 150.°. .4,507 | 230." .. 1.416 j 310."., . 1,422 I 1023.". . 1.8 il 170 . • 1,490 250 .. 1.413 ( 330 . . 1.428 1 1250 .. 1.S62 190 . . 1,470 | | 270 .. 1,402 j O MJ . iàdJ . • JLoJi) 210 . . 1,457 j 1 290 .. 1,400 | 432 . . 1,709 j i’us. del plat. 2,002. TO CAPO SECOSftO 2.892 3,-158 2,685 0,200 1,460 0,865 2,100 Carbone in pezzi (a) 0,238 Cenere di faggio Cera gialla . . » bianca . Corallo . . . Cotone in fili . Cristallo comune » crovvn » flint . » di rocca Crusca . . . Farina di frumento Fibra legnosa Ghiaccio . . Ghisa comune . Comma arabica » elastica » lacca . Grafite . . . Grasso di balena « di bue . - di montone » di porco • di vitello Indaco . . Lana . . Lardo . . Latta . . Lignite .... 1,250 Litantrace (carbon fossile) 1,200 ■ arso . 1,232 Miele. Neve .... 0,100 Oppio. Oro da moneta coniato » al tit. 833 battuto . . » » 917 * Ottone .... 7,800 Packfung. Pece. Polvere da guerra . . . Porcellana chinese . . . » di Sévres . . a 0,625 . 2,850 , 0,975 , 0,969 , 2,689 1,270 2,400 a 3,000 a 3,4-43 a 3,770 a 0,220 1,035 a 1,530 a 0,930 7,212 1,452 0,934 1,139 a 2,500 0,943 0,923 0,924 0,937 0,934 0,769 1,290 0,948 8,395 a 1,290 a 1,380 a 1,310 1,450 a 0,200 1,336 17,647 15,775 17,589 a 8,400 8,480 1,072 0,858 2,385 2,310 Resina di pino . Sego .... Seta (filo semplice 7,OlO) .... Stoppa di lino Vetro comune * verde . . » da specchi » di S. Gobain Zuccaro . • • Liquidi del boz- 1,072 0,940 1.560 1.450 2.560 2,642 2.450 2,380 1,606 Acetato d’ossido d’etilo . 0,907 » » di melilo 0,867 Acido acetico monoidrico 1,068 « azotico monoidrico 1,522 » ipoazotico . . . 4,420 » butirrico monoidrico 0,992 » cianidrico .... 0,696 • cloridrico liq. . . 1,211 » solforico monoidrico 1,850 » solfocarbouico . . 1,293 » oleico.0,89S Acqua di mare . 1,026 a 1,029 » del mare Morto . . 1,212 Alcoole etilico o vinico . 0,815 » metilico (spirito di legno) .... 0,821 » amilico (olio di grano) .0,827 Aldeido.o,8t)6 Ammoniaca liquida . . . 0,875 Birra .... 1,023 a 1,034 Bromuro d’etilo (etere cloridrico) . . . 1,473 » di melilo . . . 1,644 » d’amilo . . . 1,166 Buttirato d’ossido d’etilo . 0,902 •• » di melilo 1,029 Cloroformio.1,525 Cloruro d’etilo (etere cloridrico) .... 0,921 • d’amilo . . . . 0,896 (a) Questi estremi dei pesi specifici de’carboni in pezzi si riferiscono al loro volume ajn>umne. iWRrtSTVTIf!» n Essenza d’anice .... 0,986 » di bergamotto . . 0,888 Tt di cedro . . . 0,847 1» di cannella . . . 1,044 fi di finocchio . . 0,997 II di garofani . . . 1,036 » di lavanda . . . 0,894 -N di mandorle amare 1,043 * di menta .... 0,851 « di rose .... 0,832 • di rosmarino . . 0,889 M di trementina . . 0,870 Etere acetico. 0,868 * azotico. 0,909 » cloridrico .... 0,875 * solforico (ossido d'eti- lO).0,739 » solforoso . . . . 1,106 Formialo d'ossido d’etilo 0,936 Ioduro (Telilo (etere iodìdri- CO).1,975 » di melilo .... 2,199 latte d’asina.1,036 Latte di capra . . . . ► di donna . . . . » di vacca. Liquido degli Olandesi . , Nafta. Olio di balena. » di lino. » di mandorle dolci . , » di noce . • di papaveri , . . , » di pomi di terra . . » di ricino. » d’ulive. Orina umana. Petrolio . . . 0,758 Sangue umano . . . . Vino d’Italia comune . . » di Bordeaux . . . » di Borgogne . . , • di Champagne. • . • di Malaga . . . , » del Reno . . . ! . • di Tocai . . . . 1,034 1,020 1,032 1,280 0,847 0,923 0,940 0,917 0,923 0,929 0,818 0,970 0,916 1,011 a 0,836 1,053 0,997 0,994 0,991 0,962 1,022 1,002 1,054 Densità dell" acqua distillala a diverse temperature. Temp, Densità a. S Densità fl.’C. 0,999873 il. 0 . 0,999640 1 . 0,999927 12 . . 0,999527 2 . 0,999966 13 . . 0,999414 3 . 0,999999 14 . . 0,999285 4 . 1,000000 15 . . 0,999125 5 . 0,999999 16 . . 0,998979 « . 0,999969 17 . . 0,998794 7 . 0,999929 18 . . 0,998612 8 . 0,999878 19 . . 0.998422 9 . 0,999842 20 . . 0,998213 10 . . 0,999731 | 21 , . 0,998604 Temp. Densità Temp. Densità 22.» . 0,997784 33.» . 0,994777 23 . . 0,997566 34 . . 0,994480 24 . . 0,997297 35 . . 0,994104 25 . . 0,997078 36 . . 0,993799 26 . . 0,996800 37 . . 0,993433 27 . . 0,996562 38 . , 0,993058 28 . . 0,996274 39 . . 0,992713 29 . . 0,995986 40 . . 0,992329 30 . . 0,995688 50 . . 0,988095 31 . . 0,995391 75 . . 0,975018 32 . . 0,995084 100 . . 0,958634 78 CAPO SECONDO Pesi specifici corrispondenti ai gradi dell’areom. diCarlier, per i liquidi meno densi dell J acqva. ■3 e Pesi •S Pesi •f •o 3 Pesi •3 Pesi specifici specifici m specifici «a specifici ■10 . . 1,000 19 . . 0,935 28 . . 0,879 37 . . 0,830 n . . 0,992 20 . , 0,929 29 . , 0,872 38 . . 0,825 12 . . 0,985 21 . . 0,922 30 . . 0,867 39 . . 0,819 13 . . 0,977 22 . . 0,916 31 . . 0,862 40 . . 0,814 14 . . 0,970 23 . . 0,909 32 . . 0,856 41 . . 0,809 15 . . 0,963 24 . . 0,903 33 . . 0,851 42 . . 0,804 16 • . 0,956 25 . . 0,897 34 . . 0,845 43 . . 0,799 17 . . 0,949 26 . , 0,891 35 . . 0,840 44 . . 0,794 18 . • 0,942 27 . . 0,885 36 . . 0,835 45 . . 0,789 Pesi specifici corrispondenti ai gradi de'l J areom. di Bautoé, per i liquidi più densi dell’acqua. •3 « Pesi "3 « Pesi *3 « Pesi *3 « Pesi tfl specifici « specifici «a specifici specifici 0 . . 1,0000 20 . . 1,1598 40 . . 1,3804 60 . . 1,7047 1 . . 1,0069 21 . . 1,1691 41 . . 1,3937 61 . . 1,7250 2 . . 1,0139 22 . . 1,1786 42 . . 1,4072 62 . . 1,7457 3 . . 1,0211 23 . . 1,1883 43 . . 1,4210 63 . . 1,7669 4 . . 1,0283 24 . . 1,1981 44 . . 1,4350 64 . . 1,7888 5 • • 1,0356 25 . . 1,2080 45 . . 1,4493 65 . . 1,8111 6 • . 1,0431 26 . . 1,2182 46 . . 1,4640 66 . . 1,8340 7 • . 1,0506 27 . . 1,2285 47 . . 1,4789 67 . • 1,8574 8 • . 1,0583 28 . . 1,2390 48 . . 1,4941 68 . . 1,8815 9 • . 1,0661 29 ■ . 1,2497 49. . 1,5097 69 . . 1,9062 10 • . 1,0740 30 • . 1,2605 50 . . 1,5255 70 . . 1,9316 11 • . 1,0820 31 • . 1,2716 51 . 1,5417 71 • . 1,9577 12 • . 1,0901 32 . . 1,2828 52 . 1,5583 72 . . 1,9844 13 • . 1,0983 33 ■ . 1,2943 53 . . 1,5752 73 . . 2,0119 14 • . 1,1067 34 . . 1,3059 54 . . 1,5925 74 . . 2,0402 15 • . 1,1152 35 • . 1,3177 55 . 1,6101 75 . . 2,0693 16 . . 1,1239 36 . 1,3298 56 . 1,6282 76 . . 2,0992 17 . . 1,1326 37 • . 1,3421 57 • 1,6467 77 . . 2,1301 18 . . 1,1415 38 - . 1,3546 58 • 1,6656 19 • . 1,1506 39 . . 1,3674 59 • 1,6849 IDROSTÀTICA 79 Quantità relative di acido azotico anidro e di acqua, corrispondenti alle diverse densità delle soluzioni. Densità della soluzione Acido anidro per 100 parti Densità della soluzione 1,5000 79,700 1,3783 1,4980 78,903 1,3732 1,4960 78,106 1,3681 1,4940 77,309 1,3630 1,4910 76,512 1,3579 1,4880 75,715 1,3529 1,4850 74,918 1,3477 1,4820 74,121 1,3427 1,4790 73,324 1,3376 1,4760 72,527 1,3323 1,4730 71,730 1,3270 1,4700 70,933 1,32 16 1,4670 70,(36 1,3163 1,4640 69,339 1,3110 1,4600 68,542 1,3056 t,45 7 0 67,745 1,3001 1,4530 66,948 1,2947 1,451-0 66,155 1,2887 1,4460 65,354 1,2826 1,4424 64,557 1,2765 1,4385 63,760 1,2705 1,4346 62,963 1, 644 1,4306 62,(66 1,2583 1,4269 61,369 (,2523 1,4228 00,572 1,2462 1,4189 59,775 1,2402 1,4147 58,978 1,2341 1,4107 58,181 1,2277 1,4065 57,384 1,2212 1,4023 56.5S7 1,2148 1,3978 55,790 1,2084 1,3945 54,993 1,2019 1,3882 54,196 1,1958 1,3633 53,399 Acido anidro per 100 parti Densità delia soluzione Acido anidro per 106 parti 52,602 1,1895 26,30! 51,805 1,1833 25,504 51,068 1,(770 24,707 50,211 1,1709 23,910 49,414 1,1648 23,113 48,617 1,1587 22,316 47,820 1,1526 21,519 47,023 1,1465 20,722 46,226 1,1403 19,925 45,429 1,1345 19, (28 44,632 1,1286 18,331 43,835 1,1227 17,534 43,038 1,1168 16,737 42,241 1,1109 15,940 41,444 1,1051 15.143 40,647 1,0993 11,346 39,850 1,0935 13,549 39,053 1,0878 12,752 38,256 1,0821 11,955 37,459 1,0764 11,158 36,662 1,0708 10,36l 35,865 1,0651 9,564 35,068 1 ,(‘595 8,767 34,271 1,0540 7,970 33,474 1,0485 7,173 32,677 1,0430 6,376 31,880 1,0375 5,579 31,083 1,0320 4,782 30,286 1,0267 3,985 29,489 1,0212 3,188 28,692 1,0159 2,391 27,895 1,0106 1,591 27,098 1,0053 0,797 Ciro SECONDO '80 acido so P.irti ilei Acido «oiforico Ve 1 foi ico e volume di Acqua SO SPECO di acquo "Teso ' sp**citico del miscuglio a i 7.° 5 C- ? IC0 DEI Parti del Àlcool MISCUGLI alcool e volume di Acqua DI di acqua Peso ~ specifico del miscuglio a 17." ó C. Volume ilei miscuglio t. tra 0. 00 i. 842 i. 00 0. 00 0. 7932 i. 0000 0. 95 0. 05 i. 822 0. 95 0. 05 0. 8114 0. 9903 0. 90 0. 10 i. 794 0. 90 0. 10 0. 8286 0. 9823 0. 85 0. 15 i. 746 0. 85 0. 15 0. 8427 0. 9781 0. 80 0. 20 i. 694 0. 80 0. 20 0- 8566 0. 9746 0. 75 0. 25 i. 638 0. 75 0. 25 0- 8695 0. 9718 0. 70 o. 30 i. 581 0. 70 0. 30 0- 8833 0. 9682 0. 65 o. 35 i. 527 0. 65 0. 35 0. 8958 0. 9663 0. CO 0. 40 i. 476 0. 60 0. 40 0- 9075 0. 9648 0. 55 o. 45 i. 427 o. 55 0. 45 0- 9191 0. 9643 0. 50 o. 50 i. 380 0. 50 0. 50 0- 9303 0. 9638 0. 45 0- 55 i. 335 0. 45 0. 55 0. 9404 0. 9644 0. 40 0. 60 i. 293 0. 40 o. 60 0- 9495 o. 9666 0. 35 o. 65 i. 253 0. 35 o. 65 0. 9580 o. 9683 0. 30 o. 70 i. 213 0. 30 0- 70 0. 9643 o. 9727 0. 25 0- 75 i. 173 o. 25 o. 75 0. 9700 o. 9776 0. 20 0- 80 i. 136 0. 20 0- 80 0. 9756 0. 9828 0. 15 0- 85 i. 101 0- 15 0- 85 0. 9803 o. 9885 0. 10 o. 90 i. 066 e. 10 0- 90 0. 9859 o. 9933 0. 05 o. 95 i. 032 0- 05 0- 95 0. 9929 0. 9967 0. 00 1 . 00 i. 000 0- 00 0- 10 1. 0000 1. 0000 51). Colla scoria de’suesposti priocipj (58) si ponuo risolvere diversi interessanti problemi: l.° Ricercasi qual peso * d’un corpo, il cui peso specifico c/’, sia minore di quello dell’acqua, delibasi aggiungere ai peso p d’altro corpo, avente la densità relativa d maggiore di quella dell’ acqua, affinché F insieme rimanga in equilibrio, o\e sia tutto immerso nell’acqua, supposto che questa abbia il peso specifico ~ l. Dovrà essere x~p . E perchè il sistema de’detti due corpi abbia a tenersi galleggiante alla superficie dell’ acqua, ossia abbia ad emergere in poca parte da questa superficie, basterà assumere per x un valore un po’ maggiore Itili OSTATITI 81 dì quello dato dalla precedente forinola. E se il liquido, entro il quale dovesse stare in e . , oppur galleggiare il detto sistema, avesse una densità d" diversa da quella dell’ acqua pura a 4.° C, si farà ricorso alla forinola xzr.p Dietro queste norme si costruiscono i galleggianti che servono agli ingegneri ad accennare la velocità delle acque correnti, gli scafandri che valgono a tenere a galla il corpo d’ un uomo immerso nell’ acqua, le zattere con cui si sorreggono e si fluitano i macigni, e si calcola altresì il carico di cui è capace un vascello, del quale si conosca il volume della parte imtnergi- bile. 2. ° Si cerca il peso specifico x che avrà la miscela di due corpi, i cui pesi e le cui densità siano rispettivamente p, d; p’, d’, nel supposto che nella miscela non avvenga nè con* densazione, nè rarefazione. Si trova x~d. d’- ^ 1 ' -. pd-pd 3. ° E dato in vece il peso specifico d" d’un miscuglio, il cui peso sia P, e si vogliono i pesi relativi x ed y dei due componenti, le cui densità siano d e cF. Sarà x — ^4 -. ‘^r > * ^ u a - a y—P — x. L questo il celebre problema della corona, proposto dal re Erone ad Archimede, e sciolto da questi mercè il principio suenuuciato, da esso scoperto. 60. IjO studio delle leggi del moto dei liquidi costituisce Vidrodinamica. Se non elle eotesta parte delle dottrine fisiche non è per aneo edificata su solide fondamenta, dappoiché non si sa far giusto eonto della influenza che aver debbono ne’fenomeni di molo de’ liquidi la compressibilità di questi, e la coesione e viscosità sussistente tra ie loro molecole. E d’altronde cosi fatte quistioni sono di tal natura da non poter convenevolmente trattarsi senza il polente sussidio della matematica superiore. Si conoscono bensì talune forinole empiriche, concernenti certi casi particolari del movimento dei liquidi: ma 1’ esposizione di questi dati s’addice piuttosto al corso d’idraulica, che si dà agli -ingegneri, anziché alla tìsica sperimentale propriamente dettu. CAPO SECONDO Aerostatica. 61. I fluidi aeriformi si disti nguono agevolmente dai fluidi liquidi e perchè sono assai più compressibili di questi, e perchè sono dotati d'espansibilità, onde si estendono in uno spazio maggiore, non appena che vengano menomate le forze di pressione che li rattengono sotto un determinalo volume. Quest’ultima proprietà è mantenuta in essi dalla prevalenza delle forze molecolari repulsive su le attrattive (38): scoisi però comunemente chiamar forza elastica od espansiva codesta mutua repellenza fra le molecole dei fluidi aeriformi, per cui reagiscono contro le forze prementi, con una gagliar- dìa proporzionata alla intensità di’queste. Nondimeno i fluidi espansibili, chiamati anche gas (dal tedesco (jeist , spirito) posseggono, al pari dei liquidi, la gravità, e la fanno manifesta col loro peso, ossia colla pressione o trazione che esercitano su que’ corpi che iinpediscon loro di muoversi nel senso voluto dalla gravità (51). Galileo fu il primo a dimostrare sperimentalmente il peso dell’aria; benché un modo più diretto di eseguire siffatta sperienza fosse additato di poi da Ottone Guerickio, mercè la macchina pneumatica da (<*) lui inventala. Molti e svariati sono poi i fenomeni e gli sperimenti che concorrono a provare la pressione esercitata dall’atmosfera sui corpi tulli che stanno alla superficie del globo: meritano però speciale rimarco la sperienza degli emisferi, istituita primamente a Magdeburgo dallo stesso Guerickio, e quella del tubo barometrico (dalla voce greca Bxpo%, peso) immaginala da Evangelista Torricelli discepolo di Galileo nel 1G43. Anzi quest’ultima esperienza (a) Dalla voce greca wìi/xx, che significa spirito; perocché l’aria ed i gas; per la loro sottigliezza eil iti visibilità, venivano dagli antichi ragguagliati agli spiriti; o piuttosto eran questi concepiti per mezzo di quelli. AEROSTATICA 83 Tale non solo a far evidente la pressione atmosferica, ma benaneo a darne la misura, mercè il peso della colonna di mercurio che equilibra la pressione medesima. Analogo spe* rimento eseguì Pascal nel 1640 con un lungo tubo contenente acqua: e di tal modo fu messo in evidenza il limite nell’altezza cui è dato sollevar l’acqua entro i tubi delle trombe aspiranti. E poiché sì la colonna d’ acqua che la colonna di mercurio fanno egualmente equilibrio alla pressione atmosferica, le biro altezze dovranno essere in ragione inversa della densità dei due liquidi (57), ossia dei loro pesi specifici. l):etro i dati suesposti di Regnault, il peso specifico del mercurio puro alla temperatura 0.°, riferito a quello dell’ acqua distillata a 4°, essendo espresso dal rapporto di 13,59593: 4, l’altezza della colonna di mercurio starà a quella della colonna di acqua nel rapporto di 1: 43,59593, nelle predette condizioni di temperatura e di purezza. Ma, a motivo della compressibilità ed espansibilità dell’ a- ria, la densità dell'atmosfera diminuirà ben più sensibilmente che nei liquidi (54), mano inano che si considerano degli strali più elevali sul livello de’mari : epperò, scemando in corrispondenza la pressione sofferta ed esercitata da ciascuna delle molecole d’aria costituenti uu medesimo strato, riusciranno sensibilmente decrescenti e l’altezza dei mercurio nel tubo torricelliano e l’altezza dell’acqua nel tubo di Pascal, che equilibrano la delta pressione. Al livello dell’oceano, l’ordinaria pressione atmosferica viene equilibrata da una colonna di mercurio puro a 0.°, alta 700 millìmetri , ossia da una colonna d’ acqua distillata a 4.°, alta metri 10,3329. Epperò quivi ogni centimetro quadrato di superficie de’ corpi toccati dall’ aria atmosferica sopporterà una pressione equivalente a chilogrammi -1,0333; pressione che si esercita in ogni senso, Come nei fluidi liquidi (53) È questa la misura della così detta pressione normale dell’atmosfera, e che dicesi anche pressione di un’atmosfera. L’effetto di questa pressione su la superficie dei corpi organiz- 84 CAPO SECONDO 1 zati e del corpi porosi, viene eliso dalla forza espansiva de gas contenuti nelle loro parti interne. Ecco un quadro delle diminuzioni nell’altezza della colonna di mercurio nel tubo lorricelliano, corrispondenti alle diverse altitudini dei luoghi sul livello dell’oceano e dei- mari ; Altezza Altitudini Altezza Altitudini’ del mercurio in metri del mercurio in metri a 0." m milli - sul livello a 0.'' in nulli - sul livello metri de* mari metri de* mari 760 . 0,0 540 . . 2713,5 755 . 52,5 530 . . 2861,8 750 . 105,3 520 . . 3013,0 745 • 158,4 510 . . 3167,1 740 . 211,9 500 , . 3324,2 735 . 265,8 490 . . 3494,5 730 . 320,0 480 . . 3648.2 725 . 374,6 470 . . 3815,1 720 . 429,6 460 . . 3985,8 745 . 484,9 450 . .. 4160,1 710 . 540,6 440 . .. 4338,4 705 . 596.7 430 . . 4520,9 700 . 653,2 420 . . 4707,4 690 . 767,5 410 . . 4898,6 680 . 883,4 400 . . 5094,5 670 . 1001,0 390 . . 5295,2: 660 . 1120,5 380 . . 5501,4 650 . - 1241,7 370 . . 5712,6 640 . 1364,8 360 . . 5929,9 630 . 1489,8 350 . . 6153,2 620 . 1616,9 340 , . 6383,0 S10 . 1746,0 330 . . 6619,8- 600 . 1877.2 320 . . 6863,6 590 . 2010,7 310 . . 7115,1 580 . 2146,3 300 . . 7375,0 670 . 2284,3 290 . . 7643,2 560 . 2424,9 280 . . 7921,7 550 .. 2567,8. 2.70 , . 8209,8 AEROSTATICA 85 Aliene barometriche corrispondenti a diverse cillà elevale » metri mill'irn . metri millirn Micuipampa (Perou) 3618 483 Gotha . . . . 285 73» Quito . . • 2908 527 Lugano (Iago) . . 272,4 734 Messico . . » 2277 572 Turino .... 230 738 Ospiz.del S.Gottardo 2075 586 Digione. . . . 217 740 Briangon 130® 645 Praga . . . . 179 74» Madrid . . 608 704 Lione (Rodano) 162 745 Inspruck 566 708 Casse! .... 158 745 Monaco . . 538 710 Vieuua (Danubio) . 133 747 Losanna. . .. 507 713 Milano (orto botanico) 128 748 Augusta . . 475 716 Bologna . . . 121 749- Neuchàtel - * 438 719 Dresda .... 90 752 Ginevra . . , 372 725 Parigi (Osservat. 1 P.) 65 754 Ratisbona . 362 726 Roma (Campidoglio) 46 75® Mosca . . - 300 732 Ber uno . ., . 40 75® 62. Il tubo torricelliano , preparato in modo da porgerei agevolmente ed esattamente la misura comparativa della pressioni atmosferiche corrispondenti a diversi luoghi,, e delle' variazioni che accadono in ciascun luogo, chiamasi barometro. Per diversi riguardi si preferisce il mercurio come liquido barometrico. E le principali avvertenze da seguirsi nella costruzione e nell’ uso d’ un barometro sono : usare del: mercurio perfettamente puro; vuotare compiutamente d'aria e di vapor acqueo il tubo; annettere a questo una scala , munita di nonio, colla quale si possa determinare, coll’ approssimazione d’un decimillimetro almeno, la distanza tra i duepiani orizzontali che sono tangenti alla superficie libera deli mercurio all’esterno del tubo e nell’interno di questo, oppure nei due rami del tubo a sifone; scegliere un tubo che- abbia possibilmente un eguale diametro' in quel tratto della sua lunghezza in cui si verificano le escursioni della superficie libera della colonna di mercurio , affinché si possa applicare a tutte le altezze osservate la medesima correzione perla capillarità, la quale è sempre sottrati va, ed ha relazione eoi diametro interno del tubo, come dalla tabella elle si espone piti innanzi ; ridurre le altezze osservate so ita diverse F8 CAPO SECONDO temperature ed a diverse altitudini e latitudini, a quelle che si sarebbero avute, ove la temperatura del mercurio fosse costantemente a 0.°, e la gravità avesse in ogni caso l’intensità che essa dimostra al parallelo medio di 45°, ed a livello dei mari. La correzione per la temperatura è sottrativa quando questa sia superiore a 0.°, ed additivo qualora sia inferiore a 0.°. Pi ella seguente forinola sono raccolte tutte le correzioni da farsi. A —A ( 1—0,0001611. t) ( 1-0,00265 cos 2x)(ì-y)+C, nella quale A esprime l’altezza barometrica osservala, t la temperatura del mercurio alTatto dell’osservazione (°), x la latitudine, ed a l’altitudine del luogo sul livello dell’oceano, r il raggio della terra, C l’aggiunta per la capillarità, ed A’ la risultante altezza corretta. Si avverta che a ed r siano riferite alla medesima unità lineare, e del pari A e C siano riferite ad una stessa unità di misura, la quale però può esser differente dalla precedente: A' risulterà espressa in relazione all’ unità assunta per A e C. La correzione per la variazione della gravità proveniente dalla latitudine è di segno eguale a quello di — cos 2 x, cioè negativa dall’equatore a 45°, e positiva da 45° al polo. La correzione per l’altitudine è sottrativa per tutti i luoghi che non siano più depressi del livello dei mari; altrimenti è additivo. Ad agevolare la correzione relativa alle temperature, che è la più significante, mentre quelle relative alla latitudine ed all’altitudine d’ordinario si trascurano, perchè di poco rilievo, si danno le seguenti tavole, nelle quali trovasi calcolata l’aggiunta o la deduzione da farsi all’ altezza osservata corrispondente a diverse altezze della colonna di mercurio ed a diverse temperature, espresse queste in gradi del termometro centigrado. (a) Il coefficiente suesposto di t si riferisce al caso che la scala sulla quale si leggono le altezze barometriche sia, come lo è d’ordinario, in ottone, e che si assuma per coefficiente di dilatazione cubica del mercurio 0,00018018,.e per coefficiente dj dilatazione lineare deli’ ottone 0,00001878. FRECCIA DEL MENISCO CONVESSO DEL MERCURIO AEROSTATICA Correzione relalica alia capillarità. 87 W M C3 “7 05 P5 M ^ W T- Q» t' m SI SI si OC M « ffi « M fC S< Si «O M O C ^ « © s *5 « r* C O © in ''cT ©* cT «O M O o W5 <1* •<7 <3* C © UO Oi SI © c Gì t'' © tA >A «sj> jo ■*? CO <3M 470 0,548 0,626 0,704 490 0,079 0,158 0.237. 0,316 0,395 0,474 0,55-ì 0,633 0,712 495 0,080 0,160 0,240 0,320 0,399 0,479 0,559 0,639 0,719 500 0,081 0,16-1 0,242 0,323 0,403 0,484 0,565 0,646 0,726 505 0,082 0,163 0,245 0,326 0,407 0,489 0,570 0,652 0,734 j 510 0,082 0,165 0,247 0,329 0,412 0,494 0,576 0,658 0,741 j 545 0,083 0.166 0,249 0,333 0,416 0,499 0,582 0,665 0,748 ; 5-20 0,0S4 0,168 0,252 0,336 0,420 0,604 0,587 0,G71 0,755 ’ 525 0,085 0,170 0,254 0,339 0,424 0,508 0,593 0,678 0,763j 530 0,086 0,171 0,257 0,342 0,428 0,513 0,599 0,684 0,770 535 0,086 0,173 0,259 0,345 0,432 0,518 0,604 0,091 0,777 ‘540 0,087 0,174 0,262 0,349 0,436 0,523 0,610 0,697 0,7S4, 545 0,088 0,176 0,264 0,352 0,440 0,528 0,616 0,704 0,792 : 650 0,089 0,178 0,266 0,355 0,444 0,533 0,621 0,710 0,799 ‘ 555 0,090 0,179 0,209 0,358 0,448 0,537 0,627 0,717 0,806 ( 560 0,090 0,181 0,271 0,362 0,452 0,542 0,633 0,723 0,813. i 565 0,091 0,182 0,2 7 4 0,3 G 5 (Vtòfì 0,547 0.638 0,730 0,821 ! 570 0,092 0,184 0,27G 0,368 0,460 0,552 0,644 0,736 0,828 , 575 0,093 0,186 0,278 0,371 0,464 0,557 0,650 0,742 0,S35 1 580 ^0,094 0,187 0,281 0,374 0,468 0,562 0,655 0,749 0,842i 585 0,094 0,4 89 0,283 0,378 0,472 0,56G 0,661 0,755 0,8501 ! 590 0,095 0,490 0,286 0,381 0,476 0,571 0,007 P,7fì5 0.857 | 1 595 0.096 0,492 0,288 0,384 0,4S0 0,676 0,672 0,768 0,804| | 600 0,097 0.194 0,291 0,387 0,484 0,581 0,078 0,775 0,872| AEROSTATICA 89 Correzione relativa alla temperatura del mercurio. <3 £ *? £ l.° 2 o 3.° 4.° min. min. min. min. mm. 605 0,098 0,195 0,293 0,391 610 0,099 0,197 0,295 9,394 615 0,099 0,199 0,298 0,397 620 0,100 0,200 0,300 0,400 625 0,101 0,202 0,303 0,404 630 0,102 0,203 0,305 0,407 635 0,103 0,205 0,307 0,410 640 0,103 0,207 0,310 0,413 645 0,104 0,208 0,312 0,416 650 0,105 0,210 0,315 0,420 655 0,106 0,211 0,317 0,423 660 0,107 0,213 0,320 0,426 665 0,107 0,215 0,322 0,429 670 0,108 0,216 0,324 0,433 675 0,109 0,218 0,327 0,436 680 0,110 0,220 0,329 0,439 685 0,111 0.221 0,332 0,442 690 0,111 0,222 0,334 0 , 4-45 ! 695 0,112 0,223 0,337 0,449 700 0,113 0,226 0,339 0 , 45:2 705 0,114 0,228 0,341 0,455 710 0,115 0,229 0,344 0.458 J 15 0,115 0,231 0,346 0,462 720 0,116 0,232 0,349 0,465 725 0,117 0,234 0.351 0,468 730 0,118 0,236 0,354 0 , 47-1 735 0,119 0,237 0,356 0,475 740 0,119 0,239 0,359 0,478 745 0,120 0,241 0,361 0,481 750 0,121 0,242 0,363 0,484 755 0,122 0,244 0,366 0,487 j 760 0,123 0,245 0,368 0,491 [765 0,124 0,247 0,370 0,494 ! 770 0,124 0,249 0,373 0,497 775 0,125 0,250 0,375 0,500 , 780 0,126 0,252 0,378 0,504 1 785 0,127 0,253 0,380 0,507 (790 0,128 0,355 0,383 0,510 795 0,128 0,257 0.385 0.513 600 0,129 0,2 58 0,387 0,517 0.° G.° 7.° 8.° 9.° . mm . min . mm . mm . mm . 0,488 0 , 5 S 6 0,083 0,781 0 , S 79 0,492 0,591 0,689 0,788 0,886 0,496 0,595 0,695 0,794 0,893 0,500 0,600 0,700 0,800 0,901 0,504 0,605 0,703 0,807 0,908 0 , 50 S 0,610 0 , 7-12 0,813 0,915 0 512 0,61 5 0,717 0,820 0,922 0,516 0,020 0,723 0 , S 26 0,930 i 0,520 0,025 0,729 0,833 0,937 . 0,524 0,629 0,734 0,839 0,944 0,529 0,634 0,740 0,846 0,951 : 0,533 0,639 0,746 0,852 0,959 1 0,537 0,044 0,751 0,859 0,966 ■ 0,541 0,649 0,757 0 , S 65 0,973 0,545 0,654 0,763 0,871 0,980 0,549 0,658 0,768 0 , S 7 S 0 , 98 S ! 0,553 0,663 0,774 0,8 S 4 0,995 ; 0,557 0,668 0,780 0,891 1,002 0,561 0,673 0,785 0,897 1,010 0,565 0,678 0,791 0,904 1,017 , 0,569 0,683 0,797 0,910 - 1,024 0,573 0,688 0,802 0,917 - 1,031 0,577 0,691 0,808 0,923 1,039 0,581 0,697 0 . S 13 0.930 1,046 0,585 0,702 0,819 0,93 6 4,003 . 0 , 5 S 9 0,707 0,825 0,943 1,060 j 0,593 0,712 0,830 0,949 1 , 06 » ‘ 0,597 0,717 0,836 0,955 1,075 ! 0,601 0,721 0,842 0,962 1,082 | 0,605 0,726 0,847 0 , 9 GS - 1,089 0,609 0,731 0,853 0,975 - 1,097 0,613 0,736 0,859 0,981 1,104 0,617 0,741 0,864 0 , 9-88 1,111 0,621 0,746 0,870 0,994 1 , 118 - 0,625 0,750 0,876 - 1,001 1,126 0,629 0,755 0 , S 81 1,007 1,133 0,633 0,760 0,888 1,014 1,140 0,037 0,765 0 , S 93 - 1,020 • 1,148 0,611 0,770 0,898 1,026 1,156 0,610 0,775 0,904 1,033 1,162 90 CAPO SECONDO Dalla retroesposta tavola per la correzione relativa alla capillarità, si scorge che per trovarne il valore, in ogni caso bisogna over riguardo non solo al diametro interno del tubo, ma ancora alla fréccia del menisco, ossia all’altezza della superficie convessa con eui termina la colonna di mercurio. Nel barometro a sifone (detto di Gay-Lussae), ove i rami abbiano un egual diametro interno, la correzione concerne soltanto la differenza nella freccia della convessità esistente all’estremo di ciascunu colonna; e allora la correzione sarà additivo o deduttiva secondo elle risulterà maggiore o minore la freccia del menisco in contatto col vuoto barometrico. Nel barometro a vaschetta col fondo mobile (detto di Origo o di For- lin), oltre la correzione, sempre additivo, per la depressione prodotta dal menisco anzidetto, convien fare un’altra correzione, che invece è deduttiva, riguardante la convessità del mercurio nella vaschetta, e relativa alla minima distanza della punta del galleggiante (cui si riduce tangente la superficie del mercurio medesimo) dalla parete interna del cilindro di vetro. A tale scopo serve la seguente tabelietta, dove si è pur indicalo il raggio che dovrebbe avere il tubo, in relazione alla detta distanza, affinchè le due contrarie depressioni si compensassero esattamente, cioè affinchè non s’avesse ad eseguire munti correzione per la capillarità. 1 i I Distanza della punta Deduzione Raggio del tubo Distanza della punta Deduzione Raggio del tubo mill. mill. raill. utili. milì. milt. 3,13 0,260 6,00 7,16 0,112 7,75 3,52 0,230 6,25 8,09 0,099 8,00 3,96 0,204 6,50 9,16 0,087 8,25 4,45 0,181 6,75 10,39 0,077 8,50 5,00 0,161 7,00 11,79 0,068 8,75 5,64 0,143 7,25 13,37 0,060 9,00 6,35 i ’ 0,127 7,50 15,15 0,053 9,25 AEROSTATICA 91 Riguardo poi alle precedenti tavole per la correzione relativa alia temperatura del mercurio, è facile rilevare che esse, benché espongano direttamente soltanto i valori di tal correzione corrispondenti ai numeri interi dei gradi non oltrepassanti il 9, possono pur dare i valori della medesima correzione relativi ad vin dato numero di deeine di gradi, moltiplicando per 10 le cifre esposte per il corrispondente numero di unità: similmente per le parli decime o centesime di grado, basterà moltiplicare le stesse cifre per 0,1 oppure per 0,01. Quando la temperatura sta superiore allo zero, la correzione è sottrattiva: per opposto, ove la temperatura sia negativa, cioè inferiore allo zero, la correzione è additivo. 63. In qnpst’ultimi tempi sonosi immaginati alcuni strumenti, costituiti diversamente dal tubo torricelliano, e che pur servono a misurare le variazioni nella pressione atmosferica. Meritano speciale rimarco il barometro differenziale di Kopp, il barometro nneroido di Vidi e il barometro metallico di Boimlon. l/aerodensimetro di Baudrimont, analogo a quello già Ideato da IVIusschembroeck , giovo a svelare le minime variazioni nella densità dell’ aria. Ma snvrntntti è degno di considerazione il barometro perfezionato di Kuppfer. I risultati delle osservazioni istituite in diverse località su le variazioni periodiche ed accidentali nella pressione atmosferica, e su le loro relazioni eolie direzioni dei venti e colle variazioni nello stato termometrico ed igrometrico dell’aria, si accenneranno nel capo IV. 64. Boyle nel 1661 e poco dopo Mariotte (1676) provarono che. supposta invariabile la temperatura, i volumi d’unadàta massa d’aria ben secca sono inversamente proporzionali alle pressioni cui è assoggettato, e che però le densità che essa assume e le forze elastiche eh’essa dispiega riescono diretta- niente proporzionali alle pressioni medesime. Questa legge si verifica con bastevole approssimazione coll’aria, e cor» alcuni altri gas ben secchi, sotto pressioni sia maggiori, sia minori di molto di quella ordinaria dell’atmosfera; mentre 92 CAPO SECONDO altri gas se ne scostal o sensibilmente anche per piccole differenze di pressione, intervenendo in questi effetti diverse azioni molecolari. Epperò il detto fatto non può assumersi come una legge di natura, ma piuttosto come tuia legge empirica (Ile 13), valevole solamente entro certi lim’ti di pressione e di temperili urti, limiti che sono differenti per cinsche- dun gas, come si dirà nel capo III. 03. 1 manometri sono strumenti analoghi al barometro, che s’adoperano per misurare le forze espansive dei gas e dei vapori contenuti ne’ recipienti. Hanno diversa costituzione secondo l’intensità delle forze elastiche da determinare: per quelle minori della ordinaria pressione atmosferica serve un manometro a tubo chiuso e vuoto d’aria, anatogo ni tubo tor- rieellìano; per le pressioni di poco maggiori un manometro a tubo aperto, e per quelle che eccedono il doppio od il triplo della detta pressione un manometro a tubo chiuso e conte- nenie aria. Il manometro ad aria può servire a valutare con qualche approssimazione le intensità relative della gravità in differenti luoghi, appoggiandosi alla sueeennala legge di Uoyle. (iti. 11 barometro vieti adoperato frequentemente a valutare l’elevazione di un luogo al dissopra d’ un altro, e quindi le altitudini dei luoghi sovra il livello de’ mari. Supponendo elle la gravità fosse costante in tutta l’altezza dell’atmosfera, elle la temperatura fosse eguale in ogni parte e che la legge di li oyle si verilieasse iter l’aria anche a grandi rarefazioni, si dimostra che la densità e la forza espansiva dell’aria dovrebbero decrescere in ragione geometrica per altezze crescenti 10 ragione aritmetica. Ma in fatto la densità dell' aria decresce secondo una legge beo più complicata, atteso che la gravità diminuisce d’intensità coll’ elevarsi sul livello dei mari; la temperatura è sensibilmente differente da strato a strato e variabile in ciascun d’essi; ha pur qualche influenza 11 vapor acqueo, il quale sta diffuso in varia quantità nelle diverse parli dell’atmosfera. Ecco la forinola più comune- AEROSTATICA 93 mente adottata per calcolare le aliitiiiliiii dei luoghi dietro le osservazioni barometriche: d zz 18330“’ log (l d —fq,ì(F ) (I -f 0,00205 cos 2 a) ( 1 + 'l+iilrO + ^ ne |i u q U; ,i e a ei j « esprimono le altezze barometriche osservate nelle due stazioni, inferiore e superiore , già ridotte però entrambe alla lempe- tura 0.° e corrette per la capillarità (62) , l e /’ le temperature dell’aria alle due stazioni olfatto deil’oss rvazione baro- metrica, \ la latitudine geografica del luogo in cui son falle le osservazioni, d l’altezza della stazione superiore su lo stazione inferiore, d' l’altezza della stazione inferiore sul livello del mare, ed rii raggio della terra (ordinariamente si assume il raggio med : o 0.366.198"’ ). Le seguenti tavole fu- ron preparate all’uopo di semplificare i computi relativi ai diversi fattori della precedente forinola. La tavola l. a dì» espressi in metri i vaim i di 18336 log et, e 18336 log a corrispondenti alle altezze barometriche comprese da 265 a 800 millimetri; se non che venner lutti diminuiti della medesima quantità 44128, 111 128, ciò che non altera punto il valore della differenza 18336 log a — 18336 log a’. La tavola 2. a serve a dare la correzione relativa alla variazione della gravità dipendentemente dalla latitudine, in relazione al valore che essa ha alla latitudine di 45.° ed al valore dell’altezza approssimata dj ottenuto coll’uso della tavola i. a , e coll’aggiunta C) / 1 i /> 1 del termine d —- . La tavola 3. a porge la correzione riguardante la diminuzione della gravità dovuta all’altezza della stazione superiore su la inferiore; mentre la correzione relativa alla diminuzione della gravità dovuta all’altezza della stazione inferiore sul livello de’ mari è data dalla tavola 4. a Quest’ultime due correzioni sono additive, e si calcolano in base al valore approssimato di d già dato dalle precedenti operazioni. CAPO SECON1TO TAVOLA I. Calori in metri di 18336 m /o<7 « e (I1 i8330'"/»5 517 5326,4 471 4584,4 518. 5341,8 472 4 601,3 519 5357,2 473 4618,1 520 5372,5 474 4034,9 521 53S7,8 475 4051,7 522 5403,1 i ed a Metri a ed a Metri 523 5418,3 570 6103,6 524 5433,5 571 6117,6 525 5448,7 572 6131,5 526 5463,9 573 6145,4 527 5479,0 574 6159,3 528 5494,1 575 6173,1 529 5509,2 576 6187,0 530 5524.2 577 6200,S 531 5539,2 578 6214,6 532 5554,2 579 6228,4 533 5569,1 580 6242,1 534 5584,1 581 6255,8, 535 5599,0 582 6269,5 536 5613,8 583 6283,2 537 5628,7 584 6296,3 53S 5643,5 585 6310,4- 539 5658,3 586 6324.0 540 5673,0 587 6337,6 541 5687,8 588 6351,2 542 5702,5 589 6364,7 543 5717,2 590 6378,2 544 5731,8 591 6391,7 545 5746,4 592 6405,2 546 5761,0 593 6418,6 547 5775,6 594 6432,0 548 5790,2 595 6445,4 549 5804,7 596 6458,8 550 5819,2 597 6472,2 551 5833,6 598 6485,5 552 5848,1 599 6498,8 553 5862.5 600 6512 0 554 5876,9 601 6525,3 555 5891,2 602 6538,6 556 5905,6 603 6551 8 557 5919,9 604 6565,0 558 5934,2 605 657S,2 559 5948,4 606 6591 3 560 5962,6 607 6604j4 561 5975,8 608 6617,6 562 5991,0 609 6630,6 563 6005,1 610 6643,7 5G4 6019,3 611 6656,7 565 8033,4 612 6669,7 560 6047,5 613 6682,7 567 6061,6 614 G695,7 SOS 6075,6 615 6708,7 669 60,89,6 610 0.721,8. 06 CAPO SEC03IK1 Seguilo della Tavola / . a ed (C Metri a ed cC Metri 617 6734,5 663 7307,1 618 6747,4 664 7319,1 619 6760,3 665 7331,1 620 6773,2 666 7343,1 621 6786,0 667 7355,1 622 6798,8 668 7367,0 623 6811,6 669 7378,9 624 6824,4 670 7390,8 625 6837,1 671 7402,6 626 6849,8 672 7414,5 627 6862,5 673 7426,4 628 6875 2 674 7438,2 629 6887,9 675 7450,0 630 6900,6 676 7461,8 631 6913,2 677 7473,6 632 6925,8 678 7485,3 633 6938,4 679 7497,0 634 6951,0 680 7508,7 635 6963,5 681 7520,4 636 6976,1 682 7532,1 637 6988,6 683 7543,8 638 7001,1 684 7555,5 639 7013,5 685 7567,1 640 7026,0 686 7578,7 641 7038,4 687 7590,3 642 7050,8 688 7601,9 643 7063,2 689 7613,5 644 7075,6 690 7625,0 645 7088,0 691 7636,5 646 7100,3 692 7648,0 647 7112,6 693 7659,5 648 7124,9 694 7671,0 649 7137,2 695 7682,5 650 7149,5 696 7694,0 651 7161,7 697 7705,4 652 7173,9 698 7716,8 653 7186,1 699 7728,2 654 7198,3 700 7739,6 655 7210,5 701 7751,0 656 7222,6 702 7762,3 657 7234,7 703 7773,6 658 7246,8 704 7784,9 659 7258,9 705 7796,2 660 7271,0 706 7807,5 661 7283,1 707 7818,8 662 7295,1 708 7830,1 u ed a Metri .• ed u Metri 709 7841,3 755 8341,9 710 7852,5 756 8352,4 711 7863,7 757 8363,0 712 7874,9 758 8373,5 713 7886,1 759 8384,0 714 7S97,3 760 8394,5 715 7908,4 761 8404,9 716 7919,6 762 8415.4 717 7930,7 763 8425.8 718 7941,8 764 8436,3 719 7952,9 765 8446,7 720 7963,9 766 8457.1 721 7975,0 767 8467,5 722 7986,0 768 8477.9 723 7997,0 769 8488,2 724 8008,0 770 8498,6 725 8019,0 771 8508,9 726 8030,0 772 8519,2 727 8041,0 773 8529.5 : 728 S051,9 774 8539,8 I 729 8062 8 775 8550,1 ! 730 8073,7 776 8560,4 | 731 8084,6 777 8570,6 ; 732 8095,5 778 8580,9 733 8106,4 779 8591,1 j 734 8117,3 780 8601,3 735 8128,1 781 8611,5 . 736 8138,9 782 8621,7 | 737 8149,7 783 8631,9 ! 738 8160,5 784 8642,0 1 739 8171,3 785 8652,2 740 8182,1 786 8662,3 1 741 8192,9 787 8672,5 742 8203,6 788 8682,6 743 8214,3 789 8692,7 ' 744 8225,0 790 8702,8 | 745 8235,7 791 8712,8 746 8246,4 792 8722,9 747 8257,1 793 8732,9 748 8267,7 794 8743,0 749 8278,4 795 8753,0 750 8289,0 796 8763,0 75d 8299,6 797 8773,0 752 8310,2 798 8783,0 753 8320,8 799 8793,0 754 8331,4 800 8802,9 AEROSTATICA 97 TAVOLA II. Variazione della granila relativa alla latitudine ed aW altezza approssimata d della stazione superiore su la inferiore, che è additivo da 0.° a 45.° e sultralliva da 4a.° a 90. u ; ossia d. 002G5 cos 2 x. Altezza approssim . latitudine o.° 10. u O 30 .° 40 ." 45 .° 90 ." 80 ." 70 .° 60 .° 50 ." ni. ni. ni. m. m- A 00 0,3 0,2 0,2 0,4 0,0 0 200 0,5 0,5 0,4 0,3 0,1 0 300 0,8 0,7 0,6 0,4 0,1 0 400 4,4 4,0 0,8 0,5 0,2 0 500 4,3 4,2 4,0 0,7 0,2 0 600 4,6 4,5 1,2 0,8 0,3 0 700 4,9 1,7 1,4 0,9 0,3 0 800 2,4 2,0 1,6 1,1 0,4 0 900 2,4 2,2 1,8 1,2 0,4 0 A 000 2,6 2,5 2,0 1,3 0,5 0 12Q0 3,2 3,0 2,4 1,6 0,6 0 4400 3,7 3,5 2,8 1,9 0,6 0 4600 4.2 4,0 3,2 2,1 0,7 0 4 800 4.8 4*5 3,7 2,4 0,8 0 2000 5,3 6,0 4,1 2,6 0,9 0 2200 5,8 5,5 4,5 2,9 1,0 0 2400 6,4 6,0 4,9 3,2 1,1 0 2600 6,9 6,5 5,3 3,4 1,2 0 2800 7,4 7,0 5,7 3,7 1,3 0 3000 8,0 7,5 6,1 4,0 1,4 0 3500 9,3 8,7 7,1 4,6 1,6 0 4000 40 , G ' 40,0 8,1 5,3 1,8 0 4500 44,9 14,2 9,1 6,0 2,1 0 5000 43,2 12,4 10,2 6,6 2,3 0 5500 44,6 43,7 11,2 7,3 2,5 0 6000 45,9 44,9 12,2 7,9 2,8 0 6500 47,2 46,2 13,2 8.6 3,0 0 7000 48,5 47,4 14,2 9,3 3,2 0 7500 49,9 4 8,7 45,2 9,9 3,5 0 8000 24,2 19,9 46,2 10,6 3,7 0 CAPO SECONDO S8 TAVOLA III. Diminuzione della gravila nella verticale relation alleai- lessa (iella stazione superiore su la inferiore. ~ , rf + 4596 Correzione sempre adottiva; ossia d —-— . Altezza arrossila. Correzione Altezza appressila. Correzione A Itezza approssim. Correzione 400 m, 0,2 2900 m. 8,6 5700 m. 49,4 200 0,5 3000 8,9 5800 49,8 300 0,8 3100 9,3 5900 20,2 4oo 4,0 3200 9,6 6000 20,0 500 4,3 3300 40,0 6100 21,4 600 4,6 3400 40,3 6200 21,5 7 00 4,8 3500 40,7 6300 22,0 800 2,4 3600 41,0 6400 22,4 900 2,4 3700 41,4 6500 22,9 4000 2,7 3800 14,8 6600 23,4 4100 2,9 3900 12,1 6700 23,8 4200 3,2 4000 12,5 6800 24,3 4300 3,5 4400 42,9 6900 24,7 4400 3,8 4200 13,3 7000 25,2 4500 4,4 4300 43,7 7100 25,7 4600 4,4 4400 14,0 7200 26,2 4700 4,7 4500 44,4 7300 26,6 4800 5,0 4600 14,8 7400 27,1 4900 5,3 4700 4 5,2 7500 27,6 2000 5,6 4800 45,6 7600 2S,4 2400 5,9 4900 16,0 7700 28,6 2200 6,3 5000 16,4 7800 29,1 2300 6,6 5400 1G,8 7900 29,6 2400 6,9 5200 17,3 8000 30,1 2500 7,2 5300 17,7 8100 30,6 2600 7,6 5400 18,4 8200 31,4 2700 7,9 5500 48,5 8300 34,6 2800 8,2 5600 18,9 8400 32,1 aerostatica 99 tavola IV. Diminuzione della gravità nella verticale dovuta all'altezza d della stazione inferiore, espressa iti relazione al - l altezza approssimala d, ed all' altezza barometrica a della stazione inferiore ; ossia d~‘ Altezza approfitti. 400 450 600 650 600 650 700 750 in . in . m . m . m . m . m . m . ioo 0,2 0,1 0,1 0,1 0,1 0,0 0,0 0,0 200 0,3 0,3 0,2 0,2 0,1 0,1 0,0 0,0 *00 0,5 0,4 0,3 0,2 0,2 0,1 0,1 0,0 400 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0,1 0,0 600 0,8 0,7 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0,0 eoo 1,0 0,8 0,6 0,5 0,4 0,2 0,1 0,0 700 1,1 0,9 0,7 0,6 0,4 0,3 0,1 0,0 8 00 1,3 1,0 0,8 0,6 0,5 0,3 0,2 0,0 900 1,4 1,2 0,9 0,7 0,5 0,3 0,2 0,0 looo 1,6 1,3 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 2000 3,2 2,6 2,1 1,6 1,2 0,8 0,1 0 1 8000 4,8 3,9 3,1 2,4 1,8 1,2 0,6 0?1 4000 6,4 5,2 4,2 3,2 2,4 1,6 0,8 0,1 5000 8,0 6,6 6,2 4,0 3,0 2,0 1,0 0,2 GOOO 9,6 7,9 6,3 4,9 3,6 2,3 1,2 0,2 7000 11,2 9,2 7,3 5,7 4,1 2,7 1,4 0,2 8000 12,8 10,5 8,4 6,5 4,7 3,1 1,6 0,3 9000 14,4 11,8 9,4 7,3 5,3 3,5 1,8 0^3 La suindicata forinola per valutare le altezze de’ luoghi coile osservazioni barometriche può darei un approssimato valore dell altezza dell’atmosfera cingente la terra. Essa ci dice che a circa 61 chilometri al dissopra del livello de’mari la forza espansiva dell’aria sarebbe tanto diminuita da cor* rispondere a quel grado di massima rarefazione che può ottenersi colle migliori macchine pneumatiche, lorquando ht sua forza elastica è equilibrata dalla pressione prodotta dtt una colonnetta di mercurio alta solo un millimetro: ove però si supponga che la temperatura delle più alte regioni dell’at- mosfera sia — 69.° 6’, e che la legge di Mariolte si verifichi 400 CAPO SECONDO per Paria sino al detto grado di rarefazione. D’altra parte le osservazioni so gli ecelissi di luna ci mostrano che l’altez'zu delPatmosfera non è minore di 80 chilometri: e le osservnzio- ni recentemente istituite da Bravais su le cime del Faullmrn, intorno alla durata della luce crepuscolare, farebbe! 1 ritenere l’altezza medesima non minore di 115 chilometri circa. 07. il peso specifico dei gas stufisi riferire a quello dell'aria, che si assume per unità. Voglionsi però prendere tanto i diversi gas, quanto l’aria, perfettamente privali di umidità, ed alle medesime condizioni di pressione e di temperatura. LI peso specifico d’un dato gas corrisponde perciò al rapporto sussistente fi 1 a il peso d’ un determinato volume di esso e quello d’ un egual volume di aria, presi P uno e P altra allo temperatura 0.° ed alla pressione di 700 millimetri di mercurio pure a 0.° Bisogna anco tener conto della perdila di peso che piova il recipiente stando immerso nell’aria atmosferica, la quale perdita varia colla temperatura e colla pressione dell’aria stessa. Sono poi moltissime le precauzioni e le diligenze da usarsi in questi delicati esperimenti. SI peso specifico /-* di un gas è ordinariamente calcolato mediante la forinola: p — Enfi - h ~ b ’ . * + + 0 ’ 1 p - !>' b { - b\ I + 1 + èP e ove p e p’ esprimono i pesi dell’aria secca riempiente un dato prillane sotto le pressioni b e />’ (essendo ò’ minore di b), e ponendo L la temperatura dell’aria, che si suppone costante nelle due pesate; p x e p,’ i pesi del gas secco che riempie il medesimo pallone sotto le pressioni b t e £>,’ (ponendo b’ minore di è,), ed essendo t’ la temperatura dello stesso gas; e S e S’ i coefficienti della dilatazione cubica dcH’aria e del vetro, ritenendosi eguale la dilatabilità deil’nria e quella dei diversi gas. Ma il Begnault immaginò un processo più spedito ed in pari tempo più preciso. Ecco le risultanze delle esperienze da lui istituite: AEROSTATICA 101 Peso reale di un litro a 0.° ed a 760 mi II. Aria atmosferica . grammi 1,293187 . Azoto . Ossigeno. . . . Idrogeno. . . . Acido carbonico > » 1,256167 . » 1,429802 , » 0,089578 . > 1,977414 • Peso specifico . 1,00000 . 0,97137 . 1,10563 . 0,06926 . 1,52901 (a) Si avverta però che i precedenti valori del peso reale di pii litro dei diversi gas si riferiscono alla latitudine di 48. u 30.’ 14." e ad un’altezza di circa G0 metri sul livello dei mare. Però il peso di un litro d’aria secca, a 0 °e 76!) millimetri, alla lati ut- dine di 43.° ed al livello de’ mari ridurrebbesi a gr. Ed in altra località, alla latitudine x, all’altezza a sul livello de’ mari, posta b la pressione barometrica e l la temperatura in gradi centigradi, il peso p d'un decimetro cubo, ossìa d’ un litro d’aria secca sarà espresso dalla seguente forinola, ove r denota il raggio medio della terra: P = ( * - « 00265 co 9 2 , ) (l - * 7 “) Dietro i precedenti dati di Kegnault, per Parigi, il peso specifico dell’aria secca a 0.° ed a 760 millimetri, riferito a quello dell’acqua distillata a 4°, sarebbe espresso da e riferito invece a quello del mercurio puro a 0.° sarebbe toTìTI' Q Ut ‘ sti '' apporli, alla latitudine di 43.° ed al livello del mare, diventano z=r?r. e .- , r 4v; ’ 7i3,al) 10al7,ó Peso specifico di di versi fluidi aeriformi, preso per unità quell*aria. Gas. Acido cloròtico .... » sollidrico .... » solforoso.... Ammoniaca ..... Caiburo (proto; d’idrogeno » (Ih) idem 1,247 4 Cianogeno . . . , . (,8060 t, 912.Cloro ...... . 2,4400 2,2470 Ossido di carbonio . . 0,967 5 0,58041 » (protoj d’azoto . 1,5250 0,55271 » (bi) ideili . t ,0399 0,967 21 ■ (a) Poco diflerenti erano i valori dei pesi specifici dei detti gas precedentemente evienimi;,]i da Dmnas e iìoussinganlt, cioè per Ta/.oto 0,972, per Possigeno 1,1057, per P idrogeno 0,0993. e per Pacido carbonico 1,529. 109 CAPO SECOLO Vapori di Cloruro silicico . . . 5,880 Àcido acetico .... 2,770 » stannico . . . 9,200 • ar.seuioso . • . 13,850 1 » titanico . . . 6,836 » azotico quadridrico 1,270 ^Essenza di trementina . 4,6798 • benzoico .... 4,270 Etere acetico . . . . 3,040 > ipoazolico . . . 1,720 » bromidrico . . . 3,7316 Acqua. 0,621 » cianidrico . . . 1,9021 Alcool. 1,589 » clorìdrico . . . 2,235 Arsenico.. ! 0,600 » sollìdrico. . . . 3,138 Benzina.. 2,6913 » solforico . . . . 2,5563 Bromo ...... Iodio. Canfora. 5,168 Liquido degli Olandesi . 3,450 Cloroformio. 5,300 Mercurio ..... Cloruro arsenioso . . . 6,251 Solfo. « mcrcurioso • . 8,350 Solfuro carbonico . . . 2,6325 » mercurico • . . 9,SCO » mercurico • . . 5,500 » fosforoso . . . 4,7415 Spirito di legno . . . 1,120(0) 68. Ln supei'ficie di un qualunque corpo, immerso in un fluido aeriforme, risente da questo una pressione, la cui risultante è diretta verticalmente dal basso all’insù, ed equivalente al peso di un volume di tal fluido eguale al volume del corpo (58). Qualora il peso del corpo sia minore del valore di detta pressione, ne risulterà una forza sollecitante il corpo a muoversi nel verso opposto a quello voluto dalla gravità operante su di esso, e la grandezza di tal forza equivarrà alla differenza dei menzionati due pesi. Da qui l’invenzione degli aerostati, presagita dal Lana (1670), e compita poi dai fratelli Montgolfier (1783) coll’uso dell’aria rarefatta dal calore, e dal Charles col gas idrogeno (*). (а) In questo quadro dei pesi specifici de'fluidi aeiiforml ci siamo attenuti di preferenza alle densità esposte da Kegnault nelle sue recentissime indagini sui caloii fpt'cilici dei gas e dei vapori. (б) Altezze sul livello del mare raggiunte da alcuni aeronauti: Lunardi a Napoli il 15 settembre 1789 .... metri 7f>38 Gay-Lnssac a Parigi il 16 settembre 1804 . . . « 7016 Andreoli a Milano il 18 ottobre 1807 .... ** 7925 AndreoU e Brioschi a Padova il 22 agosto 1808 - * 8265 Barrai e Bixio a Parigi il 27 luglio 1850 ... « 7010 trafora patte alcuni celebri viaggiatori, salendo sui monti, giunsero alle seguenti altezze: Saussure nell'agosio 1787 sul Monte Bianco ... a metri 4810 Humboldt e Bompland il 23 giugno 1802 sul Cbimborazo a >• 5910 Bouiiiogoufr il 16 dicembre 1831 sul Cbimborazo . . a r> ($ 004 aerostatici -103 Affi nell è un aerostato valga a sorreggere un carico P, stando in .o nell’aria, aver deve un raggio r che soddisfi alla seguente equazione: 3 P=i(rr*[r ( cl• d’) - 3 p ~), ove p rappresenta il peso dell’ unità di superGcie della stoffa costituente il pallone, compresavi la rete, d il peso dell’unità di volume dell’aria esterna, e d' quello del gas rinchiuso. E perchè l’aerostato abbia a salire, bisognerà dargli un raggio maggiore del valore risultante dalla precedente forinola; anzi converrà assumere un valore di poco maggiore del doppio di quest’ ultimo, affinchè, al principio della salita, il pallone possa esser gonfiato soltanto a metà del volume che presentar deve quand’è compiutamente gonfio. Soavi poi diverse altre avvertenze da usarsi nella preparazione e nell’-impiego degli aerostati. 69. La macchina pneumatica, inventala da Ottone Guer- rivhio (1650) e perfezionata successivamente da Hawksbée, Dumolier, Belli e Dell’Acqua, serve a rarefare un gas qualunque contenuto in un dato recipiente, coll’estrarnelo in gran parte, approfittando della forza elastica del gas medesimo. É ancora grazie alla forza elastica ed alla compressibilità dei gas che si può ridurre la densità di un gas entro un recipiente ad essere molto maggiore di quella corrispondente alla pressione di un atmosfera, come lo si ottiene colle macchine dette di condensazione. 70. Le trombe aspiranti, colle quali si fanno salire i liquidi entro de’ tubi, operano in virtù della pressione atmosferica. Ma per esse non si può sollevare l’acqua che a 10 metri circa (Gl) ne’ luoghi situati a ben poca altezza sul livello dei mari; mentre ne’ luoghi alcun po’ elevati non la si potrà elevare che ad altezze minori. Per esempio a d000. m sul detto livello, dove il mercurio s’alza nel tubo torricelliano a 670 millimetri, l’acqua non salirà che a circa 9. m Mercè le tabelle esposte al §61, si potrà conoscere l’altezza cui salir dovrebbe l’acqua distillata a 4.°, in opera di perfetta tromba aspirante, alle diverse altjUtdiui ivi indicale, moltiplicando Mail, di Fisica 8 104 CAPO SECONDO per 13,596 (peso specifico del mercurio a 0.°) le corrispon» denti altezze barometriche. Ma in pratica, per diverse circo* stanze, anche le migliori trombe aspiranti non valgono a sol* levare l’acqua se non ad altezze minori di 1/25 ad 1/30 delle altezze teoriche cosi computate. 71. Sui principi di idrostatica e di aerostatica sin qui esposti riposa la costruzione e l’uso di diverse altre macchine: le trombe prementi, le trombe composte, le fontane di compressione, la fontana di Erotte, le fontane intermittenti, i si* foni, i gasometri, il fucile ad aria, il vaso di Mariotte, e le locomotive a pressione d’aria. 72. Anche Vaerodinamica, che ricerca le leggi del moto dei fluidi aeriformi, abbisogna, non meno dell’idror.amica, il sussidio del calcolo superiore (60). Oltre di cbe coi gas rie* scono assai più difficili che coi liquidi gli sperimenti, sia perchè a render visibili i loro moti vuoisi far uso di complicati apparecchi, sia perchè subiscono notevoli mutamenti di volume, e quindi di forza espansiva, per ben piccole variazioni nella temperatura o nella pressione. Epperò lo studio di questo ramo di scienza trascende i mezzi della fisica elementare. CRISTALLIZZAZIONE 105 CAPO TERZO. AZIONI MOLECOLARI. 73. Le forze molecolari accennate nel parlare delle proprietà generali dei corpi (38), voglionsi ora prendere in ispe* eiale considerazione, coll’ esaminare que’ diversi ordini di fenomeni, che pia strettamente dipendono dall’ operare di coleste forze ne’ corpi. E primamente, volendo studiare rinfluenza della forza di orientazione, ciré è caratteristica della costituzione de’corpi solidi, convien investigare la formazione di quei solidi che ci presentano figure regolari. 74. Ogniqualvolta uno di que’corpi inorganici, che nelle ordinarie condizioni di temperatura si tengono iivistato solido, abbia le sue molecole ridotte allo stato fluido, per opera del calore odi un solvente, e vengali di poi a scemare tra esse le rispettive distanze, diminuendosi l’intensità del calore o la quantità del veicolo, le molecole stesse si aggrupperanno per modo da formare dei poliedri, ossia dei solidi terminati da facce piane, ed aventi particolari proprietà: son detti cristalli , perchè nel maggior numero dei casi sono consistenti e translucidi come il ghiaccio, che in greco nominasi x.ov7txxko;. E chiamasi cristallizzazione Patto o l’operazione per cui le molecole d’un corpo s’aggregano formando de’cristalli. Questi sono prodotti tanto dalla natura quanto dall’ arte. Artificialmente si ottengono per diversi modi, cioè per fusione, per sublimazione e per soluzione; meritano pure rimarco i processi immaginati da Sénarmont, da Ebelmen e da Becquerel per avere de’minerali cristallizzali analoghi a quelli che si risconti ano nei filoni e nelle rocce, ed il processo 106 CAPO TERZO rii Leblanc per nutrire ossia per accrescere il volume dei cristalli già formati. Parecchie sostanze organiche si prestano alla cristallizzazione; sono però tra quelle di meno complessa costituzione, ossia di poco innoltrata organizzazione. ÌN'ei cristalli si chiamano assi le rette congiungenii i centri di due facce opposte, oppure i vertici di due angoli solidi opposti, oppur anco i punti di mezzo di due spigoli opposti. Un corpo cristallizzato, qnand’ è compito ed isolalo, presenta alcune notevoli proprietà: le facce piane dalle quali esso è limitato sono parallele due a due, ossia a ciascuna ne corrisponde un’altra ad essa parallela; le diverse facce sono disposte simmetricamente, sia tulle insieme, sia per parti, rispetto ad un asse; tanto gli angoli solidi quanto gli angoli diedri sono salienti e non mai rientranti ; in fine esso presenta in alcune direzioni dei piani di facile separazione, detti piani di clivii(j- tjiOj per cui è dato dividerlo in più parti, ciascuna delle quali è un poliedro. Chiamasi però clivaggio anche l’operazione con cui s’ ottiene la divisione dei cristalli secondo le loro naturali giunture, la quale può effettuarsi e con mezzi meccanici e per via umida. Quanto ai piani di clivaggio vuoisi notare, che nei singoli cristalli d’una data sostanza sono essi similmente disposti, formando degli angoli costanti tra loro e colle facce de’ cristalli; e che ove se ne diano in tre diverse direzioni danno luogo alla produzione d’nn solido detto di clivaggio, il quale ha una forma costante, presentando una figura simile con angoli diedri e solidi eguali, sia ne’ varii solidi tratti da mi medesimo cristallo, sia in quelli ottenuti dadiversi individui d’una stessa specie minerale, quantunque questi abbiano figure esterne tra loro differenti : nel qual caso si dicono figure ■secondarie quelle dei cristalli, e figura primitiva quella dei solidi di clivaggio, dalla quale per semplici costruzioni geometriche è facile derivare le singole forme secondarie. Le varie specie minerali cristalline si classificano sotto diversi sistemi cristallini , in ciascuno dei quali si raccolgono le differenti figure primitive che derivano da un simile sistema CRISTALIZZAZIONE 407 di assi, tenendosi conto delle rispettive inclinazioni e lunghezze di questi. Ecco, ad esempio, la classificazione data da Dii- frenov: Sistemi cristallini. \.° Tre assi tra loro perpendicolari e di egual lunghezza . . . 2.° Tre assi tra loro perpendicolari, due soli eguali. S.” Tre assi tra loro perpendicolari, tulli diseguali. 4. ° Tre assi tra loro obbliqui, ma di egual lunghezza . . . 5. ° Tre assi tra loro obliqui, due soli eguali. «.° Tre assi tra loro obliqui, tutti diseguali. Figure tipiche corrispondenti. ^ Cubo. | Prisma retto a base quadrata. ^ Prisma retto a base rettangolare. Romboedro. S Prisma obliquo romboidale ò simmetrico. | Prisma obliquo non simmetrico. Nella derivazione delle figure secondarie dalla primitiva in ciascuna specie si verifica la così detta leqqe di simmetria , per cui in ogni singolo cristallo le parti della medesima specie ricevono tutte una medesima modificazione, mentre le parti di specie differente si modificano isolatamente o diversamente. Tra le modificazioni si annoverano le troncature, ld ugnature e le smussature. Accade una troncatura quando ad uno spigolo diedro o ad un angolo solido vien sostituita una faccetta piana; una nqnalnra (biseau de’francesi) quando ad uno spigolo o ad una faccia si sostituiscono due faccette tra loro inclinate; ed una smussatura (pointement) quando una faccia è sostituita da più di due faccette che si tagliano in un punto, e quando ad un angolo solido ne è sostituito un altro più ottuso: in questi varii casi si dicono facce dominanti del cristallo quelle che appartengono alla figura primitiva, e facce secondarie quelle prodotte dalle modificazioni. Alcune sostanze minerali, chimicamente identiche, cristallizzano sotto figure appartenenti a due o più sistemi differenti, onde si dicono dimorfe o polimorfe. E per converso son delti isomorfi quei corpi che, essendo costituiti da materie differenti, cristallizzano sotto figure identiche, ossia ► 108 CAPO TEK7.0 simili quanto al numero ed alla figura delle facce ed eguali quanto alle rispettive misure degli angoli diedri e solidi. In generale si osserva che i corpi iliorganici, aventi una costituzione analoga quanto al numero dei componenti « dei rispettivi loro equivalenti chimici, presentano figure appartenenti ad un medesimo sistema cristallino. Sono importanti su questi riguardi le osservazioni di Milseherlich. Molte circostanze influiscono a far variare le figure secondarie de’cristalli d’una data sostanza,- come, ad esempio, la quantità, qualità e temperatura del solvente, la positura dei cristallo nell’atto di formarsi, la pressione, le materie commiste, il calore e l’acqua di cristallizzazione. Per intendere la derivazione fisica delle forme secondarie dalle figure primitive giovano la teoria dei decrescimenti molecolari proposta da Hauy, ed alcune ipotesi di Wollaston, di Ampère, di Pei'soz e di Yoltz su! modo di aggruppamento delle molecole elementari, per costituire ie varie figure delle molecole integranti dei cristalli, ovvero dei loro solidi di clivaggio. Il peso specifico d’una data sostanza cristallizzata varia secondo il volume e la figura dei singoli individui: in generale è maggiore ne’ piccoli cristalli che ne’grandi, ed è maggiore in quelli regolarmente cristallizzati a fronte di quelli che non lo sono regolarmente o die sono amorfi. Ecco alcuni esempi dati da Beudant: Solfato di calce idrato Non cristallizzato, fibroso 2,292) » » lamellare 2,3089 Crossi cristalli irregolari 2,3418 compatto noncristallizzato 2,3143 Crossi cristalli limpidi, regolari. 2,3242 Piccoli cristalli regolari 2,3257 Bidoni iti polvere . . 2,332 Quarzo fibroso e granulare . 2,6383 Detto in grossi cristalli 2,6532 Detto in piccoli cristalli 2,6541 Carbonato di calce ( spalo islandico) Non cristallizzato, lamellare, fibroso o compatto . . 2,7065 Porzioni di grossi cristalli 2,7121 Cristallo romboedro, formalo di piccoli cristalli irregolarmente disposti . . 2,7131 Idem disposti regolarmente 2,7138 Cristallo romboedro limpido ed omogeneo .... 2,7213 Piccoli cristalli prismatici . 2,7226 » « romboedrici 2,7232 In polvere fina .... 2,723 Arragonite in polvere . . 2,9466 COESIONE NEI SOLIDI 409 75. La coesione è quella proprietà de’ corpi omogenei per ■coi le loro molecole tendono a star unite tra loro : e dicesi anche coerenza quella forza che produce ne’corpi omogenei siffatta tendenza. Nei solidi la coesione è assai più distinta che nei liquidi, grazie alla sensibile resistenza che i primi oppongono al disgìungimento delle loro parti: in essi la forza di coerenza sembra effetto insieme delle forze attrattive e di quelle di orientazione. Però nei solidi la coerenza manifesta una diversa intensità, secondo i varii modi coi quali si può mettere in opera o cimentare la coesione; e quindi si distinguono nei solidi diverse proprietà appunto dipendenti dalla coesione, cioè la tenacità, la consistenza, la durezza, la saldezza e la rigidità, d’ognuna delle quali convien dire in particolare. La tenacità accenna la resistenza opposta dai solidi alle forze che tendono a romperli, stirandoli dirittamente senza torcerli nè piegarli. Per istituire un confronto fra la tenacità dei diversi corpi si tien conto del loro limite di tenacità, ossia si determina la massima forza distraente cui ponno reggere senza rompersi, riferita questa ad ogni unità di superficie della loro sezione trasversale: comunemente per questa misura suolsi assumere il numero di chilogrammi che può sostenersi innanzi di spezzarsi da un filo cilindrico d’ un millimetro quadrato di sezione. In una medesima sostanza però il limite di tenacità varia colla figura e dimensione della sezione, coi lavori meccanici e fisici che ne modificano la densità, colla durata ed intensità delle trazioni, e eolia temperatura. In generale può dirsi che i corpi cilindrici resistono più dei prismatici a pari sezione; i cilindri cavi più dei pieni a pari quantità di materia per ogni unità di lunghezza; i fili e le verghe sottili più delle grosse, riferendo la tenacità ad ogni unità di sezione; i lavori che accrescono la densità e la rigidità aumentano pure la tenacità, mentre il ricuocimenlo la diminuisce notabilmente nei metalli. Ecco un quadro del limite di tenacità determinato da Guyton-Morveau in diversi metalli, preparati IH) CAPO TERZO in istato di purezza e ridotti in fili colla filiera, epperò attuiamo incruditi dalla compressione: Ferro . Rame . Platino Argento Cilil. 79,5 . » 43,7 . » 39,7 . » 27,0 Oro. . Zinco . Niccolo Cadmio chil. 21,7 . » 15,S . » 15,2 . » 6,52 B, Stagno Idem Piombo Idem Chil. 5,0 . » 2,55 B. . ■ 1)8 . » 2,33 B. Secondo Wollaston, la tenacità dei fili di platino e di oro sarebbe rispettivamente 59/60 e 5/6 di quella del ferro. Reco i risultati di altri sperimentatori su diverse sostanze: Acciajo affatto stemperato .... chìt. 93,62 R. • durissimo.» 59,83 T. • ricotto al giallo paglia . . . . • 80,95 T. Ferro in filo.» 50 a 84 D. » in verghe.» 30 a 50 M, e I>. » laminato.» 36 a 41 N. Ferraccia o ghisa.» 7 a l i M. e D. Rame in filo ed in verga . . . . . . • 45 a 70 M. e D. » ricotto.» 21 a 25 M. e D. » battuto.» 25 lì. » fuso.» 13 R. » laminato.» 21 N. Ottone in filo.» 40 a 70 D. » fuso.» 13 R. Bronzo da cannone.» 18 a 23 M. e B. Piombo laminato.• 1,35 N. Bismuto fuso.» 2,20 M. Antimonio fuso.• 0,74 M. Vetro in tubo od in verga.» 2,5 N. Marmo bianco.» 1,27 T. Legno di bosso.» 14,0 » frassino.• 12,0 » abete.» 9,0 » faggio. 8,0 » quercia.• 7,0 Fili di lino semplicemente riuniti ...» 13,5 M. Crini di cavallo. 8,4 M. Capelli umani.• 14,1 M. COESIONE NEI SOLIDI m Fili grossi di ragno.etiti. 48,2 M. • semplici di seta.» 39,0 M, Corde d’intestini grosse.» 43,6 M. » » sottili.» 27,5 M. Funi di canape coll’accorciamento di 1J3 • 5,2 Dii. Avorio.» 41,8 M. Osso di balena.» 5,4 M. Cuojo di bue. * 3,8 M. (a) La consistenza ne’ corpi solidi corrisponde alla loro resistenza alla compressione. Dicesi poi malleabilità la loro arrendevolezza alla compressione mediante la percossa, e duttilità la loro arrendevolezza alla compressione operata da forze continue, come accade col laminatoio e colla trafila. Però i corpi più malleabili non sono d’ordinario anco i più duttili, come si scorge dal seguente confronto. — Ordine dei metalli malleabili alle temperature ordinarie: Piombo, stagno, oro, zinco, argento, rame, platino, ferroj col variare notevolmente la temperatura, varia pure in molti di questi metalli la malleabilità.— Ordine dei metalli duttili al laminatoio: oro, argento, rame, stagno, piombo, zinco, platino, ferro. — Ordine dei metalli duttili alla filiera: platino, argento,ferro, rame, oro, zinco, stagno, piombo. Chiamasi mollezza l’attitudine che presentano alcuni solidi a lasciarsi modificare permanentemente nella figura dalle forze comprimenti. La durezza in un solido esprime la resisfenza all* intaccamento, ossia al lasciarsi staccare delle minute parti dalla sua superficie. Mohs stabilì la seguente scala per indicare i gradi di durezza nei minerali, in cui ciascuno scalfisce i precedenti ed è scalino dai susseguenti: 1. Talco lamelloso. 2. Solfalo di calce naturale cristallino (gesso). (a) Le suesposte iniziali corrispondono ai nomi degli sperimentatori come segue: B. Baudrimont; D. Dufourj Dii. Duhamel; M. Mussclieubioecti M. e D. Minante Desonues; N. Navier, R. Renine^ T. Tredgold. i J SJ ‘CAPO TEKZO 3. Carbonato di calce cristallino (spato blandito). 4. Fluoruro di calcio (spato finn re). 5. Solfato di calce naturale (apatite). fi. Feldspato lamelloso (specie ortoclaso). 7. Quarzo jalino (cristallo di rocca). 8. Topazzo. 9. Corindone e Rubino. 40. Diamante. L’aceiajo temperato ha nna durezza compresa tra il 5 ed il 6; il vetro s’approssima al 5; il solfo al 2, ed il ghiaccio tra 1 ed 1,5. Varia poi in un doto corpo la durezza colla ve* locità con cui è mosso il corpo intaccante, e eoli’ angolo che questo forma colla faccia del corpo intaccalo. Nei corpi cristallizzati Fraukenheim, sperimentando la durezza relativa nelle diverse facce d'un medesimo cristallo, nelle linee di diversa direzione su la stessa faccia, ed in opposti versi su la medesima linea, trovò la minima durezza nelle facce parallele alle giunture naturali del cristallo, nella linea perpendicolare all’ intersezione di ciascuna faccia colla giuntura principale, e su questa nel verso in cui il corpo solcante va dai- l’angolo diedro ottuso all’ angolo diedro acuto della intersezione medesima. La saldezza indica la resistenza dei solidi ai rompersi per urto, percossa o compressione. Se i corpi nel frangersi rulli* consi in pezzi di qualche volume ed angolosi, diconsi fragili; che se riduconsi in minuti frammenti, diconsi friabili. — La rigidità od inflessibilità accenna la resistenza opposta dai solidi all’ essere piegati. Sonovi talune operazioni fisiche, che modificano notevolmente le dette proprietà in alcuni solidi, tali sono: la tempera , la ricottura e l’incrudimento. La tempera è quell’ operazione colla quale un corpo, scaldalo prima ad alta temperie, è sottoposto ad un pronto raffreddamento: nell’ acciojo maggiore è la tempra quanl’ è più elevata la temperatura cui lo si adduce dapprima, e questa riesce crescente colla seguente ELASTICITÀ NEI SOLIDI 113 ■ficaia di colori: rosso bruno, rosso ciliegia, rosso vivace, rosso roseo, rosso bianco. La ricotture è quell’operazione colla quale un solido, scaldato ad una certa temperatura, vien fatto di poi raffreddare con lentezza: l’acciajo, già temperato, è ridotto a minor durezza e rigidità col ricuocerlo alle diverse temperature crescenti indicate da quest’ordine di colori: azzurro violaceo, purpureo, giallo dorato, giallo paglierino. L’ incrudimento ( écrouissage de’ francesi ) aceenna a quello stato di rigidità ed elasticità che acquistano i metalli col lavorarli al martello, al laminatoio ed alla filiera. 76. Già si è detto (36) che s’intenda per elasticità in generale. Ma itei solidi si distinguono varie specie di elasticità, secondo il modo con cui la sì inette in opera, eioè con la distensione o trazione, eon la percussione o compressione, colla flessione, o con la torsione. L’elasticità alt 1 allungamento si manifesta quando un corpo è stil ato longitudinalmente da forze distraenti, operanti in contrario verso ; per essa resiste loro, ed allorché cessano d’agire, il corpo tende a ripigliare la pristina minor lunghezza. Per questo riguardo dicesi più elastico quel corpo che sotto una data lunghezza ed una data trazione presenta un maggior allungamento. Per determinare con precisione gli allungamenti nei fili metallici si adopera il catetometro a cannocchiale. Chiamasi limite di elasticità la massima trazione cui può reggere un solido cilindrico di un millimetro quadrato di sezione senza presentare di poi un allungamento permanente. Nei metalli ritiensi che un tal limile corrisponda prossimamente ad 1/3 del limile della rispettiva loro tenacità. Ove non si oltrepassi il limite di elasticità, i fili metallici o di intestini presentano queste leggi: sono perfettamente elastici, riprendendo giustamente la prima lunghezza al cessare della trazione; e nei fili di una data materia, rallungamento transitorio è direttamente proporzionale alla forza di trazione ed alla lunghezza del filo, ed è inversamente proporzionale al suo diametro. Queste leggi ricevettero qualche modificazione dietro ili CAPO TER TO' }e osservazioni di Gerstner. Nell’ allungarsi i solidi aumentano’ di volume, e si raffreddano. Ad esprimere poi la forza con Ciri i diversi solidi resistono all’ allungamento per trazione od all’accorciamento per compressione si valgono alcuni fìsici del modulo d*elasticità, cioè del peso necessario ad allungare per trazione o ad accorciare per compressione di una quantità eguale alla sua lunghezza primitiva una verga di una data sostanza, avente la sezione trasversale corrispondente all’unità superficiale. Ma poiché questo modulo esprime un peso ipotetico, che si computa col supporre gli allungamenti ed accorciamenti sempre proporzionali alle successive addizioni di peso, ancor dopo la rottura, altri tisici per valutare la detta forza assumono il coefficiente di elasticità j cioè il peso necessario ad allungare o ad accorciare d’una diecimillesima parte della propria lunghezza una verga d’un millimetro quadrato di sezione. 1/nllongameino poi che un corpo può presentare innanzi di subire un’alterazione permanente, ossia il rapporto fra il limite d’elasticità di un eorpo ed il di lui coefficiente d’elasticità, riferito alla sua lunghezza primitiva, rappresenta l ’estensibilità del medesimo. Tredgold ebbe i seguenti risultati: Limite di elasticità Coefficiente s . Ghiaccio . . . iil. 0,870 L. . 0,7247 K. • 0.820 L. e 0'232 L. « 0,723 Ch. . 0,940 C. e S. » 0,5993 S, • 0,5234 S. ■'«) • 0,1510 Ba. » 0,1688 D. . 0,1029 D. » 0,0934 Ba. » 0,058 Be. (6) Molto importanti sono le recenti osservazioni di Wertheini circa l’influenza dei lavori meccanici, della temperatura e della durata ed intensità della trazione nel far variare il coefficiente d’ elasticità nei metalli: più innanzi daremo i valori numerici da esso ottenuti. ìi elasticità alla pressione o percussione corrisponde a quella alla distensione, tranne che è provocata da una forza esterna operante in senso contrario: nell’un caso, collo scemare la distanza delie molecole, si manifesta crescente più rapidamente l’intensità delle forze repulsive che quella delle attrattive; laddove coll’ aumentare le distanze molecolari scemano d’intensità meno rapidamente le forze attrattive che le ripulsive. iMell’ atto della compressione il corpo elastico si riscalda. Sono interessanti su quest’ argomento le osservazioni diDulau, Pictet, Weber, Gauss e Murili. li’ elasticità alla flessione si manifesta nelle lamine piane e nelle verghe diritte quando, fissate stabilmente ad un estremo, applicando all’ altro estremo una forza diretta perpeudi- (u) Pel vetro veggansi innanzi i risultali di AVeriheìm. {ti) Ba. lìarlow : He. Bevati; Ch. Ghiaini : C. e S. Colladon e Sturiti : I). Dupiu; H. lùipjtfer; L. Lngherhielin; S. Sa rari. 116 CAPO terzo eolarmente alla loro lunghezza che le incurvi, tendono a raddrizzarsi; oppure quando su lamine o verghe curve s’ agisce- in modo di raddrizzarle od incurvarle maggiormente, ed esse tendono a riprendere la prima curvatura. Nella meccanico astratta si dimostra, che ove una lamina incastrata per un estremo sia orizzontale e gravala da un peso all’altro estremo, ed ove questo non lo faccia scostare di molto dalla direzione orizzontale, la quantità di cui essa si piegherà, ossia la sua flessione, sarà in ragione composta diretta del peso applicato e del cubo della distanza del punto d’applicazione di questo dal punto d r incastramento, ed inversa del quadrato dello spessore della lamina e dell’area della di lei sezione trasversale ; che se questa fosse un quadrato, la flessione, poste le altre cose pari, sarebbe in ragione inversa della quarta potenza del lato. Kuppfer recentemente istituì esatte esperienze su le circostanze che modificano l’elasticità alto flessione nei metalli. U elasticità alla torsione si manifesta ogniqualvolta un filo- od un sottil cilindro vien obbligato da una forza esteriore a ridurre in linee spirali quelle file di molecole che prima eran disposte in linee parallele all’ asse, ed in virtù della quale forza di elasticità esse reagiscono contro la forza modificante e tendono a rimettersi nella primitiva disposizione rettilinea- Pertanto quest’elasticità, come quella alla flessione, è l’effetto non solo delle forze ripulsive che si spiegano tra le molecole avvicinate e delle forze attrattive che operano tra le molecole discoslate, ma benanco delle forze di orientazione- che sorgono efficaci tra le molecole spostate. Coulomb, mercé la bilancia di torsione, verificò le seguenti leggi,che si dimostrano nella meccanica astratta: finché la torsione è tale da non produrre un’ alterazione permanente nel filo, la reazione alla torsione, ossia la forza di detorsione, per dei fili d’ una data materia, riesce direttamente proporzionale all’angolo di torsione ed alla quarta potenza del rispettivo loro diametro, ed inversamente proporzionale alla loro lunghezza; e si ELASTICITi NEr sotror M7 mostra indipendente dal peso tendente il filo : nei fili di na- tura diversa, poste pari tutte 1’altre circostanze, varia la detta forza in relazione ai coefficienti d’elasticità delle rispettive materie. Isolidi elastiei, al cessare delle fòrze esterne d’inflessione o di torsione, non si tranquillizzano subitamente, fissandosi nella posizione in etti le forze molecolari riescano tra loro mutuamente equilibrate, ma compiono dapprima un certo numero di vibrazioni, cioè le loro molecole oltrepassano alternativamente in opposti sensi la posizione d’equilibrio, sino- a cbe la quantità di moto loro impressa dalle forze modificanti, e che per inerzia tenderebbero a conservare indefinitamente, non siasi-interamente trasmessa ai corpi circostanti. Nel caso della elasticità di torsione, quando 1’ ampiezza delle oscillazioni non ecceda un picco! numero di gradi, le oscillazioni riescono sensibilmente isocrone, eioèd’egua! durata: inoltre le durale delle oscillazioni risultano direttamente proporzionali alle radici quadrate delle lunghezze dei fili e dei pesi che li tendono, ed inversamente proporzionali ai quadrati dei diametri dei fili. Poiché allungando e specialmente assottigliando i fili, la forza d’elasticità alla torsione può ridursi quanto piccola si vuole, vien essa adoperata a misurare delle forze minime. Il valore del coefficiente d’ elasticità delle singole materie può dedursi tanto sperimentando la loro elasticità alla flessione, quanto la loro elasticità alia torsione, ed in ogni modo riesce sensibilmente corrispondente a quello dedotto collo sperimentare l’elasticità all’allungamento. Ora possiamo esporre i risultati ottenuti da Wertheim. 1P8 TIATO TERZO Coefficiente d'elasticità dedotto Peso dalle vibrazioni dagli a/tun specìfico ,1 gamenli da 15° a 20° longitudinali i f:i eredi da 15° a 20° Piombo fuso . li,215 0,19934 0,19862 0,17750 • stirato . 11,169 0,22780 0,17810 0,18030 » ricotto . 11,232 0,21460 0,18542 0,17275 Stagno stirato. 7,313 0,40060 0,38397 » ricotto. 7,290 0,44180 0,37034 Cadmio stiralo. 8,665 0,60903 0,54240 » ricotto . 8,520 0,42410 0,53130 Argento stirato. 10,369 0,75760 0,78204 0,73577 » ricotto. 10,304 0,72420 0,75330 0,71405 Oro stirato . . . . . 18,514 0,85990 0,86446 0,81315 ■ ricotto . 18,035 0,63723 0,59890 0,55846 Zinco distillato versato nella sabbia . . . 7,134 0,75360 0,67780 idem nella forma . . . 7,146 0,93380 0,94230 0,90210 Zinco ordinario stirato . 7,008 0,95550 0,87936 0,87345 Palladio stirato . 11,350 1,2395 1,1759 • ricotto . 11,225 1,1281 0,9789 lìame stirato . 8,933 1,2536 1,2513 1,2419 » ricotto . 8,936 1,2540 1,1833 1,0519 Platino filo sottile stirato 21,166 1,6176 1.5928 » » ricotto 20,753 1,4292 1,4373 » medio stiralo 21,275 1,7165 1,7153 1,7044 » » ricotto 21,083 1,5611 1,5335 1,5518 » grosso stirato 21,259 1,6159 1,5814 ■■ » ricotto 21,207 1,5560 1,5683 Pilo di ferro ordinario. . 7,553 1,8613 l'ilo d’acciajo ordinario ricotto all’azzurro 7,420 1,8045 idem inglese stirato . . 7,718 1,9445 2,0714 1,8809 • » ricotto . . 7,622 1,9200 2,1070 1,7278 Acciajo fuso stirato. . . . 7,717 1,9823 1,8247 1,9549 • ricotto. . . . 7,719 1,982'S 1,8811 1,9561 Ferro del Perry stirato . 7,748 1,9903 1,8547 2,0869 » • ricotto. 7,757 •1,9925 1,9110 2,0794 ELASTICITÀ TSE-I SOLIDI 119 Coefficienti d 3 elasticità de 3 diuersì metalli ricolti 3 determinali sollo differenti temperature. a - 15° , a 10° . da 15° a 20^ a 100° a 200° Piombo. 0,1728 0,1630 Oro. 0,5585 0,5408 0,54825 Argento ........ 0,7 8130 0,7411 0,7141 0,7247 0,6374 Ottone. 0,9782 0,9005 Palladio. .. 1,0659 1,0289 0,9789 Rame. 1,3052 1,2200 1,0519 0,9827 0,7862 Platino filo medio . . . 1,622L 1,5647 1,5518 1,4178 1,2964 Filo d’acciajo ordina- rio all’ azzurro.... 1,7690 1,8045 1,8045 1,8977 Filo di ferro ordinario. 1,7743 1,8613 1,8613 1,9995 Filo d’acciajo inglese . 1,7278 2,1292 1,927S Acciajo fuso. 1,9561 1,9014 1,7926 Ferro del lierry .... 2,0794 2,1877 1,7700 Tenacità Coefficiente d’elasticità dedotto dalle vibrazioniIdagli allungamenti Vetro in lastre.. . 1,763 0,7917 » da specchi (medio). . 1,400 0,7015 » » (minimo). 0,6844 0,6183 » da recipienti,ordinario 0,7165 0,6722 • • fino . . . 0,6892 0,6040 » » limpido. 1,002 0,6890 » • violaceo 0,7080 0,5000 Cristallo bianco e colorato. 0,665 0,5477 Dall'esposto al § 75, e dalla Cabrila a pag, 118, s! rileva che i diversi lavori meccanici e fisici, cui si assoggettano I metalli, modificano in essi notevolmente la densità, ossia il loro peso specifico, e quindi il loro limite di tenacità ed il loro coefficiente d’elasticità. Però tali variazioni dì densità in alcuni metalli riescono assai più sentile che in altri, come si scorge dai seguenti valori de’ pesi specifici di diversi metalli, presi in istmo di massima purezza ed alla temperatt)- J'a 0.° (Yeggasi anche la tabella a pag. 72). * SJan. di Fisica CAPO TERZO J2D Platino fuso.* 9 , 5-00 » battuto a martello 20,3366 » stirato colla lìbera, 2 i , 041.7 » laminalo. 22,0690 » » incrudito.23,000 Oro puro fuso. . . . -19,2581 » » .battuto . . . 19,3617 » da monete fuso . . 17,4022 » » coniato . 17,6473 Palladio fuso. 11,300 » laminato . . . 11,800 Argento puro fuso- . . 10,4743 » » battuto . 10,5107 » da monete fuso 10,0476 » » coniato io’i077 Bismuto fuso .... 9,822 » battuto,,. . . 9,ss3 Rame fuso.$,78S0 » in filo .... 8,8785 Rame laminato e battuto 9,000 Ottone fuso. 8,3950 » in (ilo .... 8,544-t Cadmio fuso .... 8,604 » battuto . . . 8,694 Niccolo fuso .... 8,279 » battuto . . . 8,666 Acciaio non temperato nè battuto 7,8331 » » ma battuto 7,8404. » temperato non battuto 7,8463 » « battuto . 7,8180 Ferro puro fuso. . . . 7,600 » battuto in verghe 7,788 Stagno di Malaca fuso . 7,2963 » » battuto 7.3065 » di Cornouailles fuso 7,2914. » » battuto 7,2994. 77. Dietro alcune celebri esperienze degli Accademici del Cimento crasi conchiuso che l’acqua., ed in genere i liquidi non subissero sensibili diminuzioni di volume per forze prementi pur molto valide. Ma Canto» nel 1761, e poi Oersted nel 1823, Colladon e Sturm, e Galy-Cnzalat nel 1827, ed in quest’ultimi anni Aimé, {legnatili, Wertheim e Grassi, spe-- rimentando con ogni cautela e con differenti mezzi, giunsero non solo a porre fuor di dubbio la compressibilità dei liquidi (34), ma benanco a scoprire le principali leggi della compressibilità medesima. Chiamasi coefficiente della com - pressione reale , o semplicemente compressibilità di un liquido, la diminuzione di volume che subisce ogni unità di volume dello stesso liquido, iti virtù d’un aumento nella pressione corrispondente ad lina atmosfera (61), mantenuto però a temperatura costante, e tenuto conto della (limimi-- zione di capacità, clte prova il recipiente per un egnal mi*, mento nella pressione esercitata tanto su la superfìcie intenta quanto su la superfìcie esterna di esso. Secondo Wertheim la-, capacità del recipiente sotto un aumento di pressione cuci ir- COMPRESSIBILITÀ DEIUQUIDI i 2 £ spondente ad n volte la pressione p , che si prende per unità delle pressioni, diventa c (1 — 3 Sn), c essendo In capacità eli’esso presenta innanzi di sopportare tale pressione, e à la contrazione provata da un cilindro della medesima sostanza, preso sotto T unità di lunghezza, e gravato ai suoi estremi della pressione p per ogni unità di superficie della sua .sezione trasversale. Ecco alcuni dei risultati avuti da Grassi, sperimentando col piezometro di Eegnault, ai quali aggiungiamo quelli trovati col calcolo da Wertheim , deducendo la compressibilità d’ un liquido dalla velocità di propagazione del suono nel liquido stesso, dietro una relazione che si accennerà più avanti. Il coefficiente della compressibilità vieti espresso in milionesime parti del volume presentato dal liquido innanzi di subire l’aumento della pressione. Mercurio. Acqua distillata e priva d’aria della Senna Etere solforico » t Alcooie villico . » t » Spirilo pirolignico (dorofono io . . » TempeDensità Piés- Compiesratura sione si!,iii-à 0%0 13,59593 2,951 0,0 0,99988 50,283 1,5 0,99993 ■ 51,502 4,0 1,0000 49,887 10,8 0,99964 48,034 18,0 0,99861 46,259 34,5 0,99448 45,300 43,0 0,99114 44,164 53,3 0,98673 44,101 15.0 0,9996 49,1 \V. 30,0 0,9963 43,3 W. 50,0 0,9893 37,5 W. 0,0 0,7377 3,408- 111,553 0,0 7,820 130,912 14,0 4,5S0 140,243 13,8 $,362 152,710 0,0 0,7529 100,2 W. 7,3 0,81 a 0° 2,302 82,8384 7,3 9,450 85,352 13,1 1,570 90,384 23,0 0,796 94,7 W. 13,5 0,82706 91,2914- 8,5 1,5225 62,5-284- 12,0 64,8 ■122 CAPO TERZO TempeDensità Compresratura sibilità Acqua di mare artificiale . 47,5 1,0264 a 0° 43,6625 m - » . 20,0 1,0264 46,7 Cloruro calcico n. 1 . . 17,5 1,218 30,6 » » 2 . 15,8 1,417 20,583 u » 2 • . 41,3 1,329 22,9 » , . 22,5 1,432 18,1 W. Cloruro sodico n. i . . 18,5 1,1236 32,130 » a 2 . . 18,1 1,2024 25,661 » ■ » 2 . . 39,6 1,188 26,3 u , . 18,0 1,192 34,9 W. ioduro potassico . . . 15,5 1,694 26,0 Azotato sodico . . . . 18,1 1,203 .29,5 Carbonato sodico . . . 16,6 1,182 29,7 Acido solforico + 2 Ho . 13,6 * 24,2 » + 3 Ho . 14,6 25,0 » i 4 Ho . 16,5 27,1 » + 6 Ho . 14,2 28,3 + 10 Ho . 14,6 ,31,5 Dai precedenti risultati, e dall’insieme dei risultamenti ottenuti,dai succitati sperimentatori, si deduce: a) L’acqua distillata priva d’aria ha un coefficiente della compressione di poco maggiore di quello dell’ acqua contenente aria allo stalo naturale. La compressibilità sì dell’una ■che dell’ altra, a temperatura costante, è sensibilmente proporzionale alla pressione (almeno da 1 sino a 10 atmosfere ). (Joll’aumenlare la temperatura, diminuisce la .cumpressibilità dell’acqua pura ( a ); sembra però esistere un massimo di compressibilità ad lina temperatura alcun po’ inferiore a 4° C. Aumentando o diminuendo, anche bruscamente, di 10 atmosfere la pressione sull’acqua pura, non accade in essa sensibile variazione nella temperatura; b) Con altri liquidi — etere, alcool, spirito pirolignieo, cloroformio — il coefficiente delia compressione aumenta sensibilmente col crescere della pressione, e più ancora cidi’eie- (a) Secondo Macquom Ranklne la compressibilità dell' acqua sarebbe inversamente proporzionale al prodotto della di lei densità per la temperatura, contata però questa a partire dal cosi detto zero assoluto, ossia da —27-1°,6 C. COMPRESSIBILITÀ DEI LIQUIDT 123 vare la temperatura. L’ aumento nella pressione sembra in essi produrre un aumento di temperatura; e) L’ acqua che tien sciolti dei sali o degli acidi mostra una compressibilità proporzionale alla pressione. Per essa il coefficiente della compressione è sempre minore di quello dell’acqua pura, e tanto minore quant’è maggiore la quantità disciolta d’un dato sale o d’un dato acido : però non iseor» gesi alcun rapporto tra la compressibilità e la densità delle differenti soluzioni. Col crescere della temperatura, s’aumenta iti tutte la compressibilità ; d) La compressibilità del vetro e del cristallo, di che è formato il recipiente* aumenta d’ima piccola quantità col crescere della temperatura. Aggiungiamo il coefficiente della compressione per alcuni altri liquidi * secondo Coliadon e Storna, e secondo Aimè> avvertendo die le osservazioni dei primi — ove non sia indicati» altrimenti — furon eseguite alla temperatura 0.°, mentre quelle deiruUimo lo furono a i2.°, 6 C. 1 risultati vennero poi corretti per la compressibilità del vetro, secondo la citata forinola di Wertheim. Acido nitrico, densità 1,403 . . . 35,50 C.S. Acqua satura di gas ammoniaco a 20°, densità 0,9.42,90 C.S. Acido cloridrico ....... 44,85 A. Solfato sodico. 46,05 A. Acido ossalico ... 49,55 A. ■ acetico ......... 52,85 A. Etere nitrico .74,50C.S. Olio di trementina.73,ooc.S. Nafta. 77,25 A. Etere acetico. 79,30 C. S. • cloridrico. . *. 86,42C.S. Volendo confrontare la compressibilità cubica dei liquidi colla compressibilità lineare dei solidi, posto c il coefficiente della compressione di un liquido, espresso in milionesimi del volume primitivo, e c’ il peso in chilogrammi necessario a diminuire di uu diecimillesimo la lunghezza d’ un filetto cilin* 425 CAPO TERZO rìrico di lai liquido avente la sezione d’un millimetro quadra* 1 1 3 i lo, si può assumere c’~ 3,0999— ossia c’ — 78. Si è già avvertilo (65) che la legge di Boyle non esprime che approssimativamente la legge della compressibilità

004602 1,004822 1,001414 1,002724 1,003335 1,004512 1,006132 1,007725 1,012751 1,019014 1,028494 1,034763 4,045625 1,066101 1,084672 1,099450 Dall’insieme delle sue osservazioni, llegnault potè eaico- lare il seguente quadro, esprimente la relazione fra i volumi o le densità dei diversi gas e le loro forze elasliche'0 pressioni corrispondenti, presa per unità delle densità quella che ciascun d’essi assume sotto la pressione d'ima colonna di mec* miti. miti. 1939,47 2211,18 969,19 4431,14 1939,91 3989,47 969,86 7999,09 1939,91 5555,32 968,83 11168,86 1939,98 7074,96 969,79 14228,28 1940,86 9147,61 970,35 18420,96 ■4940,72 10355,85 970,57 20866,14 Azoto. 1939,17 753,46 969,S2 1505,06 1939,40 1159,42 969,18 2317,72 1939,76 2159,12 969,72 4313,58 1938,80 3037,61 970,00 6059,73 1939,84 3909.38 970,07 7799,02 1939,77 4953,99 969,93 ‘9879,56 1940,05 5957,96 970,03 11875,10 1940,51 7294,47 970,14 14535,S7 1940,06 8635,18 966,45 17254,93 1939,99 9772,99 970,10 19447,99 Aria atmosferica secca. 1939,69 738,72 969,26 1476,25 1939,88 2068,20 969,86 4125,49 1939,91 4219,05 970,64 8404,11 1941,15 6767,50 970,03 13468,33 1940,49 9332,82 970,22 18552,41 Acido carbonico. 1940,19 764,41 969,25 1518,42 1939,84 1412,70 970,28 278S,79 1939,32 2164,31 969,79 4247,28 1942.^93 3186,13 969.’90 ‘6205,75 1939,91 3807,18 970,00 735S,21 1939^10 4879,77 969,75 9331.72 1939,17 6820,07 969, S-6 1279CS74 1939,91 8395,27 969,50 15487,01 1936,00 9612,39 969,72 17453,67 426 CAPO TERZO curio alta un metro a 0.°, la qual pressione è pur presa per unità delle pressioni: Pressioni o forze elastiche Densità Idrogeno Azoto Aria Acido carbon. i 1,000000 1,000000 1,000090 1,00000 2 2,001110 1,998634 1,997828 1,98292 i •4,006856 3,991972 3,987440 3,89736 6 6,017676 5,980350 5,969748 5,74296 8 8,033944 7,9'64H2 7,945696 7,51936 10 10,056070 9,94.3590 9,916220 9,22620 12 12,084456 11,919120 11,882232 10,86324 li 14,119504 13,8.91052 13,8446X0 12,43018 16 16,161632 15,8.59712 15,804480 15,92608 18 18,211230 17,825436 17,762562 15,35148. 20 20,268720 19,788580 19,719880 16,70540 J/influenza della temperatura su la compressibilità dei diversi gas sai a accennala nel capo IV, ove si parlerà della loro dilatabilità per il calore. Avogadro, in bas - alle precedenti osservazioni di Regnault, fece alcuni importanti riflessi su la costituzione dei gas. Un gas perfetto dovrebbe presentare, appunto come vediamo nell’idrogeno, degli aumenti nella forza espansiva maggiori degli incrementi nella densità ; e ciò sino a che la densità di essA> raggiungerà quel valore, per cui incomincierà a farsi sensibile in esso l’influenza della sua tendenza alla liquefazione (nel qual caso non potrà più dirsi un gas perfetto); oltrepassando poi un tal valore, dovrebbero per opposto gl’ incrementi nella forza espansiva riuscir minori degli aumenti nella densità, come accade coll’azoto, coll’aria, ecc. Quindi la legge generale della compressibilità dei gas perfetti dovrebbe esprimetsi con tal forinola per cui sotto un certo valore molto piccolo, ma [tur finito, della densità del gas si riducesse nulla la sua forza espansiva. A questa condizione soddisfa la seguente fot*- fii-iY 5 ' 2 . linda esponenziale: a \d )~z clj. (log- d) ovvero la equivalente formola logaritmica — 1 — essendo a una quantità costante per tutti i gas sotto (log. a)* una compressibilità’ dei gas 427 data temperatura, p la pressione in metri di mercurio a U.° che misura la forza espansiva del gas, e d la densità corrispondente, presa per unità la densità dello stesso gas sotto la pressione di un metro di mercurio. Per le temperature comprese da 3 n a 10° sopra lo zero, alle quali si eseguirono lo esperienze di Kegnault, e quindi fors’anco per le ordinarie temperature, il valore di b, calcolato dietro gli sperimenti medesimi, sarebbe 0733,22, epperò 3 ~ 0,015702, 0 prossimamente 1/61. Perciò, ne’dettì limiti di temperatura, s’avrebbe pei gas perfetti - —1 ~ 0,015762 ( log. d) s . Volendo poi avere una forinola che comprenda la legge della compressibilità dei gas anche per quelle densità per cui riesce influente la detta tendenza alla liquefazione, convien aggiungere al 2 .° membro della precedente equazione un termine della forma — A ( rf-d’) 9/s , in cui rt* esprime quella densità limite alla quale comincia a farsi sensibile la detta influenza per ciascun gas, ed A un coefficiente, dipedente dalla natura d’ogni gas, e variabile però colla temperatura. Allora, oltrepassando eotesta densità d’, continuerà a crescere la forza espansiva del gas, benché in una proporzione minore, sinché raggiungerà un valor massimo, al di là del quale il gas si liqueferà : cosicché la forinola completa per ciascun gas ci fornirà i valori di p e di d per cui esso passerebbe allo stato liquido. Tra gli accennati limiti di temperatura, Avogadro, appoggiandosi alle sperienze di Kegnault, trova per l’idrogeno A — 0,00088463, d’ — 2,0; per l’azoto A — 0,0017573, d’~l,5; per l’ossigeno AzzO,003538, d’ zz 1,0; e per l’acido carbonico Azz 0,0074716, d’zz0,2a ( per quest’ultimo gas però nella forinola completa convien porre d” in luogo di dj essendo d"zz 1,0053 d). Cun tali dati si trova che la liquefazione dell’ idrogeno accader dovrebhe, quando fosse p —217, e d — 337; quella dell’azoto, quando p zz 104, d — 481, quella dell’ ossigeno accadrebbe, essendo p zz 51, e i/~ 01 ; e quella dell’acido carbonico perpz^24 (corrispondente ad atmosfere 31,6) e d zz 44. 128 CAPO TERZO I risultali sperimentali circa la liquefazione de’diversi gas si daranno nel capo IV, trattando de’ cambiamenti di stato de' carpi. Acustica.^) 79. Quando le molecole costituenti un corpo elastico, prima di rimettersi in riposo nella posizione d’ equilibrio , dalla quale furon tolte da una forza estrinseca che poi le abbandonò, compiono una serie di vibrazioni (pag. 117); quando ciascuna di tali vibrazioni si compia in un tempo brevissimo, e tutte si compiano ineguali intervalli di tempo, quantunque varii l’ampiezza della escursione delle singole molecole dalle due bande della posizione d’ equilibrio : quando queste vibrazioni, irei foro insieme, durino tm tempo non troppo breve prima di ridursi ad ampiezze insensibili; e infine quando tra il detto corpo vibrante ed il nostro organo dell’ udito esista una non interrotta serie di corpi elastici (siano poi questi solidi, liquidi od aeriformi), ne’quali vengati da quello suscitate analoghe vibrazioni, allora si eccita io noi quel parlicolar modo di sensazione, che dicesi suono. E facile dimostrare sperimentalmente la necessità di ognuna delle indicate condizioni per la produzione e percezione di ilo suono, che vi sia cioè un corpo elastico, od una parte di esso, il qual faccia delle vibrazioni ampie, rapide, isocrone, durature, e trasmettentisi per altri corpi sino all’organo dell’udito. 1 corpi molli non danno suono, e lo ammorzano ne’corpi elastici. Ove gli scuotimenti molecolari non si succedano in modo regolare, o durino pochi istanti di tempo, provocano nell’udito un altro modo di sensazione, che difesi romore. I corpi aeriformi, qualora siano molto rarefatti, poco o punto si prestano alla trasmissione delle vibrazioni sonore: all’opposto i liquidi ed i solidi elastici le trasmettono con molta intensità. (a) Da udire, dicesi acustica quel ramo della fisica che stadia le condizioni e le le.ggi dei suoni- ACUSTICA 129 Le vibrazioni sonore nell’aria atmosferica, come in ogni altro mezzo omogeneo , si diffondono in ìnfera attorno al corpo vibrante, e si propagano in ogni direzione per modo da percorrere successivamente spazj eguali in eguali tempi, benché la ■velocità nel moto delle'singole molecole che servono a trasmetterle sia variabile alternativamente in più ed in meno. Varia però la velocità del suono (ossia la distanza a cui si propagano le vibrazioni sonore in un minuto secondo dì tempo medio) nei mezzi di diversa natura. Gli Accademici del Cimento, nel 1660, determinarono pei primi in modo preciso la velocità del suono nell’ aria. E Bianconi nel 1740 avvertì aver molla influenza su tale velocità la temperatura dell’aria. Cresce questa velocità coll’aumentar della temperatura secondo il rapporto espresso da v~v V(l + £. t), ove v sia la velocità del suono nell’ aria secca a O 1 ’, v’ la corrispondente velocità quando la temperatura sia t, posto S il coefficiente di dilatazione dell'aria. Vedremo innanzi che, secondo Regnatili, sarebbe à — 0,00367 per ogni grado centigrado. Ila pure influenza, benché meno sensibile, la varia umidità dell’atmosfera, giusta la relazione r” — ^ dove r esprime la velocità del suono nell’aria secca ad una data temperatura, e v” la velocità nell’aria umida alla medesima temperatura , essendo il rapporto fra la forza elastica de! vapore acqueo e la pressione barometrica. Sperimentando in diversi luoghi e con pressioni barometriche assai differenti, si ebbero i seguenti risultati per la velocità de! suono nell’aria ben secca ed alla temperatura della liquefazione del ghiaccio: Thttrry, Maraldi, Lacaille . . . . metri 333,15 Benzenbei'g.» 333,74 Stumpfer e Myrbach.» 333,25 Parry e Forster ..» 333,15 Moli e Vau-Bick.» 332,05 Prony, Arago, Mathieu, Gay-Lussac . » 330,52 Martino Bravais 332,37 Valor medio » 332,84 CAPO TERZO 130 La formola che esprime teoricamente la veioeità v di propagazione del suono in un fluido aeriforme omogeneo* secondo Laplace, sarebbe v \ /( g. ~ . -| ) } posto ^ il rapporto riscontralo fra la forza espansiva del gas e la corrispondente sua densità, sotto una data condizione di pressione e di temperatura , essendo però espressa la densità del gas in rela.- zione a quella del liquido (il mercurio) che s’adopera per misurarne la forza espansiva; ~ il rapporto fra il calore specifico, di tal gas a pressione costante ed il suo calore specifico a volume costante (vedi il capo IV); e y l’intensità, della gravità (ò0) nel luogo ove s’istituiscono le sperienze: aUalotiutdine di 15° ed a livello del mare può assumersi f/~9 m ,8038oì (come si dirà al capo VI). Da questa forinola si rileva che la velocità del suono in un dato gas, almeno entro i limiti in cui la sua compressibilità corrisponde prossimamente alla legge di Boyle (78), non deve variare sensib Intente col variare della pressione (stando però costante la temperatura ), poiché per esso il rapporto j riesce costante. Questa illazione teorica fu verificala sperimentalmente per l’aria atmosferici, da che la velocità del suono in essa (<ù la si trovò ’ enfiente dalla pressione barometrica, e di più si riscontrò che (a) Per l’aria atmosferica secca a 0% spiegando essa una fòrza espansiva c~0 ul ,76 (misurata dall'altezza della colonna di mercurio puri>0“ che la equilibra), quando la sua densità sia d — j riferita aqtielfa del mercurio Ji7), e determinata al livello del mare ed alta latitudine media, la suesposta formola diveuta v ■=. \ ^ 7903 m ,!5 gv - ^ E per l'aria umida, e ad una temperatura t, per quanto si avvertì sopra, si avrà c =r \/ ( j993 ul ,15 g. ^ . * ~ ^ " |É ). Alla latitudine media ed allivello del mare, per l’aria secca a 0°, posto g. = 9 m ,805854, e c == 332’“,61, come sopra, si ha ^ = 1,4117, che ben poca differisce dal valore di questo rapporto trovalo direttamente coll'esperienza; cosicché la esposta formola di Laplace può rìteuersi in accordo colla velocità sperimentale dei suono nell'arLa. À-CtSTlCA 131 il suono si propaga nell’atmosfera con eguale velocità, sia in linea 'orizzontale, sia in linea verticale od obliqua, tanto ascendendo che discendendo («). E poco o punto influisce su la medesima velocità la intensità e la direzione dei venti in riguardo alla direzione della propagazione del suono. Inoltre i diversi suoni ed i rumori si propagano, in un dato mezzo, con eguale velocità qualunque sia la loro intensità e la loro altezza , ovvero qualunque sia l’ampiezza e la durata delle vibrazioni del corpo sonoro. Variando però la natura del gas, varia non solo alcun po’ il rapporto-, ma assai più il rapporto , il quale varia appunto io relazione al peso specifico dei diversi gas (67), presi a 0° sotto la pressione d’ un’ atmosfera , ossia posto per tutti e ~0 m , 7(5. Quindi, in un dato luogo, la velocità di propagazione del suono nei gas di natura diversa, presi ad egual temperatura ed egualmente privi d’umidità, sarebbe data dalla formula v — V(”993 m , 15 , ed alla latitudine media al livello del mare da t> zz 279 m ,96i V( - • ~ ) > essendo p il loro peso specifico in relazione a quello dell’aria secca: epperò la velocità stessa riuscirà inversamente proporzionale alla radice quadrata del peso specifico d’ogni gas, e direttamente proporzionale alla radice quadrata del rapporto dei calori specifici di esso a pressione costante ed a volume costante, comunque poi varii in ciascun gas la pressione e quindi la densità, sempre però ne’limili compatibili (a) Bravate e Martin nel 1844, IraHrienz e la cima del Faulhorn, essendo le due stazioni ad una distanza orizzontale di 965i m , e con una differenza di livello di 2080'", e la media delle temperature alle due stazioni essendo 8°,7, trovarono una velocità di 337 m >92 pel snono ascendente. e di 338 m ,IO pel suono discendente. La tenue differenza di 0 m ,IS vuoisi ascrìvere unicamente ai piccoli errori, che sono inevitabili in siffatte sperienze..Prendendo il valor medio 338“’,01 di dette velocità, si trova chea 0° sarebbesi avuto nell’aria umida 333 m ,lt, e nell'aria secca 332"’,37. CAPO TEKZTO 432 colla legge di Boyle. Secondo Dulong, la velocità del suono nel gas acido carbonico, nell’ossigeno,.nell’aria, e nell’idrogeno, ben secchi ed a 0°, sarebbe rispettivamente 261 m , Of 317 m , 2 ; 333 m , 0: e l : 209 m , 3. Per calcolare teoricamente la velocità di propagazione del suono ne’liquidi e ne’solidi, Laplace e Young proposero la formola v —\/(g . L) ovvero le equivalenti v — V (f ) e v ’j ) , nelle quali L indica la lunghezza in metri che aver deve un prisma retto, costituito colla sostanza in cui si considera propagarsi il suono, affinchè esso abbia un peso tale da ridurre doppia oppiti 1 nulla la lunghezza d’ un. dato prisma della medesima sostanza e con egual sezione trasversale, secondo che lo si suppone operare per trazione o per compressione; e esprime 1’ accorciamento che prova un prisma od un cilindro retto lungo l' a ,0, costituito dalla stessa materia e disposto col suo asse orizzontale (ove trattisi d’un liquido s’intende l’accorciamento d’una colonna orizzontale di tal liquido, contenuta in un tubo inestensibile), venendo compresso da un peso equivalente al suo proprio peso; c è l’accorciamento che vien prodotto da un peso /•'operante per compressione su di un prisma retto della ridetta sostanza, avente la lunghezza (, la sezione s e la uniforme densità d. Volendo applicare 1’ ultima delle citate forinole ai solidi, per i quali si conosce il coefficiente d’elasticità (76), basterà porre in essa in luogo di P quel peso p in chilogrammi che esprime il detto coefficiente, ossia che vale ad accorciare d’una quantità c~ 0,0001 un cilindro di lunghezza /— l m , 0 e di sezione s zr 0,001 ; cosicché si avrà v — V(ooo^MT'd)* Ed alla latitudine di 43° al livello del mare, posto g — 9,805834# si avrà v — 9902 m , Aò \/( £), ovvero log. v — 4 (7,99148347 + log. p — log d ). (« ) (n' Per la velocità del suono ne’solidi riferita a quella dell’aria, elio ò presa per unità, si ha v = 29 m ,769 ), ossia log v — 4^2,91753017 -r log. p — log. ri).. . ACUSTICA 133 Epperò la velocità di propagazione del suono ne’diversi solidi è direttamente proporzionale alla radice quadrata del loro coefficiente di elasticità, ed inversamente proporzionale alla radice quadrala della loro densità relativa, ovvero del loro peso specifico., E tutte le circostanze che fanno variare il coefficiente d’ elasticità in un dato solido (76)., faranno pur va~ l'iare in esso la velocità del suono. Sperimentalmente si determina la velocità v J del suono iti un cilindro solido di data sostanza, mercè la relazione i> J ~ u - che si menzionerà più innanzi, ove ?i J esprime il numero delle vibrazioni corrispondente al suono fondamentale dato da tal cilindro, n il numero delle vibrazioni corrispondente al suono fondamentale dato da un tubo aperto di egual lunghezza contenente aria, e v è la velocità del suono nell'ano alla temperatura in cui si sperimenta. Di tal modo Chiari ni e Savori trovarono per la velocità del suono in diversi solidi, espressa iti relazione a quella del suono nell’aria, che è presa per unità (cioè posto semplicemente o 3 ~ ^ ) , i seguenti valori: Osso di balena Stagno . . . Argento . . Ottone .. . Bame . . Beno . . . A.eciajo fuso . » tenero Vetro in tubi . 10,40 11,13 6.66 C j Vetro comune,. 12,12 a 13,39 S. (a) 7,50 C.i Vetro da specchi. . . 16,05 S. 10.66 C.I Legno ili noce, quercia e a 10,70 S., a 12,21 S. 15,03 S. 15,03 S. 1.5,10 S. 12,45 S. pruno . . . I0,66C. pero e faggio rosso 12,50 C. ebano eil olmo . 14,40C. tiglio e ciliegio . ló,00C. salice e pino . . 16,00 G. abete . 16,39 a 1 6,54 S. Per mostrare qual concordanza vi sia tra alcuni dei precedenti dati sperimentali e le velocità teoriche dedotte dalla (a) II velro presentò a Savart notevoli differenze, da 11,86 sino a l‘6,39: il velro in cui entra ded’oasido di piombo dà i minori valori,, avendo con esso avuto persino 11,00. Secondo Wertheim il piombo dir iuiuuisce uoUvoimeafe anche Pelaslictlà e la lenacilà.dei velro. 184 CAPO TERZO precedente forinola, assumendo i valori di p e di d die si indicheranno, diamo i seguenti confronti: Velocità del suono P■ <7. Teorica Sperimentale Argento . . . 10,3t’;9 7,930 9,00 C. Ottone. . . , W. 8,247 9,837 10,40 S. Rame .... w. 8,933 11,113 11,(3 S. Ferro .... \v. 7,553 14,778 15,03 S. Acciajo . . . . . 1.9549 w. 7,717 14,983 15,03 S. Vetro da specchi . . 0,7015 w. 2,450 (5,929 16,05 S. Quercia . . . . . 0,1510 Ba. 0,914 12, tOO 10,66 G. Abete .... D. 0,550 12,877 16,39 S. Volendo poi applicare la succitata equazione v ~ V a determinare teoricamente la velocità del suono nei liquidi, per i quali si conosce il coefficiente c’ della compressione (77), relativo alla pressione d’un atmosfera, cioè d’una colonna d’acqua pura a 4° alta 10 m ,3329 (61), ed espresso in milionesimi del volume primitivo, basterà porre c — 0,000001. c’}~ = 10 ,n ,3329, ed 1 = l m ,0; e si avrà vzz y (—ed alla latitudine media, a livello dell'oceano, v zp 10065,93 V (^f)j ovvero log. i> — 1/2 £8,00570770 — (log. c’ + log. d)J. Pertanto la velocità del suono ne’ differenti liquidi sarà inversamente proporzionale al prodotto delle radici quadrale del loro coefficiente deila compressione e del loro peso specifico: e per riguardo alle accennate variazioni del detto coefficiente in relazione alle variazioni nella temperatura (77), può dirsi che coll’aumentar della temperatura, la velocità del suono crescerà nell’acqua pura, e diminuirà invece negli altri liquidi (alcool, etere, ec.) e nelle .soluzioni saline ed acide (“). (a) Cosi per l’acqua pura a 0°, a 4°, a t0°8, assumendo ì valori dati da Grassi, si ha rispettivamente per la velocità del suono in essa: 1419'",6, 1425'»,l, e 1452 m ,6. Colladon e Stura, nell’acqua del lago di Ginevra a 8°,l, trovarono sperimentalmente una velocità di 1434™,6; che è appunto intermedia agli ultimi due precedenti valori. ACUSTICI 1S5 Qualora però si desumala velocità v del suono ne’liquidi, dietro l’altra forinola suesposta per i solidi v’ — 1 > -, oppure dietro la sua equivalente c’ — 1. ove sia «’ il numero delle vibrazioni corrispondente al suono fondamentale dato da una colonna liquida vibrante di altezza i ( in metri), si trovano dei valori sensibilmente inferiori a quelli dati dalla foratola precedente. Ciò dipende, secondo Wertheim, da che nei liquidi vibranti non regge più il principio d’eguaglianza di pressione (ò3) che si verifica ne’ liquidi in quiete, e che perciò nel liquidi, come nei solidi, il suono che si propaga liberamente in una massa indefinita, presenta una velocità maggiore di quando si propaghi in uno spazio limitato (come in una colonnetta cilindrica di liquido od in una verga solida) nel rapporto di \/ 1. Dietro cotesta correzione si riducono molto prossimi tra loro i valori dati dalle due forinole e dalla spe- rienza, come si rileva dal seguente quadro, che riassume i risultali deile osservazioni di Wertheim, cui si aggiunsero i valori della compressibilità die si deducono dalla furinola t> — 10065,93 Sf (- T 7 -}’), introducendovi per v i valori cor- \C • ( 1 / ; con che si hanno per c’ dei valori che molto b’ approssimano a quelli surriferiti di Grassi (77): Acqua della Senna . - .. Temp. 15,0 Idem . . . 80,0 Idem . . . 40,0 Idem . , . 50,0 Idem . . . 60,0 Acqua di mare artificiale 20,0 Ètere solforico .... 13,0 Alcoole assoluto . . , 23,0 • ordinario a 36° , 20,0 Essenza di trementina 24,0 Cloruro calcico .... 22,5 » sodico . . , , 4 8,0 Carbonato sodico . . . 22,2 Azotato sodico . . . . 20,9 ■Solfato sodico .... 20,0 idem . . . . 4 8,8 Aua. di Fisica Densità e’ s In' ‘''Vi c' 0,999.6 4173,4 1437,1 49,i 0,9963 1250,9 4528,5 43,3 0,9934 1324,8 1622,5 38,8 0,9893 4349,0 4652,2 37,5 0,9844 4408,2 1724,7 34,8 1,0264 4187,0 4453,8 46,7 0,7529 946,3 4159,0 400,2 0,7960 947,0 4159,8 94,7 0,8362 4049,9 4285,9 73,3 0,8622 989,8 4212,3 80,0 4,4332 4616,3 4979,6 48,4 4,1920 4275,0 4564,6 34,9 4,4828 1304,8 4594,4 33,7 4,2066 4363,5 1669,9 304 1,4089 1245,2 1525,t 39,3 4,4602 1292,9 4583,5 34,8 10 136 CAPO TERZO 80. Le vibrazioni che si effettuano dalle molecole d’im corpo elastico, nell’alto che dà un suono, ingenerano nell’aria che gli sta all’intorno, grazie alla di lei compressibilità ed elasticità, delle onde sferiche, alternativamente condensate e rarefatte, per rinvenirsi della direzione nel moto delle stesse molecole vibranti ; però, atteso l’isocronismo delle vibra* zioni medesime, tali onde hanno tutte lunghezze tra loro eguali, restando queste immutate pur col variare dell’am* piezza delle successive vibrazioni. In ogni caso la lunghezza di siffatte onde corrisponderà alio spazio che il suono può percorrere nell’aria nella durata di ciascuna vibrazione: ep- però coi suoni di diversa altezza, le lunghezze delle onde saranno inversamente proporzionali ai numeri delle vibrazioni che in un dato tempo si compiranno dai singoli corpi che producono i suoni medesimi, ossia, in generale, la lunghezza l dell’onda sarà data dalla relazione l posto m il numero delle vihtazioni fatte dal corpo sonoro in t”di tempo, e u la velocità del suono nell’aria. È per mezzo di siffatte onde aeree che il suono si diffonde, come già si disse, con moto equabile («) ed in isfera attorno al corpo vibrante, decrescendo però d’intensità proporzionatamente ai quadrati delie lunghezze delle singole onde dal corpo sonoro: e ad una data distanza l'in- tensità del suono è proporzionale all'ampiezza delle vibrazioni dello stesso corpo. Che se molli e tra toro discosti sono i gruppi di molecole, vibranti d’un dato corpo, oppur se in vaili punti (a) Ma in eiaseheduna onda aerea le particelle costituenti un dato raggio sonoro vengono successivamente smosse con velocità variabile, minima a ciascun estremo dell’onda, massima ai punto di mezzo deila sua lunghezza, appunto in corrispondenza alle variazioni nella velocità delle molecole del corpo elaslieo vibrante: però la direzione negl*impulsi al moto che riceve e trasmette ciascuna particella nell’onda Fare- falla sarà in verso contrario che nell’onda condensala. Ed in relazione alte dette variazioni nella velocità, riescono pur di continuo variabili » gradi di condensazione e di rarefazione che ne conseguono nelle stesse particelle, perchè compressibili insieme ed elastiche. ACUSTICA 137 dello spazio sonvi de’corpi vibranti contemporaneamente, si formeranno intorno a ciascun d’essi analoghi sistemi di onde, i quali si propagheranno gli uni attraverso gli altri senza confondersi, cioè senza modificare la direzione, la lunghezza e la velocità delle singole onde e degli scuotimenti elementari in ciascun onda (e). Questi scuotimenti e queste onde cessano poi nell’aria tosto che s’estinguono le vibrazioni nel corpo sonoro. In un modo analogo a quello or accennato per l’aria, si propaga il suono in qualunque altro mezzo omogeneo, purché sia tal poco compressibile ed elastico. La intensità d’un suono, ossia la chiarezza e la vigoria della sensazione eh’esso eccita in noi, non dipende soltanto dalla distanza del corpo sonoro e dall’ampiezza delle sue vibrazioni, ma altresì dalla densità che ha il mezzo nel sito ove si promuove il suono, dalla tranquillità o dalla direzione delle agitazioni del mezzo trasmettente il suono, e dalla ri- suonanza d’altri corpi situati in prossimità del corpo sonoro. Quando un suono si propaga nell’aria limitata entro d’uti tubo cilindrico, di poca larghezza e senza ripiegature, l’intensità di esso non diminuisce sensibilmente che a grandi distanze: e da ciò l’uso de’così detti tubi parlanti. Lorquando le onde sonore, che si propagano in un fluido elastico, incontrano la superficie di un solido o la superficie di separazione con un altro fluido di differente densità, vengono, almeno in parte, rimbalzate giusta ie leggi dinamiche (a) Questo fatto, che si verifica sperimentalmente anche nelle ondo suscitate da varii punti di una superficie d’acqua stagnante, riposa su un principio meccanico, che Daniele Bernoulli dimostrò pel primo, nel 1753, sotto nome di principio della coesistenza dette piccole vibrazioni, e che si enuncia così: « Se ad un sistema di corpi o di punti materiali elastici si imprimono contemporaneamente differenti movimenti mollo piccoli, che li spostino momentaneamente dalle loro posizioni di equilibrio slabile, tulli questi movimenti, non cbe le vibrazioni da essi originate, si effelluano senza alterarsi reciprocamente ». 138 CAPO TERZO «Iella riflessione dei corpi elastici. Chiamando raggio sonoro una <|iialunque retta a seconda della quale propagasi il suono, sia dal centro di scuotimento ad un punto della superficie riflettente, sia da questo ad un punto dello spazio situato rispetto all’ostacolo dalla stessa banda del-centro medesimo,- può dirsi che il raggio riflesso ed il raggio incidente sono -situali in uno stesso piano perpendicolare alla superficie riflettente nel punto d’incidenza, e formano colla normale corrispondente a questo medesimo punto due angoli tra loro eguali. Quando l’ostacolo presenta una superficie regolare, piana o. curva, sicché le onde riflesse abbiano una sufficiente intensità da produrre la sensazione d’un suono, e quando l’ostacolo si trovi ad una bastevole distanza da potersi aver la sensazione del suono riflesso distinta da quella del suono diretto, si ha un eco. A percepire distintamente due suoni, devono essi succedersi coll’intervallo di almeno un decimo di 1” di tempo: e per la distinta percezione d’una sillaba richiedesi aH'incirca un quarto di 1”. Dietro questi priucipj è facile dar spiegazione degli echi semplici, polissillabici e multipli; delle sale o gallerie dette parlanti; del più conveniente addobbo per le sale molto ampie e per i teatri; dell’ufficio dei telefoni o porta-voce, e dei cornetti acustici; dell'Indebolimento dei suoni durante il giorno a confronto della notte, e nei giorni nebbiosi a confronto dei dì.sereni; del lungo rimbombar del tuono e delle scariche d’ artiglieria in alcune eonvalli, e di tant’altri fenomeni analoghi. In un suono musicale, oltre l’intensità, distinguonsi altre due qualità, l’altezza ed il metallo. D ’altezza d’un suono — e fu il primo Galileo a dimostrarlo — dipende unicamente ifalla durata delle vibrazioni fatte dal corpo sonoro, ossia dal numero di vibrazioni ch'esso compie in un dato tempo, per esempio nella durata di 1”: diennsi d’eguale altezza, od uni- soni; quei suoni che corrispondono a vibrazioni di eguale durata ; se le vibrazioni sono rapidissime, cioè dì brevissima durata , i suoni si dicono 'acuti , e gi aci invece se sono leni* acustica 439 o più durevoli ; però l’acutezza o la gravezza d’un suono è qualità affatto relativa e convenzionale. Il metallo (timóre de’francesi ) è quella qualità per cui facilmente si differenziano gli uni dagli altri dei suoni prodotti da diversi stro- nienti o da differenti corpi elastici, quantunque abbiati tutti la stessa altezza e la medesima intensità: sembra essa dipendere dalla costituzione molecolare, dalla figura e dalle dimensioni del corpo .sonoro; 81. Dalle corde elastiche, tese fra due punti fissi, si ottengono dei suoni tanto colle vibrazioni trasversali^ che si effettuano nella direzione perpendicolare alla loro lunghezza, quanto colle vibrazioni longitudinali } che si verificano ne senso stesso-delia loro lunghezza : le-prime si eccitano pizzicando le corde o sfregandole-con un archetto perpendicolarmente al loro asse, le altre sfregandole longitudinalmente con un pezzo di stoffa cosparso di colofonia in polvere. Diversi sono i suoni prodotti da una stessa corda con questi due- modi di vibrazioni, e diverse sono le leggi dèlie corrispondenti vibrazioni. Nel maggior numero degli strumenti musicali da corda i suoni sono promossi dalle vibrazioni trasversali; epperò ci accuperemo-specialmenle di queste. Nelle corde elastiche le vibrazioni' trasversali per varie maniere (e ancora Galileo seppe accennarle tutte) si riducono di diversa durata, e quindi si hanno suoni di diversa altezza, cioè col variare la loro lunghezza, l’intensità della forza traente che determina in esse la tensione, la loro grossezza ed il peso specifico della materia di che sono costituite. E l’inglese Taylor, nel 1715, venne a riassumere tutte le leggi delle vibrazioni trasversali delle corde elastiche sotto la formolo t — V ne " n 1 esprime la durala d’una vibrazioni semplice della corda, cioè l’intervallo di tempo che deve trascorrere perchè ogni punto vibrante di essa passi da un estremo della sua escursione aH’eslremo opposto; l la lunghezza della eorda vibrante, cioè di quella parte di essa che è compresa fio i due pumi fissi; p il peso assoluto dell’anzidelta parte CAPO |LU£U 440 del In cordaj P il peso relativo che produce in essa la tensione c ìie serve di misura, e g l’intensità della gravità. Per le corde cilindriche, essendo p — p’. ove p’ denoti il peso assoluto di una porzione della corda corrispondente all’ unità di lunghezza, la forinola precedente diventa t — l V(^p)> dalla quale si desume che le durate delle vibrazioni di due differenti corde, vibranti in un medesimo luogo, sono direttamente proporzionali alle loro lunghezze ed alle radici quadrate dei pesi d’ogni loro unità di lunghezza, ed inversamente proporzionali alle radici quadrate delle forze traenti. Se poi si pone che n sia il numero delle vibrazioni trasversali semplici compite da una corda nella durala di 4” di tempo, avendosi t — sarà anche in generate n ~ '/(”* j)> e per uno corda cilindrica n A' 12 * per una corda cilindrica, avendosi anche p’ — ir r} d.g, posto ri! raggio della corda e d la di lei densità, ossia il peso specifico della sostanza ond’è formata, s’avrà altresì nrr —\/> la qual forinola ci indica che i numeri delle vibrazioni fatte in tempi eguali da due differenti corde sono in ragione diretta delle radici quadrale dei pesi che le tendono, ed in ragione inversa delle loro lunghezze e dei loro diametri, non che delle radici quadrate dei loro pesi specifici («). « (a) Riguardo alle vibrazioni longitudinali di una corda, Poisson trovò col calcolo, e Savart verificò coll’esperienza il seguente rapporlo colle di lei vibrazioni trasversali : siano «’ ed n i numeri delle vibrazioni falle in eguali tempi quand’ essa vibra in (ulta la sua lunghezza ì, cioè quando dà il suono più grave, vibrando nell'uno e nell’altro dei detti due modi, e sia a l’aliungamenlo eh’essa subisce sotto il peso che la lende, sarà n’ = n \ /~ • E poiché a è sempre una quantità piccolissima rispetto ad l, sarà n’ molto più grande di n, ossia il suono corrispondente alle vibrazioni longitudinali sarà assai più acuto di quello dato dalle vibrazioni trasversali. Dalla medesima forinola si rileva altresì che su l’allezza dei suoni dati dalle vibrazioni longitudinali aver deve una ACUSTICA 141 82. Si suole denominare scala musicale diatonica una serie di suoni di altezze crescenti, e separati gli uni dagli altri da intervalli d’una determinata grandezza; e dicesi intervallo o tuono, il rapporto die esprime 1’ altezza relativa di due suoni. In cotesta serie, ad ogni periodo di sette suoni, si riproducono i medesimi intervalli ; e ciascun periodo chiamasi gamma o solfa, ed i singoli suoni d’una gemma diconsi note, e si contrassegnano colle voci do, re, mi, fa, sol, la, si. Le sette note di una data gamma, unitamente alla prima nota della gamma successiva, cioè più alta, costituiscono una ottava, in quanto che l’intervallo fra il do ed il re denominasi una seconda, quello fra il do ed il mi, una terza, ecc. e quello fra il do ed il do della gamma seguente un’oliava. Col mezzo d’ un apparecchio chiamalo monocordo o sonometro è facile rilevare a quali minori lunghezze si debba successivamente ridurre una data corda, assoggettala ad una tensione costante, onde avere le altre consecutive note di quella gamma, il cui do corrisponde al suono fondamentale della corda stessa, cioè a quel suono più grave eh’essa produce quando vibra in tutta la sua lunghezza. Se poi si riferiscono le singole lunghezze trovate per ciascuna nota alla lunghezza che presenta la corda lorchè dà il suono fondamentale, e che si assume per unità delle lunghezze, si avranno le così dette lunghezze relative della corda rispondenti alle note della gamma. E sapendosi poi che i numeri delle vibrazioni fatte da una corda d’individuata natura, di data grossezza e tesa da un determinato peso sono inversamente proporzionali alle lunghezze sotto le quali vien fatta successivamente vibrare, dalle dette lunghezze relative si possono speciale influenza il coefBeienle d’elasticità delle singole corde; laddove nelle vibrazioni trasversali l’altezza dei suoni dati dipende unicamente, come s’è detto, dalla tensione, dalle dimensioni delia corda e dal dì lei peso, ed il coefficiente d’elasticità ha influenza invece su l’ampiezza delle vibrazioni medesime, e fors’anco sul metallo dei suoni. m CAPO TEMO dedurre i rapporti che sussistono tra i numeri delle ■vibrazioni corrispondenti alle diverse note di detta gamma , i quali dieonsi anco i numeri, relativi delle vibrazioni che soddisfanno agli intervalli delle note medesime. Qualunque poi sia la lunghezza della corda rispondente al suono fondamentale, e qualunque sia la grossezza, la tensione e la densità di essa, e quindi qualunque sia 1’ altezza del suono che si prende per do fondamentale della gamma, sempre egualmente si verificano i seguenti rapporti: IVote. do re mi fa sol fa si do Lunghezze relative della corda l jp f- -f -§ IN’umeri relativi delle vibrazioni 1 ^ r 4 ~ ^ 2 5 4 O 2 3 o Intervalli o tuoni 9 10 tfi 9 10 9 lfi 8 9 15 1 9 1 il La gamma successiva, la quale avrebbe principio coll’ottava del suono do della precedente, sarebbe tale ehe le singole sue note corrisponderebbero a delle lunghezze rispettivamente uguali alla metà delle lunghezze delle analoghe note della prima: epperò i numeri delle vibrazioni per tali suoni sarebbero rispettivamente doppj : e così di seguito per le successive gamme più acute. Dal suesposto quadro si rileva che tra le 8 note d’una ot- lava s invi soltanto tre diversi intervalli : il più grande ^ 40 . * chiamasi tuono maggiore , il secondo ^ titano minore , ed ii più piccolo semi-tuono maggiore. L’intervallo poi fra il tuono maggiore ed il tuono minore jj^è detto comma, giacché è il più piccolo che si considera nella musica, richiedendosi un orecchio ben addestralo per rilevarlo, e ritenendosi come unissoni quei suoni il cui intervallo sia minore di quest’ ultimo (“). (a) Chiamasi scala cromatica quella iti cui tra le note fondamentali della gamma s’intercalano altre note, chiamate temperamenti, per modo che le successive note differiscano tra loro di un semiluono. Si ACUSTICA 143 Due suoni che prodotti simultaneamente danno una grata sensazione costituiscono un accordo od una consonanza. È rimarchevole che i più soavi accordi sono quelli di ottava, di quinta, di quarta e di terza, elle si ottengono producendo insieme la i. a e l’8. a , la l. a e la 5. a , la l. a e la 4. a , la l. a e la 3. a nota, e per i quali si verificano i più semplici rapporti fra i numeri relativi delle vibrazioni delle due note, cioè 1: 2, 2:3,3: 4 e 4:5. Conosciuti i numeri relativi delle vibrazioni delle singole note, si conosceranno pure i numeri assoluti delle vibrazioni corrispondenti alle note medesime, non appena che siasi determinato il numero assoluto di vibrazioni per una qualunque di esse. Questa determinazione può ottenersi per vìa teorica dalla suesposta forinola dì Taylor, o semplicemente dalla relazione elle sussiste tra le lunghezze ed i numeri delle vibrazioni d’ una corda ; ovvero per diversi mezzi sperimentali, quali sono: la sirena di Cagnard-Latour, la ruota den- ottengono prossimamente questi temperamenti, prendendo o un suono più alto di quello d’una nota, sicché i corrispondenti numeri delle vibrazioni stiano tra loro nel rapporto di 25: 24, con che si ha il diesis della nota stessa , oppure un suono più grave net rapporto di 24 : 25 con quello della nota, che dicesi ii bemolle di questa. E poiché il bemolle d'una nota delia gamma di ben poco differisce dal diesis della nota susseguente, si adotta un valor medio, e si ba una scala costituita da 13 note invece di 8, colf ordine seguente {avvertendo che il diesis si nota col segno ed il bemolle con un b ): do; do ^ o re b; re; re ^ o mi b; mi; fa; fa 4^ o sol b; sol; sol 44 : o la b; la; fa ^ o si b; si ; do. Così i numeri relativi delle vibrazioni per le successive note di questa scala ed i corrispondenti intervalli divengono: N. rei. delle vibr. I -I - 16 8 Intervalli 19 5 i 17 3 19 5 23 15 ft i I li 5 fi 3 ti 8 17 18 19 20 16 17 18 19 20 17 18 16 Te ri « fi fi fi fi fi. 19 Te fi I» 18 Quindi l’intervallo fra il semiluono maggiore j-, ed il semiluono minore essendo ~ , riesce di ben poco maggiore d’una comma- CAPO TERZO tata di Savart, la traccia segnata da un corpo vibrante su nmpio disco fatto ruotare con velocità costante, e l’ago vi* brame e girevole di Montigny. Usando eolie dovute cautele ciascuno di questi diversi mezzi per valutare il numero delle vibrazioni rispondente ad un dato suono, si hanno de’risultati che tra loro differiscono di ben poco. Nella musica suolsi assumere per gamma fondamentale quella il cui do corrisponde al suono più grave del violoncello e del gravi-cembalo; e le note di questa gamma si contrassegnano coir indice I, mentre si pongono gli indici 2, 3, 4, 5 e et*. «Ile note delle gamme successivamente più alte, e gii indici — 4, — 2, a quelle delle gamme più gravi deila predetta. Il do di questa gamma è tal suono per cui si devon fare dalle parti del corpo elle lo producono 128 vibrazioni semplici nella durata di 1” di tempo: ed il suono dato dal corista, o diapason, che serve ad intonare gl’istromenti musicali, e che deve dare il /a g , corrisponde a 836 vibrazioni («). Or ecco il quadro dei numeri assoluti delle vibrazioni semplici corrispondenti alle diverse note delle vare gamme. t re 36 -2 : re 72 re 144 re„ 288 2 re 3 576 re^ 1152 re g 2304 re.4608 6 I re 7 9216. mi 2 mi 160 320 640 1280 2560 5120 mi 7 10240 40' fa —2 80, fa. fa ’ i -2 85^01 170'sol^ 340 sol. fa g 680 sol g fa g 1360,801, fa. a fa 6 fa. 2720 SOL 5440 10880 Sol g 61' SOl 7 1221 —2 53,6 —2 60 la —1 107 S it ! 20 la 1 214 Sì t 240 la 2 428 Sl 2 480 la 3 856 81 3 960 la 4 1712 s u 1920 la 5 3424 Si 5 3840 la 6 la ? 6848 Sì fi 7680 13696 Si ? 15360 (a) Alcun po’ tra loro diverse sono le altezze dei suoni dati dai corista usilati nelle orchestre dei teatri de’ diversi paesi, e quindi non sono Ira loro esattamente unissonele singole note delle corrispondenti gamme formate su queste differenti basi. Però coleste differenze si ritengono comprese tra 850 e 880 vibrazioni semplici per minuto secondo. ACUSTICA 1 15 I grandi organi sono ì soli strumenti che valgano a produrre tutta questa serie di suoni. La voce dell’uomo può emettere dei suoni che sono ordinariamente compresi tra il sol ed mentre la voce della donna comprende una scala più estesa di suoni, ma in genere più acuti, cioè da re 3 a r/o.. Vi sono pure dei limili nei suoni percepibili dalFudiio umano: di ordinario non si percepiscono suoni più gravi del r/o , nè piu acuti del do ; ma quando si possa dar loro molta intensità, rie- O sce possibile di percepire de’suoni corrispondenti al do , cioè a sole 16 vibrazioni, e suoni acutissimi rispondenti a 48 mila vibrazioni semplici in 4”, come il mostrò Savart. Conoscendosi ora i numeri delle vibrazioni corrispondenti ai diversi suoni, si otterranno le lunghezze delle onde } che ciascun d’essi genererà nell’aria (80), dividendo la velocità del suono nell’aria per il rispettivo numero delle vibrazioni. Così a 10°, posta la velocità del suono di338‘”>G9, s’avrà lo lunghezze dell’onda corrispondente al r/o 2 10 m ,587; al do i 2 m ?646; al do. 0™ , 6615; al do, 0 m , 1653; al do„ 0™,0413, ed al do Q m O O / 5 0 ,02067. Quando una corda è in atto di vibrazione , e segnatamente se è lunga e grossa, oltre al suono fondamentale, produce altri suoni che Gironsi armonici con esso, e che corrispondono a tali numeri di vibrazioni, che riferiti al numero delle vibrazioni del suono fondamentale, preso per unità, costituiscono una serie corrispondente a quella dei numeri naturali 1,2,3, 4,5, ecc. Se ne inferisce che la corda non solo vibra in tutta la sua lunghezza, ma altresì nelle sue parli che corrispondono a dei summullipli esatti della lunghezza medesima, cioè 1 1 i I . • ad 2 , ad g-, ad-j, ad 5 -, ec. di questa, ciascuna delle quali compie le sue vibrazioni senza disturbare quelle delle altre. D. Ber* noulli spiegò questo fenomeno dietro il principio meccanico succennato della coesistenza delle piccole vibrazioni. D’ altra parte quando in prossimità d’una corda vibrante se ne trovi- 14<5 CAPO TERZO no altre, nelle condizioni che vibrando in tutta la loro lunghezza o dividendosi in parti-aliquote di essa possano dare un auono unisono con quello prodottola detta corda oppure dei suoni armonici con questo, entrano pur esse in vibrazione, e quindi rinforzano il suono principale. Questo fatto è conosciuto sotto il nome di risuonansa delle corde. 83. Qualunque solido elastico, sia poi foggiato in vergo cilindrica od in lastra parallelepipedo, può dar origine, al pari delle corde, a due sorta di suoni, prodotti cioè da vibrazioni longitudinali o da vibrazioni trasversali, le quali si promuovono in modi analoghi a quelli accennati per le corde. Ed ancor qui interessa di piùil conoscere le léggi delle vibrazioni trasversali. Si osserva peròche 1’altezza dei suoni, che in tal caso i solidi ci ponno dare, varia non soltanto col variare della figura, delle dimensioni e della natura dei solidi, ma ancora col mutare, come suol dirsi il modo ài vibrazióne, cioè col mutare rispetto alle diverse parti della superficie d’ogni corpo la situazione ed il numero dei punti fissi o di semplice appoggio, oppure la situazione del punto d’applicazione del corpo strisciante (d’ordinario l’archetto) che suscita le vibrazioni, come pure col premer questo con diversa forza, o col muoverlo con diversa rapidità. Imperocché, variando coleste circostanze, un dato corpo elastico si divide in diverso numero di parti, di varia estensione e figura, vibranti separatamente le ime dalle altre, si da esser tra loro limitate dalle così dette linee nodali j rispondente ciascuna ad una serie di punti che sembrali tenersi in quiete, come pel primo osservò Galileo, il quale avvertì pure che quanto meno estese riescono siffatte parti vibranti e quindi più spesse le linee nodali, tanto più alto è il suono che ne risulta. Si dice perciò suono fondamentale d’una verga o d’una lastra iìsuono più grave eh’essa può dare, vibrando insieme in tutta la sua estensione, ed essendo uno solo il punto fisso e situato ad un estremaci essa, sicché si formi una sola linea nodale in prossimità di tal punto: è questo il primo modo di vibrazione. E così ogniqualvolta ACUSTICA 147 cambiti il numero delle linee nodali, dicesi mutato il modo di vibrazione (»). (a) Secondo le indagini matematiche di Eulero, Riceali, Plana, Fou- rier e Poisson, il numero n delle vibrazioni semplici trasversali fatte in un minuto secondo di tempo da. una verga parallelepipeda è dato dalia forinola n. ■——— v («) ; e per una verga a sezione circolare da n \ /> nelle quali / è la lunghezza della verga , s il di lei spessore, ossia la misura della dimensione secondo la quale si effettuano le vibrazioni, d la densità della materia che la costilu'sce, e il coefficienle della di lei rigidità o flessibilità, g l’ intensità della gravila nel luogo ove si istituiscono le esperienze, ed m un numero intero cosinole per ciascun modo di vibrazione, ed il cui valore assoluto varierà da uno ad altro modo secondo il numero delle linee nodali. Pertanto -sì per le verghe cilindriche, come perle lastre parallelcpipede (nellequali perd non solo la grossezza, ma anche la larghezza sia piccola rispetto alla lunghezza) di egual natura e preparazione, cioè aventi eguale densità e rigidità, i numeri della vibrazioni trasversali falle in tempi eguali saranno direttamente proporzionali ai loro spessori (purché questi non eccedano 6 a 7 millìm,), ed inversamente proporzionali ai quadrali delle loro lunghezze, qualora siano falli vibrar in egual modo; per esempio, quando ciascuna dia il proprio suono fondamentale. Coleste leggi furon recentemente verificate con molla diligenza da Monligny. Sono pur rimarchevoli per la loro semplicità le foratole non è guari dedotte da Lis- sajous da quelle già proposle da Eulero, e che esprimono per ogni caso la posizione delle linee nodali in riguardo al numero di queste ed alla lunghezza delle verghe. Quanto poi al rapporto dei numeri n ed n’ delle vibrazioni trasversali e longitudinali falle in un dato tempo da una slessa verga libera in ambedue gli estremi, si ba dal calcolo -, = 1,78663- se è cilindri- n ' n i ca, ed -, = 2,05680 - se è parallelepipeda: epperò sì nell’un caso elio nell’altro, essendo s una quantità molto piccola rispetto ad l, dovrà essere n’ mollo grande rispetto ad n, cioè il suono dalo dalle vibrazioni longitudinali sarà assai più acuto di quello dato dalle vibrazioni trasversali; e di più il dello rapporto sarà indipendente dalla natura della 448 CAPO TERZO I corpi rigidi aventi una sola dimensione molto piccola rispetto alle altre due, come le larghe e sottili lamine, qualunque sia la loro sostanza e la loro figura , possono vibrare in un gran numero di modi, e quindi produrre una serie di svariatissimi suoni. E qui pure si osserva che la estensione delle parti vibranti si rende tanto minore e quindi maggiore il numero delle linee nodali, quanto più acuto riesce il suono («} materia costiluenle le verghe: le quali inazioni furono verificaie sperimentalmente da Savart e da Weber. È poi rimarchevole che la formola esprìmente il numero assoluto »’ delie vibrazioni longiludinali d’una verga solida elastica, quale la si deduce dalle precedenti, riesce analoga a quella che esprime le vibrazioni delle colonne d’aria racchiuse nei tubi (85). Nelle verghe si ponno eccitare altresì le cosi dette vibrazioni revo- lutive o giranti, col fissarle ad un estremo, raltenerte fra le dita in altro punto della loro lunghezza, e sfregarle di poi all’ingiro con un ar- ehetlo mantenuto in un piano perpendicolare al loro asse ed intermedio ai detti due punti; poiché in tal modo lo strisciar dell’archetto produce una torsione nella verga che suscita dei moli sincroni, diretti in un piano perpendicolare alla lunghezza della verga, li suono prodotto da queste vibrazioni è più grave di quello corrispondente alle vibrazioni longitudinali. Secondo Poisson, sussister deve un rapporto costante ed indipendente dalla natura del corpo tra i numeri n” ed n delle vibrazioni revolutive e trasversali di una data verga, espresso da ~ = ~ \/ I0 = f ,581; e secondo Cauchy da ~~~ 15=: 1,9364. Coll’esperienza Chladni aveva trovato it dello rapporto = ~ 1,5; mentre Savart Ifovò 1,6668: il valor medio dei quali 1,5834 è mollo prossimo a quello proposto teorieamente da Poisson. (a) Del resto le leggi concernenti le lamine vibranti trasversalmente corrispondono a quelle or indicate per te verghe; cioè quando la forma, la materia ed il modo di vibrare siano eguali, i numeri delle vibrazioni sono in ragione diretta dello spessore, ed in ragione inversa dei quadrali di ciascuna delle altre due dimensioni : se la maleria è diversa, poste l’altre cose pari, i delti numeri sono in ragion diretta delle radici quadrale della rigidità ed inversa delle radici quadrale del peso specifico. ACUSTICA Le membrane tese rendono un suono tanto più acuto quant’ è maggiore la tensione e minori le dimensioni della loro superficie (“). Vibrano esse sotto l’influenza delle onde aeree corrispondenti a qualunque suono, purché questo abbia sufficiente intensità: per de’suoni poco intensi vibrano sol quando ab- bian le volute dimensioni e la voluta tensione per produrre 1’unissono. Dietro questi principi! s’intende 1’ ufficio delle casse armoniche formate con sottili tavole di legno, che si uniscono agli strumenti musicali da corda, e l’influenza delle pareti solide onde son costituiti gli istrumenti da fiato sul metallo (80) de’ suoni che essi danno. Importanti sono gli studj fatti da Ghinditi e da Savori su questi argomenti. 83. L’ altezza dei suoni prodotti dalle colonne d’aria vibranti entro dei tubi dipende specialmente dalla lunghezza di questi , dall’ esser chiusi ad un estremo oppure aperti ad ambo gli estremi, e dalla velocità con cui l’aria vi è sospinta per entro: la materia dei tubi, almeno quando le loro porgli hanno molto spessore, influisce soltanto sul metallo dei suoni ; e cessa d’aver sensibile influenza il diametro dell’ apertura qualora l’apertura stessa sia interamente libera e la lunghezza del tubo sia almeno 14 volte maggiore del detto diametro. In siffatte condizioni Daniele Bernoulli stabilì col calcolo che un tubo chiuso all’estremo opposto all’imboccatura dà il proprio suono fondamentale od il più grave quando la lunghezza dell’onda-aerea eguagli il doppio della lunghezza del tubo: aumentando successivamente la velocità dell’aria sospintavi si ottengono altri suoni, mano mano più acuti, dividendosi la colonna d’aria in un numero sempre maggiore di coltrarne- (a) Per le vibrazioni trasversali d’una membrana circolare Poisson trovò col calcolo che il suono fondamentale o più grave eh’essa può dare corrisponde ad un numero n di vibrazioni fatte in un secondo, espresso da n = 0,6784 \J (~^), ove p sia il peso della membrana circolare e l 1 la forza applicata a tutti i punti del suo contorno, e che produce in essa la lensione eguale in ogni verso. CAPO TKR7..0 ino razioni separate da nodi, in ogni caso la lunghezza ì ddl'tin- da sonora, ossia la distanza tra due consecutivi, nodi corri* 2 / sponde ad l J ~ jrgrj> posto n J il numero dei nodi ed l J la lunghezza del tubo. Quindi i numeri relativi delle vibrazioni rispondenti alla serie dei suoni eh’ esso può produrre, incominciando dal fondamentale, saranno rispettivamente rappresentali dalla serie dei numeri dispari. Laddove per un tubo a- peno ai due estremi la lunghezza dell’onda corrispondente al suo suono fondamentale eguaglia la lunghezza di esso, e per i successivi suoni più acuti, assunte le precedenti notazioni, »ì ha e quindi i numeri relativi delie vibrazioni rispondenti ai diversi suoni dal medesimo tubo prodotti col crescere successivamente la velocità dell’ aria, a partire dal suono fondamentale, corrisponderamro alla serie naturale dei numeri. Ed avendosi una serie di sette tubi, le cui lunghezze relative 8 3 2 3 g ” siano rispettivamente 4, 1, 5, pj;, i loro suoni fondamentali daranno la scala dia tonica: ciie se i tubi saranno chiusi ad un estremo, la gamma sarà di un’ottava più bassa di quella die darebbero ove fossero aperti. Ed il numero n delle vibrazioni pel suono fondamentale sarà n—^ per un tubo chiuso e per un tubo aperto «—7, essendo v la velocità di propagazione del suono nell’aria. Da qui è facile dedurre le regole suindicate per trovare la velocità del suono nei diversi gas, nei solidi e nei liquidi ( a ). Quando si producono simultaneamente due suoni piuttosto intensi, come con quelli dati dai tubi sonori, e die differiscono tra loro in altezza, succedono i così detti battimenti , cioè ad eguali intervalli di tempo si ode un rinforzo, coincidendo una vibrazione dell’un suono con una vibrazione dell’ altro suono ; (a) Savart ed N. Savarl eseguirono molte serie di sperimenti, che valgono a mostrare sotto quali condizioni si possano applicare le dette leggi. dfBenioiìlli, e quali modificazioni si dtbban loro recare in altri casi. COESVOÌSE KÉI LIQUIDI 4 51 loddove alla metà dell’ intervallo tra due successive coincidenze si ode un indebolimento nei suoni. Che se questi periodi di coincidenza sono molto brevi, cioè se i due suoni sono notevolmente discosti in altezza, sicché se ne verifichi un numero maggiore di 32 in 1” di tempo, si percepisce un nuovo suono più grave dei due dati. Da ciò si trae un metodo per accordare gli organi, poiché due suoni unisoni esattamente non devono presentare siffatte alternative d’intensità. 84. Savane AI assoli dimostrarono che quando un gas effluisce da un piccolo orifizio praticato in lastra sottile, si comporta in modo analogo all’efflusso d’ un liquido in simili circostanze, cioè la velocità dell’ efflusso medesimo è periodicamente variabile, sì da determinare nel gas circostante delle vibrazioni rapide ed isocrone, le quali ove abbiano una bastevole intensità, ponno produrre la sensazione d’un suono; e coll’aumentare successivamente la pressione sul gas uscente, cresce pur gradatamente 1’altezza del suono, essendo i numeri delle vibrazioni proporzionali alle radici quadrale delle pressioni, ossia alle velocità dell’ efflusso, indipendentemente dal diametro dell’orifizio. Che se per rinforzare così fatti suoni, s’annette alla lastra un tubo cilindrico, coll’asse passante pel centro dell’ orifizio, allora la pressione può variare entro certi limiti, senza che varii l’ altezza del suono : però entro tali limili l’intensità del suono medesimo cresce o decresce, secondo che cresce o scemala pressione: e similmente entro altri limili di pressione si ottengono altri suoni ai diversa altezza, ciascuno de’quali varia solo d’intensità col variar della pressione tra i corrispondenti limiti. 83. Dietro i suesposti principi! d’acustica si può dare la teoria dei diversi strumenti musicali, e si potino intendere-gli oflìcj delle singole parli di quegli apparecchi organici che nel- l’ uomo e negli animali servono alla percezione dei suoni ed alla produzione della voce o del canto. 86. Per diversi fenomeni si fa manifesta la coesione (75) nei liquidi in generale , e pur anco iti quelli ne’ quali tui» Uhm, di risica li e pur CAPO TERZO 452 uinu, se non nulla, si mostra la viscosità. Ma coi liquidi non è dato determinare in un modo diretto, come si fa coi solidi, la coesione relativa ; bensì per vie indirette possiam accertarci che essa ha un differente valore ne’diversi liquidi, e (Ite anzi ne’ liquidi molto viscosi, come nell’olio di ricino, nella trementina e simili, essa si mostra più debole che nell’acqua , purché si lascino operare per un tempo abbastanza lungo le forze tendenti a disgiungere le loro molecole. Imperocché la imperfetta fluidità, ossia la viscosità nei liquidi è effetto delle forze molecolari di orientazione, doveechè la coesione è effetto delle forze molecolari attrattive. L’intensità di queste forze scema sì rapidamente col crescere delle distanze, da riescile inefficaci ad una distanza appena sensibile tra le molecole. La coesione nei li _ ' riesce notevolmente maggiore quando sono spogliati dell’aria o dei gas che ordinariamente contengono, e diminuisce poi in ogni caso col crescere della temperatura. Diversi sperimenti di Henry, Donny e Bel* lavitis provano che la coesione nei liquidi è mollo maggiore di quello che ordinariamente lo si pensi. 87. Dicesi aderenza la proprietà che mostrano le parti superficiali dei diversi corpi, per cui ove sian condotte all’apparente contatto, tendono a star tra loro unite, opponendo una sensibile resistenza a quelle forze che operano per Placcarle in direzione perpendicolare alle superficie istesse. La forza che produce siffatta tendenza è detta adesionej la quale però non è altro che un particolar nome dato all’ attrazione molecolare operante tra le superficie combaciate di corpi distinti. La delta resistenza tra due superficie di data natura cresce proporzionatamente al numero dei punti dell’uno che sono a mutuo contatto coi punti dell’ altra, ossia proporzionatamente alla estensione ed alla levigatezza delie superficie mutuamente toccantisi,senza relazione alcuna colla grossezza e colla massa dei corpi de’quali esse fan parte; decresce rapidamente d'intensità colfauinenlar delie distanze, sicché riesce nulla ad una distanza appena sensibile, e vien pure diminuita col crescere FENOMENI CAPILLARI 15$ «Telia temperatura. La si verifica per molti ed isvariati fenomeni tra solidi e solidi, tra solidi e liquidi, tra liquidi e liquidi, e tra solidio liquidi e fluidi aeriformi, pur ne! vuoto pneumatico. Nei solidi cresce sensibilmente anche col tempo del combaciamento, e colla pressione esercitata perpendicolarmente alle superficie. In molte arti si trae partito dell’adesione per collegare tra loro saldamente diversi corpi. 88. La superficie libera dei liquidi tranquilli in prossimità della superficie dei solidi non riesce piana ed orizzontale , come vuole la legge d’ idrostatica al §54. Frammezzo alle superficie tra loro poco discoste di due solidi e nell’interno dei cannelli angusti, benché aperti ai due estremi, e tuffati in parte in un liquido, la superficie libera di questo risulta o più elevata o più depressa del livello del liquido esteriore, in opposizione all’altra legge d’idrostatica al § 50. Cotesti egli analoghi fenomeni,si dicono fenomeni capillari , e si chiama azione capillare o capillarità la loro causa, giacché gli effetti di questa sono assai cospicui ne’ cannelli aventi una cavità cilindrica di si pieeoi diametro da uguagliare lo -spessore d'un capello. Leonardo da Vinci sembra essere stato il primo a far qualche esame su questi fenomeni, i quali furon poi viemmeglio studiati daU’Aggiunti (1034), dal Montanari (Ki67), dall’Hauksbée (1710) e da tant’ altri, specialmente in questi ultimi tempi. Dall’insieme di siffatte indagini risultano le seguenti leggi: Quando il liquido valga a bagnare il solido, s’innalza su la superficie di questo, presentando esso una superficie concava; e per opposto quando non lo bagni, si stacca dal solido, deprimendosi e presentando una superficie convessa. Nei cannelli della stessa materia e di dato diametro le elevazioni o le depressioni d’un medesimo liquido sono indipendenti dallo spessore delle loro pareli. Sono pur eguali tra loro gl’innalzamenti d’un dato liquido entro cannelli di egunl diametro ma di differente materia, purché siati tutti bagnabili da esso, anzi purché ne siano stali tutti preventivamente ha* 4éii CAPO TERZO guati. Le stesse cose valgono perle elevazioni o le depressioni dei liquidi frammezzo a due lastre, le cui superficie affacciale siano piane, parallele tra loro e situate ad una piccola distanza individuata. 1/ angolo formalo dalla superficie libera d’un dato liquido eolia superficie d’un dato solido nei punti di mutuo contatto riesce costante, qualunque sin la figura della linea comprendente i detti punti (che è chiamata contorno della superficie libera del liquido), purché in questa non.vi siano angoli molto acuti. Qualora i cannelli abbiano diametri interni minori di millimetri 2, le elevazioni o le depressioni d’un dato liquido sono prossimamente nella ragione inverso dei diametri; mentre al dissopra di tal lìmite esse decrescono in una proporzione più l apida degli aumenti ne’diametri. Perù, secondo le osservazioni di Simon de Metz (ISSI) e di Emilio Béde (1852), gli innalzamenti di un liquido crescono in una ragione alcun po’più rapida delle diminuzioni ne’diametri pur quando sian questi di mollo minori d’un millimetro: il che non si verifica pel caso delle depressioni (<*). Fra due lastre parallele le elevazioni e le depressioni di un dato liquido corrispondono, secondo alcuni, circa alla metà di quelle diesi verificherebbero entro cannelli aventi il diametro eguale alla distanza delle (a) Così per l’acqua pura a 0° Simon osservò: Dijmetì’O Elevazione. Prodotto Diametro Elevazione P,adotto inilìuii. ■ miilin!. miliiin. millim. 1,250 24,0 30,000 0,028 1289,0 33,292 0,3(5 102,0 32,130 0,020 1693,0 33,860 0,140 233,0 32,620 0,012 2884,0 34,608 0,050 663,0 33,150 Beile sperimentando le depressioni del mercurio in 12 cannelli di diameiri decrescenti, compresi tra miti. 1,0 e mill. 0,073, trovò per i primi sei un prodotto medio di 9,61G, c por gli altri sei, i più angusti, f),772 L FEtTOMENI CAPILLARI 155 superficie affacciate delle due lastre; laddove, secondo il citato Simon, non giungerebbero esse che ad un terzo circa del detto valore, ossia corrisponderebbero prossimamente a quelle di un cannello il cui diametro fosse eguale alla circonferenza descritta su la distanza delle lastre. Il che emerge dal seguente quadro delle elevazioni dell’acqua pura , frammezzo a due lastre parallele di vetro, in relazione alle diverse loro distanze-, le temperature essendo comprese tra 46-^ e 20°, mentre il prodotto delle distanze per le rispettive-elèvazioni dovrebbe nel primo supposto corrispondere all’ascensione dell’acqua in un cannello di millimetri 2 di diametro, cioè a circa millim. 45: Distanza Elevazione Piodotto Distanza Elevazione Prodotto mitlim. millim. tnilliin. tnillim. 1,000 3,17 9,47 0,268 38,42 10,30 0,518 10,13 10,00 0,250 41,24 10,31 0,500 20,00 10,00 0,229 46,90 10,32 0,404 25,00 10,10 0,194 53,20 10,33 0,279 27,86 10,30 0,158 65,38 10,33 I diversi liquidi si elevano a differenti altezze in cannelli di dato diametro, benché questi sian bagnatoli da ognuno di essi, senz’aleuti apparente rapporto colla densità relativa dei liquidi medesimi, come si scorge, dal seguente quadro degli innalzamenti di varii liquidi in un cannello di un millimetro di raggio, secondo le osservazioni Gay-Lussae, Frankenheim (4835), Avogadro (1837) e Brunner ( 1847). Le elevazioni qui indicate corrispondono all’altezza in millimetri dei punti più elevati, ossia del contorno della superficie concava del liquido entro il cannello al dissopra del livello del liquido esterno. Ove si voglia desumerne l’analoga altezza del punto più depresso di detta superficie concava, basterà sottrarre da ciascuna elevazione millim. 0,333. CAPO TERZO 150 Acqua pura Acido tartrico sciolto . . » fosforico » . . » cloridrico concentrato » malico sciolto . . » citrico » . . Soda caustica sciolta . . . Acido arsenico sciolto . . Sali neutri sciolti (g 4 — \), ove r è il raggio interno d’una sezione trasversale del tubo; a l’altezza della colonna cilindrica di liquido innalzato nel tubo al dissopra del livello del liquido esteriore , ossia 1’ ordinata verticale del punto più depresso della superficie libera del liquido che ha la sua concavità volta all’esterno, espressa colla medesima unità lineare con cui s’esprime r; ed m è un coefficiente costante dipendente dalla natura del liquido, indipendente daila natura del solido, e che vana di valore ne’ diversi liquidi : esso teorica* mente corrisponde a e sperimentalmente corrisponde al- 1’ elevazione che presenta il contorno della superficie libera FENOMENI CAPILtATU 161 d’ognl liquido elevato in un cannello cilindrico col raggio in-* terno eguale all’unità di misura (la quale d’ordinario è un millimetro), epperò corrisponde ai valori indicati nell’ultima colonna della tabella esposta a pag. 156(°). Fraiikenheim denomina questa costante il valore della silici fui 3 cioè dell’azione del liquido sopra sè-stessa, dicendo prosafia l'azione reciproca tra liquido e solido. E qualora il raggio interno del tubo sia minore di un millimetri!, si potrà trascurare, come molto piccolo, il 3.° termine del 2.® membro della precedente equazione, e ritenere 0 ) ò — —-•£, ossia le elevazioni di un dato liquido entro cannelli di diverso raggio, aumentata ciascuna d’un terzo del corrispondente raggio, saranno inversamente proporzionali ai raggi ( l>). Quando la materia del tubo non è bagnabile dal liquido, si 2 .» i» ♦ rn cos OC lia 1 equazione — a —- - / À 23 2 \ ■ ^cos « + -gsen ■ove n, ?n2, r e l’angolo a hanno i medesimi significati suindicati. Questa equazione può usarsi anche per i casi in cui il liquido bagni imperfettamente il solido, come fu l’acqua colla cera e coi (a) Dietro un teorema di Clairaut, assunto da Laplace a base delia t() 2(2 a — c) sua teoria matematica deli’azion capillare, sarebbe —, essendo c la forza di coesione operante tra le molecole del liquido, ed a la forza di adesione tra liquido e solido. Questo dato venne moslrato inesatto teoricamente da Poisson, e sperimentalmente da Brunner. (b) Laplace e Poisson ritengono elio le elevazioni di uu dato liquido in un dato cannello, a diverse temperature, siano in ragion diretta semplice delle densità che il liquido presenta sotto le temperature medesime, poiché suppongono che la variazione nelle forze ripulsive molecolari, corrispondente alla variata inetnsità del calore, sia trascurabile rispello alla variazione nelle forze attrattive, corrispondente alla variala disianza delle molecole. Ma dietro il risultato delle citate sperienze di Brunner, può credersi essere abbastanza sensibile f influenza delle variazioni nella intensità del calore. CAPO TERZO' m corpi grassi; se non die allora riesce «-positivo, cioè-si ha elevazione del liquido nel cannello; Può altresì applicarsi an- ehe al caso che il iiquido-bagni perfèttamente il solido* poiché avendosi ^allora « — 18G 9 , I« precedente si trasforma nell’ut 2 tiina suesposta «•—^-~. Ecco là tavola dellè dépressiotvi dèi mercurio entro tubi di vetro, calcolata da Ifouvard nel 1827, allo scopo di fare la correzione della "’àrità alle osservazioni barometriche, quando i! menisco abbia la sua curvatura normale (62j; tanto i diametri, quanto le depressioni si esprimono in milHmetri:; Dhm. Depres. Dìam. Dépres. Di.un. Durre;. Dram. Dépres. 2,0 4,579- 7,0 0,877’ 42,0- 0,260 17,0' 0,07T- 2,5 3,595 7,5 0,775 42,5 0,230 47,5 0,063 3,0 2,902 8,0 0,684 43,0 0,204- 4 8,0 0,060"’ 3,5 2,415 8,5 0,604 43,5 0,484 48,5 0,053 4,0 2,053 9,0 0,534 44,0 0,461 49,0 0,047 4,5 4,732 9,5 0,473 44,-5 0,443 49,5 0,04D S,0 4,507 40,0 0,449 45,0 0,427 20,0 0,036 5,5 4,306 40,5 0,372 45,5 0,442 20,3 0,032' 8,0 4,436 44,0 0,330 46,0 0,099 ' 24,0 0,023 6,6 0,995- 44,5 0,293- 46,5- 0,087 2 Dal valore di m per ciascun liquido può dedursi il valore di Tj cioè della forza contrattile della sua superficie libera. Esprimendo questa forza col peso in milligrammi che essa vale a sorreggere per ogni millimetro dr lunghezza del contorno di detta superficie, si ha, ad esempio: Mercurio . T = tniffig. 37<8I A. Olio d’ulive T— milli'g. 3,46 A. Acqua .... » 7,50 F. Solfuro di carbonio •• » 3,42 F. Acido solforico . » G,33 F. Essenza di trementina » 2,86 G. Etere solforico . » 1,11 F. Alcool. . . . . » 2,59 G. Analogamente, conoscendosi a, si trova il valore di T — T per quei liquidi che non bagnano-i solidi (°>. (a) Avogadro trovò che l’acqua in un tubo;ricoperto internamente di cera e d’un millimetro di raggio interno s’eleva solo* a millimetri 8,35, epperò ot= 128°.30’. Quanto alle depressioni del- meccurio in can- PENOSE?!! CAP1EBÀRI im Ij’ elevazione o la depressione a di un liquido tra due piani ^verticali, paralleli, della stessa natura e situali ad-una distanza 2 r 1’ uno dall’ altro, però molto piccola, è espressa =±[- (I-— ~ VI, prendendosi il segno superiore da a od inferiore secondo che il liquido presenterà la superficie -concava o convessa. Questa forinola di Poisson sembrava iu accordo con alcune osservazioni di Gay-Lussac su l’elevazione dell’acqua tra due lastre di vetro: ma riesce troppo discrepante colle surriferite osservazioni di Simon. L’altezza massima a cui può esser sollevato un liquido da un disco solido orizzontale, bagnabile da esso, prima del di- / OT 2 ■stucco, è data datar forinola a~ m y 2 —- y-~-, posto r il raggio del disco: ed il peso P del liquido sollevato in tal caso è dato da Pz=.?x p.(m r 2 V 2 —^§4), ove.p sia il peso di uu cubo di liquido, che abbia per lato l’unità colla quale viene espresso r. È rimarchevole la concordanza tra i valori di P calcolati con questa forinola e quelli avuti sperimentalmente nelle seguenti osservazioni di Gay-Lussac, con un disco di vetro del raggio di ceniim. 5,91811: netti di diversa materia, non bagnabile però da esso, e col predétto raggio, lo stesso Avogadro dedusse da parecchie sue osservazioni: Mercurio nel vetro Depres.millim. 4,023 x-= 40°. 21 ’T-T'^s millig. 28,81. » ferro » » 4,34 » 34.45 » » 31,07* » pialino » » 3,60 » 47. 12 • » 25,64. » neilacera » » 3,57 » 47.19 -» » 25,63. Secondo alcune osservazioni di Gay-Lussac s’ avrebbe pel mercurio nei vetro « = 43°. 11’ e T — T = millig. 32,37. Avogadro dalle sue osservazioni su l’elevazione del mercurio ne’ tubi amalgamali aveva dedotto « =: 32°. 30’, e quindi, per calcolare le depressioni del mercurio nei cannelli di piccol raggio, esibì la seguente formola a =: 0,2470r. Vedi avanti a pag. 166 l’analoga formola proposta da Poisson. ■16$ CAPO TERZO Temp. Densità Altezza a calcolata Peso aP in grammi calcolato osservato- Acqua . . . . 8°,5 0,9999 mill. 5,4(43 59,558 59,40 Alcool . . . . 8,0 0,8196 » 3,4524 31,137 31,08 » diluito . . 10,0 0,8595 » 3,4763 32,877 33,87 » » , , 8,0 0,9115 » 3,5977 37,273 37,15 Olio di trementina 8,0 0,8695 » 3,5897 34,343 34,10(o) Quando il liquido non bagni il disco, il peso P del liquido sostenuto,, lorchè questo, levatosi alla massima sua altezza,, sta per ricadere nel vaso, è dato da P — tr p. a. r + 57- p. m. r sen x, essendo l’altezza a prossimamente corrispondente ad a~ \/ ( 2 m 2 . sen" ). Post» x zz 45°. 30’ per l’angolo di contatto del mercurio col vetro, si Ita a zz ceniim. 0,137T3, ePz gram. 222,464 per il caso di un disco di vetro del raggio suesposto: laddove Gay-Lus- sac trovò sperimentalmente per /'dei valori molto dille centi in diverse prove, da gram. 152 a 293, secondo la lentezza con cui andava crescendo i pesi che determinavano il distacco del disco (A). L’altezza a di una larga goccia datiti lìquido posata su d’un piano orizzontale do esso non bagnatile, il cui diametro massimo sia 2 r, è data dalia forinola: o zz m V( l + c) + m ^ ( 2 ) J ^ 2 , dove c zz cos «► 3 Q'+(V 2 —1)™] V(t + c) (a' Secondo alcune, osservazioni di Guyton-Morveau, a determinare iC distacco di un disco d’oro amalgamato di Din. 13,535 di raggio dal mercurio richiedasi uno sforzo equivalente a grani. 23,68. Assumendo con Avogadro pel mercurio mi. 5,56, la suesposta forinola darebbe P = gram 24,9 ; la differenza, pur poco rilevante, tra queste due cifre può ascriversi ad imperfetta amalgamazione del disco. t,b) Frankenheim chiama modulo della sina/ia di un liquido la pressione che devesi esercitare su ogni unità di superficie di un disco bagnalo dal medesimo liquido per equilibrare la loro adesione,o piuttosto la coesione di quest’ultimo, preso per unità ii valore della pressione normale dell'atmosfera (61 \ A suo avviso meglio è desumere questo modulo dalle sperienze su l’ascensione dei liquidi nei tubi capillari, piuttosto die determinarlo direttamente coll’esperienze sull’adesione dei dischi : allora FENOMENI CAPILLARI 465 Gay-Lussae, alla temperatura di 12°,8, trovò per una goccia di mercurio di un centimetro di diametro, giacente su un piano orizzontale di vetro, l’altezza di mill. 3,378. Assumendo il valore S di questo modulo è dato prossimamente dall’ equazione , ove n è il numero di milligrammi a cui equivale la pressione d’ un’ almosfera sopra un millimelro quadralo ; epperò n — ì0332,9. Così, ad esempio, si ha: Per l’acqua alla temperatura 0°, posto j«2 — 15,30, S — 0,0005354 jo l’alcool alla densità 0,81, » hi 2 — 5,83, S — 0,0002677 » il mercurio » 13,596, » m2 — 5,56, S — 0,0043917 Volendo poi rappresentare la detta pressione coll’altezza di una co- S lonna del liquido stesso che la equilibri, si assumerà il quoto ~j, denominato da Frankenheim il modulo della sinafìa specifica, il quale per i tre precedenti liquidi riesce rispettivamente 0,0005354; 0,0003305; 0,0003230. 11 valore di S per i liquidi, secondo Frankenheim, è paragonabile a quello delia tenacità dei corpi solidi, misurala dal peso richiesto a romperne un filo di dala sezione, o dalia pressione in atmosfere cui esso equivale; trattandosi si nell’un caso che nell’altro di vincere la coesione Ira due porzioni d’un corpo di data superficie. Vuoisi però notare che il modo con cui un disco bagnalo da un liquido si slacca dal liquido slesso dev’essere alcun po’diverso da quello onde si produce per trazione la rottura d’nn solido; poiché la colonna liquida sollevala sotto un disco, grazie alla mobilità delle sue molecole, presenla ne’ diversi punii della sua altezza delle sezioni trasversali molto differenti Ira loro, e di continuo variabili coll’aumentar dell’altezza deila colonna medesima, essendo la figura della di lei superficie analoga a quella di una gola, che si rende sempre più cava coll’clcvarsi del disco, inoltre polrebbesi credere che lo sforzo voltilo a determinare il distacco del disco corrisponda non tanto alla coesione del liquido, quanto alla forza contrattile che si spiega nella superficie della colonna sollevata; a meno die la forza conlrallile fosse poi anrh’essa ne’ diversi liquidi proporzionale, come pure sembra probabile, alla loro coesione. Si avverta infine essersi osservalo d'a Simon file l’altezza della colonna dì un dato liquido sollevata riesce costante quando questo abbia un cerio diamelro, al dissono del' quale l’altezza medesima decresce eoi diminuii' dei diamelro: così, ad esempio, l’acqua pura a 0° si eleva all’altezza di millim. 5 sollo dischi bagnabili ed aventi diametri maggiori di 5 centimetri. Posta hi- la sinalìa dell’acqua pura ed hi. 2 quella di un altro liquido j 2 fi dì densità d, Avogadro osserva che la quantità —può servirci a va- Hi* 166 CAPO TEMO con Avoga'dro mi 5,56 ed .v— 32°.30’, la formola precedente darebbe a ~ inni. 3,2il. Puisson invece, partendo da questo dato sperimentale e combinandolo con altro dato dello stesso Gay-Lussac su la depressione del mercurio in un cannello di vetro bagnato d’acqua, lenendo per incognite m e c, trova ini0,5262, a —45°.31 )’5 e quindi propone per calcolare la depressione del mercurio in un tubo di vetro di raggio r la formolo « ~— 0,l932 r + 0,0359 r 3 , la quale sarebbe in accordo con un altro dato di Gay-Lussac, che in un cannello di rr: min. 0,9325 osservò una depressione di min. 4,69, mentr’essa darebbe 4,673. Misurando di confronto il peso in grammi e le altezze in millimetri dì diverse gocce di mercurio su d’un piano di vetro, Gay-Lussac ebbe: l’r-O Altezza Peso 6,013 3,34 1,187 '3,370 3,29 0,813 2,885 3,26 0,667 2,147 3,20 0,302 lutare l’azione molecolare che l’uno Altezza Peso Altezza 2,95 0,233 2,19 2,80 0,095 1,78 2,71 0,059 1,60 2,32 0,031 1,18 sull’allro esercitano ad una data di Stanza due volumi piccolissimi, ma eguali, di due differenti liquidi, presa per uuilà l’azione esercitala da due volami d’acqua nelle stesse circo- . , d . . ... . , stanze. E la quantità —j—5, ossia --5— esprimerà 1 azione che esercì- in m* d teranno tra loro due masse egaali degli slessi liquidi, poste ad eguali disianze. Ecco i valori di queste quantità per alcuni liquidi secondo dati di Gay-Lussac e Frankeuheim: m? d 2 j m ^ m ì 2 ' 7n <. d m* m* Acqua . . . . . 15,13 G. 1,000 15,13 1,000 1,000 1,000 Alcool. 6,08 G. 0,820 4,99 0,327 0,486 0,400 Olio di trementina . 6,58 G. 0,869 5,72 0,378 0,501 0,435 Mercurio . . . , 6,53 G. 13,596 88,78 5,868 0,032 0,432 Acido solforico . . 6,85 F. 1,819 12,67 0,845 0,245 0,453 Solfuro di carbonio . 5,44 F. 1,265 6,85 0,456 0,287 0,360 Etere solforico . . 5,10 F. 1,728 8,82 0,588 0,666 0,343 L’ultima colonna dovrebbe dare un quoto costante qualora le azioni molecolari di masse eguali de’ diversi liquidi fossero iu ragione inversa delle loro densità, onero fossero eguali per ciascuna molecola di qualsiasi natura. FENOMENI CAPILLARI 167 11 massimo peso assoluto p ed il massimo volume v di mia •goccia pendente dall’estremo inferiore di un cannello capillare, bagnatole da essa ed a sezione piana e orizzontale , di raggio esterno r’-, ed interno >r, quando sta per rompersi l’equilibrio tra la forza contrattile della superficie convessa della goccia e la pressione del liquido dalla medesima sostenuto al dissopra di detta sezione, sono rispettivamente, espressi da Cf ^ r 2 p 7T g..d r t « 1 d 1, e da v — -Zj , mentre l’altezza a’ della colonna liquida sorretta da detta forza contrattile cor- m 2 2 risponderà prossimamente ad d’ — -- 3 r < : però entro il cannello, se la superficie concava del liquido contenuto non giungerà all’ estremo superiore di esso, per la forza contrattile di qnesl’ultima superficie potrà reggersi un’altra colonna 2 la cui altezza a sarebbe corrispondente ad a — —- L • r 3 5 che se il canncllo sarà adattato al fondo d’un largo vaso contenente dello stesso liquido, la goccia potrà reggere solo la prima delle indicate pressioni. Ma qualora l’altezza della colonna liquida ecceda i detti limiti, l’equilibrio non è più possibile, il liquido si pone in moto per uscire, la figura della goccia si cambia, allungandosi alquanto, epperò il suo peso, lorcliè si staccherà dal restante liquido per cadere, differirà da quello dato dalla suesposta equazione. Gay-Lussac a 15°, essendo r’ rr inm. 3,09 trovò il peso di 100 gocce d’ acqua grani. 8,9875, e quindi grani. 0,09 circa pel peso di ciascuna goccia, mentre la forinola, postovi m 2 15,13 secondo lo stesso sperimentatore, darebbe p — gr. 0,08, ossia il peso della goccia che si stacca supera di appena -g quello della goccia in equilibrio. Nelle medesime condizioni, 100 gocce d’alcool colla densità 0,8453, diedero un peso di gr. 3,0375: per questo caso non vale la della forinola di approssimazione, essendo maggiore dell’ unità. Frankenheim fece molte osservazioni su quest’argomento, e trovò che le circostanze più 12 A/aiì. di Fisica 168 CAPO TERZO iiithienti sul volume e sul peso delle gocce cadenti ed 1 uscenti daun pieeoi orifizio praticato sul fondo d'un vaso sono: la forma e l’estensione della superficie esterna inferiore del vaso; la velocità dell’afiLuenzadel liquido, determinata dalla pressione che il liquido del vaso esercita all’orifizio; la sinatìa o l’azion capillare del liquido sopra se stesso, e la temperatura. Qualora in un cannello capillare di raggio interno r si trovino due diversi liquidi, tali però da non mescersi tra loro., le altezze a ed «’ del liquido superiore di densità d e del liquido inferiore di densità d t sul livello del liquido inferiore esterno sono date dalle seguenti: u = e - 1 e - jjr,(6+6,)+ [J'6 5 +| {ì~ — J r*J «'=-'{ «-jèt*+»J+ ,-rC r »> I(*i 1 r . 3 ì essendo T la trazione nella superficie libera del liquido sovrapposto; b ~ 2'cos. T t la trazione nella superficie del lìquido inferiore contigua al liquido superiore; b t ~ T t cos. a ( ; « e gli angoli formati rispettivamente dalle dette superficie dei due liquidi colla.superficie interna del cannello, determinali allo stesso modo che s’indicò retro (pag. 1611) per l’angolo st; ed e l’altezza della.colonnella cilindrica di raggio r corrispondente al volume del liquido soprapposto. Qualora i liquidi siano entrambi alti a bagnare perfettamente la parete del cannello, essendo « — « ( rz 180°, le precedenti danno: a’~ — — e +—j- (2 +2',). — ed a ~ x +e. Queste forinole le trazioni della superficie del mercurio in apparente contatto coll’ acqua e coll’alcool sarebbero rispettivamente J ( mg. ,37,69 e T,<~ mg. 36,04. La condizione d’equilibrio d’una breve colonnetta liquida contenuta in un.pieeoi tubo conico coll’asse inclinato all’o- 2 rizzonte è prossimamente rappresentata'dar sen B ~ 2 c af . -, secondo che il liquido bagua c“ cosi ■ o non bagna il tubo, avendo w ed m 2 i significati già attribuiti loro più sopra, posto B l’angolo che deve fare l’asse del cono coll’orizzonte, onde nella goccia si equilibrino l’azione della gravità e 1’ azione capillare', t l’angolo della parete interna del tubò'col suo asse, e c la distanza del eeutro della goccia dal vertice del cono. Si ha invece : 2 ' 2 A _ A _ TYL COS CC t « i « r sen 0 zz—^-; e sen 8 z:-?- — r - ne due casi precedenti 2c - cos i 2 c“ cos i per una goccia rattenuta tra due lastre piane d’egual natura e comprendenti tra loro l’angolo 2 4 essendo 8 l’angolo formato coll’orizzonte dal piano che divide per metà l’angolo 2 4 affinchè la gopeia stia in equilibrio col suo centro ad una distanza c dalla comune intersezione dei due piani dati: però le dette forinole di approssimazione valgono sol quando l’angolo 2t sia molto piccolo, sia piccolo lo spessore della goccia rispetto alla di lei larghezza, e sia pur piccola questa larghezza tanto rispetto alla distanza c quanto rispetto al valore di m relativo alla natura del liquido. Però, ove l’angolo B sarà minore di quello dato da queste equazioni , la goccia si innoverà discostandosi od avvicinandosi al vertice dell’angolo i. Ìj azione capillare modifica la condizione d’equilibrio pei solidi galleggianti indicata al § 38. Un solido il cui peso reaie, cioè nel vuoto, sia p starà in equilibrio a galla d’un liquido, la cui densità sia <4 quando si verifichi l’equazione $ — q,d[v — u), essendo v il volume della parte immersa deli 170 CAPO TERZO solido al dissotto del livello del liquido, ed u il volume del liquido sollevato od abbassato dall’ azion capillare intorno al solido: cioè dovrà il peso del corpo essere eguale al peso del volume di liquido occupato dal corpo al dissono del livello, meno o più il peso del liquido sollevato o depresso dall’azion capillare. Evidentemente il volume m sarà tanto maggiore quanto più lunga sarà la linea di contatto tra la superficie del solido e quella del liquido, e quanto più ottuso 0 più acuto sarà l’angolo a compreso fra queste due superficie. Da qui il galleggiare d’alcuni corpi, che pur hanno un pesospecifico maggiore di quello del liquido che li sorregge. Se il corpo galleggiante è attaccato al guscio d’ una bilancia, bisognerà per l'equilibrio porre sull’altro guscio -un peso/» — p’, essendo p' — q d (v — ii), e conservando del resto le notazioni precedenti. Draper ha mostrato con varii sperimenti che le correnti elettriche valgono a modificare notevolmente le azioni capillari , tendendo esse a menomare la coesione nei liquidi. 90. In base ai precedenti principe è dato spiegare molt’altri fenomeni dipendenti dall’azion capillare: come, ad esempio, il sostenersi delle gocce liquide pendenti dai solidi bagnabìli, dipendentemente dalla figura della loro superficie; il potersi contenere da un vaso un volume di liquido maggiore della capacità di esso; il non traboccare dei liquidi elevati nei •cannelli capillari tullali verticalmente in essi, non ostante che si abbassi il loro estremo superiore sino a piccolissima distanza j dal livello del liquido esterno; il travasainento dei liquidi per ! opera della capillarità, effettuabile sol quando nei tubetti capillari si verifichi la condizione di efflusso per un sifone: la possibilità di ridurre la superficie libera di un liquido in un ramo di un sifone capillare bagnabile da esso e cogli estremi 1 volti all’insù, ad esser più depressa che nell’altro ramo benché d' egual diametro interno, ovvero di ridurre la superficie libera d’un liquido entro un cannello capillare bagnabile ad .ssere più depressa del livello che esso presenta entro mi FENOMENI CAPILLARI 171 largo vaso comunicante coll’ istesso cannello; alcune apparenti attrazioni e ripulsioni a distanze sensibili fra i corpi galleggianti sui liquidi; ittioli offerti dalle gocce d’alcuni liquidi posate su lastre piane orizzontali, o pendenti da fili cilindrici, oppur contenute in cannelli cilindrici, stando orizzontale l’asse sì degli uni che degli altri, quando s’aumenti la temperatura da una sola banda di esse; il moto che si osserva nella bolla d’aria di una livelletta ad alcool, tuttoché si trovi nella sua normale posizione d’equilìbrio, qualora sì scaldi inegualmente il liquido ai due estremi della bolla; ecc. 91. Dicesi imbibizione il fatto per cui, ponendo un solido a contatto con un liquido atto a bagnarne la superfìcie, vien questo penetrando mano mano ne’ suoi pori più interni per azion capillare , anche indipendentemente dall’ azione delia gravità e dell’affinità chimica, e ne espelle parte dei gas che prima vi sì annidavano. Malteucci e Cima fecero una serie di osservazioni su l’ imbibizione, dalla quale apparirebbe aver influenza in molli easi qualch’altra azione oltre la capillarità, da che Taunventar della temperatura favorisce anziché menomare l’imbibizione (“). E secondo Horsford e Nicklés tutti i metalli che sono bagnabili dal mercurio, ossia amalgama- bili, lo lasciano facilmente permeare nel loro interno, imbevendosene. I corpi organizzati ben si prestano all’imbibizione; ma in essi, e specialmente ove siano viventi, il fenomeno riesce più complesso, cospirando colla capillarità, diverse altre azioni fisico-chimiche e fisiologiche. In un solido, inzuppato già d’un liquido ed esposto all’aria libera, l’essica- zione si compie ancora per azion capillare, la quale chiama il liquido numo mano dall’ interno verso 1’ esterno del solido. (a) Nell’alto che un solido poroso s’imbeve d’ua liquido, ancorché non v’abbia azion chimica conosciuta, si ha un debole sviluppo di calore, come mostrò Pouillet; forse a molivo d’una condensazione dei liquido in contatto colla superficie del solido prodotta dall’attrazione molecolare di adesione ( 87 ). CAPO TERZO 472 Molle sono le applicazioni di questi fatti> e molti i fenomeni che per essi ricevono spiegazione. 92. Una goccia liquida posta su di un piano orizzontale bagnatole da essa, tende a distendersi su di questo, tanto per azione della gravità ,= quanto perenzione capillare. Però più facilmente s’allargherà la goccia,-ove il piano presenti un attrito minimo (come quando questo è dato dalia superficie libera d’ altro liquido che non abbia affinità per essa), e qualora sia debole la coesione nella goccia stessa, come è dei liquidi che meno s’innalzano ne’cannelli capillari, e come accade per ogni liquido col crescere della temperatura: la viscosità invette tenderà a render più lento il distendersi della goccia. In molti casi, a render pronto l'allargamento della goccia, sembra intervenire la forza espansiva dei vapori contenuti nei pori de’ liquidi alla densità di saturazione, poiché cotesti vapori svolgonsì là dove non sono rattenuti dalle forze molecolari del liquido, cioè alla superficie libera di; questo.'A render più complesso un tal fenomeno sorviene molte volte l’affinità, o fors’anco un’azione elettrica, E notevole che i liquidi combustibili e gii acidi sono quelli che più distintamente si espandono. Interessanti sono le osservazioni istituite da Fusinieri sui fenomeni che accompagnano le espansioni delle gocce di moltissimi liquidi; quantunque le sue idee teoriche non siano in tutto accettabili. '.Kì. Ouando due o più gas di natura diversa, che però non esercitino tra loro azione chimica, si trovano in equilibrio entro recipienti separati, i quali si fanno poi comunicare tra loro per appositi tubi, si diffondono scambievolmente gii uni negli altri, sicché, trascorso un certo tempo, si ha una miscela uniforme, tale cioè che in ogni parte della capacità dei vasi comunicanti si riscontrano i diversi gas frammisti nelle stesse proporzioni; quand’anco le forze espansive fossero dapprincipio eguali in lutti, essendo per ciascuno eguale la pressione e la temperatura; quand’anco i gas specificamente più pesanti si trovassero situati superiormente ai più densi, ramjsioNE dei Eiomni 173 ‘e-qnctnd’ anco durante il succennato tempo siasi ovviata ogni causa esterna di agitazione: di poi la massa riesce in equilibrio, e la miscela permanente. Graham {1825) 'trovò che i poteri di diffusione dei diversi gas, ossia le quantità in volume con che ciascun d’essi passa da uno ad altro recipiente, ad eguali circostanze, ed in tempi eguali, sono inversamente proporzionali alle radici quadrate delle rispettive loro densità. Analogo fenomeno succede ancor quando i gas potine comunicare tra loro per de’ canali capillari di un solido poroso. E quando la mischianza è compiuta, la forza espansiva della medesima corrisponde alla somma delle forze espansive primitive di ciascun gas, riferita però ognuna alla totale capacità'dei vasi comunicanti, giusta la legge di Boyle, qualora le pareti di questi siano inestensibili, e la temperatura sia rimasta costante. 94. Il fenomeno delle diffusione reciproca si verifica anche coi liquidi. Imperocché due liquidi di diversa natura , che non abbiano tra loro affinità chimica, e che però agitati tra loro meccanicamente possati dare una uniforme mischianza , ove si trovino a reciproco contatto in qualche parte della loro superfìcie, tendono a diffondersi scambievolmente 1’ uno nell’altro, sino a formare, dopo un certo tempo, una miscela omogenea, non ostante che il liquido dì minor peso specifico si trovasse dapprincipio sornuotante al liquido più denso, ossia non ostante clic la gravità tenda ad opporsi a quei moti che si devoti verificare 'tra’1e loro parti per produrre la detta mescolanza. E qui si desumono i poteri di diffusione dei diversi liquidi dalle quantità in peso di ciascun d’ essi che si diffondono in un dato tempo entro un altro liquido, essendo del resto pari le circostanze. In ciascuna soluzione salina il potere di diffusione cresce proporzionalmente alla quantità del sale sciolto entro data quantità d’acqua ; e cresce ancora notevolmente coll’aumentar della temperatura, sino a raddoppiare per un aumento di 27° C. D’ ordinario ne’composti isomorfi si mostra eguale la diffusibilità: e in genere ne’di- 174 CAPO TERZO ■versi liquidi, come nei gas,le diffusibilità son legate tra loro 1 da rapporti numerici molto semplici. Sono interessanti le osservazioni di Graham (183U) su quest’argomento (“). (a) Delle soluzioni falle con grana. 26 di diverse sostanze in gram. 130 d’acqua, poste separatamente in ampolline con collo avente l’apertura del diametro di centim. 3, e lasciale per sette giorni in largo vaso contenente acqua pura, che loro sornuotava aduna eguale altezza, perdettero per diffusione le seguenti quantità in grammi della sostanza discuoia : Acido solforico . . » 4,492 Cloruro di sodio . . 3,802 Solfalo magnesico . . 1,781 Zuccaro d'amido . . 1,745 Zuccaro di canna cristal. 1,733 Gomma arabica . . . 0,858 Albumina.0,196 Gli acidi nitrico e cloridrico hanBo una diffusibilità eguale e quadrupla 1 di quella del fosforico, l’acido acelieo eguale a quella del solforico. Sr eguagliano in diffusibilità l’urea eoi eleruro sodico, e il solfalo di zinco- con quello di magnesia: però l'eguaglianza di diffusione di queste coppie sussiste per pesi eguali e non per pesi chimicamente equivalenti- Mostrano egual diffusibilità il carbonato, il solfalo e l’acetato di potassa , il solfato d’ ammoniaca ed il ferrocianuro di potassio -, eguaglianza che si mantiene pur variando per tutte egualmente 1» temperatura ed il rapporto tra la quantità del corpo soluto e quella del solvente: Iranno pure egual potere di diffusione it nitrato ed il clorato di potassa, il nitrato ed il cloridrato d'ammoniaca, ed il cloruro potassico. Ora si ritrova che i tempi ne’quali s’etfeltua un’eguale diffusione nel primo e nel secondo gruppo stanno tra loro come V’ 1: V 2. 1 tempi d’egual diffusione nei sali analoghi di potassa e di soda stanno come V 2: V 3. L’idrato potassico ha diffusione doppia del solfato potassico, e quadrupla del solfalo maguesieo. I sottosali solubili ed i sali amuiomo-melalliei hanno debole diffusibilità. Se due o più sali stanno sciolti in una stessa ampolla, eiascuno si diffonde colla propria vigorìa come se fosse solo: siechè da una miscela ponno separarsi i sali aventi mollo differente diffusibilità. Un dato sale si diffonde in un altro qualunque ( purché non accada azion chimica ) con quella stessa energia ebe mostra passando nell’acqua pura. ENDOSMOSI TRA I UQUIDT 475 95. E indicato comunemente col nome d’endosmosi quel fenomeno che presentano due liquidi eterogenei e miscibili tra loro, i quali essendo separati da un tramezzo sottile, minutamente porosoe du essi bagnabile, fanno reciproca irruzione l’uno nell’ altro, ma con diversa intensità, sì da far crescere il volume dei liquidi da una banda del tramezzo, e scemare dall’altra, ancorché dapprincipio fossero equilibrate le pressioni idrostatiche su le due facce del tramezzo medesimo. Quando poi dalle due parli siasi formata un’uniforme miscela,, agisce soltanto la gravità, e riesce di nuovo soddisfatta la legge idrostatica. Questo fatto, avvertito prima da Nollet e Parrot,fu specialmente studiatola Dutrochet (182(5), il quale disse impropriamente far endosmosi il liquido più irruente ed esosmosi quello meno irruente ( da impulso ; IVSov, entro; fuori) perchè nelle sue prime sperienze la corrente forte era diretta all’ indentro d’ un sacco membranoso contenente il liquido che dava la corrente debole. Dieonsi en~ dosmomelri que’ diversi apparecchi che servono a paragonare i poteri d’irruzione de’differenti secondo le circostanze. Pois- son (1826) e Magnus (1827) esposero pei primi le più precise idee teoriche su questi fenomeni.. Le condizioni necessarie' alla loro produzione sembrano due : che almeno uno dei liquidi sia atto ad imbevere (91) il tramezzo poroso, e che i due liquidi siano diffusibili (94) 1’ uno entro I’ altro. Però quanto maggiore sarà la differenza nell’ azion capillare dei due liquidi entro i pori del solido e la differenza nella rapidità della loro diffusibili!à,. tanto più distinto sarà il fenomeno della variazione nel livello de’due liquidi contrariamente alle leggi idrostatiche. Vuoisi pur tener conto dell’ azione capillare dell’un liquido su l’altro,, e della loro diversa viscosità. In generale coll'aumentare della temperatura cresce nei liquidi il potere d’irruzione. Ma ben soventi, intervengono a modificare o complicare i risultati, 1’azion chimica o dissolvente di ciascun liquido su la sostanza del tramezzo r 1’ azion chimica dei due liquidi tra loro e 1’ azione di tras* CAPO TEMO 176 porto delle correnti elettriche, provocate da dette azioni chimiche. Secondo Dutrochet, colle membrane animali, l’acqua pura fa prevalente irruzione verso le soluzioni d’albumina, di zuc* caro, di gomma e di gelatina, e verso le soluzioni de’ diversi sali; e per ciascuna soluzione l’endosmosi dell’acqua riesce tanto più pronta e più distinta quant’è maggiore la proporzione del corpo disciolto rispetto al solvente. Secondo Ma- gnus le soluzioni saline più solubili son quelle che meglio favoriscono l’irruzione dell’acqua pura verso di esse. Le soluzioni poco dense degli acidi ed a bassa temperatura, secondo Dutrochet, fanno prevalente irruzione verso l’acqua; mentre, oltre una certa temperatura ed una certa densità —variabili ne’ diversi acidi —è l’acqua che fa endosmosi verso di esse: gli acidi molto densi ricevono irruzione prevalente non solo dall’ acqua, ma anco dalle soluzioni saline. È rimarchevole die l’acido solfidrico, a qualunque densità ed anche unito ad altra soluzione, dà sempre endosmosi verso l’acqua. Con una vescica animale l’alcool riceve dall’acqua più che non dia, laddove col taffetà gommato l’alcool dà una più energica corrente verso l’acqua che non questa verso quello. Colle membrane animali gliolj volatili fanno prevalente irruzione verso gli olj fissi, mentre l’alcool fa endosmosi sì verso gli uni che verso gli altri. Il solfato potassico più diffusibile-dell’acetato potassico fa irruzione verso di questo. L'argilla cotta, si grossolana che fina, serve abbastanza bene all’ endosmosi ; e invece le lamine sottili di grès siliceo, di carbonato calcare e di porcellana imperfettamente cotta , benché porose da lasciar filtrar l’acqua, non producono endosmosi. Le pellicole vegetali si prestano benissimo alla produzione di questo fenomeno. Matleucci e Cima (1846) fecero molte serie di osservazioni su l’endosmosi prodotta dalle membrane animali. Trovarono avere una grande influenza, sia nella direzione che nell’intensità delle irruzioni più forti, la natura delle differenti mem- - ASSORBIMENTO DEI GAS 477 forane:, e per ciascuna di queste aversi una ben diversa intensità d’endosmosi con due dati liquidi, secondo la disposizione dèlie sue due facce piuttosto verso l’uno che verso l’altro li- quido: e ciò fintanto che le membrane sono fresche (cioè appena tolte dagli animali), e non disseccate od alterate dalla putrefazione, ne’ quali ultimi casi o riesce indifferente la disposizione delle facce, o non si Ita-più endosmosi..Ad esempio,- nelle pelli di diversi animali l’acqua passa più facilmente dalla faccia interna verso l’esterna: varia però nelle diverse pelli l’intensità relativa d’ endosmosi de’ differenti liquidi. Le membrane mucose dello stomaco e della vescica urinaria dei varii animali presentano differenze ancor maggiori e per la direzione più favorevole all’ endosmosi dell’ acqua e per la intensità relativa delle irruzioni coi diversi liquidi. Le differenze osservate dipendentemente dalla disposizione delle membrane, non provengono da differenze nella corrente più forte, la quale si mantiene costante, ma-bensì da differenze nella esosmosi, ossia nella contro-corrente più debole. Il doti. Bacchetti osservò la rapidità dell’endosmosi esser notevolmente aumentala tra due dati liquidi, quand’ uno di essi vieti di continuo rinnovato, ossia quand’è in istalo di moto. Molte ed importanti sono le applicazioni che si potino fare di questo fenomeno fisico-chimico a rischiarare alcuni fatti fisiologici de’ vegetali e degli animali. 96. Un solido poroso, stando in contatto con un gas, ne assorbe e condensa nel suo interno una certa quantità, benché non siavi tra essi affinità chimica. Le forze attrattive che si esercitano tra le molecole del solido e le particelle gasose penetrate ne’suoi pori, attenuando la. forza espansiva propria di quest’ultime, affinchè colesta forza si equilibri con quella del gas esterno, bisogna che il gas interno assuma una maggiore densità: anzi in molli casi può credersi che il gas penetrato si liquefi in parte in contatto delle pareti solide dei pori. Ma la quantità del gas assorbito da un dato volume del solido aumenterà col crescere della pressione del gas esterno, 478 ; CAPO TERZO e scenverà Tnvece coll’ aumentare della temperatura («). Varia altresì la< detta quantità secondo-la natura e la struttura del solido, e secondo la- natura- del gas. Saussure trovò che a 12° eirca ed alla pressione ordinaria ogni unità' di volume di carbone di bosso assorbe i seguenti numeri di unità di volume de’ diversi gas;- ©as-ammoniaco . . . 90 Bicarburo d’idrogeno . . 35,00 • acido cloridrico . . 85 Ossido di carbonio. . . 9,42 n » solforoso . . . 65 Ossigeno. » solfuro d’idrogeno . . 55 Azoto ...... .. 7,50 » protossido d’azoto . . 40 Idrogeno . . 1,75 ip) » acido carbonico- . . . 35- (a) Propriamente Saussure trovò- che col variare della pressione, stando costante la temperatura, le quantità in volume dei gas assorbiti sono più grandi sotto le piccole pressioni che sotto le pressioni maggiori (per esempio, sotto una pressione di mel. 0/26 il carbone di bosso assorbì 69 volte il proprio volume di gas acido carbonico, mentre sotto la pressione ordinaria ne assorbe 35 ) : nondimeno le quantità in peso dei gas assorbiti sono minori qnand’essi sono rarefatti o meno compressi che quando sono più condensali. (b) Saussure notò che lutti i gas tengono Io stesso ordine di con- densibiiilà nelle singole varietà di corpi della medesima natura chimica. Così lutti gli asbesti condensarono più gas acido carbonico che ossigeno, e le varie specie di legni secchi più idrogeno che azoto: ma le condensazioni assolute differivano sensibilmente nelle diverse specie degli asbesti e nei diversi legni, forse a cagione della differente loro porosità. Nel carbone in pezzi l’assorbimento fu maggiore che nel carbone ridotto in polvere impalpabile e preso a peso eguale, benché in quest’ultimo slato il volume e quindi la porosità fosse più grande; e analogameule ne’ carboni più densi maggiore è l’assorbimento, almeno sino ad un certo limile. Così, presi a volumi eguali, e ad egual temperatura e pressione, il carbone di sovero assorbe una quantità piccolissima d’aria, quello di abete 4,5 volumi-, quello di bosso 7,5, il carbon fossile 10,5, mentre la grafite dà un assorbimento quasi nullo. Pertanto la condensazione dei gas, almeno sino-ad un certo limile, sembra essere inversamente proporzionale alle dimensioni dei pori, come l’innalzamento dei liquidi ne’cannelli capillari è inversamente proporzionale ai loro diametri. Il carbone inzuppalo d'acqua ha una facoltà assorbente circa due volte minore che quando è asciutto. Introducendo un carbone già impregnato d’un gas entro di un altro gas, questo pure vi peuelra, ma ne espelle parte del primo. Che se ASSOUBTMETiTO DEI GAS IV'on v’ è p.erò alcun evidente rapporto tra le densità de’ diversi gas e le quantità che d’ ognuno di essi vengon assorbite nel carbone. E notevole esser molto condensibili i gas che si svolgono dai corpi animali in putrefazione o che giovano alla vegetazione; e da qui alcune utili applicazioni del carbone. Anche i metalli ridotti in istato spugnoso, o di finissima polvere, epperò presentanti una superficie molto estesa a fronte della loro massa., valgono ad assorbire gran copia d’alcuni gas (persino duecento volte il loro volume), pur quando non accade combinazione chimica tra gli uni e gli altri. Molto meno attivo è il vetro pesto. Sono pregevoli alcune recenti osservazioni su quest’argomento di Magnus e di Jamin e Bertrand. In ogni caso di condensazione d’ un gas entro un solido avvi svolgimento di calore, come si dirà trattando delle fonti del calore. I tessuti organici animali privati delle materie grasse, ed i tessuti vegetali disseccati assorbono agevolmente il vapor acqueo, onde son detti corpi igroscopici. Secondo le osservazioni di Violette i carboni preparati a differenti temperature assorbono diverse quantità di vapor acqueo: i legni secchi è semplicemente torrefatti ne assorbono maggior quantità dei carboni propriamente detti; minimo è poi l’assorbimento nei carboni fortemente calcinati: gli stessi carboni ridotti in polvere colla lima o col pestello assorbono da un terzo sino a due volte di più del vapore che condensano essendo in pezzi. E per una condensazione del vapore acqueo sulla superficie del vetro, che questo è d’ordinario ricoperto da un velo umido, il quale difficilmente si toglie. il primo gas è più condensabile del secondo, maggiore sarà lo sviluppo di quello die rassorbimento di questo : e succederà il fenomeno inverso, se il primo gas è meno condensabile del secondo. II volume del gas espulso da un solido poroso per mezzo d’un altro gas varia in ragione della proporzione dei due gas che restano liberi esteriormente ad azione compila : però l’espulsione cresce secondo che maggiore è l’eccesso del volume del gas die si adopera per cacciarne un altro, ed è probabile che in un’atmosfera indennità d’un gas escirebbe per intero un altro gas dianzi condensatovi. CAPO TERZO 480 Anche' i liquidi assorbono diverse quanlirà de’vlille'renti gas e li tengono condensati o disciolti entro i loro pori. Saussure a lo Q circa trovò che ogni cento centimetri cubi di acqua pura e di alcool alla densità 9,84>assorbouo i seguenti numeri di centimetri cubi di gasr Acqua Alcool Acqua Alcool Acido solforoso 437S 11577 Ossigeno* . . . 6,5 16,25 Solfuro idrico 253 606 Ossido di carbonio 6,2 14,5 Acido carbonico - 106 " i se- Idrogeno . . . 4,6 5,1 Ossido d’azoto 76 tsa Azoto .... 4,2 4,2 Bicarburo idrico 15,5 127 Epperò quei gas che sono più condensabili nel carbone di bosso lo sono anco ne’due detti liquidi. L’acqua condensa circa 500 volte il suo-volume di gas ammoniaco, oltre a 500 volumi di gas cloridrico, 700 a 800 di gas fluoborico, e 1600 volumi di etilainina. L’acqua, assorbendo' dei gas aumenta alcun po’ di volume. Henry avvertì pel primo, e i>a!ton e Saussure il confermarono, che sotto una data temperatura 1’ acqua assorbe sempre la stessa quantità in volume d’uu dato gas, qualunque sia la pressione esterna di questo, epperò le quantità in peso saranno invece proporzionali alle pressioni, e quindi alle densità dal gas esterno. E [>»lton trovò che ance le variazioni nella temperatura non influiscono sul variare te quantità in volume di ciascun gas che 1’ acqua può assorbire, ossia che le quantità in peso del gas sono direttamente proporzionali alle densità che esso presenta sotto le differenti temperature. Che se V acqua trovasi in contatto'con una miscela di diversi gas, ne assorbe di ciascuno una quantità in peso eguale a quella che ne assorbirebbe, ove fosse in contatto con quel gas da solo, e questo esercitasse urta pressione eguale a quella frazione della pressione totale elle ad esso compete nella miscela. Così, ponendo*con llegnault che l’acqua assorba 0,0253 del proprio volume di azoto e 0,046 di ossigeno, e che* F aria consti d’una miscela di 79,1 d’ azoto e 20,9 d’ossigeno in. volume, l’acqua, stando in. contatto coll’ ada, dovrebbe te • affinità’ chimica i'Si ner condensata una miscela di 32 d’ossigeno e 6S d’azoto, pure valutati a volume, come infatti mostra l’esperienza. Però nell’ acqua in cui vivono de’ vegetali e degli animali questa proporzione sarà modificata. Le predette leggi sono applicabili solo ai gas che si assorbono dall’ acqua in poca quantità e eoi quali essa- non forma mia combinazione chimica propriamente detta. Nei liquidi viscosi si verificano le stesse leggi relative alla pressione ed alla temperatura, se non che l’assorbimento dei gas succede assai più lentamente, lm quantità in peso di un gas assorbito da tuia data soluzione salina sembra diminuire a misura che cresce la quantità del sale disciolto. La condensazione dei gas sì ne’ solidi che ne’liquidi vuoisi ascrivere ad un’ attrazione tra la materia eterogenea, analoga all’affinità chimica. 97. Due diversi gas separati essendo da un tramezzo solido sottile e poroso-presentano un fenomeno analogo a quello del- l’endosmosi dei liquidi (9«>). Perirle membrane animali asciutte som» attraversato dai diversi gas con diversa prontezza, appunto secondo il vario potere di diffusione d’ogni gas (94): laddove quando esse sono inumidite d’ acqua lasciali passare di preferenza i gas più condensabili nell’ acqua. L’ endosmosi gazosa può verificarsi anche attraverso tuia lamina liquida, per esempio, attraverso il velo d’ una bolla d’ acqua saponata , o la pellicola dei globuli sanguigni. Le osservazioni di Magnus, di Matteucci e d’ altri mostrano che la tramutazione del sangue venoso in sangue arterioso è anzitutto un fenomeno fisico-chimico, elle riceve molta luce dai suesposti principj. Dalie osservazioni di Gardner si rileva che anco le piante si ponno riguardare, per rispetto alla loro l'espirazione, come un sistema poroso, sottomesso alle leggi deila diffusione dei gas ne’ solidi porosi e ne’ liquidi. 98. L’attrazione molecolare, ogniqualvolta operi in congiungere molecole eterogenee, prende nome ài affinila: eppe- rò tutti i corpi composti (45) si tengono prodotti da affinila. L atto per cui s’ uniscono due o più corpi per affinità si chias 882 CAPO TERZO ma combinazione chimica, mentre dicesi scomposizione fatto per cui un corpo composto-vien risolto ne’suoi componenti. IN’on è ancor dato dichiarare in che propriamente differisca l’affinità dalla coesione (73 e 86) e dall’adesione (87). A favorire raffittita, giova il divider prima i corpi da combinarsi iti parli quanto più si può minute, sia per attenuare in ciascuno di essi la coesione, sia onde poter mescere per bene gli uni cogli altri e moltiplicare i punti di loro mutuo contatto; e da qui il motto corpora non a (pini itisi sinl solida. La detta suddivisione non solo la si ottiene colla triturazione meccanica, ma benaneo e più di soventi colla soluzione in un liquido o colla'fusinne ignea. Qualora l’affinità agisca combinando due corpi indecomposti (45) si verificano le seguenti leggi: 4 . 8 II prodotto è un corpo dotato di proprietà fisiche e chimiche differenti da quelle dei componenti: però le proprietà di questi non vengono punto alterate dalla combinazione, poiché risolvendo il composto coi mezzi d’analisi, si ottengono di nuovo i componenti colle loro pristine proprietà. 2. a Un dato corpo composto risulta sempre dall’unione dei medesimi componenti, presi in una determinala proporzione in peso: il qual fatto è designato sotto il nome di legge delle proporzioni de - finite. 3. a Se due corpi si uniscono fra loro in diverse proporzioni producono altrettanti composti differenti; ed in questi le quantità dell’un componente, riferite ad una data quantità dell’altro, si trovano tra loro multiple o summultiple secondo i più semplici rapporti numerici, cioè come 1: 2; 1: 3; 1: 4 ; 4 - 5 , ecc.; oppure come 2: 3; 2: 5; 2: 7, eec; e questo fatto costituisce la così della legge delle pi'oporzioni multiple. •I. a Per ogni corpo indecomposto si danno certe quantità ponderali , assumendo le quali, le combinazioni binarie dei diversi corpi indecomposti, si riscontrano compiersi per tutti o secondo tali quantità, o secondo dei multipli delle quantità medesime, analoghi ai precitati: e sono così fatte quantità ponderali caratteristiche de’singoli corpi indecomposti che si dicono ntt> meri proporzionali od equivalenti chimici de’corpi medesimi. AFFINITÀ’-CHIMICA 4S3 Però queste quantità in peso sono puramente relative, cioè esprimono soltanto i.rapporti-che sussistono tra quelle attribuibili ad un dato corpo e le com-ispondenti per tutti gli altri corpi: cosicché variar si ponilo in -mille modi, secondo che scegliesi piuttosto .uno che -un altro corpo cui riferire i numeri proporzionali di tutti gli altri, e secondo il valore che si vuol attribuire alT-equivalente di esso. Molti chimici assumono per termine di confronto 1’ ossigeno, e pongono espresso da 400 il-suo.-equivalente: altri riferiscono i numeri proporzionali a quello dell’ idrogeno, preso per unità. Nondimeno, qualunque sia la base che si.addotta, stanno sempre ie medesime proporzioni tra i numeri assegnali ai singoli corpi (a). Laonde qui innanzi esporremo, secondo le precitate due basi, gli equivalenti de’ corpi indeeomposii, pei qualifuron determinati con qualche precisione. Nelle combinazioni degli acidi colle basi, ossia-nei «ali, si osserva quest’altra legge: 5. a il numero corrispondente alla somma degli equivalenti decomponenti di ciascun acido o di ciascuna base ( numero che è chiamato equivalente dell* acido od equivalente della base) presenta, rispetto alla-composizione dei sali., la stessa proprietà che offrono gli (a) La scoperta delle suenunciate leggi è innanzi tutto dovuta a Lavoisier, il quale (1770) introdusse nello studio delle analisi e delle sintesi chimiche t’uso di squisita bilancia, col sussidio della quale seppe di poi risolvere definitivamente te più fondamentali quislioni della scienza, provando 11 flogisto essere una chimera; mostrando l’importante ufficio dell’ossigeno atmosferico nelle combustioni, nella calcinazione dei metalli, nella lramutazione delle terre in metalli e nella respirazione degli animati; e giungendo a questa capitale conclusione, che in tutte le combinazioni, come in tutte le decomposizioni, nulla si crea e nulla si consuma, cioè il peso dei corpi prodotti eguaglia esatlamenle il peso dei corpi produceuli. Proust (1798) molto contribuì a mettere in rilievo la legge delle proporzioni definite, ed intravide quella delle proporzioni multiple,la quale però venne più esplicitamente annunciata da Daltorn (1807). !Uan. di tinca 13 1S'4 CAPO TERZO equivalenti ilei corpi indecomposti, rispetto alia prodirci otte del composti binarj; cioè nei diversi sali ciascun acido e ciascun» base entra in una quantità corrispondente o al suo equivalente o ad un multiplo semplice di questo (*). Anche l’acqua, quando si combina cogli acidi o colle basi, e quando si unisce- ai sali solubili, neiratto che si depongono cristallizzati dalle loro soluzioni (epperò denominata acqua di cristallizzazione), il fa in tali quantità, ehe corrispondono a dei multipli esatti del suo equivalente; epperò ancor essa segue la legge delle proporzioni multiple. L’acqua di cristallizzazione segue altresì la legge delle proporzioni definite, in quanto che è costante la quantità di essa, e quindi anche la forma cristallina, in un dato sale, die si deponeda un medesimo liquido, sotto una determinata temperatura : e variano sì la detta quantità , che la forma, soltanto eoi variare delle condizioni di cristallizzazione. Però anche, gli equivalenti dei sali corrispondono alla somma degli equivalenti dei loro componenti, ed esprimono i rapporti delle quantità in peso colle quali sì ottien completa la mutua scomposizione di due sali, ossia il doppio ricambio dei loro acidi colle loro busi- (a) Èco-testa legge una conseguenza di quelle già scoperte da Vendei (1777) e da Richter (1797): avendo il primo mostrato, che le differenti quantità delle varie basi, le quali saturano pesi eguali di un dato acido (producendo con esso un sai neutro), valgono pure a saturare dei pesi tra loro eguali di un qualsiasi altro acido : ovvero le quantità dei diversi acidi che saturano un egual peso di una base, hanno tra loro que’medesimi rapporti che si verificano tra le quanti!» degli stessi acidi, le quali bastano a saturare un determinalo peso di un’ altra ha.se qualunque. Richter provò, che quando nelle soluzioni saline neutre un metallo precipita e surroga un altro metallo, risidtan neutre anche le soluzioni dei nuovi sali, poiché le quantità dei diversi metalli che si sostituiscono l’un l’altro nella combinazione coti’ossigeno della base, producono tali quantità di ossidi, le quali si pouno tra loro surrogare Rclla combinazione coll’acido, restando inalici ala la neutralità dei sab. àFFIMTÀ* CIlIÌHiC'À ‘ 485 idrogeno; . . H. Carbonio... C. Litio.Li. Ciucio.Gl. s Ossigeno;.. 0. Bòro.Bo Magnesio.-. Mg; Alluminio.. Al. Azoto.Az; Solfo.'. S. Fluoro.;... FI. ! Calcio..... Ca. Silicio. Si. SOdio.Na, Titano.Ti. Cromo..... Cr. Manganese. Mn. Ferro.Fe. Cobalto. *... Co. Niccolo.... Ni. Fosforo— Pii. Rame.__Cu. Ittrio. Y. Zinco.Zn. Zirconio... Zr. Cloro. CI. Potassio..- K. Selenio.... Se. Stronlio .-.. Sr. Equivalenti (a' Idrogeno Ossigeno = t = t 1,00 0,125 6,00 0,750 6,43 : 0,304 7,00 0,875 3,00 1,000 10,S8 1,362 12',00 11 1,500 13,68 1,710 14,00 1,750 16,00 ' 2,000 19,00 2,375 20-,00 2,500 21,35 2,667 23,00 2,875' 25,17 3.147 26,24 1 3,280 27,57 3,447 28,00 ' 3,500' 29,52- 3,600 29,55 3,693 31,00' 3,875 31,65 1 3,956 32.20 4,023 32,53 4,066 33,60 4,200 35;45 4,432 39.20 4,900 39,28 4,910 43,84' 5,87 5 Làntano... La, Molibdeno. . Mo. Cerio.Ce. Didimio..-.. Dy. Rutenio_Ru. Ròdio ..... Ro. Palladio . Pd. 1 Cadmio.. .. Cd. • Slagno .... Sn. Torlo . . ... Th. Uranio. U. Telluro.... Te. Antimonio. Sb. Vanadio. Va. Bario, i..... Ba. ■ Arsenico... As. Bromo.Br. Tantalo.... Ta. Tunsteno.. Tu. Oro.Au. Platino_Pt. Iridio.__ Ir. Osmio.Os. Mercurio... Hg. Piombo.... Pb. Bismuto ... Bi. Argento ... Ag. Iodio.;— I. Equivalenti Idrogeno = 1 Ossigeno 1 - L 47,00 6,000 47,12 5,890 ' 47,26 1 5,908 1 48,00 6,000- 51,68 6,460 52,17 6,521. 53,22 6,652 55,74 6,968 58,00 7,250 59.50 7,437 60,00 7,500- 64,52 8,065 64,52 8,065 68,46 8,558 68,79 8,599 75,00 9,375 78,26 9,783 91,87 11,484 92,00 11,500 98,16 12,270 99,00 12,375' 99,00 12,375. 99,51 12,426 100,00 12,500 103,56 1 12,945-' 104,00 130,00- 108,00 13,500 125,33 15,667- [a) In questo eleneo degli-equivalenti si seguirono per la maggior parte i dati di Regnault e di Srimi, se-non che per aieimi corpi (Magnesio, Fluoro, Fosforo, Didimio, Stagno. 1 Barioi Oro, Platino e Bismuto) 1 ci siam temiti ai risaltati di più recfini-rteterminariooi. Si noti poi che, per amore di semplicità^ di uniformità, si è dato- nella quarta colonna all’equivalente detOossìgeno il valore 1 I, in luogo di 100;. e che però l’equivalente d’ogni corpo riferito a 100 d’ossigeno lo si avrà dai suesposti numeri, solo col trasportare la virgola di due cifre da sinistra a destra. I numeri della terza colonna, divisi per 8 danno, i corrisponderlit sumeri della quarta, colonna È poi rimarchevole ette circa due quinl» 18(5 CAPO TERZO Si è osservato che, in generale, i composti binarj dotali di proprietà chimiche analoghe mostrano un modo di composizione simile, cioè constano d’un egual numero di equivalenti de'diversi-loro-componenti. Mitscherlich provò, che nel maggior numero di casi i composti isomorfi (siano poi binarj o salini, purché non siano prodotti organici) hanno una costituzione-simile, cioè risultano dall’unione d’un egual numero di componenti, i-quali entrano con un numero complessivo eguale di equivalenti in ciascun composto. Uevesi poi a Gay-Lussac d’aver pel primo avvertita quest’ altra legge, che ogniqualvolta due gas si combinano, i loro volumi-hanno de’rapporti molto semplici tra loro; e se danno per risultato un altro gas, il volume di questo tiene pure un rapporto semplice colia-somma dei volumi dei gas componenti. Oli. 1 chimici, sogliono indicare i diversi corpi indecomposti, che entrano a costituire i corpi composti, eoo alcune brevi notazioni, chiamate segni stechiometrici o simboli dei corpi stessi. D’ordinario corrispondono alla prima lettera del nome latino di ciascun corpo indecomposto, alia quale, ne’casi in cui sianvi più corpi incominciami con egual lettera, s’ aggiunge o la prima consonante o la prima vocale susseguente, oppure anco la seconda consonante, con riguardo (23 sopra 57) degli indicati corpi indecomposti, e segnatamente quelli che furon meglio studiali, hanno per equivalente un multiplo esatto di quello dell’idrogeno, il quale è il minimo di tutti. Proust, che pel primo s’accorse di questo fatto singolare, fu tratto a credere che lutti i corpi (indecomposti e composti) dovessero avere gli equivalenti multipli di quello dell’idrogeno: la qual proposizione, a vero dire, trova ancora troppe eccezioni, che tutte non ponno ascriversi ad errori d’osservazione. Nondimeno molti chimici moderni s’accontentano di dare gli equivalenti riferiti all’idrogeno espressi solo con numcri-interi, trascurando le frazioni minori di 0,50, e valutando per un’ynilà quelle che eccedono cotesto valore. affinità’ chimica 187 d’evitare ogni ambiguità di notazione. Nella susseguente ta* bella si leggono di seguito al nome dei corpi. Grazie poi alle dette notazioni ed alla conoscenza degli equivalenti de’corpi indècomposli, si preparano le così dette/br- moìe chimiche, le quali servono a denotare in un modo conciso’ed'insieme 1 esatto'là-costituzione- de’composti, cioè non solo 1 la qualità dei componenti, ma ancora le esatte proporzioni di questi, ben meglio che non lo si ottenesse colle regole dell» nomenclatura (46). Per un composto binario si scrivono di seguito i'simboli dei due componenti, coll’avvertenza di notar prima quello del componente che rispetto all’ altro è elettro-positivo , e si dà 1 a ciascuno un indice, a guisa d’esponente, corrispondènte al : numero delle volte per cui devesi prendere l’equivalente'del componente, onde avere la proporzione soddisfacente allir composizione-del composto: si omette, come sottinteso’, 1’indice uno, quando cioè il componente entra-nel composto per la stessa quantità dell’equivalente. La formula di un sale consta delle forinole' de’suoi componenti coll’ intermezzo’ d’una virgola , scrivendo dapprima quella della base ( componente elettro' positivo ) e poscia quella del- l’m'idb. Odalura in un sale la base o- l’acido entrino per mi multiplo del loro equivalente, si antepone alla loro forinola, a guisa di coefficiente, il numero delle volte che devesi prendere l’equivalente stesso per avere un tal multiplo. Pei sali doppisi scrivono di-seguito le forinole de’due sali componenti, interponendovi il segno+. Pei sali- contenenti acqua di cristalizzazione, s’aggiunge alla forinola del sale anidro pure col segno i la forinola dell’acqua (protossido d’idrogeno, II 0), cui si dà un coefficiente corrispondente al numero degli equivalenti di essa che entrano nel sale. Analogamente si fa per le basi e per gli acidi idratati. In tutti questi casi 1’a- cqua, quantunque combinata per affinità eoo altri corpi, non altera sensibilmente le loro proprietà chimiche. A modo d esempio,, citiamo le forinole e gli equivalenti di alcuni tra i più interessanti composti, riservandoci a darne sul fine di questo inaimele un più completo quadro: CAPO TERZO 438 Basì ' Formale Equìv. Protossido d’idrogeno HO 9,00 Deulossido » HO" 17,00 Ossido di carbonio CO 14,00 Protossido d’azoto , AzO 22*00 Deulossido • AzO"' 30,00 Proloss. di magnesio MgO 20,00 » di calcio CaO 28,00 Deulossido » CaO 2 36,00 Protossido di sodio , NaO 31,00 Perossido » Protossido di potassio Perossido » Sesquinss. d’alluminio Proloss. di manganese Sesquioss. » Protossido . » Protossido di terrò Sesquiossido » Ossido magneticoFeO, Protossido di cromo CrO Srsquioss. , • Sovrossìdo » CrO, Protossido di bario BaO Brut ossuto » BaO" Protossido di rame CuO • zinco ZnO » stagno SnO NaO 3 47,00 ICO 47,20 KO 3 63,20 Al 2 0 3 51,36 MnO 35,57 Mii 2 0 3 79,I4 MnO 2 43,57 FeO 36,00 Fe 2 0 3 80,00 Fe 2 O 3 116,00 34,24 Cr 2 0 3 76,48 ,Cr 2 0 3 110,72 76.79 84.79 39,65 40,53 66,00 9 Su bussi do di piombo Pb'O 215,tv Ossido . PbO 111,56 Sesquioss. » Pb 2 0 3 23l,12 Proloss. di mercurio Hg 2 0 208,00 Deulossido » HgO 108,00 Gas ammoniaco H Az 17,00 Ammoniaca monoi- drala H 3 Az,HO 26,00 Acidi Ac. carbonico Formolé F.quiv. C O 2 22,00 ossalico C"0 3 •36*00 azoloso AzO 3 38,00 ipoazotico AzO 4 46,00 azotico AzO 5 54,00 iposolforoso s 2 o 2 50,00 solforoso so 2 32,00 iposolforico s’"0 5 72,00 solforico so 3 40,00 fosforoso PhO 3 65,00 fosforico PbO 5 71,00 ipocloroso CIO 43,45 cloroso CIO 3 59,45 ipoclorico CIO 4 67,45 B clorico CIO 5 75,45 perclorico CIO 7 91,45 borico BoO 5 50,88 bromico BrO 5 118,26 jodico JO 5 165,33 solfidrico HS 17,00 fluoridrico HF1 20,00 » cloridrico HCl 36,45 bromidrico HBr 79,26 jodidrico UJ 126,33 solfoearbonico CS 2 22,00 fluoborico BoFI 29,88 silicico SiO 3 45,35 manganico MnO 3 51,57 permanganico Mn 2 0 X FeO 3 111,14 ferrico 52,00 cromico CrO 3 50,24 percromico Cr"0 7 100,48 slannico SnO 2 74,00 piombico PbO 2 119,56 i 3 acetico (anidro) C H O 2 51,00 AFFINITI’ chimica 189 Dietro 1a conoscenza delle forinole e degli equivalenti dei corpi, si può risolvere un gran numero di problemi pratici. Per esempio: determinare la quantità effettiva in peso di ciascuno dei componenti che entrami in un dato peso' di un composto; determinare la quantità in peso di un certo corpo, che unito ad un dato peso di un composto, ne produca la completa scomposizione, per via d’isolamento o di precipitazione, ovvero di semplice o doppia sostituzione, eoe. 100. Diconsi volumvequivalenli dei corpi, sian semplici, sian composti, i rapporti tra i pesi equivalenti ed i rispettivi pesi specifici. Da alcuni «in detti ance volumi molecolari, supponendo cl*e gli equivalenti chimici de’ vari corpi sian proporzionali alle masse delie rispettive loro molecole, cioè delle parti minime, in cui essi si risolvono nelle chimiche reazioni: epperò il detto rapporto corrisponderebbe per ciascun corpo al cubo della reciproca distanza tra i centri delle sue molecole. Schroéder e Kopp fecero interessanti studj su le relazioni che sussistono tra i pesi specifici dei composti inorganici e la loro composizione chimica: e fra l’altre cose riscontrarono esser sensibilmenteeguali i volumi equivalenti dei composti isomorfi (74). Àvogadro avvertì, rispetto ai corpi inde- eomposti, sussistere una relazione tra il volume molecolare ed il potere elettro-chimico d’ognuno di essi, essendo un tal volume maggiore ne’ corpi elettro-positivi in confronto di quello degli elettro-negativi: però convien assumere pel volume molecolare di alcuni corpi -semplici delle quantità multiple od aliquote (secondo il numero 2 o le sue potenze) di quelle esprimenti i loro volumi equivalenti. E riferendo poi i diversi volumi molecolaria quello dell’oro, preso per unità, ed e- straendo la radice cubica dei rapporti così ottenuti, si hanno quelle altre quantità, che l’Avogadro chiama numeri affini- tarj, poiché, ordinando i-n serie i corpi indecomposti secondo la grandezza crescente di tali numeri, si trovano più energiche le affinità ne’ corpi tra loro più discosti nella serie, e ciascun corpo funziona come elemento elettro-negativo rispetto 190 CAPO TERZO a quelli che Io seguono, e come elettro-positivo rispetto ai precedenti. Ecco, ad esempio, i numeri affinitarj dati dallo' stesso Avogadro, come-risultanti da-molti studj da esso fatti; epperò soltanto approssimativi, richiedendo ulteriori indagini per essere addottati definitivamente: 0. 0,246 Ag. 0,958 Mn. 1,065- Fé: 1,129 Zn. 1,238 FI. 0,354 Pd. 0,959 Hg. 1,071 Az. 1,135 Al. 1,286 Cl. 0,686 Pt. Q,962 Cd. 1,079 Sn. 1,150 Ca. 1,292 Br. 0,800 Ir. 0,962 AS. 1,096 Cr. 1,154 K. 1,306 Bo. 0,888 Ro. 0,969 Se; 1,101 Bi; 1,163 Ba. 1,355 1 . 0,892 OS. 0,996' CU. 1,109 MO: 1,173 Ma. 1,359 s. 0,930 Adi 1,000 , Ni. 1,109 tir. 1,174 Sr. 1,376 c. 0,940 Si. 1,031 Co. 1,117 TU. 1,177 Na. 1,380 Pii. 0,950 Ti, 1,062: Sbi 1,125 Pb; 1,191 H. 2,874- Sembra ragionevole supposizione — almeno per quei gas che poco si scostano dalla- legge di Boyle (78) — che si debban comprendere numeri eguali di molecole- fisiche sotto eguali volumi de’diversi gas. presi però ad' eguai pressione e temperatura. Ora, considerando-i diversi gas-semplici, de’quali si conoscono i pesi specifici riferiti a quello dell’aria (67), e riferendoli invece-a quello dell’idrogeno-, preso-come unità dei pesi specifici de^gas istessi, si trovano dèi numeri che sono prossimamente eguali ai loro equivalenti chimici', oppure cor* rispondono a dei multipli semplici di essi, come daf seguente 1 confronto : Densità riferita; all’’ Multiplo Aria Idrogeno delti Equivalente Idrogeno . 0,06926 1,000: 1,00X1 Azoto . . 0,97137 14,025- 14,00X1 Ossigeno . 1,10563 15,963 8,00X2 Cloro . . . 2,4'40 35,230 35,45X1 Fòsforo. . 4,420 63,817' 31,00X2 Bromo . . 5,390 77,823’. 78,26X1 Solfo . . 6,617 95,358 16,00X6 Mercurio . 6,976 100,722: 100,00X1 Iòdio . . 8,716 125,844 125,33X1 Arsenico . 10,600 153,046 75,00X2 affittita’ chimica 191 Convien dunque ritenere che le molecole fisiche, pur in alcuni casi de’ corpi indecomposti, siano corrispondenti ad un gruppo di parecchie molecole chimiche. E d’altronde, poiché in mxilti casi delle combinazioni gasose il volume del gas composto-non presenta , rispetto alla somma dei volumi dei gas componenti, una contrazione corrispondente al numero delle molecole che si riuniscono tra loro, è da credersi che in tali casi, almeno uno dei gas , divida ciascuna delle sue molecole chimiche in due o più altre molecole minori: cioè anco le molecole chimiche si dovrebbero considerare quali gruppi di molecole. Come pure vedremo nel capo IV, che anco le osservazioni fatte sul calore specifico de 7 corpi indecomposti, conducono a ritenere, che l’equivalente chimico d’alcuni tra essi; corrisponda a de’gruppi di dire o più molecole fisiche. Per questi e per mole’ altri riflessi , che non è qui luogo di •ripetere , i più saggi ehimici abbandonarono la così detta teoria atomistico, colta quale pretendevasi spiegare le leggi delle proporzioni definite e delle-proporzioni multiple, col supporre che le- combinazioni de’corpi semplici avvenissero tra- certe loro parti minime assolutamente-inscindibili, dette atomi (24);, o-tro un picco! numero di queste ( seconda i rapporti suindicati nella legge delle proporzioni multiple ), e che i pesi equivalenti de’singoli corpi semplici corrispondessero ai loro pesi atomici. Imperocché-, nel mentre che la- nozione dell’ e- quìvalente è al tutto- empirica, quella del peso atomico inchiude una nozione teorica r la-quale-noiv soltanto è inutile, ma torna anco d’impaccio per i progressi della- scienza, da die tratto-tratto si rileva 1»convenienza dì dividere in due o- più parti l’equivalente-di alenili corpi indecomposti: D’altronde sonvi dei corpi composti-che-, combinandosi con un corpo semplice, producono composti isomorfteon quelli prodotti dall’unione di due corpi semplici; E tra-r corpi organici sonvene alcuni oltremodo complessi- nella-composizione,i quali nondimeno compiono le stesse funzioni chimiche de’corpi indècom- pesti o dei puri composti binarj della chimica inorganica. 292 CAPO TERZO 101.1 metalli {45), per riguardo alle precipue loro proprietà chimiche, si sogliono classificare dai chimici moderni nelle seguenti sezioni: 1. a Metalli che assorbono l’ossigeno libero dell’atmosfera, trattenendolo di poi sotto qualsiasi temperatura pur molto elevata, e che lo tolgono anco all’acqua, pur a bussa temperatura e persino dal ghiaccio — Potassio, Sodio, Litio, Bario, Stronfio, Calcio. 2. a Assorbono l’ossigeno libero ad alta temperatura, non cedendolo più per sola azione del calore ; e non Scompongono l’acqua, se non a temperature superiori a 50.° “Magnesio, Manganese. Devonsi probabilmente aggiungere i seguenti, la cui azione scomponitrice per l’acqua non fu abbastanza studiata: Zirconio, Ittrio, Torio, Cerio, Latitano, Didimio,, Erbio, Terbio. 3. ® Assorbono l’ossigeno soltanto al color rovente; scompongono l’acqua a temperature superiori a i00.°, ma pur inferiori a quella dell’arroventamento: coll’intervento però di acidi energici valgono a decompor l’acqua, anche a freddo “ Fel l o, Niccolo, Cobalto, Cromo, Vanadio, Zinco, Cadmio, Uranio. 4. a Assorbono l’ossigeno alla temperatura d’incandescenza, nè più lo abbandonano per opera del calore: non decompongono l’acqua a freddo pure col sussidio di acidi energici, ma bensì coll’ intervento d’una base alcalina~ Tunsteno, Molibdeno, Osmio, Tantalo, Titano, Stagno, Antimonio, Arsenico. Forse dovrannosi aggiungere: Niobio, Pelopio, Ilmenio. 5. a Assorbono l’ossigeno al color rossori loro ossidi non sono ridotti dal solo calore; anco ad elevala temperie non -«scompongono «he debolmente 1’acqua ; a freddo non le tolgono l’ossigeno, nè colVajuto degli acidi, nè con quello delle basi “ Rame, Piombo, Bismuto. 6. ®'Non decompongono l’acqua in nessuna delle accennate -circostanze; i loro ossidi si riducono sotto una temperatura non molto elevata, compresa fra 250° e 500° al più rr Mer- àffjmta’ chimica 1H3 . curio,- Argento ; Rodio, Iridio, Palladio(Platino) : Rutenio, ' Oro. Dietro li recenti sltrdj di S. Claire-Deville e Debray detonai aggiungere l’Alluminio ed il Giucio, chedianzi- si notavano nella 2.*) sezione. •102. Sarebbe qui luogo: di far qualche considerazione teorica su l’indole delle, forze molecolari, appoggiandosi alle c-ose esposte.in questo capo. Ma tornerà più in acconciorii parlante in sù la,fine dei due capi seguenti, da che molte . azioni, molecolari vanno accompagnate da fenomeni termici cd elettrici, oppnr sono,dall’intervenirdi questi essai modificati. Intanto, a guisa di riepilogo, notiamo alcuni corni- larj.delle.cose.suindicate. Già,trattando;delle proprietà generali si disse, die. tutti i solidi aver devono , le loro molecole situate le une dalle altre ad una certa distanza ,• variabile però colla temperatura e colla pressione-(36) entro determinati limiti, ne’quali riescono inastate di equilibrio stabile, tanto che si mostrano coerenti conte sé fosser tra loro legate, e comportano, dei piccoli spostamenti per azioni «sterne, senza die sia soverchiato l’cquilibrio tra le loro-forze molecolari, (38). Dai fatti delia cristallizzazione- si rileva che le diverse circostanze, le quali intervengono nell’atto che s’uniscono , tra, loro le ..molecole di un solido, potino far. variare i,-d’assai.lo special modo del loro,aggruppamento: ma d’altronde molti corpi di diversa natura presentano forme ira loro eguali (74)* Ed anco , le diverse proprietà meccaniche e fisiche dei solidi (tenacità, consistenza, durezza, varj modi d’elasticità, sonorità )-hanno intima -relazione col peculiar modo d’aggruppamento delle loro molecole . .sicché ricevono rilevanti alterazioni dai diversi lavori; meccanici e fisici che loro, si fanno subire (75 e-76 ) ; però- in .-ugni caso variano i limiti degli spostamenti., molecolari, compatibili- colle -condì- . zioni d’equilibrio stabile, D’altra parte i fenomeni del suono né’ solidi mettono , in evidenza la singoiar- mobilità delle loro .molecole, da che.in hrevi istanti di-tempo cotesti corpi potino mutare le tante volte.di figura ,?,enza disgregarsi, escuotoust Ì94 CAPO TERZO' nel loro interno’per molo vibratorio a grandi distanze dal primo ponto di smuovimento(79); Dai fenomeni di capillarità, di diffusione e d’endosmosi appare, che anco nei liquidi operino le forze attrattive, e che nondimeno ogni liquido, eome ogni gas,.tende ad’espandersi nello spazio che gli sta innanzi, quasi ohe tra molecole fluide eterogenee non si po- tessero mettere in equilibrio le forze molecolari, se non dietro un’uniforme mischianza; In fiiie, dai fatti chimici emerge che le proprietà- dei corpi composti non tanto dipendono dalle proprietà dei' componenti,, ma ben più» dalle quantità relative con cui questi si uniscono, e che anco le proprietà chimiche'd’ogni corpo-'indecomposto 1 dipendono anzitutto dal' peso o dal volume della sua molecola’ chimica, ossia dalla massa o dal numero delle minime molecole di che essa è formata; giacché sembra doversi, considerare ne’corpi diversi ordini di molecole ^piuttosto di gruppi molecolari, a meglio intendere i differenti fenomeni fìsici e chimici che per essi si compiono: le riunioni poi e le separazioni de’differenti corpi sembrali provocate dalie varie condizioni dinamiche, termiche ed elettriche delle loro molecole. Imperlante la struttura molecolare de’ corpi sembra’ la primaria, ragione delle loro proprietà , e molti de’fenomeni die in essi*si producono.sembrali in nuli’altro consistere che in vari smuovimenti delle loro molecole. Però in questa parte della scienza vi sono ancora'molte oscurità e difficoltà, a toglier le quali dovrebbero- i fisici lasciar in disparte certe congetture troppo azzardate o troppo astruse, per farsi a studiare con iserupolosa diligenza le condizioni meccaniche necessarie alla- produzione di ciascun fenomeno-molecolare, tentando e ritentando di mutare ad arte le circostanze predisponenti e concomitanti di esso, e notando' le- diverse emergenze rispondenti ad ogni variazione («). (a) Quantunque le forze molecolari intervengano io molli e svariali animi di lenoaieui fisici, chimici e fisiologici, la loro indole e le loro AFFINITÀ’ CHIMICA 493 CAPO QUARTO TERMOLOGIA. 103. E ovvia osservazione, che al toccare de’ corpi, posti Jn talune circostanze, noi proviamo un certo genere di sensazioni, che diciamo ora di calore o caldo ed ora di freddo; sensazioni che altre volte vengon provocate anche per opera di corpi situati in distanza. Però nel commi linguaggio suolai pur dire che un corpo è caldo o freddo , volendo designare leggi d’azione - almeno nel maggior numero dei casi- non sono ancora ben precisate. Dall’osservare però che le.forze attrattive, benché.mollo valide per certe minime distanze delle molecole de’corpi, col crescere di queste distanze, scemano tanto rapidamente d’intensità da ridursi nulle ad una distanza appena sensibile (86 e 87), molti matematici e tìsici giudicano esser la legge del decremento nella loro intensità secondo una ragione maggiore di quella de’quadrali delle distanze, la quale si verifica per la gravitazione universale (come si dirà al capo VI). Altri invece vollero concordare l’una coll’altra legge, immaginando piccole ollremodo le effettive dimensioni delle molecole, e grandissime,per rispetto ad esse le distanze di queste, anco ne’solidi più compatii. D’altra parie , considerando che uno de’più generali effetti è quello dì aumentare il volume dei corpi (35) e quindi le distanze rispettive deile loro molecole, e che in little le azioni molecolari l’aumentare della temperatura produce tali differenze ne’risultali che accennano ad una diminuzione nell’intensità delle forze attrattive molecolari,si suppose,da molti fisici che te forze molecolari ripulsive altro non fossero che l’immediato effetto del principio slesso del calore (chiamalo. calorico) insi- denie ne’corpi, e riguardato come un fluido espansibile, sovrammod* sottile, tanto da poter penetrare tutti i corpi senz’accrescerne menomamente il peso. Ha in molli casi si rileva che le variazioni nel” intensità 196 CAPO Q-UARftì ' lo stato o la speciale condizione di tal corpo per dii vale'a ’ suscitare in noi siffatte sensazioni ; rigiuiriimidiilo come la ' causa o piuttòsto'lo stimolo delle' sedazioni istesse. E poi-’ eh è, nelle diverse circostanze, eoteste sensazioni riescono delle forze repulsive non sono proporzionali alfe variazioni nell’intcn-’ sita del calore, e che vi debbono essere altre condizioni promovilrici di delle fofze-repulsive : d’ altronde'nel maggior uuiiHìro dei casi il. calore riesce favorevole alla riunione delle molecole eterogenee, ossia all’esee- eìzio dell’affinila (98). Ed anco ^elettricità esercita di sovente un’azione contraria olla coesione ed all’ afflntlà, come si dirà nel CapoV. • E qui ei piace ricordare le congetture det Mossotti. Considerando che ogni azione meccanica, la quale modifica il volume (l’un corpo;produce altresì una mutazione nel suo stato terrifico ed eleltrico, e che per 'converso ogni variazione nella lemperatura e nello stalo elettrico d’un corpo induce una mutazione ncila distanza dette sue molecole, venne in pensiero - approfittando d’aleune idee di Boscovich; di Epino e di Pois- son - che l’azione di quel thiido imponderabile (nominalo etere), al quale vogliousi attribuire da alcuni, non solo i fenomeni'della luee, ma ancora quelli dell’elettricità e del calore, entri come parie integrante nella co- siiluzione dei corpi, e quindi aneo deli’equilibrio stabile diesi verifica tra le molecole d’un solido. Posto che le molecole della materia pesante esercitino una mutua aziono ripulsiva; che del pari gli atomi dell’ etere si respingano scambievolmente tra loro; che per opposto le molecole ponderabili spieghino un’azione attrattiva su gli atomi dell’etere, e che questi per ricambio attraggati quelle; e poslo ancora che l’intensità di tutte queste azioni, tanto repulsive, quanto attrattive-, sia tu ragione inversa dei quadrati delle distanze, trovò-egli col calcolo che, immaginando due molecole pesanti situale entro l’etere, dittusom-tlo spazio con densità uniforme, questo costituirà intorno a ciascuna di esse un’ almoslera di una densità grandissima in contiguità della molecola , ma decrescente'* così rapidamente, elle ad una distanza appena sensibile la densità def- Patmosfera eguaglierà quella generale dell’ etere dello spazio; e di più siffatte atmosfere potranno sovrapporsi o penetrare l'una nell’aura, sene za turbare l’equilibrio dell’etere di ciascheduna rispetto alla propriat molecola pesante. Però, considerando f azione reciproca delle due azo- affinità’ cimticA 197 pin o meno deboli o pjagliafde , si ammettono ne’ corpi vari gradi di calore o di freddo, rispondenti alla varia intensità della loro azione calorifica o frigorifera. D’altra parte, per facili riflessi, si avverte che i vati gradi crescenti di freddo corrispondono ai gradi decrescenti di calore, mentre ogni diminuzione nella vigoria calorifica de’ corpi è considerata conte un raffreddamento, ed ogni diminuzione nell’ azione frigorifera è attribuita ad un aumento nel calore. E appunto questa condizione, variabile in modo continuo dal piu intenso freddo al più intenso calore, in cui trovatisi ad ogni istante i corpi, costituisce la loro temperatura; ossia il grado d’in- lecole e delle loro atmosfere, trovasi, che ad tuta minima distanza, per eui le atmosfere si penetrino mutuamente, l’azione stessa è ripulsiva, ma deeresee rapidamente (contenendo l’espressione delia sua intensità un faltore esponenziale) coll’aumentare della distanza sino a ridursi nulla, ed in lai punto ie due molecole oppongono ima resistenza ail’av- vieinarsi uguale che al diseoslarsi, cosicché si trovano in litio stato di equilibrio stabile; mentre ad ima distanza appena maggiore le molecole spiegano un’azione attrattiva r la quale aumenta rapidamente colla disianza sino ad un ceri'altro punto, in eui raggiunge un valor massimo ; e di poi diminuisce in modo, che ad una distanza sensibile (ove la densità degli strali delle loro atmosfere che si toccano si confonde con quella dello spazio) decresce in ragione duella del prodotto della loro massa ed inversa del quadrato, della loro distanza. E così la gravitazione universale sarebbe dipendente da quelle medesime forze, che alle distanze insensibili producono l’attrazione molecolare. Le distanze però cui le molecole devono fermarsi per riuscire in equilibrio stabile, varieranno secondo la densità dell’etere dello spazio circostante, la quale costituisce fa lemperatura dello spazio stesso; epperò ta detta distanza sarà tanto maggiore, e quindi maggiore il volume de’corpi, quanto più biande sara celesta densità dell’etere, ossia quanto piu elevata èia temperatura. Ed ogni turbamento dell’ equilibrio molecolare, promovendo uuo squilibrio nell’etere, suscita anco fenomeni termici ed elettrici; e per converso ogni mutazione nello stato elettrico e termico produrrà una modificazione nello stato delle molecole del corpo. (498 'CAPO QUARTO tensità dèlia loro azione calorifica o frigorifera, dicendosi che essa è più elevala in un corpo a -misura che ci appare più caldo-o menfreddo, e più bassa a misura che esso ci sembra più freddo o-men caldo. Se non che il nostro senso del tatto può in molti casi trarci in errore, nel giudicare della temperatura relativa de’ corpi. Da che poi si osservò, che ogni variazione in più od in meno nello temperatura dei corpi è accompagnata da una variazione in più od in meno nelle loro dimensioni (35), e che, ponendo a pieno contatto un corpo caldo con altro freddo, quello si contrae e raffredda e questo si dilata e si scalda, sino ad assumere entrambi la medesima temperatura, si pensò di riguardare il calore come una forza, suscettibile di varia intensità., iransmissibìle da uno ad altro corpo e tendente ad equilibrarsi tra essi,e s’immaginò di-valutare la temperatura relativa dei corpi, dietro le-variazioni nelle dimensioni di un dato-corpo, posto successivamente a mutuo contatto con ciascuno di essi. Diconsi perciò corpi termometrici, -o termometri (da calore), quei corpi o quegli strumenti, che servuno a misurare le intensità relative del calore dietro le variazioni che accadono nelle loro dimensioni (“). Ma per potere rigorosamente argomentare dall’ uno all’altro fatto, è necessario che il corpo termometrico sia tale da presentat e delle variazioni «nelle sue dimensioni appunto proporzionali alle variazioni nella temperatura de’ corpi che lo circondano. Al qual requisito soddisfa — almeno entro certi limiti di temperatura, come vedremo innanzi — il mercurio contenuto nel vetro: e quindi per questo, e per diversi altri riguardi, do si suole adoperare anche come corpo termometrico. (a) 11 primo tentativo per costrurre un termometro sembra stato fatto da Galileo (Iò96). Ma assai migliore è il termometro ideato e costrutto dagli Accademici del Cimento (1657): ad uno dei quali, Carlo Benaldini (IC9-1), devesi l’invenzione e la giusta graduazione d’un perfetto termometro, quello a mercurio. TRTME NOZIONI SUI TERMOMETRI ÌE perchè si abbiano diversi termometri, le indicazioni dei quali siano Ira loro paragonabili, converrà notare sul reci* piente d’ognuno di essi i limili dei voltimi apparenti che presenta il mercurio sono due temperature tra loro notevolmente differenti (ma entrambe ben fisse e facilmente ottenibili in ogni tempo e luogo), e quindi dividere ancora su ciascun recipiente la corrispondente variazione nel volume apparente del liquido in un «guai numero di parti d'eguale capacità tra loro: poiché in allora,supponendoli tulli esposti ad una stessa temperatura, intermedia a quelle due, dovrà il liquido, col suo aumento di volume, invesiire un egual numero di siffatti parti al di là del limite inferiore, non ostante che varii in ciascun d’essi la massa dei mercurio adoperato e la figura del recipiente. Fuorché, la dilatabilità del mercurio non essendo di gran lunga maggiore di quella del vetro, a rendere più sensibili le variazioni nel volume apparente del corpo termo- metrico, giova usare un recipiente piuttosto capace, cui s’annette un cannello capillare abbastanza lungo, ed introdurvi tanto di liquido che sotto la minore delie indicate temperature esso abbia ad investire tutto il recipiente e poca parte, del cannello, e sotto l’altra più elevata abbia ad occupare quasi tutto il restante vano del cannello. E per facilitare poi la divisione dell’intervallo fra tali limili di volume in parti d’eguale capacità, converrà che il cannello abbia il suo vano possibilmente cilindrico. Le dette due temperature , che si trascelgono dai fisici come fondamentali per la graduazione dei termometri sono quella per cui la neve ed il ghiaccio puro si liquefanno, e quella del vapore che sorge dall’acqua distillata bollente sotto la pressione d’un atmosfera (61). Però a confezionare un buon termometro a mercurio si ri» chiedono molte e tutte delicate operazioni : scelta e preparazione del cannello e del recipiente; depurazione del liquido; introduzione di questo in quelli , in giusta misura, e con eliminazione dell’aria innanzi chiudere ermeticamente il cannello; esatta determinazione dei punti corrispondenti alle Iti un. di Fisica 14 200 CAPO QUARTO temperature fondamentali; e ripartizione dell’intervallo tra siffatti due fiutili in un convenuto minierò di parti' d’ egual capacità. Nei termometri delti centigradi un tale intervallo- -vien diviso in 100 parli, epperò ia variazione nel volume del corpo termometrico corrispondente ad una di coleste parti , chiamata grado centesimale j esprime una variazione nella temperatura equivalente ad un centesimo della differenza fra le due temperature fondamentali. Diconsi termometri oltana tiqradi, quelli ne’ quali il predetto intervallo è ripartito solo in 80 parli, onde i gradi sono ollagesimali: impropriamente colesti termometri si dicono di Reaumur, mentre il processo di graduazione del termometro ideato dal fìsico francese motto differisce da quello oggidì seguito per i termometri ol- tantigradi. Sì negli uni che negli altri vien segnalo zero in corrispondenza alla temperatura della liquefazione del ghiaccio; laddove per la temperatura del vapor acqueo nelle condizioni unzidette corrisponde 10i>° gradi ne’primi, ed 80° negli altri. Quindi, essendo 0 un certo numero di gradi otta- gesimuii e C la corrispondente indicazione del termometro centigrado, si avrà: d 0 —^ C — 0,8 C. Tutte le temperature indicate in questo libro si riferiscono al termometro centigrado, epperò diamo più avanti una tabella che serve a tradurre i gradi ollagesimali tu gradi centesimali. In Inghilterra e negli Stati-Uniti d’America s’usa il termometro di Fahrenheit, il qual segna 32° e 212° in corrispondenza alle due temperature fondamentali de’ precedenti' termometri. Perciò, si avrà : C = | (F— 32);edF=|u+32, essendo F l’indicazione del termometro Fahrenheit corrispondente ad un numero C di gradi centesimali. La seguente tabella porge tradotti in gradi centesimali i diversi gradi di Fahrenheit: PRIME NOZIONI SOI TERMOMETRI 201 Gr. Gr. Gr. cen. Gr. Gr. cen. Gr. Gr. Gr. cen. Fahr. Gr. cen. Fahr. Fahr. F hr. Gr. cen. f , i, r 0 —17,78 43 6,11 86 30,00 129 53,89 172 77,78 1 —17,22 44 6,67 87 30,56 130 54,44 173 78,33 2 —16,67 45 7,22 88 31,11 131 55,00 174 78,89 3 —16,11 46 7,78 89 31,67 132 55,56 175 79,44 4 —15,56 47 8,33 90 32,22 133 56,11 176 80,00 b —15,00 48 8,89 91 32,78 134 56,67 177 80,56 6 —14,44 49 9,44 92 33,33 135 57,22 178 81,11 7 —13,89 50 10,00 93 33,89 136 57,78 179 81,67 8 — 13,33 51 10,56 94 34,44 137 58,33 180 82,22 9 —12,78 52 11,11 95 35,00 138 58,89 181 82,78 IO —12,22 53 11,67 96 35,56 139 59,44 182 83,33 il —11,67 54 12,22 97 36,11 140 60,00 183 83,89 12 —11,11 55 12,78 98 36,67 141 60,56 184 84,44 13 —10,56 56 13,33 99 37,22 142 61,11 185 85,00 14 —10,00 57 13,89 100 37,78 143 61,67 186 85,56 15 — 9,44 58 14,44 101 38,33 144 62,22 187 86,11 16 — 8,89 59 15,00 102 38,89 145 62,78 188 86,67 17 — 8,33 60 15,56 103 39,44 146 63,33 189 87,22 18 — 7,78 61 16,11 104 40,00 147 63,89 190 87,78 19 — 7,22 62 16,67 105 40,56 148 64,44 191 88,33 20 — 6,67 63 17,22 106 41,11 149 65,00 192 88,89 21 — 6,11 64 17,78 107 41,67 150 65,56 193 89,44 22 — 5,56 65 18,33 108 42,22 151 66,11 194 90,00 23 — 5,00 66 18,89 109 42,78 152 66,66 195 90,56 24 — 4,44 67 19,44 110 43,33 153 67,22 196 91,11 25 — 3,89 68 20,00 111 43,89 154 67,78 197 91,.67 26 — 3,33 69 20,56 112 44,44 155 68,33 198 92 22 27 — 2,78 70 21,11 113 45,00 156 68,89 199 92,78 28 — 2,22 71 21,67 114 45,56 157 69,44 200 93,33 29 — 1,67 72 22,22 115 46,11 158 70,00 201 93,89 30 — 1,11 73 22,78 116 46,67 159 70,56 202 94,44 31 — 0,56 74 23.33 117 47,22 160 71,11 203 95,00 32 •0,00 75 23,89 118 47,78 161 71,67 204 95,56 33 0,56 76 24,44 119 48,33 162 72,22 205 96,11 34 1,11 77 25,00 120 48,89 163 72,78 206 96,67 35 1,67 78 25,56 121 49,44 164 73,33 207 97,22 36 2,22 79 26,11 122 50,00 165 73,89 208 97,78 37 2,78 SO 26,67 123 50,56 166 74,44 209 98,33 38 3,33 81 27,22 124 51,11 167 75,00 210 98,89 39 3,89 82 27,78 125 51,67 168 75,56 211 99,44 40 4,44 83 28,33 126 52,22 169 76,11 212 100,00 41 5,00 84 28,89 127 52,78 170 76,67 213 100,56 42 5,56 85 29,44 128 53,33 171 77,22 214 101,11 202 CAPO QUARTO Gr. ot Gr. ceri. Gr. ot. Gr. cen. Gr. ot. Gr. ceti. tir. ot. Gr. ceti. Gr. of Gr.'oeH. 1 1,25 17 21,25 33 41,25 49 61,25 65 81,25 2 2,50 18 22,50 34 42,50 50 62,50 66 82,50 3 3,75 19 23,75 35 43,75 51 63,75 67 83,75 4 5,00 20 25,00 36 45,00 52 65,00 68 85,00 5 6,25 21 26,25 37 46,25 53 66,25 69 86,25 ti 7,50 22 27,50 38 47,50 54 67,50 70 87,50 7 S,75 23 28,75 39 48,7-5 55 68,75 71 88,75 S 10,00 24 30,00 40 50,00 56 70,00 72 90,00 9 11,25 25 31,25 41 51,25 57 71,25 73 91,25 10 12,50 26 32,50 42 52,50 ■58 72,50 74 92,50 11 13,75 27 33,75 43 53,75 59 73,75 75 93,75 12 15,00 28 35,00 44 55,00 60 75,00 76 95,00 13 1C,25 29 36,25 45 56,25 61 76,25 77 96,25 14 17,50 30 37,50 , 46 57,50 62 77,50 78 97,50 la 18,75 31 38,75 ' 47 58,75 63 78,75 79 98,75 16 20,00 32 40,00 48 60,00 64 80,00 SO 100,00 Benché diversi lermomeiri suina fra loro paragonabili, ino- strana perù una differente sensibilità ed una differente prontezza nelle loro indicazioni, cioè varia in essi Va quantità dell’escursione della sommità della colonnetta liquida rispondente ad una data variazione nella temperatura, e varia pure il tempo necessario a die ciascuno di essi risenta intero l’effetto d’ una data mutazione nella temperatura; e ciò dipendentemente da varie condizioni degli strumenti istessi. Nel- 1’uso poi de’termometri devesi aver riguardo allo spostamento delio zero, che può in essi di leggieri verificarsi (come avvertì Bedani nel 1808), e si debbono avere varie cautele per ottenere da essi la giusta indicazione della temperatura de’ corpi. 104. Trasferendo un corpo da uno ad altro luogo, dopo un tempo più o mrn breve, esso presenta la stessa temperatura del nuovo sito, qualunque poi sia la differenza nella temperatura dei due luoghi, e comunque esso vi si trovi in contatto di corpi solidi o lluidi, oppur anco stia isolato nel vuoto lur- •ricelliano: stante che in ogni caso esso riceve o perde quella giusta-quantità di calore, che riduce nulla la differenza tra la sua temperatura e quella dei corpi circostanti. Siffatta tras- IRRADIAZIONE CALORIFICA 203’ missione di calore fra i corpi avviene anche a distanze grandissime e senza alcun sensibile intermezzo corporeo: onde la si considera come un effetto d’una irradiazione calorifica, che di continuo si verifica immite le direzioni da ogni punto della superfìcie d’un corpo caldo; dicendosi roggio calorifico qualsiasi reità guidala da un qualunque punto-di tal superficie ad un qualsivoglia punto de’ corpi che risentono la di lui azione calorifica. Perù ancor quando diversi corpi situati a qualche distanza tra loro mostrano e conservano un’eguale temperatura, continuano pur tuttavia tra di essi i reciproci invii ali raggi calorifici; se non elle in allora per ciascuno di essi riescono-egiiali fra loro la quantità di calore che in un dato tempo egli riceve dagli altri corpi, e quella che esso loro rinvia: il qual principio, fu proposto dal ginevrino Prevost (1791} sotto-nome di equilibrio mobile nella temperatura dei corpi. La propagazione del calore irradiarne, in un mezzo omogeneo, è rettilinea,.e si compie in sì breve tempo, anche per notevoli distanze, da potersi ritenerla istantanea, come s’indicherà nel capo MI. I. raggi calorifici che cadono obliquamente su la superficie di un corpo, vengono in parte riflessi, seguendo le stesse leggi che si eminziarono per la riflessione dei raggi sonori (80), e che si ponilo dimostrare sperimentalmente anche peri raggi calorifici col mezzo-degli specchi concavi, a curvatura parabolica o sferica. Ma alcuni dei raggi calorifici riflessi da lina superficie non seguono le dette leggi della riflessione regolare, e presentano una riflessione irregolare, chiamala diffusione^ cioè vengono riverberati da ogni punto della superfìcie in tutte le direzioni. Varia la facoltà diffusiva ne’ diversi carpi, conte si dirà nell’ora citato capo. La quantità di calore che un corpo caldo perde per irradiazione verso lo spazio o verso i corpi circostanti più freddi, in un dato tempo,.dipende dati’eccesso della sua temperatura su quella dello spazio , e dalla estensione e natura della sua superfìcie. Circa al primo riguardo, ove il detto eccesso non su- 204 CAPO QUARTO peri 20° a 2o°, si può ammettere la legge proposta da fiew- ton, cioè elle la frazione di grado onde varia in meno od in più in un biave istante di tempo la temperatura ili un corpo è proporzionale alla differenza in più od in meno tra la sua temperatura e quella de’ corpi circostanti; cosicché le quantità di sitfatte variazioni, computale in tempuscoli successivi tra loro eguali, sino a che si stabilisce I’ . nella temperatura , costituiranno una progressione geometrica decrescente. Quanto all’estensione della superficie può dirsi, che a condizioni pari nel resto, la emissione del calore è proporzionale alla estensione medesima. L’intensità poi dei raggi calorifici emessi con diverse direzioni varia proporzionalmente al seno dell’ angolo formalo dalla direzione di ciascuno colla contigua superficie del corpo. Ma, a pari estensione nella superficie ed a pari eccesso nella temperatura, le quantità del calor radiante emesso da due diversi corpi inegual tempo non sono tra loro eguali, poiché ne’corpi diversi si riscontra una differente altitudine ad irradiar calore, che dicesi facoltà eminente. lr 105 Nell’ interno d’ un corpo solido il calore si diffonde da molecola a molecola, tendendo a ridurle tutte ad un’eguale- temperatomi Similmente si diffonde il calore per comunica» zione ira i corpi solidi posti a mutuo contatto. Però ne’ dir versi corpi cotesto equilibrio nella temperatura delle varie loro parti si stabilisce con diversa prontezza; onde si dico esser diversa la loro conducibilità calorifica, ossia la loro attitudine a diffondere entro di essi il calore per comunicazione molecolare. Abbiasi un solido omogeneo, terminato, a guisa d’un muro,, da due piani paralleli, indefiniti, e mantenuti l'uno alla temperatura costante t e 1' altro olla temperatura pur costante quando i punti di una sezione qualunque di esso parallela alle dette pareti abbiano una temperatura eguale e costante, cioè quando tutte le sezioni saranno attraversate da un’egual quantità di calore Q in ogni unità di tempo, sì avrà: Qz=.~(l — l’)., dove s indica lo spessore o la grossezza del solido, e c il coefficiente della conducibilità interna del corpo pel calore, ossia la quantità di calore che nell’unità di tempo attraversa l’unità di superficie di un muro della stessa natura del precedente, ina avente una grossezza corrispondente all’unità lineare, e pel quale la differenza t — t’ sia-, eguale ad 1° ( a ). (a) Se la faccia dèi solido sopra considerato contigua al mezzo assorbente o meno caldo, invece d’esser mantenuta ad una temperatura- costante dal mezzo stesso, riguardato come una costante sorgente calorifica, irradiasse calore verso la parete d’un recinto la cui temperatura fosse t" <. t,. s’avrebbe per l’equilibrio e (t’-t”) ~ (t-l’), ove e indica il coefficiente della conducibilità-esterna ,del solido, ossia la quantità di calore perduta nell’unità di tempo da ogni unità di superficie di detta faccia, qualora la differenza t’-t" corrispondesse ad 1°. Notisi però che questo eoeffìcienle della conducibilità esterna, il quale dipende insieme e dalla natura della superficie del corpo irradiante e dalla natura dei. mezzo-assorbente,, notila confuso colla, facoltà emittente, la 208 CAPO QPARTO Ma comunemente la conducibilità calorifica relativa dei solidi vien desunta da altre più semplici considerazioni. In una verga paralleleppipeda omogenea, un cui estremo sin esposto ad una sorgente costante di calore, mentre il restante di essa sta in itti ambiente a temperatura costante, e la cui grossezza sia abbastanza piccola da potersi ritenere ad egual temperatura lutti i punti interni di una medesima sezione perpendicolare alla lunghezza della verga; quando per ciascuna sezione la temperatura si fa stazionaria, essendo eguali tra loro le quantità di calore da essa acquistale e perdute in un doto tempo, s’avrà: <3 + fs • zz 2 ovvero dietro quest’ altra meno esalta, ma più semplice ed approssimata, c : c’ — ( log q\ ) 2 : ( log q’ ) 2 . È quest’ ultimo processo che fu adoperato da Despreiz, e che gli diede i seguenti valori della conducibilità relativa: quale dipende unicamente dalla natura di detta superficie: però, se il corpo irradiasse net vuoto, il risultante valore di e darebbe la misura della sua facoltà eminente. 2 m COMH’ClBlLtTA’ OAI.ORIFICA Oro . . . !,000t> rialino . . 0,9810 Argento . . 0,9780 Rame . . . 0,8982 Ferro . . • 0,3743 pitico . . • 0,3630 Stagno . • 0,3039 Piombo . • 0 1796 Marmo . . 0,0236 Porcellana . 0,0122 Terra ita mattoni 0,0114 \ a ì Pei i corpi ne’quali è molto debole la facoltà conduttrice, o che non potino aversi se non in lamine sottili, può adoperarsi il termometro di contatto, proposto da Fourier. Forbes., usando quest’apparecchio, per rispetto ai metalli, ebbe dei risultati conformi a quelli di Despretz, se non che il platino si comportò come i metalli meno conduttori, tra lo zinco e lo stagno; 1’antimonio ed il bismuto dovrebber collocarsi ancor dopo il piombo. Anche secondo Fischer il platino, del pari che il palladio, avrebbero una eondultricità molto minore di quella dell’oro e del rame. Il che concorda coll’ordine già assegnato da Ingeuhoux (1780) a diversi metalli per riguardo alla loro conducibilità calorifica, usando di un metodo non molto rigoroso, cioè: argento, oro, rame, stagno, platino, ferro, acciajo, piombo. Meglio attendibili sembrano i seguenti dati, avuti da Wiedemann e Franz ( 1853) con metodo diverso da quello di Despretz, ma abbastanza esatto: Argento . 1,000 Acciajo . . 0,116 Rame . . . 0,736 Piombo . . 0,085 Oro . . . . 0,532 Platino. . . 0,084 Ottone , . . 0,231 Argeulone. . 0,063 Stagno. . . 0,145 Lega di Rose . 0,028 (>>) 0,018 Ferro . . . 0,119 Bismuto . . («0 Fourier con diverse sperienze (1812) cercò di determinare il coefficiente della conducibilità interna, definito come sopra, e trovò die prendendo per unita di lunghezza il metro, per unità di tempo il minuto, per unità di temperatura l” C, e per unità delle quantità di calore la caloria (i06), il detto coefficiente corrisponde a calorie 1,125. Ora, volendosi dedurre dai suesposti valori della conducibilità relativa secondo Despretz, i corrispondenti valori della conducibilità assoluta, basterà dividere ciascuno di essi per 9,3743 e moltiplicarli per 1,125; ossia moltiplicarli per 3,006. (b) La lega di Rose consta di slagno, piombo e bismuto nella proporzione di 1:1:2. HO CAPO QUARTO Gol termometro-di'contatto si rilevò elio uno- pila formata' con un cerio numero di lamine di due difTerenli sostanze,, presenta miglior conducibilità quando stanno tra loro adunate le lamine omogenee, di quando siano alternate le une colle altre. Forb'es osservò diminuire la conducibilità dei; corpi col'crescer e- in essi della temperatura, Hclmersen (1851) studiando la conducibilità in diverse roeee, trovò di disporlo eoi seguente ordine: Quarzo bianco ; scisto micaceo ricco di quarzo ^calcare grigio compatto;; granito rosso a grani fini; serpentino compatto; porfido nfanite con cristalli piccoli d’ai- bile; marmo bianco a grani Bili, o sacenroide. Nei corpi cristallizzati, le cui figure non appartengonoal primo sistemo regolare, come pure ne’corpi compressi o stirati da azioni meccaniche in modo non uniforme nelle varie lor- parti, si rileva una diversa conducibilità nelle differenti direzioni della lóro massa: sono interessanti sirtal proposito le osservazioni di Sennrmont. Delarive e Decandolle osservarono 1’ ordina della conducibilità dei legni ben-secchi essere: loto, quercia, abete, pioppo, sughero ; e die in ogni qualità di legno è maggiore la, facoltà conduttrice nel senso longitudinale della fibre che nel senso trasversale («■>. Io generale sembra mag- (a) La conducibilità calorifica dei carboni riesce tanto maggiore- (pianto più atta è la temperatura delta loro carbonizzazione: però anche i legni mollo secchi sono abbastanza buoni conduttori, come emerge dalle seguenti determinazioni di Violette (18-53) pel carbone- di ontano, nelle quali si.prende per unità la conducibilità del ferro: Temperatura dì carbonizzazione Conduci b. Temperatura dì carbonizzazione Conducib. 160° (legno) 0,505 200 0,601 250 0,601 300 (carbone) 0,616 1023 0,642 1250° 0,652 1500 0,663 Carbone delle storte a-gas 0,847 F.erro. 1,000 Volendosi riferire questivalori a quello dell’argento, come nel precedente quadro dì Wiedeman e Franz, basterà moltiplicare per 0,1 10 eia. conihjcìbilita’ CALORIFICA 2t ! I giore hi conducibilità oc’corpi in cui maggiore è la tenacità ed insieme la densità; e nei metalli la conducibilità calorifica ■•sembra proporzionale alla loro conducibilità elettrica. Nei liquidi assai debole è la facoltà conduttrice pel calore , ove questo abbia a diffondersi in essi dall’alto al basso; non è però nulla, come alcuni supposero: ma non si hanno esatte esperienze su la conducibilità relativa dei diversi liquidi. Laddove, quando il calore viene in essi a diffondersi dal basso idi’insù, facilmente si riscaldano, perchè intervengono i moti delle loro molecole; secondo le leggi d’idrostatica (57), provocati dalle variazioni nella loro densità indotte dalle variazioni nella temperatura. Ma più ancora si favorisce il loro riscaldamento col rimescolarli. Le stufe a corrente d’acqua, sì a basstt che ad alta pressione, dette anco termosifoni, le quali sono mollo economiche, si fondano sul detto principio dei moti idrostatici suscitati dal calore. Ed in questo principio si trova una delle ragioni del clima mite di che godono i paesi limitrofi ai grandi bacini d’acqua. senno de’ predetti valori. Anche Tyndail (1853) verificò la succennata osservazione di Dclarive e Decandolle, cioè che nei cubi di legno l’asse della maggiore conducibilità è parallelo alle fibre, l’asse della minima conducibilità è perpendicolare alle fibre e parallelo agli strali annuali, mentre l’asse della media couducibitilà è perpendicolare e alle fibre « agli strali annuali; quindi noia che gli assi della massima e minima condullricità nei legni coincidono cogli assi della massima e minima loro coesione, e colle direzioni deila loro massima e minima permeabilità dai liquidi. Nelle diverse qualità di legni mentre differisce sensibilmente la conducibilità nel senso parallelo alle fibre, ben lenui sono le differenze nella loro conducibilità nelle altre due direzioni. Nella prima direzione 1’ordine della conducibilità relativa decrescente, sarebbe, secondo Tyndail: quercia, faggio, ebano nero, bosso, larice, noce, ulivo, abete, frassino, pomo, tasso, olmo, platano, alloro. La facoltà condub- trine della corteccia è sensibilmente minore di quella del corrispondente legno. 212 CAPO QUANTO Anche i fluidi aeriformi mostrano una ben debote conducibilità pei calore: e pur in essi le variazioni di temperatura sono favorite anzitutto dai moti prodotti nelle loro molecole dalle variazioni nella loro densità causate dalle stesse variazioni di temperatura. Epperà l’aria, specialmente ove siano in essa contrariati i cosi detti moti idrostatici, serve utilmente a rallentare la diffusione del calore tra due corpi, ossia funziona come corpo coibente pel calore. E da questi prineipj si cavano utili applicazioni per la miglior costruzione dei cammini e delle stufe ad aria calda; e per ispiegare diversi fenomeni naturali. L’ordine della conducibilità calorifica ne’diversi gas, secondo Favre e Silberman (18”)3), sarebbe: idrogeno, aria, ossigeno, ossido di carbonio, protossido d’azoto ed acido carbonico: però nell'idrogeno la facoltà conduttrice è molto maggiore che ne’susseguenti gas, prossimamente secondo il rapporto che tiene la conducibilità dei metalli con quella delle pietre. La facoltà raffreddatrice dei diversi liquidi rispetto ad un solido caldo, ha relazione non solo colla loro conducibilità, ma ancora colla varia scorrevolezza e mobilità delle loro molecole e eolia diversa loro capacità specifica pel calore. Così 1’ ordine del valore decrescente di tal facoltà sarebbe: mercurio, acqua, olio, alcool. Ma questi medesimi liquidi, chiusi in tubi termometrici ed in eguali circostanze, devonsi altrimenti ordinare rispetto alla prontezza del loro riscaldamento o raffreddamento, cioè: mercurio, alcool, acqua, olio d’ulive. Anco la facoltà raffreddatrice dei gas rispetto ad un solido caldo ha relazione colla loro facoltà conduttrice, eolia loro capacità specifica pel calore e colla loro mobilità molecolare. Pero, secondo le osservazioni dì Dulong e Petit, varia la detta facoltà col variare della natura dei gas, senza relazione col loro peso specifico; col variare della forza espansiva o della densità in ciaschedun gas; col variare della dillerenza nella temperatura fra il solido e il gas; mentr’è indipendente dalla natura della superficie del solido, tenuto però conto della di- CALORIE DI TEMPERATURA 213 versa sua facoltà emittente; e finalmente varia colls estensione, figura e disposizione della superficie medesima. Provo- slaye e Desains fecero di poi altre interessanti osservazioni su le variazioni nella facoltà rafireddalriee dei gas in riguardo alla diversa ampiezza dell'ambiente gasoso, ed alle differenti pressioni cui vien ridotto il gas. 106. Non essendo dato di misurare le quantità assolute di calore (considerate in astratto come le quantità di moto) necessarie a produrre dati effetti calorifici, si determinano le quantità relative di calore volute a mutare nei corpi la temperatura oppure lo stalo fisico, prendendo per unità di misura la così della caloria, ei.oè !u quantità di calore (per sè incognita) necessaria ad elevare da 0° ad 1° C un chilogrammo d’acqua distillata. Ora può ammettersi, che a scaldare d’un egual numero di gradi diverse masse d'ttna data sostanza si richiedano delle quantità relative di calore proporzionali alle singole masse; e elle per aumentare la temperatura d’un diverso numero di gradi in eguali masse d’una medesima sostanza si richiedano quantità di calore proporzionali ai singoli aumenti nella temperatura. Epperò le quantità relative di calore, guadagnale o cedute (la diverse masse omogenee, prese a differenti temperature, e mescolate perfettamente tra loro, onde ridursi tulle all'equilibrio di temperatura, saranno per ciascheduna proporzionali al prodotto della massa per il rispettivo aumento o decremento nella temperatura. Questo principio vien dimostrato sperimentalmente, per- eiò che mescendo tra loro diverse masse m’, m”, eec. di acqua prese rispettivamente alle temperature t’’, I’”, ecc. ( purché queste non siano tra loro molto differenti ), si ha ia temperatura finale T della miscela, data dalla forinola jv_ ni* P m' n C 1 - j- m‘ m t ’*' 1 + ecc. ìrì - f- m"’ ■{ m ,v ' + eoe. Ma ove si mescolino tra loro corpi di natura differente, più non si verifica il precedente principio: il che significa richiedersi quantità diverse di calore per elevare • f, e la temperatura finale della miscela, si avrebbe: c rr -.. p—pr,, qualora tutte le calorie perdute dal corpo fosser guadagnate dall’acqua. Ma, in fatto, si dovrà tenere esatto conto delle calorie comunicate al vaso in cui si fa la miscela, al termometro che dà hi temperatura finale, all’agitatore con cui si affretta la miscela ; non che delle calorie perdute per irradiazione dalla superficie del vaso e per evaporazione dalla superficie dell’acqua: e se trattasi d’un liquido che spiega un’azione chimica sull’ acqua o d’ttn solido ridotto in polvere, bisogna valutare anco le calorie comunicale all’acqua dal vasetto in cui sono essi contenuti. Regnault seppe ridurre questo metodo a molta perfezione con uno speciale suo apparato. CALORIE DI TEMPERATURA 215 •Usando il calorimetro a ghiaccio, proposto da Blacke e Wìlcke, e perfezionato da Lavoisier e Laplace, si determina il peso p del ghiaccio liquefatto dal corpo che vi si introduce ed avente la massa m e la temperatura t. Si.desumono le calorie c di temperatura di tal corpo, sul dato che ogni chilogrammo di ghiaccio a 0° per ridursi liquido a 0° esige 81) calorie; epperò s’avrà c — Anche con questo metodo si debbono avere molte cautele. Ver i liquidi può adoperarsi anche il metodo del raffreddamento, proposto da Moyer, e perfezionato da Dutung e Petit. Siano l e t’ i tempi iu cui diminuisce d’un egual numero di gradi la temperatura di due corpi, situati in identiche condizioni, e le cui masse e capacità per il calore siano rispettivamente »ij € ed c : sara r? ~ + ^ , o>e n esprime le calorie in ogni caso emesse dal vasetto entro cui stanno i liquidi e dai termometro in essi immerso. ftLt non si può usare questo metodo eoo pari confidenza per t solidi, benché ridotti in fina poivere, perchè hanno influenza sui delti tempi e la diversa facoltà conduttrice dei corpi, e la differente compressione che su di questo si esercita nel disporli entro il vasetto, come il mostrò Regnault. Cosi, ad esempio, il rame, lo zinco, il bismuto e l’antimonio che col metodo delle miscele gli diedero per calorie di temperatura rispettivamente 0,09515; 0,09555 ; 0,03084, e 0,05077, col metodo del raffreddamento gli diedero invece 0,08842; 0,09152; 0,03732, e 0,06305: e d’altra parte la polve d’argento pochissimo compressa gli diede con quest’ultimo metodo0,08519, mentre fortemente compressa, tanto da contenersene nel medesimo vaso una quantità tripla, diede solamente 0,05050. Welle seguenti tabelle sonosi raccolti i valori delle'calorie di temperatura per molti eorpi semplici e composti, determinati dai seguenti sperimentatori: A . Avogadro B. Baudrimont D. Dailon -£>&.;Desaii)s Ds. Despretz L. Leslie D. M. Delanve e Marcel L.L. Lavoisier D. P. Duluag e Puit e Laplace A'. Rima A' P. Pouillet Pi. Perso» H Kegnault. ìSlutt. Jl lIHCU là CAPO QUARTO 216 CORPI SEMPLICI (a). Rame .... 0,09515 R. • .... 0,09500 D. M. Bismuto .... 0,03084 R. » .... 0,09490 D. P. » .... 0,02880 D. P. » (met. mis.) 0,094 D. P. Piombo .... 0,03140 R. Zinco .... 0,09555 R. » .... 0,02930 D. P. n .. . 0,09770 D. P. » .... 0,02820 L. L. Cobalto .... 0,10696 R. Oro. 0,0-3244 R. » .... 0,14980 D. P. ». 0,02980 D. P. Niccolo .... 0,10863 R. Platino laminalo . 0,03243 R. » ...» 0,10350 D. P. » 0,03140 D. P. » .... 0,100 D. . (met. mis.) 0,0335 [>. P. Ferro lavorato. . 0,11379 R. » id. 0,0335 P. » .... 0,11050 L- L, Mercurio . . . 0,03332 li. « .... 0,110 0. P. „ ... 0,03300 D. P. » (met. mis.) 0,1098 D P. » ... 0,03180 D. M. Bromo .... 0,135 D. 51. . ... 0,02900 L. L. Sollb .... 0,20259 R. Tunsleno . . . 0,03500 D. M. * ... 0,1880 D. P. Antimonio . • • 0,05077 lt. * .... 0,190 D. . (met. mis.) 0,05070 D. P. * . • . . 0,20850 L, L. Telluvo . • • • 0,05155 R. » .... 0,09120 D. P. CORPI SEMPLICI impuri. iodio. 0,05412 R. 0,089 A. Tunsteno . . . 0,03636 R. Stagno delle Indie 0,05623 R. Iridio impuro . . 0,03683 R. . inglese 0,05695 R. Urano. 0,06190 R.i » .... 0,05140 D. P. Molibdeno . . . 0,07218 R. » .... 0,05140 D. M. Niccolo carburato, » .... 0,04750 L. L. non l'uso . . . 0,11192 R. • Cadmio . . . • 0,05669 R. Niccolo più carbu• .... 0,05760 D. M. ralo, fuso . . 0,11631 R. Argento .... 0,05701 R. Cobalto molto carbu» .... 0,05570 D. P. ralo, fuso. . . 0,11712 R. Palladio . . . • 0,05927 R. Ferro di miniera di Molibdeno . • • 0,06590 D 51. Boi-gogna. . . 0,12983 R. Arsenico .... 0,08140 R. Aceiajo raffinato . 0,12728 R. » . « . 0,081 A. * di Hausmann 0,1184$ R. Selenio .... 0,08370 R. Manganese mollo ft .... 0,08340 D. M. carburato . . 0,14411 R. (a) Si atveita che, ove no» ita diversamente indicato, Regnatili, tfeunv.nn, Avo- guro e PouiUet si valsero del metodo delle mìschianze; Dulong e Petit, e Deferire t ttarcet di quello del rutììeddameuto, e Lavoisier e La pii. ce adontarono il calorimetro a ghiaccio. CALORIE DI TEMPERATURA 21 Carbonio impuro in diversi stati (a). Nero animale.o,26085 id. e nero fumo calcinalo . 0,257 A. Carbone di legno.0,24150 id. pioppo non temprato . . 0,2964 D. il. id. id. fortem. temprato . . 0,2009 D. M. id. terebenleno.. 0,1801 D. M. id. zuccaro, calcinato. . . , 0,1592 D. 11. Coke del Cannel-coal ...... 0,20307 id. del carbon fossile.. 0,20085 Carbone d'antracite di Galles . . . . 0,20171 id. id. Filadelfia. . . 0,20100 Grafite naturale.0,20187 id. d’alti forni. 0,19702 id. delle storte a gas . ■ . . . . 0,20360 Diamanti interi .. 0,14687 id.. in polvere fina ..... 0,1192 D. 11. Solfo cristallizzato naturale . . r . 0,1776 id. fuso da 2 anni . 0,1764 id. id. da arnesi. ..... . 0,1803 id. id. di recente ...... 0,1844 Fosforo bianco solido da 78° a + 10° 0,1740 id. id. da 21° a+ 7° 0,1788 Pr. id. id. dens. 1,83 da 10° a 30° 0,1887 id. id. da 0“ a 100° 0,25142 >d. id. id. 0,385 A. id. liquido » 1,88 da 45" a 50" 0,2006 De. id. id. da 44°,2 a 51" 0,2045 Pr. Fosforo rosso solido » 1,96 da 15° a 98" 0,1698 (“) Da qui innanzi i corpi, per i quali non è indicato il nome dell’osservatore, lu iom> sperimentati da Regnault. 218 CAPO QUARTO OSSIDI ED OSSACID1 ( a ). Forinola R 0 Frol. di piombo, polver. Q,0 5 14 8 » id. fuso 0,05089 n id. . . - 0,050 A. Vf mercurio * . 0,05479 • id. . . 0,0504 D.M. » id, . , 0,049 N. » slagno . . . 0,094 A. n zinco . . . 0,42480 » id. . . . 0,432 N. » irf. . . . 0,444 A. p rame . . . 0,44204 » id. e . . 0,437 N. V id. . , . 0,446 A. » manganese . . 0,4 5704 I» niccolo . . . 0,4 6234 » id. calcinato 0,4 5885 » calcio . . . 0,479 A. « id. . . . 0,247 L.L. N magnesio . . 0,24394 » id. . . . 0,276 N. Formo’a R^ O® Sesq. di bismuto . . 0,06053 » antimonio . 0,09009 Acido arsenico . . 0,12786 » id. vetroso 0,I320D.M. » id. id. 0,1349 B. » id. bianco 0,13 09 D.M. » id. id. 0,1259 B. » id. . . . 0,444 A. Sesq.di ferro . . . 0,46695 » id. oligislo 0,463 N » id. colcotar 0,4 7569 .. id. id. più cale. 0,47467 » id. id.fort. • 0,46844 » cromo . . . 0,47960 » id. . . . 0,496 N. » alluminio corind. o,4 97 62 » id. id. 0,4942 N. >. id. zaffiro 0,24732 » id. id. 0,4976 N. » id. calcin. 0,200 A. Forinola R Acido stannico . . 0,0932® » id. natur. 0,0895 fi. » .aniimonioso . 0,09535 * titanico, artific. 0,47464 » id. friabile 0,47032 • id. rutilo 0,4724 N. Bios. di manganese . 0,4 94 A. Forinola R Acido tmistico . . 0,07983 » molibdieo . . 0^43240 » silicico . . . 0,4 9432 » id cris.dirocca 0,188 N. » id. quarzo 0,479 A. » borico . . . 0,23743 Forinola R 2 0 Ossidulo di rame 0,4073 N. Forinola R O, Ferro magnetico . . 0.46780 id. . . 0,464 N. SOLFURI. Forinola R S Prot. di piombo . . 0,05086 » id. galena 0,046 N. •> mercurio . • 0,05447 « id. . . 0,0597 D.M, « id. cinabro 0,0520 N. • id. id. 0,048 A. » stagno . . . 0,08365 » zinco . . . 0,42303 » id. blenda 0,444 N., • cobalto . . . 0,42542 » niccolo . . . 0,42843 » ferro .... ■ 0,43570 • id. 0,4396 D.M. » id. pirite 0,435 A. » id. id. 0,430 N, («) nelle formole chimiche, che si notano in capo d’ogni gruppo di composti simili, il segno R indica radicale, cioè il componente elettro-positivo, il quale d ordinario è un metallo. CALORIE DI TEMPERATURA 219 Forinola R^ Solfuro di bismuto . 0,06002 » antimonio 0,08403 » id. 0,085 N. Forinola R S - * Solfuro d’arsenico, realgar . 0,111 N. Bisolfuro di stagno 0,11932 » molibdeno 0,12334 » id. 0,1097 D.M » id. 0,102 N. Formola R Ac. solfoarsenioso, orpimento 0,113 N. id. id. 0,105 A. Formola R^ S 3olfuro d’argento . 0,07460 » di rame . . 0,12118 Formola R" Pirite magnetica . . 0,16023 id. . . 0,1533 N. id. . , 0,153 A. CLORURI. Forinola R*'r,i Protocl. di mercurio,ea- lomelano 0,05205 » id. id. 0,0-41 A. » Ci rame . . 0,13827 Forinola R (Il Cloruro di piombo . 0,06641 JBicio di mer _ j Forinola r» J Protojoduro di mercur- 0,03949 Formola R J Ioduro di piombo . 0,04197 Bijoduro di mercurio 0,04267 Ioduro d’argento . 0,06159 Protojoduro di rame 0,06869 Joduro di potassio . 0,08191 » Sodio . . 0,08684 FLUORURI. Formola R FI Fluoruro di caleio . 0,21492 » id. calcinato 0,21686 * id. spato(luore 0,208 N. i SALI. Formola RO, CO"' Carbon. di piombo 0,08596 » id. , • 0,081 N. » barite , , . , 0,11038 » id viterite . .0,108 >\. » «tronziana. , , .0,14183 ■a id. , • , .0,1*4 ai. •» zinco, calammo:.. 0,1712 % 220 Carb. ferro .... 0,19345 f » id. ferrospatico 0,1820 N. ! » calce, spato calcari 0,20858 » id. id. 0,2068 B. » id. id. 0,2015 N. » id. marmo bian. 0,203 A. , » id. arragonite . 0,20850 » id. id. 0,2062 B. 1 » id. id. 0,1966 N. » id. e magnesiaco lomite 0,21743 » id. id. id. 0,216 N » potassa .... 0,21623 « magnesia, gioberttieO, 227 N. » soda .... 0,27275 » id . 0,306 A. Forinola RO, SO 3 Solfato di piombo . 0,08723 <* id 0,085 N. » barile . . . 0,11285 » id. naturale 0,109 N. » slronziana . . 0,14279 » id. celestina 0,136 N. * ferro calcinato 0,145 A. » rame id. 0,280 A. » potassa . . . 0,19010 » id. . . . 0,169 A. >■ calce .... 0,19656 » id. anidrite . 0,1854 N. » id. calcinato 0,190 A. » zinco calcinalo 0,213 A. » magnesia . . 0,22159 » soda .... 0,23115 » id. calcinata 0,263 A. » monoidrico 0,349 D.M. Formola RO, SO 3 * HO Solfato calcico idrato, gesso 0,302 A. id. id. 0,273 N. Formola RO.AzO 5 Azotato d’argento . 0,14352 » barite . . 0,15228 » potassa . 0,23875 » id. 0,269 A. « soda . . 0,27821 » id. . . 0,240 A. CAPO QUARTO Formola Il0, CI 0^ Clorato di potassa . Formoli, 3 RO, Ph O 5 Fosfato di piombo . Forinola 2 RO, Ph 0^ 0,20956 0,07982 0,08208 0,19102 0,22833 0,19923 » potassico » sodico . Formoli, RO, Ph O 5 Metafosfato calcico . Forinola 3JRO, As O 3 Arseniato piombico . 0,07280 Forinola RO, AsO 3 Arseniato potassico . 0,15631 Forinola RO, (Ir 0'^ Cromato potassico . 0,18505 Forinola RO, 2 Cr O 3 Bicromato potassico 0,18937 Form.2(RO,\V0 3 ) + 3 RO.WO) Tunstato di ferro, e manganese ,Wolfram 0,09780 Formola RO, Bo O 3 Borato piombico bibas. 0,09046 Formola RO, 2 Bo O 3 » potassico. » sodieo Formola RO, HO Idrato calcico » potassico . Formola R^ O 3 HO Idrato alluminico 0,11409 0,20478 0,25709 0,300 0,358 0,420 A A. - CALORIE DI TEMPERATURA 22 i Silicati. 7àrconio . 0,14558 Pìrosseno, augite . 0,1938 N. Adularla .... 0,186 N. » diopside. 0,1906 N. Feldspato .... 0,191 N. Epidoto, ziosite . . 0,1940 N. Albite . 0,196 N. CORPI DIVERSI. Ottone. 0,09391 Ghiaccio .... 0,474 id. . 0,110 D. id. .... 0,48 Pr.(a) Vetro. 0,19768 Olio di nafta . . . 0,493 D. M. ad. senza minio 0,1929 L.L. id. ulive . . . 0,504 D.M. id. flint, con minio 0,190 B. id. id. .. . 0,500 L. id. id. 0,174 K. Etere solforico . . 0,5174 id . 0,177 D.P. id. ■ ■ 0,550 D.M Ac. soifocarbonico . 0,2189 id. dens. 1,71 0,520 Ds. id. 0,329 B. M. Alcool 0,6051 Cloruro di sodio . . 0,23 0 D. id. 0,637 D.M. Ac. solforico . . . 0,349 D. M. id. id. 0,79 0,622 Ds. id. dens. 4,872 0,340 L. Ac. azotico id. 1,30 0,620 L. id. id. 4,87 0,3346L.L. id. id. 0,6614 L.L id. id. 1,84 0,350 D. id. id. 0,660 D. Essenza di trementina 0,4672 id. id. 1,335 0,570 K. id. 0,488 D.M. Legni diversi da 0,60 a 0,650 Ds. id. dens. 0,87 0,472 Ds. Ac. eloridr. dens. 1,122 0,680 K. Liq. di Faraday (carburo d’idrog.) . . . 0,475 D. M.l leghe (proporz. per equiv.) Sezione A. Sezione TS. !Pb,lSb . . . . 0,03880 1 Pb, 1 Hg 0,03827 i ni, 1 Su. 0,04000 id. , 2 Sn, i Bi . . . 0,04476 id. , 2 Sn. 0,04504 id ., id. , 2 Bi . . - 0,06082 1 Pb, 1 Su. 0,04073 1 Hg, 1 Sn. . . . • 0,07294 id ., 2 Sn. 0,04506 id ., 2 Sn. . 0,06591 4 Bi, 2 Sn, 1 Sb . . . 0,04621 id ., id. , id., 2 Za . 0,05657 (a' Peison con alcune sue esperienze del 1848 assegnò per le calorie di fusione del ghiaccio 0,504 : e posteriormente nel 1850 con più acculale prove ebbe 0,408. Desains nel 1846 col metodo delle mescolanze, assumendo per le calorie di liquefazione del ghiaccio 79,25, ebbe per media di 5 esperienze 0,513; e scaldando invece il ghiaccio nell’essenza di trementina ebbe per media di i esperienze 0,465 : però ei ritenne più sicuro il primo metodo. Il valore suesposto secondo Regnault 0,474 fu determinalo raffreddando comparativamente il ghiaccio ed il piombo nell’acido carbonico. 222 CAPO QUARTO Acciajo dolce . . dons. 7,861 , . 0,1)65 id. tempr. . . » 7,798 . . 0,1175 Lega dei cembali (8 rame, 2 stagno) incrudita . dens. 8,580 . . 0,0858 id. dolce, tempr. » 8,634 . . 0,0862 Lagrime balavichè tempr . 0,1923 id. ricotte .0,1937 LIQUIDI DIVERSI. Met. dette Met. del raftred- miscele damento daino. 0 da 20° da 1S ’ da IO. 0 a 15.» a 15.° a 10° n 5." Mercurio. 0,03332 0,0290 0,0283 0,0282 florido di slagno. 0,14759 0,1416 0,1402 0,1421 Etere iodidrico . 0,1569 0,1556 0,1574 id. . 0,1584 0,1584 0,1587 cloruro di titano. 0,1828 0,1802 0,1810 id. silicio. 0,1904 0,1904 0,1914 Protoclor. di fosforo. 0,1991 0,1987 0,2017 cloruro di solfo. 0,2038 0,2024 0,2048 Etere bromidrico C l H5Br. 0,2153 0,2135 0,2164 Ac. solfocarbouico CS 2 . 0,2206 0,2183 0,2179 Nitrobenzina C' 12 H 5 AzO / ‘. 0,3499 0,3478 0,3524 Jienzina C 12 H 6 . 0,3932 0,3885 0,3999 Terebenleno (essenza di terebinto) . 0.4672 0,4259 Terebeno. 0,4656 0,4267 0.4156 0,4154 Petroleno.'. . . . 0,4684 0,4342 0,4325 0,4321 Essenza di cedro. 0,4879 0,4501 0,4424 0,4489 Etere ossalico C^I^O, C 2 0 3 .... 0,4554 0,4521 0,4629 Ac. acetico cristallizabile C 4 H 3 0 3 +H0 0,4618 0,4599 0,4587 id. concert., non cristallizzato 0,6589 0,6577 0,6609 Etere solfidrico C 4 H 5 0. 0,4772 0,4653 0,4715 id: solforico C 4 H s 0. . 0,5157 0,5158 0,5207 Spirito di legno C^O 2 . 0,6009 0,5868 0,5901 Alcool assoluto C 4 H 6 0 2 . 0,6148 0,6017 0,5987 id. ordinario a 36.° B n.° 1 . . . 0,6588 0,6774 0,6540 0,6465 id. id. u°2 • . . 0,6588 0,6725 0,6651 0,6588 id. id. più diluito .... 0,8413 0,8518 0,8429 0,8523 id. id. ancor più diluito ■ 0,9402 0,9752 0,9682 0,9770 ssoluzione di cloruro di calcio .... 0,6448 0,6462 0,6389 0,6423 CALORIE DI TEMPERATURA 223 Liquidi organici isomeri. Formnh fì 20 H l6 Formala C 20 H 1G Terebenteno da 100 » a t5° 0,4672 Terebeno id. 0,4656 Terebileno id. 0,4580 Cantileno id. 0,4518 Essenza di ginepro id. 0,4770 Petroleno da ioo° a 15° 0,4684 Formala C 10 » 8 Essenza di cedro id. 0,4879 id. arancio id. o,4886 l)oi suesposti risultati emergono i seguenti fatti: a) Le calorie di temperatura nei metalli e nei composti metallici sono, in generale, minorkehe negli altri corpi solidi e liquidi. Nei metalli il calore specifico riesce prossimamente in ragion composta diretta del loro coefficiente d’elasticità ed inversa della loro densità. b) L’acqua è il corpo che presenta la maggior capacità- calorifico, sia che questa la si riferisca all’unità di massa, od all’unità di volume ne’varii corpi. c) 11 diverso modo d’ aggruppamento delle molecole in un dato solido influisce tal poco nel mutarne la capacità pel calore. d) In generale, coll’ aumentar delle temperature, cresce il calore specifico d’ogni corpo-: però quest’ incremento è molto meno sentilo nei metalli che nei liquidi, in alcuni dei quali varia sensibilmente il calor specifico anche per un piccol numero di gradi: però in alcuni sembra essa decrescere da 10’ a 15° per aumentar di nuovo da 15° a 20°. L’acqua invece presenta una capacità sensibilmente costante da 0° a 100’, come metalli. Ilegnault, il quale esegui 40 sperimenti per determinare le calorie di temperatura dell’acqua, mantenuta liquida, fra 0° e 230°, ne trovò i risultati soddisfacenti abbastanza alla forinola empirica C’ —1+0,00002 t 2 +0,0000003t 3 » ove C esprime il numero di calorie emesse dall’ acqua , raffreddandosi dalla temperatura t a- 0°. E quindi calcolò la seguente tabella, nella quale C esprime U calore specifico medio dell’acqua tra 0“ e L 22 * CAPO QUARTO t C' C C’ € 10° 10,002 1,0002 130° 180,997 1,0076 20 20,010 1,0005 140 141,215 1,0087 30 30,026 1,0009 150 151,462 1,0097 40 40,051 1,0013 ISO 161,741 1,0109 50 50,087 1,0017 170 172,052 1,0121 60 60,137 1,0023 180 182,398 1,0138 70 70,210 1,0030 190 192,779 1,0146 80 80,282 1,0035 200 203,200 1,0160 90 90,381 1,0042 210 213,660 1,0174 100 100,500 1,0050 220 224,162 1,0189 110 110,641 1,0058 230 234,708 1,0204 120 120,806 1,0067 e) Nei metalli il detto incremento nel calore specifico non sembra aver relazione colla loro dilatabilità assoluta, ma piuttosto coll’incremento nella dilatabilità che in ciascun d’essi si verifica coll’aumentare, delle temperature, come si dirà innanzi. A tal proposito citeremo le risultanze degli sperimenti eseguiti da Dulong e Petit e da Puillet col metodo delle mischianze. Capacità media da Rapporto 0°al00° 0° a 300° delle 2 eaj acità Mercurio . 0,0330 0,0350 1:1,051 D. P. Platino • . 0,0335 0,0355 1:1,059 » id. 0,0335 0,03434 1:1,025 P. Vetro . . . 0,1770 0,1900 1:1,074 D. P. Rame . . . 0,0940 0,1013 1:1,078 » Antimonio . 0,0507 0,0547 1:1,079 » Zinco . . . 0,0927 0,1015 1:1,094 * Argento . . 0,0557 0,0611 1:1,097 » Ferro , . . 0,1098 0,1218 1:1,109 • Capacità media Ferro da o® a 100 0,1098 . D. P. id. B 200 0,1150 • id. 9 300 0,1218 » id. B 350 0,1255 » CAtORTE DI TEMPERA TURA 223 Platino da 0* a 100° id. * 200 id. " 300 id. » 400 id. » 500 id. » 600 id. » 700 id. # 800 id. » 900 id. » 4000 id. « 4400 id. ■» 4200 Capacità media 0,03350 P. 0,03392 • 0,03434 • 0,03476 » 0,03548 » 0,03560 • 0,03602 » 0,03644 n 0,03686 » 0,03728 » 0,03770 » 0,03842 » È notevole die la differenza tra i successivi valori della capacità media del platino, secondo Pouillet, è costante ed ■eguale a 0,00042; e quindi Ara 0® e 4600° può ritenersi 0,03980. E per determinare il calore specifico c del platino ad litio qualunque degli intervalli successivi di 100 gradi centesimali, può valere la formula c ~ 0,03350 + (n - 4) 0,00084, ove n indica il numero dell’ordine dell’intervallo die si considera. Invece per il ferro, secondo Dulong e Petit, le dette differenze aumentano alcun po’ colie temperature: dai suesposti dati s’inferisce die i valori medi! dei calori specifici del ferro nei primi quattro intervalli di 100° sarebbero: Differenze Da 0° a 100° 0,1098 Q 0j()4 Da 100° a 200° 0,1202 0 ’ 0(52 Da 200° a 300“ 0,(354 0 0l64 Da 300° a 400° 0,1518 Ma poiché queste differenze sono tra loro poco differenti, si può assumere per il ferro c — 0,1098 + (n - 4) 0,012, ritenuti pere ed n i significati anzldelli per il platino: ed il calore specifico c’ del ferro al grado t di temperatura, contato dallo O® sarebbe c’ “ 0,1038 + 0,0012 t. Per rispetto poi a lutti gli altri corpi su cui sperimentarono Dulong e Petit a diffe- 226' CAPO QUARTO venti temperature, posto c, il calore specifico medio di uno- di essi da (P'a 100®, sr avrà prossimamente il calore speci* fico c dello stesso corpo dal gradò 100 (n - 1) al 100 » centesimale colla forinola c™:^ + 1) 1)^081 "jv f ) In alcuni liquidi organici'isomeri si mostra 9ensib.il* mente eguale la.capacità calorifica. Nei corpi semplici solidi- o liquidi le calorie di temperatnra sono inversamente propor* zinnali al loro equivalente chimico, cosicché è sensibilmente costante il prodotto che si ha per ciascun corpo moltiplicando le sue calorìe di temperalura-per il rispettiva equivalente., Dulong e Petit furano* i primi ad avvertire questa legge, che fu poi riconfermatn'delle sperienee di Regnault, come emerge dal seguente prospetto: Gaiorie Equìv ; Prodótto Calorie Equi». Prodotto è. 0,20259 46,00 3,2446 Sb. 0,05077 64,52 3,2682 Ee. 0,14379 28,00 3,4864 As. 0,08440 75,00 3,0525X2 Co. 0,40696 29,52 3,4574 Au. 0,03244- 98,46 3,4 843 Ni. 0,40863: 29,55 3,2040 Pt. 0,03243 99,00 3,2406 Cu. 0,09545 34,65 3,044 5 Hg- 0,03332 400,00 3.3320 Zn. 0,09555. 32,53 3,4073 Pb. 0,03440 403,56 3,2656 Se. 0,08370 39j2S 3,2877 Bi. 0,03084 404,00 3,2074 3,0785X2 Pd. 0,05927 53,22 3,4543 Ag. 0,05704 408,00 Cd. 0,05669 55,74 3,4599 J. 0,05442 4-25,33 3,3914X2 S». 0,05623 TC. 0,05155- 58,00 64,52 3,2613 3,3260 ! Prodotto media- 3,2042 '.«) Benché P anzidetto prodotto varii da 1,0 ad 1,126 ne’corpi suindicati, sembra potersi ammettere l’enunciata legge come 1’espressione d’un fattonaturale, da00 = 6,2775 = 3,1387 X'2- Per il carbonio, ove si assumano le calorie avute da Regnatili pel carbone di legao, si ha 0,2f 111 X f d,00= 1,4467 = 2,8934 X'1/2: e pigliando invece le calo- aie .del disuBMle si Ila 0,14687 X'6,00 = 0,88-1 22 = 3,52488 'CALORIE DI TEMPERATURA 2f? ìper i medesimi corpi da .4,0 a 6.569. Probabilmente le notate differenze dipendono., in parte dagli errori inevitabili in così delicate esperienze,, ed in parte dall’influenze dello stato molecolare dei corpi e della*varia temperatura cui si sperimeli» ‘tano su la loro capacità pel calore. Cosi riescono alcun po’minori le differenze ne’.varii prodotti, assumendo i dati di l)u- long e Petit avuti col metodo del raffreddamento da 15° a 5°;j ■laddove i dati di Kegnault riposano sul metodo delle mi- sehinnze, col quale i corpi si raffreddaito da 100° a 20° circa. E poiché per alcuni corpi il dello prodotto riesce multiplo del valore che si ha cogli altri, si ritiene da Regnatili che per essi l ’equivalente termico sia summultiplo dell’ equivalente chimico, ossia che la molecola chimica consti d’ un gruppo di parecchie molecole chimiche (§ 109). g) Anche nei corpi composti aventi la medesima forinola chimica, e nelle leghe, si rileva essere d’ordinai io le calorie di temperatura inversamente proporzionali ai loro equivalenti chimici. Però questa legge provala abbastanza dalle tante esperienze di -Regnatili, non vale per i composti aventi diversa cnsLituzione chimica. Se non che, in generale, il prodotto delle calorie di temperatura per 1’equivalente d’ogni Corpo composto è tal quantità che corrisponde prossimamente ad un multiplo del prodotto medio sovra trovalo per i corpi semplici; benché il numero per cui vuoisi multiplicare quest’ultimo prodotto peravere li primo non corrisponda., io generale, al numero delle molecole chimiche elementari che entrano nel composto. 107. Perù fluidi aeriformi si ricerca non solo, come per i solidi ed i liquidi, il calore specifico a peso ( cioè le calorie volute a scaldare di 1° l’unità di massa d’ognuno di essi), ma interessa ancora di conoscere il loro calore specifico a volume. E qui, o si cercano le calorie richieste ad elevare di 1° la temperatura d’una unità di volume d’ogni gas racchiuso in un recipiente così cedevole che il gas possa dilatarvisi liberamente, serbando costante la sua forza espansiva, e allora si 228 CAPO QUARTO lui il calore specifico a pressione costante: oppure si misra- rami le calorie bisognevoli a scaldare di 1° l’unità di volume d’un gas contemito in un vaso assolutamente inestensibile, ed allora si ha il calore specifico a volume costante. È chiaro' che per ciascun gas il primo valore sarà maggiore dei secondo di una Quantità corrispondente alle calorie necessarie a produrre l'aumento di temperatura anche per l’aumento di volume avvenuto nel gas per il conseguente incremento nella forza espansiva. 11 rapporto fra questi due valori per un dato gas è denominato il rapporto del calore specifico a pressione costante ed a volume costante. In ogni modo la determinazione delle calorie di temperatura nei fluidi espansibili presenta ben maggiori difficoltà e ricerca ben maggiori diligenze elle nei solidi e nei liquidi. Delnroclie e tìérard nel 1812, ed in seguito Ihilong, Clóment e Désormes, Delarive e Marcet, e diversi altri tentarono quest’argomento con metodi differenti, ed ebbero risultati tra loro troppo discordi, Più degne di fede sono i dati forniti di Hegnauk (18)3). Diamo prima le risultanze delle osservazioni di Delaroclie e Bérttrd, e di Dulong: Secondo Delaroche e Bérard Capacità a Toltimi eg. masse egvtali niente rif. aii'aria ali* aria air acvpia Aria atmosferica -1,0000 4,0000 0,2669 Idrogeno . . . 0,9033 42,3404 3,2936 Ossigeno . . . 0,9765 0,8848 0,2364 0,2734 Azoto.4,0000 Ossido di carbonio 4,0340 4,03-18 4,0805 0,2884 Acido carbonico 4,2588 0,8280 0,2210 Ossido d’azoto 4,3503 0,8878 0,2369 Birarburod'idrog. 4,5530 4,5763 0,4207 Vapore d’acqua 4,9600- 3,4360 0,3470 Secondo Dulong Rapporto Capacita .Ielle iiue a presa. capacità costante 4,421 1,00 1,407 4,00 4,415 4,00 4^28 4,00 1,339 4,47 4,343 4,16 1,240 4,53 Ilegnault determinò ptr molti gas e vapori il calore specifico a pressione costante, e riferì il loro calore specifico a peso a quello dell’acqua. 1 pesi specifici da esso assunti per i diversi fluidi elastici sono, quei medesimi da uoi riportati al § 67. CALORIE DI TEMPERATURA Calori specifici a 229 Gas semplici Volume Peso Equival. Idrogeno 0,2356 3,4046 1,00 Ossigeno 0,2112 0,2182 8,00 Azoto 0,2370 0,2440 14,00 Gloro 0,2962 0,1214 35,45 Bromo ( vapore) 0,2992 0,05518 78,26 Prodotto 3,5016 3,4912X1/2 3,4160 4 3036 4,3184 Ne emerge che i gas semplici, prtsi ad eguali volumi, non hanno capacità calorifiche tra loro eguali, come dianzi si pensava. E per essi il prodotto del calore specifico a peso per l’equivalente chimico sembra essere, in generale, maggiore che per i corpi semplici solidi e liquidi. II calore specifico dell’aria atmosferica a peso, riferito a quello dell’ acqua, risultò dietro più di 400 esperienze 0,237. E questo valore manllensi sensibilmente costante anche col variare della temperatura, avendo ottenuto per valor medio del calore specifico tra — 30.° e 10.° 0,2379: tra 10.° e 100.° 0,2370, c tra U.° e 225.° 0,2370. Calore specifico Gas composti Protossido d’azoto. . . a peso a volume 0,3413 Dea (ossido d’azoto . . . , 0,2345 0,2406 Ossido di carbonio . . . . 0,2479 0,2399 Acido carbonico .... 0,3308 Acido solfocarbonico . . . 0,1575 0,4146 Acido solforoso .... « . 0,1553 0,3489 Acido cloridrico.... 0,2302 Acido solfidrico.... 0,2886 Gas ammoniaco .... 0,2994 Prolocarburo d’idrogeno. . 0,5929 0,3277 Bicarburo d’idrogeno . . . 0,3694 0,3572 Vapore dì Acqua ....... 0,2950 Alcool. 0,7171 Etere solforico .... 1,2296 » cloridrico.... . 0,2737 0,6117 » bromidrieo . . . . 0,1816 0,6777 330 s CAPO QUARTO Vapore di Calore specifico a peso a volume Etere solfidrico. 1,256S » cianidrico . . . . , . . 0,4255 0,8293 > acetico. 1,2184 Acetone.. 0,8341 CloroformioC 4 H Gl 3 . . , , . . 0,1568 0,8310 Liquido degli Olandesi C 4 H 3 Gl, H CI 0,2293 0,7911 Benzina. 1,0144 Terebenteno. . . . 0,5061 2,3776 Cloruro fosforoso , . . . . . 0,1346 0,6386 » arsenioso . . . . . . 0,1122 0,7013 » silicico .... • . . 0,1329 0,7788 * stanuico . . . 0,8639 • titanico .... 0,S634 Regnault verificò, non soltanto per l’aria, ma anche per altri gas permanenti, che il loro calore specifico non varia sensibilmente colla temperatura; laddove Delaroche e Bérard , dietro considerazioni teoriche ed alcune sperienze di Gay-Lus- snc, ritennero che esso aumentasse rapidamente col crescere della temperatura. Inoltre i due ultimi citali fisici avevano stimato che il calore specifico d’ una data massa di gas variasse per pressioni mutabili solo da 1,0 ad 1,3 atmosfere: ma Regnault, in diverse sperienze fatte sull’aria atmosferica, sotto pressioni variabili da 1 a 10 atmosfere, non trovò differenza sensìbile tra le calorie emesse da una data massa d’aria nel raffreddarsi d’uno stesso numero di gradi Ed esperimeu- tando su diversi altri gas, venne pure a conchiudere che se la loro capacità calorìfica sotto diverse pressioni, non è assolutamente costante, essa tuli’al più subisce ben lievi variazioni. E pur notevole che il calore specìfico del vapore acqueo, a peso eguale, è circa la metà di quello dell’ acqua liquida, ed è pressoché eguale a quello dell’acqua solida, ossia del ghiaccio; infine il valore avuto da Regnault pel vapore acqueo, dietro numerose sperienze, è poco più della metà di quello dato da Delaroche e Bérard. DILATAZIONE DEI SOLIDI 23 L Stnnte poi l'eccedenza sovraccennata per un qualunque gas del calore specifico a pressione costante sul rispettivo calore specifico a volume costante, si comprende come ogni aumento ed ogni decremento che sorvenga nella sua pressione o nella sua densità debba esser susseguito da un aumento o da una diminuzione nella sua temperatura. E da qui la principe! cagione del freddo che si mantiene nell’alte regioni dell’atmosfera, in onta al continuo salire dell’aria scaldatasi in contatto del suolo: e da qui si trae la spiegazione di varii altri fenomeni naturali. E s’intende pure il perchè nella formolo teorica della velocità di propagazione del suono in un fluido aeriforme (79) entrar deliba, fra gli altri elementi, il rapporto dei detti due calori specifici. Ma di queste cose vien più in acconcio il discorrere là ove si tratta delle varie fonti del calore. 108. Il primo e più generale effetto delle variazioni nell’intensità della forza calorifica sui corpi sta nelle conseguenti variazioni nel loro volume (33 e 36). E per questo riguardo il principio del calore, sotto nome dì calorico, è da molti considerato come l’immediato agente delle forze repulsive molecolari (vedi retro la nota al § 102). Tutti i corpi, qualunque sia il loro stato d’aggregazione, assoggettati a temperature mano mano crescenti, presentano de’continui incrementi in ciascuna delle loro dimensioni; e per converso ogni diminuzione nella temperatura è susseguita da una condensazione, ossia da un decremento nelle dimensioni dei corpi. Nei solidi talora si tien conto soltanto della dilatazione lineare , cioè dell’alimento verificatosi ne! senso d’una sola dimensione, e talora si considera la dilatazione cubica , cioè l’aumento nel loro volume. 1 primi a mettere in evidenza con rigorose e svariate prove la dilatazione prodotta dui calore ne’ solidi (nei quali è molto meno sentita che nei fluidi) furono gli Accademici del Cimento. Chiamasi co efficiente della dilatazione lineare per un dato solido il rapporto sussistente fra l’aumento di lunghezza, Che in esso accade coll’elevarne la temperatura da 0.° ad i.° C., Man. di Fisica 16 232 CAPO QUARTO e lu sua primitiva lunghezza a 0.°; ovvero il detto coefficiente corrisponde all’aumento di lunghezza che si verifica nell’unità di lunghezza di un dato solido, ove lo si scaldi da 0.° ad i.° C. Supponendo elle, almeno entro ceni limiti di temperatura, sì mantenga uniforme la dilatabilità lineare dei solidi per opera del calore, cioè supponendo che gl’incrementi nelle dimensioni riescano per ciascun solido proporzionali agli aumenti nella temperatimi, si hanno le seguenti relazioni: + i. t , ove / esprime la lunghezza del solido alla temperatura 0.°, S’ il suo coefficiente della dilatazione lineare, ed i la lunghezza assunta dal solido sotto un’altra temperatura discosta dallo U. u di un numero l di gradi centesimali. Per coefficiente della dilatazione cubica di un corpo s’intende il rapporto fra l’aumentodi volume prodotto in esso con elevarne la temperatura da 0.° ad l.° C. ed il suo primiero volume aO°: ovvero s’intende l’aumento di volume che succede nell’unità di volume del corpo stesso, scaldandolo da 0.° ad l.° C. E pur qui, entro quei limili di temperatura per cui è dato ritener uniforme la dilatabilità cubica de’corpi, si avranno le relazioni : v J ~v ( l + S. t);v~ t » P osto v volume d’un corpo a 0.°, § il suo coefficiente di dilatazione cubica, e v il volume che esso presenta sotto una temperatura discosta dallo 0. a di un numero / di gradi centesimali. È agevole il dimostrare che il coefficiente della dilatazione cubica $ d’un dato solido è legato col corrispondente coefficiente della dilatazione lineare S'dalla relazione l + S = (l + S’) 3 ; e che perciò il primo è mollo prossimamente triplo del secondo, poiché quest’ultimo corrisponde, in generale, ad una ben piccola frazione dell’ unità. Dalle suesposte formoie è facile dedurre quest’altre: rrr/’Ì~-Ti e e " — v ' - i + ~- -;, ove /” e v’ esprimono la i+a -t 1 t s - * DILATAZIONE DEI SOLIDI 233 lunghezza ed il volume alla temperatura t’ di quel corpo che alla temperatura t presenta la lunghezza l’ ed il volume v\ Si possono pur desumere le seguenti, che già si accennarono (58) parlando dei pesi specifici dei corpi: = Di) 0,0383] ove h esprime il numero (l’ordine de’ successivi intervalli di 400 gradi cui vuoisi riferire il coefficiente di dilatazione. E volendo esprimere, in via d’approssimazione, la legge dell’aumento nella dilatazione de’ predetii solidi con una sola formula s’avrebbe: à”—à’ £! + (»—1)0,138], dove à’ esprime il coefficiente di dilatazione per l’intervallo da 0° a 400", e S'” il valore che esso assume nell’ennesimo intervallo di 100°, contato da 0°. Ora è notevole che il coefficiente di n in questa forinola, poco differisce dal coefficiente di » nella forinola citata a pag. 226, relativa alle variazioni dei calori specifici in riguardo alle diverse temperature. Ed è perciò che allora si si disse il calore specifico delle varie sostanze non aver relazione colla loro dilatabilità assoluta, ma bensì coll’incremento nella dilatabilità che in essi si verifica eoll’aumentare delle temperature; ossia gli accrescimenti che prendono queste due qualità fisiche de’solidi, coll’elevarsi della temperatura, sembrano aver tra loro una stretta connessione. Il che può rilevarsi anche ponendo a confronto i rapporti delle dilatabilità indicale nella pag. 239 per varie sostanze con quelli dei calori specifici dati a pag. 223 per le sostanze medesime. Regnatili, da alcune sue esperienze su la dilatazione del vetro ordinario, sotto differenti temperature, dedusse i seguenti coefficienti medi della dilatazione lineare: Fra 0“ e 50° 0,00000827 > 100 0,00000843 » 150 0,00000863 » 200 0,00000880 Fra 0° e 250° 0,00000897 » 300 0,00000917 » 350 0,00000933 DILATAZIONE DEI SOLIDI 241 c) La dilatabilità d’ima data sostanza varia secondo lo stato d’aggregazione delle sue molecole. Così i diversi lavori che si fanno subire ai metalli col martello, col laminatojo, colla lìbera e colla tempera ne modificano sensibilmente la dilatazione («). Lo spato calcare e l’arragonite, corpi isomeri, mostrano, come si indica più innanzi, una ben differente dilatabilità. 11 vetro dà un diverso coefficiente, non solo in riguardo alla varia sua composizione, ma ancora secondo il diverso modo con cui è foggiato e lavorato. 11 che potevasi già desumere dai suesposti dati di Lavoisier e Laplace per differenti qualità di vetro, e dalle discrepanze fra i valori della dilatabilità assegnate da diversi sperimentatori, tutti del pari abilissimi e diligenti, come appare dal seguente quadro dei coefficienti della dilatazione cubica del vetro ordinario: Delue — tubo di vetro Lav. e Laplace id. valor medio Dulong e Petit .... Mùnke id. Rudberg — vetro con potassa Kopp id. id. duro id. id. soda tenero 0,00002499 0,00002671 0,00002584 0,00002654 0,00002285 (6) 0,00002100 0,00002600 Pierre, valori estremi da 0,00001903 a 0,00002665 Ma le più svariale prove vennero eseguite da liegnault. Eccone le risultanze, le quali sono molto importanti, coma si dirà innanzi, per la termometrìa: (a) 11 ferro e l’ottone lavorati soltanto a martello sono meno densi e meno dilatabili di quando sicn passali per la filiera. Invece l’aceiajo temperato e lo zinco allungato colla trazione al martello sono meno densi, ma più dilatabili detl’acciajo non temperalo e dello zinco in verghe. ( b ) Tale è il valor medio della dilatazione cubica pel velro di Svezia con potassa sottoposto da Rudberg a 24 diverse prove, che gli diedero per estremi 0,00002266 e 0,00002321. 242 CAPO QUARTO Cristallo di Choisy-le-Roy, con ossido piombico, densità 3,504 K. i. Tubo cilindrico coi diam. ini. di mill. 14, saldalo ad un cannello. 0,00002144 J. Bolla sferica soffiata colla materia del cannello . 0,00002442 J. Recipiente ciiindr. di 42 mill. di diam. iut., soffiato id. 0,0000232* i. Palloncino sferico di mill. so di diam. est. e mill. 3,5 di grossezza nelle pareti, saldato ad un cannello 0,00002270 Vetro ordinario. i. Tubo col diam. ini. di 43 mill., grossezza mill. 0,75 saldato al cannello; densità 2,455, con soda . 0,00002713 6. Recipiente simile, grossezza mill. 1,5; deiis. 2,452, con soda . 0,0000268« 7 . Palloncino sferieo saldato al cannello, deus. 2 , 606 , con soda ed un po’ di ossido piombo . . 0,00002434 *. Rolla sferica soffiata dal cannello, dens. 2,449 , con soda. 0,00002619 ». id. Id. passata più volte alla fiamma, dens. 2,447, con soda e potassa . . . 0,0000275* 10. Tubo di vetro A'erde francese, usilato per le analisi organiche, saldato al cannello, dens. 2,481, con calce e soda. 0,00002324 11. Tubo di vetro infusibile di Svezia, dens. 2,410 con potassa e calce. 0,0000249* d) Per rispetto ai metalli, sembra sussistere una relazione fra la loro dilatabilità e la loro tenacità ed elasticità: in generale pare che il coefficiente della dilatazione diminuisca col crescere del coefficiente d’elasticità e della loro densità, come meglio si dichiara innanzi a pag. 247. e) La dilatabilità de’metalli è, in generale, maggiore di quella de’ minerali. Però sonvi dei corpi non metallici più dilatabili di parecchi metalli. Ciò emerge dai surriferiti dati di Adie, e dai seguenti di Ropp. DILATAZIONE TIFI SOLIDI 253 Coefficiente di dilatazione lineare cubica Ossido stannico Sn O 2 0,0000053 0,000016 Spato calcare Ga 0, CO 2 0,0000060 0,0000 U Ortosa Al 2 0 3 ,3 SiO 3 i KO, 3 SiO 3 0,OOOOOS7 0,000026 Calamita Fe 0,3 Fe O 2 0,0000097 0,000029 Rutilo Ti O 2 0,0000107 0,000032 Pirite Fe S 2 0,0000113 0,000031 Carbonato ferroso Fe 0, CO 2 0,0000117 0,000035 Dolomite Ca 0, CO 2 - F MgO, CO 2 0,0000117 0,000035 Blenda Zu S . 0,0000120 0,000036 Ossido ferrico Fe O 3 • 0,0000133 0,000040 Quarzo Si O 3 0,0000140 0,000042 Solfato barbico Ba 0, SO 3 .i 0,0000193 0,000058 Celestina Sr 0, SO 3 . 0,0000203 0,000061 Spato fluore Ca FI 2 0,0000207 0,000062 Arragonite Ca 0, CO 2 0,0000217 0,000065 Galena PbS . ... 0,0000227 0,000068 ' Da questo prospetto rilevasi, altresì che la dilatabilità non ha relazione eolia costituzione chimica dei minerali, cioè col modo d’aggruppamento delle molecole componenti ; essendovi corpi di forinola analoga con dilatibilità molto differente, e corpi egualmente dilatabili aventi forinole differenti. Quindi la dilatabilità, come le altre proprietà fisiche dei corpi solidi — tenacità, elasticità, velocità del suono, consistenza, durezza, ecc. — ha relazione soltanto collo struttura fisica dei corpi, ossia colla mutua distanza delle molecole composte e col loro modo d’aggruppamento. f) I corpi riscaldati, nel raffreddarsi, riprendono lentamente le prime dimensioni, qualora però il riscaldamento non sia stato molto, elevalo, cioè ove questo sia ancora notevolmente discosto dalla temperatura per cui i corpi stessi cambiano di stato d’aggregazione, il vetro però, scaldato a temperature superiori appena a 100°, non ripiglia che dopo alcuni mesi il pristino volume: e da qui lo spostamento dello zero ne’termo- meiri a mercurio, accennato retro a pag. 202. 244 CAPO QUARTO ]\ei corpi cristallizzali la dilatazione non procede egualmente nelle diverse direzioni rispetto agli assi di cristallizzazione (“). I solidi organici, ed in genere i solidi contenenti de’liquidi nel loro interno, fanno apparentemente eccezione al fatto generale della dilatazione prodotta ne’corpi dal calore. Diciamo apparentemente, in quanto che, guardando ai particolari del fenomeno, si rileva che pur esso risponde alla della legge. Le argille, ancor quando sian spogliate dall'umidore rinchiuso, ranno sempre più restringendosi coll 1 assoggettarle a temperature più elevate, forse perchè accade una più intima unione de’ loro componenti: però raffreddate che siano, ove le si (a) Milscherlich (1S24) fece le seguenti osservazioni : d.° I cristalli appartenenti al sistema regolare, e che perciò non godono della doppia rifrazione, si dilatano ugualmente in tulle le direzioni, e quindi, col variare della temperatura, non presentano alcuna mutazione nei loro angoli; 2.° I cristalli, la cui forma primitiva è un romboedro od un prisma esaedro, ossia i cristalli in cui la doppia rifrazione è dipendente da un solo asse, per opera del calore, si comportano nella direzione del loro asso principale differentemente che nelle altre direzioni. Però in questo sistema il calore opera egualmente sui diversi assi accessori paragonati tra loro ; 3.° I cristalli la cui forma primitiva è un olteadro regolare od un otteadro romboidale, ossia in generale i cristalli in cui la doppia rifrazione è dipendente da due assi, si dilatano differentemente secondo tutte le direzioni; i.° La dilatazione dei cristalli nelle diverse direzioni è sempre collegala colla posizione degli assi di cristallizzazione, e quindi cogli assi ottici : in generale gli assi minori si dilatano proporzionalmente di più dei maggiori, oppure si dilatano da soli, mentre quest’ ultimi si ristringono. Secondo alcune prove di Mitscherlich c Dulong, i cristalli di spato islandico per la variazione nella temperatura da 0° a 100° si dilatano nella direzione dell’ asse di 0,00293, e si contraggono nelle direzioni ad esso perpendicolari di 0,00049. Milscherlich attribuisce all’ ineguaglianza di dilatazione ne’ cristalli, il disgregamento nelle loro parli in occasione di uotcvoli variazioni nella temperatura. DILATAZIONE DEI SOLIDI 245 scaldino di nuovo sino ad una temperatura non eccedenti; quella cui furono dianzi scaldate, subiscono graduali dilatazioni, al pari degli altri corpi; se non che, oltrepassando quest’ultima temperatura, vanno ancora restringendosi. Il pirometro (da irvi, fuoco) di Wedgwood (1782), adoperalo a scandagliare la temperie ne’forni fusorj, riposa su eotesta proprietà delle argille: ma non è uno strumento ili precisione, come dimostrò Danieli {ISSO) («). li su la varia dilatabilità de’ differenti solidi riposano i termometri di Breguet, di Holzmnnn e di Uégnier, ed i pirometri di Borda, di Brongniart e ili Curioni. Si è pure approfittalo della diversa dilatabilità de’differenlì metalli per costrur- re tali congegni, elle valgono a rendere nelle aste oscillanti e regolatrici del moto negli orologi sensibilmente costante la distanza dell’asse di oscillazione dall’ asse di sospensione, non ostante le variazioni nella lunghezza delle aste medesime, prodotte dalle variazioni nella tempertuura dell’ambiente. Ove raggiungasi un tale intento, l’orologio od il cronometro (da xfóvo;, tempo) dicesi a compensazione. Negli orologi regolati da pendoli oscillanti in un piano verticale si ottiene la compensazione con differenti mezzi: ma il più tisi tato è quello di tener sospesa la lente per mezzo di lelaj formali con due diversi metalli. In allora, per una prima approssimazione, onde determinare le lunghezze relative delle aste de’ due metalli, si ricorre a questa forinola: l—L.-r; —-, ove S’ e & esprimono i o — o coefficienti di dilatazione lineare del metallo più dilatabile e del meno dilatabile, L lalunghezza del pendolo semplice che batte i mimili secondi nel luogo ove deve funzionare lo strumento, (a) Lo zero di questo pirometro, secondo il suo inventore, corrisponde a 580°,5 (1077° F), ed ogni grado di esso a 72°,2 (130° F). Laddove Guyton-Morveau ( 1810 ) stima lo zero a 269",9 (518 °F), e ciascun grado a 34°,7 (62<>,5 F). Danieli invece ritiene esatta la valutazione dello zero data da VV'edgwood, ma riduce a 11°,1 (20'’ F) il valore d’ogni grado del pirometro. 846 CAPO QUARTO ed t Ir complessiva lunghezza da assumersi per le oste del metalli) più dilatabile. Un solido, nel dilatarsi o nel restringersi in opera delle variazioni nella temperatura, potrà esercitare su altri corpi un’azione comprimente o distraente eguale all’azione meccanica distraente o comprimente richiesta a produrre in esso un’e- gual variazione nelle sue dimensioni. Posto e il coefficiente di elasticità d’ una verga solida prismatica o cilindrica, la cui sezione trasversale espressa in millimetri quadrati siu s, e posto £ il di lei coefficiente di dilatazione lineare, la forza f, espressa in chilogrammi, che essa potrà esercitare nel senso della sua lunghezza su altri corpi coi quali sian connesse le di lei estremità, in causa della variazione d’un numero idi gradi centigradi nella temperatura, sarà data dalla forinola f~ 10000 e. S. s. t., e quest’ azione sarà comprimente o distraente, secondo che t corrisponderà ad un aumento o ad una diminuzione nella temperatura. Bla qualora il solido, nel variare di di temperatura, tenda ad esercitare una trazione sui corpi con esso sistemati, non potrà spiegare una forza eccedente il suo limile di tenacità (§75) in relazione alla propria sezione. lieudant si valse di cosifalta forza per coniar monete, e Molard per raddrizzare le pareti d’una vasta sala, che s’eran divaricate pel soverchio peso della volta. E se ne potrebbero trarre molt’ altre utili applicazioni. Però in vista di cotesta forza, vuoisi badare che le diverse porti metalliche, che entrano nelle fabbriche e nelle varie costruzioni, massime quando abbiano notevoli dimensioni, sian situale e connesse per modo da prestarsi alle variazioni in esse prodotte dal calore, senza turbare la stabilità delle oltre parli della costruzione. E pur quando i corpi solidi — segnatamente ove sian poco conduttori del calore — vengono a risentire nelle diverse parti della loro massa temperature assai differenti tra loro, subiscono de’ contorcimenti, e talora anco delle Bcrepolature o delle fratture. DILATAZIONE DEl'LlQUlDl 247 Ecco il valore di f per alcuni solidi, riferito ad un millimetro quadrato di sezione trasversale, ed alla variazione di l.°6\, assumendo per e i valori rnedj di quelli accennati al §7G; e i f d Ferro -1,596 0,00001223 0,24411 7,55 Acciajo -1,923 0,00001114 0,21122 7,72 Platino ■1,702 0,00000867 0,14910 21,27 Rame 1,281 0,00001722 0,22059 8,93 Ottone 0,980 0,00001869 0,18274 8,30 Zinco 0,932 «,00002984 0,27811 7,15 Oro 0,816 0,00001444 0,11783 18,51 Argento 0,736 0,00002002 0,14735 10,37 Stagno 0,400 0,00002200 0,08800 7,31 Piombo 0,206 0,00002857 - 0,05885 11,17 Le piccole differenze dei valori di f per i diversi metalli indicano, come si notò retro, essere, in generale, il coefficiente della dilatazione maggiore in que’metalli in cui è minore il coefficiente d’elasticità, E queste differenze si riducono ancor minori col moltiplicare gl’ indicati valori di f per i pesi specifici dei rispettivi metalli, cioè ove si riferisca la forza di dilatazione o di contrazione dei vari metalli ai pesi relativi delle loro unità di lunghezze, prese ad eguali sezioni: epperò, a facilitare questo confronto, nell’ ultima finca marcata d, notiamo le densità pertinenti a que’campioni dei vari metalli che diedero il coefficiente e. 409. Per i liquidi, il più delle volte, si ha riguardo alla loro dilatazione cubica. Se non che, dovendo essi star contenuti entro de’solidi, si fa distinzione tra la dilatazione apparente e In reale. Chiamasi coefficiente della dilatazione assoluta di un liquido il reale aumento di volume che si verifica nell’unità di volume del medesimo, grazie all’ incremento di 1“ nella sua temperatura, astrazion fatta dall' aumento di capacità in pari tempo avvenuto nel vaso che lo rinchiude, ovvero supponendo questo inestensìbile. Ingegnoso è il metodo-usato da Dulong e Petit per giungere direttamente a siffatta determinazione, senza aver riguardo alla dilatabilità del recipiente. Essi si occuparono specialmente del mercurio, come di quel liquido che ha vari ed importanti usi nella fisica. Al pari Man. di Fisica 17 248 CAPO QUARTO de' metalli solidi, esso manifesta una dilatabilità un tal poco crescente colle temperature, desunte queste da un termometro ad aria. Però i risultali delle loro esperienze e dei loro calcoli devunsi correggere, in quanto ebe assunsero un valore troppo grande pel coefficiente di dilatazione dell’aria, come Coefficiente medio di dilatazione assoluta Dato da D. e P. Corretto 0,00018018 0,00017615 0,00018433 0,00018018 0,00018868 0,00018410 Regnault istituì un gran numero dì esperienze con un processo analogo, ma assai più perfezionato, procurando di ovviare a diverse influenze perturbatrici delle esperienze. Ne raccogliamo qui gli immediati risullainenti, avvertendo che ciascuno dei dati qui esposti è il medio valore di i a G osservazioni fatte in condizioni eguali di temperatura. segue: Tra 0° e 100* 200 300 1.* Serie 3.* Serie 4.* Serie Temp. Dilatazione 75%(8 0,013687 90,22 0,016361 100,52 0,0(8267 132,15 0,024146 2.* Serie Teinp. Dilatazione 68%3I 0,012368 85,98 0,015567 123,46 0,022498 147,18 0,026865 166,33 0,030402 198,79 0,036468 Temp. Dilatazione I24%06 0,022587 138,76 0,025367 140,12 0,0256 II 159,25 0,029112 169,16 0,030993 205,57 0,0379(0 223,22 0,041078 257,87 0,017717 287,45 0,053148 299,19 0,055738 289,41 0,053827 Teuip. Dilatazione 24%07 0,001385 64.19 0,011691 77,42 0,014132 80.19 0,011573 121,46 0,022230 122,74 0,02 >4 14 128.60 0,023060 127,72 0,023387 146,90 0,026933 176,21 0,032410 179.61 0,033020 205,07 0,037805 241,63 0,041734 I 281,00 0,052335 Dietro questi dati Regnault costruì gralicamente la curva ruppreseuiatrice della dilatazione del mercurio, la quale risultò una linea leggermente curva, che molto s’approssima ad una linea retta. Ludi, valendosi della formula : 8 t — a t + b t (ove J; esprime la dilatazione assoluta del mercurio da 0° alla temperatura 1), determinò i convenienti valori delle costanti u e bj pei quali log a~ 4/2'5i28tj9(l; log 6~8,i0l9i-tl: DILATAZIONE DEI LIQUIDI 2i!) e ili poi, costruendo graficamente la curva rappresentata da una tal formula, la trovò rappresentatrice delle osservazioni in un modo abbastanza soddisfacente, cioè concordante colla precedente curva grafica. E quindi, per mezzo della stessa, calcolò il seguente quadro : E § 1 §•£ uz E £ «5 T Dilatazione del mei curio da o.° a T. >/ 1 Coefficiente [ medio di dilatazione da o.° a T. i Coefficiente reale di dilatazione corrispondente alla temperatura T, Temperatura dedotta dalia dilatazione assoluta del mercurio T' Differenza fra la preced. temperatura e quella del termometro ad aria. T~ T 0,o 0,000000 0,0000000 0,00017905 o.^o 0,°0 40 0,001729 0,00017925 0,00017950 9,872 —0,128 20 0,003590 0,00017951 0,00018001 19,776 0,224 30 0,005393 0,00017976 0,00018051 29,709 0,291 40 0,007201 0,00018002 0,00018102 39,668 0,332 60 0,009013 0,00018027 0,00018152 49,050 0,350 60 0,010831 0,00018052 0,00018203 59,665 0,335 70 0,012655 0,00018073 0,00018253 69,713 0,287 80 0,011182 0,00018102 0,00018304 79,777 0,223 90 0,016316 0,00018128 0,00018354 89,875 0,125 loo 0,018153 0,00018153 0,00018105 100,000 0,000 Ilo 0,019996 0,00018178 0,00018155 110,153 4-0,153 120 0,021811 0,00018203 0,00018505 120,333 0,333 130 0,023697 0,00018228 0,00018556 130,510 0,540 ilo 0,025555 0,00018251 0,00018606 140,776 0,776 150 0,027419 0,00018279 0,00018657 151,011 1,044 160 0,029287 0,00018304 0,00018707 161,334 1,334 170 0,031160 0,00018329 0,00018758 171,652 1,652 ISO 0,033039 0,00018356 0,00018808 182,003 2,003 190 0,031922 0,00018380 0,00018859 192,376 2,376 200 0,036811 0,00018105 0,00018909 202,782 2,782 210 0,038701 0,00018430 0,00018959 213,210 3,210 220 0,010603 0,0001815.6 0,00019010 223,671 3,671 230 0,012506 0,00018181 0,00019061 231,154 4,154 210 0,041415 0.00018506 0,00019111 241,670 4,670 250 0,046329 0,00018531 0,00019161 255,214 5.214 260 0,048247 0,00018557 0,00019212 265,780 5,780 270 0,05ot71 0,00018582 0,00019262 276,379 6,379 280 0,052100 0,00018607 0,00019313 287,005 7,005 290 0,054034 0,0001S632 0,00019363 297,659 7,659 300 0,055973 0.0001S658 0.00019413 308,340 8,340 310 0,057917 0,0001S6 83 0,00019131 31-9,018 9,048 32o 0,059866 0,I'00! 8708 0,oool()5l 5 329,786 9.786 33o 0,061820 0,00018733 0,00019565 340,550 10,550 sin 0,063778 0,0001875S 0,00019616 35U336 11.336 3"Ò0 0,065713 0,00018784 0,00019666 362 ; 1 Go 12,160 5230 capo quarto La prima colonna del precedente quadro indica le temperature T, espresse da un termometro ad aria, alle quali gl suppone scaldato il mercurio, La 2. a colonna esprime la dilatazione assoluta che si verifica nell’unità di volume del mercurio, passando da (J° alla temperatura T : e questa dilatazione la si nota Nell» 3. a colonna si espone il valor medio del coefficiente di dilatazione assoluta del mercurio per le temperature comprese da 0°. a T; il qual valore si ottiene dalla for- mola La 4. a colonna porge il coefficiente di dilatazione assoluta del mercurio relativo alla temperatura T, cioè l’aumento di volume dell’ unità di volume del mercurio scaldalo da T a T+ 1°. La B. a colonna dà le temperature 2” che sareb- ber date da un termometro graduato in base alla dilatazione assoluta del mercurio, e queste si deducono dalla formula: 2” —100|^—, ove &100 esprime la dilatazione del mercurio «too da 0°. a 100°. Per coefficiente della dilatazione apparente di un liquido, contenuto in un dato recipiente, s’intende l’aumento di volume che si osserva per 1’ unità di volume del liquido medesimo scaldato di l.° C ., non ostante l’aumento di volume che in pari tempo si verifica nell’unità di volume del recipiente medesimo. In generale i liquidi essendo più dilatabili dei solidi, sempre accade, dietro un incremento od un decremento nella temperatura, che il livello del liquido si elevi e si deprima rispetto alle pareti del recipiente, e quindi che il volume del liquido appaja aumentato o diminuito, quantunque avvenga pure un ingrandimento od un ristringimento nella capacità del recipiente medesimo. Però è evidente che la dilatazione apparente per un dato liquido varierà col mutare la natura cioè la dilatabilità del solido ond’ è formato il recipiente, e che la dilatazione apparente sarà in ogni caso minore della dilatazione assoluta: essendo che la prima corrisponde a quest’ultima diminuita della dilatazione cubica di quella porzione della capacità del recipiente che è investita dui liqui- DILATAZIONE DEI LIQUIDI 251 do. D’ordinario però il solido cui si riferisce la dilatazione apparente de’vari liquidi è il vetro. Gay-Iutssac, Dulong e Petit, e llegnault si occuparono in ispecial modo della dilatazione apparente del mercurio nel vetro, essendo questa una indagine fondamentale perla termometrìa: però si valsero di differenti processi. Per le temperature comprese fra 0.° e •1011° Dulong e Petit trovarono per coefficiente medio della dilatazione cubica del mercurio nel vetro 0,000154321. Ma per quanto si disse sopra su la varia dilatabilità del vetro, è chiaro che il detto coefficiente aver deve un diverso valore, non solo secondo le natura del vetro, ma ancora secondo il modo con cui venne lavorato. E lo stesso dicasi per la dilatazione apparente nel vetro di tutti gli altri liquidi: se non che questi, eccetto l’acqua, essendo più dilatabili del mercurio, presenteranno meno sensibili differenze nel loro coefficiente di dilatazione apparente entro diversi recipienti di vetro. I metodi finora seguiti per esperimentare su la dilatazione apparente dei liquidi sono: il metodo termometrico, il metodo della bilancia idrostatica, ed il metodo delle boccette, quale lo si usa per la determinazione dei pesi specifici. E conosciuta poi la dilatazione propria del recipiente, sì inferisce dalla apparente la reale dilatazione del liquido. Inoltre, dietro la cognizione di questi due elementi, si può desumere la dilatazione cubica di altro solido , posto entro un liquido che non lo disciolga e che non eserciti azion chimica su di esso, come, fecero Dulong, Petit e Iiopp. II coefficiente di dilatazione per tutti gli altri liquidi, fuori- dei mercurio, varia sensibilmente colle temperature, anche per temperature poco superiori allo 0.° Delue (1784) mise in- rilievo questo fatto, confrontando le indicazioni d’un termometro a mercurio con quelle di termometri preparati eon diversi liquidi, ma graduati però colle stesse regole suindicate pel termometro a mercurio. Ecco il prospetto delle sue osservazioni in gradi ottagesimali: 2')2 capo quarto *asio~ £ 'V33SOHE 5 ni re r=? 5 o c 6 -5 V tó tstt* - A* o o *■5 jj C Eia "w "6 ? s o zr ~ y O y « ? *3 o jj "o 8 2 « zr ri £ U .-3 a. re ii §"1 re *D 4 ) * * r< * T3 JW * 4) 2 « 3^ “ o n r ^ "0 u 4» d? re > u cu V. re 3 ’2 U- re re T3. B* o *4 so S0,0 so,o 80,0 80,0 SO, 0 80,0 80,0 80,0 80,0 7S 74,6 74,7 74,3 74,1 73,8 73,7 73,2 71,6 71,0 70 69,4 69,5 68,8 68,4 67,8 67.5 66,7 62,9 62,0 65 64,4 64,3 63,5 62,6 61,9 61,5 60,6 55,2 53,5 69 59,3 59,1 58,3 57,1 56,2 55,8 54,8 47,7 45,8 55 54,2 53,9 53,3 51,7 50,7 50,2 49,1 40,6 38.5 50 49,2 48,S 48,3 46,6 45,3 44,9 43,0 34,4 32,0 45 44,0 43,6 43,4 41,2 40,2 39,7 38,4 28,4 26,1 40 39,2 38,6 38,4 36,3 35,1 34,8 33,3 23,0 20,5 35 34,2 33,6 33,5 31,3 30,3 29,8 28,4 18,0 15,9 30 29,3 28,7 28,6 26,5 25,6 25,2 23,9 13,5 11,2 25 24,3 23,8 23,8 21,9 21,0 20,7 19,4 9,4 7,3 20 19,3 18,9 19,0 17,3 16,5 16,2 15,3 6,1 3,1 A 5 14,4 14,1 14,2 12,8 12,2 11,8 11,1 3,4 1,6 10 9,5 9,3 9,4 8,4 7,9 7,7 7,1 1,4 0,2 5 4,7 4,6 V , 4,2 3,9 3,8 3,1 0.1 -0,4 0 -5 -10 0,0 0,0 0,0 ! i 1 0,0 -4,1 -8,0 0,0 -3,9 -7,7 0,0 0,0 0,0 0,0 Emerge da questo quadro essere per tutti gli ueceminli liquidi crescente la dilatazione ctdla temperatura. Che però gli olj fissi ed essenziali mostrano un incremento nella dilatazione minore che l’alcoole. L’acqua poi, qualora sia pura, presenta una dilatazione molto irregolare. E rimarchevole che l’alcoole commisto ad acqua — finché questa nella miscela non ecceda la proporzione di parti eguali — presenta una dilatabilità poca differente da quella deH’alcoole puro. E d’ altra parte l’acqua satura di sai comune offre una dilatabilità abbasLanzu regolare. fi pur notevole che l’acqua, scaldata gradatamente da 0° a temperature superiori, in luogo d'andar successivamente crescendo di volume, presenta una rapida condensazione ad una temperatura di qualche grado superiore allo zero) e di poi DILATAZIONE DEI LIQUIDI 253 va continuamente e rapidamente aumentando di volume col crescere della temperatura. Insiste dunque per essa una temperatura nella quale raggiunge un massimo di densità. Molti fisici però s'occuparono di determinare con precisane eolesta temperatura. Blagden e Gilpins ('790) la pongono a (39° F) 3°.89 C; Hallslrfim (1823) ti V.I08, con un errore probabile di ± 0°.-2S8; Muncke (18-28) a 3” .78046; Stamofer (1831) a 3",75 con un errore probabile di +0°,05; Ilallstròm di nuovo (1833) a 4",031 con un errore probabile di + 0°,I34; e De* sprrtz (1837 ) per tre serie di osservazioni a 3°,99; 4°,01, e 3°.90, e per medio di 18 sperienze 4°.002; mentre con altro metodo ottenne 3°,982. Si ritiene pertanto ehe la temperatura per cui l’acqua distillata offre la densità massima, sia tonto prossima a 4°,0, da potersi assumere questa, come la vera senza notevole errore. Despretz cercò poi, col metodo termometrico, di rilevare assiti diligentemente la dilatabilità dell’acqua, e quindi di costruire una curva rappresentalrice mollo approssimatamente dei risultati sperimentali. Ed in base a questa curva formò la seguente tavola dei volumi e delle densità deH'ae- qua, in corrispondenza ad ogni grado centesimale, prendendo per unità il volume e la densità di essa alla temperatura del massimo di densità. Dilatazione dell’acqua secondo Despretz. Temp. Volume Densità Temp. Volume Densità — 9 4,0016311 0,998371 4 1,0000000 1,000000 8 13734 8628 5 082 0,999999 7 11354 8865 6 309 69 6 1,0009184 0,999082 7 708 29 5 6987 302 8 1,0001216 0,999878 4 5619 437 9 1879 812 3 4222 577 10 2684 731 2 3077 692 11 3598 640 1 2138 786 12 4724 527 0 1269 873 13 5862 414 + 1 1,0000730 0,999927 14 7146 285 2 331 66 15 8751 125 3 083 99 16 1,0010215 0,998979 251 CAPO Teinp. Volume Densità 17 1,0012067 0,998794 18 139 8612 19 158 8422 20 179 8213 21 200 8004 22 222 7784 23 244 7566 24 271 7297 25 293 7078 26 321 6800 27 345 6562 28 374 6274 29 403 5986 30 433 5688 31 463 5391 32 494 5084 33 525 4777 34 555 4480 35 593 4104 36 624 3799 37 661 3433 38 699 3058 39 734 2713 40 773 2329 41 812 1945 42 853 1542 43 894 1139 44 938 0707 45 985 0246 46 1,01020 0,989903 47 067 9442 48 109 9032 49 157 8562 50 205 8093 51 248 7674 52 297 7196 53 345 6728 54 395 6243 55 445 5756 56 495 5270 67 647 4766 58 697 4281 Volume Densità 1,01647 0,983798 698 3303 752 2782 809 2231 862 1720 913 1229 967 0709 1,02025 0152 085 0,979576 144 9010 200 8473 255 7947 315 7373 375 6800 440 6181 499 5619 562 5018 631 4364 694 3766 761 3132 823 2545 885 1959 954 1307 1,03022 0666 090 0027 156 0,969465 225 8757 293 8120 361 7482 430 6837 500 6183 566 5567 639 4887 710 4227 782 3558 852 2908 925 2232 999 1547 1,04077 0827 153 0125 228 0 959434 315 8634 QUARTO Temjt. 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 Despretz si occupò nltresì di rilevare ‘ ~ cnzn avesse, ro le diverse sostanze solubili nell’acqua nel imitare la teur DILATAZIONE DEI LIQUIDI 253 pernturn de! massimo di sua densità, come emerge dal seguente prospetto ( l ): Peso dell a Temper. Temp. di Temperati. sostanza cotti- agghiac- assunta e disciolta spendente lamento, conservata Densità in grammi al massi- essendola durante 997,45 ino di soluzione Paggliiac- di acqua densità agitata ciamento Acqua di mare . 1,027 a20° — 3°, 67 — 2°,55 — 1°,8S Cloruro sodico. . 1,009 - 6° 12,346 4 1,19 — 1,21 i — 0,71 Id. . . 1,018 » 6,26 24,692 — 1,69 — 2,24 — 1,41 Id. . . 1,027 » 6,60 37,039 — 4,75 — 2,77 — 2,12 Id. . . 74,078 —16,00 — 4,30 Cloruro calcico . 1,005 6,173 + 3,24 — 0,38 — 0,22 id. 1,010 12,346 4 2,05 — 0,53 — 0,53 Id. 1,020 24,692 + 0,06 — 1,12 — 1,03 Id. 1,031 37,039 — 2,43 — 3,92 — 1,61 Id. 1,060 74,078 —10,43 — 5,28 — 3,56 Solfato potassico. 1,005 6,173 4 2,92 — 0,15 — 0,16 Id. 1,010 12,346 4 1,91 — 0,27 — 0,27 Id. 1,020 24,692 — 0,10 — 0,56 — 0,56 Id. 1,030 37,039 — 2,28 — 2,09 - 0,77 Id. 1,058 74,078 — 8,37 -4,08 — 1,50 Solfato sodico . . 1,006 6,173 4- 2,52 — 0,27 — 0,17 Id. . . 1,012 12,346 4 1,15 — 1,14 — 0,33 Id. . . 1,023 24,692 — 1,51 — 0,83 — 0,69 Id. . . 1,034 37,039 — 4,33 — 2,39 , — 1,10 Id. . . 1,066 74,078 —12,26 — 2,17 — 1,13 Carbonato potass. 1,033 37,039 — 3,95 , — 3,21 — 1,17 Id- 1,064 74,078 —12,41 — 2,25 — 2,25 Carbonato sodico 1,039 37,639 — 7,01 — 2,85 — 1,37 id. 1,075 74,078 —17,30 — 2,20 — 2,02 Solfato cuprico 57,996 — 0,62 — 1,32 — 0,37 Ossido potass, puro 1,032 37,039 — 5,64 — 2,10 — 2,03 Id. 1,062 74,078 —15,95 — 4,33 — 4,33 Alcoole. 0,988 74,078 + 2,30 — 2,83 — 2,83 Aeido solforico. . 1,004 6,173 4 2,18 — 0,21 Id. . . 1,008 12,346 4 0.60 — 0,47 — 0,47 Id. . . 1,016 24,692 — 1,92 — 1,09 — 0,9.0 Id. . 1,024 37,039 — 5,02 — 1,34 — 1,34 Id. . . 1,046 74,078 —13,72 — 2,75 (1 Dobbiamo però avvertire che secondo alcune posteriori (1837) esperienze di Erman sopra una soluzione di cloruro sodico, che a 0“ aveva la densità di ',02621, e della quale determinò i volumi a diverse temperature prossime a quella dell’agghiacciamento, risulterebbe non sussistere per questa soluzione (e quindi anco probabilmente per l’acqua 255 capo quarto T. Ynung. e quindi Bini immaginarono si potesse rappresentare !a legge della dilatazione de’ diversi liquidi a mezzo di un’equazione della forma S = a.t + ft./ 2 + c./ s + ( /.f'S oppure semplicemente + ove t esprime l’aumento di volume, reule od apparane, subito dall’unita di volume del liquido per un incremento nella temperatura espresso da /, ed a, b, c, d sono delle costanti, il cui valore, variabile da uno ad altro liquido, vieti determinato per ciascun liquido, secondo il metodo dei minimi quadrali degli errori, io base ai diversi valori osservati di S corrispondenti a quattro o più valori di t, tra loro convenientemente discosti. Biot dalle surriferite osservazioni di Delue dedusse col calcolo i seguenti valori delle ire costanti o, li, c ( limitandosi egli a considerare nel secondo membro dell’ accennata equazione i primi tre termini ) per ciascuno degli indicali liquidi, prendendo per unità I’ ottantesima parte della loro totale dilatazione apparente nel vetro da 0° ad 80° del termometro oUaotigrndo: con che ì t esprimerà le temperature indicale da un termometro costruito con uno dei detti liquidi in relazione alle diverse temperature l date da un termomelio a mercurio, e ritenute sì per l’uno che per l’altro espresse le temperature in gradi oltagesimali. a Olio d’ulive . . + 0,950667 Essenza di camomilla + o,920442 Detto di sermollino + 0,949335 Acqua satura di sai comuue + 0,820006 Alcoole molto rettificato + 0,784000 Alcoole 1 p.; acqua 1 p. + 0,705333 Detto i p.; detto 3 p. + 0,010333 Acqua pura . . — 0,160000 6 + 0,0007500 + 0,0013056 — 0,0001667 + 0,0020275 + 0,0020800 + 0,0027500 + 0,0155277 + 0,0185000 c — 0,000001667 — 0,000003889 + 0,000010000 + 0,000002775 + 0,000007750 + 0,000011667 — 0,000039444 — 0,000050000 di mare) niun massimo di densità, pur a temperature molto inferiori a quella della congelazione. Laddove Muncke, sperimentando su dell'acqua di mare prepai ala artificialmente dal prof. Omelia, dedusse per essa un massimo di densità a — 5°,25. DILATAZIONE DEI LIQUIDI 257 Vari! fisici cercarono di esprimere la legge della dilatazione dell’acqua, rappresentando per mezzo di Corniole empiriche i risultali de’diversi sperimentatori. Young (1816), appoggiandosi ad alcune osservazioni di Kirvau, Dalton e Gilpins, propone per rappresentare la dilatazione assoluta dell’ acqua, contala dal massimo di densità (posto a 3°,89), e riferite le temperature in gradi centesimali, contati pure dalla temperatura del massimo, \ =z 0,000007128 . 1 * — 0,000000025369 . t*. Avogadro dalle osservazioni di Dalton deduce \ — 0,0000080728 . t; — 0,00000003577.1, 3 partendo dal massimo (posto a 3° ,911); e dalle osservazioni di Delue, posto il massimo a 3°,42, \ ■= 0,0000063475.1* — 0,000000013865.I, 3 . Hallsiiom dalie proprie esperienze desume ii = - 0,000052939. 1+0.0000065350.1 2 — 0,00000001414 . i 3 , per esprimere la dilatazione reale, contata da 0°, e preso per ni ita il volume a 0°, la quale dà per il massimo di densità 4°.408: ed Avogadro ne inferisce per la dilatazione reale contata dal medesimo massimo, e preso per unità il volume a questa medesima temperatura, \ — 0,0000063614 . t, 2 — 0,00000001414.1,3. Lo stesso Avogadro desume dalla tavola data da Despretz, e riportala retro a pag. 253. = 0,000006610555.1 } — 0,0000000 206 LI II.! 3 , riferendo la dilatazione reale al massimo di densità posto a 4°,0: Muncke da molte sue esperienze dedusse \ — — 0,0000594733.1 + 0,00000821003. ! 2 - — 0,0000000621407.1 3 + 0,000000000289157.1* , per la dilatazione contala da 0°; la qual forinola dà la massima densità a 3°,78. Dall’ insieme poi delle citate osservazioni, Avogadro, ponendo la massima densità a 3°,889 (39° F), e ritenuto che da questo punto a 50° ed a 100° sopra di esso 258 CAPO QUARTO 1’ «equa si dilati rispettivamente di 0,01350 (i- 4 circa^ e di 0,0160 (circa , trova la semplicissima formola ì t = z 0,000000-2 . t* - 0,000000016. tf, (« ) la quale può tenersi rappresentatrice del medio valore di tutte le menzionale osservazioni. Si avverta però che il massimo apparente differisce in più dal massimo vero di una quantità corrispondente a — &■ — , ovvero prossimamente a JL 4b~ + 3 8 c _ 1 ® ove § è il coefficiente della dilatazione cubica della materia del recipiente, (i ec sono i coefficienti numerici di l j 2 e t? nel* le precedenti forinole ; epperò una tale differenza sarà tanto maggiore quanto più dilatabile sarà la materia stessa. Pel vetro, posto con Lavoisier e Laplace S ~ (1,0(10112627, si avrebbe il massimo apparente superiore al massimo vero di 2°,136, ossia a 3°,889 + 2°,136 — 6”,025: quindi la forinola della dilatazione apparente dell’ acqua nel vetro, contala dal detto massimo apparente, sarebbe ^ = 0,0000060935 . — 0,0000000162 . <„ ;ì , o\ vero prossimamente ^ —00000061. t^ — 0,000000016. tj, essendo t lt una temperatura presa a partire da 6°,025. ìlluncke sperimentò su la dilatazione di vari altri liquidi e ne dedusse le rispettive forinole, riferite ai gradi centesimali contati dallo 0°, avvertendo che, ove non è indicato altrimenti, le densità esposte furon prese olla temperatura 12°,5. (a) In tutte le succitate forinole t , indica le temperature cui è as* soggettata l’acqua, espresse in gradi centesimali, e contate partendo dalla temperatura, notata per ciascuna formola, come corrispondente al massimo di densità; mentre ^ indica la variazione di volume che effettivamente accade in ogni unità di volume del liquido, in corrispondenza alle slesse temperature, supposta invariabile la capacità del recipiente: e siffatta variazione corrisponderà ad un aumento o ad un decremento di volume secondo che sarà superiore od inferiore alla temperatura della massima densità. Formole per la dilatazione d J alcuni liquidi, secondo Umiche. DILATAZIONE DEt .LIQUIDI i K*. ì « + co O <5^1 4 - «* + © o il II 11 II li II II li 11 Acido solfoearbonico ^=o,ooii 2569 o 64 .£f o,oooooi"i 5 o 5 .t_|,0,0000000012116608 .t 560 curo QUARTO Le precedenti forinole forniscono per il massimo di densità: Acqua di mare— 5°, 25 Petrolio —71°, 50 Alcool puro — 89,50 Etere solforico — 36, 00 » quasi » —56,60 Gli altri liquidi non possederebbero un massimo di densità, il che significa che essi continuano a condensarsi sino al punto di solidificazione, e che però il solido risultante è più denso del liquido, àluncke avverte, che probabilmente, per i liquidi aventi un massimo di densità, il punto di consolidazione deve essere di pochi gradi inferiore alla temperatura del massimo, e che il solido risultante dovrebb’essere meno denso del liquido («). Le riportate formule forniscono altresì per il coefficiente di dilatazione da 0° ad 4° i seguenti valori: Acqua di mare o,oooo6*2777 Ammoniaca o,ooo28825o Acido solforico 0,000530S56 Id. cloridrico o,ooo566444 Olio di mandorle 0,0007148435 Petrolio 0,000990654 Alcoole quasi puro o,ooo9926S2 Id. puro o,ooioisi74i Acido azotico o,ooio59ot54 Id. sòlfoearbou. o,ooil274o69 Etere solforico o,ool5o478fio È notevole che, iti generale, i liquidi più compressibili (77) per azioni meccaniche sono amo più dilatabili per opera del calore. Aggiungiamo un estratto della tavola data da Muneke per la dilatazione dell’aleoole puro.- (a) Dalla conoscenza del massimo di densità nell’acqua pura s’intende come in tutle le stagioni dell’anno la temperatura dell’acqua nei p ù profondi strali dei laghi si manlenga assai prossima a 1°, uè mai discenda oltre questo grado. Se esiste un massimo di densità anche per l'acqua marina, avrà esso iva grande, inlluenza nella distrilurùone del calore in seuo alle acque che rivestono gran parte Jet nostro pianela. DILATAZIONE BEI LIQUIDI 26 i Dilatazione dell 3 olcoole puro secondo Muncke. Temp. Volume Temp. Volume Temp. Volume — 100° 0,94861 S o° 1,000000 + 20 0 1,021384 90 0,947686 •+•1 1,001018 21 1,022501 SO 0,948411 2 4,002042 22 1,023622 70 0,950676 3 1,003073 23 1,024747 60 0,954368 4 1,004109 24 1,025876 60 0,959371 5 1,005150 25 1,027007 40 0,965569 6 4,006198 26 1,028142 30 0,972846 7 1,007251 27 1,029281 20 0,981087 8 1,008309 28 1,030422 15 0,985533 9 4,009372 29 1,031565 io 0,990177 10 1,010441 30 1,032713 9 0,991128 11 1,011514 35 1,038487 S 0,992087 12 1,012593 40 1,044314 7 0,993052 13 1,013676 45 1,050180 6 0,994025 14 1,014764 50 1,056071 5 0,995004 15 1,015867 55 1,061972 4 0,995990 16 1,016954 60 1,067868 3 0,996983 17 1,018055 65 1,073746 3 0,997982 18 1,019160 70 4,079690 4 0,998988 19 1,020270 Pierre istituì più recentemente (1846) col metodo termo metrico, ed usando le massime cautele, una interessante serie di osservazioni su la dilatazione di dodici liquidi, da esso medesimo preparali con tutta diligenza, essendo egli un’esperto chimico. Nelle seguenti tavole diamo raccolte le risultanze de’suoi esperimenti. 2(53 CAPO QUARTO Mercurio Acqua Differènza Mercurio .A'coole Differenza 97“,72 97°,72 ©*,00 76*,73 76°,73 0»,00 Si,44 70,40 — 44,04 60,41 58,50 — 4,91 64,o6 45,48 — 48,87 50,33 47,52 — 2,81 62,52 30,22 — 22,30 39,93 37,49 — 2,44 35,87 44,07 — 24,80 28,00 25,73 — 2,27 24,24 4,39 — 46,85 46,93 15,34 — 1,59 44,44 4,52 — 42,92 6,98 6,33 — 0,65 8,03 0,02 — 8,40 0,00 0,00 0,00 6,46 — 0,20 — 6,36 — 4,54 — 3,98 -4- 0,56 0,80 — 0,40 — 0,90 — 15,44 — 13,20 -4- 2,24 0,00 -4- 0,00 0,00 — 27,02 — 22,73 -+- 4,29 — 7,44 -4- 2,46 -4- 9,90 — 32,22 — 26,82 -4- 5,40 — 43,44 -4- 6,64 -4-49,65 Mercurio Spirito di legno Differenza Mercurio Solfuro di carbonio Differenza 69°,38 69°,38 0,00 57°,76 57»,76 0»,00 fi?,7 6 58,47 — 4,29 47,61 44,29 — 3,32 49,88 47,57 — 2,34 38,63 35,40 — 3,23 39,64 37,43 — 2,51 28,58 25,71 — 2,87 «9,94 27,62 — 3,32 18,32 16,16 — 2,16 48,88 47,47 — 1,71 6,80 5,88 -e 0,92 44,35 40,24 — 4,44 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 — 14,84 — 12,42 -4- 2,42 — 5,28 — 4,58 -4- 0,70 — 30,75 — 24,75 -4- 6,00 — 46,67 — 43,99 •+■ 2,68 — 34,91 — 28,07 -4- 6,84 — 27,49 — 23,30 -4- 4,19 — 37,99 — 34,89 -4- 6,40 Mercurio Ossido di etile Differenza Mercurio Cloruro dietilo Differenza *8°,14 38°,14 O^O 26»,41 2 6°,41 0°,00 28,83 28,41 — 0,72 20,16 19,83 — 0,33 18,98 48,05 — 0,93 14,51 14,01 — 0,50 43,04 42,42 — 0,92 6,53 6,29 — 0,24 7,71 7,43 — 0,58 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 — 9,16 — 8,17 -4- 0,99 — 5,54 — 5,42 -4- 0,42 — 16,06 — 14,30 1,76 — 41,51 — 4 0,54 -4- 0,97 — 23,02 — 20,33 -4- 2,69 — 16,36 — 13,81 -4- 1,55 — 31,63 — 27,38 -4- 4,25 DILATAZIONE DEI LIQUIDI 263 Mercurio Bromuro d'etilo Differenza 63®,06 53", 66 0°,00 •40,35 39,18 — 1,17 27,8 T 26,29 — 1,58 4 5,19 13,89 — 1,30 5,59 5,02 — 0,57 0,00 0,00 0,00 — 7,35 — 6,56 •+• 0,79 — 17,30 — 15,05 -+■ 2,25 — 31,87 — 27,06 4,81 Mercurio Bromuro di inculo Differenza 27»,76 27°, 76 0°,00 15,83 15,10 — 0,73 7,75 7,01 — 0,74 0,00 0,00 0,00 — 28,69 — 24,37 -H 2,32 — 29,33 — 26,55 - t - 2,78 — 34,64 — 30,95 H - 3,69 Pormiato Mercurio d'orrido Differenza di etilo 61°,64 61,“64 0°,00 60,05 48,87 — 1,18 42,93 41,19 — 1,74 25,61 23,63 — 1,98 11,16 9,97 — 1,19 0,00 0,00 0,00 — 3,00 — 2,60 •4- 0,40 — 16,44 — 13,71 -4- 2,73 — 25,85 — 21,19 -1- 4,66 — 32,43 — 26,33 6,10 Mercurio Ioduro d’etilo Differenza 71 °,se 71»,86 o°,oo 58,99 58,12 — 0,87 42,37 40,64 — 1,73 30,88 28,92 — 1,96 11,96 10,76 — 1,20 0,00 0,00 0 00 — 6,58 — 5,85 - I - 0,73 — 18,54 — 16,29 -+• 2,25 — 34,81 — 29,60 -+■ 5,21 Mercurio Ioduro di melilo Differenza 61»,52 61°,52 0°,00 53,95 63,57 — 0,38 44,80 43,74 — 1,06 28,79 26,97 — 1,82 16,76 15,32 — 1,44 6,77 5,99 — 0,78 0,00 0,00 0,00 — 10,35 — 8,98 •4- 1,37 — 23,89 — 20,57 - t - 3,32 — 35,43 — 29,97 ■4* 5,46 Acetato Mercurio d’orrido di medio Differenza 66°,26 6 6®,2 6 0,°00 56,45 65,17 — 1,28 44,83 42,71 — 2,12 33,30 30,81 — 2,49 20,40 18,31 — 2,09 8,92 7,83 — 1,09 0,00 0,00 0,00 — 7,11 — 5,91 ■4- 1,19 — 23,00 —19,01 -4- 3,99 — 34,30 — 27,71 •4- 6,59 Van. cli Fisica 18 264 V 0.4 2 K b*. fi> sm t'» CO 00 t<« rr*\ © © © CAPO QUARTO ^«^•»-.o | 500ss ,< y , o 4- *r ©^ 00 ^ a.-^ © sm. t> 00* «D wT ^ 9^ ~T — © AOCOCMAOF-r*©©^ © SM 00 CD oo © *9» © CO *9* « c a© *5f *9* © : i> .2 A© h. © s ~ <35 o © *9< © © SM a- «r CM CD © © © co co © CD *9» SN a© co a© t _2 4> o o O © © © © © 1 ~3 ' 5 © o © o o © © © © oj iS cT cT © © © © © © © © © © 2 -2» _5 *4» -J -j SM SM <35 © ©^ *9* CO CO h- »9* CO co © © ?o oo^ ©^ V3^ vr c©^ , T *-T »ty *9* Aff cm* **« CO co CO co CO CO CO 1111 V © © a© *9" aO © a© © a© IO 00 «9* •«r aO oo ® a © SM © *9» r^» ©_ © ©_ © ©_ © OC ©" © © — © ©“ «M © © O. GM o < 5 * o o 0 Br Br -, •9 o J 2 o C /3 1-0 a© a© io CO CO cs> c 2 u ■ a a a U X ffl X *9 GM 3 «3 (fa O c> # a , . » 4 • . • • -• • • • • • • rs o © o © *2 o —- *—,5 6 — a * *3 — js « ^ S s c ^ «< < s a s 2 » -c s- w £ © © « tì -» Sa- < DILATAZIONE DEI LIQUIDI 265 * Dulie esposte tavole risulta, che nessuno dei delti liquidi ha uu coefficiente di dilatazione costante, e che, tranne 1’ acqua, in tutti il coefficiente medesimo va crescendo coli’ aumentare della temperatura. Se però anche per l’acqua si prende, come punto di partenza, la temperatura della sua massima densità , segue anch’essa per le temperature più elevate la regola generale: se non che alle temperature inferiori a tal punto il coefficiente medesimo cresce di nuovo, ed anzi con una legge più rapida assai che alle temperature superiori, cioè n i 0 — t il coefficiente di dilatazione è maggiore che a 4° + t; per esempio a— 13®, 14 il detto coefficiente è lo stesso che 0 iO • I risultati di Pierre, rispetto all’acqua, sono abbastanza Concordi con quelli di Despretz ; ma sono un po’ minori di quelli di Muacke sino a 40° circa, indi riescono maggiori, e tanto più quanto più cresce la temperatura. Laddove fra 0° e 9° sono sensibilmente minori dei dati di Hallstrom, ma oltre 3° le differenze si rendono meno sensibili; però sono più notevoli di quelle sussistenti coi dati di Despretz. Qui innanzi diamo una tavola della dilatazione dell’acqua, calcolata da Fi ankeneim (1852), in base ai dati di Pierre, col mezzo di parecchie forinole empiriche, ad intervalli poco estesi, ed i cui coefficienti furon determinali col metodo dei minimi quadrati (vedi pag. 268). Tutti gli altri li ‘ " sono ben più dilatabili dell’acqua, e ciascuno mostra una legge di dilatazione sua propria, partendo dalla temperatura 0 1 ’. Ordinando gli indicali liquidi secondo la loro crescente dilatabilità a partire da 0°, si trova la serie: acqua, aieooie, ioduro d’etilo, solfuro di carbonio, spirito di legno, ioduro di melilo, acetato d’ossido di metile, formiate d’ossido d’etilo, bromuro d’etile, bromuro di melilo, essilo d’etilo, cloruro d’etilo. E rimarchevole che i composti omologhi di etilo e di medio, come pure l’nicoole od il solfuro di carbonio, partendo dalla rispettiva loro temperatura d’ebollizione, presentano a 566 CAPO QUARTO irmperHlure inferiori equidistanti do quella una condensazione pressoché eguale. Temper. Volume Temperai. Volume UVboiii- aita equialla Oitterenz* ziime temp. d’eb. distante temp. equid. Solfuro ili carbonio 17°,9 1,0 — 30M 0,913099 ( 0,001353 Aicoole . . . 78,3 1,0 0,0 0,911452 j Bromuro ài olilo 10,7 1,0 0,0 0,911.375 p 0,000200 Iti. di melilo 13,0 1,0 — 27,7 0,911575$ Joduro di elilo . 70,0 Iti. di melilo 13,8 ),0 0,0 0,918701 ? 0,002061 1,0 — 26,2 0,916643$ Form, d’oss. d’elito 52,9 1,0 — 6,6 0,910223? 0,008527 Àcet. d’oss di melilo 59,5 1,0 0,0 0,918750» Dei ridetti dodici liquidi 1’ acqua soltanto, secondo Pierre, possiede un massimo di densità: laonde egli opina, che l’al- coole e l’etere che diedero a Muneke un massimo, non fossero, come quelli da lui adoperati, affatto privi d’acqua. L’al- coole assoluto,da Pierre preparato con somma diligenza, avente la densità (1,81510 a 0°, e la cui composizione soddisfaceva esattamente alla forinola dell’ aicoole anidro C 4 fl G O 2 , gli presentò in diverse esperienze una legge di dilatazione espressa dalla seguente formula, contate le dilatazioni e le temperature da 0° — 0,001048630106063 . t + 0,0000017509906-20. i 5 t 0,000000001345183 . l 3 . Questa formola dà pel volume dell’alcoole a — 70° ed a + 70°, riferito al volume a 0°, preso per unità, i valori 0,03471455 e 1,08244535; mentre la tabella esposta a pag. 261, secondo Muneke, dà per le dette temperature rispettivamente i volumi 0,050676 e 1,070000. Laoude la dilatazione in questo liquido secondo Pierre cresce più rapidamente colle temperature che non secondo Muneke. In seguito, Pierre estese le sue indagini su la dilatabilità a molli altri liquidi, come dal seguente quadro riassuntivo: DILATAZIONE DEI LIQUIDI 267 m Acetato d'ossido d'etilo (a) » » di melilo Acido butirrico monoidraio » solforoso anidro Alcoole etilico .... • metilico.... • amilico .... Aldeido. Bromo. Bromuro d’etilo . . . » di melilo . . . » d’amilo . . . » di silicio . . . » di fosforo. . . Butirralo d’ossido d’ etilo » » di melilo Cloroformio. Cloruro d’etilo .... • » monoclorato » • biclorato » d’amilo .... » di carbonio . . . » (bi) idem . . . » (tri) di fosforo . . » (tri) d’arsenico . » di silicio .... » (bi) di stagno . . » (bi) di titano . . Etere solforoso .... ■ solforico .... Formiato d'ossido d’etilo Ioduro d’elilo .... » di melilo . . . Liquido degli olandesi » monoclorato » biclorato . « indoralo . Solfuro di carbonio . . » (bi) di melilo . . Terebeuo ..... Coefficiente di dilatazione alla teuiperat. 0.' aJla temperatura d 1 ebollizione Temperatura di ebollizione* 0,001258496 0,001295954 0,001025720 0,001496377 0,001048630 0,001185570 0,000890011 0,001653523 0,001038186 0,001337628 0,001415206 0,001023212 0,000952572 0,000847205 0,001202792 0,001239896 0,001107146 0,001574578 0,001290718 0,001174820 0,001171550 0,002002628 0,001183844 0,001128619 0,000979073 0,001294119 0,001132801 0,000942569 0,000990474 0,001513245 0,001325205 0,001142251 0,001199591 0,001118932 0,001056414 0,000835620 0,000899044 0,001139804 0,001017049 0,000896554 0,001489001 0,001484159 0,001252417 0,001737142 0,001195509 0,001329747 0,001068560 0,001827064 0,001167673 0,001448731 0,001493693 0,001279417 0,001053126 0,000996237 0,001439571 0,001440012 0,001320490 0,001607429 0,001371920 0,001412636 0,001362650 0,001187434 0,001336461 0,001307358 0,001140338 0,001563537 0,001338953 0,001142034 0,001205933 0,001647354 0,001495056 0,001263687 0,00)327135 0,001282410 0,001233895 0,001156047 0,001127900 0,001249336 0,001440298 0,001123820 74”, 1 59.6 163,0 8,0 78,3 63,0 131,8 22,0 63,0 40.7 13,0 118.7 153.3 175.8 119,0 102.4 63.5 11,0 64.8 74.9 101.8 123,9 78,1 78,3 138.8 59,0 415.4 136,0 160.3 35.5 32.9 70,0 43.8 84.9 114, J 138,« 153.8 47.9 112.4 464,0 (°, 1 ped Recitici di.piesti liquidi sono quelli stessi dati nella tamia a pag. 7.6-77 CAPO QUARTO Dilatazione del! J acqua secando Pierre. Te.np. Volume Tr'inp, Volume Temp. Volume -- i 5° 4,0037584 24 4,0024648 63 4,0487954 A 4 32446 25 27075 64 9367T n 27839 26 29588 65 99465 Ai 23729 27 32244 66 4,0205326 a 20070 28 34944 67 44241 A 0 46S51 29 37758 68 47226 9 44043 30 4074 0 69 23270 8 44526 34 43744 70 29376 7 4,0009355 32 46848 74 35542 6 7465 33 50064 72 44769 5 5849 34 53380 73 48054 4 4382 35 56770 74 54399 3 3447 36 60228 75 60782 2 4989 37 63825 76 67239 4 0962 38 67526 77 73750 0 4,0000000 39 74292 78 80346 + 4 0,9999458 40 75420 79 §6928 2 9094 44 79048 80 93600 3 8878 42 83076 84 4,0300346 4 8820 43 87464 82 07090 5 8903 44 94344 83 43906 6 9448 45 95625 84 20779 7 9528 46 99958 85 27692 8 4,0000044 47 4,0404387 86 34652 9 0694 48 0894 2 87 44657 40 4482 49 43484 88 48709 44 2392 50 48450 89 55803 Ai 3420 54 2294 0 90 62943 43 4557 52 27742 94 70424 44 5877 53 33240 92 77347 45 7275 54 38539 93 84604 46 8784 55 43596 94 94905 4 T 4,0040404 56 48730 95 99247 48 42432 57 53922 96 4,0406627 49 43965 58 59495 97 44035 20 45940 59 64040 98 244S8 24 47997 60 74480 99 28967 22 20408 64 76705 400 4,0436490 23 22340 62 82292 Pierre volle poi indagare se la legge della eguale condensabilità, partendo dalle rispettive temperature d’ebollizione, osservata retro ne’ composti omologhi d’ etilo e di melilo, si DILATAZIONE DEI LIQUIDI 209 verTicasse anno per tutti i gruppi formati in modo analogo^ dall’unione (l’un comune elemento, semplice o composto, con elementi isomorfi, semplici o composti. Ecco un quadro comprendente alcuni di siffatti gruppi. Temperai, d’ebollix. 1 Volume alla temp. d’ ebolliz. Temnerat. equidistanti Volume lyffe _ alle te.aap, rpnM eqmu. Proloclororo di fosforo 78",34 1,0 —21°,66 °’ 8851 0 0249 0,9100 ’ U Protobromuro di fosforo i 75,30 4,0 75,30 Proloclororo di fosforo 78,34 Protocloruro (l'arsenico 433,84 4,0 4,0 — 21,66 33,81 0,8851 q qjs>2 0,8972 bidonilo di stagno 445,40 4,0 15,40 0,88t5 . «ic. 0,8965 ^ Ilicioruro (li titano 436,00 4,0 36,00 Cloruro di silicio 59,00 4,0 — 31,00 0,8796 n .... 0,9156 °’ 03Gn bromuro (li silicio 453,30 4,0 63,30 Cloruro d’etilo 44,00 4,0 — 24,00 0,9485 0 qq-jj 0,9516 bromuro d’etilo 40,70 4,0 5,70 Cloniro d’etilo 41,00 1,0 — 24,00 0,9485 . nns7 0,9572 °’ 00&7 Ioduro d’etilo 70,00 4,0 35,00 bromuro d'etilo 40,70 1,0 — 29,30 0,9091 q QQfjg 0,9487 Ioduro d’etilo 70,00 4,0 0,00 bromuro di melilo Ioduro di melilo 43,00 43,80 1,0 4,0 — 27,00 3,80 0,9438 . .... 0^9494 °> 00 ‘ ,S CI oriti rato di cloruro d’aldeideuo 84,92 4,0 — 15,08 0,8868 bromiilraio di bromuro 0,0122 d’aldeideno 432,60 4,0 32,60 0,8990 Da questi, e da molti altri confronti Pierre deduce che, in generale, due liquidi formali dalla combinazione di un co- multe elemento con elementi isomorfi seguono, partendo dalie rispettile loro temperature d’ebollizione, delle leggi di condensazione notevolmente differenti; essendo, in generale, le differenze troppo grandi per poterle attribuire unicamente ad errori d’osservazione: e d’altronde le differenze vanno crescendo, e sempre nello stesso senso, mano mano che si va allontanandosi dalle temperature d’ ebollizione. 5n generale, in ciascun gruppo, il liquido più dilatabile è quello la cui leni» 270 CAPO QUARTO peratura d’ ebollizione è la più bassa: però quest’ ultima legge non è sempre sussistente; ove si'confroiitino liquidi presi in gruppi differenti. Benché le forinole suesposte per la dilatazione dei liquidi, costituite da una funzione algebrica razionale, i cui termini contengono le successive potenze intere della temperatura, valgano a rappresentare abbastanza bene i risultati delle osservazioni, tra i limili assunti per determinare le costanti, pure non v’è alcuna ragione per ritenere che esse rappresentino la effettiva legge di natura; mentre esse non hanno più valore per temperature discoste dai delti limiti. Quindi alcuni tisici tentarono altre forme di funzioni per rappresentare la legge della dilatazione dei liquidi («). (a) Ponendo la più semplice tra le funzioni esponenziali ì) f ~ À ,n‘, ossia la corrispondente funzione logaritmica log — log A + t - log a, ove 4 ed a siano delle costanti, da determinarsi per ciascun li pèdo, ne vorrebbe un' idea teorica mollo semplice sul rapporto fra le dilatazioni e le temperature; poiché la differenziale della detta equazione esponenziale essendo d = l a . ^ d t ( posto l il logaritmo neperiano), è quanto dire che le dilatazioni prodotte nei liquidi da un dato aumento piccolissimo di temperatura siano proporzionali al loro medesimo volume nell’ attuale temperatura ; ovvero che a qualunque temperatura il volume di un liquido cresca sempre, per un daio aumento di temperatura, di una medesima frazione del volume stesso: la quale ipotesi sarebbe conforme a quanto accade in altri ordini di fenomeni fisici, nei quali si osserva, che la mutazione effeltuanlesi in un corpo ha relazione collo slato anteriore del corpo stesso, e gli è proporzionale. Ma Flau- gergties, che applicò una siffalta forma di funzione alia dilatazione del- l’aleoole, trovò che essa non vale a rappresentare i risultati dell’osservazione, se non entro limiti ristretti di temperatura: epperò è probabile che la supposta legge non si verifichi esattamente per nessun liquido , essendo presumibile che una medesima forma di legge possa applicarsi in nalura a tutti i liquidi, e differire solo nei coeffirienli c nella posizione del loro massimo di densità. Avogadro (1818) invece ritiene rappresentabile la dilatabilità dei liquidi ila una funzione della forma \ — b ~)> DILATAZIONE DEI GAS 27 l IO. La dilatabilità dei fluidi aeriformi, in opera del calore, è molto maggiore di quella dei fluidi liquidi, essendo nei primi pressoché nulla la coesione. Anche nei fluidi aeriformi non essendo atb due costanti da determinarsi per ciascun liquido, e t, la temperatura contala dal massimo di densità: però coniando tanto le temperature quanto la dilatazione da un punto inferiore di b 2 dalla temperatura del massimo di densità, cioè poslo <„ = >, + b 1 , e ^ ^ — ai 2 , la precedente dà = A (<„ — 2 b \ t u ). Laonde la legge espressa da queste forinole consiste in ciò che, partendo da una certa temperatura, le dilatazioni sono proporzionali alle temperature, dimi- nicie di un termine proporzionale alla radice quadrala delle tempera- ture medesime. Osserva Avogadro che, secondo questa forinola , i liquidi , partendo dal detto punto inferiore alla temperatura del massimo di densità, si dilaterebbero, in virtù della causa principale della dilatazione, di quantità proporzionali alla temperatura, qualora un’altra causa non tendesse a scemare continuamente questa dilatazione ili una quantità proporzionale alla radice quadrata della stessa temperatura. Ora la causa delle dilatazioni proporzionali alla temperatura può riporsi nella forza ripulsiva dal calorico, il quale si accumula attorno alle molecole mano mauo che se ne eleva la temperatura; laddove la forza attrattiva, onde il calorico stesso è rattenuto attorno le molecole medesime, tendendo a condensarlo, tenderà pure a diminuire il volume del liquido; epperò a questa forza attrattiva polrebbesi attribuire il termine negativo proporzionale alla radice quadrala delia temperatura, partendo dal punto at dissolto del quale le dilatazioni, secondo la supposta legge, diventano immaginarie. Finché quest’ultimo termine, aggiunge Avogadro, è maggiore dei primo, la forinola ci dà una condensazione eol- l’aumentare della temperatura: se non che il primo termine, crescendo più rapidamente del secondo, giunge ben tosto un punto in cui essi diventano eguali, lorqiiando accade il massimo di densità. Oltre questo punto, continuando le temperature ad aumentare, le dilatazioni diventano positive, e sempre crescenti, benché diminuite da quel termine negativo, supposto dipendente dall’attrazione delle molecole pel calorico. Non tasteremo però di notare che la esposta forinola e ìe esposte 272 CAPO QIURTO si lia quasi mai riguardo alla loro dilatazione lineare; onde si lien conto unicamente della loro dilatazione cubica. .Ma questa può determinarsi in due modi. 0 si mantiene costante nel gas la forza espansiva, serbandolo soggetto ad una costante pressione, nel mentre ette si eleva in esso la temperatura da 0° a 100°, e si rileva direttamente l’aumento di volume avvenuto nell’ unità di volume del gas, e quindi dividendo siffatto aumento per 100, si Ita il suo coefficiente di dilatazione a prensione costante. Oppure, si mantiene costante nel gas il volume, col sottoporlo a pressioni opportunamente crescenti, nell’ atto che lo si scalda da 0° a 100°, e quindi dall’ aumento avvenuto nella sua forza espansiva si deduce indirettamente, cioè valendosi della legge di Boyle (04), l’aumento di volume che presenterebbe ogni unità del suo volume, restituendola alla primiera pressione; ed allora la centesima parte di cotesto aumento corrisponde al coefficiente di dilatazione a volume costante dal gas medesimo. Felice Fontana (1707) merita d’ esser ricordato ira i primi che tentarono di determinare il rapporto fra la dilatazione e la temperatura dei gas. Però il Volta (1793) fu il primo ad istituire delle precise esperienze per determinare il coefficiente di dilatazione dell’ aria a pressione costante, mostrando che le divergenze fra i risultati de’ precedenti osservatori dipeli- devano dal non essere stata l’aria spogliala affollo di vapor acqueo, e che qualora essa sia ben secca si dilata uniforme* .mente di 0,093704 per ogni grado centesimale ( 1 L per l.° mt.), però, correggendo questo risultato per la dilatazione del reconsiderazioni di Avogadro, ponendo che per tutti i liquidi s’abbia a verificare un massimo di densità ( il quale per alcuni cadrebbe al dissono del loro punto di congelazione', sarebbero contraddette dalle succitate sperienze di Pierre, secondo le quali l’acqua soliamo avrebbe un massimo di derisila. Teniamo perciò ancora preferibili le formole algebriche razionali; almeno finiamo che non sia scoperla la vira legge della dilatazione dei liquidi. THI.ATAZIOPiE BEI GAS 273 eipiente di vetro (dello quale egli non tenne conto), -f avrebbe per il detto coefficiente 0,00373 Poclii anni dopo Dallo» trovò 0,00392 (è questo il valore corretto che risulta dalle sue spe- rienze, benché, per errore, egli abbia annunciato 0,003726), e Gay Lussar ottenne 0,00375. Anzi quest’ultimo asserì che tutti i gas permanenti fossero egualmente ed uniformemente dilatabili, e che perciò il detto coefficiente 0,00373 valesse ima solo per 1’ aria, ma ancora per tutti gli altri gas. In così fatta credenza si tennero presochè lutti i fisici, finché Rudberg nel 1834 dimostrò essere il coefficiente di dilatazione dell’aria notevolmente minore del valore assegnatogli da Gay-Lussac, e finché Regnatili e Magnus nel 1841 dimostrarono essere sensibilmente diverso ne’ varj gas il coefficiente di dilatazione, e non essere tutti uniformemente dilatabili col progressivo aumentare della temperatura. Rudberg, valendosi di due diversi processi abbastanza precisi., trovò, per medio di molte esperienze, che, a pressione costante, il coefficiente di dilatazione dall’aria ben secca è 0,003(546, ed a volume costante 0,0036457: e quindi per medio di tutte le sue esperienze , egli propone il coefficiente 0,003646. Goti’aria allo stato naturale, non disseccata, ebbe invece 0,003840 e 0,003902 , quantunque, raffreddando nuovamente l’aria, non si deponesse nel recipiente niuna goccia d’umido visibile, pur adoperando una forte lente. Il clic dimostra quanta influenza aver possa su questa determinazione un imperfetto disseccamento dell’aria. RegnnulL institnì su l’aria cinque serie di osservazioni, con processi tra loro differenti, ed ebbe i seguenti risultameli!! : A volume costanti !.* Serie, medio di 14 determinazioni . . . 0,003662.ì 2.* » 18 » . . . 0,003*633 3.* 13 » . . . 0,0036679 4.* » 6 » . . . 0,00366.40 5/ » 4 » E per medio 0,0036646 A pressione costante . . . 0,0036706 27 i CAPO QUARTO Quest* ultimo valore dovrebbe adottarsi per quelle esperienze in cui l’aria è libera di dilatarsi, serbando invariata la forza elastica ; ed il valore 0,003603 quando 1’ aria non può espandersi liberamente. Habinet osserva, che ove si assumesse, per la dilatazione da 0° a 100°, il valore 0,36606, mollo il prossimo al precedente , esso equivarrebbe alla frazione —, assai comoda per i calcoli numerici. Sperimentando sopra diversi altri gas coi medesimi differenti processi, e ripetendo per ciascuno non poche determinazioni, iiegnault ottenne i seguenti valori rnedii: Coefficiente di dilatazione A pressione costante À volume costante Idrogeno .... 0,0036613 Azoto. Ossido di carbonio . 0,0036688 Acido carbonico . 0,0037099 Protossido d’azolo . 0,0037195 Cianogeno . . . 0,0038767 Acido solforoso . . 0,0039028 (a) 0,0036678 0,0036682 0,0036667 0,0036801 0.00 367 ,6 0,0038790 0,0038553 Pertanto i diversi gas presentano dei coefficienti di dilatazione sensibilmente differenti tra loro; e di più questi, per ciascun gas, hanno un differente valore, secondo che li si determinano direttamente, mantenendo costante nei gas Itt forza elastica, oppure indirettamente, colla legge di Boyle , mantenendoli sotto un costante volume. E rimarchevole che le dette differenze sono più sensibili tra i coefficienti di dilata) Aggiungiamo i seguenti dati di Magnus per il coefficiente di dilatazione di diversi gas, mantenuti alla pressione costatile di mill. 760. Idrogeno . . 0,00365759 ( Acido carbonico . 0,00369087 Ària atmosferica 0,00366508 | » solforoso . 0,00385618 Questi risultati sono abbastanza concordi con quelli di Regnault, benché siano in generale un po’minori di quest’ultimi, e le differenze sono più sui.ile uè' gas la cui dilatabilità è maggiore. DII ATAZIONE PEI GAS 275 fazione a pressione costante (onde si rileva anche da ciò non essere la legge di Bayle egualmente applicabile a tulli i gas)} e die i gas suscettibili d’esser liquefatti a pressioni non molto elevale, ossia quelli che già si disse essere i più compressibili (78), sono anco i più dilatabili per opera del calore. Regnatili volle altresì sperimentare la dilatabilità dei gas, presi in condizioni iniziali di pressione multo differenti. E prima, valendosi dei metodi a volume costante, ebbe questi ri- stillamenti, ciascuno de’quali è il medio valore di parecchie determinazioni: Pressione sul gas a 0 U Pressione siti gas a 100 u Densità del gas a 0°, posta l la sua densità sotto la pressione 7G0 mill. Volume a 100°, sto 1 il volume Ària atmosferica. nidi. 109,72 olili. 149,31 0,1444 1,36482 174,36 237,17 0,2294 ',36513 266,06 395,07 0,3501 1,36542 374,67 510,35 0,4930 1,36587 375,23 510,97 0,4937 1,36572 760,00 1036,00 1,0000 1,36650 1678,40 2286,09 2,2084 1,36760 1692,53 2306,23 2,2270 1,36800 2144,18 2924,04 2,8213 1,36894 3655,56 4992,09 4,8100 1,37091 Àcido carbonico. 758,47 1034,54 1,0000 1,36856 901,09 1230,37 1,1879 1,36943 1742,73 2387,72 2,2976 1,37523 3589,07 4759,03 4,7318 1,38598 Si scorge da questi dati che 1’ aria , ed assai più 1’ acido carbonico, riescono tanto più dilatabili quanto maggiore è In pressione e quindi la loro densità, ossia quanto più accostale sono le loro molecole. Questo fatto risulta ancor pi fi evidente, adoperando il metodo a pressione costante, coma segue: 273 CAPO QUARTO Pressione Coefficiente Aria atmosferica Pressione Coefficiente Acido carbonico mill. 760 0,0036706 2525 0,0036944 2620 0,0036964 mill. 760 0,0037099 2520 0,0038455 760 0,0036613 2545 0,0036616 Idrogeno Acido solforoso 760 0,0039028 980 0,0039804 È notevole che l’idrogeno mostra una dilatabilità che non mula sensibilmente col variare della pressione da 1,0 a 3,4 ni litosfere. Il die concorda con ciò che si notò rispetto alla sua compressibilità. Laddove l’acido solforoso presenta una dilatabilità rapidamente crescente colla sua densità, da che, per 1’ aumento nella pressione di solo un terzo d’atmosfera, il suo coefficiente varia nel rapporto di 390 a 398, benché cotesta pressione sia ancora un po’ discosta da quella corrispondente alla liquefazione del medesimo gas. È però probabile che la maggior parte dei vapori abbiano dei coefficienti di dilatazione mollo differenti da quello dell’aria, lorquando si avvicinano ni loro punto di liquefazione, e quindi nelle più comuni circostanze in cui trovatisi nelle fìsiche esperienze. Inoltre si rileva che le differenze tra i coefficienti di dilatazione ne’diversi gas si rendono tanto maggiori quanto è più granile la pressione sullo la quale li si considerano di confronto. Così l’aria atmosferica e l’idrogeno, che hanno una dilatabilità poco differente alle pressioni ordinarie, differiscono notevolmente sotto pressioni 3 a 4 volle maggiori. E per converso i coefficienti di dilatazione dei diversi gas s’avvicinano tanto più ad esser ira loro eguali, quanto minori sono le pressioni cui sono assoggettati, ossia quanto minori sono le loro densità. Impennino in legge della eguale dilatabilità di tinti i gas (asserita da Gay- Lussar), può considerarsi, al pari della legge di Hoyie, come una letjtje limile , valevole soltanto in certe condizioni di pressione o di densità, cioè quando i gas siano molto rarefatti, DILATAZIONE DEI GAS 277 meiitr’essn poi si scosta aiolo più dalia realtà, quanto più densi sono i gas. Ed ecco perchè, discorrendo delie forze molecolari ne’vari siati d’aggregazione de’corpi (38), si disse che le molecole de’fluidi aeriformi, in generale, non sono dominate soltanto dalle forze repulsive, esercitandosi ancora tra esse, benché assai deboli, le forze attrattive o di coesione, peculiari per ogni natura di gas. l'osierionnente Uegnault confermò i risultati delle precedenti sperieuze , determinando direttamente, eoi mezzo delle pesate, la densità di alcuni gas a 0° ed a 100", e deducendone il rispettivo coefficiente di dilatazione. Così per 1’ a- ria atmosferica, in 2 prove, ebbe 0,003057 e 0,003683, ossia per medio 0,003665; e per l’acido carbonico 0,003719, Per quest’ultimo gas rilevò altresì, che alla temperatura 0°, anche sotto pressioni più deboli dell’atmosferica, esso si scosta notevolmente dalla legge di Sìoyle ; laddove a 100°, sotto le stesse deboli pressioni, segue sensibilmente la detta legge. Calcolando poi, dietro i dati avuti, le densità che presenta l’acido carbonico, riferite a quella dell’aria, presa nelle stesse circostanze di temperatura e di pressione, trovò : Alla temper. 0° Alla lemper. 100° Pressione Densità Pressione Densità miti. 760,00 1,52910 miti. 760,00 1,52418 374,13 1,52366 383,39 1,52410 224,17 1,52145 Emerge da ciò che l’equivalente chimico di un gas, ove lo si calcoli in base alla sua densità (100), potrà offrire delle dilìerenze molto sensibili, secondo le temperature e le pressioni dalle quali si parte per determinare la densità stessa. Appare inoltre probabile che i coefficienti di dilatazione dei vari gas abbiano ad approssimarsi all’eguaglianza anche col- 1’auinentare di molto la loro temperatura ; epperò ancora col diminuirne la densità. Bisogna adunque che le molecole dei Tari gas siano tra loro molto discoste e che in pari tempo sìa energica la loro forza espansiva (condizioni che si ottengono 278 CAPO QUARTO insieme soltanto colì'elevunie lu temperatura ), affinchè abbiano ii cessare gli effetti della natura specifica delle molecole dei gas medesimi, ed abbiano quindi le loro leggi di compressibilità e dilatabilità a presentare quel carattere di generalità, die non hanno sotto altre condizioni di temperatura e di pressione. Certo è però che, nelle ordinarie circostanze, non può tenersi come una legge naturale , ma come un semplice dato d’approssimazione, la supposizione accennata a pag.llH) che sotto volumi eguali de’ diversi gas, benché presi ad egual pressione e ad eguale temperatura, si comprenda uno stesso numero di molecole. E si rende pur manifesto che la forzia- elastica dei gas non è, come dianzi credevasi, una funzione molto semplice della distanza delle loro molecole, ma dev’essere una funzione trascendente della distanza medesima, come s’avvertì sopra (78) con Avogadro. iìi. La misura delle temperature è uno dei più ardui problemi della fìsica, il quale venne svolto con molta sagacia da Kegnaull. Non conosciamo finora, egli dice, niun mezzo diretto per misurare le quantità di calore assorbito od emesso da un corpo in date circostanze; soltanto argomentiamo ad un acquisto o ad una perdita di calore in un corpo dalle mutazioni occorse nel suo volume o nel suo stato d’aggregazione. Sarebbe un perfetto termometro quello le cui indicazioni fossero proporzionali alle quantità di calore assorbite, ossia quello in cui 1’ addizione di eguali quantità di calore producesse dilatazioni sempre eguali (103). A soddisfare colesta condizione sarebbe d’uopo, o che la capacità calorifica e la dilatabilità del corpo termometrico fosser costanti per qualsiasi temperatura, oppure che questi due elementi variassero precisamente in ragione inversa 1’ uno dall’ altro. Ma ancora un siffatto termometro non varrebbe ad indicare le quantità di calore assorbite da un altro corpo, posto a pieno contatto con quello, se pur questo non presentasse la stessa proprietà del corpo termometrico, cioè ov’ esso non assorbisse quantità eguali di calore per eguali variazioni nelle temperature date TERMOMETRIA 279 «dal termometro. Or noi salutiamo invece, chelnnto la dilatabilità quanto la capacità calorifica vanno crescendo coli' aumentare delia temperatura (png. 223 e 239), ma con un differente rapporto ne’diversi corpi; nè perancosi conoscono con precisione le leggi di siffatte variazioni (pag. 240). Però se un termometro non può darci un’ esatta misura delle quantità di calore prese o cedute da un corpo, dovrà almeno soddisfare a questi due requisiti : di esser paragonabile con sè medesimo, cioè di segnare lo stesso grado in eguali condizioni ; e di esser paragonabile eolie indicazioni di altri strumenti, costruibili analogamente ad esso. Ora il termometro a mercurio, se soddisfa sensibilmente ai primo di questi requisiti, non soddisfa però abbastanza al secondo , benché costrutto colle norme indicale al § 103, attesa la ineguale dilatabilità dei vetri di diversa natura o diversamente preparati {pag. 24!), ed atteso il debole eccesso deila dilatabilità del mercurio su quella del vetro: poiché, posto per quest’ ultimo il coefficiente di di- lalaz'one cubica 0,0000248 ( valor medio di quelli esposti a pag. 241 e 242), e pel mercurio il valore 0,0001815 (dato da Regnatili tra 0 U e 100°), si rileva essere il mercurio appena 7, 1/3 volle più dilatabile del vetro. Però, dopo le menzionate osservazioni di Gay-Lussac su l’ uniforme ed eguale dilatabilità dei gas (pag. 273) credettero i fisici, in base anche alia legge dì Boyle, che ia dilatazione dei gas fosse proporzionale alle quantità di calore da questi assorbite, epperò ritennero che un termometro ad aria fosse un termometro normale. Sia, dopo le riferite sperienze di Regnatili su la compressibilità e ia dilatabilità dei gas, variabili colia pressione e eolia temperatura (pag. 276), le indicazioni dei termometri a gas, al pari di quelle de! termometro a mercurio, non ponilo considerarsi che come delle funzioni più o meno complicate delle quantità di calore assorbite od emesse. Nondimeno i termometri a gas hanno su gli altri il vantaggio di una maggiore dilatabilità. Per esempio l’aria, essendo circa 148 volte più dilatabile del vetro, le variazioni nella legge di dilatazione deile diverse Man. di falca 19 281 ) CAPO QUARTO specie di vetro no» influiranno sensibilmente su le in di nazioni dell'apparecchio, e quindi i diversi strumenti saranno abbastanza tra loro paragonabili. Volendo adunque approfittare di sì importante proprietà, ed adottare il termometro a gas, se non come uno strumento perfetto, almeno come il migliore de’termometri, Regnault io sottopose ad un accurato esame. In due modi si può adoperare un gas come corpo termometrico. O si mantiene in esso costante la pressione, e si notano le variazioni nel suo volume, prodotte da date variazioni nella temperatura. Oppure lo si forza a serbare un volume costante, e si notano le variazioni occorse nella sua forza elastica. Seguendo il primo metodo, posto * il volume di una data mussa di gas a 0°, il cui coefficiente della dilatazione cubica sia ì, e contenuta in un recipiente il cui coefficiente della dilatazione cubica sia S ; e posto »' il volume apparente dello stesso gas sotto una temperatura superiore a 0° dì un numero l di gradi , e sotto la medesima primitiva pressione, si dedurrà la temperatura i mercè la forinola l: :, Seguendo ìnveee Pallio metodo, poste b la pressione elle equilibro la forza elastica del gas a 0°, e b' quella corrispondente alla temperatura f, tenendone invariato il volume, e ritenute nel resto le precedenti indicazioni, si avrà l — b-b I 6 'S-S, Ma in pratica, il primo metodo presenta delle difficoltà che ne rendono complicalo 1’ uso, e che tendono a diminuire la sensibilità (pag. 202) dello strumento coll’elevarsi della temperatura. Invece di più agevole uso è il secondo metodo, nel quale la sensibilità del- P apparecchio non varia sensibilmente colle temperature: ep- però a questo metodo diede Regnault la preferenza nelle sue indagini. Se noti che, a temperature molto elevate essendo pos- sib.lc una deformazione nel recipiente di vetro, in virtù della v alida forza elastica dal gas rinchiuso e del rammollimento i e! vetro, volle vedere in prima, se dei termometri preparati eoli ai iu avente forze elastiche molto differenti, sotto la stessa termometria 281 temperatura 0°, riuscissero poi ira loro paragonabili. A tal uopo istituì diverse serie di esperimenti, de’quali esponiamo soltanto i risultati di confronto. Termometri ad aria. Forza elastica Temperatura Forza elastica Temperatura Differenze mill. 762,75 0°,00 miti. 583,07 0*,00 * 027,01 95,57 785,2* 95,57 0°,00 li 92,91 *55,99 9*1,78 *55,82 -+- 0,17 *346,99 212,25 *030,48 212,27 — 0,05 *421,77 239,*7 *086,76 239,2* — 0,04 *534,* 7 281,07 *173,28 280,85 4- 0,22 *696,86 339,68 *296,72 339,39 4- 0,29 762,75 0,00 552,97 0,00 *253,S9 *78,07 908,79 *77,85 4- 0,22 *386,52 226,83 *005,59 226,7* 4- 0,12 762,75 0,00 438,13 0,00 *327,46 204,60 762,38 204,43 4- 0,17 *364,93 218,46 783,72 2*8,33 4- 0,*S *402,00 232,00 805,66 232,05 — 0,05 *518,97 274,64 872,0* 274,37 4- 0,27 *559,43 289,83 895,75 289,75 4- 0,08 *618,87 3*1,36 929,60 3*1,38 — 0,02 750,9* 0,00 *486,58 0,00 *038,64 *05,55 2056,44 *05,53 4- 0,02 *038,73 *05,59 2056,62 *05,57 4- 0,02 *037,35 *05,03 2054,38 *05,04 — 0,01 *174,40 *55,80 2325,86 *55,76 4— 0,04 U75,3* *56,18 2327,62 *56,19 — 0,01 *3*4,94 208,15 260*,99 208,0* 4- 0,14 13*5,47 208,38 2602,96 208,23 4- 0,15 *451,76 258,85 2877,2* 258,69 4— 0,16 *452,00 259,42 2877,76 259,29 4- 0,13 *452,* 9 259,50 2S78,1S 259,4* 4- 0,09 *602,35 314,91 3171,19 314,74 4- 0,17 *602,58 315,02 3171,59 314,85 4- 0,17 *627,01 324,04 8221,30 324,01 4— 0,03 *027,59 324,33 8222,35 324,30 4— 0,03 582 CAPO QUARTO Le differenze qui notule sono già sì piccole da potersi iras» curare. Nondimeno esse ridueonsi uucor minori, ove si rifletta die il coefficiente di dilatazione dell' aria diminuisce alcun po’ col diminuire della pressione ( pag 275), e che perciò converrebbe assumere ne’ diversi casi dei valori differenti per il detto coefficiente. Così nelle prime tre serie di confronti, nel calcolo delle quali si ammise per tutti i termometri il coefficiente 0,003685 (corrispondente alla pressione di 760 miti.), si ottiene un perfetto accordo, ponendo pei termometri ad uria rarefatta il coefficiente 0,0036632. Laddove nella 4. a serie, dove si pose pel termometro ad aria compressa il coefficiente 0,003667, perchè con esso si trovavano in accordo ì due termometri alla temperatura di 105", si riducono insignificanti le differenze, anche alle temperature superiori, addottando 0,003666. illa in quest’ultima serie le differenze notate nelle temperature elevate devonsi piuttosto ascrivere ad un aumento di capacità occorso nel recipiente di vetro per il notevole eccesso della pressione interna sn l’esterna: e infatti le dette differenze positive scompaiono, ammettendo un aumento di capacità di 0,000044 per ogni unità di volume sotto un eccesso nell’interna pressione di 1 metro di mercurio, siccome Regnatili aveva trovato con altre prove dirette. Si può dunque conchiudere, che i termometri ad aria sono stromenii perfettamente tra loro paragonabili, benché preparati con aria a densità differenti. E nei limiti di 438 a 1486’mill. di pressione iniziale si può addottare senza notevole errore il coefficiente 0,003665. In seguito Regnault si pose la seguente qtiislione: dei termometri, preparati con gas di differente natura, e regolali però dietro i medesimi punti fissi di 0“ e 100°, procedono essi in accordo? Dapprima confrontò un termometro ad aria con altro a gas idrogeno, preparali con una forza elastica iniziale di 754 indi, a 0°, ed adottando per l’aria il coefficiente 0,003665, e per l’idrogeno 0,003652, trovò; TERMOMETRIA 283 Termometro ad aria Termometro ad idrogeno elastica Temperatura Forza elastica Temperatura Differenza mill. 754,22 1061,32 0°,00 112,37 mill. 754,48 1060,65 0°,00 112,25 H-0°,12 1141,87 141,75 1141,23 141,91 — 0,16 1261,09 185,66 1260,51 185,78 — 0,12 1259,70 185,21 1258,60 185,29 — 0,08 1525,69 209,45 1324,50 209,51 — 0,06 1378,73 228,87 1376,81 228,88 — 0,01 1508,75 277,42 1506,97 277,41 -F 0,01 1636,25 325,40 1633,28 325,21 -F 0,19 Perciò 1' accordo ira i due istrumenti è abbastanza perfetto. Pel ;;as acido carbonico istituì due serie di confronti coll’ aria, l'iella prima la forza elastica dell’ acido carbonico a 0° era 741 rodi., e nella seconda soltanto 484 indi.: però i coefficienti addottati per questo gas nelle due serie furono rispettivamente 0,083893 e 0,003682. Termometro ad aria Termom. ad ac. , carbonico. Forza elastica Temperatura Forza elastica Temperatura Differenza mill. 742,24 0°,00 mill. 741,19 0«,00 1018,98 102,63 1019,64 102,73 — 0»,10 1100,74 133,18 1102,54 133,41 — 0,23 1171,78 159,78 1174,30 160,00 — 0,22 1239,56 185,11 1242,52 185,48 — 0,37 1307,76 210,69 1311,12 210,80 — 0,11 1389,37 241,37 1393,13 241,44 — 0,07 1458,27 267,35 1462,65 267,45 — 0,10 1541,68 298,78 1547,36 298,86 — 0,08 1605,66 322,80 1611,33 322,91 — 0,11 742,26 0,00 463,82 0,00 1034,34 108,52 647,11 108,39 -F 0,18 1234,00 183,12 772,86 183,15. — 0,08 1230,83 181,84 770,53 181,85 — 0,01 1375,75 236,09 860,92 235,93 - f - 0,16 1564,65 307,62 980,94 307,66 — 0,04. 28 ì CAPO QUARTO E qui pure 1’accordo è abbastanza soddisfacente, massime nella seconda serie, in cui il gas acido carbonico aveva una minor densità. Si osservi che queste sperienze riconfermano essere per questo gas il coefficiente delia dilatazione notevolmente decrescente colla densità (pag. 275). Per ultimo istituì due serie di confronti tra un termometro ad aria ed altro a gas acido solforoso, caricato successivamente con densità diversa, ed assumendo per la prima serie il coefficiente 0,003825, e per la seconda 0,003791, gli emersero i seguenti risultati: Termometro ad aria Terni, ad acido solforoso Forza elastica Temperatura Forza elastica Temperat. Differenze alili . 762,-17 0°,00 mill . 751,47 0°,00 1033,58 98,12 1030,75 98,12 0,00 1018,46 92,63 1015,43 92,63 0,00 1045,46 102,45 1042,87 102,38 + 0,07 1273,75 185,42 1274,22 184,20 + 1,22 1470,44 257,17 1474,20 254,93 + 2,16 1586,53 299,90 1592,87 297,48 + 2,72 1614,33 310,31 1620,90 307,41 + 2,98 762,38 0,00 588,70 0,00 1032,07 97,56 804,21 97,56 0,00 1141,54 137,24 890,70 136,78 + 0,46 1301,33 195,42 1016,87 194,21 + 1,21 1391,07 228,16 1088,08 226,59 + 1,57 1394,41 229,38 1089,98 227,65 + 1,73 1480,09 260,84 1157,88 258,75 + 2,09 1643,85 320,68 1286,93 317,73 + 2,95 .<• (a) Avvertasi che la foratola colla quale Regnault dalle forze elastiche indicate ne’ precedenti quadri dedusse le corrispondenti temperature uon è così semplice come quella riportata sopra a pag. 280; in quanto che quella porzione della massa del gas, su di cui si sperimenta, che non è propriamente contenuta nel recipiente, e. che è invece contenuta ne’ cannelli di comunicazione fra il recipiente medesimo ed il manometro, risente delle temperature differenti dalle indicate, le quali però devonsi determinare con altri appositi termometri. TERMOMETRIA -® 0 ' Le differenze essendo troppo notevoli, e crescenti rego- 1 finn ente colle temperature, eonvien dire che il eoeffieiente di dilatazione medio del'gas acido solforoso diminuisca rapidamente co! crescere della temperatura. Così dulia prima serie delle esposte esperienze si induce pel coefficiente medio: daO»a 98°, 12 0,0038251 da 0 ° a 257*, 17 0,0037923 » 102,45 0,0038225 » 299,90 0,0037913 ■* 185,42 0,0037999 * 310,31 0,0037893 E quindi il corniciente di dilatazione reale corrispondente alle d ; -verse temperature varierà in un modo ancor più sentito. Hall* insieme .delle riferite sperienze si traggono le seguenti importanti illazioni: l.° L’aria atmosferica da 0° a 350° conserva la stessa legge di dilatazione, benché la sua forza elastica iniziale a 0* 1 varii da 0,4( ; 0 a I ,300. Pertanto nella costruzione dei termometri ad aria , senza prendersi pensiero della densità dell’aria introdottavi, gli stromemi saranno tuttavia paragonabili tra loro. 2 ° L’aria atmosferica , l’idrogeno e l’acido carbonico, tra 0° e 330°, mostrano sensibilmente una stessa legge di dilatazione, benché i loro coefficienti di dilatazione siano notevolmente differenti, Epperò dei termometri costrutti con questi diversi gas procederanno in accordo, purché si calcolino le temperature col coefficiente proprio a ciascun d’essi. Eonvien dunque dire che i coefficienti di dilatazione di questi gas presentino sensibilmente io stesso rapporto a tutte le temperature. 3.° Il gas acido solforoso si scosta in modo distinto dalia legge di dilatazione offerta dai precedenti gas: e forse accadrà Io stesso cogli altri gas di più facile liquefazione, e quindi anche coi vapori. 112. Ma l’uso del termometro ad aria essendo in generale malagevole, e richiedendo minute e delicate operazioni, ed in alcune circostanze non essendo nemmanco possibile di porlo in opera, Regnnult, pensò di sottoporre ad uno scrupoloso esame il termometro a mercurio, coll’intento di trovar modo di tradurre le sue indicazioni (le quali non sono più paragonagli tra loro al di là delle temperature fondamentali della sua 286 CAPO QUARTO graduazione) in quelle d’ un termometro normale ad ario. Già Dulong e Petit avevano istituito un confronto fra un termometro ad aria ed altro a mercurio da — 36° a + 360°, ed avevano calcolata una tabella colla quale tradurre le indicazioni dall’uno in quelle dell’altro. Eccone gli estremi: Temp. date dal Volumi corrispondenti terra. a mercurio d 1 una data massa d 1 aria Temp. date da un terni, ad aria , e corrette per ta diiat. del retro — 36*,0 0,8650 —. 36”,00 0,0 1,0000 0,00 40o,Q 1,3750 100,00 450,0 1,5576 148,70 200,0 1,7383 197,05 250,0 1,9189 245,05 300,0 2,0976 292,70 860,0 2,3125 350,00 Ma questa tavola, in citi si ammette pel coefficiente di dilatazione dell’uria il valore 0,00373 dato da Gay-Eussac (pag. 1273), il quale s’è veduto troppo discosto dal vero, non è più attendibile. E di più i diversi termometri a mercurio, non sono tra loro paragonabili, attese le ineguali dilatabilità de’ vari vetri. Se non che Regnatili volle indagare se vari termometri a mercurio, costrutti colla stessa qualità di vetro, benché soffiali in un modo diverso, camminino in bastevole accordo tra loro, da poterlisi tenere paragonabili. Di poi mise a prova de’ termometri preparati con diverse qualità di vetri. Stimò egli per queste indagini preferibili, per varie ragioni, i termometri a versamento su quelli a cannello. Sia jP il peso del mercurio che riempie un termometro a versamento alla temperatura 0°; sia p' il peso del mercurio uscito da esso, scaldandolo da 0° alla temperatura V d’ebollì-- zione dell’ acqua pura (temperatura che si desume dall’altezza barometrica osservata iu tal alto, secondo una tabella che si darà più innanzi); e sia p il peso del mercurio uscito dal medesimo, elevandolo dal) 0 ad una ignota temperatura t : sarà questa determinabile colla formolo t “ - . <’ • j\ p - v E questa temperatura sarà eguale a quella che segnei ebbe , nelle stesse circostanze, un termometro a cannello graduato, TERMOMETRIA 2ST H cui recipiente fosse formato colla stessa qualità dì vetro che costituisce il recipiente del detto termometro a versamento. I vetri elle fornirono i recipienti dei termometri esaminali in queste prove sono que’ medesimi, die si indicarono a pag. 242, per riguardo ai loro coefficiente di dilatazione: onde li richiameremo qui coi medesimi numeri coi quali sono ivi con- trassegnati. E dapprima furono studiati i numeri l a 4, formati con cristallo della officiua di Choisy le-lloi presso Parigi, il quale essendo preparato con materie pure e dosate esattamente, presenta sempre la stessa composizione: però il N. 3 essendo stato ripassato più volte alla fiamma del cannello ferruminatorio, mostrò coll’analisi una proporzione sensibilmente maggiore di silice, cosicché per volatilizzazione il cristallo deve aver perduta parte dell’ altre materie costituenti (ossido di piombo, potassa, ecc.). Ecco i risultali di questi confronti : ! ermometro Termometro a gas a mercurio col cristallo Differenze N t 99",39 99°, 39 124,97 125,38 ri-0°,41 142,21 142,79 ri— 0,5 8 180,09 181,28 ri- 1,19 525,48 227,90 ri- 2,42 589,19 294,71 ri- 5,52 99,78 99,78 141,77 141,72 — 0,05 185,64 186,64 ri- 1,00 509,48 210,62 ri- 1,14 228,88 231,14 ri- 2,26 277,41 281,70 ri- 4,29 325,30 333,53 ri— 8,23 99,76 99,76 111,92 111,77 — 0,15 148,94 149,28 ri- 0,34 99,92 99,92 185,11 186,05 ri- 0,94 510,69 212,21 ri-1,52 541,37 244,05 ri- 2,68 267,35 271,38 ri- 4,03 2.98,78 304,35 ri— 5,57 322,80 330,28 ri- 7,58 Termometro ermometro ad aria a mercurio col cristallo Differenze N. 2 99°,70 99»,70 178,07 179,14 ri-1 o,07 226,83 228,95 ri- 2,12 239,17 241,81 ri- 2,64 281,07 285,07 ri- 4,00 339,68 348,47 ri- 8,79 Mein cristallo N. 3 100»,15 100®,15 170,61 171,69 ri- 1,0* 218,40 220,80 -1- 2,40 289,79 295,45 ri - 5,66 334,50 343,46 ri- 8»9« Idem .cristallo N. 4 99°,84 99®,84 146,10 146,42 ri- 0,32 170,05 170,52 ri- 0,47 196,89 197,87 ri- 0,98 236,02 237,94 ri- 1,92 282,30 285,95 ri- 3,65 330,27 337,11 ri- 6,84 288 ■ elfo qtuuto Da questi tìnti si rileva die il coefficiente (lolla dilatazione ■apparente del mercurio nel cristallo IV. 1 è per medio delle 4 serie 0,0601567 4, nel Pi. 2 0,00015673, nel Pi. 3 0,00015785, * nel Pi. 4 0,00015814; i quali valori sono tra loro sensibil* mente differenti, in causa della diversa dilatabilità dei corrispondenti serbatoi. Ora dai dati relativi all’andamento dei tre termometri a mercurio Pi. t, 2 c 3 col recipiente di cristallo omogeneo, si scorge che essi procedono sensibilmente in accordo tra loro; mentre le differenze tra le loro indicazioni, sotto egual condizione di temperatura, sono sì piccole da potersi ascrivere ad errori d'osservazione. Pertanto in essi riesce eguale la legge della dilatazione apparente del mercurio, benché sian differenti le dilatazioni assolute nei tre recipienti ; e quindi si potranno applicar loro le stesse correzioni, per ridurre le loro indicazioni a corrispondere a quelle del termometro ad aria. Ma nel termometro Pi. 4, ancorché fatto collo stesso cristallo, essendo molto grosse le pareli del recipiente, si riscontra qualche differenza in meno tra le sue indicazioni e quelle degli altri tre, massime alle alle temperature, come da questo confronto: Termometri a mercurio Termometri a mercurio I». 1 Pf. 4 Differenze IV. f N. 4 Differenza 146»,50 146°, 42 — 0®,08 238»,44 237°,94 — 0,50 170,70 170,52 — 0,18 286,89 285,95 — 0,9* 198,07 197,87 — 0,20 338,49 337,11 — 1,3» In seguito Regnatili esaminò 1’andamento dei termometri a mercurio coi recipienti di vetro ordinario, cioè del vetro adoperato alla confezione dei tubi, dei palloni e delle storte in uso ne’luboratorj di Parigi: però la loro composizione è sensibilmente variabile. TERMOMETRIA 889 Termometro Termometro ad aria a mercurio col retro D.fferenze V. 5. «90,78 99°,78 144,75 444,60 — 0®,15 485,66 485,34 — 0,35 209,45 209,47 — 0,28 228,87 228,83 — 0,04 277,42 277,87 -t- 0,45 *25,40 327,84 4- 2,41 99,78 99,78 144,92 444,67 — 0,25 448,94 448,'75 — 0,49 99,92 99,92 185,44 484,65 — 0,46 240,69 240,04 — 0,65 244,37 244,34 — 0,06 267,35 267,76 4- 0,41 298,78 299,84 4- 4,06 822,80 324,59 4- 1,79 Idem eoi vetro N. 6 99°,78 99°,78 444,49 144,20 —0°,29 473,84 173,51 — 0,33 234,74 234,41 — 0,30 252,49 252,16 4— 0,03 294,88 292,60 4- 0,72 307,58 308,85 4- 1,27 325,56 327,97 4- 2,41 idem col vetro N. 7 99°,77 99°,77 430,86 430,69 —0°,17 484,84 181,73 — 0,11 236,09 236,38 4- 0,29 307,62 310,05 4- 2,43 Termompdro Termometro a mercmio Differenza ad aria col Tetro 400,°24 H. 8 400°,24 146,10 446,09 — 0,01 470,05 469,96 — 0,09 496,89 196,78 — 0,41 236,02 236,28 4- 0,26 282,30 283,40 4- 1,10 330,27 333,38 4- *,11 Idem col vetro N. 9 400°, 24 400°,24 446,40 445,92 — 0,18 470,05 469,75 — 0,3» 496,89 496,58 — 0,31 236,02 235,88 — 0,44 282,30 282,83 -t- 0,53 330,27 332,64 4- 2,37 Idem col vetro N. 10 99°, 47 99,°47 424,97 425,65 4- 0,68 442,21 142,97 4- 0,76 4 80,09 184,40 4- 1,0! 225,48 226,84 4-4,3* 289,49 292,52 4-3,3* Idem colyetroN.il 99°,78 99°,78 144,49 114,24 — 0,25 473,84 174,04 4- 0,21 234,71 235,74 4-4,03 252,49 253,70 4- 4,51 Il coefficiente medio di dilatazione apparente del mercurio tra 0° e 100°, risulta adunque: nel retro N. 5 0,00015400 nel vetro IV. 9 0,00015353 » » 6 0,00015456 » » 10 0.00015789 » » 7 0,00015685 » » Il 0,00015651 • * 8 0,000-15498 290 CAPO QUARTO Confrontando poi tra loro i risultati avuti coi diversi ter* niometri a mercurio N. 5, 6, 7, 8 e 9 formati con vetro ordinario, si può condiiudere, che i termometri a mercurio, costrutti colle differenti varietà di vetro ordinario, adoperate per formare gli apparecchi ed istrumeuti di chimica, benché non procedano esattamente in accorilo oltre i punti fissi die servirono alia loro graduazione , le loro differenze sono si piccole, da poterle trascurare nelle comuni sperienze : massime ove si abbia riguardo a rifiutare quei vetri (come il recipiente del IV. 7 ) che contengono una quantità sensibile d’ossido di piombo, e che facilmente si riconoscono nel lavorarli ài cannello. Però i termometri a recipiente di cristallo differiscono notevolmente nel loro andamento da quelli a recipiente di vetro, sicché queste due qualità di termometri, ad alte temperature, non sono tra loro direttamente paragonabili. E quindi, in ogni caso, necessario dì tradurre le indicazioni dei termometri a mercurio in quelle che sarebbe!' date da un termometro ad aria , giovandosi della tavola , che qui innanzi si riproduce. I termometri formali coi vetri N. 10 e W. il, presentano alcune piccole differenze tra le loro indicazioni; ma sono ancor maggiori le differenze di queste colle indicazioni dei termometri fatti col vetro comune di Francia, o col cristallo. Sarebbe dunque necessario che si estendessero colesti confronti a tutte le specie di vetri, che ne’diversi paesi si adoperano nelle indagini scientifiche, onde poter tra loro paragonare quind’innanzi i dati dei diversi sperimentatori. Intanto Regnatili, costrutte graficamente le curve rap- preseniatrici dei dati sperimentali suesposti, dedusse poi da esse la seguente tavola, che serve a tradurre le une neH’allre le indicazioni de’ diversi termometri da lui sperimentali per le temperature superiori a 100°: termometria 291 Termo - /ermomein a mercurio metro con cristallo con vetro ad aria di t «a"**”- - s. Clioisy-le-Roi ordinario N. 5 verdeN. 10 di Svezia N. 11 400° 400°,00 100°, 00 100°,00 400°,00 no 440,05 409,98 440,03 410,02 420 420,42 449,95 120,08 120,04 430 430,20 129,91 430,14 430,07 440 440,29 439,85 440,21 140,11 450 450,40 449,80 450,30 4 50,45 460 460,52 159,74 160,40 460,20 470 4 70,65 169,68 470,50 470,26 480 480,80 479,63 480,60 180,33 490 494,01 489,65 490,70 490,44 200 201,25 ’ 499,70 200,80 200,50 240 244,53 209,75 241,00 210,61 220 221,82 219,80 221,20 220,75 230 232,46 229,85 231,42 230,90 240 242,55 239,90 241,60 244,16 250 253,00 250,05 254,85 251,44 260 263,44 260,20 262,4 5 270 273,90 270,38 272,50 280 284,48 280,52 282,85 290 295,40 290,80 293,30 300 305,72 301,08 340 346,45 311,45 320 327,25 324,80 330 338,22 332,40 340 349.30 343,00 350 360,50 354,00 Quanto all’ accordo fra le indicazioni di un termometro ad aria, e quelle di ire termometri a mercurio col recipiente di vetro ordinario con soda, calce e potassa, della densità 2,594 , valgono le prove fatte sin dal 1841 dallo stesso Re- gnault, delle quali citiamo qui alcuni risultati di confronto fra il termometro a gas ed il medio valore delle indicazioni dei tre termometri a mercurio. SDÌ CAPO COARTO Termometro ad aria Termometri a mercurio Differenze Termometro ad aria Termometri a mercurio Difletense 0°,00 0°,00 o»,oo 0 o ,00 83,80 34,10 ■f 0°,30 ■ 26,42 26,52 f ovto 84,87 35,11 4 0,24 31,51 31,62 4 o,n 40,61 40,90 4 0,29 33,36 33,50 + 0,14 46,36 46,55 4 0,19 34,00 34,12 4 0,12 49,07 49,26 •f 0,19 42,46 42,64 4 0,18 49,14 49,43 4 0,29 49,95 50,14 4 0,19 50,39 50,68 4 0,29 51,22 51,40 4 0,18 55,51 55,78 4 0,27 55,35 55,61 4 0,26 100,34 100,34 61,03 61,20 4 0,17 71,43 71,61 4 0,18 0,00 0,00 81,98 82,08 4 0,10 49,88 50,18 4 0,30 99,94 99,93 — 0,01 50,44 50,64 4 0,20 100,15 100,13 — 0,02 50,84 51,05 4 0,21 101,74 101,71 — 0,03 61,48 61,76 4 0,28 129,63 129,36 — 0,37 69,82 70,08 4 0,26 143,76 143,42 — 0,34 99,83 99,93 4 0,10 153,i3 152,93 — 0,50 161,45 161,29 — 0,16 164.99 164,54 — 0,45 Si scorge adunque che '.'andamento dei tennoine'ri a mercurio, anche nei limiti dei punti fondamentali delia loro gra« dilazione, non è in giusto accordo con quello d’un termometro ad aria; le differenze in più giungendo, verso i»!l°, cioè Anso il mezzo della scala, a circa tre decimi di grado. Nondimeno, per le più comuni sperienze, coteste differenze non hanno grande influ nza (»), (a) Ad analoghe conclusioni giunse Pierre (1843) dietro cinque serie di confronti da Ini falli fra tre coppie di termometri a mercurio, ciascuna delle quali constava d’un termometro a recipiente cilindrico di cristallo e d’altro simile di vetro ordinario. Infatti egli trovò che, nelle stesse circostanze e per temperature comprese tra o° e imi", il termometro di cristallo segua un po’ più di quello di vetro ordinario, le differenze non oltrepassando però i 2 decimi di grado- Laddove per le temperai tire superiori, tra 100" e300’, le indicazioni de! termometro di cristallo superano costantemente quelle dell’ altro d: veiro; e le differenzi', crescono colla temperatura, sino a giungere a parecchi gradi. Inoltre Pierre osservò che lo spostamento dello zero (pag 20-2) ne’termometri a recipiente di cristallo riesce nel medesimo senso, e circa della stessa grandezza di quello che si nota ne’ termometri a serbatoio di vetro, lutine avvertì eoe il valor dei- l’intervallo fra i due paini Ossi della graduazione non si mantiene TERMOMETRI 1 * ms Diverse prove fece di poi Kegmmlt sul valore delle indicazioni degli sU'omeiUi termo-eletti ici, adoperati alla Misura delle temperature: ina di ciò si farà parola nel capo- V. Dall’insieme però delle sue indagini conchiude, che il termometro ad aria è il solo strumento che si meriti fede nella determinazione deile temperature superiori ai 106° ; ed il più acconcio modo di usarne sta nel misurare le variazioni nella forza elastica provate da un dato volume d’ aria eoi mutarne la temperatura. Pitiche non si oltrepassi la temperatura dì 330® potrà 1’ aria secca rinchiusa nello stromenlo avere a 0“ una forza elastica prossima a miti. 760: poiché allora l’eccesso della pressione interna sull’ esterna non sarà che miti. 960. Ma per temperature maggiori sarehbevi a temere una mutazione permanente nella capacità del recipiente, sì pel rammollimento del vetro, si per la valida pressione interna, come rilevasi da questo raffronto : Temperatura 0 ° tt)0 200 300 350 Forza elastica miti. 760 1036 1311 1584 1720 Temperatura 400° 500 600 700 800 Forza elastica miti» 1856 2(26 2394 2061 2925 costante nello stesso termometro, quantunque determinato in epoche successive colla stessa diligenza e colle stesse cautele : però il valore assoluto di un tal intervallo presenta minori variazioni quando si segna il punto inferiore dopo avere stabilito quello superiore, di quando si opera all’inverso; ed il valore assoluto di queste variazioni, a circostanze pari, sarebbe minore nei termometri a recipiente, di vetro che in quelli a recipiente di cristallo Regnatili fece somiglianti osservazioni sullo spostamento deilo zero prodotto da temperature pur non eccedenti i - 100 °, il quale però riducesi insensibile dopo qualche mese: cosicché que’termometri a mercurio che si usarono per saggiare delle temperature prossime o superiori a 50®, non potraunosi adoperare tosto dopo a rilevare temperature mollo minori; ma converrà lasciar trascorrere un intervallo di alcune settimane fra siffuti due saggi. A vero dire, coleste osservazioni erano già state fatte ■ e molto accuratamente, da Bedani prima del 1818, e da iierloncelli bei (823, il primo de’ quali ne assegnò la cauta tu un lento moto molecolare di ristringine ulo del vetro, in seguito ad elevalo ri scaldamento. Recentemente (i«53) Welsh fece analoghe osservazioni a - evv. $91 CAPO quarto Converrà dunque allora introdurre nel termometro dell’arra avente una più debole forza elastica: per es. se 1’ aria a 0° avrà tuta forza espansiva di soli utili. 300, a 500° acquisterà una forza elastica di mill. 850, non eccedente l’esteriore pressione elle di circa mill. 90. Nella seguente tavola poi si trovano indicati, in corrispondenza alle diverse temperature, i valori dei coefficienti medi di dilatazione cubica pel cristallo e pel vetro ordinario, adoperati da Regnatili a formare i recipienti de’suoi termometri ad aria. Sono questi i valori di §, da introdursi nelle forinole citate sopra a pag. 280. Tempera t. del term. Coefficiente medio di dilatazione da 0° a T Temperai del term. Coefficiente medio di dilatazione da$° a T ad aria pel cristallo pel vetro ad aria pel cristallo pel vetro r di ordinario T di ordinario Choisy-le-Roy N. 5 Choisy-le-Roy N. 5 40» 0,0000227 0,00002628 490° 0,0000230 0,00002893 20 227 2642 200 231 2908 30 227 2658 210 231 2923 *0 227 2672 220 231 2938 50 227 2687 230 231 2953 60 228 2702 240 232 2963 70 228 2747 250 232 2982 80 228 2731 260 232 2997 90 228 2746 270 232 3012 ìoo 228 2761 280 233 3027 ito 229 2776 290 233 3042 420 229 2790 300 233 3056 430 229 2805 310 233 3074 440 229 2820 320 233 3086 450 230 2835 330 234 3101 460 230 2850 340 234 3416 470 230 2865 350 0,0000234 0,00003434 480 0,0000230 0,00002879 Qualora però le temperature siano molto elevate il recipiente potrà essere in porcellana, od anco in ferro; nel qual ultimo caso converrà riempirlo d’azoto, in luogo dell’aria. Il pirometro a recipiente di platino, usalo da Pouillet, èstro* mento troppo costoso, perchè s’abbia ad impiegarlo nelle arti: d’ altronde avvi a temere una condensazione parziale del gas rinchiuso su le pareti del recipiente (§ 96). TERMOMETRIA 295 Non Vogliamo oritmeltere la formula data daRudberg per tradurre i gradi t del termometro a mercurio ne’ corrispondenti gradi 2'del termometro ad aria, cioè T = WWW.*.M-J 5r .^-| ìsr .«, dalla quale sì ricavano le seguenti corrispondenze: — 36°,00 — 35°,36 0,00 0,00 t 50°,00 + 50°,04 100,00 100,00 200°,00 300,00 198°,81 294,73 Epperò, per le temperature superiori a UiO 1 ’, eolesla foratola dà dei valori, che di ben puco differiscono da quelli esposti a pag. 291, secondo Regnault, per le corrispondenze fra le indicazioni d’un termometro a mercurio col serbatoio di cristallo e le indicazioni del termometro ad aria, 113. Per alcuni usi più cornimi si costruirono anche dei termometri ad alcoole. Presentano questi il vantaggio di una maggior sensibilità in confronto di quelli a mercurio, essendo l’alenote puro mollo più dilatabile del mercurio nel rapporto di 5,857 a 1, considerando i valori dei loro coefficienti a 0°; anzi questo rapporto cresce coll’aumentare della temperatura, cosicché a 80° circa diventa di 0,532 a 1 (assumendo per 1’ alcoole i valori dati da Pierre a pag. 267, e per il mercurio quelli di Ilegnault a pag. 249). Pertanto, a pari rapporto fra la capacità della bolla ed il diametro del cannello, un termometro ad alcoole avrà i gradi circa 6 volte più estesi di quelli d’un termometro a mercurio. Ne verrà di conseguenza che lo spostamento dello zero avrà nel primo un valore sei volte minore che nel secondo. Inoltre l’alcoole potrà servire anco per temperature inferiori a quella per cui il mercurio si agghiaccia (il die accade a — SD^o), intorno alla quale temperatura cesserà probabilmente la uniforme dilatabilità del mercurio. Ma, d’altra parte, 1’ alcoole presentando una dilatazione che troppo si scosta dall’ esser proporzionale all’ incremento di temperatura ( come emerge dai confronti a pag. 252 e 262 fra le indicazioni d’uu termometro a mercurio e Man. di Fisica 20 296 CAPO QUARTO d’altro ad alcoole), e più crescono le differenze a temperature mollo inferiori a 0°, (poiché a — 32° il succennato rapporto della dilatabilità de’due liquidi diviene di 5,571 al), non si potrà graduare un termometro ad alcoole allo stesso modo di uno a mercurio, in cui si suppone uniforme la dilatabilità; ma bisognerebbe segnare sul primo un gran numero di punti di corrispondenza fra i due termometri, ad intervalli non- maggiori di 5°; e nondimeno s’avrebbero delle differenze di circa 0",08 pei punti di mezzo di ciascuno dei detti intervalli presi al dissopra di 0°; laddove le analoghe differenze giungerebbero a 0'’,42 circa per le temperature inferiori a0°. E maggiori diverranno queste divergenze qualora 1’ alcoole, come d’ordinario accade, non sia perfettamente rettificato. Inoltre, a pari massa, il mercurio è assai più pronto a risentire le temperature de’corpi che non l’alcoole, attesa la piccola capacità calorifica del primo in confronto di quella dell’altro: ed anche a pari volume le capacita dei detti due liquidi stanno fra loro come 0,556 a 0,605. Però dai confronti esposti a pag. 262 e 263 appare che 1’ etere comune (ossido di etilo) meriterebbe — almeno per le basse temperature — la preferenza sull’ alcoole come corpo termometrico, sia perchè ancor più dilatabile di questo ( a 0° 1’ etere ha una dilatabilità 8,452 volte quella del mercurio), sia perchè meno si scosta da una uniforme dilatabilità. Ad esempio, graduando un termometro ad etere di 5 in 5 gradi col mezzo di un termometro campione a mercurio, le differenze massime per le temperature superiori a 0° non oltrepasserebbero 0°,OS, e per le temperature inferiori a 0° giungerebbero a 0°,25 al più. Anche il bromuro di metilo ed il cloruro d’etilo sarebbero preferibili all’alcoole per le basse temperature, essendo ancor più dilatabili dell’etere (a 0° il primo è 8,494 e l’altro 8,794 volte più dilatabile del mercurio) ed al pari di questo presentando una dilatabilità più regolare di quella dell’alcoole. Inoltre tanto l’etere quanto il cloruro d’etilo si possono aver puri più facilmente dell’alcoole. T sMOMF.TlUA 297 Per le temperature elevate potrebbero, secondo i dati di Delue e di Muncke esposti a pog. 252 e 239, adoperarsi come liquidi termometrici gli olj di ulive e di mandorle, i quali non bollono che ad alle temperature, sono più dilatabili del mercurio, e seguono una legge di dilatazione più regolare di quella dell’ alcoole. Per esempio 1’ olio rii mandorle a 0° ha una dilatabilità 4,169 volte quella del mercurio, ed il suo coefficiente di dilatazione a 0'* non differisce dal suo coefficiente medio da0° a 400°che di 0,000942363, mentre i valori di questi coefficienti sono rispettivamente 0,000744864 e 0,000787429. Però ancor questi termometri dovrebbersi graduare , ad intervalli non maggiori dì 40°, col mezzo di un termometro campione a mercurio («). 414. Keli’adoperare i termometri con cannello per saggiare la temperatura de’liquidi od anco de’solidi, spesso accade che uua parte della colonnetta liquida termomeiriea, contenuta nel cannello, riesce al di fuori del corpo che si sperimenta, e quindi, invece di risentire ancor essa la temperatura del corpo stesso, subisce quella dell’ambiente: allora, per argomentare la vera temperatura /'del corpo dalla temperatura t indicata dal termometro, si usa la formola T — t + , ove t’ è 1-nj la temperatura dell’ambiente, n il numero di gradi, Ietti sulla scala, che misura l’altezza della colonnetta sporgente fuori dal corpo, e § è il coefficiente della dilatazione apparente del liquido termometrico. Ove questo sia mercurio, ed il termometro sia in vetro ordinario può assumersi ci— 0,000134, e se è in cristallo $ ~ 0,000138. Vuoisi ancora badare al tempo necessario a che il termometro assuma giustamente la temperatura del corpo col quale (a) Ci duole di esser venuti troppo tardi in cognizione di alcune interessanti ricerche di Kopp sui volumi equivalenti (§ 100) dei liquidi organici, riferiti alle rispettive temperature d'ebollizione. Però ci riserviamo di parlarne nelle Aggiunte, che si daranno in lìue di questo Manuale. 298 CAPO QUARTO è posto io contatto : il qual tempo sarà tanto maggiore quan- l’è maggiore la massa e la capacità calorifica del lìquido termometrico, quaut’è maggiore lo spessore delle pareti del recipiente e minore la sua conduttricità, e quunt’è minore la capacità calorifica dei corpo di cui si saggia la temperatura, e minore il numero dei punti di contatto fra questo ed il termometro. Belli, con termometro a mercurio a bolla sferica del diametro di mill. 13, immerso entro dell’acqua a circa 10°, avendolo in prima scaldato, osservò, per medio di 4 prove, i seguenti tempi di raffreddamento pel termometro, espressi in minuti primi, in relazione agli indicati eccessi della temperatura del termometro su quella dell'acqua: da 40° a 20’ 0’,09 da 40° a 2°,5 0’,4t > 10 0,19 • 1,25 0,57 » 5 0,29 epperò egli ne argomenta, che in un intero minuto primo il termometro sarebbe disceso da 40° a 0°,1 di differenza in più sulla temperatura del liquido, e ciré in l’,50 di tempo sarebbesi ridotto ad una differenza di soli 0°,0125. Assai più lungo è il tempo richiesto perchè un termometro si riduca in equilibrio di temperatura coll’aria. Lo stesso Belli fece diverse prove, con due termometri a mercurio aventi le bolle di 40 e di 8 mìll., e quindi calcolò la seguente tabella ad esprimere approssimatamente in minuti primi i tempi necessarii ad un termometro a mercurio a ridursi in equilibrio di temperatura coll’ambiente, passando dall’uno all’altro degli indicati eccessi su questa temperatura, e ritenuto che l’aria sia perfettamente tranquilla, quale sarebbe entro un vaso chiuso, soggetta ad una pressione di 760 mill. circa, e ad uua temperatura compresa fra 0° e + 20°. TERMOMETRIA 299 Diametri delle bolle in millim. 16,0 12,0 8,0 4,0 Da 10 ° a 5°,0 4’,3 3’,0 l ’»7 0’,6 » 2,5 9,0 6,2 3,5 1,3 » 1,25 14,2 9,7 5,4 2,0 » 0,62 19,8 13,5 7,4 2,8 » 0,31 25,8 17,5 9,5 3,6 » 0,16 32,2 21,8 11,7 4,5 » 0,08 39,0 26,3 14,0 5,4 » 0,04 46,3 31,1 16,4 6,4 » 0,02 54,0 36 , t 18,9 7,4 Belli ritiene che, aumentando gli indicati tempi nella ragione di 2 a 3, si avrebbero i tempi necessari a verificarsi analoghe mutazioni nella temperatura di termometri ad nl- coole aventi le bolle coi medesimi accennati diametri. Egli però non dichiara se cotesto rapporto gii risulti da apposite esperienze. Poiché, riflettendo alle piccole differenze nella capacità calorifica a pari volume fra 1’ alcoole ed il mercurio (pag. 296), e nella loro prontezza nel raffreddarsi o nel riscaldarsi (pag. 212), ci sembra che il detto rapporto di 2 a 3 possa essere un po’ maggiore del vero, almeno (piando 1’ alcoole sia perfettamente puro: mentre lo stesso rapporto potrà forse valere per I’ alcoole de! commercio, onde son formati i più comuni termometri («). Aggiunge egli poi che i tempi impiegati dai diversi termometri sono tanto più brevi quanto maggiore è Tagitazione dell’aria; e che nel mezzo d’unn camera questi tempi sono già minori di un quarto o di un quinto di quelli esposti nella precedente tavola. (a) Da alcuni confronti da me istituiti con due termometri a bolla sferica d'eguat diametro (miti. 11,0) uno a mercurio e l’altro ad alcoole comune tinto in rosso, mi risultò che i tempi per effettuare in essi, stando nell’aria, eguali variazioni di temperatura stavano tra loro assai prossimamente nella ragione di 1 : 1,4. 300 CAPO QUARTO Moli’altre sorta di termometri o di termoscopj furon proposte e si adoperano per alcuni usi dai fisici. Tali sono, ad esempio, i termometri ed i pirometri accennati a pag. 245, i termometrografi di Six e Bellani e di Rutherford, i termo- seopj ad aria di Leslie e di Rumford, i termometri a massimo ed a minimo di Walferdin, il pirometro a vapore di mercurio di Regnault, il termo-moltiplicatore di Melloni, ecc. Talora i pratici desumono le temperature elevale dai vari colori che presenta il ferro posto ne’ forni fusorj. Pouillet, da varie sue sperienze fatte con pirometro ad aria in platino, desume la seguente tavola di corrispondenza : Colori del ferro Temperatura Colori del ferro Temperatura Rosso nascente . . . 525° Arancio carico . . HOO* » cupo . . 700 » chiaro . . 1200 Ciliegio nascente. . . 800 Bianco - • . . 1300 Ciliegio . . . . . 900 » fondente. . 1400 » chiaro . . tooo » abbagliante . 1500 Egli aggiunge, che con un po’di pratica si giunge, dietro questi dati, a stimare, con un errore minore di 50°, la temperatura d’un forno secondo le tinte anzidette, vedute perù senza estranei ridessi. Avverte poi che le esposte temperature furon calcolate col coefficiente 0,00375 di dilatazione per l’aria, e che perciò dovrebbersi ripetere le stesse esperienze assumendo il nuovo coefficiente 0,00367. Inoltre avendo egli adoperato il suo pirometro ad aria col metodo a pressione costante, le anzidette temperature, e tanto più quanto più sono elevale, saranno un po’ minori di quelle che si sarebbero avute, secondo il metodo a volume costante (p. 280). 115. Oltre alle variazioni nel volume de’ corpi, le variazioni nell’intensità della forza calorifica inducono, almeno in certe condizioni, com’ altro precipuo loro effetto, le mutazioni nello stato d’aggregazione de’corpi stessi (§37). S’è già accennato, come tesi generale, che, aumentando progressivamente l’intensità del calore, tutti i corpi, quale ad uno e quale ad altro punto, assumono lo stato di fluido espansi- LIQUEFAZIONE DEI SOLIDI 301 bile, e che per opposto, diminuendo progressivamente la temperatura, tutti i corpi, o si riducono effettivamente in istato solido, od accennano una tendenza a ridurvisi. Ma ora dobbiamo esaminare le particolari condizioni ed i più generali fenomeni che determinano ed accompagnano ne’ singoli corpi le diverse mutazioni nel loro stato d’aggregazione molecolare. E per primo diremo della liquefazione de’ solidi. La tramutazione dallo stato solido al liquido si ottiene per due modi, o per opera di semplice aumento nella temperie, o per opera di appropriati liquidi o solventi, entro i quali sien posti i diversi solidi: nel primo caso si dice avvenuta una fusione, nel secondo una soluzione. Ma pur nel secondo caso si osserva che, tranne poche eccezioni, l’opera dell’attrazione molecolare del liquido per dislegare e fluidificare le parti del solido vien notevolmente favorita coll’aumentare la temperatura del solvente. Moltissimi composti inorganici, e segnata- mente i sali, e molli prodotti organici, i quali alla comune temperie tengono lo stato solido, si fluidificano quali per uno e quali per altro solvente. Però, come più semplice, convien prima studiare la liquefazione prodotta per opera di solo calore. Ormai può dirsi che tutti i solidi, non escluso il carbone, per gagliardìa di fuoco si riducon liquidi. Se non che alcuni son detti refrattari , in quanto che non si struggono pur sotto le più alte temperature de’forni, e richiedono per fondersi o la viva combustione del gas idrogeno, oppur l’azione calorifica di vigorosa corrente elettrica («). (a) Non si fondono al fuoco delle fucine, ma bensì alla fiamma alimentala dalla combinazione dell’ossigeno coll’ idrogeno, nella proporzione da produr acqua, i seguenti metalli: platino, palladio, urano, titano, iridio, cerio, rodio, osmio, iridio. Lo stesso accade per le basi terrose, in istato di purezza, cioè: allumina, silice, calce, magnesia e barile. Però Enrico Sainte-Claire Devìlle (1852) giunse a fondere il platino e la silice colla combustione del carbon fossile, mercè un’opportuna disposizione del fornello. Despretz (1853) pervenne poi a fondere, parzialmenle almeno, il carbone, facendo operare a lungo su di esso l’azion calorifica di energica corrente elettrica d’induzione. 302 CAPO QUARTO Due importanti fatti si verificano nella fusione dei solidi; ogpi sostanza si liquefa sempre ad una determinata temperatura; e finiamo che il corpo è in atto di fondersi, mantiensi in esso costarne la temperatura, in onta al calore sorveniente. Quanto al primo di questi fatti, diamo qui raccolti i più attendibili risultati d’osservazione circa le temperature di fusione per diverse sostanze, rifi Secondo Person ( 1848). Zinco.44 5°,3 Piombo ...... 326,2 Cadmio. 320,7 bismuto. 266,8 Stagno. 232,7 Secondo Pouillel ( 4836) (a). Ferro ballato inglese . . 4600 . dolce francese . . 4 500 Acciajo, il meno fusibile . 4 400 « di più facile fusione 4300 Ferraccia con manganese . 4250 » grigia di 2. a fusione 4200 » bianca, la più refrattaria 4400 « » la più fusibile 4 050 Oro ben puro. 4250 » al titolo delle monete 4180 Argento puro. 4000 Bronzo.900 Antimonio.432 Zinco.423 Piombo ..332 'file al termometro ad aria: Secondo Danieli ( 4830 e 34).t Ferro. 4 530 Oro. 4402 Rame. 4091 Argento ...... 1023 Zinco.442 Piombo. 322 Staglio. 228 Secondo Prìnsep ( 1828). Oro puro. 4 500 Lega di 3 p. d’argento e 1 d’oroli24 » 9 » 4 » 4048 Argento puro.999 Secondo Guyton-Morveau (1811) (ti). Oro. 1380,91 Rame.1207,31 Argento. 1033,71 Antimonio.512,90 Zinco. 374,02 Piombo. 322,22 Stagno. 266,97 Bismuto. 246,66 («) Pouillet ebbe le indicate temperature usando il suo pirometro ad aria ^ ep- però esse dovrebbero subire uni correzione dietro quanto si è già indicato sopra a pag, 300. (/>) Si ommisero qui sopra i seguenti dati dello stesso Guyton-Morveau ; Ferro dolce 6345",87 Porcellana 5G4t°,57 Manganese 5825,06 Ferraccia 4-783,47 i quali sono evidentemente eccessivi, essendo dedotti col pirometro di Wedgwood. Però correggendo questi dati secondo la valutazione data da Danieli ai gradi di tal pi$ ronaetro (vedi nota a pag. 245), si riducono a valori che molta si approssimano J quelli esposti secondo Pouillet e Danieli. LIQUEFAZIONE DEI SOLIDI 303 Secondo Bellanì ( 1809) (a). - Piombo . . . Solfo (6). . HO Stagno . . . Iodio. . 107 Leghe (per equivalentiJ. Sodio. , 90 Potassio. 58 Sn, Pb . . . 289 Fosforo. . 44,2 Su, Pb . . . 241 Ghiaccio. . 0,0 Sn :i , Di . . . 200 Mercurio. — 40,0 Sn 2 , Pb . . . 196 -(e). Sn 5 , Pb . . 194 Acido stearico . . . . 70 Sn 4 , Pb . . . 189 Cera bianca .... . 68 a » non imbianchila 62 Sn , Pb . . . 186 Acido margarico . . 55 a 60 Sn , Bi . . . 167,7 Stearina. 43 a 49 Pb , Di ... 141,2 Celina e sparraaceti . . 49 Sn 4 , Pb , Bi 5 . 118,9 Sego. Sn 3 , Pb 2 , Bi 5 . 100,0 Burro di vacca . . . . 32 Olio d’ulive.... 0,0 Sn , Pb , Bi 5 . 100,0 Essenza di terebinto . — 10,0 Sn , pb , Bi 4 . 94,0 {a) Questi dati di Bellanì si riferiscono al termometro a mercurio. (b) La temperatura di fusione del solfo varia sensibilmente col mutare del suo «tato Raggruppamento molecolare, ossia secondo il suo stato allotropico, come osservò con molta diligenza P inglese Brodie (1854). Il solfo ottaedrico cristallizzato per via di dissoluzione nel solfuro di carbonio, nella benzina o nelPalcoole si fonde a 114°,5. Il solfo cristallizzato in prismi obliqui per via ignea, mantenendolo per un tempo abbastanza lungo ad una temperie da 100° a 114°,5, presenta un punto fisso di fusione a 120°. Ma se Io solfo non è completamente trasformato, o se è scaldato oltre 120°, cominciando esso a passare allo stato viscoso, il punto di fusione varia secondo la proporzione con cui si trovano mescolate le due varietà, sino a ridursi tra 112° e HO 0 , ove sia stato scaldato oltre 150°, e quindi ridotto interamente viscoso. Il solfo insolubile nel solfuro di carbonio possiede un punto di fusione molto superiore a 120°, che però non potè esser determinato con precisione dallo stesso Brodie. (c) Le temperature di fusione dei prodotti organici qui accennati, e specialmente dei corpi grassi o de’corpi che producono de 1 liquidi viscosi, non sono così ben determinate e costanti come per gli altri corpi, potendo esse variare di qualche grado nelle diverse prove, 304 CAPO QUARTO Ove si pensi alla difficoltà di ottenere ogni sostanza metallica in istato di perfetta purezza, ed alle differenze ed imperfezioni di metodi termometrici, massime ove trattisi di temperature molto elevate (§ ili e 112), può credersi che le divergenze fra i dati suesposti de’ varj sperimentatori riguardanti una stessa sostanza siano da ascriversi ad errori d’osservazione, e che perciò la temperatura di fusione — almeno per le sostanze metalliche— sia costante e determinata per ciascheduna di esse, non ostante le differenze nell’altre circostanze esterne (“). Però cotesto fatto fu avvertito primamente nella liquefazione del ghiaccio ; e fu anzi in vista del medesimo che i fisici trascelsero la temperie di fusione del ghiaccio come uno dei punti fondamentali per la graduazione de’termometri (p. 199). Imperocché tanto il ghiaccio più compatto ( purché sia proveniente dalla solidificazione di acqua pura), quanto la neve più fioccosa, in qualsiasi luogo e tempo, mentre si squagliano, presentano e conservano sempre la stessa temperatura, ancorché l’ambiente abbia una temperatura più elevata. In altre parole il ghiaccio non può presentare una temperatura superiore a 0° senza ridursi liquido, il calore sorveniente dovendo, prima di scaldar più oltre il corpo, effettuare la mutazione nello stato d’aggregazione delle sue molecole, a compier la quale è necessaria una certa quantità di calore. Chiama) Però delle pressioni molto valide ponilo far mutare alcun pò la temperatura di fusione delle sostanze. Thomson da diverse sue sperienze concluse che il punto di fusione del ghiaccio è abbassalo di 0°,l per un incremento nella pressione di 4 atmosfere, cosicché fonderebbesi a — 1 0 ed a — 2° sotto 40 e sotto 80 atmosfere. Bunsen, sperimentando su lo spermaceti e la paraffina, trovò: Pressione P.° di fusione Pressione P.° di fusione Spermaceti 1 alni. 47°,7 Paraffina J. atm. 4C°,3 Id. 9(> » 4",7 hi. 85 » 48,9 Id. ! 50 » 50,9 Id. 100 » 49,9 I LIQUEFAZIONE DEI SOLIDI 305 munsi perciò calorie di fusione o di liquefazione del ghiaccio, ed in genere di una data sostanza solida , il numero di calorie (§ 1(16) richieste ad effettuare la fluidificazione di un chilogrammo della medesima sostanza, senza punto aumentarne la temperatura («). Per determinare le calorie di fusione del ghiaccio suolsi far uso d’un metodo analogo a quello delle mescolanze adoperato a valutare le calorie di temperatura (pag. 214). Abbiasi una massa m di acqua alla temperatura t _, e vi si introduca una massa m’ di ghiaccio a 0° ma ben asciutto; e sia l’ la temperatura della miscela, compita la fusione, si avranno le calorie di liquefazione x dell’unità di massa del ghiaccio colla forinola x — (f — t’) — 1\ Devesi però tener conto delle calorie cedute dal vaso in cui si compie la miscela e dal termometro ed agitatore in essa immersi, non che delle calorie perdute per irradiazione e per evaporazione; e devesi usare somma diligenza nel determinare le quantità m, m’, t e so- vrattutte £’. Conviene poi che sia m molto maggiore di »>’, e d’altra parte che sia t di poco superiore alla temperatura del- l’ambiente, affinchè la fusione del ghiaccio riesca rapida, ed in pari tempo riesca piccola l’anzidetto perdita di calore per irradiazione e per svaporazione. Molli fisici s’occuparono per determinare le calorie di liquefazione del ghiaccio. Black nel 1762 trovò 77,25; Wilke nel 1172 ebbe soltanto 72,0; e Lavoisier e Laplace, alcuni anni appresso (1780), avendo ottenuto in due diverse prove 73,305 e 76,070, ammisero per medio 75,0. Ma quest’ultimo valore, adottato per (a) Si ponno anche determinare le calorie volute per la fusione dì un sol grammo della sostanza solida, ma allora pfr caloria s’inlende la quantità di calore necessaria a scaldare da 0° ad t° uu grammo di acqua pura. Alcuni fìsici denominano ca/or latente di fusione d’un solido l’anzidetla quantità di calore, in quanto clic essa, penetrando il corpo, rendesi insensibile al termometro. Ma u'i preferiamo la denominazione suesposta, la quale esprime più direttamente il fatto. 306 CAPO QUARTO molto tempo dai fisici, fu di recente trovato troppo inferiore del vero. Provostaye e Desains {1843), usando ogni diligenza, ebbero per medio di varie prove 79,25; risultato confermato tosto dopo da Regnnult, il quale, per medio di 4 sperienze colla neve ben cristallizzata, ottenne 79,24, mentre col ghiaccio in pezzi piccoli e ben asciutti ebbe, per medio d’altra serie di prove, 79,09. Da ultimo Persoti (1850) avvertì che il ghiaccio incomincia a rammollirsi tal poco a — 2°, e che perciò, tenendo conto anco del calore richiesto ad effettuare questo rammollimento, le calorìe di fusione del ghiaccio sommano ad 80,0. Nondimeno, lorquando il ghiaccio è preso effettivamente a 0°, può ancora assumersi per le calorie di fusione del medesimo il valore 79,25. Il che significa, richiedersi lutto il calore emesso da grammi 79,25 di acqua pura, nel raffreddarsi da 1° a 0°, per trasformare un sol grammo di ghiaccio a 0° iti acqua, pure a 0°: ed attese le tenui variazioni nelle calorie di temperatura dell’ acqua per le temperature comprese fra 0° e 100° (pag. 223 24), può dirsi ancora, che a produrre l’indicato effetto, richiedasi il calore ceduto da un grammo d’acqua raffreddandosi da 79°,25 a 0°. Circa alle calorie di fusione degli altri corpi, si citano alcune sperienze di Black, il quale, presa per unità delle quantità di calore il calore richiesto a fondere l’unità di peso del ghiaccio, trovò i seguenti rapporti: Spermaceti, fusibile a 49°, calore di fusione t,t Cera » 61 » 1,3 Stagno » 210 » 3,7 Quindi, a tradurre in calorie le indicate quantità di calore, converrebbe moltiplicarle per 79,25. Secondo Monge, Pelle- tier ed Hachette le calorie di fusione del mercurio solido, fusibile a — 39", sarebbero 85,9. E da diverse sperienze di Irvine, padre e figlio, si avrebbero i seguenti risultali: Solfo calorie 9,8 Cica • 87.2 Piombo > 30,0 Zinco calorie 27-1,0 Stagno » 278,0 Bismuto » 305,5 LIQUEFAZIONE DEI SOLIDI 307 Ma cotesti dati sono poco attendibili, lìecentemente Persoli (1848) istituì una bella serie di indagini su quest’interessante argomento. Egli ne conchiuse che per una sostanza della quale siano s ed He calorie di temperatura secondo che è solida o liquida, f la temperatura di fusione, e il coefficiente d’elasticità, p il peso specifico, le calorie di liquefazioue E della sostanza medesima sono date dalla formula x = (460 + /•)(/-«) + 0,001669 . e (y—)- Però per le sostanze non metalliche, nelle quali è mollo debole la tenacità, il secondo termine del 2.° membro di tale equazione, avendo un valore ben piccolo, può trascurarsi, e quindi il valore di x dipende anzitutto dalla differenza tra le calorie di temperatura ne’due stali liquido e solido, e corrisponde al prodotto di tal differenza per il numero di gradi onde la temperatura di fusione delle singole sostanze è superiore alla temperatura di 46U° al dissolto di 0° (“). Invece per le sostanze metalliche, nelle quali piccola è la differenza tra l ed s, può trascurarsi il primo termine del 2.° membro dell’equazione medesima, epperò il valore di x dipende segnatamente dal valore del coefficiente d’elasticità della sostanza, cioè le calorie di liquefazione corrispondono al lavoro meccanico necessario a dislegare le molecole del solido preso sullo l’unità di massa. (a) La formola suesposta può servire anche a valutare le calorie necessarie a mutare la temperatura d’un corpo; ed esprime altresì, che le calorie da togliersi ad una massa liquida per ridurla alla temperatura — 160° ponilo computarsi come se tal massa rimanesse liquida, senza preoccuparsi delle mutazioni nello stalo d’aggregazione e nel calore specifico della sostanza; la qual regola non è applicabile a nessun’aura temperalura diversa dalla predetta di — 160°* Evvi dunque qualche cosa di particolare per questa temperatura. Ora, eonchiude Person, la spiegazione più naturale di colesti falli parrebbe che a —160° non fossevì più calore ne’ corpi , cioè che questo punto fosse lo zero assoluto delle temperature. 3G8 CAPO QUARTO Ecco un quadro dei risultati di Person: Temp. di fuCalorie di Calorie sione date temperatura di fusione Sostanze dal termom. a allo stato date dalla poco tenaci mercurio aria liquido solido spprìen/.a formola Ghiaccio 0“,0 f,0000 0,5040 79,25 79,20 Fosforo 44,2 0,2045 0,1788 5,03 5,24 Solfo 115,0 0,2340 0,2026 9,37 9,35 Jodio (a) 107,0 0,(082 0,0541 11,71 14,48 Cloruro calcico 28,5 0,5550 0,3450 40,70 39,58 Cera d'api gialla 62,0 43,51 Azotato potass. 339,0 330,8 0,3319 0,2388 47,37 46,46 * sodico 3(0,5 305,t 0,1130 0,2782 62,98 63,40 Fosfato sodico 36, t 0,7467 0,4077 66,80 66,48 Sostanze tettaci Mercurio (6) - - 39,5 0,0333 0,0319 5,84 Piombo 334,0 326,2 0,0102 0,0314 5,37 5,33 Lega d’Arcel 96,0 7,64 7,18 Bismuto 270,5 266,8 0,0363 0,0308 12,64 Cadmio 328,0 320,7 0,0642 0,0567 13,58 13,52 Stagno 235,0 232,7 0,0637 0,0562 14,25 13,59 Bromo (c) -7,3 0,1051 0,0843 16,19 16,50 Argento 0,0570 21,07 20,38 Zinco 433,3 415,3 0,0956 28,13 28,35 Platino 0,0324 38,00 Ferro 0,1134 60,00 4 16. Anche liquefacendo un solido per via di soluzione entro uu liquido si osserva che il solido, onde effettuare la mutazione nel proprio stato d’ aggregazione , toglie calore dal (a) I dati qui esposti per Pjoclio sono tolti dalla memoria di Fa Tre e Silbemian sul calore prodotto dalle azioni chimiche (1853). (b) È notevole, dice Person, che il rapporto delle calorie di fusione del mercurio e del ghiaccio (2,84:79,25 =: 0,0358:1) è sensibilmente uguale al rapporto delle calorie di temperatura delle medesime sostanze (0,0333:1). (c) I valori esposti per le calorie di temperatura del bromo sono quelli esibiti da Regnault (1849). LIQUEFAZIONE DEI SOLIDI 309 veicolo e dai corpi circostanti: cioè richiede ancora in questo caso un certo numero di calorie per la propria soluzione. Ma ogni qualvolta il solido abbia affinità per il veicolo o per alcuno de’suoi componenti, svolgesi di conseguenza una certa quantità di calore (come si dichiarerà parlando delle fonti del calore), la quale viene a mascherare, almeno in parte, il predetto raffreddamento. Già dagli sludj di Gay-Lussac, Thomson, Rarsten e Graham su quest’argomento potevansi inferire le seguenti leggi quanto alla soluzione dei sali cristallizzati per via umida, e però a sufficienza idratati: l.° la soluzione di uno di cotesti sali è sempre accompagnata da un raffreddamento ; 2.° sciogliendo successivamente dei pesi eguali d’un dato sale in uno stesso liquido, le calorie assorbite riescono ad ogni volta minori: 3.° un dato sale, sciogliendosi nell’acqua che tenga già in soluzione un altro sale, richiede minori calorie che per isciogliersi nell’ acqua pura; 4.° in generale, un sale, diseio- gliendosi in un acido minerale diluito, toglie dal veicolo minori calorie che non faccia sciogliendosi nell’acqua pura. Andrews nel 1850 verificò specialmente la seconda di tali leggi. Facendo sciogliere , a successive riprese , grani. 12,12 per ogni volta di azotato sodico in grammi 250 di aequa, osservò le seguenti successive diminuzioni nella temperatura: 2°,80 4 a 1°,89 7 * T ,47 10 a l °,27 2,13 5 a 1,75 8 a 1,39 ir 1,21 2,11 6 a 1,60 9 a 1,33 Sciogliendo invece dell’azotato potassico per porzioni successive di grani. 7,90 entro grani. 250 d’acqua, ottenne: 1 * 2°,65 3 a 2“,31 5 a 2°,06 7 a 1°,87 2 * 2,49 4 a 2,22 6 " 1,97 8 a 1,75 Persoti, nello stesso anno, avvertì che i sali poco idrata- bili, aventi cioè una debole affinità per l’acqua, ricercano un maggior numero di calorie a liquefarsi per soluzione che non a fondersi per semplice calore. Per esempio, l’azotato polas- 310 CAPO QUARTO sico a sciogliersi entro 5 parti d’acqua richiede 69 calorie, mentre per fonderlo bastano 49 calorie. E l’assorbimento di calore causato dalla soluzione cresce , per questi sali , coll’ aumentare la quantità del veicolo: così, in 20 parti d’ acqua , il predetto sale, sciogliendosi , necessita 80 calorie. Pur col cloruro sodico si rileva che, allungando con nuova acqua una soluzione già compita e satura, accade un ralfredamento ulteriore a quello già avvenuto per 1’ anteriore soluzione (“). Anco diminuendo la temperie del veicolo riesce maggiore l’assorbimento di calore: ad esempio, il predetto azotato potassico, elle per isciogliersi nell’acqua a 20° ricerca 89 calorie, ne necessita 80 nell’acqua a 0° ( J ). Laddove per i sali idratabili, (a) 1 precedenti due fatti sembrano ventre in appoggio delle idee di Gay-Lussac, Bizio e Scimi su lo stato elastico o gasiforme dei sali disciolli. Poiché, giusta il primo fallo, il solido per isciogliersi richiederebbe dapprima le calorie di liquefazione eguali a quelle di fusione, e poi richiederebbe le calorie di elasticità o di vaporizzazione, come si dirà innanzi. E nel secondo fatlo il nolato raffreddamento prodotto dal- l’aggiunta di nuovo veicolo, non potendosi attribuirlo alla liquefazione del sale, che è già effettuala, accennerebbe alia gasificazione di alcuna parte de! sale che nella precedenle soluzione fosse rimasta liquida. Invece Person dice, che la semplice diluzione d’una soslauza assorbe una certa quanlilà di calore, olire quello della liquefazione, per imprimere, com’egli si esprime, alle molecole già liquide una modificazione die ci è ignota, ma senza della quale le molecole non si diffonderebbero entro il solvente. La qual interpretazione a noi sembrando di troppo oscura, diamo la preferenza alla precedente congettura, che meriterebbe d’essere soltoposia a rigoroso esame. {b) Quest’auro fatto, nolato già da Graham senza dichiararne la causa, secondo Person, dipenderebbe unicamente dalla differenza sussistente fra il calore specifico della soluzione e quello de’ suoi compo- nenii; cosicché polrcbbersi anticipatamente assegnare coleste variazioni nel raffreddamento. Per esempio, il cloruro sodico entro 7 parli d’acqua a 70° non produrrebbe più alcun raffreddamento, e ad una temperatura superiore indurrebbe anzi un riscaldamento distogliendosi. LIQUEFAZIONE DE! SOLIDI 311 aventi una decisa affinità per 1’ acqua, le calorie dì liquefagliene riescono minori delle calorie di fusione, grazie al calore svolto dall’aziou chimica: così il cloruro calcico, che abbisogna di 41 calorie per la fusione, ne richiede soltanto 20 per la soluzione. E tra cotesti estremi si riscontrano i diversi gradi intermedj colle differenti sostanze saline: talora il calore prodotto da affinità, cioè dall’idratazione del sale, compensa giustamente il raffreddamento provocato dalla liquefazione del solido, sicché, a cagion d’esempio, il fosfato sodico esige 67 calorie tanto per fondersi quanto per distogliersi («). (a) Anche Rudberg (1834 ) aveva già istituite alcune esperienze su le soluzioni saline, per mettere in rilievo un processo da lui ideato, col quale si può delerminare ad un tempo il calore specifico d’un sale, le calorie richieste alla sua liquefazione e le calorie svolte per affinità nell’alto della soluzione. Col cloruro di sodio, sciogliendone, in diverse prove, parli 7,74; 13,09; 15,4; e 31,44 sopra 100 parti d’acqua trovò per il calore specifico del sale rispettivamente 0,1725; 0,1744; 0,1781, e 0,1732, valori ben poco tra toro differenti; mentre per le calorie assorbite nella liquefazione e soluzione del sale ebbe rispettivamente 15,002; 12,776; 11,483, e 6,867, valori sensibilmente diversi e decrescenti coll’aumentare la proporzione del sale disoleilo: il qual risultalo corrisponde a quello sovra notalo, che sciogliendo successivamente eguali dosi di sale nella slessa acqua, le prime assorbono un maggior numero di calorie delle ultime. Invece il solfato magnesie», all’ ordinario stato d'idratazione, sciolto in diverse proporzioni nel- V acqua (16; 33, e 50 parti di sale sopra 100 d’acqua) diede valori tra loro ben poco differenti, tanto per il calor specifico (il cui valor medio fu 0,2906 ), quanto per le calorie assorbite nella liquefazione e soluzione (il cui medio valore fu 13,735). Col sale di magnesia anidro, sciolto in diverse quantità, cioè 8; 5,9, e 2,7 per 100 di acqua ebbe ancora valori sensibilmente eguali, ossia 0,1185; 0,0935, e 0,09t6, il cui medio è 0,1011, per il calore specifico, e 148,85; 152,26 e 148,66, il cui medio è 149,92, per le calorie svolte nella soluzione c liquefazione. Da questi dali e dai precedenli relativi al sale idrato, poslo che in questo entrino 7 equivalenti d’acqua, Rudberg inferisce che le ca- JUan. di Fisica 21 CAPO QUARTO Lo stesso Person trovò inoltre queste leggi rispetto aHa calorie di temperatura delle soluzioni: l.° Il calore specifico delle soluzioni è sempre minore di quello de’ componenti, ossia abbisognano minori calorie per iscaldare una soluzione salina che per iscaldare separatamente il veicolo ed il sale (“); 2.® Cotesta diminuzione nel calore specifico non ha regolare rapporto nè coll’energìa dell’affinità, nè colla diminuzione nel volume che si verifica all’atto della soluzione. Meritansi poi molla fiducia, attesa la perizia degli sperimentatori e la precisione del metodo usato, i seguenti risultali avuti da Favre e Silbermann (1853) concernenti le calorie assorbite da un grammo di diversi sali, sciogliendosi nell’acqua in eccesso, presa cioè in quantità sufficiente da dare torie svolle nella idratazione dall’imita di massa del solfalo magnesie» anidro siano 177,90. — Non va poi taciuto aver Thompson (1836) verificalo che il freddo prodollo dalla soluzione dei diversi sali idrati non ha alcun rapporto con quello che risulterebbe dalia sola liquefazione della loco acqua di cristallizzazione, e che perciò il raffreddamenlo anzidetto deve in parte provenire anco dalla liquefazione dei sali anidri medesimi. (a) Questo fallo era già stalo studiato da Andrews, come risulla da! seguente quadro, per calcolare le cifre dell’ultima finca del quale si assunsero i calori specifici dei sali esibiti da Regnault: Sale sciolto' Densità Calore specìfico in 100 parli della della velai, al sale di acqua soluzione soluzione ed all’acqua Azolato potassico 6,322 1,0382 0,9369 0,9566 » 12,645 1,0728 0,8915 0,9145 ». 25,290 1,0368 0,8135 0,8463 Azotato sodico 10,622 1,0652 0,9131 0,9307 » 21,245 1,1256 0,8585 0,8736 » 42,490 1,2272 0,7828 0,7847 Cloruro di sodio 14,607 1,0942 0,8671 0,9000 X> 29,215. 1,0724 0,8018 0,8224 LIQUEFAZIONE DEI SOLIDI 3fS compieta e pronta la soluzione del sale, mercè la semplice agitazione, e da riuscire la soluzione molto lontana dal punto di saturazione, per modo che 1’ aggiunta di altra acqua non produrrebbe ulteriore affreddamento: Solfato barilico calorie 64,4 Carbonaio sodico calorie 52,7 » potassico ..... 35,3 » di potassa e d’acqua 51,5 » sodico .... 49,1- Cassatalo potassico . . . 39,7 » ammonìco . . . 11,1 » d’acqur .... 67,0 » calcico .... 24,7 » di potassa « d’acqua 62,1 D zincico .... 14,8 Tarlralo potassico . . , 17,3 » ferroso .... 12,1 » sodico . '. . . 25,2 » di potassa c d’acqua 25,6 » d’acqua .... 19,8 9 di potassa e soda . 23,1 » di potassa e soda 40,9 9 di potassa e proloss. Acetato sodico .... 28,1 di ferro . . . 21,5 » calcico .. .. 3,5 9 d’ammoniaca e d’al» piombico .... 14,8 lumina .... 19,0 » di potassa e d’acqua 19,3 Azotato potassico . . . 70,5 Cloruro potassico . . . 51,9 9 sodico .... 45,5 » sodico .... 8,9 65,1 9 ammonico . . . 65,9 » ammonico ... . 9 calcico .... 27,1 » calcico .... 15,5 » strontico .... 41,2 » barilico .... 16,9 9 piombico .... 14,9 » strontico . , • . 24,9 argenlico . . . 31,1 Bromuro potassico . . . 37,8 Fosfato sodico .... 52,3 Joduro » ... 29,2 Pirofosfato » .... 21,9 Coi sali anidri ed idralabili ottiensi invece un notevole sviluppo di calore nell’atto della soluzione. Eccone alcuni esemp], dove ancora si indicano le calorie prodotte dalla soluzione di un grammo di solido entro acqua in eccesso : Cloruro zincico calorie 92,2 j Bicloruro di rame calorie 73,7 » ferroso .... 58,3 I Solfuro potassico .... 96,9 Le miscele frigorifere offrono un’applicazione del raffreddamento prodotto dai solidi lorcliè si liq-uefanno per unirsi a dei liquidi o ad altri solidi. Perocché il calore prodotto da affinità, non potendo scaldare la miscela oltre la temperatura di fusione del solido, non fa che affrettare la liquefazione di quest’ ultimo, ossia lo fa fondere ad una temperatura inferiore a quella cui da solo si fonderebbe, ed intanto la stessa "X*'-' 314 CAPO QUARTO fusione affrettata è causa di raffreddamento, grazie alle calorie sottratte ai corpi circostanti per effettuare la propria mutazione nello stato Gsico. E perchè coteste azioni e reazioni succedano rapidamente, converrà ridurre dianzi i solidi in parti minute, onde moltiplicare i punti di mutuo contatto tra i corpi che devon reagire fra loro. E raffreddando con una di tali miscele le materie che ne formino un’ altra, s’otterrà in questa una temperatura ancor più bassa di quella avuta colla prima: così con diverse miscele formate tutte con neve ed alcoole, si può ottenere persino la temperatura di — 80°. Con acido carbonico solido ed etere si forma una pasta, che mantiensi per qualche tempo a —75°, anche esposta all’aria: anzi ponendola nell’arili rarefatta, Faraday ottenne di abbassare la temperatura sino a — flO 0 , e ciò per una ragione che si accennerà più innanzi. Ecco un quadro di alcune miscele frigorifere, ove sonnotale anco le quantità relative in peso dei singoli componenti di esse: LIQUEFAZIONE DEI SOLIDI 315 © ^ ev ^v C0 OWflìOO*flO M a n «o «© o — tC© tCTr'oó'oó'— «a otTwTo'iCtCo> co 1 !© co o> | I I I I II I I I I ! I I I I I I I I I I I I "3 w «« O^O^O^N » « O O O O O £ © * * * © » t» o'no'o'« N «oo OO^ * * * * 5*^ ^ "O* — ©I -H £ t I I I i I I " ©ju S£ .to £ § 1 ra ° cj « a V5 t© — — — =j © ©- vm *- e© co •© o .2 O e- © SI © p» ra «j as co CO © : © 2 Cu 5 CU © *© »«r © © « ’5 «£ « g a 11 I 2 © 2 ■58 2 v w ’ ' v *r 3 2 < o 2 a- *3 3 e© — «5 — o » « y a a CW • »" Ó5 -© -•--SO © ’C ■ cu <« w co .2 „ ^ . © "■ — C© V* *■*■»■»*■ wm cs © ■w © *o © .2 © i2 ? © ^2 co t© © © ^ *© JI © © & KJO ùl- li mercurio, per affiniti», liquefa molti metalli a temperature molto inferiori di quella voluta alla loro fusione, ed intanto l’umalagfaina si raffredda. Dftbereiner unendo 1017 parti 316 CAPO QUARTO di mercurio con 207 di piombo, 118 di stagno e 284 di bismuto, vide la temperatura scendere successivamente da + 47° a — 10°. Orioli, mescendo e sfregando tra loro le due amalgama solide di piombo e di bismuto, le vide liquefarsi e raffreddarsi di — 27°,5. Si è detto (png. 301) che, in generale, la liquefazione dei solidi per opera dei liquidi solventi è favorita coll’aumentare la temperatura di questi. Però alcuni corpi, come il cloruro di sodio ed il solfato di potassa, presentano tenui differenze nella solubilità col variare della temperatura; altri, come il cloruro di bario e di potassio, il solfato magnesico anidro, il cloruro di bario idratato, il solfato di zinco anidro, l’azotato barbico, presentono una solubilità lo quale cresce proporzionalmente alla temperatura, benché con varia ragione; altri infine, a certe temperature, presentano degli incrementi nella solubilità assai più rapidi che alle temperature più basse, come il bicloruro di mercurio anidro, il borace anidro, l’azotato sodico anidro, ed i solfati anidri di rame e di allumina. 11 solfato di soda, si anidro, che idratalo, presenta però a questo riguardo un’anomalìa, in quanto che la sua solubilità nell’ acqua cresce rapidamente da 0° a 33° circa, indi a temperature maggiori la sua solubilità va diminuendo, benché lentamente, sino ad 84° (presentando allora la stessa solubilità che mostrava a 30°), restando di poi sensibilmente costante sino a 103°. 117. Quasi lutti i corpi che in certe condizioni di temperie si tengono liquidi, col progressivo diminuire della temperatura, quale ad un punto e quale ad un altro, riduconsi solidi. Laonde si può argomentare, che anco l’alcoole e l’etere, ben puri, ed alcuni altri liquidi, i quali finora non si poteron solidificare, cederebbero ove si giungesse a produrre dei freddi più intensi di quelli che fin qui si seppero ottenere. Le condizioni della solidificazione di una sostanza sono, in generale, le inverse di quelle accennate per la liquefazione della sostanza medesima ; cioè la temperatura deve nel li- SOLIDIFICAZIONE DEI LIQUIDI 317 quìdo abbassarsi, almeno, sino al grado della liquefazione del solido corrispondente, e la sostanza liquida, nel consolidarsi , deve cedere ai corpi circostanti le proprie calorie di liquefazione. Quindi un liquido nell’ atto che si rassoda , si riduce esattamente alla temperatura di fusione, quand’anco prima esso fosse ad una temperatura inferiore, senza però poterla oltrepassare : e di più la solidificazione procede lentamente dalle esterne alle interne parli della massa. L’acqua, ove sin pura, spogliata d’ aria e non agitata, può ridursi a — 12° secondo Gay-Lessac, ed anco a — 45° secondo De- spretz, senza agghiacciarsi («); ma in allora basta un menomo tremito perchè s’abbia a scaldare appunto sino a 0°, riducendosi repentinamente in fatato solido (&). Un simile fatto (al Per raggiungere queste basse temperature, convìen ricoprire l'acqua con un sottile strato d’olio, il quale impedisce il rientrare in essa dell’aria, che dianzi si sarà eliminata colla ebollizione. {b) Blagden osservò «he una perfella quiete non è Indispensabile condizione per ottenere siffatto ritardo nella congelazione , poiché smuovendo ed agiiando più volle dell’acqua raffreddala a — 6°, non la vide agghiacciarsi, mentre ciò accadeva, e d’un tratto, dietro certi movimenti dì fremito o di vibrazione, in apparenza, più deboli, ma tali però da agire isolatamente sopra alcune parlicene. Altrettanto si ottiene gitlando nell’acqua così raffreddala un cristallo benché minimo dì ghiaccio. Lo slesso accade con una soluzione soprassatura di solfato sodico-: e in tal atto svolgesi un sensibile calore. Blagden, volendo accennare «io che v’ha di costatile nella temperatura di solidificazione d’una sostanza, la definiva per quel grado di freddo che rende le parti- celle liquide incapaci di resistere alle forze altrallive di altra porzione di liquido già solidificala. La qual definizione vien da Avogadro così modificata, per renderla più generale: la temperatura che rende le particelle liquide incapaci di resistere alle forze atlrattive che debbono solidificarle, quand’esse si trovano in quella posizione relativa in cui tali forze si esercitano: in questo senso la lemperatura della solidificazione corrisponde a quella della liquefazione, per cui ie particelle solide giungono a slacciarsi dalle forze atlrattive, che le tengono in tale sialo, per ridursi liquide. A noi pare di veder manifesto ne’ sopradetti fenomeni l’esercizio delle forze d’orientazione : segnatamente per quei liquidi, qual’è l’acqua, il cui massimo di densità essendo superiore alla temperatura della loro consolidazione, aver devono menomale le forze ■aUratlìvc col crescere delle disianze molecolari. <318 CAPO QUARTO verificò Despretz in molte soluzioni saline, come scorsesi dalla tavola esposta sopra a pag. 255, dove la temperatura assunta durante l’agghiacciamento è, in generale, maggiore di quella per cui l’agghiacciamento stesso vien provocato. Molti poi sono i fenomeni che si potino citare come dipendenti dal calore emesso da un liquido nel solidificarsi. Anche il solfo ed if fòsforo ponno serbarsi liquidi a lempera- ture.molto inferiori a quella della loro fusione. Bedani (1813) vide il fosforo fuso serbarsi liquido, anche per interi giorni, a temperature di pochi gradi superiori a 0* (a), ed il solfo a 19°: però tanto l'uno che l’altro si solidificavano in un istante toccandoli con. un corpo estraneo, e meglio con un pezzo solido degli stessi corpi ? laddove la sola agitazione ed anco i moti vibratorj non bastavano a farli solidificare. Il che ci sembra confermare Tintervento delle fòrze d’orientazione nella consolidazione de’ liquidi: poiché se a rassodare il fosforo ed il solfo non valgono i tremiti, egli è die questi liquidi, essendo viscosi, hanno le loro molecole già un tal poco collegate dalle forze d'orientazione. Osservazioni analoghe a quelle di Bedani furono poi fatte da Faraday ( 1 826) e da Ciarle (1 828 ). Fran- kenheim (1836) chiama superliquefazione lo stalo in cui trovatisi i corpi die stanno liquidi a temperature minori di quella della loro congelazione, per analogia alla supersalurazione, che esprime lo stalo delle soluzioni saline qualora t sali vi si manlengan sciolti in quantità maggiori che nelle ordinarie soluzioni saturate. La superli- quefazione si ottiene lauto più facilmente quaut’ è minore il volume del corpo : delle goccie microscopiche di solfo, raccolte su lastre di vetro, maniengonsi liquide, esposte all’ariaper intere settimane alla temperatura oi dinaria. Fenomeni simili osservò. Frankenheim col fosforo, coi jodio e col selenio. Altri interessanti sludj fece Fritche (1 837) su quesi’argomeuio. E Brame (1852) istituì molte e minuziose osservazioni su Io slato (di’egli ehiama otricellare) del solfo, dd fòsforo e d'altri corpi. È poi da avvertire che tanto il solfo quanto il fosfòro ponilo assumere diversi stati di aggruppamento molecolare, onde son delti corpi allotropici. Secondo Dumas (1827) il solfo fuso, tra 110° e 140° è fluido e presenta un color giallo d’ambra; versa 160° comincia ad ispessirsi, {a) SuIiroeUer j.ervenm* a manteucr liquido il fosforo a — > 5°, SOLIDIFICAZIONE DEI LIQUIDI 319 prendendo una tìnta rossìccia o ranciata ; a più elevata temperaturai divien sì spesso che più non fluisce e può rovesciarsi il vaso senzaj eh’ esso si smuova, il che si verifica più distintamente fra 220° e 250°, ed allora il colore è bruno scuro: da 250" sino alla temperie della, sua ebollizione il solfo si fluidifica di nuovo , non giungendo però- mai al grado di fluidità che presentava a 120 °, ed il colore brunoscuro si conserva sino al punto della ebollizione. Ora, raffreddando subitamente il solfo, quand’ è fluido a temperie poco elevata, divien; fragile e giallo opaco, coni’ è d’ordinario: mentre quand’è ispessito,, rimane, trattandolo similmente, tanto più distintamente molle quanto- più alla era dianzi la temperatura, ed inoltre riesce trasparente e piglia un color rossiccio, volgente talora al bruno. Quest’ ultimo stato; meglio si ottiene ove il solfo sia scaldato a 230°, e raffreddalo poi- rapidamente, gittandolo in acqua fredda ed abbondante, sicché si divida in gocce poco voluminose.- allora è tanto duttile che può* esser tratto in fili della sottigliezza d’un capello e di qualche metro di lunghezza. Pertanto il solfo giallo e fragile ed il solfo rosso e molle costituiscono due differenti stati d’aggruppamento molecolare. Da ciò consegue che il solfo, scaldato ad alta temperatura e lasciato- raffreddare da sé lentamente, nel mentre passa per diversi stati molecolari, presenta una legge mollo irregolare di raffreddamento, come osservò. S. Claire Deville (1852). Notò egli i tempi corrispondenti al raffreddamento di 5° per una massa di solfo di circa un chilogrammo, scaldata oltre i 300° in un bagno d’olio, stando nel centro della massa un termometro sensibile ed essendo l’ambiente a 10°?. in tre sperienze, abbastanza tra loro concordi riscontrò le seguenti; velocità di raffreddamento : Da 290° a 280® 39” Da 170® a 165® 59' • 280 » 270 40 9 165 9 160 47. • 270 9 260 45- • 160 9 155 78 • 160 9 250 52 9 155 9 150 104 • 250 9 240 54 9 150 9 145 125 • 240 9 230 56 9 145 9 140 77 • 230 9 220 57 » 140 9 135 70 • 220 9 210 58 9 135 9 130 75 • 210 9 200 65 9 130 125 so • 200 9 190 72 »■ 125 9 120 84 » 190 » 180. 76 9 120 115 91 • ISO 175 79 » 115 9 110 111 • 175 9 170 68 SSO CAPO QUARTO Pertanto la della velocità di raffreddamento scema lentamente da 290° a 210®, e più rapidamente da 210° a 175°; poi cresce rapidamente sino a toccare un massimo tra 165° e 160 P ; indi scema ancora prestamente, giungendo ad un minimo tra I50°' ossia l — 85 6 \JF — 75, dove le temperature l s’ intendono contale da 0°, e le tensioni F espresse in centimetri di mercurio. li ss a soddisfa prossimamente ai dati sperimentali anche sino a 140°, ed è comoda per la sua semplicità. Volendo assumere per unità delle tensioni un’atmosfera di 76 centimetri di mercurio, e contare le temperature t da 400°, prendendo per loro unità l’intervallo di 400°, essa riducesi a F — ( l + 0,67 14 . if. Analogamente Coriolis diede v _/t+0,01878. 5,355 * — V" 2,878 / » esprimendo pure le tensioni in atmosfere, ma contate le temperature in gradi, partendo da 0°. Ihilong ed Arugo trovarono che le loro esperienze erano mollo prossimamente rappresentate da s F — ( 4 -1 6,7153,1) 5 , ossia t = ove F e l siano contate allo stesso modo Indicato per la forinola di Tredgold da -ultimo ridotta. Ma per le temperature inferiori a 400° ia forinola degli accademici di Parigi si scosta sensibilmente dai dati sperimentali; anzi sino n 140° vai meglio quella di Tredgold. Ecco la tavola calcolata dai detti 340 CAPO QUARTO accademici, in appoggio a queste forinole, dove le tensioni sono espresse in atmosfere : Tensioni Temper. Tensioni Temper. Tensioni Temper. Tensioni Temper. 1,0 ioo°,o 5,0 153°,08 10 (81°,6 ts 20y°,4 1,5 t (2,2 5,5 156,8 1 1 I8Q.03 19 212,1 211,7 2,0 121,1 6,0 160,2 12 190,0 20 2,5 128,8 6,5 16’,48 13 193,7 21 217,2 3,0 135,1 7,0 166,5 14 197,19 •200,18 22 219,6 3,5 110,6 7,5 169,37 15 23 221,9 4,0 115,4 119,06 8,0 172,1 *6 203,6 24 221,2 4,5 9,0 177,t 17 206,57 25 226,3 Avogadro osserva che non è da meravigliare se due for» mole, come queste di Tredgold e degli accademici, nelle quali si posero arbitrariamente gli esponenti interi 0 per l'unn e 5 per I' altra, e non si determinò esattamente che una sola costante per mezzo delle osservazioni, non valgano poi nè 1’ una nè 1’ altra separatamente ad esprimere una così estesa serie di osservazioni, cioè da 0 U a 224°. Però, determinando insieme il coefficiente e l’esponente della formula colle due osservazioni estreme, corrispondenti a 0 1 ’ e 224°, per le quali le tensioni sono prossimamente millim. 5, e 24 atmosfere, 5,9 i egli 5,9 i trova F — ( 1 + 0,5706 . t ossia l — -^ ^ 57 ÓG , ove t ed Fsono contate come nelle ridette formole di Tredgold e degli accademici. E questa dà un accordo più approssimato colle osservazioni di IJalton e di Dulong ed Arugo. Però le equazioni di questa forma suppongono che la tensione del vapore riducasi nulla ad una temperatura determinabile per ciascuna di esse, uguagliando a zero i termini rinchiusi fra le parentesi: per esempio, 1’ anzidetto forinola di Avogadro suppone che a — 75°,25 riesca nulla la forza espansiva dei vapor acqueo: allora, contando le temperature l da questo limite la formolo stessa diventa F zr. 0,036 . ma anche questo annullamento assoluto della forza espansiva non pare ammissibile, come si dirà innanzi. Si noti die tanto in queste formule, quanto nella forinola degli accademici frati- FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI 341 cesi le temperature s’intendono date da un termometro a mercurio. Avogadro (1819) pensò di far ricorso ad un’equazione della forma F—f.a — b , ossia log F — log . f+ [ A/(i + ò 2 ) — b] log a, dove f sia la forza espansiva corrispondente olla temperatura dalla quale si parte per contare le temperature t j ed « e 6 sono due costanti da determinarsi per mezzo di due coppie di valori sperimentali di F e di t. Quindi, assumendo le osservazioni di Dalton , ei le trovò rappresentabili ponendo log f — met. 0,762; 6 — 11,977 ed o— 2,53oi, e contando le temperature da 100°, negativamente al dissotto, e le tensioni in metri di mercurio (“). (a) Osserva Avogadro che in questa forinola il termine b“, compreso sotto il radicale, cioè (lt,977) 2 = 143,45, indica una temperatura contala al dissotto di 100°, ossia 43°,45 al dissolto di 0°, per la quale la tensione del vapore acqueo diventa F~ met. 0,0000110343, cd al di là della quale la stessa tensione presenta un valor imaginario. Ora, se si contano le temperature l da questo punto, la suesposta for- mola diventa F — 0,0000110343 (2,5554)V^; secondo la quale si rileva , che la forza espansiva del vapor acqueo cresce in progressione geometrica, quando si prendano in progressione aritmetica le radici quadrate degli incrementi di temperatura, ossia degli incrementi d’una quantità relativamente alla quale la temperatura cresca in ragione dei quadrati, assegnando però ad origine di questi incrementi una determinala temperatura. Ma nella sola a pag. 270 si disse che anco la dilatazione dell’ acqua, secondo lo slesso Avogadro, partendo da un punto in cui essa diverrebbe iinaginaria, presenta un'analoga proprietà, cioè gl’incrementi di volume sarebbero proporzionali alle temperature, diminuite però queste di un termine proporzionale alla radice quadrata delle stesse temperature. Pertanto, O'C si supponesse che il punto in cui le dilatazioni dell’acqua divengono imaginatie e quello in cui la forza espansiva del vapor acqueo divieti pure ituaginaria si confondessero in un solo, le tensioni del vaporo, partendo da questo punto, tre- 342 CAPO QtlUlTO August (1828), considerando che le forze espansive del va* pone crescono con una ragione un pò meno rapida di uria semplice progressione geometrica, propone la formela t F~a m i ~ + - c ' 1 , ove a, m, c sono costanti da determinarsi. Però le costanti e ed m ei le determina dietro semplici consi* ( ai -e li ) t derazioni teoriche, per cui la formolo diventa F~ a ( JQ (^+-0, ove b sia l’altezza barometrica corrispondente al punto fondamentale superiore della scala termometrica, n il numero dei gradi in cui è diviso l’intervallo fra i due punti fondamentali della stessa scala, w la temperatura cui corrisponderebbe lo zero assolvilo secondo la legge della dilatazione dei gas: epperò nella forinola stessa rimane la sola incognita a , la quale si potrà determinare con una sola osservazione di forza espansiva del vapore corrispondente ad una data temperatura. Beerebbero in progressione geometrica, prendendo in progressione aritmetica quei termini negativi della dilatazione, cioè le diminuzioni reali di volume che l’acqua presenterebbe alle diverse temperature per accrescimenti semplicemente proporzionali alle temperature stesse. La qua! considerazione tende a stabilire una connessione Ira la forza del vapor acqueo e la dilatazione prodotta nell’acqua dal calore: connessione che viene suggerita anco dal considerare, che la forza espansiva del vapore dipender deve dallo stato del liquido che lo produce c non dallo stalo del vapore stesso già formato, il quale si liquefa per una pressione appena superiore a tal forza. Nondimeno, avverte lo stesso Avogadro, che la determinazione dell’anzidetto punto dipendendo dalle osservazioni cui si riferiscono le costanti nell’anzidetta formola, il punto medesimo riceve un notevole slogamento anco per piccoli erroii di osservazione, epperò potrebbe un tal punto corrispondere ad una temperatura mollo minore dell’accennata di — 43°,45, e forse compresa tra — 60° e — 80°, fra le quali cadrebbe il punto per cui la dilatazione dell’acqua reriderebbesi imaginaria, secondo i calcoli di Avogadro. FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI m Q o ryrv ÀUgust, assumendo f>~mel. 0,76; n — 100 ; ovvero log F secondo che le temperature, contate a partire da 100°, e preso per unità delle medesime l’intervallo di 100°, si riferiscono al termometro a mercurio, oppure al termometro ad aria ; ie forze espansive F si intendono contate in atmosfere di 0”,76. La prima di queste forinole soddisfa alle osservazioni di Du- long ed Arago con esattezza non minore della formula adottata da questi accademici e riportata a pag. 339. IVon vogliamo infine tacere di un’altra forma di funzioni proposta da Egen (1833). Egli pensò di esprimere la temperatura per mezzo di una serie di potenze del logaritmo della corrispondente forza elastica, con coefficienti da determinarsi dietro le osservazioni, cioè: t rr 109 + a log f f b log 2 f + c log 3 f + ecc., f è la tensione del vapore in atmosfere, e t la temperatura contata da 0°. Quindi egli trovò: t SS too + 64,29512 log 13,89479. log 2 ff 2,909769 log 3 /+ 0,1742634 log 4 f. Anche questa forinola ha l’inconveniente di non esser facilmente convertìbile, in modo da esprimere la tensione del vapore in funzione della temperatura. Analoga a questa di Egen è la forinola di Mossotti (1837), cavala da considerazioni teoriche, nella quale però è il logaritmo della temperatura, e non la temperatura stessa, che vien eguagliato ad una serie dì potenze del logaritmo della tensione. Veniamo ora ad esporre i risultati ottenuti da Magnus e da llegnault. Magnus eseguì con ogni diligenza molte esperienze su la tensione del vapore acqueo a diverse temperature da — 6°,61 a + 404°,68. Adottando poi la formula di August, e determinandone le costanti per mezzo delle pi o- 7,4475. < prie osservazioni, trovò 4,523 . IO 234,69.+ /^ ove j e temperature l sono contate da 0°, e le forze espansive del vapore sono espresse in millìmetri di mercurio. Onde mostrare 346 CAPO QUARTO l’accordo abbastanza soddisfacente tra le sue sperienze ed 1 dati della Corniola, citiamo qui alcuni de’suoi risultati, segnando con asterisco quelle che servirono a determinare le costanti: Forza espansiva Temperature Osservala Calcolala Differenze — 6°,6t* mill. 2,75 mill. 2,là 0,00’ 4,525 4,525 + 11,34 9,43 9,97 + 0,54 16,82 13,52 14,24 + 0,72 43,13 63,58 64,83 + 1,25 54,83 115,35 116,42 + !,07 75,36 288,99 292,27 + 3,28 85,12 431,05 434,34 + 3,29 90,80 542,54 541,01 — 1,53 99,66 746,99 750,76 + 3,77 100,87 779,73 784,07 + 4,34 104,68 904,15 897,08 — 7,C7 La tensione corrispondente a 0° è il valor medio di selle osservazioni. Più innanzi, nelle tabelle da pag. 354 a 357, sono indicale le forze espansive calcolate dietro la detta forinola per ciascun grado da — 20° a + 118°. Regnault riflette dapprincipio, che ad ottenere dei dati numerici attendibili nelle quistioni tìsiche, giova di adoperare — per quanto è possibile — de’ metodi differenti per ottenerli , e che essi riesciranno tanto più sicuri quanto maggiore sarà l’accordo de’risultati avuti, seguendo diverse vie, tenuto conto però delle diverse fonti d’errore che potino intervenire ne’ singoli casi ( a ). Imperlatilo egli mise in opera molti c sva- (a) E cotcsta massima è tanto più opporfuna , come avverte saviamente Io stesso Regnault, nello studio dei fenomeni del calore, in quanta che sole leggi di questi non abbiamo finora precise cognizioni, a motivo che i fenomeni medesimi sono ollremodo complicati. Essi mai non ci si offrono veramente isolali c semplici. Diversi fenomeni accadono FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI 347 riati metodi all’uopo di determinare le forze espansive del vapore acqueo sotto differenti temporalure: alcuni di essi valgono per le temperature basse, altri per le più elevale. E con ciaschedun metodo eseguì molle serie di osservazioni, ciascuna delle quali comprende trenta e più osservazioni. Sarebbe quindi troppo lunga cosa il volerle qui riportare. Diremo soltanto ch’egli costruì graficamente diverse curve, rap- presentatrici con mirabile accordo dell’ insieme delle sperienze, le quali si estesero da — 32° a + 230°. Coleste curve danno i seguenti risultati ; Temper. Tensioni Temper. Forze Temper. Forze — 32" mi//. 0,32 del temi. espansive del terni. espansive — 20 0,91 ad aria corrisp. a mercurio corrisp. — 16 1,29 100" rnill. 760.0 100° mi/l. 760,0 — IO 2,08 110 1073,7 HO 1073,0 0 4,60 120 1489,0 120 1483,0 t io 9,16 130 2023,0 130 2013,0 20 17,39 HO 2713,0 140 2682,0 25 23,55 150 3572,0 150 3532,0 30 31,55 160 4647,0 160 4580,0 40 51,91 170 5960,0 170 5842,0 50 91,98 180 7545,0 180 7366,0 60 148,79 190 9428,0 190 9204,0 70 233,09 200 11660.0 200 11360,0 75 288,50 210 14308,0 210 13895,0 80 354,61 220 17390,0 220 16823.0 90 525,45 230 20315,0 230 20160,0 ad un tempo; la diretta esperienza ci porge soltanto il valore detta risultante delle toro simultanee e reciproche influenze; ed è poi sempre difficile l'assegnare la parte dovuta a ciascheduna di queste neìia produzione della stessa risonante. E benché la determinazione della legge, che unisce le forze espansive dei vapori con le temperature loro, sia forse una delle quislioni meno complesse della teoria del calore, pur questa legge non emerge direttamente dalle sperienze, a cagione, probabilmente, della empirica definizione che si suol dare della temperatura, la quale non (Stabilisce un rapporto semplice e reale tra le temperature dei corpi e le loro assolute quantità di calore (S Ut). 348 CAPO QUARTO Regnatili preferisce la formala logaritmica a più esponenziali, suggerita ultimamente da Biot (vedi retropag.344). Però egli prepara diverse forinole empiriche, a limili non molto estesi di temperatura, calcolando per ciascheduna le costanti coi dati delle curve grafiche. Così per le forze espansive del vapore acqueo corrispondenti alle diverse temperature comprese tra 0° e 100°, egli, assunta la formola (.■/) log Fzr. a + mb l - tic', ne calcola le 5 costanti col mezzo delle tensioni indicate nella precedente tabella in corrispondenza alle temperature 0°, 25°, 50°, 75° e 100°, ed ottiene a = + 4,7384380, log b = 0,006865036, log c =4,9067249, log m = 2,1340339 e log n = 0,6116485,« le temperature essendo contate da 0°, e le tensioni espresse in millimetri. E da questa forinola deduce le tensioni del vapore rispondenti a ciascun grado compreso tra 0° e 100°, quali sono esposte nelle susseguenti tabelle, e che sono in perfetto accordo con quelle date dalle proprie osservazioni compendiate, come ci disse sopra, nelle curve grafiche. Però questa formola per le temperature inferiori a 0° dà dei valori alcun po’maggiori degli sperimentali: per esempio, alle temperature — 10°;—20°;— 32° essa dà rispettivamente le tensioni mili. 2,190; 0,985; 0,348, le quali sono superiori di quelle riportate sopra secondo la curva grafica. Quindi a rappresentare le tensioni rispondenti alle temperature inferiori a 0°, Regnatili si valse d’una formola ad una sola esponenziale, cioè (//) Fzr.a-+mb t , dove le temperature sono contate da — 32°, e le cui tre costanti furon calcolate dietro le tensioni date dalla curva grafica alle temperature 0°, — 16° e— 32°,con che ottenne«=0,08038; log5=0,0333990; log in = 1, 6024724: e da questa formola dedusse poi le tensioni indicate nelle seguenti tabelle per ciascun grado da 0° a - 32°. Per le temperature comprese tra 100° e 230°, Regnault trova soddisfacente la formola (C) log F zz: a — mb*-f nc‘, contando le temperature da 100° in su, e dove a = 5,4583893; FORZA ESPANSIVA BEI VAPORI 349 log 0 = 4^997412127; log «=0,007590697; log m = 0,4121470; log » = 3,7448904, avendo desunti questi valori delle costanti dai dati delle curve grafiche velativi a 100°, 430°, 160°, 490°, e 220°. Poscia Regnault cercò di esprimere con una forinola unica tutte le sue osservazioni, stendentisi da — 33° a 232°, assumendo {D) log F= o — m6 1 — nc 1 , dove le temperature siano coniate da — 20°, e dove le cinque costanti, calcolate dietro i dati delle curve grafiche rispondenti a — 20, -f 40°, 400°, 160° e 220°, furono trovate rispettivamente a = 6,2640348; log 6—4,994049292; log c=z 4,998343862; log m=0,4397743 e log « — 0,6924331. E con questa forinola ottenne le tensioni corrispondenti alle temperature comprese tra 400° e 230° nelle successive tabelle. Per ultimo Regnault volle verificare, se una forinola analoga a quella d’August (pag. 342) soddisfacesse a sufficienza all’insieme delle sue osservazioni da —20° a •{■230°. Posta la formola (E) F~ am l+cl , contando le temperature da—20°, e determinando le 3 costanti coi dati delle curve grafiche rispondenti a — 20° 100° e 220°, trova log a ~ 1,9590414; c = 0,004788221 ; log m = 0,03833818 e log log»n = 2,5836315. Ora questa formola soddisfa meno esattamente della precedente (D) ai dati sperimentali: nondimeno le differenze sono poco sensibili. Regnault si attenne alle forinole di Biot, benché più difficili a calcolarsi e non risolvibili immediatamente rispetto alle temperature, pel riguardo specialmente che, contenendo 5 costanti, porgono il vantaggio di far entrare 5 dati d’osservazione. Quanto alla formola di Young (pag. 339) riconobbe ben tosto Regnault, che essa non rappresenta le osservazioni in tutta la loro estensione, dalle più basse alle più elevate temperature, con quel grado di precisione, con cui vengono rappresentate dalla formola di August e dall* ultima di Biot. A mostrare poi il grado d’approssimazione delle anzidelte 3o!i CAPO QUARTO forinole empiriche, valga il seguente quadro di confronto, dove si segnarono con asterisco quelle forze espansive che servirono a calcolare le costami. Tenif. Forze espansive in millimetri di mercurio de del dalle dalle forinole ad aria gr .ff.lie {À) Diflereu/.a (I>) Difl'fren/.n (7+ — 20° 0,91 0,91' 0,00 0,91' — 40 2,08 4,97 + 0,11 2,12 0 4,60 4,600‘ 0,000 4,48 + 0,12 4,60 + 10 .9,4 6 9,465 —0,005 9,05 f 0,14 9,22 20 17,39 47,394 —0,001 47,30 + 0,09 47,62 30 31,55 31,548 +0,002 34,50 + 0,05 32,04 40 54,91 54,906 +0,004 54,91* 0,00 55,71 50 91,98 91,982' —0,002 92,02 — 0,04 93,11 60 448,79 448,791 —0,001 148,83 — 0,04 450,49 70 233,09 233,093 —0,003 233.lt — 0,02 234,61 SO 354,64 354,643 —0,004 354,64 0,00 356,06 90 525,45 525,450 0,000 525,45 0,00 526,42 400 760,00 760,000* 0,000 760,00' 0,00 760,00' (C> 400 760,0 760,00' 0,00 410 4 073,7 1074,74 — 1,04 1075,36 — 4,6G 1073,70 120 4489,0 1490,56 — 4,56 4494,28 — 2,28 4487,11 430 2029,0 2029,99' — 0,99 2030,28 — 4,28' 2022,67 4 40 2743,0 2717,92 — 4,92 2717,63 — 4,63 2705,60 450 3572,0 3582,02 —40,00 3581,23 — 9,23 356.3,90 460 4647,0 ■4651,56* —- 4,56 4651,62' — 4,02 4 62 8,,54 470 5960,0 5958,54 + 4,49 5961,66 — 1,66 5932,82 4 80 7545,0 7537,20 + 7,80 7546,39 — 1,39 7512,90 490 9428,0 9424,86' + 3,44 9442,70 —44,70 9407,45 200 11660,0 11662,58 — 2,58 11689,00 —29,00 14656,00 240 14308,0 44296,71 +41,29 14324,80 —16,80 44302,30 220 47390,0 47381,40' + 9,90 17390,36 — 0,36 17390,06' 230 20915,0 20980,57 —65,57 20926,38 —11,38 ,20964,83 Differenza 0,00 0,04 0,00 0,06 — 0,23 0,49 — 0,80 4,13 — 4,40 1,52 — 1,43 — 4,97 0,00 0,00 1,89 6,33 7.40 9.40 ,49 ■ + 27,48 + 33,10 + 21,85 + 4,00 + 5,70 0,00 —49,83 l)a questo prospetto si rileva che la forinola (d) è in pieno accordo coi dati delle curve grafiche, e quindi dell’esperienza. Per la formula ( C) le maggiori differenze nelle tensioni ( nei limili dei dati assunti per determinare le costanti, cioè tra 1(10° e 220°) corrispondono a differenze nella temperatura di un decimo di grudu. La formolo (D) tra i primi due punti FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI 331 fissi — 20° e + 40° dà tensioni di ben poco inferiori a quelle delle curve grafiche; tra+ 40° e 100° dà un perfetto accordo; tra 100° e 460° dà forze espansive un po’ maggiori, le cui differenze però corrispondono a differenze nella temperatura non eccedenti un ventesimo di grado; e tra 160° e 220° la Stessa forinola porge ancora delle tensioni un po' eccessive, e nondimeno la massima differenza di millim. 29 corrisponde ad una differenza nella temperatura di circa un decimo di grado. Pertanto tintele accennate differenze si possono piati* sibilmenle attribuire ad errori d’osservazione. Inoltre emerge che la formala (Z>) rappresento da sola le curve grafiche, in tutta la loro estensione, con non minore precisione che il facciano le due formale parziali (A) e (C), ciascuna per rispetto alla porzione di curva compresa tra i punti estremi assunti pel calcolo delle loro costanti : anzi la tensione corrispon* dente alla temperatura 230°, posta oltre i limiti dell’ interpolazione, è molto meglio rappresentata dalla forinola generale (Z>) che dalla formula parziale (C). Infine la formolo (E) rappresenta }e osservazioni con minor precisione della formala ( U ) ; tra — 29° e -f 109° essa dà tensioni più deboli, e le dà invece più valide tra 400° e 220°. Eppure, ove si rifletta, che per determinare le sue costanti si usarono tre soli dati sperimentali, corrispondenti a temperature tra loro discoste di 120 0 , v’ è da meravigliare d’aver raggiunto un accordo abbastanza soddisfacente; poiché la massima differenza, che si nota a 480°, corrisponde ad una differenza nella temperatura di un quinto di grado soltanto («1. (a) Quantunque non siano pienamente rispondenti all’esperienza le leggi teoriche che servirono di base alle forinole di August e di Roche, le formole stesse rappresentano, limitatamente almeno, la legge del fenomeno, e sembrano avvicinarsi di molto alla formola rapprescntairice della legge medesima in tutta la sua estensione, il Che, secondo Regnault, dipende da ciò, che le leggi presupposte (quella di Wall su le calorie d'elasticità del vapore acqueo a satura- 352 CAPO QUARTO llegnnult fa poi osservare che la curva rappresentata dal- l’equazione (E), contando le temperature su l’asse delle a- seisse e le corrispondenti tensioni su l’asse delle ordinate, presenta diversi punti singolari. Propriamente la detta equazione rappresenta una curva a due rami: ma uno di questi si mostra estraneo allu soluzione del problema,giacché esso è assin* tote alla t etta F — mn c parallela all’ asse delle t, ed alla retta t~ —parallela all’asse delle F. L’altro ramo, rappre* sentalivo delle forze espansive, essendo /«,> 1, presenta un punto limite per t~ — - — — 208°,9, cui corrisponde F~ o; e la curva è allora tangente all’asse delle t, volgendo quindi la sua convessità verso 1’ asse medesimo. Poi presenta un punto d’inflessione per l ~ - logm ~~ c -~627°,2, volgendo dopo 6 2 c* di questo la propria concavità verso l’asse delle t , e tendendo l’ordinata verso un massimo. Infine la curva ha per assintoto una liueu parallela all’asse medesimo, l’ordinata della quale è itone; quella delle capacità calorifiche dei gas a volume costante, o sotto pressione costante; quella della dilatabilità dei vapori, conforme alla dilatabilità dei gaz, ecc.), ponno assumersi quali primi termini delle vere leggi, sviluppate secondo le potenze della temperatura, e da che questi primi termini sono maggiori di mollo della somma dei termini restanti. Così le esperienze di Regnault su le calorie d’espansione del vapor acqueo, che si citeranno più innanzi, mostrano che le calorie contenute in un chilogrammo di vapore alla densità di saturazione non sono precisamente costanti, come suppone la legge di Watt, ma crescono sensibilmente coll'aumentare della pressione o delle temperature: eppure queste calorie riescono in ogni caso esattamente rappresentate, coll’aggiungere ad una quantità costante un termine contenente la prima potenza della temperatura; e quindi cotesta modificazione dell'anzidelta legge non influisce gran fatto su la forma della funzione che la esprime. Aggiunge poi Regnault che la forinola di Roche s’appiica perfettamente anco ad esprimere la legge della tensione dei vapori di etere e di alcoole. FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI 353 1 F — a. m c —12617 atmosfere, che formerebbe il limite superiore della tensione del vapore. Ma, com’ egli stesso avverte , non sarebbe ragionevol cosa l’attribuire un valor reale a questi punti singolari della curva, i quali cadono tropp’ oltre i limiti delle osservazioni : e d’altronde cotesti punti subiscono assai notevoli spostamenti, ove si calcolino le costanti entro limiti differenti di quelli addottati, quantunque tra i limili delle interpolazioni le curve si sovrappongano quasi perfettamente. — Invece la formula (D) non offre punti singolari, rappresentando una curva che discende indefinitamente al dissotto dell’ asse delle t, dal lato delle ascisse negative, e le cui ordinate, dal lato delle l positive, tendono verso un limite F zz arr 2416 atmosfere. — Da ultimo riflette che non si potino adoperare così fatte forinole empiriche, onde calcolare le tensioni del vapore acqueo per temperature sensibilmente superiori ai limiti dei dati sperimentali che servirono a calcolare le costanti, finché non si dimostri rappresentar esse in fatto la legge fisica del fenomeno. Spesso accade che due formule d’interpolazione, le quali presentano ben piccole differenze tra i limiti dei dati sperimentali, divergano tosto al di là dei limili stessi. Così le due formole(D)ed(i£), che s’accordano a sufficienza tra i limiti — 20° e + 220°, presentano già a 230° uno scostamento di mill. 38, ed a 250" o fferiscono di mill. 193, poiché per quest’ultima temperatura la forinola (D) dà ,F~miU. 29571, e la formula (E) dà F zz mill. 29761. Nelle seguenti tabelle si espone la forza espansiva del vapor acqueo calcolata da Kegnault, adoperando da — 32° a 0° la forinola (B) ; da 0° a 100° la forinola {A), e da 100° a 230" la forinola (E). Vi aggiungiamo, per facilitare i confronti, le tensioni calcolate da Magnus colla forinola riportata a pag. 345, e quelle calcolate da Pouillet dietro i dati di Dalton colla forinola di Biot accennata a pag. 338. 3ÌH CAPO QUARTO Forza espansiva del vapor acqueo in millim.di mercurio a 0 °. TempeForza espansiva secondo Differenze per 1” ratura Regnatiti Alagnus Dativi i Regnali! 1 lUugnus ~ 32* 31 0,320 0,352 0,032 30 29 28 27 26 25 24 23 22 21 20 0,386 0,424 0,464 0,508 0,555 0,605 0,660 0,719 0,783 0.853 0,927 0,916 4,333 0,034 0,038 0,040 0,044 0,047 0,050 0,055 0,059 0,064 0,070 0,074 0,081 0,083 29 48 4,008 4,095 0,999 4,089 0,087 0,094 0,090 0,097 17 4,189 4,186 0,101 0,104 46 4,290 1,290 0,110 0,113 4 5 4,400 1,403 4,879 0,118 0,122 44 4,518 4,525 0,128 0,130 43 4,646 4,655 0,137 0,141 42 4,783 4,796 0,150 0,151 41 4,933 4,947 0,160 0,162 40 2,093 2,109 3,631 0,174 0,175 9 2,267 2,284 0,188 0,187 8 2,455 2,471 0,203 0,200 7 2,658 2,671 0,218 0,215 6 2,876 $,886 0,237 0,229 5 3,113 3,115 3,660 0,245 0,246 4 3,368 3,361 0,276 0,263 3 3,644 3,624 0,297 0,281 2 3,941 3,905 0,323 0,300 4 0 * 4 4,263 4,600 4,940 4,205 4,525 4,867 5,059 5,393 0,337 0,340 0,362 0,320 0,342 0,364 2 5,302 5,231 5,748 0,385 0.388 3 5,687 5,619 6,123 0,410 0,413 4 6,097 6,032 6,523 0,437 0,439 5 6,534 6,474 6947 0,464 0,468 6 6,998 6,939 7,396 0,494 0,497 7 7,442 7,436 7,871 0,525 0,628 8 8,017 7,964 8,375 0,557 0,561 9 8,574 8,525 8,909 0,591 0,601 40 9,165 9,126 9,475 Pon/A ESPANSIVA DEI VAPORI 35» TempeForza espansiva secondo Differenze per 1* ratura Regnaull Magnus Dalton Reguuutt Magnus il 9,165 9,792 9,126 9,751 9,475 10,074 0,627 0,625 12 10,457 10,421 10,707 0,665 0,670 13 11,162 11,130 11,378 0,705 0,709 14 11,908 11,882 12,087 0,746 0,752 15 12,699 12,677 12,837 0,791 0,795 16 13,536 13,519 13,630 0,837 0,842 il 14,421 14,409 14,468 0,885 0,890 i 8 15,857 15,351 15,353 0,936 0,942 49 16,346 16,345 16,288 0,989 0,994 20 17,391 17,396 17,275 18,317 1,045 1,051 21 18,495 18,505 1,104 1,109 22 19,659 19,675 19,417 1,164 1,170 23 20,888 20,909 20,577 1,229 1,234 34 22,184 22,211 21,800 1,296 1,302 25 23,550 23,682 23,090 1,366 1,371 26 24,988 25,026 24,449 •1,438 1,444 27 26,505 26,547 26,881 1,517 1,521 28 28,101 28,148 27,390 1,596 1,601 29 29,782 29,832 28,977 1,681 1,684 30 31,548 31,602 30,650 1,766 1,770 31 33,406 33,464 32,410 1,858 1,862 32 35,359 35,419 34,261 1,953 1,955 33 37,411 37,473 36,206 2,052 2,054 34 39,565 39,630 38,254 2,154 2,157 35 41,827 41,893 40,404 2,262 2,263 36 44,201 44,268 42,663 2,374 2,375 37 46,691 46,758 45,038 2,490 2,490 38 49,302 49,368 47,530 2,611 2,610 39 52,039 52,103 50,147 2,737 2,735 40 54,906 54,969 52,891 2,867 2,866 ' 41 57,910 57,969 55,772 3,004 3,000 42 61,055 61,109 58,792 3,145 3)140 43 64,346 64,396 61,958 3,291 3,287 44 67,790 67,833 65,275 8,444 3,437 45 71,391 71,427 68,751 3,601 3,594 46 7 5,15 S 75,1 S5 72,393 3,767 3,758 47 79,093 79,111 76,205 3,935 3,926 48 83,204 83,212 80,196 4,111 4,101 49 87,499 87,494 84,370 4,295 4,282 50 91,982 91,965 88,734 4,4 83 4,471 3*3 CAPO QUARTO Forza espansiva secondo Differenze per 1° Temperatura 50* 51 52 63 54 65 56 57 68 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 SO 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 Regnami 91,982 96,661 101,543 106,636 111.945 117,478 123,244 129,251 135,505 142,015 148.791 155,839 163,170 170.791 178,714 186.945 195,496 204,376 213,596 223,165 233,093 243,393 254.073 265,147 276,624 288,517 300,838 313,600 326,811 340,488 354,643 369,287 384,435 400,101 416,298 433,041 450,344 468,221 486,6S7 505,759 525,450 Slag n us 91,965 96,630 101.497 106,572 111,864 117,378 123.124 129,109 135,341 141,829 148,579 155.603 162,908 170,502 178,397 186,601 195.124 203,975 213,166 222,706 232,606 242,877 253,530 264,577 276,029 287,898 300,193 312,934 326,127 339,786 353 926 368,558 383,697 399,357 415,552 432,295 449.603 467,489 485,970 505,060 524,775 Da/ton 88,734 93,301 98,072 103,06 108.27 113.71 119,39 125,31 131,50 137,94 144.66 151.66 158,96 166,56 174,47 182.71 191.27 200,18 209.44 219,06 229,07 239.45 250.23 261,43 273,03 285,07 297,53 310,49 323,89 337,76 352,13 367,00 382.38 398.28 414,73 431.71 449,26 467.38 486,09 505.38 525.28 Rcgnault 4,679 4,882 5,093 5,309 5,533 6,766 6,007 6,254 6,510 6,776 7,048 7,331 7,621 7,923 8,231 8,551 8,880 9,220 9,569 9,928 10,300 10,680 11,074 11,477 11,893 12,321 12,762 13,211 13,677 14,155 14,644 15,148 15,666 16,197 16,743 17,303 17,877 18,466 19,072 19,691 Magnus 4,665 4,867 5,075 5,292 5,514 5,746 5,985 6,232 6,488 6,750 7,024 7,305 7,594 7,895 8,204 8,523 8,851 9,191 9,540 9,900 10,171 10,653 11,047 11,452 11,869 12,295 12,741 13,193 13.659 14,140 14,632 15,039 15.660 16,195 16,743 17,308 17,886 18,481 19,090 19,715 FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI Tempe - Forza espa nsiva secondo ralura Regnault Magri iu fl0 * 525,450 524,775 91 545,778 545,133 82 566,757 566,147 566,95 587,836 588,74 610,217 611,18 633,305 634,27 657,120 658,05 625,28 20,328 20,979 610,740 23,038 23,088 23,757 24,494 25,251 707,000 760,000 28,555 875,971 939,260 33,036 44,34 S58 Tem- Ten- Difle- |;«rat. 130° *31 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 164 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 siotte 2030.28 2091,94 2155,03 2219,69 2285,92 2353.73 2423,16 2494.23 2567.00 2641^44 2717,63 2795,57 2875,30 2956.86 3040,26 3125.55 3212.74 3301.87 3392,98 3486,09 3581.23 3678,43 3777.74 3879,18 3982,77 4088.56 4196,59 4306.88 4419,45 4534.36 4651,62 4771.28 4893.36 5017,91 5144,97 61,66 63,09 64,66 66,23 67,81 69.43 71,07 72,77 74.44 76.19 77,91 79,73 81,56 83,40 85,29 87.19 «9,13 91.11 93.11 95,14 97.20 99,31 101,44 103,49 105,79 108,03 110,29 112,57 114,91 117,26 119,66 122,08 124,55 127,06 CAVO QUARTO Secondo fieynatrft. Tetti- Tea- Diffepetti t. stolte m» 5144,97 165 5274,54 166 5406,69 167 5641,43 168 5678,82 169 5818,90 170 5961,66 171 6107,19 172 6255,48 173 6406,60 174 6560,55 175 6717,43 176 6877,22 177 7039,97 178 7205,72 179 7374,52 ISO 7546,39 181 7721,37 182 7899,52 183 8080,84 184 8265,40 185 8453,23 186 8644,35 187 8838,82 188 9036,68 189 9237,95 190 9442,70 191 9650,93 192 9862,71 193 10078,04 194 40297,01 195 10519,63 196 10745,95 197 10975,00 198 11209,82 renze 129,57 132.15 134.74 137,39 140,08 142,76 145.53 148,29 151.12 153,95 156.85 159.79 162.75 165.75 108.80 171,87 174,98 178.15 181.32 184,56 187.53 191.12 191,47 197.86 201,27 204.75 208,23 211,78 215.33 218,97 222,62 226,32 230,05 233,82 TemTenerai. sione 198 11209,82 199 11447,46 200 11688,96 201 11934,37 202 12183,69 203 12437,00 204 12694,30 205 12955,66 206 13221,12 207 13490,75 208 13764,53 209 14042,52 210 44324,80 211 14614,32 212 14902,22 213 15197,47 214 15497,17 215 15801,33 216 16109,94 217 16423,15 218 16740,90 219 17003,29 220 17390,36 221 17722,13 222 18058,64 223 18309,94 224 18746,07 225 19097,04 226 19452,92 227 19813,76 228 20179,61 229 20550,48 230 20926,40 Differenze 237,64 241,50 245,41 249,32 253,31 257.30 2G1,36 265,46 269,63 273,78 277,99 282,28 286,52 290,90 295,26 299,69 304,16 308,61 313,21 317,75 322,39 327,07 331,77 336,55 341.30 346,13 350,97 355,88 360.84 365.85 370,87 375,93 FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI 359 A E notevole V accordo dei deli di Regnault con quelli di Magnus, specialmente nei limiti delle dirette osservazioni di quest’ ultimo (da — 6° a -j- 105° ). Da — 20° a -f 50° le massime differenze fra i dati di questi due sperimentatori non sorpassano un decimo di millimetro, e da 50° a 105° non giungono ad 8 decimi di millimetro. Ed è tanto più rimarchevole un tale accordo in quanto che cotesti dati fut'on calcolati con foratole tra loro molto differenti (pag. 345 e 348). Però la formolo di Magnus, analoga a quella d’August, al di là di 405° dà delle tensioni sensibilmente maggiori di quelle osservate da Ilegnault, notandosi a 418° una differenza di rnill. 5: e ciò di conformità a quanto si avverti per la forinola (2?) usala da Ilegnault, ed analoga essa pure a quella di August, la quale oltre i 220° dà tensioni crescenti più rapidamente che non faccia la forinola (IJ). Non è dato di confrontare le osservazioni di Regnault, fatte con termometro ad aria e con termometri a mercurio col ser- batojo di cristallo Choisy le-Roy, con quelle di Dulong ed Arngo, eseguite con termometri a mercurio, ignorandosi di qual natura fossero i serbatoj di quest’ ultimi: probabilmente essi erano in vetro ordinario. Ad ogni modo si rileva che i dati degli accademici accennano a tensioni un po’troppo elevate per le temperature comprese fra 100° e 150°; mentre oltre i 200° le differenze sono piccolissime, come emerge dai seguenti confronti, posti i dati dei termometri a mercurio: Atmosf. Tempei\ secondo Arago Regnault. Atmosf. Temper. secondo Avago Regnault 2,0 121,4 120,8 12 190,0 189,6 3,5 140,6 139,7 15 200,48 200,17 6,0 160,2 159,8 18 209,4 209,2 7,5 169,37 169,0 22 219,6 219,7 l.e osservazioni della Commissione americana danno su quelle di Regnault- differenze in più troppo notevoli, per poterle attribuire ad errori d’osservazione: il meLodo da essi adoperato si mostra poco rigoroso. Man. ili Fisica 24 360 CAPO QUARTO Le osservazioni dì Ure, tanto al dissotto quanto al dissopra di dOU°, sono in sufficiente accordo con quelle di Regnatili, ritenuto elle le temperature corrispondano ad un termometro a mercurio col recipiente di vetro ordinario ; il metodo da lui seguilo è abbastanza preciso: ma oltre i 138° le differenze si rendono un po’ eccessive. Invece le tensioni date da Southern per le temperature superiori a 121° sono sensibilmente minori di quelle di Regnault. Gioverà, per alcuni confronti, l’indicare, secondo i dati di Reguault, le forze espansive del vapore acqueo, calcolate come nelle precedenti tabelle, ma espresse in atmosfere da jnill. 766 di mercurio cadauna, in rapporto alle temperature date da un termometro ad aria. Temp. Tensione Temp. Tensione Temp. Tensione Temp. Tensione 0° 0,006 106 (,235 150 4,712 180 9,929 10 0,012 1(0 1,415 152 4,971 185 11,(25 20 0,023 (12 1,613 156 5,522 190 12,425 30 0,012 120 1,962 159 5,966 195 13,842 40 0,072 128 2,5(5 160 6,120 200 15,380 50 0,t2l 130 2,671 162 6,439 205 17,047 60 0,196 131 3,008 165 6,940 210 18,848 70 0,306 139 3,476 168 7,472 215 20,791 SO 0,166 J10 3,576 170 7,814 220 22,882 90 0,091 141 4,000 171 8,036 225 25,128 100 1,000 148 4,164 176 9,049 230 27,535 E volendosi invece le temperature del termometro ad aria, corrispondenti a numeri interi di atmosfere, gli stessi dati di Regnault forniscono : Atmosf. Temper* Atmosf. Temper. Almosf. Temper. Aunosf. Temper. 1 Ì00°,0 8 170”,8 15 198°,8 22 217°,9 2 120.4 9 175,8 16 201,9 23 220,3 3 133,9 10 180,3 17 204,9 24 222,5 224,7 4 144,0 tt 184,5 18 207,7 25 5 162,2 12 183,4 19 210,3 26 226,8 6 159,2 13 192,1 20 213,0 27 228,9 7 165,3 14 195,5 21 215,5 28 230,9 420. Quanto alla forza espansiva dei vapori di altri liquidi, e specialmente dell’ alcoole, dell'etere solforico, dell’ essenza FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI 361 di trementina ( terebenteno ), del solfuro di carbonio ( aeido solfo-carbonico), del mercurio e dell’acido solforico, sonvi osservazioni di Bettancourt (1790), di Dalton (1802), di Gay- Lussac, di Ure (1818), di Despretz (1817), di Cagniard-Latour (1822), di Davy (1823), di Prinsep (1826), di Faraday (1830), di Avogadro (1831) e di Regnault (1846, 1830 e 1834). Esponiamo qui alcuni dei loro risultati, quelli che stimiamo più attendibili e più interessanti: Secondo Dalton Alcoole ( a ) Temper. Tensione — 12°,5 miti. 13,97 0,0 20,27 12,5 33,02 25,0 66,03 50,0 223,51 75,0 634,99 79,2 744,21 Etere — 25*,0 29,97 — 12,5 76,20 0,0 154,94 12,5 285,49 25,0 493,51 50,0 1271,0 75,0 2891,6 100,0 6007,0 Tensione miti. 380 760 1140 Secondo lire Alcoole (b) Temper. Tensione — r,i i miti. 9,65 10,00 21,84 26,0Q 63,23 48,89 205,74 60,00 353,06 76,67 715,81 98,89 1651,0 110,00 2390,1 121,11 3360,4 Terebenteno 151.11 760,0 160,00 941,31 171.11 1201,4 182,22 1544,3 Petrolio 157.77 760,0 165,56 934,54 176,67 1190,2 187.78 1538,2 63°,8 - 78,7 35°,5 89,4 47,5 Secondo Cagniard-Latour Etere solforico Temper. Tensione 100°,0 atnu 5,5 112,5 7,8 125,0 10,5 137,5 12,8 150,0 17,9 162,5 22,1 175,0 28,2 187,5 37,4 Secondo Davy Solfuro di carbonio 46“,6 atm. 1,0 57,7 1,33 160,0 7,70 171,1 8,95 134°,4 156,5 174,1 Secondo Despretz Temperatura Alcool© Etere Terebentena (a) L'alcool© adoperato era alcun po' diluito , presentando il peso «pecifico 0 # S7f (b) Avente il peso specifico 0,813. CAPO QUARTO Secondo Prinscp Secondo Avogadro Miscele d’acido solfoMercurio rico e d’acqua Temper. Tensione Densità Tensione 230’ mill. 58,01 d,S40 f itili. 0,000 (a) 240 80,02 d,6067 0,062 250 105,88 d,484d 0,188 260 133,62 d,4313 0,311 270 165,22 d,323 0,546 280 207,59 1,264 8 0,688 290 252,51 300 309,40 Secondo Iieynaull Alcoole Acido solfocarbonico Tpmper. Tensione Temper. Tensione — 21’ miti. 3,12 — 16’ mill. 58,8 — 20 3,34 — 10 79,0 — 10 '6,50 0 127,3 0 12,73 10 199,3 do 24,08 20 298,2 30 44,0 30 434,6 30 78,4 40 617,5 40 134,1 50 852,7 50 220,3 60 4162,6 60 350,0 70 1549,0 70 539,2 80 2030,5 80 SI 2,8 90 2623,1 90 1190,4 100 3321,3 dOO 16S5,0 HO 4136,3 ddO 2351,8 120 5121,6 120 3207,8 130 62G0,6 130 4331,2 136 7029,2 140 5637,7 150 725T,8 152 7617,3 Secondo Ileijnaull Mercurio Temper. Teusione \ ? Serie 0°,00 mill. 0,000 23,57 0,068 38,01 0,098 100,6 0,555 146,3 3,46 177,9 10,72 200,5 22,01 2. .* Serie 0,00 0,000 25,39 0,034 49,15 0,087 72,74 0,183 100,11 0,407 Cloroformio 1.* Serie iO 20 30 36 36 40 50 60 70 SO 90 100 ddO d20 130 d 30.4 d 90,2 276.1 342.2 2.* Serie 313,4 364,0 524.3 738,0 976,2 d 367,8 1811 ,5 2354,6 3020.4 381 S,0 472d,0 (on prodotti dalle miscele dì acido solforico e di acqua sono riferite a quella dei vapori d'acqua pura a 20°,67, che è presa per unità. FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI 3(i3 Secondo Regnault Etere Terebenteno — 20° min 69,2 0* miti. 2,1 120° mill. 257,0 — 10 113,2 10 2,3 130 347,0 0 182,3 20 4,3 140 462,3 10 286,5 30 7,0 150 604,5 20 431,8 40 11,2 160 777,2 30 637,0 50 17,2 170 989,0 •10 913,6 60 26,9 180 1225,0 50 1268,0 70 41,9 190 1514,7 60 1730,3 80 61,2 200 1865,6 70 2309,5 90 91,0 210 2251,2 80 2947,2 100 134,9 220 2690,3 90 3899,0 110 187,3 222 277S,5 100 4920,4 ito 6249,0 116 7076,2 Circa agli esposti dati di Regnault dobbiamo avvertire che per le basse temperature e per le tensioni minori d’un’atmosfera egli seguì il metodo diretto di misurare le forze espansive dei vapori nel vuoto; mentre alle temperature elevate segui l’altro metodo di misurare la temperatura d’ebollizione del liquido sotto un’ atmosfera artificiale. Questi due metodi, cbe già col vapor acqueo egli aveva trovali in pieno accordo, gli diedero anche coi summenzionati vapori delle curve coincidenti, purché i liquidi producenti i vapori fossero in istato di perfetta purezza. Ma non appena un liquido contenga una quantità pur tenuissima d'altra sostanza vaporabile, i due metodi danno valori differenti per la tensione del vapore sotto una medesima temperatura. Da qui la differenza emergente per il cloroformio fra le tensioni esposte nelle due serie d’esperienze relative a questo liquido. Osserva anzi Regnault, che cotesti confronti porgono un mezzo estremamente sensibile per giudicare della omogeneità o meno d’una sostanza vaporabile. Dalton, confrontando le forze espansive del vapor d’etere con quelle del vapor d'acqua, e scorgendo essere sensibilmente eguali le variazioni nelle tensioni dei due vapori, corrispon- capo Qtunto denti nd incrementi o decrementi eguali nella temperatura, qualora si prenda per ciascuno, come punto di partenza, tale temperatura, per cui la tensione dell’uno eguagli quella del* l’altro, credette di poter stabilire come una legge generale tolesta corrispondenza fra le tensioni de’ vapori de’ divers liquidi, partendo, ad esempio dalla rispettiva loro temperatura d’ebollizione, per cui la forza espansiva dei vapori egua* glia la pressione di miti. 760 di mercurio a 0°. Ma le osservazioni più precise di Despretz e quelle più svariate e rigorose di Kegnault, provano che siffatta supposizione non è ammissibile, nemmanco come un dato di approssimazione. Ecco infatti alcuni confronti, adottando i dati di Kegnault. Vapore di Tensione Teinper. Tensione Tenij cr. Alcoole mill. 6,5 — 40» WU’11.220,3 50° — — 10°+ 60* Acqua 6,5 + 5 186,9 65 5 | 60 Alcoole 44,0 20 812,8 80 — 20 + 60 Acqua 44,2 36 657,5 96 =5 36 i 60 Alcoole 4190,4 90 7257,8 150 a 90 + 60 Acqua 4488,6 113 6406,6 173 =3 113 + 60 Etere 434,8 20 2947,2 80 a 20 | «0 Solfuro di carb. 434,6 30 2623,4 90 ss 30 i 60 Acqua 433,0 85' 3123,2 145 a 85 + 60 Etere 434,8 20 6249,0 410 a 20 + 90 Solfuro di carb. 434,6 30 5124,6 120 = 30 + 90 Etere 4268,0 50 6249,0 440 ss 50 + 60 Acqua 4269,4 115 6747,4 175 =3 115 + 60 Solfuro di carb. 79,0 — 40 852,7 50 SS - — 10+60 Acqua 79,1 + 47 974,1 107 — 47 -J- 60 Solfuro di carb. 2030,5 80 6260,6 130 a 80 + 50 Acqua 2030,3 430 7546,4 180 = 130 + 50 Cloroformio 524,3 50 3020,4 HO a 50 + 60 Acqua 625,4 90 3581,2 150 33 90 + 60 Cloroformio 2354,6 400 3818,0 120 a 100 + 20 Acqua 2353,7 435 4088,6 155 =3 135 + 20 Terebenteno 41,2 40 134,9 100 a 40 + 60 Acqua 11,2 43 265,2 73 = 13 + 60 Terclicnieno 41,9 70 347,0 130 a 70 + 60 Acqua 35 633,8 95 35 + 60 FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI 363 Terebcftt. 434,9 400>m»U.2690,3 5200 ss 400 +120 Acqua 435,5 58 7205,8 478 « 58 -f 420 Solfuro di carb. 427,3 0 298,2 20 •M 0+20 Cloroformio 430,4 40 276,4 30 s 10 + 20 Terebenteno 434,9 400 257,0 420 SS 400 + 20 Terebenteno 777,2 460 8254,2 210 ss 160 + 50 Cloroformio 738,0 60 3020,4 440 =3 60 i 50 Da questi confronti emerge, che la forza espansiva del va* pore d’alcoole cresce coll’aumentare della temperatura più rapidamente che noi faccia quella del vapor acqueo ; e che per converso la tensione di quest' ultimo aumenta con una ragione più rapida di quella che si verifica per i vapori di etere, di solfuro di carbonio, di cloroformio, e segnatamente per il vapore di terebenteno, per il quale si osserva un incremento lentissimo. E nel vapore d’etere e di solfuro di carbonio cotesto aumento è più rapido che nel vapore di cloroformio. Pertanto, a voler ordinare gli anzidetti liquidi con riguardo al più rapido aumentare della tensione dei loro vapori col- l’accrescere della temperatura, si avrebbe la seguente serie, nella quale questa proprietà va decrescendo dal primo all’ultimo: alcoole, acqua, etere, solfuró di carbonio, cloroformio e terebenteno. Si cercò poi di collegare le forze espansive de’ vapori dei diversi liquidi colle temperature per mezzo di alcune delle formole già assunte ad esprimere la legge della tensione del vapor acqueo. Avogadro, usando la prima forinola di Biot: log F — log fira.t -+ b. f 2 + c .< 3 , e partendo dai dati di De- spretz, i quali, avanti quelli recenti di llegnault, meritavansi maggior fede degli altri, trova che essi danno : Per i vapori di atcoole log Fz= log 0 m ,76 + 0,018023.1—0,00014634.I 2 » etere log F= log 0 n, ,76 + 0,01484 83.< — 0,0000145195.< 2 » terebenl. log/'=log0 m ,76 + 0,0M608.r—0,000091083. dove le forze espansive F dei vapori sono espresse in metri di mercurio, e le temperature t per i singoli vapori sono contale a partire dalle temperature d’ebollizione dei rispet- 366 CAPO QUARTO tiv-i liquidi (cioè per i vapori d’alcoole da 78°,7, per quelli (l’etere da 3ó°,5 e per quelli di terebenteno da 158°,5), e prese positivamente al dissopra e negativamente al dissotto. Anche da queste forinole, confrontate coll’analoga forinola esposta a pag. 338 per il vapor acqueo, si scorge la insussistenza della suecennata legge di Dalton, poiché per i diversi vapori avrebbero dovuto essere eguali i coefficienti delle simili potenze di t. E si rileva altresì che nel vapore d’ alcoole la tensione cresce più rapidamente che nel vapor d’acqueo; che la legge di quest’ultimo poco differisce da quella del vapor d’etere, e che il vapore di terebenteno cresce in tensione ben più lentamente che quello di etere. Ma queste formule, non contenendo che le prime due potenze di t , poiché sono dedotte da tre sole osservazioni per ciascun vapore, non sono più attendibili per temperature appena un po’ discoste da quelle che servirono a calcolare le due costanti. Però, dietro i suesposti dati di Regnatili, è fucile il calcolare i valori delle costanti o, b, c da porsi nella della furinola generale, onde rappresentare la legge empirica della tensione dei vapori di alcoole, di etere, di solfuro di carbonio e di essenza di terebinto, assumendo per f la tensione osservata per ciascun vapore a 0° e per F e t tre coppie di valori presi a temperature equidistanti tra loro. Lo stesso Avogadro trova che le proprie osservazioni su la forza espansiva dei vapori di mercurio sono espresse dalla forinola log F=z log 760 — 0064637.1 + 0 , 0000075956.( 2 — 0,000000 18452 .t\ dove le tensioni F sono espresse in millimetri di mercurio, e le temperature sono contate da 360° (temperatura d’ebollizione del mercurio secondo un termometro a mercurio), positivamente nel discendere a più basse temperature. Ma co- testa forinola dà a d00“, cioè per t ~ 260, la tensione F ~ 0,02944 millim., la quale è di troppo inferiore a quelle •osservate da Regnault a temperature prossime a 400°: pare adunque che la forinola stessa non abbia più valore per le FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI 36T temperature molto discoste da quelle (230°, 250°, 290° e 360°) che servirono a calcolare i suoi coefficienti. Avvertasi che essa è di tal forma da non dare tensione assolutamente nulla a qualsiasi bassa temperatura: però a 0° essa darebbe la tensione di mill. 0,00001)08518, la quale potrebbesi riguardare come tisicamente nulla (“). (a Hcrmbstaedl (1814) trovò che a 30° il mercurio emette vapori che rendonsi sensibili coll’imbianchimento dell’oro sospeso al dissopra di esso. Faraday (1820) ottenne collo stesso mezzo vapori sensibili anche a 16°, e posteriormente (1826 e 1830), dietro molle prove fatte a temperature ancor più basse, credette di poter ammettere un limite alla evaporazione del mercurio tra — l°,l 1 e — 6°,67: poiché tra queste' temperature una foglia d’oro battuto, mantenuta per aleutit settimane alla distanza soltanto di met. 0,020 dalla superficie del mercurio, non subì sensibile modificazione, mentre da 20° a 25°, il vapore s’elevava a più di met. 0,10. Pertanto suppose egli che la forza evaporante delle particelle liquide superficiali venisse, ad una certa temperatura, annullala dalla attrazione della sottostane massa liquida e dal peso delle stesse particelle, od almeno che il vapore formatosi costituisse una atmosfera limitata a ben piccola altezza sovra il liquido. Anche l’acido solforico concentralo, secondo alcune anteriori osservazioni di Bellani, non avrebbe dato, nel corso di due anni, vapori sensibili ad una foglia di zinco lucente chiusa nella parte superiore d’un fiasco contenente il detto acido, le temperature essendo sempre stale inferiori a 30°. Ma Brame (1854 ) trovò che il solfo otricellare (pag. 318) è un reagente ben più sensibile dell’oro per i vapori di mercurio. Ad una temperatura costante di 11°,5 (ne’sotterranei dell’Osservatorio di Parigi) vidersi questi vapori salire a met. 1,76 al dissopra del liquido; giunsero ad I metro a temperature comprese tra alcuni gradi sotto zero e + 30°; ed a — 8° si levarono a parecchi centimetri. Anco le amalgame molli diedero analoghi risultali. Talora, operando a lungo, si condesarono negli otricelli di solfo, trasformandoli in solfuro, quantità ponderabili di mercurio (grani. 0,006 a 0,023). Invece, adoperando come reagenti i vapori di jodio , i vapori di mercurio sembrano formare un’atmosfera limitala sovra il liquido; non iscorgendosi essi che a met. 0,036 a 0,038 per una media di 26°, ed a met. 0,020 a 0,022 per una media di 12°: 368 CAPO QUARTO 121. Finora si suppose che i vapori si diffondessero, alla densità di saturazione, in uno spazio limitato e vuoto. Quando invece si diffondono entro un gas chiuso in limitato spazio, il fanno con molta lentezza: ma, raggiunta che abbiano la densità di saturazione, trovandovisi in contatto col liquido che li produce, spiegano, secondo che avvertì Dalton (I8'i2), una forza espansiva eguale a quella che mostrerebbero in uno spazio vuoto avente la stessa temperatura. Laonde i vapori, mescolandosi eoi gas, si comportano a guisa dei gas, i quali non esercitino azion chimica tra loro, e siano tra loro comunicanti (§ 93); ond’ è che la forza espansiva della mescolanza eguaglierà la somma delle forze espansive del gas e del vapore mescolati, ove però riducasi il gas al suo primiero volume. La esistenza pertanto di un gas in uno spazio ove si diffonde un vapore, non presenta che un ostacolo meccanico alla rapidità della evaporazione, mentre la quantità del vapore da ultimo diffuso eguaglia quella che diffonderebbesi nello stesso spazio vuoto. Gay-Lussac, il quale immaginò un comodo apparecchio per sottoporre a prova queste asserzioni di Dalton, venne a darvi l’appoggio della propria autorità. Però esse furono ammesse come rigorose dai fisici, finché Regimali (1816 e 1850), richiamandole a scrupoloso esame, trovò di recarvi e ciò a cagione, probabilmente, della densità dei vapori di jodio (8,716) mollo maggiore di quella dell’aria, e della scarsa volatilità dei joduri di mercurio. Cosi anche adoperando i vapori di bromo e di lerebenteno, si rilevano fatti analoghi a quelli offerti dai vapori di jodio. Pare adunque che non esista un limile assoluto all’evaporazione del mercurio. E, dietro molte osservazioni proprie, lo stesso Brame ritiene, che cole.sta conclusione valga anco per quegli altri liquidi per i quali dianzi si ammetteva che ad una certa temperatura più non potessero vaporare. Onesti falli meritano studio, tendendo essi a mettere in dubbio resistenza, ammessa da WoMaslon, Faraday, Poisson ed Avogadro, di un limite assoluto nell’atmosfera terrestre, e quindi di un limite tìsico nella divi- Sibilila della materia. FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI 369 qualche modificazione. Citiamo prima alcune delle sue osservazioni su le tensioni del vapor acqueo nell’aria e nell’azoto, poste a confronto colle tensioni che sarebbersi verificate nel vuoto, secondo le forinole suesposte. Tensione in millim. Tensione in millim <— ■ ■- ^ osservata calcolata osservata calcolata Tpmper. nell’ aria nel vuoto Dlffer. Tpmper. nell’ azoto nel vuoto Differ. t^OO 4,47 4,60 - -0,13 0,*00 4,43 4,60 — 0,17 1 2,48 10,08 10,77 0,69 16,50 13,36 13,98 0,65 12,59 10,31 10,85 0,54 12,89 10,35 11,08 0,73 A4,57 11,83 12,36 0,53 8,59 7,74 8,34 0,60 A4,60 11,91 12,39 0,48 5,27 5,99 6,66 0,67 15,05 12,46 12,74 0,28 13,16 10,67 11,30 0,63 16,23 15,48 15,58 0,10 17,19 14,07 14,60 0,53 21,07 18,28 18,58 0,30 21,46 18,61 19,03 0,42 23,tO 20,77 21,02 0,35 25,50 23,71 24,27 0,56 24,69 22,73 23,13 0,40 28,92 28,96 29,65 0,69 27,88 27,59 27,91 0,32 32,53 36,01 36,45 0,44 31,00 33,16 33,41 0,25 34,25 39,98 40,13 0,15 18,94 15,97 16,26 0,29 18,22 15,04 15,57 0,53 15,90 12,69 13,45 0,76 22,15 19,45 19,84 0,69 19,98 16,72 17,37 0,65 25,74 24,05 24,62 0,57 23,88 21,34 22,03 0,69 29,32 29,79 30,35 0,56 25,44 23,47 24,18 0,71 32,78 36,39 36,96 0,57 29 56 30,15 30,77 0,62 35,95 43,48 44,08 0,60 34,30 39,58 40,24 0,66 37,96 48,70 49,20 0,50 39,81 53,70 54,36 0,66 38,00 48,70 49,30 0,60 30,99 32,66 33,39 0,73 Dagli esposti dati rilevasi che le tensioni del vapor acqueo nell’aria sono sempre un tal poco minori di quelle avute nel vuoto. Però Regnatili, riflettendo che nell’aria umida un po’ calda il mercurio si ossida rapidamente alla sua superficie; pensò dapprima che le differenze dipendessero dall’assorbimento di una tenue quantità d’ossigeno dell’aria: quindi, per toglier di mezzo questa supposta causa d’errore, sperimentò nell’azoto puro. Sia ancora le tensioni risultarono minori: anzi le differenze furono, in generale, un po’maggiori che nell’ aria. Nondimeno, sì nell’ aria che nell’ azoto, le differenze sono tanto piccole, da potersi ritenerle, nelle ordinarie spe- rienze, come nulle, mai non giungendo ad un millimetro. E 370 CAPO OUARTO poi da notarsi che le anzidelte differenze corrispondono a quanto aveva già prima lo stesso Regnatili osservato circa la quantità del vapore acqueo contenuta nell'aria atmosferica, in occasione di pioggie a lungo continuate, poiché questa' quantità data dall’esperienza gli risultò sempre alcun po’ minore dì quella calcolata in base alla tensione ed alla densità del vapore acqueo nel vuoto, le differenze giungendo di rado ad 1/30 del peso calcolato. Se non che le forze espansive del vapore acqueo a temperature poco elevate essendo piccole rispetto a quella dell’aria, Kegnault procedette a sperimentare sui vapori di etere, di solfuro di carbonio e di benzina, diffusi nell’aria ben secca, avente da sola la forza espansiva di circa 720 millii». Tensione in millim. Tensione in millim. Tender. nell’aria nel vuoto Difler. Temper. nell’ aria nel vuoto Dlffer. Vapore di etere Vapore di etere i. a serie 2. a serie 5°, 17 225,94 232,5 - - 6,6 33°, 54 702,69 722,8 - -20,1 a, 42 340,15 345,3 5,1 33,62 705,09 726,0 20,9 44,38 336,48 344,5 S,0 30,97 645,62 659,0 13,4 20,78 439,50 445,6 6 1 26,52 552,67 559,2 6,5 20,78 439,78 445,6 5,8 22,83 479,63 484,0 4,4 41,09 297,10 300,2 3,1 20,05 429,69 433,9 4,2 44,44 296,78 300,6 3,8 49,99 428,88 433,0 4,1 49,37 414,02 423,1 9,1 14,26 337,71 341,0 3,3 12,22 311,30 315,0 3." serie (a) 368.81 379,7 - 369,39 379,8 435,21 415,8 435,26 445,9 583.81 619,0 3,7 Vapore di solfuro di carbonio 46,73 46,75 20.78 20.79 29,31 -40,9 40,4 10,6 40,7 36,2 43,45 22,79 22,81 30,65 227,38 229,3 32S.66 332,8 328,90 333,0 441,41 445,7 Vapore di benzina — 2,0 1.1 4.1 4,3 29,31 588,68 619,0 30,3 10,64 46,80 48,2 — 1,4 29,31 593,03 619,0 26,0 10,67 46,98 48,3 1.3 22,Si 470.13 483,8 43,7 40,60 46,92 48,3 1,4 22,86 466,03 483,9 17,9 11,37 47,96 50,3 2,3 22,84 467,54 483,8 4 6,3 11,38 48,57 50,3 4J (a) In questa serit le ossei’ razioni ad e guai temperatura venner fatte ad intervalli di uiezz’ ora i'uua dall’ 1 altra. FORZA ESPANSIVA BEI VAPORI 371 Pertanto, anche per questi vapori, le tensioni nell’aria sono sempre minori che nel vuoto; e le differenze crescono, per ciascun vapore, coll’ aumentare della temperatura, e nei diversi vapori sono tanto maggiori quatti’ è maggiore la forza evaporante dei corrispondenti liquidi. Si valse di poi di un altro processo, che gli concedeva di far variare il volume della miscela, mantenendola a temperatura costante, e di rilevare il preciso istante in cui il vapore incomincia a condensarsi su le pareti del recipiente. Per tal modo, sperimentando sul vapore d’ etere , rilevò che lorquando questo incomincia a condensarsi sul recipiente ha sempre una tensione minore di quella che avrebbe nel vuoto; che però continuando a comprimere il gas, mentre si rende più copioso il liquido deposi- tantesi sulle pareti, cresce anco la tensione del vapore, avvicinandosi ognor più a quella osservata nel vuoto, sino a divenirne eguale, quando siasi formato un grosso strato di liquido. Ma quest’ eguaglianza la si riscontra soltanto ove si osservi tosto dopo che s’è diminuito il volume del gas, poiché la tensione torna di poi a scemare, ed il decremento continua per alcune ore, benché la temperatura rimanga precisamente costante. Dalle quali osservazioni Hegnault trasse una plausibile spiegazione dei falli surriferiti («). (a) Ove il liquido vaporabile trovisi in uno spazio limitato contenente un gas, tenderà ad emettere vapori, finché la tensione di questi eguagli quella che assumerebbero nel vuoto sotto la stessa temperatura. Ma la materia costituente le pareti, grazie alla attrazione molecolare od alla affinità dispiegata sul vapore che le viene a contatto, ne condenserà una porzione su la propria superficie- quindi lo spazio non giungerà allo stato di saturazione sinché la parete non avrà tratta sovra di se quella quantità di liquido che valga ad annullare la sua azione attrattiva sul vapore, quantità che può valutarsi colla grossezza dello strato liquido. Ora, dove la parete è verticale o assai inclinata all’orizzonte, lo strato medesimo non potrà aumentare molto in grossezza, poiché la gravità opera sul liquido stesso per fario scorrere all’ingiù, Pertanto, se lo strato che sta ade- 372 CAPO QUARTO 422. Come conseguenza dell’ accennata legge di Dalton e di Gay-Lussae si ammetteva che per una miscela di diversi liquidi vaporabili, ma non esercitanti tra loro niuna azion chimica, la forza espansiva totale dei loro vapori diffusi in uno spazio limitato a saturazione uguagliasse la somma delle tensioni che ciascun vapore spiegherebbe da solo net vuoto e sotto la medesima temperatura. Onde verificare questo dato, Regnault scelse dei liquidi i quali non si comb'nano chimicamente colla semplice mescolanza, ripartendoli perù in tre classi, come segue: l. a miscele binarie di liquidi che non si disciolgono l’uno nell’altro, se non in quantità tenuissima; 2. a miscele di due liquidi che si dissolvono in proporzioni sensibili, per modo però che, dopo la loro reciproca saturazione , rimangono separate le parti residue dei due liquidi ; 3. * miscele binarie di liquidi dissolvenlisi mutuamente in qualsiasi proporzione, sicché da» luogo ad una mischianza uniforme. l a Classe. Tre sole miscele pertinenti a questa classe potè sottoporre a prova, cioè acqua e benzina, acqua e solfuro di carbonio, ed acqua e cloruro di carbonio. Per esse la legge di Dalton riesci verificata con molta approssimazione. Ecco alcuni esempi trascelti dalle sue sperienze: rente alla parete, sotto le opposte influenze della attrazione e della gravità, non ha bastevole grossezza per elidere l’azione attrattiva della parete sul vapore, lo spazio, dovendo cedere una parte del vapore già diffuso (il quale non gli è restituito con egual rapidità dal liquido in eccesso, attesa la resistenza meccanica del gas), rimarrà meno che saturo; ossia la forza espansiva del vapore sarà minore di quella corrispondente alla saturazione nel vuoto. Secondo queste idee Regnault eonchiude, che la legge di Dalton su le mischianze dei vapori coi gas può ritenersi come una legge teorica, la quale veriiìche- rebbesi probabilmente con esattezza, qualora fosse dato rinchiudere il gas in un vaso le cui pareli fossero formate collo stesso liquido vaporabile, avente una congrua grossezza. Che però negli apparati fisici questa legge è imperfettamente soddisfatta, bea di rado realizzando- visi la richiesta condizione. FORZA ESPANSIVA DEI VAPORI 573 Temper. Tensione del vapore dì acqua benzina Somma delle due tensioni Tensione osservata coìta miscela Diflerenaa J0°,!0 9,23 47,00 56,23 54,92 104,28 — 1,31 22,53 20,30 acqua 85,50 solfuro di carb. 105,80 — 1,52 8,85 38,35 8,49 189,7 198,19 196,81 — 1,38 50,26 acqua 585,0 cloruro di carb. 635,26 634,60 — 0,66 7,79 7,90 52,7 60,60 63,49 f 2,80 44,59 69,91 257,0 326,91 328,38 t 1,47 Come si vede, le differenze sono piccole e non hanno relazione colla temperatura, ossia col valore assoluto delle tensioni. L’ esser riescita la tensione effettiva maggiore della calcolata nella miscela di acqua e cloruro di carbonio, provenne, secondo Uegnault, da che quest’ultimo liquido, in onta alle cure usate, non era assolutamente puro: poiché si avvertì sopra che una minima dose di sostanza estranea, sfuggevole agli ordinarj reagenti chimici, può esercitare non poca influenza su la forza espansiva del vapore d’un dato liquido. Epperò, conchiude Iìeguault, si può ammettere come legge teorica — la quale, probabilmente, mai non si verifica a rigore, non esistendo forse due liquidi che non esercitino assolutamente ninna azione dissolvente l’uno sull’ altro —, che due sostanze vaporabili, le quali non siano suscettibili di disciogliersi, diano nel vuoto dei vapori la cui forza espansiva eguaglia là somma delle tensioni che il vapore di ciascuna di esse presenta isolatamente. 2.* Classe. Sperimentando su una miscela di acqua e di etere, ottenne i seguenti risultati: Temper. Tensione del vapore di Tensione osserva acqua etere colla miscela 15”,56 mia. 13,16 nuli. 361,4 mill. 362,95 20,40 17,83 440 0 440,32 26,73 26,09 663,6 562,79 33,03 27,58 7ll,6 710,02 27,99 28,08 590,0 589,38 24,21 25,30 510,0 610,03 374 CAPO QUARTO E’ rimarchevole che la tensione dei vapori della miscela, lungi dal corrispondere alla somma delle tensioni dei vapori dei due liquidi isolali, eguaglia invece, con singolare approssimazione, la tensione della sostanza più vaporabile. 3. a Classe. Regnault, mettendo a prova tre miscele, in proporzioni diverse, di solfuro di carbonio e di etere, ebbe dai loro vapori una forza espansiva, in generale, minore ancora di quella competente alla sostanza più vaporabile presa da sola, e la differenza è tanto maggiore quant’ è più grande la proporzione del liquido meno vaporabile. Con due diverse miscele di solfuro di carbonio e di cloruro di carbonio ottenne analoghi risultati, le tensioni dei vapori della miscela essendo minori di quelle del liquido più vaporabile, ed intermedie alle tensioni dei due liquidi. Però con una mischianza di benzina e d’alcoole riscontrò una tensione maggiore di quella del liquido più vaporabile, benché fosse minore della somma delle tensioni dei due vapori isolati ( a ). Volle inoltre Regnatili investigare se lo stato d’aggregazione molecolare, piuttosto solido che liquido, d’una sostanza influisca su la forza espansiva dei vapori che essa emette ad una data temperatura nel vuoto. Già egli aveva notato che la curva esprimente la tensione del vapore emesso da! ghiaccio a temperature comprese tra — 32° e 0° presenta una perfetta continuità con quella rispondente alla tensione dei vapori d’acqua alle temperature superiori a 0°. Ora, specimen- (a) Vuoisi rammentare aver Magnus osservato, sino dal 1S36, che la forza espansiva dei vapori d’una miscela d’alcoole e di etere riesce minore non solo della somma delle tensioni dei due vapori separati, ma benanco minore di quella del solo etere; e che essa risulta poi tanto più piccola quant’è maggiore nella miscela la proporzione del liquido meno vaporabile, sino a ridursi pressoché eguale alla tensione del vapore d'alcoole isolato. E con altre mischianze di due liquidi mutuamente dissolventisi aveva del pari notalo che, in generale, la tensione dei loro vapori dipende dalla proporzione con che i due liquidi entrano in ciascheduna miscela. densità’ dei vapori 375 laudo coll' idrocarburo di bromo e colla benzina, liquidi vaporabili e solidificantisi a temperature non molto basse, ottenne lo stesso risultato. Quindi egli ne inferì, che le forze molecolari determinatrici della solidificazione d’una sostanza non esercitino influenza sensibile su la forza espansiva del di lei vapore nel vuoto (“). I vapori che sorgono dalle soluzioni saline ed acide presentano delle forze espansive tanto minori quanl’ è maggiore la loro concentrazione. Gay-Lussac, prendendo per termine di confronto la tensione del vapor acqueo, ed essendo tutti i liquidi ed i vapori confrontali a 10°, trovò i seguenti valori: Densità Tensione Acqua pura 1,000 100,0 Soluz. di clor.sod. 1,096 90,6 » id. 1,163 82,3 . id. 1,205 75,9 » clor. calcico 1,274 66,0 * id. 1,343 50,5 Densità Tensione Sol. di clor. cale, t ,397 37,6 » acido solf. 1,493 18,1 » id. 1,541 12,2 » id. 1,702 2,4 » id. 1,848 0,0 423. Per densità relativa di un vapore s’intende (analogamente alla definizione del peso specifico dei gas, data al §67) il rapporto sussistente fra il peso di un dato volume dello stesso vapore alla densità di saturazione ed il peso di un egual volume d’aria secca, presa alle medesime condizioni di temperatura e di forza espansiva: ammettendosi che i vapori, col variar delle pressioni, seguano la legge di Boyle, ed abbiano, a qualsiasi temperatura, lo stesso -coefficiente di dilatazione dell’ uria. La densità d di un vapore vien quindi calcolata mercè la formula d dove p è il peso in grammi di quella quantità di vapore che alla temperatura t ed alla forza espansiva /’, espressa in millimetri, riempie una (a) 1 vapori dell’acido acetico monoidrato, secondo che questo era solido o liquido, gli diedero delle curve rappresentatrici delle loro tensioni, le quali non si corrispondevano tra loro: ma in una serie di sperienze la curva per l’acido solido riesci superiore a quella per l’acido liquido, in altre serie trovò il contrario. Begnault attribuisce» queste anomalìe alla presenza nell’acido di teuui quantità di sostanze 1 estranee. Man. di Fisica 25 376 CAPO QUARTO capacità, la quale a 0° presenta il volume v, espresso questo in centimetri cubi; p’ è il peso, pure in grammi, di un centimetro cubo di aria secca a 0° ed alia pressione di mill. 760; £ e o’ i coefficienti di dilatazione cubica deli’aria secca e deila materia ond’è formato il recipiente. Ponendo quindi p’ — gr. 0,001293 («1: 0,003665, e o’ —0,0000276, ritenuto die il recipiente sia in vetro ordinario, la precedente diventa , p A+ 0,003665.1 760 “ —■ 77 {" Ì+Ó',Ò0b0276".7* 0,001293* Però a determinar d si ponilo seguire due metodi. O si misura qual sia il volume occupato, sotto data temperatura e pressione, dal vapore prodotto da un conosciuto peso di liquido vaporizzato: ovvero si determina qual sia il peso del vapore che riempie, da solo, una capacità di conosciuto volume. 11 primo processo, usato da Gay-Lussac, può adoperarsi soltanto ne’easi in cui la temperatura sìa inferiore a 150°; mentre il secondo, messo in opera da Dumas, può usarsi a qualsiasi temperatura, purché questa non sia di tanto elevata , ma che alla temperatura t sarà in fatto v ( i + cf. t). La cognizione delia densità d d’un dato vapore può servire altresì a determinare la densità d’ riferita a quella dell’acqua a 4 U , che esso assumerà sotto qualunque altra temperatura ove si conosca il massimo di tensione f che esso (a) Propriamente, come si disse a pag. -tot, il peso d”un centimetro cubo d'aria secca a o°, alla pressione di mill. 760, alla latitudine di 45° ed al livello del mare, sarebbe di gr. 6,001292743: però il valore approssimato suesposto potrà valere per que’luoghi che siano poco discosti dalla latitudine inedia e di poco elevati sul livello dell'Oceano. Altrimenti si calcolerà questo peso colla forinola esposta alla pag. A 01. densità’ dei VAPORI 3TT spiegherà alla stessa temperatura t’ , mediante la formula 0.001293 f r ... „ , . , 1 . f+O.òOMdO’- 760- E q um<1 ' colla relazione v zz ;f . si pò- d'zzd. tra determinare il volume v’ in centimetri cubi, che presenterà un grammo dello stesso vapore sotto le medesime, temperatura V e tensione f \ Che se invece si volesse conoscere il valore d” della densità dello stesso vapore, riferendola a quella dell’aria secca, presa alla medesima temperatura ma però mantenuta alla costante pressione d’un’atmosfera, si avrebbe dr-—J _ IL — 1+0,<1031171. r’ * 760- Gay-Lussac trovò per il vapor acqueo a fOO 0 la densità d ~ 0,62287 (“), valore molto approssimato alla densità 0,62207, che si deduce dalla legge di combinazione per volumi dei gas (pag. 186), ponendo che due volumi d’idrogeno, unendosi ad no volume d’ossigeno, diano, nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione, due volumi di vapor acqueo, 1 onde si ha d (0,0692 X ‘2 t 1,10563 ) rr 0,62207. Ma altri fisici, operando però a temperature differenti, ottennero valori sensibilmente tra loro diversi ( b ). Quindi era da creta) Ordinariamente si riferisce per questa determinazione il valore 0,6235, risultante in base ai valori allora attribuiti al peso d' un tilro d’aria, al coefficiente di dilatazione di questa ed al coefficiente di dilatazione cubica del velro. Ma, assumendo i dati immediati delta esperienza di Gay-Lussac, per cui il volume v a 0° era 22t)X 1,993 i6 cta- li metri cubi; f — 10U°;/> — gr. 0,6U0 \f— 702,40, ed introduccndoli nella formola della pagina precedente, si ila appunto d ~ 0,62287. (à) Citiamo, ad esempio, alcuni dati; Temper , Densità . Temper. Densità Watt 100°, 00 0,6334 Muncke U°,00 0.8274 Davy inedia 0,6666 » 23,75 0,7214 Auderson 9,45 28,34 0,0523 » 37,50 0,6501 » 0,6251 » 43,75 Scbmeddiuk 13,44 0,6J4S Despretz 17,14 0,0767 0,016 » 19,31 0,6535 » 17,50 0,625 Brunner 9,50 0,6490 * 21,25 0,032 Southern 109,15 0,6179 » 28,75 0,613 8 132,23 0,0957 . 37,50 0,040 » 140,13 0,7095 | » 43,75 0,052 '■378 CAPO UCARTO dersi che, in fatto, i vapori, massime lorquando fossero in condizioni di prossima liquefazione, si scostassero sensibilmente e dalla legge di Boyle e da quella della uniforme dilatabilità (png. 275-76). Si è infatti verificato per alcuni vapori, che la loro densità varia sensibilmente sino ad una certa temperatura , oltre la quale riesce costante. Ad esempio, i vapori dell’acido acetico monoidralo, il quale bolle a -ISO 0 sotto la pressione d’ un’ atmosfera, diedero ì seguenti risultali: Temper. Densità Temper. Densità Temper. Densità 125° 3,180 . 170° 2,480 240° 2,000 130 3,105 180 2,438 270 2,088 140 2,907 190 2,378 310 2,OS5 150 2,727 200 2,248 320 2,083 160 2,604 220 2,132 336 2,083 Perciò la densità di questo vapore va continuamente diminuendo fino a 240°, cioè a 420 u oltre la temperatola d’ebollizione, poi riesce sensibilmente invariata sino a 336°. Ma per le sostanze molto vaporabili ia densità del vapore raggiunge un valor costante a pochi gradi oltre il loro punto tl’ ebollizione. Per esempio, l’aleooie, che bolle a 78 u ,5, dà per la densità del suo vapore i seguenti valori: 88° 1,725 | 110° 1,610 . 150® 1,604 98 1,649 | 125 1,603 | 200 1,002 Onde decidere questa importante quistionc (ter rispetto ai vapor acqueo, Heguault (1846) istituì parecchie serie di esci - vazioni. Dapprima detenutilo la densità del vapor acqueo nel vuoto alla temperatura di 100 IJ , ma sotto pressioni sempre più deboli, onde rilevare se il vapore segue allora la legge di boyle, ed adoperando due diversi metodi, venne a eouciiiudere, che la densità del vapor acqueo nel vuoto e sotto deboli pressioni può calcolarsi secondo la legge anzidetta, purché la frazione di saturazione (cioè il rapporto tra la forza espansiva osservata e quella dello stesso vapore a saturazione data dalle tavole) non superi 0,8; rendendosi poi la densità slessa lauto più sensibilmente elevala quanto più il vapore riesce ticino DENSITÀ’ DEI VAPORI 379 alia saturazione delio spazio: e ciò, probabilmente, a cagione di una parziale condensazione del vapore in prossimità delle pareti del recipiente. In seguito determinò la densità del vapor acqueo a saturazione nell’ aria, facendo uso del processo chimico di Brunner, e della formula I+tJ’/f b—p d.p’f ... , , pzz v i + f ' ~fià’ ove P e > 1 P es0 ° e ‘ va P 01 ‘ acqueo contenuto io una massa d’aria, che per mezzo di un vaso aspiratore è obbligata ad attraversare dei tubi assorbenti il vapore; v la capacità a 0° del vaso aspiratore che, vuotandosi d’acqua, si riempie d’aria; S’ il coefficiente di dilatazione cubica della materia costituente il vaso, il quale ove sia di latta avrà à’~0,0000336; 0,003003 il coefficiente di dilatazione dell’aria; p’~ 0,001293 il peso in grammi di un centimetro cubo d’aria secca a 0° ed alla pressione d’ un’atmosfera ; d la densità del vapor acqueo;/ J la temperatura dell’aspiratore al finire della sperienza; f la corrispondente tensione del vapore a saturazione; f \a tensione massima del vapore corrispondente alla media temperatura dell’aria durante Vesperienza, e b l’altezza barometrica al fine dell’esperienza ridotta a 0°. Perciò egli preferì di calcolare col mezzo di questa formolo il peso p del vapore elle deve trovarsi nell’ aria, supponendo la densità teorica rfrz0,6^2 , per poi confrontarlo col peso fornito dalla sperienza. Dal prospetto de’suoi risultati sperimentali, appare che tutti i valori di p calcolati sono un po’ maggiori di quelli dati dalla sperienza, e prossimamente tutti di una quantità che corrispondp all’incirca ad un centesimo dei pesi medesimi: e ciò dipendentemente dall’essere le tensioni effettive del vapore acqueo nell’aria un po’ minori di quelle calcolate nel vuoto ( pag. 3(19 ). Pertanto Regnault conclude che le densità del vapor acqueo a saturazione nell’aria, alle basse temperature ordinarie dell’atmosfera, ponno calcolarsi colla legge di Boyle, ponendo però la densità effettiva un po’ minore della densità teorica. Con altre sperienze rilevò che da 23° a 4a° i pesi del vapore avuti sperimentalmente sono un 38(1 CAPO QUARTO po’maggiori di quelli calcolati, a motivo, forse, di un trai* porto di goccioline liquide: ma ancora le differenze giungono di rado ad un centesimo dei pesi stessi. In ogni caso adunque, assumendo per base la tavola delle tensioni del vapor acqueo nel vuoto calcolata da Regnatili, e ritenendo la densità del vapore costantemente eguale a 0,6-22, si potrà con sufficiente approssimazione calcolare il peso del vapor acqueo contenuto in un dato volume d’ aria, od in una data capacità vuota. In base alle formule citate a pag. 377 è poi dato valutare le densità d’ dei vapor acqueo, riferite a quelle dell’acqua, ed il volume v' in centimetri cubi che presenterà alle forze espansive f corrispondenti alle diverse temperature t il vapore prodotto da un grammo di acqua, posto d“0,622: per cui esse :9m84,6I U0 “ W ridiamosi a d J> : o,oonooins*2is f 'i' +0.0(53880 ~ e v / Eccone alcuni valori, calcolali coi dati di Regnatili: T finger. Densità Volume Temper Densità Volume — 30* 0,000000160 2173342,0 100° 0,00058851 1699,107 — 20 0,000001059 914679,0 Ito 81102 1233,025 — IO 2137 468015,0 120 0,00109613 912,304 0 4868 205332,0 140 190063 526,141 + IO 9356 106887,0 t60 310289 322,280 30 0,000030365 32931,3 180 481155 207,833 50 83034 12013,2 200 713762 :*0,I03 70 0,000196302 5094,2 220 972957 102,780 «0 418123 2391,6 230 0,01201590 83,223 Qualora poi si moltiplichino i suindicati valori delle densità, riferite all’acqua, per 773,3 si avranno le densità dei vapor acqueo , riferite a quella dell’ ària, presa questa alla temperatura t e mantenuta perù alla pressione di un atmosfera. A dare un’idea delle relazioni che ponilo sussistere tra le densità dei vapori trovate sperimentalmente e quelle che 9j «aleolano, ammettendo la legge summenzionata delle combinazioni per volume, citiamo i seguenti dati: 381 BEKsm’ DEI VAPORI De nsità — — Follimi dei gas Volumi del sperimcìit. calcolale componenti gas composto Secondo Gaf-Lussac. Acqua 0,6235 0,6201 2 H +10 2 Alcoole 1,6133 1,6005 1 C 4 H 1 f r HO 1 Etere 2,5860 2,5809 2 c 4 m+1 HO 1 Etere iodidrico 5,4749 5,3653 1 C 4 H 4 + 1 HI t Terebenteno 5,0130 5,0744 2 canfenof HO 2 Solfuro di carbonio 2,6447 2,6394 I C +2S 2 Secondo Thenard. Etere cloridrico 2,2190 2,2350 1 C 4 H 4 + 1 HC1 1 Secondo Dumas. Protocloruro di fosforo 4,875 4,8076 1 Ph + 3 CI 2 id. di arsenico 6,3006 6,2969 1 As f 3 CI 2 Cloruro di silicio 5,939 5,9592 1 Si t 2 CI l Percloruro di stagno 9,1997 8,993 1 Sn f 2 CI t Cloruro di titanio 6,836 6,60 1 Ti t 2 CI 1 Per cotesti esempi si rileva come dalla densità del vapore di una sostanza composta si potrà trarre qualche lume per vedere la di lei composizione, ossia la di lei forinola chimica. Ma è chiaro, come avverte Regnault, che si dovrà in prima verificare, se la densità trovata si mantiene costante, anche operando ad una temperatura superiore di 50° a 60° a quella sotto la quale si sperimentò dianzi, poiché allora soltanto si potrà ammettere che il vapore stesso, trovandosi nelle condizioni dei gas permanenti, segua esso pure le leggi di dilatabilità e condensabilità di questi. Sembra però che anco a temperature molto elevate, e quando assumono una notevole densità, i vapori si scostino di molto dalla legge di Boyle. Cagniard La-Tour osservò, che scaldando molt’oltre dei liquidi entro robusti tubi, dove non sia lasciato molto spazio al distendersi del vapore, giunge un punto in cui tutto il liquido si vaporizza, ma non appena si abbassi alcun po’ la temperatura, il liquido ricompare d’un tratto. *>82 CAPO QUARTO Temperatura detta completa vaporizzazione Elere 200° Aicoole (a 36“ B.) 259“ Solfuro di carbonio 275 Volume del vapore Tenutone riferito a quello del vapore del liquido in atmosfere 2 37 3 1 !9 2 78 L’acqua presenta lo stesso fenonemo ad una temperatura prossima a quella della fusione dello zinco (420°), vaporizzandosi per intero in uno spazio circa quadruplo del volume del liquido: mentre la tensione del vapore dedotta dalle forinole empìriche di Dulong ed Arago (pag.339) dovrebbe essere di circa 400 atmosfere, ed il volume riferito a quello dell’ a- equa dovrebb’essere, secondo la legge di Boyle, di circa 7,98. Così anche l’etere ed il solfuro di carbonio, vaporizzandosi avrebbero presentato nelle citate osservazioni un volume rispettivamente 5 volte e tre volte minore di quello che avrei)- ber dovuto presentare seguendo le leggi di Boyle e di Gay- Lussac. Mitscherlich, ripetendo queste sperienze, ottenne a- naloghi risultati. Le formoie Z—Vszf e * - f *+aon3M». f V p’—r' 1+0,003665./ e d — /” lf0,003tìtìò.(” desunte dai principj suesposti, servono a risolvere diversi interessanti problemi intorno alle mescolanze dei gas e dei vapori : dove v esprime il volume che presenta sotto la pressione p e la temperatura l un gas in contatto con un liquido vaporabile; v J il volume assunto dallo stesso gas alla pressione p J e temperatura t J ; f e d f J , d e d J rispettivamente le forze e- spansive e le densità che il vapore prodotto dallo stesso liquido offre allo stato di saturazione sotto le temperature l e V. 424. Quando la superficie libera d’un liquido vaporabile trovasi in contatto con un gas di illimitata estensione, com’ è l’atmosfera, si spiccano da essa in modo lento ma continuo dei vapori, poiché questi, massime ove il gas venga tratto tratto a rimescolarsi, non ponno giugnere a saturare lo spazio vastissimo che innanzi loro sta dischiuso : epperù la massa EVAPORAZIONE. 383 del liquido stesso subirà continue diminuzioni. Anzi a denotare questo fenomeno, che tuttodì si osserva, è comunemente riservato il vocabolo evaporazione, cui si è dato superiormente (pag. 333) un più generate significato. I.a rapidità della evaporazione di un liquido, misurata dalla diminuzione di peso che in esso si verifica in un dato tempo, è perù dipendente da parecchie circostanze. A circostanze nel resto pari, l’evaporazione si mostra proporzionale alla estensione della superficie libera del liquido, finché però le estensioni poste a confronto siano piccole; mentre se queste sono un po’grandi, l’evaporazione cresce con una ragione meno rapida degli aumenti nella superficie. Cresce poi l’evaporazione, e molto rapidamente, coll’ elevare la temperatura nello strato liquido superficiale, essendo essa proporzionale alla forza evaporante di questo, la quale cresce collo stesso rapporto degli incrementi nella forza espansiva del vapore. Dalton, determinando il peso dell’ acqua svaporata in un minuto primo entro 1’ aria tranquilla d’ una camera da un vas*o cilindrico di stagno del diametro di mill. 82,55, essendo 1’ à- cqua a diverse temperature, trovò: Temp. Evaporai, in grammi Tensione del vapore Temp. Evaporai, in grammi Tensione del vapore 100°,0 1,913 nuli. 760 66,66 0,551 mill. 201 82,2 0,971 388 62,2 0,454 165 73,3 0,648 268 58,9 0,324 141 Dove l’evaporazione essendo prossimamente proporzionale alla tensione^el vapore formatosi sotto le temperature del liquido evaporante, mostra dover essere anco le variazioni nella forza evaporante del liquido, in riguardo alle variazioni nella temperatura di esso, proporzionali alle variazioni della tensione del vapore forniamosi nel vuoto a saturazione. Ma quando nel gas sovraincombente al liquido svaporante già sussiste diffusa una certa quantità di vapore del medesimo liquido , i’ evaporazione, secondo le osservazioni dello stesso Dalton, sarebhe proporzionale all’eccesso della forza evupo* 384 CAPO SCARTO rante f del!iquido (cioè della tensione massima che presenta il vapore alla temperatura del liquido) su la forza espansiva f ehe spiega da solo il vapore gin diffuso nel gas, poiché giusta le sue esperienze la quantità e in grammi dell’ acqua evaporata in un minuto primo da un decimetro quadrato di superficie nell’ arid tranquilla alla pressione di circa un almo-, sfera sarebbe data da e~gr. 0,005(5 ( f — f), essendo le tensioni f ed f espresse in millimetri. Ed ancora, a circostanze pari nel resto , i’evaporazione sarà tanto più rapida quanto maggiore sarà 1’ agitazione od il rimescolamento del gas in cui si diffonde il vapore. Così coll’anzidetto vaso Dalton trovò che a 100° l’evaporazione in un minuto coll’aria rapidamente rinnovata giunse a grammi 2,914, invece di 1,943 che verifi- cossi nell’ aria tranquilla, cioè ne’ due casi fu nel rapporto di 3 a 2. Ed anche la densità del gas ambiente influisce sulla celerità dell’evaporazione, essendo questa, per un dato gas, tanto più pronta quaot’è minore la sua pressione, e ne’diversi gas, a pari pressione, è più rapida eoi meno densi; così, ad esempio, nell’idrogeno l’evaporazione è più celere che nell’aria ed in questa più ehe nell’acido carbonico. Marcet (1852) avverti aver influenza su l'evaporazione anco la natura dei vasi, ia profondità dello strato liquido evaporante e le millerie meccanicamente sospese in questo. Ecco alcuni risultati delie sue sperienze, ove le evaporazioni sono «spresse in grammi. Àcqua Jlcoole in 7 giorni in 10 giorni in t giorno in 2 giorni in t giorno da 20° a 2 5° da 20“ a 25“ a 43“ a 12“ a ì.2° Vaso di porcellana 303,0 474 266 105,2 (08,0 » stagno 277,5 437 259 88,0 85,5 » vetro 275,5 440 252 89,0 90,0 I tre vasi erario cilindrici, di 7 centim. di diametro, e 3 centiin. di profondità, perfettamente simili nelle figure e nelle dimensioni, e contenenti ciascuno grani. 600 d’acqua distillala: la cagione delle indicate differenze non è punto manife- EVAPORAZIONE 383' sta. In due vasi d’egual natura e d’egual superficie, essendo l'acqua nell’ uno alla mill. 1,5 e iieH’altro mill. 12,0, a 12°, in due giorni, perdettero per evaporazione rispettivamente grammi 37,0 e 48,8, ed a 40° gr. ti" e 163. Coll’alcoole, avente mill. 2 e 12 di profondità a 12°, ebbe in 6 ore gr. 43 e CO di perdita per svaporazione. Forse la maggior evaporazione nel liquido più alto dipende dalla maggior facilità con cui gli strati inferiori più caldi ponilo surrogare lo strato superficiale che raffreddasi per opera della stessa evaporazione. Quanto al- l’influenza delle materie polverulenti, come sabbia silicea, segatura di legno, osservò che esse tendono ad aumentare l’evaporazione dei liquidi, benché questi loro sormontino di 2 aSmillim. Acqua da 18° a 25° in vaso di Alcoole Acqua ut Porcellana i Stagno Vetro a 12° a tó° Vaso con liquido solo 184,0 174 171 111,4 156 » con liquido e.sabbia 196,5 182 177 (26,3 159 Due vasi cilindrici di porcellana d’eguali dimensioni, contenenti sabbia ed acqua, ma in modo che questa sornuotasse alla sabbia ( posta in ciascuno in egual quantità) rispettivamente mill. 1,5 e mill. 10,0, ed un terzo vaso, affatto simile, eon acqua sola alta mill. 10.0 perdettero per evaporazione rispettivamente grana. 77,80 e 72, essendo la temperatura da 12° a 14°; mentre da 45° a 50° riesci ancor più evidente l’influenza della profondità dello strato d’acqua sornuotante alla sabbia per favorire 1’ evaporazione. L’ acqua salsa ( con 3 per 100 di sale) e 1’ acqua pura, poste in eguali circostanze, diedero da 15° a 22° in 9 giorni rispettivamente grani. 156,0 e 174,3 di evaporazione: a 35° in 19 ore grani. 130 e 146; ed a50° iu a 20 ore gram. 217 e 250 (<*). (a) Marcel applica queste osservazioni ad appoggiare la spiegazion» data da De-La-Rive del freddo, maggiore dell’attuale, che doveva produrre l’evaporazione dell’acqua sui terreni dì fresco emersi dalle acque nelle trascorse epoche geologiche, e per il quale i ghiacci si slendellero moit'oltre i loro limiti attuali. 3BG CAPO Qt’ArtTO I diversi liquidi, in eguali circostanze, presentano una vaporabilità proporzionale alle forze espansive dei loro vapori sotto una stessa temperatura; epperò si ha la serie: etere,solfuro di carbonio, cloroformio, benzina, alcoole, acqua, soluzioni saline, terebenteno, petrolio, olj fissi, acido solforico, mercurio: ovvero la evaporabilità nei diversi liquidi è tanto maggiore, quanto più bassa è la loro temperatura d’ ebollizione. Sonvi de’solidi che evaporano, pur senza liquefarsi, come la canfora, l’iodio, l’arsenico, l’acido benzoico, il ghiaccio, ecc. Il ghiaccio, mantenuto anco a temperature mollo inferiori a 0°, va scemando sensibilmente di peso. L’ evaporazione , e tanto più quant* è più rapida, va sempre accompagnata da raffreddamento, come si dirà più avanti, parlando delle calorìe di vaporizzazione dei liquidi. 125. Quando si scalda gradatamente un liquido a temperature ognor più elevate, si giunge ad una temperatura che non è possibile di oltrepassare, per quanto attiva sia la sorgente calorifica, svolgendosi copiosi vapori da tutte le parli della sua massa: allora si dice un tal liquido essere in ebollizione ( pag. 333). La forza espansiva del vapore stesso eguaglia allora esattamente la pressione esercitata sul liquido dal gas ambiente, epperò, qualora questa pressione sia eguale, la temperatura d’ ebollizione è sempre la stessa per un dato liquido. Sotto la pressione di un atmosfera, cioè di mill. 761) di mercurio a 0°, l’acqua bolle a 100°: anzi è per questa temperatura che vieti fissato il punto fondamentale superiore della graduazione termometrica. Che però, ove la pressione sia minore o maggiore dell’anzidetta, la temperatura d’ebollizione dell’ acqua sarà minore o maggiore di 100°: ma in ogni caso, corrisponderà a quella temperatura per cui il vapore aequeo presenta una tensione eguale alla pressione esercitata su la superficie del liquido dal gas ambiente; essendoché in ogni caso la forza evaporante del liquido eguaglia la forza espansiva del vapore che si forma. In altre parole, dalla conoscenza » EVAPORAZIONE 387 della tensione del vapor acqueo a diverse temperature si potrà desumere a qual temperatura 1’ aequa distillata bollirà sotto una data pressione: e reciprocamente, conoscendosi la temperatura d’ ebollizione dell’ acqua distillata in un dato luogo, si potrà dedurne il valore della pressione atmosferica, e quindi anco 1’ altitudine di un luogo, giovandosi della forinola e delle tavole esposte al § 66. A tal uopo Regnault calcolò colla forinola (A) ( pag. 348) la seguente tabella, che porge la forza espansiva del vapor acqueo da 85° a 40i° per ciascuu decimo di grado. Forza espansiva del vapor acqueo in miti, di mercurio a 0°. Ternner. 85',0 1 2 3 A 85.5 6 7 8 9 86,0 4 2 3 4 86.5 6 7 5 9 87,0 t 2 3 4 87.5 6 , 7 5 9 88,0 Tensione 433,04 4,7 5 6.46 8.47 9,89 444,62 3,35 5,09 6.84 8.59 450,34 2,40 3.87 5,61 7,42 ■ 9,24 464,00 2,80 4.60 6,44 8,22 470,04 4.87 3,70 5,54 7,3 S 9,23 484, OS 2,94 4.84 6,69 Dilfer. 4,74 4,74 4,74 4.72 4.73 4.73 4.74 4.75 4,75 4.75 4.76 4.77 4.77 4.78 4.79 4.79 4.80 4.80 4.81 1.81 1,82 4.83 1.83 4.84 4.84 4.85 4.85 4.86 4.87 4,SS Tenrer. Tensione 88,0 486°,69 1 8,57 2 490,45 3 2,34 4 4,24 88.5 6,15 6 8,06 7 9,98 8 504,90 9 3,82 89,0 5,76 1 7,70 2 9,65 3 514,60 4 3,56 59.5 5,53 6 7,50 7 9,48 8 524,46 9 3,45 90,0 5,45 ' 4 7,45 2 9,46 3 531,48 4 3,50 90.5 5,53 6 7,57 7 9,64 8 544,66 9 3,72 v 91,0 5,78 Differ. 4.88 1.88 4.89 4.90 1,94 1.91 1.92 1.92 4.92 1.94 4.94 1.95 1.95 4.96 4.97 4.97 4.98 4.98 4.99 2,00 2,00 2,01 2,02 2,02 2,03 2,04 2,04 2,05 2,06 2,06 j Temner. 91°,0 4 2 3 4 91.5 6 7 8 9 92,0 1 2 3 4 92.5 6 7 8 9 93,0 1 2 3 4 93.5 6 7 8 9 94,0 Tensione 545,78 7,85 9,92 552,00 4,09 6.49 8,29 560,39 2,51 4,63 6,76 8,89 574,03 3,18 5,34 7.50 9,67 ÒSI,84 4,02 6,20 8,41 590,61 .2,82 5,04 7,26 9,49 601,72 3,97 6,22 8,48 610,74 Diflir. 2,07 2,07 2,08 2,09 2,10 2,40 2,10 2,12 2.42 2.43 2,43 2.14 2.15 2,46 2,4 6 2,17 2,17 2,4 S 2,48 2,20 2,20 s’st 2,22 2,22 2,23 2,23 2,25 2.25 2.26 2,26 «88 CAPO QUARTO Terdp CAPO QUARTO Kegnault cita alcune serie di osservazioni di confronto tra ì’altezza barometrica osservala in diversi luoghi e quella calcolata dietro la temperatura d’ebollizione dell’acqua. La 4.® serie è dovuta a Mariè, e fu eseguita nel dicembre 1843 salendo sul monte Pila. La seconda venne fatta da Izarn nei Pirenei nell’estate 1844. La 3.® da Bravais e Martins nell’estate del 1844 ascendendo sul monte Bianco. Temper Forza espansiva Differenze tra te d'ebolliz. osservata cticoìata tensioni temper. 99°,87 miti 756,69 mill.l 56,59 fmai.O,40 0°,005 9 9,40 745,05 743,94 + 0,11 0,003 98,65 723,49 723,06 t 0,43 0,016 98,36 716,42 716,56 0,14 0,004 97,70 700,25 699,63 + 0,62 0,025 96,38 666,87 666,75 f 0,12 0,004 95,95 655,71 656,33 0,62 0,025 95,49 645,90 645,33 t 0,57 0,024 35 luglio 97,69 700,02 699,37 — 0,65 0,025 33 • 97,5 5 685,72 685,77 ! 0,05 0,002 • • 96,18 662,35 661,89 t 0,46 0,019 27 96,35 666,94 666,02 1 0,92 0,037 • » 95,40 643,26 643,19 f 0,07 0,003 52 agosto 96,17 660,78 66i,63 — 0,85 0,035 » • 2.* volta 96,15 660,73 661,15 — 0,42 0,017 » • 95,21 637,37 638,70 — 1,33 0,056 • * 2. a volta 95,18 637,28 638,00 — 0,72 0,030 55 • 96,81 676,92 677,32 — 0,40 0,016 » • 2. 3 volta 96,82 676,92 677,56 — 0,64 0,026 • * 96,21 663,13 602,62 t 0,51 0,021 m • 2. 3 volta 96,22 663,10 662,86 — 0,24 0,010 5 6 • 96,29 664,46 664,49 — 0,03 0,001 » • 95,21 638,49 638,71 — 0,22 0,009 m » 2.* volta 95,24 639,26 639,41 — 0,15 0,006 32 luglio Ginevra 98,890 730,40 730,41 — 0,01 0,001 2 setteni.Ckamounì 96,713 673,99 674,92 — 0,93 0,038 35 luglio Grands-Mulcts 90,5 71 529,69 528,88 T 0,81 0,040 8 agost.Grand Plateau S7,09S 470,07 4G9,99 T 0,08 0,004 35 • stesso luogo 87,565 478,39 478,58 — 0,19 0,010 39 » Yetia del Monte 54,396 423,7* 422,86 t 0,88 0,052 EBOLLIZIONE 391 Le maggiori differenze nelle temperature, giungendo appena ad un ventesimo di grado, sono da ascriversi alle incertezze che presentano i termometri, benché costrutti colla maggior precisione che la scienza attuale sappia toccare. Perciò l’accordo che si nota tra le tensioni calcolate e le osservate, nelle suesposte serie, vale a confermare l’esattezza della tavola (pag. 387) basata su le esperienze di Regnault più addietro ricordate. Per calcolare la pressione barometrica a espressa in metri di mercurio a 0°, in relazione alla temperatura t di ebollizione dell’acqua, Mitis assume la forinola di August (pag. 343) log a — — 300^37 — 2,2960374, e quindi, eoi mezzo della forinola data a pag. 93, calcola l’altitudine d’una località al dissopra di un’ altra. E poste t e t 3 le temperature d’ebollizione dell’acqua a due stazioni, trova, alla latitudine inedia, la differenza fra le altezze d e d 3 di queste, espresse iu metri, colla forinola d - d 3 = ?^lS^a m ? . Mediami le quali si hanno le seguenti corrispondenze: Temper. Pressione Altitudine Temper. Pressione Altitudine d'ebolliz. in millim. in metri d'ebolliz. in millim. in metri "4 00",00 760,00 0,00 99°,50 746,26 145,36 99,95 758,62 14,50 99,45 744,90 159,85 99,90 757,24 29,00 99,40 743,54 174,40 99,85 755,86 43,525 99,35 742,18 189,95 99.80 754,48 58,05 99,30 740,82 203,50 99,75 753,10 72,58 99,25 739,47 218,10 99,70 751,73 87,10 99,20 738,11 232,70 99,65 750,36 101,65 99,15 736,77 247,30 99,60 748,98 116,20 99,10 735,42 261,90 99,55 747,62 130,75 99,05 734,08 276,50 99,50 746,26 145,36 99,00 732,73 291,1:0 l quali dati offrono ben piccole differenze eon quelli di Ile- gnault. 126. Qualora l’acqua presenti nel vaso che la contiene una notevole altezza sul fondo di questo, essa entrerà in ebollizione nelle parli inferiori della sua massa soltanto ad una ternata». di Fisica 26 39-2 CAPO QUARTO pelatura più elevata di quella corrispondente olla superficie- della medesima. Sia b l’altezza barometrica, ridotta a 0°, ed espressa in millimetri ; a l’altezza, pure in millimetri, della superficie libera dell’acqua sul fondo del vaso, misurala ad una determinala temperatura; d la densità dell’acqua alla medesima temperatura; si calcolerà quindi la pressione p sopportata dal liquido che tocca il fondo, valutata in millimetri » di mercurio a 0°, mediante la formalap ~ b + e di poi, col mezzo della precedente tavola (pag. 387-88), si avrà la temperatura d’ebollizione corrispondente alla pressione cercandovi a qual temperatura il vapor acqueo spieghi la forza espansiva p. La temperatura di ebollizione dell’acqua pura può variare per alcune oltre circostanze, come a dire la presenza o meno- dell’aria o d’altri gas condensati nell’acqua; la natura-del vaso; l’introduzione nel liquido di solidi scabri o porosi, die pure non esercitino azion chimica su di essa; la vivacità della fonte calorifica; l’ampiezza deH’àperturn del vaso; eoe. Delue (1784), Bellani (1809), Gay Lussac (18L2), ed altri studiarono diligentemente queste diverse influenze (°). (a) Scaldando dell’acqua entro vaso di vetro, si osserva, che. a temperatura alcun po’ elevala su quella che essa risentiva dapprima si formano, e di preferenza presso le scabrosità del fondo e delle pareti, delle bollicine d’aria, le quali gradatamente crescono di numero e di volume, sino a svolgersi dal liquido. Indi, verso i 75°, s’ingenerano sul fondo (e qui pure di preferenza, dove sianvi 'delle asprezze) minute bolle di vapore, che alzatesi di poco entro il liquido meno caldo, e condensatesi di nuovo, vi provocano una specie di fremilo, che va sempre più rinforzandosi, finché incomincia la vera ebollizione, svolgendosi il vapore da tutte le parli della massa, ma ancora segnatamente nelle parti superficiali di essa e dove presenta delle soluzioni di continuità. I gas ordinariamente disseminati nell’acqua, attenuando la coesione tra le molecole liquide, contribuiscono eiiicaceiuente a promuovere la vaporizzazione delle molecole stesse.- epperò ov’essa. EBOLLIZIONE 393 E'd è appunto per ovviare a queste diverse influenze perturbatrici, che a determinare il punto fondamentale superiore della scala termometrica vuoisi tenere il termometro immerso non gin nella stessa acqua bollente , ma bensì nel vapore che sorge immediatamente da essa, imperocché il vapore, nell’atto che si spicca dal liquido bollente, presentar deve esattamente quella temperatura per cui esso dispieghi una forza espansiva eguale alla pressione atmosferica. Si dovrà però procurare che il vapore stesso noti si raffreddi di subito per irradiazione. sia stala preventivamente spogliata d’aria e se ne impedisca di poi il riassorbimento, l’acqua non bolle che ad una temperatura sensibilmente più elevata di quella rispondente alla pressione. Così Deltic, Bedani e Donny (1846), sperimentando indiversi modi, poterono scaldar l’acqua rispettivamente a 121°, H9° e 135*. Nei vasi di vetro, di porcellana e di majolica l’acqua Inconiiiir eia a bollire solamente ad i°, o poco più, oltre la temperatura per cui essa, a circostanze del resto pari, entra in ebollizione ne’vasi di metallo : e ciò probabilmente a motivo dell’essere maggiore l'adesione dell’acqua con quelle sostanze che non coi metalli. Marcel (mi) giunse a scaldar l’acqua daV a 6° oltre il punto d’ebollizione entro un vaso di vetro, in cui dianzi aveva fatLo bollire dell’acido solforico, benché l’avesse ripetutamente lavalo. I fili metallici, la pomice, il carbone, le limature metalliche, il cotone, ecc., introdotti nell’acqua contenuta in vaso di vetro, vi facilitano la vaporizzazione, riduccndola alla normale sua temperatura: E fu in vista di questo fatto che Gay-Lussac trovò dì agevolare la di- stillazione dell’acido solforico nelle storte di vetro, per sé difficile e pericolosa, attesa la irregolare e sussultoria ebollizione del liquido, col mettervi entro dei sottili fdi di platino. Quando l’acqua bolle lentamente, in opera di fuoco appena bastevole a mantenerla in tal condizione, la sua temperatura può riescire di circa un grado superiore a quella ch’essa assume quando l’ebollizione è rapida e tumultuosa per copioso afflusso di calore, come osservarono una commissione della Società reale di Londra (1777) etf il Bedani. 394 CAPO OUAKTO Qualora pold’ acqua bolla in un vaso munito di coperchio che intercluda in gran parte la comunicazione fra l’atmosfera esterna e l’interno del vaso si osserva, che fmtanto l’area deì- i’ apertura non sia minore di un millesimo della superficie dell’acqua in contatto colle pareli del vaso direttamente esposte alla fonte calorifica, l’acqua bolle alla normale temperatura , a quella cioè che corrisponde alla pressione. Ma qualora il rapporto fra le menzionale due aree si riduca ad —1 —, | fìOOO ad TóoUó’ a. 429. Come già si accennò (§125), ogni liquido, sotto una determinata pressione, presenta una determinata temperatura d’ebollizione, qualora però sia preso in istalo di perfetta purezza. Sotto questo riguardo meritatisi fede i seguenti dati di Pierre su que'medesimi liquidi, de’quali a pag.267 si esposero i coefficienti di dilatazione: Forinola Temper. Pressione deboli, in mili. Acido solforoso anidro. SO 5 — 8°,0 759 Cloruro d’elilo (etere cloridrico d’alcoole) Bromuro di rnetilo (etere bromidrico dì spi- C J I1 5 C1 t n,o 758 rito di legno). C’iL’Br 13,0 759 A Idei do. evo 2 22,0 75 > Ossido di etilo (etere solforico) . . . cVo 35,5 760 Bromuro di etilo (etere bromidrico d’alcoole) C*H s Br 40,7 757 Joduro di melilo. C'-H 3 1 43,8 750 (a) In tale occasione Regnatili volle rilevare a qual temperatura delibatisi scaldare, entro un apparato manometrico, diverse soluzioni saline, affinchè il vapore vi spieghi nel vuoto la tensione di millini. 760. L’eccesso di quesla temperatura su i 100°, che presenterebbe il vapor acqueo alla medesima tensione, può accennare, come avverti Plucker, 1’ eccesso dell’affinità del vapor acqueo per la sostanza salina su l’adesione di esso colle particelle omogenee dell’ acqua. Ma questo modo di sperimentare presentando delle difficoltà, Regnault propone invece di determinare le forze espansive dei vapori emessi nel vuoto dalle soluzioni saline, avendo egli verificato, che ogni qualvolta interviene ttn’a- zion chimica in una soluzione, si manifesta un punto singolare o d’inflessione nella curva delle tensioni del vapore da essa svolto. Siffatti studisi! le tensioni dei vapori possono giltare, a suo credere, molla luce su parecchi fenomeni di chimica molecolare, e porgere un nuovo cd esatto modo d’indagine, che promette risultati non meno importanti di quelli cavali da Biol dallo studio della polarizzazione rotatoria. ©APO Q6AIITO 40Ì- t, , Temper. Pressione Formola ,, , 1 „ .. . a eiioll. in inni. Solfuro di carbonio (acido solfocarbonico) cs ! 17,9 756 Fwmialo d’ossido di etilo (etere formico d’alcoole) . . . . . ... .. C 4 11 5 0,. Ed un cloruro dì carbonio bollente a 60°, 8 da solo, commisto ad acqua, entra in ebollizione a 37?, 3 soltanto. Gay-Lussac (1832) opinò che questi fatti si possano spiegare coi principii delle mescolanze dei vapori eoi gas, ponendo elle il grado d’ebollizione d’ima mescolanza di due liquidi, non aventi tra loro azion chimica, e dove il meno volatile sovra- nitoti til più volutile, sarà, in generale, compreso tra due limili, corrispondenti l’uno al grado d’ebollizione del liquido più vaporabile, e l’altro alla temperatura per cui la. somma delle tensioni dei vapori di ciascun liquido isolato equivarrebbe alla pressione atmosferica. Se non che Magnus (1838), dietro molte sue sperienze su la temperatura d’ebollizione di due liquidi mescolali e sovrapposti, trovò che la detta regola di Gay-Lussac non si verifica in parecchi casi. Con diversi olj volatili e eoi carburo di solfo,mescolati con acqua, vide sempre il grado d’ebollizione della miscela essere un po’maggiore di quello del liquido inferiore più vaporabile, ed essere ìndipendente dalla quantità presente di questo stesso liquido, rimanendo costante finché v’ era qualche porzione del medesimo allo stato liquido: ma la temperatura del vapore svoluto lesi dalla miscela era sempre minore di quella del liquido misto bollente, e restava però essa pure fissa , sin quando rimaneva alcun po’ del liquido più vaporabile, ossia (ìtiehè stava ad una temperatura più bassa, deli’alcoole puro, la volatilità del quale corrisponde a quella d'una miscela di 0,945 d'alcoole con 0,055 d'acqua; cosicché, oltre la rettificazione di 0.97, l’alcoole più debole. distilla piu facilmente dell’alcoole più forte, come già Stimnieriug l’aveva notato. Quest’anomalìa potrebbe attribuirsi alla sussistenza ci'un composto iu, proporzione definita d'alcoole e d’acqua, ovvero ad una minore attrazione esercitanlesi tra le molecole d’acqua disseminale in grande quantità d’alcoole in confronto della mutua attrazione delle molecole d’.alcoole. 406 CAPO QUARTO fustame la temperatura della miscela bollente. Per esempio., una miscela d’acqua e di terebenteno, dì fresco rettificato e sornuotante alla prima, bolliva a 102°, 0 sotto una pressione di mill. 749,6, mentre i vapori accennavano la temperatura di 94°,5. In una miscela di solfuro di carbonio e d’acqua, builente sotto la pressione di mill. 752,2, il termometro segnava 47,°0 nel liquido, e 43°,5 nei vapori. Ora, secondo Magnus, il liquido inferiore deve bollire ad una temperatura un po’superiore a quella corrispondente alla pressione barometrica in causa della pressione del liquido sovrastante; epperò sembra die le dette osservazioni di Liebig sian state affette da qualche causa d’errore. Laddove la temperatura dei vapori svolgentesi dalla miscela sembra seguire 1’ accennata regola di Gay-Lussac, cioè corrispondere a quella per cui la somma delle tensioni dei vapori dei due liquidi eguaglia la pressione atmosferica « (a) In queste sperienze Magnus osservò cheti termometro , la cui bolla era immersa nel liquido inferiore, appena al disotto della superficie di separazione dei due liquidi, saliva dapprincipio dì 3° e più, e sinodi 10° oltre il punto d’ebollizione della miscela, senza che l’ebollizione stessa accadesse; e ciò per la coesione del liquido superiore, in modo analogo a quanto si disse a pag. 392 circa l’ebollizione dell’acqua. Poscia accadevano urti o sussulti violenti, gran copia di vapori attraversando il liquido superiore, e la miscela entrava in ebollizione. Regnatili (1854), ripetendo analoghe osservazioni su le temperature d’ebollizione delle miscele formate con liquidi che non si disciolgono sensibilmente e nelle quali il liquido più vaporabile sia l’inferiore, trovò che le temperature stesse hanno relazione colla vivacità deila fonte calorifica che determina e mantiene l’ebollizione. Quando questa è lenta, la miscela bolle a quella temperatura per cui la somma delle tensioni dei due vapori eguaglia la pressione che si oppone ali’ebollizione. Ma avvivando il fuoco, 1’eboUizione si fa tumultuosa, la temperatura ascende, e giunge a quella per cui il liquido più vaporabile bollirebbe da solo sotto la slessa pressione. Forse allora si formano nel liquido superiore delle aperture, a guisa di cammini, per dove il vapore del liquido inferiore passa senza ostacolo e senza toglier seco quantità sensibile del liquido superiore. Siffatte irregolarità sono più distinte quando l’ebollizione accade sotto deboli pressioni. Coleste sperienze di Regnault non essendo in pieno accordo con quelle di Magnus, e piuttosto essendo consenzienti con quelle di Liebig, ci pare che la quistione lasci tuttora qualche dubbiezza. CALORIE DI VAPORIZZAZIONE 407 E chiaro che ove il liquido più vaporabile fosse il superiore, esso bollirebbe come se fosse solo. 431. Il mantenersi costante la temperatura ne’ liquidi bollenti sotto un’ invariata pressione, in onta all’ operar continuo di copiosa sorgente calorifica (§ 125), ed il raffreddarsi dei liquidi evaporanti (§ 124), sono fatti dimostranti ad evidenza che un liquido, per trasformarsi in vapore, sia colla ebollizione, sia coll’evaporazione, richiede una certa quantità di calore, la quale ei toglie od a sè stesso od ai corpi circostanti. Si rileva qui, come nella liquefazione dei solidi (pag. 304 e seg.), che una sostanza, per effettuare tale mutazione nello stato d’aggregazione delle sue molecole per cui vien scemata 1’ energìa delle forze attrattive, necessita una data quantità di forza calorifica, la quale opera come una forza repellente tra le molecole della sostanza medesima. Chiamansi calorie di vaporizzazione d’ un dato liquido le calorie necessarie a trasformare l’unità di peso («-■ del medesimo in fluido aeriforme o vapore, serbando invariata la sua temperatura. A determinare queste calorie in modo diretto s’incontrano varie difficoltà; mentre riesce più agevole iì determinare le calorie cF elasticità del vapore stesso, cioè le calorie emesse dall’ unità di peso di tal vapore, nell’ atto che lo si riduce liquido, senza mutarne la temperatura. Sembra però ragionevole l’ammettere che le calorie di vaporizzazione di un individuato liquido equivaler debbano alle calorie d’elasticità del corrispondente vapore. Per questa determinazione suolsi impiegare il calorimetro ad acqua di Ilumford, variamente modificato, e si desumono (a) Vale par qui l’avvertimento dato nella nota a pag. 305, in quanto che si può assumere per unità di peso tanto il grammo quanto il chilogrammo, purché si valutino le calorie colla stessa unità di peso. — E ancor qui alcuni fisici denominano calor latente dei vapori coteste quantità , che noi preferiamo chiamare calorie di vaporizzazione, onde esprimere più direttamente il fatto. .Man. di Fìsica 27 408 CAPO QUARTO le calorie e d’elasticità di un dato vapore, il cui liquido abbia le calorie c’ di temperatura, mediante 1’ equazione e — p (*’— f ) c— (0— i) e’, ove p esprime il peso dell’ acqua contenuta nel calorimetro ; p’ il peso del vapore che si condensa nel calorimetro e che vi entra colla temperatura $; tei le temperature iniziale e liliale di detta acqua, e c il calor specifico medio dell’ acqua fra le temperature medesime ( a ). E chiaro che bisognerà tener preciso conto delle calorie assorbite dalle varie parli dell’apparecchio, e di quelie dal medesimo ricevute ed emesse per irradiazione o per conducibilità. Favre e Silbermann (1846) adoperarono invece un calorimetro a mercurio, il quale giova segnatamente quando si abbia disponibile soltanto una piccola quantità del liquido da vaporizzare. Le calorie di vaporizzazione dell’ acqua, o con altre parole le calorie d’elasticità del vapor acqueo furono ricercate da vari fisici, llumford, usando il suo calorimetro, ebbe in due sperienze, calorie 568,5 e 565,9, il cui valor medio è 567,2. Watt (1781), per media di 11 sperienze, ottenne calo- fa) Il calor specifico dell’acqua ad una determinala temperatura' (ossia le calorie c necessarie ad elevare di 1° la temperatura t in un chilogrammo d’acqua) è fornito dalle sperienze dello stesso Re- gnaull su le calorie di temperatura dell’acqua accennate sopra a pag. 223 c 224. Poiché c corrispondendo alla derivata della quantità C’ presa rispetto a t ( ritenute! le indicazioni ivi adoperate), si ha c ~ = 1,0 J f 0,00004. f t 0,0000009 dalla quale si hanno le seguenti coppie di valori corrispondenti di ter; t C t e t c 0® 4,0000 80° 4,0089 4 60° 4,0294 40 4,0005 90 4,0109 470 4,0328 20 4,0012 400 4,0130 480 4,0364 30 4,0020 440 * 1,0153 4 90 1,0401 40 4,0030 420 4,0177 200 1,0440 50 4,0042 430 4,0204 240 1,0481 0 4,0056 44Q 4,0232 220 4,0524 0 4,0072 450 1,0262 230 4,0568 CALORIE DI VAPORIZZAZIONE 400 riè 525,2, eli’ egli giudica doversi elevare a 533,3, onde compensare le varie cause d’errore, le quali nel suo processo — non molto diverso dal calorimetro ad acqua — cospiravano a render minori del vero i risultati. Ure (1818), con un apparato un po’ conforme al calorimetro di.Favre e Silbermann, e valendosi d’una forinola inesatta, dedusse da alcune sperienze calorie 537,5 ; mentre applicando i suoi dati alla giusta forinola si trova calorie 493,4. Clément e Desormes (1819), pure con una specie di calorimetro ad acqua, ottennero calorie 532, che essi stimano un po’ minori del vero, attese le perdite di calore occorse durante l’esperienza, la quale durò soli due minuti. Despretz (1818 e 1823), in due serie di sperienze fatte con due diversi calorimetri ad acqua, ebbe calorie 531 e 540, e quindi per medio calorie 535,5. Brix, con un piccolo calorimetro adacqua, trovò calorie 540. Dulong ottenne 543 calorie: e Belli, con un processo eguale a quello di. Ure, rinvenne calorie 538,25. Ilegnault (1845), riducendo a singoìar perfezione il calorimetro ad acqua, usando le debite cautele per eliminare le influenze perturbatrici, ed eseguendo un gran numero di esperienze tra loro abbastanza concordi, ci porse il risultato oggidì meglio attendibile, cioè calorie 536,5(“). (a) Questo valore emerge da ciò che il calor totale (come si indica poco innanzi) del vapor acqueo a t00° è 637,0, e che da questo numero di calorie deducendone 100,5, necessarie a scaldare un chilogrammo d’acqua da 0° a 100° (pag. 22 i), ne rimangono appunto 536,5, che rappresentano le calorie di elasticità del vapore medesimo. Ora il predetto numero 637,0 risulta da una serie di A4 esperimenti eseguiti da Regnault sul vapore acqueo alla densità di saturazione, sotto pressioni comprese tra mill. 735,t e mill. 770,1, e quindi a temperature comprese tra 99°,07 e 400°,37. In sei esperienze preliminari egli si tenne, per proposito, nelle più sfavorevoli circostanze, all’uopo di rilevarne le influenze. 1 risultati degli alivi 3.8 sperimenti furono in tale accordo tra loro, da avere 28 valori compresi tra 635,9 e 037,6, il medio dei'quali è 630,59; mentre nel complesso delle 38 osservazioni ebbe per valori estremi 635,6 e 63S.'i, e per media generale 636,67, ossia prossimamente 637,0. 410 CAPO QUARTO Eavre e Silbennann poco dopo ebbero, col loro calorimetro a mercurio, calorie 5-35,77. E l’inglese Youle (1849) ottenne pure dalle sue sperienze un valore ben prossimo a quello di Regnault, cioè calorie 536,11 (ri. Ora tutti i riferiti risultati riguardano le calorie d’ elasticità del vapor acqueo sotto la pressione di un’ atmosfera all’ incirca, epperò avente la temperatura di circa 100°. Ed anco il valor medio de’ risultati medesimi ( esclusi quelli di Rumford e di Ure, che troppo si scostano dallo stesso valor medio) riesce calorie 536,5. Si può dunque ritenere essere 536,5 le calorie da comunicarsi ad un chilogrammo d’ acqua a 100° per trasformarlo in vapore. E però rimarchevole che questo numero di calorie corrisponde a 6,77 volte quello (calorie 79,25) richiesto a liquefare un chilogrammo d’acqua solida a 0°. E quindi si può ritenere che le dette calorie di vaporizzazione dell’acqua corrispondano al lavoro meccanico necessario a vincere la coesione sussistente fra le molecole dell’acqua, la quale è piuttosto ragguardevole (§86); poiché qui non si dà, come nel caso della liquefazione dei solidi, un aumento nella rapacità calorifica (pag. 207), ma accade invece una diminuzione, essendo le calorie di temperatura del vapor acqueo (§ 107) minori della metà di quella dell’acqua. Ouanlo al vapore acqueo formantesi sotto pressioni maggiori o minori di quella d’un atmosfera, Watt suppose che fossero costanti le calorie da comunicarsi ad un chilogrammo d'acqua liquida a 0° per trasformarlo in vapore sotto una pressione qualsiasi; cioè che fosse costante la somma delle calorie da comunicarsi ad un chilogrammo d’acqua per iscaldarla da 0° alla temperatura per cui accade la vaporizzazione ( quella temperatura per la quale la forza espansiva del vapore formantesi eguaglia la pressione esercitata sull’acqua), e delle calorie (a) È degna di rimarco la concordanza del dato di Belli con quelli di Regnault e di Joule : il che conferma la singolare diligenza che adopera il fisico italiano ne’ suoi sperimenti. CALORIE DI VAPORIZZAZIONE 4 LI richieste a ridurre quest’acqua in vapore alla densità di saturazione corrispondente alla stessa temperatura: la qual somma chiamasi, per brevità, c alor totale del vapore. Celesta supposizione, che è denominata legge di PVatt, non fu da esso stabilita su esperienze dirette, avend’ egli fatta una sola speranza (1783), e poco precisa, col vapore ad una tensione minore di un’ atmosfera. Invece Southern e Creighton (1803) fecero due serie di osservazioni su questo proposito, la seconda delle quali, che essi ritengono più esatta, diede i seguenti risultati: Calorie di vaporizzazione 523,3 sotto la pressione di miti, ioi 6 „ „ 523,3 „ „ 2032 „ „ 527,7 „ „ 304S. Dalle quali sperienze Southern dedusse esser costanti le calorie di vaporizzazione dell’ acqua, qualunque ne sia la pressione; epperù il calor totale esser dato dall’aggiungere alle stesse calorie costanti il numero esprimente la temperatura del vapore contata da 0°. E quest’ altra supposizione è denominata la legge di Southern. Clément e Desormes, ripetendo varie prove sul vapore acqueo, alla densità di saturazione, ma a differenti tensioni, epperù a differenti temperature, riscontrarono, come vorrebbe la legge di Watt, sensibilmente costante il calor totale del vapore medesimo : ma essi non pubblicarono i particolari di queste loro sperienze. Despretz, alla sua volta, ottenne Tensione Temneratura Calor totale Calorie (Tel; met. i,ia 111° 626 515 0,76 100 631 531 0,38 SI,6 637 552,4 0,10 50 622 672 d onde appariva confermata la legge di Watt. Se non che, eseguendo egli analoghe esperienze sotto grandi pressioni , credette rilevare le calorie d’elasticità del vapore esser crescenti colla temperatura. Alla qual conchiusione venne anche Dulong dietro i propri sperimenti. Però quasi tutti i meccanici animi- 412 CAPO QT'XKTO sero la legge di Watt, perchè facilita i calcoli, e perchè sembrava loro appoggiata dal dato pratico che si consuma, nU'ia- cìrea, la stessa quantità di combustibile per produrre un chilogrammo di vapore sì a bassa che ad alta pressione («'. A togliere coteste dubbiezze RegnauIt (1845), oltre la serie di esperienze sovracitate e relative alla pressione di un atmosfera, istituì un’ altra serie di 73 esperienze, nelle quali il vapor acqueo sosteneva delle pressioni mano mano crescenti da met. 1,448 a met. 10,353, essendo a temperature pur gradatamente crescenti da 119",23 sino a 194°,8. In una 3. a serie di 23 osservazioni prese il vapore a pressioni decrescenti da mill. 489 a mill. ITI, e quindi a temperature decrescenti da 88°,l a (53°,0. Infine in una 4 a serie di 22 esperienze determinò, con un calorimetro analogo a quello di lìrix, le calorie assorbite dall' unità di peso dell’ acqua evaporando sotto pressioni variabili tra 4 e 14 millimetri. Ora egli trovò l’insieme di coteste sue osservazioni esser rappresentato, con bastevole approssimazione, dalla forinola 7=606,5-1-0,305.1, nella quale 7 e- sprime il calore totale del vapor acqueo alla densità di saturazione corrispondente alla temperatura t } contata questa da 0" e data da un termometro ad aria. E le calorie e d’elasticità del Vapore acqueo alle diverse temperature si avranno dalla e = 7—C J , ove C J esprime le calorie emesse da un chilo- gramma d’acqua raffreddandosi dalle medesime temperature a 0°, le quali calorie sono fornite dalla tabella a pag. 224. Il seguente quadro porge adunque il riassunto delle menzionate (a) Poisson (1823), Mossolti (1837), Barre di S. Venant (18381, Avogadro (1840), ed altri cercarono di stabilire teoricamente alcune lormole, onde collegare tra loro la tensione, la temperatura, le calorie il’ elaslicilà e le calorie di temperatura dei vapori. Ma le conseguenze die si deducono da tali forinole non sono molto conformi ai dati sperimentali : laonde non istiiniamo necessario di ricordarle. Importerebbe però di rifare queste investigazioni meccaniche colla scorta dei risultati empirici più recenti. CALORIE DI VAPORIZZAZIONE 413 esperienze di Regnault sul vapor acqueo alla densità di saturazione. Temntr. data Forza espans. del vapore Calor Calorìe di zi term. ad aria in m.iiiin. in alinosi' totale elasticità t r e 0° 4,60 0,006 606,5 006,5 IO 9,16 0,012 609,5 * 599,5 20 17,39 0,023 612,6 592,6 30 31,55 0,042 615,7 585,7 40 44,91 0,072 618,7 "578,7 50 91,98 0,121 621,7 671,6 60 148,79 0,196 624,8 564,7 70 233,09 0,306 627,8 557,6 80 354,64 0,466 630,9 550,6 90 525,45 0,691 633,9 543,5 100 760,00 1,000 637,0 536,5 HO 1075,37 1,415 640,0 529,4 120 1491,28 1,962 643,1 522,3 130 2030,28 2,691 646,1 515,1 140 2717,63 3,576 649,2 508,0 450 3581,23 4,712 652,2 500,7 160 4651,62 6,120 655,3 493,6 170 5961,66 7,844 658,3 486,2 180 7546,39 9,929 661,4 479,0 190 9442,70 12,425 664,4 471,6 200 11688,96 15,380 667,5 464,3 210 14324,80 18,848 670,5 456,8 220 17390,36 22,882 673,6 449,4 230 20926,40 27,535 676,6 441,9 Ora è manifesto che la legge di Watt , secondo la quale do- vrebbero essere costanti i valori di T } è mostrata erronea da queste numerose e precise sperienze di llegnault. Ma ancor piu erronea si mostra la legge di Southern, che suppone costanti i valori di e. Insomma il color totale del vapore a saturazione è crescente colle temperature, quantunque le calorie d elasticità siano notevolmente decrescenti coll’aumentare delle stesse temperature. ili CAPO QUARTO Ridette poi Regnault che la frazione 0,305 indica fé 1 calo 1 - rie da comunicarsi ad un chilogrammo di vapore acqueo alla densità di saturazione per elevarne la temperatura di l.°, nel mentre che lo si comprime sì da mantenerlo in istato di saturazione, e che perciò la frazione medesima esprime una capacità calorifica particolare del vapor acqueo, diversa dalle capacità calorifiche dei gas a volume costante od a pressione costante, ma intimamente collegata con queste. Infine dichiara egli stesso che la detta formola Tzzz 600,5 + 0,305. t la si può assumere provvisoriamente come esprimente soltanto la legge numerica del fenomeno, finché un piu profondo studio delle proprietà fisiche dei vapori ( a ) ci metta in grado di stabilire la vera legge del fenomeno medésimo. 132. Circa alle calorie di vaporizzazione d’altri liquidi si hanno alcune osservazioni di Déspretz (1818), di Ure (1818) e di Persoti (1843). Ma la più estesa serie di sperienze è quella di Favre e Silbermann (1847 e 1853). Dai seguenti risultati di Despretz appare, che il calor totale d’ogni vapore alla densità di saturazione sia alcun po’crescente colla temperatura, mentre le calorìe d’elasticità decrescono coll’ aumentare della temperatura. Pressione Temper. Calor Calorie in metri d’ebolliz. totale d'elast. Alcoole vinico, calore specif. 0,622 0,38 63°,8 247,7 208,1 Idem 0,76 78,7 255,5 207,7 Idem 1,14 89,4 253,5 198,1 Etere solforico idem 0,525 0,76 35,5 109,3 90,2 idem 1,14 47,5 112,8 88,1 Terebenleno idem 0^03 0,38 134,0 146,1 84 Idem 0,76 156,5 149 75 Idem 1,14 174,1 150 69 (a) Ci è bensì noto che recentemente il Regnault fece nuovi ed importanti studj su quest’argomento; ma finora non ci fu dato di conoscerne i particolari. Però ci lusinghiamo di poter farne parola nelle Aggiunte. CALORIE M VAPORIZZAZIONE 415 V E notevole, come avverti Despretz, che le calorie di elasticità di questi tre vapori e del vapor acqueo si mostrano prossimamente in ragione inversa dei loro pesi specifici, cioè il prodotto di questi due elementi per ciaschedim vapore dà una quantità sensibilmente costante, con qualche divario in meno soltanto pel vapore di etere. Il che indicherebbe richiedersi la stessa quantità di calore dai diversi liquidi per produrre volumi eguali di vapori sotto una medesima pressione, I dati di Ure sui vapori degli anzidetti liquidi e del petrolio non sono attendibili, essendosi egli valso d’una forinola inesatta per. calcolarli. Persoti, studiando le calorie di vaporizzazione di altri 10 liquidi, oltre quelli esaminati da Despretz, vide che esse ve- gono ad ordinarsi esattamente secondo l’ordine delle temperature di ebollizione de’liquidi medesimi, qualora però le si riferiscano ai rispettivi loro pesi molecolari, ossia ai loro equivalenti, e non mica a pesi eguali. Inoltre egli trovò di confermare la testé accennata osservazione di Despretz, che un dato numero di calorie vale a produrre volumi eguali di diversi vapori; se non che coll’jodio, col bromo e col solfo una stessa quantità di calore produce un tal volume di vapori che è la metà di quello dato dalle altre sostanze: epperò su questo riguardo converrebbe ripartire i corpi almeno in due classi («'. Le calorie d’elasticità dei vapori mostrano poi un’analogia colle calorie assorbite dai gas nel dilatarsi: e sì le une che le altre sembrano indipendenti dalla composizione chimica de’corpi. Per ultimo gli parve risultare, almeno pei casi da lui studiati, essere le calorie di vaporizzazione di un composto minori della somma delle corrispondenti calorie dei componenti: legge che a suo avviso, importerebbe di verificare, per le conseguenze che se ne trarrebbero circa la costituzione dei corpi composti. (a) I vapori di bromo ed il cloro differiscono pure dagli altri gas semplici in (pianto che mostrano, secondo le osservazioni di Regnault (p. 229), un maggiore calore specifico a volumi eguali : e forse sarà lo stesso dei vapori di jodio e di solfo. Nondimeno il calor specifico a peso dei vapori di bromo è appena la metà di quello del bromo liquido. 416 CAPO QUARTO Numerose ed attendibili sono le sperienze di Favre e Sii* bermann, eseguite diligentemente col loro calorimetro a mercurio, sovra sostanze preparate con molta cura. Col medesimo calorimetro determinarono anco le calorie j di temperatura dei liquidi impiegati. E per molti di questi rilevarono anco la temperatura d’ebollizione. I valori delle calorìe d’elasticità indicati nella seguente tabella per ciascun vapore sono la media di tre esperienze almeno. Temper. Calorìe Calorie Pesi d'ebol- di d’eia- sj e- listone temj>er. stic.tà cifici -a m ~ del liquido del vapore Acqua. 1,00 535,77 0,622 A Icoole metilico (spirito di legno) C 2 H 4 0 2 66,5 0,6713 263,86 1,041 » vinico C 4 H 6 0 2 . . . . 78 0,6438 208,92 1,589 Acido formico C 2 H0 3 , HO . . ICO 0,65 169 1,554 Alcoole amilico o valerico C I0 H 15 0 2 (a) 132* 0,5873 121,37 3,15 Acido butirrico C 8 H ì 0 3 , HO . . 164 0,41 115 3,09 Etere acetico C 4 il 5 0, C 4 H 2 0 3 . . 74 0,4834 105,80 3,040 Acido amilico o valerico C I0 H 9 O J , HO 175 0,48 104 3,23? » solforoso SO 2 . . . 94,56 2,247 Etere ordinario C 4 H 5 0 . . . . 38 0,5034 91,(1 2,556 Buttirralo di metilo C 2 H 3 0,C 8 H 7 0 3 102* 0,4918 87,33 3,52? Essenza di cedro C 20 H 16 . . . . 165 0,50 70 4,68 Etere amilico o valerico C IO H n O , 113,5 0,52 69 Terebenteno C 30 !! 10 ( b) . . . . 156 0,4673 68,73 4,68 Terebeno C 20 H 10 .... 0,52 67 4,68 Bicarburo d’idrogeno liquido 200 a 210 0,4939 59,91 Idem 240 a 260 0,4968 59,71 Alcoole etalico (elalo) C 32 H 34 0 2 . 350? 0,5059 58,48 .Iodio. 0,1082 23,95 8,616 (а) Le temperature d’ebollizione segnale con asterisco non furono determinate direttamente da Favre e Silbermann. (б) Le calorie di elasticità dei vapori di alcoole vinico, di etere ordinario e di tcrebenieno trovate da Despretz, come a pag, 414, concordano abba.tanza con quelle qui assegnate. CALORIE M VAPORIZZAZIONE 417 IN’,11' ultima finca di questa tabella credemmo utile aggiungere i pesi specifici di alcuni degli accennati vapori, onde si possa rilevare qual valore si meriti la surripetuta legge di Re- spretz. In generale può dirsi, che essa si verifica sensibilmente per quei liquidi le cui temperature d’ebollizione non siano tra loro molto differenti («); e che però l’jòdio, come già l’avvertiva Person, entrar deve, per questo riguardo, in una classe distinta in un col bromo e col solfo (e fors’anco coi composti di quest’ ultimo, come sarebbe l’acido solforoso), per cui il prodotto delle calorie d’elasticità per la densità dei vapori risulta minore dell’ analogo prodotto per la maggior parte delle altre sostanze. Sarebbe poi interessante l’investigare se vi sia, come pare probabile, qualche relazione tra le calorie di vaporizzazione dei diversi liquidi e la loro coesione (% mentre (come (a) In vero, secondo Avogrado, questi confronti fra le calorie d" elasticità dei vapori dovrebbero farsi non solo sotlo un’egual pressione, per esempio a miil. 760, ma ancora sotto un egual temperatura , per esempio, quella dell’ ebollizione dell’acqua. Epperò alle calorìe di vaporizzazione dei liquidi convien aggiungere o togliere (secondo che essi, sotto la detta pressione, bollono ad una temperatura inferiore o superiore a ino») le calorie necessarie a riscaldarli, in istato di vapore, del numero di gradi per cui la loro temperalura d’ebollizione è al dissotto od al dissopra di quella dell’acqua. Bisogna quindi conoscere il calore specifico a peso di questi vapori, prendendo per unità quello dell’ acqua. (b) tiri valore, approssimato della coesione relativa dei liquidi può esser dato da quel loro elemento che Frankenheim chiama modulo della sinafìa, come si indicò nella nota (6) della pag. 164, il quale però, in questo caso, dovrebbesì calcolare con riguardo alla densità ed alla elevazione in un cannello presentale da ciascun liquido sotto quella temperatura alla quale si valutano le sue calorìe di vaporizzazione. Senza fermarci sui particolari, possiamo notare questi due fatti: i.° che l’acqua, la quale presenta il maggior numero di calorìe di vaporizzazione tra i liquidi succitati, presenta anco la maggiore elevazione nei cannelli capillari (vedi tab. a pag 1 56) ; 2 ." che le calorie 418 capo quarto- già si notò per l’acqua e per il bromo) siffatte calorie non: possono ascriversi , almeno nel maggior numero dei casi, ad una differenza in più del calore specifico del vapore su quello del corrispondente liquido («). di vaporizzazione per ogni liquido vanno decrescendo coll’aumentare della temperatura, nel mentre che anco 1 ’ elevazione nei cannelli e la densità (che sono i due più importanti elementi del dello modulo) diminuiscono col crescere della temperatura del liquido medesimo. (a) Ecco, in prova, alcuni confronti tra le calorìe di temperature a peso per dodici vapori diversi e le calorie di temperatura dei corrispondenti liquidi, secondo i dati di Regnault : Calorie di temper. in istato di Liquido Vapore Acqua . . Alcoole vinico Etere ordnario „ acetico „ solfridico. Terebenteno Calorie di temper. in istato di Lìquido Vapore d,0000 0,4750 0,6t48 0,4513 0,5157 0,4810 0,4834 0,4008 0,4772 0,4005 0,4672 0,5061 Benzina . . . Eiere bromidrìco Cloruro silicico id. titanico id. stannico Bromo . . . 0,3932 0,3754 0,2153 0,1816 0,1904 0,1329 0,1828 0,1263 0,1476 0,0939 0,1350 0,0552 Pertanto un solo fra questi corpi, il terebenteno, mostra un maggior calore specifico, a pesi uguali, in istato aeriforme che in isiato liquido-, mentre per tutti gli altri è minore la capacità calorifica del vapore che quella del liquido. È però da notarsi, che, tranne l'acqua ed il bromo, per gli altri corpi le differenze tra i due calori specifici sono piuttosto piecole. In questi confronti vuoisi pure aver riguardo alle variazioni nelle calorie di temperatura e nel coefficiente di dilatazione dei liquidi relative alle diverse temperature di loro vaporizzazione. È poi evidente che, ove si confrontassero i calori specifici a volumi eguali tra liquidi e vapori, si avrebbero delle differenze in meno per questi ultimi assai maggiori, Ed allora si presenta naturale questo riflesso, che mentre per i solidi, e più ancora per i liquidi, colf elevare della temperatura, e quindi col discostarsi delle molecole , va crescendo la loro capacità calorifica, qui, nella vaporizzazione del liquido, benché cresca di tanto il volume, e quindi la distanza molecolare, scemi invece Incapacità calorifica.- il che mostra, che le condizioni d’equilibrio molecolare subiscono delle modificazioni notevoli nel mutarsi dello stato d’aggrazioned’una qualunque sostanza. Conseguenza mollo importante per gli studi molecolari, CALORIE TO VAPORIZZAZIONE 413 133. La conoscenza delle calorie di vaporizzazione dei liquidi ci porge facile spiegazione di molti fenomeni e di molte esperienze, e ci suggerisce pur molte ed importanti applicazioni. Così, ad esempio, si comprende perchè i liquidi ed i vegetali («) si mantengano, in generale, ad una temperatura alcun po’ inferiore di quella dell’ambiente; perchè si raffreddino i liquidi ponendoli in vasi porosi, ed i corpi in genere involgendoli con panni inzuppati, e quindi agitandoli o ponendoli nell'aria rarefatta; anzi talora siffatto raffreddamento ghigne a far agghiacciare diversi liquidi e persino il mercurio, e l’acido carbonico ; perchè i liquidi più vaporabili, come l’etere, il solfuro di carbonio e gli acidi solforoso e carbonico liquefatti, siano i più adatti a produrre cotesti effetti W; co- fa) Qualora si consideri la media temperatura dell’ insieme delle parti interne d’un vegetale durante il giorno, come fece Schnbler (1827), la si trova alcun po’ inferiore a quella dell’ambiente, a motivo della continua svaporazione dei liquidi onde sono imbevuti i suoi tessuti. Ciò nondimeno, come s’indicherà innanzi, parlando delle fonti del calore, i vegetali mostrano una lor propria temperatura, la quale si manifesta di preferenza in quelle parti del loro organismo dove più efficaci sono le funzioni vitali. ( b) L’acido carbonico liquefatto,esposto all’ aria libera , svapora sì rapidamente, epperò si raffredda di tanto da solidificarsi, riducen- dosi a circa — 60°; indi si mantiene in tale stato , anco in un ain- Piente di 1 5" a 20°, poiché se ne volatilizza mano mano quella porzione che vale a togliergli le calorie comunicategli dall’ aria ambiente. E formando coll’acido carbonico solido commisto ad etere ordinario tuia pasta semifluida, Pouillet (1837) la vide ridursi e mantenersi a — 7iP, pure lasciandola esposta all’aria avente una temperatura di circa — 3.° faraday (1845), sperimentando in un ambiente più caldo, ma ponendo la detta pasta sotto la campana di buona macchina pneu - malica, ottenne le seguenti temperature in corrispondenza alle indicate pressioni : Tempcr. Pressione Tempcr. Pressione Temper. Pressione — 77" Utili. 721 — 87 utili. 188 — 99 nuli. 61 — SO .493 — 91 137 — 107 35 — 85 239 — 95 86 — HO 30 420 CAPO QUARTO me, in opera della traspirazione cutanea e polmonare, l’uomo, ed in genere gli animali a sangue caldo, mantengano 1 costante la loro temperatura interna anche in un ambiente a temperatura ben più elevata a ; perchè in estate l’aria umi- (o) Tìjlet e Duhamel (1790) osservarono che ire giovanette rimasero, senza danno, per dicci miuuti in un forno, avente la temperatura di 131°,8 collo sportello aperto. Più tardi (1763 ) lo stesso Tillet vide starsene incolume per oltre 17’ un coniglio entro forno a 70°, e per circa 6’ sopravivere due uccelli, cioè un auto (bruant) ed un piccol pollo iu un forno a 79°. Ma più attendibili souo le sperienze eseguite nel 1775 daFordyce, Blagden, Banks, Sorlander e Dobson; Entro camere scaldate da condotti di stufe ed insieme da vapor acqueo, Fordyce tollerò successivamente per io’ una temperie di 13°,33, per 20' di 18°,89, e per 15’ una temperatura crescente da 18°33 a 51°,li : e duranti tutte queste prove la temperatura del suo corpo si mantenne a 37°,78. In una seconda serie di prove, ma nell’ aria secca, Banks, Blagden, Fordyce e Sorlander ressero per io’ a 62 °, 22 , e poscia Banks, da solo, sostenne per 7’ un calore di 99°,il, mentre il suo corpo si conservò a 36“.67. Blagden in una stufa secca sostenne per 8’ 127°,77 e poscia HO 9 per 12’. Dobson entrò con altre persone in una stufa a 106°,66, nella quale un giovanotto potè trattenersi 10’, la sua temperatura non oltrepassando 3 8°,39. Blagden nella stufa con aria secca a li0° risentì dapprincipio qualche molestia, la quale scomparve tosto dietro un copioso sudore. Ed avendo posto in una stula a H3°.33 due vasi ripieni d’acqua,' i’uno de’quali aveva la superficie coperta d’uno strato d’olio, osservò che in questo 1’ acqua entrò in ebollizione, mentre nell’altro; ove la superitele dell’acqua era in diretto contatto coll’aria, l’acqua stessa non oltrepassò i 69°. Nell’aria umida a 54°,44 Fordyce osservò il suo polso salire a i39 balliti in 1 ’, e Blagden nell’ aria secca a -1-27°,77 ne contò 444, pure in 1’. Blagden fece stare, senza apparente incomodo, un cane iu una stufa secca per 4 0’, variando la temperatura da 140° a 443",33. Dciarocbc e Berger (4 806) istituirono altre sperienze analoghe. Nell’aria secca Berger tollerò per T un calore di 109°,48, perdendo per traspirazione grani. 34,11 al minuto, lpvece nell'aria satura di LIQUEFAZIONE DBl GAS 42 f da ci sembri più calda (o meglio soffocante) dell’aria secca pure ad eguale temperatura; perchè in molti e svariati casi il vapor acqueo venga impiegato come calorifero assai efficace ed economico (« ; ecc. 4.34. Si accennò altrove (§78 e 118) che molti fluidi, i quali si ritenevano un tempo gas permanenti, serbandosi allo stato aeriforme nelle condizioni delle ordinarie temperature e pressioni, venner por ridotti liquidi sìa per valide pressioni, sia per istraordinari raffreddamenti, sia infine consociando coteste due circostanze. Nortlunore (1805) ottenne la liquefazione del cloro ; Monge e Glouet liquefecero 1’ acido solforoso; Davy (1823) ridusse liquido il gas cloridrico, e Faraday (1823) il gas solfìdrico, l’acido carbonico, il protossido d’azoto, il cianogeno ed il gas ammoniaco, e riconfermò la , liquefazione del cloro e dell’ acido solforoso. Faraday e Davy si occuparono anco di determinare le forze espansive dei va- vaporc Delaroclie sopportò per soli to’,5 un bagno a temperatura crescente da 37°,50 a 5t p ,25, e Berger in un ambiente die variò da 41°,25 a 53°,75 stelle non oltre 12’. Stando to’ in una stufa secca a 87,°50, s’elevò di 4 P ,25 un termometro ii cui recipiente era servato nella bocca di Berger: il qual aumento di temperatura può in parte ascriversi alle correnti d’ aria calda penetranti nella bocca, fila pur lenendo il capo fuori dal bagno, Delaroche, restando 17’ in un bagno di vapore la cui temperatura crebbe da 37°,50 a 48°,75, vide salire di 3 C ,12 la temperatura della propria bocca. Nell’acqua liquida si resiste solo a temperature ancor minori, e Lemonier (1747) potè tollerare senza molestia un bagno d'acqua a 37°,78; meuire in un bagno a 44°,44 non potè reggere più di pur risentendo forti incomodi: il battito de’ suoi polsi era assai frequente, e la traspirazione tanto copiosa da perdere grani. 76,20 at minuto (a) Un chilogrammo di vapor acqueo a 100°, liquefacendosi, vale a scaldare di 10° circa litri 54 di acqua, e metri cubi 174 di aria atmosferica. 422 capo quarto pori svolgentisi dai predetti liquidi sotto diverse temperature. Eccone alcuni dati: Secondo Faraday. Temper. Tensione Cloro 45<>,5 4 atm. Ac. cloridrico io,o 40 circa Ac. solforoso 7,22 2 Ac. solfidrico 0,0 43 » 40,0 47 Ac. carbonico 0,0 36 » 7,22 40 Protos. d’azoto 7,22 50 Cianogeno 7,22 3,65 Ammoniaca 0,0 5 Secondo Davy. Temj.-er. Tensione Ac. clorìdrico 16°,4 20 atm. » — 3,9 25 » * 8,3 40 Ac. solfidrico 46,4 44 » + 8,3 17 Ac. carbonico — 41,1 20 » 0,0 86 Protos. d’azoto 0,0 44 n 7,22 51,3 Bussy (1823) stimò a — 10° la temperatura d’ebollizione dell’acido solforoso. Thilorier (1834) propose un facile apparecchio per liquefare l’acido carbonico; e trovò pei vapori di questo le tensioni di 26 , 36 e 73 atmosfere rispettivamente alle temperature — 20°, 0°, e -f 30°. Bunsen (1839) studiò le variazioni nella tensione dei vapori di acido solforoso, di cianogeno e di ammoniaca; come nel seguente quadro, ove le tensioni sono espresse in metri di mercurio: Cianogeno Acido solforoso Ammoniaca Temner. Tensione Teinper. Tensione Temper Tensione — sa,7 met. 0,75 — 40°,5 met. 0,744 — 33°,7 met. 0,748 — 15 4,40 — 40 0,78 — 5,0 3,04 — 10 4,41 — 5 1,11 0 3.61 — 5 1,73 0 4,48 5 4,26 0 2,07 T 5 4,91 40 4,98 + 5 2,44 40 2,39 4 5 5,78 10 2,88 45 2,93 20 6,67 4 5 3,33 20 3,54 20 3,80 25 4,20 Dalle quali sperienze si rileva, che sotto una pressione di cent. 73 circa le temperature di ebollizione dell’ acido solforoso, del cianogeno e dell’ammoniaca sono rispettivamente — 10°,3, — 20°,7 e — 33°,7. Il cianogeno si congelò a —30° circa. Emerge inoltre che la legge di Dalton (pag. 363) non si verifica sensibilmente nennnanco per le tensioni di questi LIQUEFAZIONE DEI GAS 423 ■diversi vapori, e segnatamente ore si confrontino 1’ammoniaca col cianogeno, e questo coll’ acido solforoso : fra l’ammoniaca e l’acido solforoso vi è minore divergenza. Pouillet (1837) ottenne la liquefazione dell’ acido solforoso a 8° e 2,5 atmosfere di pressione; del gas ammoniaco a 10° e 5 atm. ; del protossido d’azoto ad 11° e 43 atm. ; e dell’acido carbonico a 10° e 45 atmosfere. Aimé (1843) giunse a liquefare anco il gas oléifico, l’acido fluo-silicico ed il biossido d’azoto medianti valide pressioni, che stimò rispettivamente di 88; 405, e 165 atmosfere, ad una temperatura prossima a 0°: l’idrogeno e l'azoto si mantennero gazosi pur sotto la pressione di 220 atmosfere. Ma i processi adoperati da Airnè non sono suscettibili di molta esattezza nelle misure. Faraday (1845) riprese in esame quest’argomento, ed istituì una ben più estesa serie di osservazioni, con mezzi più poderosi e più precisi. Per ottenere un freddo assai intenso, si giovò della pasta d’acido carbonico e d’etere, più addietro accennata (nota b della pag.419). Ad un freddo di — 80° e sotto una pressione minore di un atmosfera (0,65 di atmosfera) vide liquefarsi non solo, ma pur solidificarsi, i seguenti gas: acido solforoso, cianogeno, ammoniaca, acido iodidrico, acido solforico, ed acido carbonico; il cloro, l’acido bromidrico e l’idrogeno arsenicato si liquefecero senza solidificarsi. A temperature ancor più basse (comprese tra — 80° e — 110°), o valendosi di pressioni maggiori d’ un atmosfera, giunse a liquefare anche il protossido d’azoto, il gas oléifico, l’acido fluosilicico (che si liquefece a — 107“ ed alla pressione di ,9 atmosfere), l’idrogeno protosforato, l’acido fluoborico e 1’ a- eido cloridrico. Notò le temperature di fusione per quei corpi che potè solidificare, quali sono: Ac. azotoso anidro — l$° Cianogeno Cs Az — 34,5 Acido iodidri co — 51 Acido carbonico — 5? Ossido di cloro — 59,5 Ammoniaca —75* Acido solforoso —77 Acido solfidrico — 86 Acido bromidrico — 87 Protossido d’azolo— 100, Man. di Fisica 1 « r ' t 424 CAPO QUARTO Non si solidificarono pur a — 110° i seguenti gas: cìoro, acido fluosilicico, gas oleifico, acido fluoborieo, idrogeno protofosforato , acido cloridrico ed idrogeno arsenicato. E non si liquefecero, stando pure a — 440“ per qualche tempo, l’azoto ed il biossido d’azoto sotto unt pressione di 50 atmosfere, l’i- drogeno e l’ossigeno sotto 27 atmosfere e l’ossido di carbonio sotto 40. L’ossigeno a — 94° resistette anco a 58 atmosfere. Faraday istituì anche diverse serie di osservazioni su la tensione dei vapori svolti da parecchi dei detti gas liquefatti. Nei seguenti riassunti le tensioni sono espresse in atmosfere. Temp. — 87,22 78,89 Gas Acido Protoss. Acido Acido Idrogeno oleifico carbonico - 1,2 d'azoto cloridrico solfidrico 1,0 1,4 arsenicato 73,33 9,3 1,8 1,8 1,8 1,0 67,78 10,3 2,8 2,3 2,4 1,2 . 62,22 11,3 3,9 3,1 3,1 1,3 59,44 — 4,6 3,6 — — 0,9 56,67 12,5 5,3 4,1 4,0 1,6 1,1 51 , 11 13,9 7,0 5,4 5,1 1,9 1,4 45,50 15,4 8,9 6,9 6,3 2,4 1,8 40,0 17,0 11,1 8,7 7,7 2,9 2,3 34,44 18,9 13,5 10,9 9,2 3,5 2,8 28,89 21,2 16,3 13,3 10,9 4,2 3,5 26,11 — 17,8 14,7 — — — 23,33 23,9 19,4 16,1 12,8 5,1 4,3 20,56 — — 17,7 13,9 — 4,7 17,78 27,2 22,8 19,3 15,0 6,1 5,2 15,0 — 24,8 21,1 -- — — 12,22 31,7 26,8 22,9 17,7 7,2 6,2 9,44 — 29,1 24,8 — — -- 6,67 36,8 30,7 26,8 21,1 8,4 7,4 3,89 — — 28,9 23,1 — -- 1,11 42,5 37,2 31,1 25,3 9,9 8,7 ■ 1,67 — — 33,4 — — — 4,44 30,7 11,8 10,0 LIQUEFAZIONE DEI GAS 42o Temper. Ac. solforoso Cianogeno Ammoniaca —17°78 0,7 1,2 2,5 0,0 1,5 2,4 4,4 + 4,44 1,8 2,8 5,0 32,22 4,3 6,2 11,0 37,78 5,1 7,3 — Da queste tavole si può argomentare che per liquefare i succitati gas, presi tutti alla temperatura 0°, si richiedano le seguenti pressioni: Acido solforoso atra. 1,5 Gas solfidrico atm. io Cianogeno 2,4 Acido iodidrico 4,0 Gas ammoniaco 4,4 idrogeno arsenicato 9 „ cloridrico 26 Protossido d’azoto 32 Acido carbonico 38 Gas deifico 43 Notterer (1855), ritentando le prove da lui già fatte alcuni anni sono per liquefare l’azoto, l’idrogeno, eoe., ed usando un apparecchio atto a dare, con qualche approssimazione, la misura di validissime pressioni esercitate sovra un determinato volume di gas,.si accertò, che l’idrogeno, l’azoto, l’aria atmosferica e l’ossido di carbonio resistono alla pressione di 2790 atmosfere senza liquefarsi. L’ossigeno resse a 1334 atmosfere , e non lo si potè assoggettare a maggiori pressioni, poiché a tal punto di condensazione esso abbrucia l’olio che tiene la debita chiusura nelle valvole (<»).. (a) Quantunque i mezzi adoperati da Nalterer per misurare sì le pressioni che i volumi dei gas non siano suscettibili di molta precisione, pure da queste sue sperienze si ha un altro risultalo assai importante, cioè che i delti gas, sotto forti pressioni, si scostano dalla legge di tsoyle nel senso che le loro densità crescono con una ragione meno rapida degl’incrementi nelle pressioni. Così sotto la pressione di 2790 atmosfere, i predetti gas, invece di presentare (come vorrebbe la legge di lloyle) una densità corrispondente a 2790 volte quella che olirono sotto la pressione d’uua sola atmosfera, mostrarono le densità seguenti: azoto 705 ,aria atmosferica 726 , ossido di carbonio 727, idrogeno 10 OS, prendendo per unità delle densità per 420 CAPO QtAItTO E pur manifesto die le tensioni dei vapori di queste sostanze non seguono la legge supposta da Dalton. E per riguardo al più rapido aumentare delia tensione col crescere delia temperatura, i gas della prima tabella vanno così ordinati: acido carbonico, protossido di azoto, acido cloridrico, idrogeno arsenicato, acido solfidrico, e gas deifico; nella qual serie la detta proprietà va decrescendo dal primo all’ ultimo. E per i tre gas della 2. a tabella si ha la serie: ammoniaca, cianogeno ed acido solforoso («). E neH'ammoniaca l’incremento nella tensione è ancor meno rapido che nell’ acido solfidrico. Cosicché, a volere raccogliere i detti corpi in un’unica serie, si avrebbe: acido carbonico, protossido di azoto, acido cloridrico, idrogeno arsenicato, acido solfidrico, ammoniaca, gas oleifico, cianogeno ed acido solforoso. Eppure per i vapori d'acido solforoso la tensione cresce ben più rapidamente ancora che per quelli dell’alcoole (pog. 365). Si scorge però dalla serie precedente, che gl’ incrementi nella forza espansiva dei ciascun gas quella che esso ha sotto un atmosfera. Ed il gas ossigeno mostrò la densità 657 sotto 4354 atmosfere. 11 che vuol dire che, sotto alte pressioni, l’ossigeno, e più ancora l’idrogeno, si mostrano più compressibili dell’aria atmosferica e dell’ossido di carbonio, men- ire l’azoto è ancor meno compressibile di questi. Laddove, sotto pressioni poco valide, l’idrogeno riesce, secondo le sperienze di Rc- gnault (§ 78),, meno compressibile dell’azoto. Pertanto la legge della compressibilità dei gas sarebbe ancor più complicata di quella proposta da Avogadro (pag. -126) in base alle stesse sperienze di Regnatili. Aggiungasi che l’idrogeno sino a 78 atmosfere, l’azoto a ss, l’aria atmosferica a 96, l’ossido di carbonio a 127 c 1’ ossigeno a tc" atmosfere parve a Nattcrer che seguissero sensibilmente la legge di Boyle. Ma, il ripetiamo, questi dati non meritansi la stessa fede di quelli di Regnault. Nelle Aggiunte si citeranno i particolari di queste osservazioni di Nattcrer su la compressibilità dei menzionati gas. (a) Secondo i dati di Bunsen esposti a pag. 422, apparirebbe invece, che per i vapori d’acido solforoso la tensione cresca più rapidamente che per quelli del cianogeno. FENOMENO DI LEIDENFROST 427 diversi vapori seguono una legge tanto più rapida quanto più energica è la pressione richiesta alla liquefazione dei corrispondenti gas sotto la stessa temperatura 0°. Il gas oleilicu soltanto fa eccezione. 133. Lorquando un liquido, in iscarsa quantità, viene versato su d’un solido avente una temperatura superiore di molto a quella dell’ ebollizione dello stesso liquido, questo si scalda eon tale lentezza da richiedere, per la completa sua evaporazione, un tempo le molte volte maggiore di quello che è necessario a produrre lo stesso effetto quando il solido ha una temperie superiore di poco a quella rispondente all’ebollizione («;. L’attrazione molecolare che ingenera l’adesione tra liquido e solido, col crescere della temperatura, va scemando (§ 87 ) per modo che, ad alta temperie, il solido non è più bagnato dal liquido: anzi, prevalendo allora in questo la coesione all’adesione, ei tende a staccarsi dal solido e ad assumere una figura rotondata o sferoidlca d>'. E cotesto distacco è favorito dalla formazione d’ uno strato di vapore, che sorregge ed avviluppa la gocciu, impedendole di ricevere calore per contatto dal solido, e sollecitandola ad un moto giratorio e di saltellamento, e ad una rapida mutazione di figura: giacché mu- tansi di continuo la direzione ed il punto d’applicazione delle forze di pressione e di gravità e delle forze molecolari ope- (а) ’Leidenfrost (1756) pel primo, e quindi Saussure (1785), Bedani ( 1816 ), Orioli (1820), Pouiilet (1825), Klaproth (1827), DÒ- bereiner, Munke (1828),Fischer (l830),Lechevalier(l831),Buff(l 832), Baudrimont (1836), Laurent (1836), Marchand (1840), Poggendorflf (1841), Person (1842), Boutigny (1843), Belli (1844), Avogadro ed altri si occuparono di studiare le particolarità de’ curiosi fenomeni cita in tal condizione si presentano. (б) Boutigny chiamò stato sferoidale cotesla condizione d’un liquido , volendo significare che per essa siano derogate le ordinaria leggi termologiche: laddove le suesposte considerazioni accennano che iu questi fenomeni non v’ ha nulla di anomalo. '428 CAPO QUARTO rami su la goccia stessa, e giacché, ov’essn con qualche punto della propria superfìcie vien a toccare quella del solido, ne è tosto ricacciata da repentina formazione di vapore. Intanto la goccia riceve solo il calor irradiante (°) e quello trasmessole dal circostante vapore, nel mentre eh’ essa si raffredda per le calorìe toltele dalla continua sua evaporazione, la quale, benché si mostri tranquillo, è pur copiosa, mantenendosi nel liquido in questo stalo una temperatura eguale o di pochi gradi inferiore a quella della sua ebollizione ' 6 ). E nondimeno la goccia non si mostra agitata nell’ interno, come accade nell’ordinaria ebollizione, perchè riceve calore solo dalla superfìcie, epperò solo nella superfìcie avviene la vaporizzazione. I metalli a superficie pulita e poco ossidabile, come l’argento ed il platino, fors’anco perchè dotati di minor potere emittente pel calor radiante, meglio si prestano che il vetro e la porcellana alla produzione di questi fenomeni. E l’nlcoole e l’etere fi presentano a temperature meno elevate che noi faccia l’acqua, perchè più vaporabili di questa. Qualora il liquido sia intorbidato da polveri coloranti, crescendo in esso la facoltà assorbente pel calor radiante, riesce meno distinto il fatto della lenta svaporazione ad alte temperature del solido (c). In ogni caso (a) Person e Belli dimostrarono erroneo l’asserto del Boutigny, che un liquido in istato sferoidale non accolga nel suo interno il calor radiante. (b) Laurent, col metodo delle miscele, trovò nelle goccie d’acqua tolte rapidamente da tal condizione la temperatura di 95°; e con un termometrino vi riscontrò 99°. Person ebbe per minimo di varii saggi 84°; e Boutigny, pure col termometro rilevò la temperatura pressoché costante di 96°,5. Per l’alcoole assoluto lo stesso Bouii- gny trovò 75°,5; per l’etere 34°,25, per il cloruro d’eiilo 10",5 e per l’acido solforoso — 40",5. Sembrano affette da qualche causa d’errore le prove del Baudrimont, col metodo delie miscele, che gii diedero per l’acqua temperature variabili da 36°,5 a 50",6. (c) Pouillet osservò che l’inchiostro e la polve di carbone, stando nell' acqua, le impediscono di assumere la forma sferoidica. FENOMENO III LEIDENFROST 4ZJ poi quando questo, raffreddandosi, si riduce ad una temperatura eccedente solo 100° o 50° quella dell’ebollizione del liquido («) la vaporizzazione si fa rapidissima e fragorosa, potendo allora il liquido stesso toccare e bagnare il solido ( b ì. (а) Boutigny ottenne la condizione sferoidale in piccole goccie d’acqua gittate entro capsula emisferica di platino pesante gram. 50, non solo a 200°, ma ancora a 171°, e, benché con maggior difficoltà, a 150° e per minimo a 142.° L’alcoole la presentò a 134°, e l’etere a 61 °. (б) È degna d’esser citata una sperienza di Saussure fatta con crogiuolo di rame (pesante chilog.1,75) arroventato, nel quale, mentre raffreddavasi, versava successivamente delle piccole masse d'acqua distillata, ciascuna del peso di gram. 2,75 circa: Numero Durata progressivo delPevaporaz. Osservazioni delle Eoccie di ciascuna l. a 109” Crogiuolo rosso vivo; movimento giratorio del liquido, senza fischio nè vapor visibile. 2." 225” Crogiuolo quasi oscuro; movimento simile. 3. a 165” Leggier fischio sul fine. 4.* 35” Fischio e vapor visibile. 6.' 11” Idem. 6.* iS” Idem. 7.* 4” Forte fischio e copioso vapor visibile. 8. a 9.* IO.’ 3” (ciascuna ) Idem. di.» 6” Idem. 12. a 17” Diminuisce il fischio. 13. a 400” L’evaporazione finisce senza ebollizione. Pertanto la maggior lentezza nell’evaporazione corrispose a quella temperatura in cui il crogiuolo cessava d’esser luminoso. E analoghi fenomeni osservò Saussure adoperando crogiuoli di ferro lavoralo, di ferro fuso, d’argento puro e di porcellana : quello d’argento gli diede ia massima lentezza d’evaporazione, richiedendo questa un tempo 125 volle maggiore di quando v’aveva rapida ebollizione. Spe- 430 CAPO QUARTO Le goceie liquide nella condizione sferoidale, appunto perchè non possono oltrepassare la temperatura della loro ebollizione, danno luogo a delle curiose sperienze ( ,l . Dipende pure dalle menzionate condizioni la spiegazione del fatto rimenlò fenomeni simili eoll’alcoole e coll’etere. Anche Klaproth trovò l’evaporazione dell'acqua sui metalli incandescenti essere tanto meno rapida quanto più alla è la loro temperatura. Ma Baudrimont osservò invece che, partendo dalla temperatura appena sufficiente a produrre la forma sferoidale nell’acqua, la rapidità della vaporizzazione cresceva coll’elevare la temperatura del crogiuolo. E Bouligny con una capsula di platino, in cui un decigrammo d’aequa a svaporare per ordinaria ebollizione impiegava 4”, trovò che allo stalo sferoidale a 200° richiedeva 3’ e 30", cioè un tempo più di 50 volle maggiore: ma a 400° ancora un grammo d’acqua svaporava in t’.t3’’, ed al calor rosso vivo il faceva in soli 50’’ : ciascuno di questi dati essendo il valor medio di tre sperienze. Laurent notò che la figura della goccia non è propriamente sferoidica, ma offre l’aspetto di stellette con 4 o con un maggior numero pari di denti, e ciò dipendentemente da compressioni, che con rapida alternativa si esercitano o in due direzioni tra loro rettangolari, oppure in tre, in quattro, ecc. direzioni tra loro equidistanti, giacché cotesto rapido alternar di figure, attesa la durala delle sensazioni visive, deve dare 1’ apparenza di due o più figure ellissoidiche tra loro incrostate, e quindi di 4 o più sporgenze nel contorno della goccia, ma sempre in numero pari. (a) Posando una piccola gocciad’acqua ne! mezzo d'una maggior goccia d’acido solforoso mantenuta in condizione sferoidale entro un crogiuolo rovente, la prima si agghiaccia tantosto, come mostrò Bouligny. Si noti che l’acido solforoso bolle a — 8°, e che, secondo lo stesso Bouligny, una goccia di questo liquido in condizione sferoidale presenta la temperatura di —40°,5. Faraday oltenne la solidificazione del mercurio, ponendo in un crogiuolo di platino mautenuto rovente una miscela d’acido carbonico solido e d’ etere, ed in questa, presentante la forma sferoidale, una capsula metallica contenente 31 grammi di mercurio, che si congelarono in meno di 3”. L’acido carbonico liquido bolle a — 80°, ed il mercurio si solidifica a — 40“,5. umidita’ atmosferica 431 che un solido incandescente, tuffato in parte nell’acqua, non la fa sorbollire e nemmanco produce in essa agitazione sensibile, finché non cessi nel solido lo stato rovente: poiché uno strato di vapore, che tosto si forma intorno al solido immerso e che di continuo si rinnova, mantiene il distacco del liquido dal solido («v 13(5. L’aria atmosferica, stando in continuo contatto colle acque che bagnano la superficie terrestre, contiene sempre una cerLa quantità di vapore acqueo, la quale però è assai variabile col mutare delle diverse condizioni meteorologiche (temperatura, direzione dei venti, pressione barometrica, ec..). 31 a il più delle volte questo vapore non raggiunge la densità di saturazione, ed allora è trasparente ed incoloro, epperò invisibile. Talorapoi, la quantità del vapore disseminato nell’aria eccedendo quella richiesta alla saturazione dello spazio in rispondenza alla temperatura, accade che una parte di esso si depone su la superficie dei corpi o si rende visibile (come nella nebbia e nelle nubi ), assumendo quel peculiare stato che denominasi globulare o vescicolare : è il vapor acqueo che si condensa in forma di globetti sferici, nuotanti in seno dell’ aria, e dotati di un poter rinfrangente diverso da quello dell’aria, sicché turbano la trasparenza di questa. E ancor dubbio se questi globetti liquidi sieno pieni, oppur cavi, a guisa di vescicole, formate da un velo liquido linfa) Bellani osservò questo fenomeno in tubetti di vetro incandescenti tuffati in parte nell’acqua; e più facilmente lo si osserva tuffando una verga metallica rovente entro acqua che tenga in soluzione pur solo 0,01 di sapone sopra i,0 d’acqua. Analogo a questi è il fatto, confermalo da molli ed autorevoli osservatori, del potersi impunemente immergere un dito ed anco la mano entro un bagno di piombo, di bronzoo di ferraccio in istato di fusione: è però prudente il tuffare prima il dito in una soluzione di sapone o di sale ammoniaco, ed introdurlo quindi con non troppa rapidità nel bagno rovente, te- aendovclo per breve tempo. 432 CAPO QUARTO chiudente un fluido aeriforme H Kaemtz, prèndendo molte misure sui globuli della nebbia nella Germania centrale e nella Svizzera, trovò che il loro diametro è per medio mill. 0,0224, variando esso sensibilmente colle stagioni. In generale, giunge al massimo nei mesi d’inverno (mill. 0,027 a 0,0-35), ed al minimo nei mesi d’estate (mill. 0,014 a 0,018) (*); varia altresì nel corso d’uno stesso mese, essendo minimo col tempo assai bello, ed aumentando lorquando havvi minaccia di pioggia, benché sia molto ineguale nei globuli d’una medesima nube. Per diverse circostanze il vapor acqueo atmosferico invisibile può farsi visibile: per raffreddamento diretto d’una (a) Halley, Kratzenstein (1743), Saussure e Kaemtz (1840) ammisero la sussistenza delle vescicole o sferette cave, appoggiandosi ad alcuni fenomeni di molo e di colorilo offerii dal vapore visibile dell’acqua. Laddove Monge(1787), Howard, Belli, Forbes (1839), Avo- gadro ed altri sono d’avviso, che colesti fenomeni si possano spiegare pur ammellendo che i medesimi vapori siano costituiti da sferette liquide totalmente piene: anzi quest’ultima supposizione sembra loro convalidala da altri fatti. Notisi che il fenomeno dello stare nuotanti nell’aria i vapori che formano le nubi e le nebbie non può ascriversi ad una loro leggerezza relativa, cioè all’essere il loro peso specifico minore od eguale a quello dell’aria. Perchè ciò si verificasse dovrebbero essi avere un diametro molto maggiore del loro effettivo, pur supponendoli costituiti da vescicole il cui inviluppo liquido avesse una grossezza di mill. 0,0005 (secondo l’estimazione di Kratzenstein), ed il cui interno fosse vuoto d’ogni gas. E quindi a dar piena ragione del dello fenomeno convien ricorrere ad altre considerazioni, come fecero Fresnel, Kaemtz e Belli. (b) Kralzenslein, paragonando il diametro dei vapori visibili con quello d’un capello, credette poter conchiudere essere il primo di millimetri 0,0075 circa. Saussure, osservando i medesimi globelli con un microscopio munito di micrometro, nolo essere i loro diametri molto differenti, e stimò i minori di mill. 0,006 ed i maggiori — tra quelli che si sostenevano nell’aria — di mill. 0,012. Sono più attendibili le valutazioni di Frauenhofer e le suesposte di Kaemtz, dedotte dalla considerazione di alcuni fenomeni ottici che si producono lorquando i raggi solari allraversano le nubi o le nebbie in certe condizioni. Frauenhofer dedusse da alcune sue osservazioni i seguenti tre diversi valori pei diametri delle sferette di vapor visibile, cioè mill. 0,0156; 0,0303, e 0,0527. umidita’ atmosferica 433 massa d’aria già satura, o pressoché satura di vapore; per riduzione a minor volume dell’aria medesima; per mischianza di due masse d’aria, entrambe sature, ma a temperature differenti («); e per la naturale rarefazione dell’aria ealda ascendente verso l’alto dell’ atmosfera (&). (а) Poiché la tensione del vapor acqueo al massimo di densità cresce più rapidamente degli incrementi di temperatura, come si dichiarò al S H9, ne viene che due eguali masse d’aria, entrambe sature di vapore, le cui temperature e tensioni siano rispettivamente t ed f, V ed /”, mescolandosi tra loro, ed assumendo una temperatura | (t f t '), rimarranno soprassature, in quanto che la tensione f” corrispondente a f” sarà minore di 5 ( /’+ /”); epperò la densità di saturazione corrispondente a l" sarà anch’essa minore della semisomma di quelle rispondenti a ief. ( б ) L’aria, rarefacendosi per diminuita pressione, subisce un aumento nella capacità calorifica (§ 107 ), il quale produce in essa un raffreddamento, il cui valore si accennerà innanzi, trattando delle fonti del calore. Colesto raffreddamento dell'aria la riduce soprassatura di vapore, ov’essa ne sia già satura, oppure la fa avvicinare sempre più ài punto di saturazione, ove dianzi ne sia discosta. D’altra parte però la stessa dilatazione avveuula nell’ aria concede al preesistente vapore una corrispondente diminuzione nella tensione, secondo la legge di Boyle; diminuzione che diventa ancora un po’più sentita, a motivo dell'anzi- dello raffreddamento. Ma questi secondari effetti della rarefazione dei- fi aria sul vapore non compensano punto il primo effetto; cioè la diminuzione nella densità di saturazione del vapore causata dal raffreddamento è molto minore della diminuzione nella sua forza espansiva prodotta dalla dilatazione e dallo stesso raffreddamento. Avvien quindi che l’aria calda elevantesi nell’atmosfera, ancorché contenga del vapore acqueo avente una tensione molto inferiore a quella di saturazione , qualora giunga in uno strato, dove la pressione sia notevolmente diminuita , si renderà non soltanto satura , ma altresì una porzione del vapore dianzi invisibile, liquefacendosi, passerà allo stato visibile. A questo proposito è da notare, col Belli, che ogniqualvolta per una delle succennale condizioni accade in una massa d’aria la liquefazione di porzione del suo vapore, l’aumento di volume ch'essa prova 434 CAPO quarto li igrometrìa (“) si propone la determinazione della quali- tità di vapor acqueo contenuta in un dato volume d’aria atmo- per lo svolgersi delle calorie d’'elasticità dì tal vapore condensatosi è molto maggiore della diminuzione di volume che si verifica nell’ aria stessa per la delta condensazione del vapore. In fatti l’accennato aumento di volume sarà equivalente a quello che si produrrebbe introducendo nell’aria medesima una massa di vapore invisibile alla densità di saturazione espressa da p . d, ppsto p il peso- del vapore lique- fatlosi, e* le calorie d’elasticità del vapore acqueo corrispondenti alla temperatura che avrà l’aria, c il calor specifico- a peso dell’ aria riferito a quello dell’acqua-, $ il coefficiente della dilatazione cubica dell’aria a pressione variabile, e d la densità del vapor acqueo-riferita a quella dell’ aria. Laddove la diminuzione di volume prodotta dalla liquefazione della massa p di vapore sarà prossimamente eguale a p ( 1 — d'. d), ove d’ esprime il peso specifico dell’aria riferito a quello dell’acqua. Supponendo, per esempio, che l’aria abbia la temperatura di 10°, ed assumendo per ciascuna delle precedenti notazioni i valori assegnati da Regnault, si avrebbe per aumento di volume K()() 5 = p 0 -~j . 0,003665.0,622 = 5,765 p ; e per la diminuzione di volume p ( I — 0,001293.0,622) = 0,9992 p, prossimamente. Pertanto, in questo caso, I’ effettivo aumento di volume prodotto dalla liquefazione della massa p di vapore, sarebbe 4,7658 . p. Per altre temperature, cotesto rapporto fra l’aumento e la diminuzione nel volume dell’aria dipendenti dalla condensazione dèi vapore acqueo varierà un tal poco , perchè varia colla temperatura il valore di c ’: ma nondimeno l’aumento soverchia sempre di mollo la diminuzione di volume. Di conseguenza l'aria- stessa, falla specificamente meno pesante , salirà più in alto. Anzi tutte le preaccennate influenze cospirando sempre nello- stesso senso^ l’ària umida potrà salire ad altezze di 4 a 6 mila metri, dove, secondo-l’ipotesi di Humboldt, appoggiata dal Belli, for- merebbersi i rudimenti nevosi che formano il nucleo della grandine. E pur quando accadrà l’agghiacciamento del vapor visibile, l’aria riceverà una nuova spinta al salire per la- dilatazione prodotta dallo svolgersi delle calorie di liquidità delle goccioline acquose. («) Dal greco óy r o;, umido. IGROMETRIA 435 sferica. Oliami' essa ne contiene tutta quella quantità che è compatibile colla sua temperatura, cioè quando ne è saturo. si dice essere l’aria al massimo di umidità. In tal caso le tavole della tensione del vapore alle diverse temperature (pag. 354 e seg.) forniscono direttamente la deduzione da farsi all’ altezza barometrica •— la quale misura la somma delle forze espansive proprie dell’aria e del vapore — onde avere la parte dovuta all’ uno ed all'altro: quindi si trova il peso p in grammi del vapore contenuto in un metro cubo di aria, mercè la formolo (Vedi § 123) p = ^ 5 ^— 7 . J-, dove e esprime la tensione del vapore corrispondente alla temperatura t che si riscontra nell’aria, e b l’altezza barometrica corretta (§62). Ma d’ ordinario l’aria atmosferica contiene una quantità di vapore notevolmente minore di quella corrispondente alla saturazione. Quindi si chiama stato igrometrico , o frazione di saturazione , od umidità relativa dell’aria il rapporto tra la quantità di vapore effettivamente contenuta nell’unità di volume dell’ aria e quella eh’ essa dovrebbe contenere per essere al massimo di umidità. E poiché per i vapori aventi densità minori di quelle di saturazione, può tenersi valevole la legge di Boyle, si può ammettere che il peso del vapore, restando invariata la temperatura, sia proporzionale alla sua tensione effettiva e J . Epperò l’umidità relativa U dell’aria non satura sarà data dalla forinola U~m -, ove e esprime la tensione del vapore alla densità di saturazione corrispondente alla temperatura dell’ aria, ed ni il valore che vuoisi attribuire al massimo di umidità, valore che talora si piglia uguale ad 1 , talora uguale a 100 : nel primo caso può definirsi lo stato igrometrico dell’ aria quale il rapporto sussistente fra la tensione effettiva e la tensione massima del vapore diffuso nell’aria. Dal che si rileva che l'umidità relativa medesima dipende non soltanto dalla quantità assoluta del vapore contenuto nell’aria, ma altresì dalla di lei temperatura. 436 CAPO QUARTO Si chiamano igrometri quegli strumenti od apparati che servono a valutare direttamente od indirettamente 1’ umidità relativa dell’ aria. I più usitati sono: l’igrometro chimico, l’igrometro a condensazione, l’igrometro a raffreddamento e l’igrometro ad allungamento. Secondo il metodo chimico , perfezionato da Brunner a ', si determina la quantità del vapor acqueo contenuto in un dato volume d’aria, mediante 1’ aumento di peso che prova una sostanza igroscopica attraverso la quale si fa filtrare l’a- ria stessa, giovandosi poi della forinola succitata a pag. 379. Ouesto metodo è suscettibile di molta precisione; ma lunga e delicata ne è 1’ applicazione, ed esige apparati molto voluminosi , sicché male si presta per le consuete osservazioni meteorologiche. Nondimeno esso giova a riscontrare il grado d’approssimazione ottenibile cogli altri metodi meno precisi, ed a determinare il valore delle costanti numeriche che entrano nelle formole relative a quest’ altri melodi. Siccome poi, tanto nell’ applicazione di questo processo, quanto in quella degli altri, interessa di conoscere le tensioni massime del vapor acqueo corrispondenti alle temperature osservate, e siccome queste devono esser prese con precisione non minore dei decimi di grado, così tornerà opportuno il riportare qui le tavole calcolate da Ilegnault, in base alle osservazioni ed alle formole citate nel § 119, concernenti le forze espansive dèi vapor acqueo alla densità di saturazione relative alle temperature che si verificano colle osservazioni meteorologiche dalla più fredda alla più calda stagione ne’ climi nostri temperati, cioè da — 10°,0 a -f- 35°,0. Le differenze in esse esposte fra le tensioni corrispondenti alla variazione di 0°,1 pònno fornire facilmente anco le tensioni relative ai centesimi di grado intercetti tra dite consecutive indicazioni. (a) Regnatili (1845), Haeghens (1848), ed altri recarono però alcune importanti modificazioni all'apparecchio usato da Brunner. IGROMETRIA 437 Tensione del vapor acqueo in millim. di mercurio a 0 °. Temper. Tensione — 10»,0 2,078 9,9 2,096 9,8 2,114 9,7 2,132 9,6 2,150 9,5 2,168 9,4 2,186 9,3 2,204 9,2 2,223 9,1 2,242 9,0 2,261 8,9 2,280 8,8 2,299 8,7 2,318 8,6 2,337 8,5 2,356 8,4 2,376 8,3 2,396 8,2 2,416 8,1 2,436 8,0 2,456 7,9 2,477 7,8 2,498 7,7 2,519 7,6 2,540 7,5 2,561 7,4 2,582 7,3 2,603 7,2 2,624 7,1 2,645 7,0 2,666 6,9 2,688 6,8 2,710 6,7 2,732 6,6 2,754 6,5 2,776 6,4 2,798 6,3 2,821 - 6,2 2,844 Difler. 0,0A8 0,018 0,018 0,018 0,018 0,018 0,018 0,019 0,019 0,019 0,019 0,019 0,019 0,019 0,019 0,020 0,020 0,020 0,020 0,020 0,021 0,021 0,021 0,021 0,021 0,021 0,021 0,021 0,021 0,021 0,022 0,022 0,022 0,022 0,022 0,022 0.023 0,023 Temper, — 6»,2 6,1 6,0 5,9 5.8 5.7 5.6 5.5 5.1 5.3 5.2 5.1 5,0 1.9 4.8 4.7 4.6 4.5 4.4 4.3 4.2 4.1 4,0 3.9 3.8 3.7 3.6 3.5 3.1 3.3 3.2 3,1 3,0 2.9 2.8 2.7 2.6 2,5 Tensione Difler. 2,844 2,867 2,890 2,914 2,938 2,962 2,986 3,010 3,031 3,058 3,082 3,106 3,131 3,156 3,181 3,206 3,231 3,257 3,283 3,309 3,335 3,361 3,387 3,411 3,441 3,168 3,495 3,522 3,550 3,578 3,606 3,631 3,662 3,691 3,720 3,749 3,778 3,807 3,836 0,023 0,023 0,021 0,024 0,024 0,024 0,024 0,024 0,021 0,024 0,024 0,025 0,025 0,025 0,025 0,025 0,026 0,026 0,026 0,026 0,026 0,026 0,027 0,027 0,027 0,027 0,027 0,028 0,028 0,028 0,028 0,028 0,029 0,029 0,029 0,029 0,029 0,029 Temper. — 2°,4 2.3 2,2 2,1 2,0 1,9 1,8 1,7 1,6 1,5 1.4 1,3 1,2 1,1 1,0 0,9 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 _ 0,1 0,0 -j- 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1.3 1.4 Tensione Difler. 3.836 3,865 3,895 3,925 3,955 3,985 4,016 4,047 4,078 4,109 4,140 4,171 4,203 4,235 4,267 4,299 4,331 4,364 4,397 4,430 4,463 4,497 4,531 4,565 4.600 4^633 4,667 4,700 4,733 4,767 4,801 4.836 4,871 4,905 4,940 4,975 5,011 5,047 5,082 0,029 0,030 0,030 0,030 0,030 0,031 0,031 0,031 0,031 0,031 0,031 0,032 0,032 0,032 0,032 0,032 0,033 0,033 0,033 0,033 0,034 0,034 0,034 0,035 0,033 0,034 0,033 0,033 0,034 0,034 0,035 0,035 0,034 0,035 0,035 0,036 0,036 0,035 CAPO QUARTO 438 T-mp'--r. + 1°,4 A ,5 2,6 2.7 2.8 1,9 2,0 2,1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7 3.8 2.9 3.0 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 3.8 3.9 4,0 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4,3 4.9 5.0 5.1 5.2 5.3 5.4 5.5 Tpnsinne 'Differ. Tpmppr. 5,082 5,118 5,155 5,191 6,228 5,265 5,302 5,340 5,378 5,416 5,454 5.491 5,530 5,569 5,608 5.647 5,687 5,727 5,767 5,807 5,848 5,889 5,930 6,972 6,014 6,055 6,097 6,140 6,183 6,226 6,270 6,313 6,357 6,401 6.445 6,490 6,534 6.580 6,625 6.671 6,717 6,763 0,036 0,037 0,036 0,037 0,037 0,037 0,038 0,038 0,038 0,038 0,037 0,039 0,039 0,039 0,039 0,040 0,040 0,040 0,040 0,041 0,041 0,041 0,042 0,042 0,042 0,042 0,043 0.043 0,043 0,044 0,043 0,044 0,044 0,044 0,045 0,044 0,046 0,045 0,046 0,046 0,046 + 5»,5 5.6 5.7 5.8 5.9 6,0 6,1 6,2 6.3 6.4 6.5 6.6 6.7 6.8 6.9 7,0 7.1 7.2 7.3 7.4 7,*7 7.8 7.9 8,0 8,1 8 2 8 > 8.4 8.5 8.6 8.7 8.8 8.9 9,0 9.1 9.2 9.3 9.4 9.5 9.6 Tpnsione 6,763 6,810 6.857 6,904 6,951 6,998 7,047 7,095 7,144 7,193 7,242 7,292 7,342 7 392 7,442 . 7,492 7,544 7,595 7,647 7,699 7,751 7,804 7.857 7,910 7,964 8.017 8,072 8,126 8,181 8,236 8,291 8,347 8,404 8,461 8,517 8,574 8,632 8,690 8,748 8,807 8,865 8,925 Di (far. 0,047 0,047 0,047 0,047 0,047 0,049 0,048 0*049 0,049 0,049 0,050 0*050 0,050 0,050 0,050 0,052 0,051 9,052 0,052 0,052 0,053 0,053 0,053 0,054 0 , 053 ' 0,055 0.054 0,055 0,055 0,055 0,056 0,057 0,057 0,056 0,057 0,058 0,058 0,0 5 S 0,059 0,058 0,060 T fmppr. + 9*,6 9.7 9.8 9.9 10,0 10,1 10,2 10.3 10.4 10.5 40.6 10.7 10.8 10.9 11,0 11,1 11,2 11.3 11.4 11.5 11.6 11.7 11.8 11.9 12.0 12,1 12,2 12.3 12.4 12.5 12.6 12.7 12.8 12.9 13,0 13.1 13.2 13.3 13.4 13.5 13.6 13.7 TpnsionP P.fTeR 8,925 8,985 9,045 9,105 9,165 9,227 9,288 9,350 9,412 9,474 9,537 9,601 9,665 9,728 9.792 9,857 9,923 9,989 10,054 10,120 10,187 10,255 10,322 10,389 10,457 10,526 10,596 10,665 10,734 10,804 10,875 10,947 11,019 11,090 11.162 11,235 11,309 11,383 11,456 11,530 11,605 11,618 0,060 0,060 0,060 0,060 0,062 0.061 0,062 0,062 0,062 0,063 0,064 0,064 0,063 0,064 0,065 0 , 0 GB 0,066 0,065 0,066 0,067 0,068 0,067 0.(167 0,0 68 0,069 0 .O 7 B 0,069 0,069 0,070 0,011 0,072 0,072 0,071 0,072 0,073 0,074 0,074 0,073 0,074 0,075 0,076 TVr.j-er. 413",7 43.8 43.9 44,0 44,4 44.2 44.3 44.4 44.5 4 4,6 4 4,7 14.8 14.9 4 5,0 4 5,1 4 5,2 4 5,3 45.4 45.5 4 5,6 45.7 4 5,8 45.9 4 6,0 4 6,1 46.2 4 6,3 4 6,4 46.5 46.6 4 6,7 46.8 4 6,9 4 7,0 4 7,4 47.2 4 7,3 4 7,4 17.5 17.6 17.7 47.8 7Vn ione 11.681 11,757 14,832 44,908 41 , 98.6 12,064 42,142 42,220 12,298 42.378 42,458 12,538 42,619 12,099 12,781 12,864 12,947 13,029 13,112 13,197 13,281 13,366 13,451 13,536 13,623 13,710 13,797 13,885 13,972 14,062 14,151 14,241 14,331 14,421 14,513 14,605 14,697 14,790 14 , 8S2 14,977 15,072 15,167 D ' flei . 0,076 0,075 0,076 0,078 0,078 0^078 0,078 0,078 0,080 0,080 0,080 0,081 0,080 0,082 0,083 0,083 0,082 0,083 0,085 0,084 0,085 0,085 0,085 0,087 0,087 0,087 0,088 0,087 0,090 0,089 0,090 0,090 0,090 0,092 0,092 0,092 0,093 0 , 092 , 0,095 ; 0 , 095 ! 0,095 Igrometria Tf - inper . Tensione + 17 °, 8 15,167 17,9 15,262 18,0 15,357 18,1 15,454 18,2 15,552 18,3 15,650 13,4 15,747 18,5 15,845 4 8,6 15,945 18,7 16,045 18,8 16,145 18,9 16,246 19,0 16,346 19,1 16,449 19,2 16,552 19,3 16,655 19,4 1 . 6,758 19,5 16,861 19,6 16,967 19,7 17,073 19,8 17,179 19,9 17,285 20,0 17,391 20,1 17,500 20,2 17,608 20,3 17,717 20,4 17,826 20,5 17,935 20,6 18,047 20,7 18,159 20,8 18,271 20,9 18,383 21,0 18,495 21,1 18,610 21,2 18,724 21,3 18,839 21,4 18,954 21,5 19,069 21,6 10,187 21,7 19,305 21,8 19,423 21,9 19,541 D .' ffei . 0,095 0,095 0,097 0,098 0,098 0,097 0,098 0,100 0,100 0,100 0,101 0,100 0,103 0,103 0,103 0,103 0,103 0,106 0,106 0,106 0,106 0,106 0,109 0,108 0,109 0,109 0,109 0,112 0,112 0,112 0,112 0.112 0,115 0 , H4 0,115 0,115 0,115 0,118 0,118 0,118 0,118 +21°,9 22,0 22,4 22,2 22.3 22.4 22.5 22.6 22.7 22.8 22,9 23,0 23.1 23.2 23.3 23.4 23.5 23.6 23.7 23.8 23.9 24,0 24,4 24.2 24.3 24.4 24.5 24.6 24.7 24.8 24.9 25,0 25,4 25.2 25.3 25.4 25.5 25.6 25.7 25.8 25.9 26,0 Tensione 49,541 49.659 19,780 4 9,901 20,022 20.143 20,265 20,389 20,514 20,639 20,763 20,888 21,016 21.144 21.272 21,400 2 - 1,528 21.659 21,790 21,921 22,053 22,184 22,319 22,453 22,588 22,723 22,858 22,996 23,135 23.273 23 , 41i 23,550 23,692 23,834 23,976 24,119 24 , 26-1 24,406 24,552 24,697 24,842 24,988 SI un, di Fisica 26 439 0,11 S 0,121 0,121 0,124 0,121 0,122 0,124 0,125 0,125 0,124 0,125 0,128 0,128 0,128 0,128 0,128 0,131 0,131 0,131 0,132 0,131 0,135 0,134 0,135 0,135 0,135 0,138 0,139 0,138 0,138 0,139 0,141 0,142 0,142 0,143 0,142 0,145 0,14 6 0 , 14 5 o. : 5 0 , U6 401 CAPO QUARTO Temr'W. + 26°,0 USA 26,2 26.3 26.4 26.5 26.6 26.7 26.8 26,9 27,0 27,4 27.2 27.3 27.4 27.5 2 7,6 27.7 27.8 27.9 28,0 2 8,4 28,2 55 .3 28.4 28.5 48.6 28.7 28.8 28.9 29,0 Tensione 24,988 25,138 25,288 25,438 25,588 25,738 25,894 26,045 26,198 26,351 26,505 26,663 26,820 26,978 27.4 36 27,294 27,455 , 27,617 ' 27,778 27,939 28.4 04 28,267 28,433 28,599 28,765 28,931 29,101 29,274 29,444 29,612 29,782 nfer. 0,150 0,150 0,4 50 0,450 0,450 0,453 0,4 54 0,4 53 0,4 53 0,154 0,4 58 0,457 0,4 58 0,158 0,458 0,464 0,462 0,461 0,4 64 0,462 0,166 0,166 - 0,4 66 0,4 66 0,166 0,170 0,170 0,170 0,171 0,170 Tender. + 29 °, 0 29,4 29.2 29.3 29.4 29.5 29.6 29.7 29.8 29,8 30,0 30.1 30.2 30.3 30.4 30.5 30.6 30.7 30.8 30.9 31,0 34.1 31.2 31.3 31.4 34.5 31.6 31.7 34.8 34.9 32,0 Tensione 29,782 29,955 30,131 30,305 30,479 30,654 30,833 34,011 31,190 34-;369 31,548 34,729 31,911 32,094 32,278 32,463 32,650 32,837 33,026 33,215 33,405 33,596 33,787 33,980 34,174 34,368 34,564 34,761 34,959 35,459 35,359 DifT r. 0,4 74 0,175 0,4 74 0,4 74 0,475 0,179 0,178 0,179 0,179 0,179 0,184 0,182 0,483 0,184 0,485 0,187 0,4 87 0 , 1 S 9 0,189 0,190 0,4 91 0,191 0.193 0 , 49-1 0,194 0,196 0,4 97 0,498 0,200 0,200 iV-nr-n". f 32°,0 32.1 32.2 32.3 32.4 32.5 32.6 32.7 32.8 32.9 33,0 33.1 33.2 3 . 3,3 33.4 33.5 * 3,6 33.7 33.8 33.9 34,0 34.1 34.2 34.3 34.4 34.5 34.6 34.7 34.8 34.9 35,0 Ten ione ITOer, 35,359 35,559 35,760 35,962 36,165 36,370 36,576 36,783 36,991 37,200 37,410 37,621 37,832 38,045 38,258 38,473 38,689 38.906 39 V 124 39,344 39,565 39,786 40,007 40,230 40,455 40,680 40.907 44,435 44,364 41,595 41,827 0 , 20 » 0,204 0,202 0,203 0,205 0,206 0,207 0,208 0,209 0,210 0,211 0,211 0,24 3 0,21 * 0,213 0,24 6 0,24 7 0,218 0,220 0,224 0,221 0,221 0,223 0,225 0,225 0,227 0,228 0,229 0,231 0,232 Baumhauer (1855) propose un apparecchio di piccola moie e di facile maneggio, fondato sul metodo chimico, per cui è dato rilevare lo stato d’umidità dell’aria non solo per un dato istante, ma ben anco per l’intera durata d’un giorno, senza l’intervento continuo d’un osservatore. La prima idea dell’ igrometro a condensazione è dovuta agli Accademici del Cimento. Ma Leroy (1751) immaginò un mezzo suscettibile di maggior precisione, che corrisponde propriamente all’ igrometro ad appannamento , e che fu successivamente modificalo e perfezionato da Dalton, Danieli (1823), Koerner, Dòberreiner, Beili (1831), Regnauit (1845) igrometria 441 e Connell (1855). Con questi diversi strumenti trattasi dì raffreddare parzialmente 1’ aria atmosferica, che non è satura di vapore, sino al punto in cui, riducendosi satura, si condensa una parte del vapore su di un corpo a superficie molto splendente, il quale per ciò si offusca od appanna. Allora, conoscendosi la temperatura ( ( a ), per cui accade la condensazione o l’appannamento, per mezzo delle suesposte tabelle, si rileva la corrispondente tensione massima e del vapore ; epperò la effettiva tensione e” del vapore alla temperatura £ propria dell’ aria, lungi dall’ influenza raffreddatrice , sarà e” —* e ’ Quindi si determina V umidità relativa merce la forinola Uzr.m t .1 ,, 0(n , ed il peso p m grammi del vapore contenuto in un metro cubo d’aria, mercè quest altra p — - t - Qn03( ;g^ • p, nelle quali e esprime la tensione massima corrispondente alla temperatura l; b la pressione barometrica corretta c), ed m il valor che si assegna all’umidità massima. Nelle anzidelte condizioni il peso P’ in grammi di un metro cubo della sola aria, esclusone quello del vapore, è espresso da P " fpnwstHùT - / • 7 Gfr 5 ritenute le precedenti indicazioni. Però il peso P’ -f p’ d’un metro cubo d’aria umida sarà sempre minore del peso P d’un metro cubo d’aria perfettamente secca nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione, il cui valore sarebbe P = , ^£^ 1 • 4j : (а) Per questa lempei^tura £’ convien assumere il valor medio tra la temperatura alla quale incomincia l'appannamento col progressivo raffreddamento dello strumento, e quella per cui scompare l’ap- paimamento col consecutivo riscaldarsi dello strumento medesimo. (б) Tutte le volte che V differisca da £ meno di 10° — il che ac- cade d’ordinario — può assumersi semplicemente U=m —, poiché 1’ altro fattore, differendo ben poco dall’unità, può trascurarsi. (e) Le tensioni e ed e, e la pressione b devonsi valutare con uua stessa unità di misura. 442 capo quarto ehè si ha ia proporzione P : I >: -fp’ rr: ò : ò — e”(l nella quale il 2.° termine del 2.° rapporto è minore del l.° termine, e tanto più quant’à maggiore e”. Kd ecco perchè, in generale, il barometro si abbassi coi venti caldi ed umidi, e »i elevi invece coi venti freddi e secchi. Gioverà porgere qui un quadro del peso, in grammi, del vapor acqueo contenuto in un metro cubo d’aria al massimo di umidità, cioè satura di vapore in corrispondenza alle diverse temperature Trinar. Pe,o lei va| or- T>ujp*r, P*,o del vajiorc Teniper. Peso dtl vapot- Teinper. Pe,o dei va’iore — 10* 2,302 + 2 5,623 j ìi 12,103 23,067 — 9 2,495 3 6,010 15 12,860 26 24,374 — 8 2,701 4 6,420 46 13.612 27 25,767 _ 7 2,921 5 6,815 17 14,504 28 27,226 6 3,156 fi 7,316 18 15,393 29 28,762 — 5 3,406 7 7,804 19 16,327 30 30,363 — 4 3,672 8 8,322 20 17,311 3t 32,054 — 3 3,956 9 8,869 21 18,448 32 33,812 _ 2 4,281 10 9,445 22 19,437 33 35,655 — 1 4,575 11 10,055 23 20,581 34 37,583 0 4,915 12 10,696 24 21,785 35 39,281 i 1 5,260 13 11,383 Kd a calcolare l’umidità relativa, ritenuta espressa da 100 1 umidità massima, come si usa comunemente dei meteorologisti, giova la seguente tabella: (a) Questa tavola fu calcolala da Regnault nel 1 845 , in base ai valori da esso determinali per le tensioni del vapor acqueo, as «• mendo o,622 per la derisila di questo, e o,00367 per il coellicieuie tli dilatazione cubica dell’aria; ma egli ritenne allora per il peso di un metro cubo d‘ aria a 0" e niillim. 76% grani. 1299, in luogo di gl'. 1293 eli’egli trovò di poi (§ 67). Perciò i valori esposti in questa tabella sono un po’ eccedenti quelli clic si avrebbero assumendo la più precisa forinola citata a pag. 435 e ponendovi b = 760. Ma le differenze sono piccole: per esempio, a 0°, 10 ° e 20“ si avrò,libo ordinatamente p = 4,868 ; 9,366, e 17,147, colle differenze in meno sui corrispondenti valori suesposti di gr. 0,047; 0,089, e 0,164, ossia, prossi- niameute, di 95 millesimi dei valori medesimi. In ogni modo la ridetta tavola è più attendibile di quelle date da Pouillet e da August, le quali presentano delle differenze in più ancor maggiori, IGROMETRIA 443 Gr;idì o t Valori del fattore 2 Decimi di grado . » ino e 6 9 — 40° 48,1 — 9 44,2 — 8 40,7 — 7 37.5 — 6 34,6 — 5 31,9 — 4 29,5 — '3 27,3 — 2 25,3 — 4 23,4 — 0 24,7 i 0 , 21,7 4 20,2 2 ! 18,9 3 j 4 7,6 4 4 6,4 5 15,8 6 4 4,3 7 4 3,4 S 42,5 9 44,7 40 4 0.9 41 4 0,2 42 9,56 13 8,96 44 8,40 15 7,87 46 7,39 47 6,93 48 6,51 49 6,12 20 5,75 21 5,41 22 5,09 23 4,79 24 4,54 25 4,25 26 4,00 27 3,77 28 3,56 29 3,36 30 3,47 31 2,99 32 2,83 33 2,67 48,5 48,9 44,6 45,0 41,1 41,4 37,8 38,4 34,9 35,2 32,2 32,4 29,8 30,0 27,5 27,7 25,5 26,7 23 6 23,8 21,9 22,1 21,6 21,4 20,1 20,0 48,7 18,6 4 7,5 17.3 4 6,3 16,2 4 5,2 4 5,1 44,2 14,1 13,3 13,2 12,4 12,3 41,6 11,5 10,8 10,8 10,1 10,1 9,50 9,44 8,90 8,84 8,34 8,29 7,82 7,77 7,34 7,29 6,89 6,85 6,47 6,43 6,08 6,04 5,74 5,68 5,37 5,34 5,06 5,02 4,76 4,73 4,48 4,45 4,22 4,20 3,98 3,95 3,75 3,73 3,64 3,52 3,34 3,32 3,4 5 3.13 2,98 3,96 2,81 2,80 2,66 2,64 49.3 45.4 41.7 38.4 35.4 32.7 30.2 27,9 2 5,9 24.2 22.2 21.3 19.8 4 8,5 ■47,2 46.1 4 6,0 14,0 13.4 12.2 41.4 4 0,7 4 0,0 9.38 8.79 8.24 7,72 7.25 6.80 6.39 6,00 5,64 5,31 4,99 4,70 4,43 4.4 7 3.93 3,74 3,50 3,30 3,12 2.94 2,78 2,63 49,7 50,1 45,7 46,1 42.1 42,4 38,7 39,0 35,7 36,0 33,0 33,2 30,5 30,7 28,2 28,4 26,1 26,3 24,0 24,3 22,4 22,6 21,1 21,0 •19,7 19,5 18,8 18,2 17,1 17,0 15,9 15 ,S 14,9 14,8 13,9 13,8 13,0 12,9 12,1 12,1 11,4 11,3 10,6 10,6 9,95 9,88 9,32 9,26 8,73 8,67 8,18 8,15 7,68 7,63 7,20 7,16 6,76 6,72 6,35 6,31 5,97 6,93 6,61 5,58 5*27 5,24 4,96 4,93 4,67 4,65 4,40 4,37 4,15 4,12 3,91 3,89 3,69 3,66 3 48 3,46 3,28 3,26 3,10 3.08 2,93 2,91 2,77 2,76 2,61 2,60 60,6 50,9 46,5 46,9 42,8 43,1 69,4 89,7 36,6 36,6 33,6 33,8 31,0 81,2 28,6 28,8 26,5 26,7 24,5 24,7 22,8 22,9 20,8 20,7 19,4 19,3 18,1 18,0 16,9 10,7 15,7 15,6 14,7 14,6 13,7 13,6 12,8 12,7 12,0 11,9 11,2 11,1 10,5 10,4 9.82 9,75 9,20 9,13 8,62 8,56 8,08 8,03 7,58 7,53 7,41 7,07 6,68 6,63 6,27 6,23 5,89 5,86 5,54 6,51 5,21 6,18 4,90 4,87 4,62 4,59 4,35 4.32 4,10 4,07 3,86 3,84 3;64 3,62 3,44 3,42 3,24 3,22 3,06 3,05 2,89 2,88 2,73 2,72 3,58 2,57 51,4 51.8 47,3 47,7 43,6 43,9 40,0 40,4 36,9 37,2 34,0 34,3 31,4 31,7 29,1 29,3 26,9 27,1 24,9 25,1 23,1 23 ,S 20,5 20,4 19,1 19,0 17,8 47,7 16,6 16,5 15,5 15,4 14,5 14,4 13,5 13,4 12,6 12,6 11,8 11,7 11,1 11,0 10,3 10,3 9,69 9,63 9,08 9,02 8,51 8,46 7,98 7,9* 7,48 7,43 7,02 6,98 6,59 6,55 6,19 6,16 5,82 5,79 6,47 5,44 5,15 5.42 4,85 4,82 4,56 4,53 4,30 4.27 4,05 4,03 3,82 3,79 3,60 3,68 3,40 3,38 3 21 3,19 3,03 ? 01 2.86 2 84 S 70 2 6) 2,66] 2,64 4it CAVO QL’ARTO In quest’ ultimi anni ebbe molto grido l’igrometro a condensazione di Regnatili. Ma benché sia esso preferibile, pel riguardo della precisione, a quelli di Danieli, e di Connell, non è però stromento di facile trasporto, e richiede molte diligenze, varj maneggi e non breve tempo (circa 4’) per una sola osservazione. L’igrometro ad appannamento di Belli porge più agevolmente e con maggior sicurezza la temperatura per cui il vapore atmosferico raggiunge la tensione massima; necessita solo 30” al più per ciascuna osservazione, e si presta non soltanto a determinare l’umidità relativa per un d ito istante, ma altresì ad accennarne, in modo continuo, le variazioni per la durata d’ un intero giorno («). Ma anche questo, se è opportuno stromento per osservazioni stazionarie, non può riesci re appropriato alle esigenze dei meteoroligisti viaggiatori. Hulton (1784) volle desumere 1’ umidità relativa dell’ a- ria dal confronto tra le indicazioni di due bolle termometri- che una delle quali sia ricoperta d’un velo d’acqua, il quale, svaporando tanto più attivamente quant’è più secca l’aria, produce in essa un raffreddamento tanto maggiore, grazie alle calorìe di vaporizzazione eh’ei toglie alla bolla istessa (*'. li questo il principio su cui si fondano gl' igrometri a raffi'càia) e. Reale (1854) istituì una serie di osservazioni di confronto tra le indicazioni dei detti due igrometri di Regnaull e di Relli, e ne risultò un pieno accordo. Però egli stima preferibile d'assai quello d* Belli pei suecennati riflessi. Volle anzi sottoporre a più decisiva prova quest’ ultimo igrometro, ponendone a confronto le indicazioni coi dati del metodo chimico, ed ottenne una soddisfacente concordanza, •atto riflesso agli errori inevitabili in questo genere di delicate speri enze. (<>) Leslie (1804) pensò di applicare questo metodo al suo lermo- jnelro differenziale; ma Gay-Lussac, e poscia August stimarono meglio di attenersi all’anteriore proposta di Ilution, valendosi di due distinti termometri a mercurio, d’egual forma, ed in pieno accordo nelle loro indicazioni ad eguali condizioni. IGROMETRIA 4i5 damentOj i quali vennero accolti favorevolmente dai meteorologisti , da che Angust (182ò) diede loro una forma comoda e maneggevole, ed esibì una forinola abbastanza semplice, col mezzo della quale può calcolarsi la effettiva tensione del vapore atmosferico, e quindi lo stato igrometrico dell’aria. Au- gust denominò psicrometri^ da freddo, cotesta foggia d’igrometri. Osserva però il Belli che le indicazioni loro variano col variare dello stato d’ agitazione dell’aria e delle dimensioni della bolla bagnata: se non che, per avviso del fisico italiano, questi difetti vengono tolti, provocando una forte agitazione nell’aria circostante a detta bolla, ed impiegando termometri a bolla piccola. La forinola teorica proposta da August è desunta dalla e- quazione L(ò-e’) c-fe’ d.c’J ( f-f’):n(e’-e”) d. e, la quale dà i + ~(/-n -> ovvero e [t+vo-ol t'-j-u-ob , («) dove e” indica la tensione del vapor acqueo diffuso nell’aria circostante al psieroinetro, all’atto che in questo si rilevano le temperature t e C nella bolla asciutta e nella bagnata; e la tensione massima del vapore, data dalle tavole, in corrispondenza a c e c le calorìe di temperatura dell’ aria secca e del vapor acqueo (§ 107); d la densità di questo; v le calorìe di vaporizzazione dell’ acqua alla temperatura t’ (§ 131), e b l’altezza barometrica corretta al momento dell’osservazione (*'. Introducendo nell’ ultima delle precedenti forinole per (a) August, per istabilire l'esposta equazione, pone che la quantità di calore ceduta dalla bolla bagnata all’acqua che mano mano evapora sia eguale alla quantità di calore comunicata alla bolla stessa per contatto dallo straterello d’aria che la involge, e che, fatto saturo di vapore e ridotto di subito alla temperatura stessa della bolla, si rinnovi intorno ad essa con una indefinita velocità. (b) August, adottando i dati sperimentali ammessi prima delle osservazioni di Regnatili, cioè C = 0,2669; c’ = 0,847; d = 0,6236 ; * x 550, ottiene, dietro alcune semplificazioni, approssimativamente CAPO QUARTO k‘ diverse noi azioni i valori trovali da Regnault, cioèc“0,237> c'= 0,475; d= 0,622; 0 = « 06,3+0,303 f—t’= 000,3—0,593 (, e recatevi alcune semplificazioni, si ottiene approssimatamente p — e’— ’ZTi^TlTVibr ^ ’ 0< ^ anc ^e più semplicemente («) e’zze’— 0,000033 (t-t) b. poiché i risultati numerici di quest ultima differiscono, nelle singole applicazioni, di un centesimo, al più, di quelli forniti dalla forinola completa. Quando però ( sia minore di o°, cioè quando l’acqua della bolla sii agghiacciala, la precedente ultima formula diventa e”~ e — 0,000360 (l-f) b 4). = e — 0 ,000778 (t—V) b. Posteriormente, lo stesso August, aveva ridotto la sua forinola teorica a qucsl’altra semplificala «” = e’— 6; la quale coi dati di Regnault ( 1846 ) riducevasi ad e” — e’ — 6 > e P e ' caso di 1 minore di 0°, «" — e' — b ' Ma < I ueslc fornivano, come avveniva Regnatili , valori di e” un po’ maggiori dei veri •. sostituendovi però 0,480 al coefficiente 0,429 si avevano migliori concordanze, finché l’umidità relativa fosse maggiore di 40; mentre per secchezze ancor maggiori ti avevano differenze più grandi di quelle date dal coefficiente. 0,429. Poscia, nel 1863, Regnault si attenne alle forinole esposte sopra nel lesto- (a) I fattori di e’ nel!’ultima forinola generale, nel lot'o insieme, corrispondono assai prossimamente all’unità. Le temperature t’ estendo comprese tra 0° e 25°, i valori di v varieranno da 606,5 a 589,1, e quindi poirannosi ritenere, senza notevole errore, come costanti ed eguali a 600 ; cioè può assumersi per tutti i casi v = 600. E la differenza t — t’ ben di rado, eccedendo io», si potrà trascurare il termine o,475 ( t — t') per rispetto al termine 600, che pur entra nel denominatore della precedente formola già ridotta. (b) In tal caso l’acqua che bagna una delle bolle termometriche, Innanzi evaporare, dovendo liquefarsi, convien comprendere nel valore di v non solo le calorie di vaporizzazione dell’ acqua, ma altresì le calorie di liquefazione del ghiaccio; cioè si può porro prossima’ roeute, v = eoo + so a eso. IGROMETRIA 44T Belli, tenendo conto anche dell’ influenza del calor radiante che dai corpi circostanti s’invia su la bulla raft’reddan- lesi, pone l’equazione [ e” (fi-e”)-j"c’e"b-e') Gl*) (l —.e - - ritenute le dalla quale si ha e" — c — fr >i precedenti nutazioni, e posto r il rapporto fra le calorìe comunicate alla bolla fredda dal contatto dell’aria e "e comunicatele dall' irradiazione. Ma questa forinola non si presta così facilmente come la precedente ad una semplificazione, qualora si voglia serbare per b un valore indeterminato (“>. Ramni», seguendo le indicazioni teoriche di August, ed assumendo però dei dati numerici un po’ differenti, propone, come formula ridotta, e” z^z e’ —• 0,0008030 (£— ( ) b, e pei casi di agghiacciamento del velo liquido e” =: e’ — 0,000748 ( t — f’) b. Però, desumendo poi il coefficiente numerico di queste fòrmule dai risultati di molte osservazioni da lui istituite col psicrometro (1833 e 33) a Zurigo, sul Bigi e sul Faulhorn, ottenne, per valor medio, 0,0008464 pei casi ordinari, t 0,000730 pei casi di gelo. Ilegnault ( 4843 e 33), stimando insufficienti o non abbastanza saldi i principi teorici che condussero August all’ an- zidetta forinola generale, credette necessario di sottoporre a prova le indicazioni del psicrometro, paragonandole coi dati del processo chimico, in condizioni atmosferiche molto variate. Ed assumendo la forinola semplificata col coefficiente a indeterminato, cioè ponendo e” — e — a (t — i) b, venne (a) Belli, ammettendo d =:0,G20;t>=: 552,8 — 0,153 t’;6 = 760, ed assumendo, come August, c s 0,2669; c’= 0,847, giusta le sperienze di Delaroche e Bérard, e fatte parecchie semplificazioni, giunge a dare, approssimatamente, e” = e’ — 0,592 (t — t’) (I f r), od anche e” = e’ — 0,592 (t — t'), ritenendo che d’ordinario sia r trascurabile rispetto all’unità. La qual’ultima forinola ben poco didierisce dalla prima numerica sempliiicata di August (noia (0) pag. 445), la quale por b ss 700 dà e" = e’ — 0,5907 (t — V). 448 CAPO QUARTO a determinare i valori del medesimo coefficiente a che, nelle diverse condizioni, riducono in accordo i dati dei due processi. Ed ecco i valori cosi ottenuti in molte serie di osservazioni, ciascuna delle quali conta dieci confronti all’incirca. In ana stanza piccola e chiusa. a — 0,00128 la ampia sala a finestre chiuse.a:=0,00i00 Ibid. con due finestre opposte aperte ... a — 0,00077 Id una gran corte quadrata cinta da atti fabbricali, col psicrometro silualo al nord e proietto dai raggi solari a — 0,00074 In una lunga corte pianista d’alberi, col psicrometro a mezzodì, osservalo mallina e sera, quando non era colpito direttamente dal sole (con alcune divergenze) .a ~ 0,00100 Ibid. col psicrometro esposto al sole, in giugno . a — 0,00090 Ibid. in dicembre e gennajo colla bolla coperta di ghiaccio. a — 0,00075 In una corte grande dell’albergo di Taverne ne’Pirenei, in luglio . a — 0,00090 in un altipiano affatto scoperto ne’ Pirenei, in agosto, col psicrometro, ora involto dalle nebbie, ora colpito da vento ed ora dal sole (con alcune sensibili divergenze ). a — 0,00090 E per medio, escluse le osservazioni colla bolla agghiacciala (a) . a — 0,000936 Da queste osservazioni Regnault inferisce, che la forinola teorica di Augtist non è accettabile qual giusta espressione dei fatti, trascurando essa troppe circostanze pur molto influenti su le indicazioni del psicrometro (5. Nondimeno la (а) Questo coefficiente medio differisce di troppo da quello (0,000635) che si determinò sopra, in base alla forinola d’August e coi precisi dati di Regnault. Invece esso si accosta molto al valore assegnatovi, pure empiricamente, da Kaemlz, cioè 0,000846. (б) Tra queste circosianze vanno segnatamente considerale: 4.* la rapidità con cui si inula lo strato d’aria involgente la bolla bagnata, sia dipendentemente dallo staio d’agitazione dell’ aria ani- IGROMETRIA 4<9 precedente formoli! ridotta, col coefficiente indeterminato, rappresenta con bastevole approssimazione le variazioni nello stato igrometrico dell’ aria nei climi temperati, qualora iL psicrometro si trovi in un luogo chiuso, od anche all’aria aperta ove sia protetto dall’azione del vento ■«) e dei raggi solari diretti, e qualora per ciascuna località si determini accuratamente il valore del coefficiente a col mezzo di esperienze di confronto col metodo chimico o coll’ igrometro condente, sia dipendentemente dalla differenza tra la densità dell’aria ambiente e quella competente al detto strato, il quale esser deve più freddo e più carico di vapore che noi sia l’aria discosta da detta bolla; 5.° il rapporto fra il calore che la bolla medesima riceve in un dato tempo per irradiazione dai corpi circostanti e per contatto dall'aria. Ora l’influenza di queste due variabili circostanze può ridursi pressoché costante, qualora si applichino al psicrometro i suggerimenti del Belli (1842 e 44), cioè si scelgali piccole le bolle dei due termometri, e si produca intorno a queste una corrente d’aria muovenlesi colla velocità dì oltre 1 metro per 1’’, mercè un soffietto aspirante a doppio effetto, entro il tubo aspiratore del quale sono situale le bolle prima del termometro asciutto e poi del termometro bagnalo, coi loro cannelli all’ infuori. Ma allora, riflette Regnatili, 1’osservazione diventa non meno lunga e complicata che colf igrometro a condensazióne, le cui indicazioni sono meglio at- tenddiili. (a) Regnault, dietro alcune serie di osservazioni pubblicate nel 4 845, ammette clic quando il psicrometro è esposto all’aria aperta la differenza nelle temperature t — V varii ben poco colla velocità del vento, finché questa sia minore di 5 metri in 1”. Ma alcune sperienze di Beili accennavano ad una più sentila influenza. Quindi E. Reale (1854), ripigliando in esame l’argomento, trovò non mollo concludente il processo seguito da Regnault, e poi, istituendo varie serie di sperimenti, rilevò che l’agitazione dell’aria ha tale influenza su le indicazioni del psicrometro, anche per piccole velocità (da 1 a 3 metri in 4”), tanto in uno spazio chiuso quanto all’aria aperta, che un solo coefficiente non può soddisfare, con bastevole approssimazione, ad osservazioni corrispondenti a diversi stati d’agitazione dell’aria, m CAPO o V ARTO densiitore Quando le temperature del!’ ambiente sono inferiori o poco superiori a 0°, lo strumento riesce così poco sensibile, da incorrere in notevoli errori nellevululazioni, oppure imo stesso coefficiente non soddisfa più egualmente ad osservazioni corrispondenti a stali igrometrici molto diversi. Pertanto, secondo Regnatili, il psicroinetro va riguardato quale un semplice igroscopio, analogo a quello di Saussure, di cui si dirà tra poco; se non che olire su di questo il vantaggio d’esser mono suscettibile di alterazione: ma d’altra parte su le indicazioni del primo hanno maggior influenza le circostanze locali che su quelle dell’|aUro igroscopio. Molti solidi organici son detti igroscopici, in quanto che manifestano una tale azione condensatrice del vapor acqueo entro i loro pori, per cui presentano sensibili variazioni nelle loro dimensioni in relazione alle variazioni neU’uniidilà atmosferica. Tra gl 'igroscopi fondali su questo principio ebbero grido, per qualche tempo, quello a tubo di penna di Chimi- nello (1783), quello a recipiente d’avorio di Delue (4773), quello a fanoni di balena dello stesso Deluc. (1787), e quello a vescica natatoria di Bellani(&'. Ma, in generale, questi stro- menti non offrono indicazioni tra loro paragonabili; uè queste hanno un rapporto costante ed assegnabile colla umidità relativa dell’aria: e quindi non può loro accordarsi il titolo di igrometri. Però ottenne maggior favore, e per lungo tempo, l’igroscopio a capello di Saussure, proposto nel 1775e ridotto a perfezione nel 1783. E denominato anche igrometro ad allungamento, poiché, aumentando coll' umidità relativa (а) Anzi, secondo Regnault, converrà determinare la costante a per i diversi intervalli di 10° cadauno della scala termometrica da 0° a 30°; poiché per (ciascun di essi potrà aversi un valor differente di a, si pel variare delle calorìe d’evaporazione dell’acqua, che per variare della forza evaporante dell'acqua. (б) Meriiansi pure menzione l’igrometro a bilancia di Leonardo da Vinci, e l’igroscopio a minugia sonora del ilerseuue,. IGROMETRIA 4SI tMl'tirio la lunghezza del capello, vini divisa in 100 pai ti tra loro eguali, chiamate gradi, la totale variazione nella lunghezza che esso presenta, passando dalla condizione di estrema secchezza a quello di umidità massima Saussure si adoperò a segnalare tutte le diligenze da usarsi, onde le indicazioni di questi stronfienti riescano tra loro paragonabili, ed istituì diverse sperienze per determinare la relazione sussistente tra queste indicazioni e lo stato igrometrico dell’aria. F. per quest’ ultimo riguardo fecero accurati studi Gay-I-us» sue, Piànse]) (1820), e Melloni (1830). I risultati di queste prove di confronto sono compendiati nel seguente specchio. I dati deile sperienze di Saussure, eseguite a i 8° .lieti a 7",7, furono calcolati da Àvogadro ■.* e da Augusti Gav-Lussae sperimentò a 10°,0 c ; Prinsep tra 26°,0 e 32°,2, e Melloni tra 22 u e 23*. (a) Le variazioni nella temperatura hanno una insignificante influenza su le indicazioni dell’ igroscopio di Saussure, i capelli umani, digrassali secondo le norme da esso preludio, mostrano il coefficiente di dilatazione di 0,000045: laddove, passando essi dall’estrema siccità alt’umidità estrema si allungano di 0,02 5 della loro lunghezza- Quindi l’eiietio termico di un grado di calore corrisponde a quello d’uu sedicesimo di grado igrometrico. t,b) I valori calcolali da Àvogadro sono dedotti dal medio valore di quelli forniti dalle due serie di esperienze fatte da Saussure alle suindicate due temperature; tenuto poi conto che lo stesso Saussure poneva I’ umidità massima corrispondente a 98° del suo stromenlo e non mica a 100 °, come posero gli altri sperimentatori. Ecco i dall di coleste duo serie di sperienze ; Gradi Umidità relativa Gradi Umidità relativa deli 1 deli’ » _ ,, igrometro a ts ,‘J a 7“,7 inedia i^riuiiniio a IX",9 a 7 ', 7 i ned Zi 10* J4,i 4,5 4,3 60* 42,0 48,0 45,0 20 9,9 Al,2 •10.5 70 57,5 59,6 58,6 30 16.2 i 9, t 17,7 80 72,7 72,0 72,3- 40 23,2 27,1 25,2 90 87,9 87,0 87,4 50 31,5 37,0 34,2 98 100,0 400,0 400,0 (e) Gay-Lussac segui un processo ingegnoso. Determinò le tensioni del vaporo acqueo datò da diverse soluzioni saline sotto una medesima tempi rauira f veggano! queste tensioni a pag. 375 ), notando insieme le indicazioni dell’ igrometro posto iu contatto eoa 453 CAPO QUARTO Umidità relativa corrispondente, secondo Gradi Saussure Melloni dell' Gay-Lussac Prinsep igiometro Avogadro August 100* 100,0 100,0 100,00 100,0 100,00 115 — 94,0 89,06 88,7 90,8 90 84,8 86,0 79,09 78,2 83,11 SS -- 79,0 69,59 68,3 76,5 so 70,1 71,0 61,22 59,2 68,86 75 -- - 64,0 53,76 60,6 62,0 70 56,7 56,0 47,19 43,6 56,58 SS — 48,0 41,42 37,2 49,6 60 43,7 41,0 36,28 31,5 44,00 SS — 36,0 31,76 26,3 39,1 50 32,2 31,0 27,79 21,8 34,62 45 — 27,0 24,13 17,7 29,8 40 24,4 23,0 20,78 14,3 25,99 15 — 19,0 17,68 11,4 22,8 IO 17,2 16,0 14,78 9,1 18,97 85 — 13,0 12,05 7,1 15,4 80 10,2 10,0 9,45 4,9 11,74 15 — 7.0 7,96 3,0 8.3 10 4,2 4,0 4,57 1,63 5,02 5 — 2,0 2,25 0,6 2,6 0 0,0 0,0 0,00 0,0 0,00 Dal precedente specchio si può argomentare che le discordanze emergenti fra i dati dei varj sperimentatori, tutti esperti e diligenti assai, provengano dal non essere precisa- mente tra loro paragonabili i diversi igrometri a capello, ben- questo vapore-1 dati cosi ottenuti servirono dapprima a costruire iffia coiva che li rappresentava; e quindi lìiot, approflìllando delie proprietà da questa accennate, determinò una Corniola corrispondente alla curva gnatica, c ne risultò l’equazione d’ima iperbole, li finalmente, per mezzo di questa, calcolò le corrispondenze suesposte tra i gradi dell’igrometro e la umidita relativa dell’aria, ossia la telisione relativa del vapore, posta 100 la tensione di saturazione a 10°. igrometrìa 453 che graduati in base agli stessi estremi, sia per airone lievi differenze nel modo di preparazione de’ capelli e di costruzione nello sti'omento, sia perchè la facoltà assorbente pel vapor acqueo varia con diversa ragione ne’ singoli capelli si per rispetto alla tensione effettiva del vapore che per rispetto alla temperatura dell’aria. Regnatili (1845), eseguendo molte serie di osservazioni di confronto, confermò pienamente questa illazione. Trovò assai notevoli differenze tra le indicazioni di parecchi igrometri costrutti con capelli tolti da diverse persone e digrassali con diversi processi, benché fossero in accordo ne’ punti estremi: però gl’ igrometri formati con capelli di differente natura (con riguardo al loro colorito ed olla loro finezza), ma preparati questi col medesimo processo, offrono minori discordanze. Gl’igrometri poi costruiti coi capelli d’una stessa persona e digrassati in egttal modo, e meglio in tuta stessa operazione, benché non si mostrino in pieno accordo, le loro differenze giungono di rado a 2° igrometrici: bisogna però badare altresì che i pesi tendenti i capelli siano pressoché eguali, altrimenti questi igrometri cessano d’essere paragonabili tra loro « . Da tutto ciò emerge, che lo strumento di Saussure è da classificarsi piuttosto tra gli igroscopi che tra gl’igrometri. Ad ogni modo, è impossibile calcolare un’unica tavola valevole per tutti cotesti igrometri, e eonvien quindi determinare per ciascuno di essi un’apposita tavola, dietro accurata serie di confronti coi metodi igrometrici più precisi. Ma poiché quest’igroscopio, attesa la sua semplicità, è tuttavia adoperato da molti meteorologisti, stimiamo non inopportuno di riportare quasi per intero la tavola calcolata da llioi sui dati di Gay-Lussac, incominciando dai 40° dell’igrometro, giaeshè nei nòstri climi ben di rado l’aria raggiunge (a) Ad ovviare qncsi’ultime discordanze, giova la proposta di Ba- binet (1824), di misurare direttamente gli allungamenti del capello, merco una vite micrometrica ed uu microscopio. 45i CAPO QUARTO muggiori gradi di secchezza. Non solo essa fornisce immediatamente il valore u deli'umidità relativa dell'aria corrispondente all’ indicazione dell' igrometro, ma può dare altresi la tensione effettiva é in millimetri del vapore diffuso nell’aria, mercè la e — e ^r, ove e esprime la tensione massima del vapore, data dalle tavole a pag. 437-40, iti corrispondenza alia temperatura dell'aria («). Gradi* ;e.i’ l'nlirir.;: Gradi deìi’ Umidii:. Gradi deir Umidità Gradi de!P Umiditi tgi oii.imo remi; Vii i,;i ometi o reiutiv.. ie. ometto relativa ^igrometro relaliia 40“ 20.78 55° 31,76 70° 47,; 9 «° 69,59 41 21,45 56 32,60 7 l 18,51 86 71,49 42 22, i 2 57 33,57 72 49,82 87 73.39 43 22.79 53 34.47 73 51,11 88 7* .29 44 23,16 59 35,37 74 52,45 89 77,19 45 21,13 60 36,28 75 53,re 90 79,09 40 21,80 61 37,31 76 55,25 9i 85,09 47 25,59 62 38,35 77 56,71 92 83.08 48 26.32 63 39,30 78 58.24 93 85,08 49 27,00 64 40,39 79 59,73 94 87,07 50 27,79 65 41,12 80 61,22 95 89,06 51 28,58 06 42,58 8t 62,89 96 91,25 52 29,38 67 43.73 82 64.57 97 93 41 53 30,17 68 44,89 83 66,24 . 98 95,63 55 30,97 69 46,04 84 67,92 99 97,SI C«)B vili rilevò che i valori di e' forni li dall’ anz detta fo; itola e dalia 'avola surriferita di Biot, pei casi ehe la temperatura t d •ir aria non deferisca molto da 10°, risultano in sufficienle accordo eoa qu-Ili «ìie si ottengono dire tornente dalla tavola delle tensioni del vapor* secondo Daltuu t.vedi pag. 35 5 e seg.) in corrispondenza alia temperatura f data dalla formola semplicissima t’— t — — ^ uve ' ù*" dica il nnniero de’ gradi segnati dall’igrometro, e V la lentperalara alla quale bisogna ridurre l'aria onde riesca salma di vapore. Ma questa semplice relazione più non si verifica, assumendo per ie tensioni del vapore i più precisi dati di Regnauil ( i quali per le temperature inferiori ai 10° deerestono più rapidamente di quelli ratcolati da Potiillcl in base alle osservazioni di [tallon e di Gay-Lussac ): anzi si rileva allora che converrebbe attribuire al denominatore delia frazione che furata it 2.° termine del 2.° membro deli’ ora esposta equazione dei vi lari variabili secondo i valori di l ed i. IGROMETRIA 455 Polrebbcsi pur dedurre la umidità relativa u e la tensione effettiva e” del vapor acqueo diffuso nell’aria, determinando la tensione e del vapore che devesi aggiungere all’aria onde ridurla satura; giacché si avrebbe e” — e — e’, e quindi u — 100 ~, posta e la tensione massima data dalle tavole in corrispondenza alla temperatura dell’ aria. Malocchi (1839) pensò di modificare alcun po’ l’apparecchio di Gay-Lussac per le mischianze dei vapori coi gas, formandone un igrometro a tensione , com’egli lo chiama. Ma l’uso di cotesto strumento non è meno imbarazzante e complicato che noi sia quello degli igrometri a condensazione: e d’altronde dei piccoli errori incorsi nella determinazione di e’ hanno una notevole influenza sul valore di u. \'an Mons (1809) e quindi De-la-Rive (1825) proposero di argomentare lo statò igrometrico dell’ aria dalla elevazione nella temperatura che si verifica in un termometro la cui bolla, immersa prima nell’acido solforico al massimo di concentrazione, vien esposta all’aria: il vapor acqueo di questa, condensandosi e combinandosi coll’acido, produce nella bolla un aumento di temperatura tanto più sentita quant’è maggiore la quantità del vapor diffuso nell’aria. Ma anche questo processo non è suscettibile di molta precisione (“). (a) Converrebbe innanzi mito determinare, con una serie di spe- rìenze preliminari, l’elevazione nella temperatura indotta nel termometro dall’aria al massimo d’umidità alle diverse temperature: poiché, secondo alcune prove di De-la-Bive, il rapporto fra l’aumento £’ che si osserva nell'aria non satura, e l’aumento t corrispondente all’aria satura alla stessa temperatura che ha l'aria è sensibilmente eguale al rapporto sussistente fra la tensione effettiva e’ e la tensione massima e del vapore sotto la medesima temperatura. Ma Gay-Lussac avverte, che la varia densità dell’ aria può perturbare i risultati di questi confronti. E Celli aggiunge, che le diverse masse del mercurio e le diverse grossezze e figure dei serbaloj termometrici influir devono a rendere assai differenti tra loro gli aumenti nella temperatura Man. di Fisica 29 456 CAPO OC ARTO Sono .incoi’ meno suscettibili di precisione i processi fondati su l’aumento di peso che presentano determinate masse d’una sostanza igroscopica (come acido solforico, potassa anidra, cloruro di calce, ed alcuni sali) esposta liberamente all’aria, grazie al vapor acqueo che essa assorbe e condensa per affinità. Però questi mezzi ponno, in alcuni casi, adoperarsi utilmente come semplici indizii igroscopici. 437. Le variazioni nello stato igrometrico dell’atmosfera presentano un’intima relazione con le variazioni nella temperatura e nella pressione dell’ atmosfera istessa. Però non si posseggono finora bastevoli serie di osservazioni, fatte in circostanze locali molto svariate, per poter conchiuderne delle leggi generali; giacché le osservazioni istituite cogli igrometri a'capello non hanno molto valore, per le cose dette sopra. Pertanto ci limitiamo a citare i risultati delle osservazioni fatte da Kaemtz ad Ilalla dal 1831 al 1839 col psicro- Bietro d'August, confrontato di tratto in tratto coll’ igrometro di Danieli. Esponiamo dapprima il valor medio mensile della tensione del vapor acqueo espresso in millimetri, e della umidità relativa dell’ aria, posta 100 l’umidità massima. E di confronto si dà la media mensile della pressione barometrica, pure in millimetri, la quale esprime la somma delle forze espansive proprie dell’ aria sola e del vapor acqueo in essa diffuso: epperò, detraendo da essa la tensione del vapore, si ottiene la parte della pressione corrispondente alla forza espansiva dell’ aria secca. di parecchi termometri bagnati d’acido solforico ed esposti pure nella stessa aria con un dato stato igrometrico. Infine non è facile d’aver sempre disponibile dell’ acido allo stesso grado di concentrazione.; IGROMETRIA 457' Témper. Tensione Umidità Pressione dell’aria media del vapore relativa timida secca Dicembre _ 5,599 86,2 754,10 748,50 Gennajo 2°,3 4,509 85,0 754,64 750,13 Febbrajo — 4,749 79,9 753,44 748,69 Marzo 5,107 76,4 751,62 746,51 Aprile — 6,247 71,4 750,98 744,73, Maggio 7,836 69,1 " 752,57 744,73. Giugno — 10.843 69,7 752,70 741,86 Luglio 49,2 11,626 66,5 753,27 741,54 Agosto — 10,701 66,1 752,18 741,48 Settembre — 9,560 72,8 753.42 743,86. Ottobre — 7,868 78,9 755,55 747,68 Novembre — 5,644 85;3 753,27 747,67 Inverno 0,0 4,952 88,7 754,06 749,11 Primavera 8,6 6,397 72,3 751,72 745,32 Estate 17,5 11,057 67,4 752,72 741,63 Autunno 9,1 7,691 7.9,0 754,08 746,40 Da questa tabella emerge, che la tensione del vapore è minima nel mese più freddo dell’anno, in gennajo; cresce poi grado grado coll’ aumentare della temperatura sino al luglio, che è il mese più caldo; e poi va decrescendo col diminuire della temperie. Per converso 1’ umidità relativa è massima in gennajo e minima in luglio. Coll’elevarsi della temperie, benché cresca l’evaporazione dell’acque bagnanti la superficie terrestre, e quindi la quantità del vapore sparso nell’aria, aumenta però in una ragione più rapida la tensione di saturazione del vapore istesso, talché riesce crescente la secchezza dell’aria. E, quando la temperatura diminuisce, la quantità dell’ acqua che dall’ aria si precipita sotto forma di pioggia, di rugiada, di brina e di neve riesce molto maggiore di quella che passa nell’aria stessa per evaporazione. Intanto, essendo la densità del vapor acqueo minore di quella dell’ a- ria secca, in eguali condizioni di pressione e di temperatura,, accade che la pressione dell’aria sola riesce crescente dall’e- state all’ inverno e decrescente da questa alla prima stagione. Invece, per l’aria umida, la pressione è minima in primavera e massima nel verno- Un andamento sensibilmente analogo 458 CAPO QUARTO tengono 1* umidità relativa e la pressione barometrica né’ diversi paesi ne’ quali sonosi finora istituite esatte osservazioni su questo proposito. Kaemtz osservò altresì ad Iialla le variazioni che sorvengono nel corso d’ogni giorno ne’ predetti dati meteorologici. Basterà il citar qui le medie orarie relative ai mesi di gennajo e di luglio, ne’ quali l’andamento dei fenomeni medesimi presenta maggiori differenze. Gennajo Temperatura Tensione del vapore Umidità relativa Pressione deTaria secca Ore * ant. — 2°,80 4,08 88.3 750,37 5 — 2,87 4,07 88,6 750,34 6 — 2,95 4,06 88,8 750,40 7 — 2,95 4,06 88,9 750,48 8 — 2,SG 4,05 88,3 750,58 9 — 2,50 4,07 86,9 750,70 40 — 2,11 4,12 85,4 750,75 41 — 1,49 4,21 83,9 750,63 12 — 1,02 4,29 82,8 750,41 i poni. — 0,69 4,32 81,0 750,18 2 — 0,59 4,34 80,6 750,11 3 — 0,72 4,33 81,4 750,12 4 — 0,98 4,28 82,3 750,22 5 — 1,39 4,25 83,9 750,33 6 — 1,67 4,24 85,4 750,40 7 — 1,89 4,22 86,1 750,48 8 •— 2,05 4,20 86,4 750,57 Ijltqììo Ore 4 ant. 13°,75 11,21 84,0 742,03 5 44,49 14,44 83,3 741,87 6 15,52 11,68 82,6 741,79 7 16,65 11,96 79,0 741,59 8 17,91 12,11 74,0 741,50 9 18,91 12,05 68,2 741,56 10 19,82 11,89 63,1 741,69 11 20,69 11,72 58,9 741,77 12 21,51 11,62 55,7 741,75 i pom. 22,15 11,42 53,3 741,80 2 22,53 11,32 52,1 741,77 3 22,63 11,22 51,2 741,74 4 22,31 11,18 51,6 741,66 5 21,65 11,25 54,2 741,53 6 20,90 11,36 57,2 744,44 7 19,94 11,68 62,3 741,21 8 18,89 11,76 67,5 741,31 IGROMETRIA 459 Dìa questi dati, e dagli altri esposti da Kaemtz relativi agli altri mesi dell’anno, emerge che, ad Halla, la quantità del vapore atmosferico riesce-minima poco prima del levare del sole, cioè, all’ incirca, quando la temperatura diurna tocca il sue minimo. E ciò verificasi in tutto il corso dell’anno. Poi, mano mano che s’alza il sole su l’orizzonte, cresce la quantità del vapore. Però nei mesi meno caldi ( dall’ ottobre al marzo) la detta quantità cresce regolarmente fino all’ora della temperatura massima; e diminuisce poi col consecutivo raffreddarsi dell’aria, lorchè una porzione del vapore si condensa sui corpi freddi. Invece nei mesi più caldi (aprile a settembre) la quantità del vapore aumenta sino a due o tre ore innanzi il mezzodì, toccando allora il massimo, per decrescere indi sino a 3 a 4 ore dopo mezzodì, lorquando accade un minimo, il quale però xàesce alquanto superiore a quello del mattino; e risale poi ad un secondo massimo fra le 8 e le 40 ore pomeridiane. L’umidità relativa segue in ogni stagione un andamento pressoché inverso a quello della temperatura : è massima nell’ ore più fredde, e minima nelle più calde. Ma, secondo altre osservazioni di Kaemtz presso le spiagge del mar Baltico, a Deep, l’anzidetto minimo nella quantità di vapore anteriore al mezzodì è molto meno sentito : e secondo le osservazioni di Neuber ad Apenrade, non succede cotesta diminuzione, la quantità del vapore seguendo in ogni stagione lo stesso andamento della temperatura. Avverte poi Kaemtz che nelle regioni elevate, e meglio su gli alti monti, le variazioni nella quantità del vapore sono più regolari che nelle basse pianure. — La pressione dell’ aria secca ad Malia presenta in luglio un massimo poco dopo mezzanotte, diminuisce sino alle 8 del mattino, poi aumenta ancora, tocca un altro massimo circa al mezzodì, ed il minimo cade verso le 7 di sera. In gennajo solivi pure due massimi, alle 10 del mattino ed alle 10 di sera, e due minimi alle 5 antimeridiane ed alle 3 pomeridiane. Secondo le osservazioni di Heuber ad Apenrade, la pressione dell’aria secca in tutte le 4(50 CAPO 0UARTO stagioni 'dell’anno è minima verso le 2 pomer., e massima poco dopo mezzanotte. 438. Le variazioni nella temperatura e nell’ umidità del» L’aria atmosferica succedendo con ordine diverso e con diversa misura ne’ varii punti della superficie terrestre, ne consegue che le colonne d’aria sovrastanti od alcune parti tendono a crescere d’altezza, mentre altre tendono a scemare: epperò, nell’alto dell’atmosfera, avviene un afflusso d'aria dalle une parti alle altre. Ed alla base ditali colonne accade quindi una variazione nella pressione, ossia nell’altezza barometrica. Ma coleste variazioni nell' altezza della colonna barometrica , in ogni luogo, si riscontrano di due sorta; alcune regolari o periodiche , ed altre irregolari od accidentali. E le regolali si distinguono in diurne ed annue , secondo che il loro periodo abbraccia la durata piuttosto d’un giorno che d’un anno. Nel corso d’ogni dì la colonna barometrica— supponendola mantenuta a temperatura costante—■ compie due oscillazioni, toccando due massime e due minime altezze. Però queste oscillazioni sono regolari ed estese più all’equatore che altrove, rendendosi sempre meno regolari e meno sentite col crescere della latitudine dei luoghi : ed a pari latitudine, nell’emisfero boreale, sono più estese su la costa orientale d’America che su quella occidentale d’Europa, e qui più che nell’interno dell'Asia: e, nell’emisfero meridionale, sono, in generale, più rilevanti che nell’emisfero settentrionale. Si dicono ore tropiche quelle in cui si verificano i massimi od i minimi valori nell’ altezza barometrica. All’ equatore cade il primo minimo alle 4 del mattino, ed il primo massimo alle 9. il secondo minimo cade alle 4 pom., ed il secondo massimo alle li di notte. E, pigliando il valor medio delle osservazioni fatte sotto diverse latitudini nell’emisfero boreale, Kaemtz trova per le ore tropiche del mattino 3. or 45’ e D. or 37’, e per quelle della sera 4. 0I '5’ e 10. or 11’ : e ciò computando l’insieme delle osservazioni annuali. Ma in fatto le ore tropiche hanno un diverso valore ne’ differenti VARIAZIONI BAROMETRICHE 461 mesi dell’anno. Per esempio, ad Halla, alla latitudine di E>1.° 29’ N, Kaemtz, da una serie decennale d’osservazioni, deduce che dall’ inverno all’estate le ore tropiche vanno grado grado discostandosi dal mezzodì, e reciprocamente dall’estate all’ inverno. Inverno Primavera Estate Autunno Anno ilinimodel mattino 4. or 34’ 3.or 29’ 2.° r 59’ 4 or 2» 3.0 r 45’ Massimo » 9. 55 9. 35 8. 43 9. 57 9. 32 Minimo della sera 3. 8 4. 26 5. 5 4. 4 4. 11 Massimo » 9. 15 10. 22 10. 53 10. 11 10. 10 Per rilevare l’ampiezza dell’oscillazione diurna barometrica , giova, secondo Kaemtz, prendere la differenza tra la inedia delle due massime altezze e la media delle minime («)• Pur questa ampiezza presenta un valor massimo nell’ estate, ed un valor minimo nel verno, come si scorge dai seguenti valori medi, per ciascheduna stagione, dell’oscillazione diurna ad Ilalla ed a Milano: / Iim-rno Prnnrtve’-a Estate Autunno Halla . mai. 0,411 0,534 0,564 0,513 Milano . . . 0,719 0,848 0,908 0,763 E il valor medio annuo di detta oscillazione diminuisce tanto col crescere della latitudine, quanto col crescere del- F altitudine dei luoghi sul livello del mare. Perciò, a mettere in rilievo l’influenza della latitudine, convien ridurre i valori osservati a diverse altitudini a quelli che si sarebbero ottenuti ove ciascun luogo fosse a livello del mare. A tal uopo Kaemtz esibisce la forinola A~a-fm (B — b), ove a è l’ampiezza osservata in un luogo elevato, dove sia b la media altezza barometrica, A l’ampiezza medesima ridotta al livello del mare, B l’altezza media barometrica al livello del ! (a) Da una serie d’osservazioni, segnila per 20 anni a Parigi, Bou- vard rilevò essere l'oscillazione diurna maggiore di quella della notte: la prima essendo di mill. 0,756, e l'altra mill. 0,373 soltanto. Notò pure che questi due periodi variano, all’incirca, come le corrispondenti temperature. 462 CAPO QUARTO mare fa), ed m un coefficiente numerico da determinarsi eoi- l'osservazione (ò). Kaemtz, pigliando ii valor medio di ni, risultante da molti confronti tra l’oscillazione osservata in luoghi elevati ed in luoghi meno elevati e posti sotto la medesima latitudine, assume m m 0,003413; e pone lì ~ 761,33. Col mezzo di questa forinola egli riduce al livello del mare le oscillazioni osservate in 52 luoghi situati in condizioni assai svariate di latitudine e di altitudine: e quindi, combinandole fra loro, onde eliminare possibilmente le influenze locali, trova le seguenti corrispondenze tra la latitudine e l’ampiezza dell’oscillazione diurna barometrica. intuOin- Oscillazione Lalituline Osc’llnz’one Li! itndirif: OsciHaziona 0 ". 0’ mill. 2,28 29°.28’ miti- 1,58 48». 1’ 0,67 5.26 N. 2,26 34.26 1,35 52.33 0,45 17.52 2,03 39. 4 1,13 57.17 0,23 23.55 1,80 43.34 0,90 62.25 0,00 (а) Al livello del mare la media altezza barometrica riesce differente sotto le diverse latitudini. Secondo i dati raccolti da Schouvv, e corretti da Poggendorif (1836), quest'altezza, nelt'einisfcro boreale, offre un minimo all’equatore, corrispondente amili. 758; aumenta a to° di latitudine, e fra 30° e 40 J tocca il suo massimo, giungendo da mill. 762 a 764; poscia diminuisce col crescere della latitudine, a 50° riducendosi a mill, 760, e più oltre scendendo sino a mill. 756 : però al di là di 70° sembra verificarsi un nuovo incremento, trovandosi mill. 758 presso 75». Nell’insieme, il valor medio di delta altezza riesce mill. 761,35. Ma questi dati, riposando sovra osservazioni relative ad un numero ancor troppo limitalo di punii, non si posson tenere per definitivi. Sonvi poi tali influenze locali per cui, ad esempio, sotto latitudini eguali, cotesla altezza nell’ Oceano Atlantico riesce circa mill. 3,5 maggiore che nel mar Pacilico. E ciò vale per la complessiva pressione dell’aria e del vapor acqueo: laddove per l’aria secca da sola, la pressione va continuamente aumentando dall’equatore ai poli. Kaeintz, ponendo che la tensione del vapor acqueo diffuso nell’aria a 0», a 35° ed a 70» di latitudine abbia rispettivamente la tensione di mill. 25,0; t4,6, e 4,5, desume dai dati antecedenti, che alle ore accennale latitudini la pressione media dell’aria secca sia rispettivamente mill. 733 ; 748, e 752. (б) Dravais (1842) stima più esatto di assumere per misura dell’ampiezza a la radice quadrala della media dei quadrati delle differenze ira le altezze orarie variabili e l’altezza media costante: allora si riduce il coefficiente m = 0,0007, posto li = 760,0. VARIAZIONI BAROMETRICHE 463 Secondo questa serie, nelle latitudini da 60° a 65° l’oscillazione diurna sarebbe pressoché nulla poi, avvicinandosi ancor più al polo, essa diverrebbe negativa (cioè alle 4 del mattino e della sera 1’ altezza inedia barometrica sarebbe maggiore che alle 10 ore di mattina e di sera), come accennano alcune osservazioni di Hallstroem, ed altre di Parry nelle regioni polari. Ma una serie d’osservazioni fatte a Bos~ sekop, a 70° di lat., comprendente però solo 80 giorni, diede a Bravais una piccola oscillazione positiva di miti. 0,3, con un ritardo di circa due ore nelle ore tropiche. Le variazioni annuali nell’altezza barometrica sono assai più rilevanti delle diurne. Però anch’esse hanno maggior ampiezza nelle regioni equatoriali, e rcndonsi meno sentite col crescere della latitudine. Pi nelle stesse regioni equatoriali l’altezza barometrica ha il massimo nel verno ed il minimo nell’ estate. Alle latitudini prossime o poco superiori a 45°, il massimo cade pure nell’inverno, ma il minimo succede in primavera. Ecco i valori delle medie baiti metriche corrispondenti alle diverse stagioni per alcuni luoghi} vi si aggiunge la differenza sussistente tra la media della stagione in cui si verifica il massimo e quella in cui avviene il minimo, espressa pure in millimetri. Altezze medie barometriche. Eatitulìne Inverno Orim i vera Ertale Autunno Differenza Macao 22.° Il’ 767,86 763,22 757,71 763,95 10,15 Calcutta 22. 35 761,34 753,63 748,06 755,16 13,28 Avana 23. 9 762,12 759,48 758,49 761,02 3,63 Benares 25. 19 754,63 747,84 745,03 749,80 9,60 Cairo 30. 2 761,07 759,25 754,13 759,05 6,94 Pavia 45. 41 756,28 753,80 754,25 754,92 2,48 Milano 45. 28 761,39 748,91 750,49 750,71 2,48 Brescia 45. 32 750,08 747,82 748,73 749,18 2,26 Strasburgo 48. 35 751,58 750,54 751,94 751,90 1,04 Parigi 48. 50 757,68 755,71 756,85 755,59 1,97 Hatla 51. 29 754,06 751,72 752,72 754,08 2,34 Berlino 52. 33 761,18 759,17 759,47 760,40 1,99 Pielroborgo 59. 56 761,99 760,96 759,34 760,02 2,65 464 CAPO QUARTO Dagli or esposti dati si scorge che le variazioni annuali del barometro, oltre l’influenza della latitudine , risentono anche le influenze locali. Vero è che i dati medesimi sono dedotti per alcuni luoghi da una serie d'osservazioni comprendente un troppo scarso numero d’anni. Pare inoltre che a latitudini superiori a 62° ricompaja il minimo nell’ estate, come alle regioni equatoriali : poiché a Berlino sono pressoché eguali tra loro la media di primavera e quella d’estate, ed a Pietroborgo questa è inferiore alla prima (a). Le anzidetto variazioni annuali eoneernono la pressione dell’ aria commista al vapore : mentre, per la pressione della sola aria secca, si rileva in ogni dove, come si è sopra accennato per Halla a pag. 457, avvenire il massimo nel verno ed il minimo nella state. Però anche l’ampiezza di queste variazioni è molto maggiore all’ equatore che ad elevate latitudini. Valgano quest’altri esempi: Inverno Primavera Estate Annuirlo Calcutta 748,88 735,23 725.34 737,33 Apenrade 753,50 751,17 746,48 746,71 Pietroborgo 758,86 756,17 750,70 754,99 Le variazioni barometriche accidentali si ponno del pari distinguere in diurne ed in mensili, secondo che si determina la differenza tra la massima e la minima altezza osservate (a) La minima tra le medie mensili cade in luglio a Macao, a Calcutta, a Beuares, al Cairo ed a Pietroborgo, in agosto all’Avana, in aprile a Pavia, a Milano, a Brescia, a Strasborgo, ad Halla ed a Berlino. Alle latitudini prossime o superiori a 45° si verifica un secondo minimo in ottobre od in novembre. La massima tra le medie mensili avviene in genuajo a Calcutta, all’Avana, al Cairo, ad Halla ed a Berlino, in dicembre a Macao, a Benares, a Pavia, a Milano ed a Brescia, ed in febbrajo a Strasborgo, a Parigi ed a Pietroborgo. Ma, il ripetiamo, le citate diverse serie d’osservazioni non meritansi tutte un’ egual fede, non essendo state estese ad un bastevole numero d’auni, per eliminarne le influenze accidentali o perturbatrici. VARIAZIONI BAROMETRICHE 463 ;piuttosto nel corso d’ogni giorno che d’ogni mese. Sì le une che le altre si mostrano minime all’equatore, ed, in generale, crescenti colle latitudini. Per le oscillazioni accidentali diurne togliamo da Kaemtz i seguenti valori medi dell’insieme dei diversi mesi dell’ anno: S.*Fè di Bogota miti. 0,483 Calcutta .... 0,934 Bagdad .... 1,669 Rio Janeiro i . . 1,687 Ginevra . ... 2,847 Milano .... 2,900 Padova . . mill. 2,917 Buda.2,933 La-Rochelle . . . 3,438 Cambrì ge (nel Mas- sachusset) . . 4,905 Eyafiord (Islanda) 5,401 E, in generale, queste oscillazioni diurne si mostrano maggiori nei mesi d’inverno che in quelli d’estate. Nei luoghi elevati sono minori che nei punti poco discosti dal livello del mare. Sul S. Bernardo, per esempio, sono di mill. 2,236, e quindi sensibilmente minori che a Ginevra (a). Determinando le oscillazioni irregolari d’ogni mese, si ■rileva che esse sono, in generale, maggiori nei mesi d’inverno e minori nei mesi d’estate {&), e che sul valor medio (а) Baudrimont (1846), mercè uno stromento ch’egli chiama aerodensimetro (§63), eseguendo più di 300 misure deila densità dell’aria atmosferica, in epoche differenti del giorno e dell’anno, venne alle seguenti impreviste illazioni. Sussiste un periodo diurno di variazione nella densità dell'aria, senza apparente rapporto collo sialo di temperatura, di pressione e di umidità dell’aria stessa. La nebbia ed il passaggio d’ una nube temporalesca, anche isolata, accrescono sensibilmente la densità dell’aria; mentre la pioggia, almeno una mezz’ ora prima di cadere, la fa diminuire. La luce solare produce sempre un considerevole incremento in questa densità. Laonde, a suo dire, la luce solare e lo stato elettrico dell’aria influiscono a mutare la densità negli strati inferiori dell’atmosfera, senza alterare la pressione dell’insieme dell’atmosfera stessa, qual’è data dal barometro. Però questo interessante argomento ci sembra degno di ulteriori studj, i quali potrebbero rischiarare alcuni fatti meteorici ancora mollo oscuri. (б) Ad esempio della varia estensione che, nelle diverse stagioni, presentano le oscillazioni accidentali alla latitudine media, citiamo le 4(ìCi CAVO QUARTO ielle oscillazioni mensili di tutto l’anno influiscono non solo la- latitudine, ma'anco le circostanze locali. Congiungendò tra loro i punti ne’ quali si verifica un’ eguale ampiezza delle Oscillazioni' mensili si ottengono le linee che Kaemtz chiama isobarometrich'e. Ecco-l’andamento di alcune di esse (a), se*- eondo le indagini dello- stesso autore, le quali penò lasciano ancor molto da desiderare. IVI eri in oscillaAmerica Europa Germania Russia India e zione medile i rient le occidentale ecì Iialin europea Siberia a niU. 4,51 T5.-33’ 15.° 9’ 21.MV- 23.°36’ 8,02: 23. 55 26. 17 29. 38 31. 51 23.®36’ 13,54 30. 27 34. 4 36. 43 39. 2 35. 29 18,05 36. 14 42. 14 43. 18 45. 51 46. 34 22,56 41.40 47. 8 49. 48 52. 43 57. 55 27,07 46. 58 61. 4 56. 34 60. 5 72. 23: 31,58 62. 21 57. 47 64. 6 68. 50 36,09 58. 1 65.. 22 73. 48 83. 38- differenze tra i medi delle massime ed i medi dèlie minime altezze barometriche pei singoli mesi e per le singole stagioni a Milano ed a- Brescia, desume da osservazioni continuate per lunga serie d’anni. Milano Brescia Milnrio Brescia Bicembre mitt. 24,14 21,66 Giugno zm'Ib 13,76 13,53 Gennajo . . 25,72. 24,82 Luglio . . 11,96 11,06 Febbrajo .. . 25,05- 25,27 Agosto . . 12,40 12,18 Marzo . . . 23,91 23,68 Settembre . 16,92 17,69 Aprile . . . 20,30 19,82 Ottobre . . 21,21 21,11 Maggio . . . 16,02 44,6‘6 Novembre , 22,11 20,53 Inverno , 33,39 3-2,26 Estate . . 16,70 15,70 Primavera . 26,84 25,94 Autunno . 25,49 25,94 Pertanto le massime-oscillazioni cadono quivi in gennajo e febbraio, e le minime in luglio ed agosto: le oscillazioni di primavera e d’autunno poco differiscono tra Toro, e corrispondono all’incirca al valor medio fra l’oscillazione d’inverno e quella d’estate. (a) Codeste linee isobaromelriclie sembrano aver qualche relazione coll’andamento delle linee isotermiche , delie quali si dirà innanzi. VARIAMOSI BAROMETRICHE m E e variazioni barometriche accidentali hanno una stretta relazione colla direzione dei venti (a). In Europa le massime •altezze barometriche si verificano coi venti di N. o di N. E. ; , e le altezze minime coi venti di S. o di S. 0. Determinando, per ciascun luogo, l’altezza inedia del barometro in corrispondenza al soffiare degli otto principali venti di N., N. E., E., S. E., S.., S. 0-, 0., N. 0., si trovano le seguenti direzioni per i venti che apportano-le massime e le minime altezze. Altezza Massima Minima media N. N. E. S. s.o. Londra 757,58 760,71 754,37 Middelborgo 758,46 762,61 .753,29 Amborgo 757,73 759,76 754,80 Copenaghen 762,2-6 765,15 759,11 Apenrade 757,78 • .760,55 754,01 Parigi 756,22 759,49 753,15 Carlsruhe 753,85 "755,59 750,61 Berlino 756,02 .759,36 751,33 Balla 753,29 .756,00 751,10 Buda 743,27 745,08 750,52 Stocolma 756,18 758,88 753,90 Mosca 742,-19 745,06 740,34 (a) La connessione tra t’altezza barometrica e la direzione at- tuale del vento , secondo Dove (1827 a 1829). , può esprimersi, in generale, per mezzo d’una foratola della forma n b (m) s: u + «’ sen ( m. — + XT ) + u’ sen ( m n V ”) + ecc., ove b ( m) indica l’altezza barometrica corrispondente ad un vento la cui direzione si scosta dallo 0° della rosa dei venti di un numero m delie n parti in cui supponesi divisa la circonferenza di delta rosa; e dove u”, ecc., U’, V", occ., sono costanti che per ciascun luogo si devono determinare per mezzo delle medie barometriche corrispondenti ai venti spiranti da punti del circolo tra loro equidistanti. C la connessione tra le variazioni nella temperatura e le variazioni nella direzione del vento si può esprimere con una forinola analoga alla suesposta, ponendo^ (ni) la temperatura media arrecata da un vento la cui direzione disli da 0° di m delle n parti in cui si è divisa la rosa. Ora Dove trova per parecchi luoghi che le due forinole, quanto aU’andamento, differiscono tra loro solo per i segni dei termini periodici, e che perciò l’andamento della temperatura, in riguardo ai diversi veuti, è inverso a quello dell’altezza ha- rometrica. 468 capo quarto Invece agli Stati-Uniti nell’America settentrionale ed 1 aa Peckino in China si verificano le maggiori altezze col vento; di N. Q., e le minori con quelle di S'.-E. E nell’America meridionale al Paraguay , secondo le osservazioni di Mos- sotti, il barometro è alto coi venti di S. 0. e S., e basso con; quelli di S. e N. E. (a). Tutto ciò dimostra che, ingenerale, il barometro riesce alto coi venti provenienti dii regioni fredde e continentali, e basso invece con quelli spiranti da regioni calde e marittime: od in altre parole l’aria fredda e contenente poco vapore fa alzare il barometro, mentre Io fa abbassare T aria calda e contenente molto vapore (*). (a) Per la gran valle del Po — comprendente le Romagne, il Lombardo-Veneto ed il Piemonte, — accerchiata al nord ed all’ovest dalle alte e gelide catene delle Alpi e degli Apennini, ed aperta all’est verso l’Adriatico, sono apportatori d’umidità e di pioggie i venti di levante, mentre v’arrecano asciutto e sereno i venti di ponente e di tramontana. (b) A cagione dell’alta temperie dell’aria sovrastante alla zona equatoriale, accade, nell’alto dell’atmosfera, un riversarsi continuo dell’aria dall’equatore versoi poli; mentre, in basso, quest’aria vien rimpiazzala da altra spirante dai poli verso l’equatore. Però, grazie ai molo rotatorio dell’atmosfera stessa da 0. verso E., la cui velocità cresce dai poli all’equatore,ledette correnti superiori preti- dono una direzione alcun po’ inclinala verso 0., e le inferiori verso E. Quiudi, nell’emisfero boreale, sono predominanti un vento inferiore di N. E-, ed un vento superiore di S. 0.: laddove nell’emisfero australe predominano i venti di S. E. e N. 0. Ma,nella zona equatoriale, le due correnti inferiori di N, E. e S. E., componendosi , producono un vento predominante di E. Tale è la spiegazione dei venti regolari, detti alisei, proposta da Halley ed Hadley. Se non che il diverso stato della superficie terrestre (dove formata da estese acque, dove da arido suolo, dove ricoperta da rigogliosa vegetazione, dove piana, e dove montagnosa ), arreca non lievi modiiìca- zioui al suindicato andamento generale dei venti. Fatto è che nel xoutiuente europeo, alle latitudini poco discoste dalla media i venti VARIAZIONI BAROMETRICHE 469 Secondo Kaemtz, tutte le summenzionate variazioni barometriche — tanto le regolari quanto le accidentali — si interpretanti per mezzo del seguente principio. Il barometro, a guisa d’un termometro differenziale, accenna le differenze predominanti sono quelli di N. E., e di S. 0., il primo freddo e secco, e l’altro caldo ed umido; ed è dal loro conflitto che sorgon quivi pressoché tutte le variazioni meteoriche. Dove (1827), come già notarono il Verulamio eLampadius, rilevò che il vento mutasi il più delle volte dall’E. all’0. passando per S. nell’emisfero boreale; mentre nell’australe volge dall’E. all’O. passando per N.s è questa da lui denominata la rotazione normale dei venti, la quale succede a seconda del molo apparente del sole. Inoltre Dove riconobbe che, all’O. della rosa de’venti, un vento freddo succede ad un vento caldo, ed il vento del N-, che è più greve, caccia più presto il vento del S. più leggiero; invece, all’E. della rosa, un vento caldo succede ad un vento freddo, ed il vento del S. non respinge sì presto il vento del N. : e quindi il barometro si abbassa più spesso che non si elevi ; ma sale con rapidità maggiore di quella che tiene nel discendere. Ail’O. la tensione del vapor acqueo det vento che sussegue è minore di quella del vento precedente: all’E. è il contrario. All’ 0. la rapida rotazione dei venti dal S. al N. produce una pronta mischianza di strati aerei aventi temperature mollo diverse; dovechè all’E., predominando i venti di S., accade lentamente la sostituzione dell’un vento all’ altro. Epperò fra il S. e l’O. cade il massimo dei giorni piovosi, e fra il N. e l’E. il minimo. E se il vento muta di direzione in un senso opposto alla rotazione normale, si avrà all’E. facilmente una precipitazione di vapore, la quale accadrà di rado all’ 0. E poiché d’inverno più grande è la differenza fra le temperature dei diversi venti che non d’estate, più rapida è la rotazione dei venti, e quindi più frequente la pioggia o la neve. Colla rotazione normale il barometro, durante la pioggia, salirà rapidamente all’O. e s’abbasserà all’E. : e colla rotazione inversa sarà più facile la pioggia col barometro iunalzantesi all’E. che col barometro discendente all’ 0. L’ andamento inverso essendo poi più frequente all'O. che all’ E., l’abbassarsi del barometro coi venti d’ 0. indicherà pioggia vicina, poiché il vento si volgerà di nuovo al N. Una pioggia '470 capo quarto di temperatura tra due luoghi molto discosti fra loro. Qnon- d’esso si abbassa in un luogo, indica esser quivi la temperatura più elevata che ne’ luoghi circostanti, sia perchè ([nello si riscaldò direttamente, sia perchè questi si raffreddarono; e per converso 1’ elevarsi del barometro in un luogo indica che questo si rese più freddo dei circostanti. Quanto alle variazioni regolari è facile rilevare un andamento inverso fra al barometro ed il termometro, il quale sussiste pure per le accidentali, benché in modo meno evidente, attesa la varia direzione dei venti nelle diverse località e negli strati atmosferici di differente altezza (a). Dietro quanto si è fin qui detto su le variazioni barometriche, stimiamo inutile l’avvertire, che le indicazioni riguardanti le variazioni del tempo, quali si trovano scritte su la scala de’comuni barometri, non hanno alcun valore scientifico: oltreché queste variar dovrebbero colle altitudini dei luoghi e colle temperature (§ 6-1 e 62). durevole non proviene da una sòia precipitazione di vapore, ma dal successivo ripetersi dello stesso fenomeno ; e infatti la veniamola continua a girare da 0. a S 0., ed il barometro ad oscillare. (a) E’ dunque solo in un modo indiretto che le variazioni barometriche irregolari possono aver relazione colle variazioni nello stato d’umidità d’un luogo; le prime dipendendo anzitutto dalla temperatura dei venti ; quesl’altre invece dal verso e dalla rapidità con cui si verificala rotazione dei venti, cioè dalla mischianza di arie aventi temperature od umidità relative molto differenti tra loro. E, da molle osservazioni istituite a diverse altezze nell’atmosfera, risulta esser tanto più probabile la pioggia quant’è piti rapida la diminuzione della temperatura col crescere dell’altezza: converrebbe quindi conoscere anche cotesto decremento, per interpretare le indicazioni barometriche. Non vogliano tacere che Ramond sino dal 1808 aveva già espresso chiaramente, che i venti influiscono sul barometro solo in quanto sono o caldi o freddi, e che però, mutando essi la temperatura negli strati atmosferici, ne conseguitano dei cangiamenti uello stato del tempo sereno o piovoso-. TABI AZI OKI BAROMETRICHE 471 Qualora però la colonna barometrica faccia ampie e repentine oscillazioni, si può ritenere che sia imminente una straordinaria procella od un uragano, oppure che di codesti fatti siano accaduti in altra — benché lontana — località Se in una regione si dà una temperie più elevata assai del consueto ed in altre una più bassa, oppure se un grande ammasso di vapori si condensa prestamente in acqua, lasciando un ragguardevole spazio vuoto, si provocherà un violento afflusso d'aria da una all’altra regione, che, a guisa di onda, elevandosi da una parte e deprimendosi dall’ altra, farà qua abbassare e colà elevare il barometro: ma quest’onda aerea, grazie all’elasticità dell'aria stessa, proverà di poi, per riflessione, un moto inverso. L’insieme delle osservazioni barometriche, istituite in ogni parte della superficie terrestre, concorre a mostrare, che le grandi perturbazioni barometriche sorvenienti in un punto si propagano a tutto il resto della superficie medesima (a); però, nel mentre che in alcuni punti si nota uno straordinario alzamento, in altri accade una depressione straordinaria. In generale, lorchè il barometro sale e scende notevolmente in brev’ora, è indizio di tempo lungamente incostante. Se ci fosse dato conoscere lo stato del tempo che si verifica nell’altre parti della terra, potremmo, con qualche probabilità, presagire per una data località le prossime mutazioni nel tempo. (a) Per esempio, secondo Liais, il violento uragano del novembre -1854 si propagò dall’0. all’E.: il io fecesi sentire a Gibilterra, l’H a Malta, il 12 a Corfù, e nel iì irrompeva sul mar Nero, infuriando segnatamente a ualaclava. Ed anco una notevole depressione barometrica dal 12 al u si propagò verso l’E., cadendo la massima depressione nel mar Nero al ti, appunto quando l’uragano spiegò la massima sua intensità. Intanto, nello stesso giorno li, una larga zona di molti gradi, che dalla Finlandia e da una parte della Svezia attraversava la Germania, passando per Vienna, e prolungavasi verso il s., mostrava una perfetta calma. Vuoisi notare che le correnti inferiori dei venti non mostrarono nessun accordo coll’andamento della procella e dell’onda barometrica. Le osservazioni termometriche fatte in molti luoghi dal io al 11, diedero per il centro dell’Europa una temperatura di i&.° più elevata che nella parte occidentale dì essa. Man. di Fisica 30 Vìi CAPO QUARTO Quetelcl (1811-13), ponendo a confronto tra loro le oscillazioni barometriche che in uno stesso giorno si verificano ne’diversi punti della superficie terrestre, rilevò alcune leggi interessanti sul riparto e l’andamento delie onde atmosferiche (a). (a) La linea congiungente i punti in cui si verifica contemporaneamente una pressione massima forma la cresta dell’ onda atmosferica, la quale vien limitata tra due linee di minima pressione. Quest’onda (e quindi le dette linee di massima e di minima pressione) si muove secondo certe direzioni e con certa velocità, la determinazione delle quali ci svela le leggi delle onde medesime, Non devonsi però confondere queste onde, indicale dal barometro, eolie così dette correnti atmosferiche , le quali sono accennale dalla direzione dei venti, beco le conclusioni delle indagini pubblicale da Quetelet (A 852) su quest'argomento. L’atmosfera è, iu generale, solcata da parecchi sistemi d’onde differenti, le quali si intersecano e producono per ciascheduna località uno stalo speciale di pressione. Però, frammezzo ai diversi moti parziali, si manifesta un sistema predominante di onde, il quale mantiensi pressoché costante per ciascheduna regione della superfìcie terrestre. Tanto nell’Europa, quanto nell’Asia le onde atmosferiche si propagano dal N. ai S. Ma la loro velocità è molto varia: per medio essa corrisponde da 27 a 44 chilometri all’ora; è un po' maggiore nell’Asia e nell’ Europa centrale, e minore nella Russia. Quanto minori sono le asprezze della superficie percorsa, tanto maggiore riesce, in generale, questa velocità: su la superficie dei mari, presso le coste marittime e su ie vaste e basse pianure la velocità stessa è maggiore che noi sia presso le catene di monti e su gli altipiani: presso gli frali essa tiducesì talora a meno di 9 chilometri per ora. La direzione dei venti non ha evidente rapporto colla direzione dell'onda barometrica: forse a motivo delle correnti opposte, le quali, a diversa altezza, compensano le cori enti procedenti dai poli all’ equatore. Espy (i 843), studiando l’andamento delle onde atmosferiche negli Siali liiiii d’America, trovò che la linea della minima pressione slendesi pure dal ai S., presentando la sua convessità verso E.; essa cammina dall'0. ali'E. con una velocità (li ec chilometri all’ora. La dilezione dei venti è generalmente rivolta verso la linea di minima pressione, ed opposta alla liti.a della pressione massima. VARIAZIONI BAROMETRICHE 473 Lo stesso Quetelet, paragonando le altezze barometriche collo stato dell’elettricità atmosferica, avvertì una relazione sussistente tra questi due ordini di fenomeni meteorici. Secondo che l’intensità elettrica osservata riusciva superiore od inferiore all’intensità media di ciaschedun mese, notò le corrispondenti altezze barometriche, e trovò che, in generale, queste eran maggiori nel primo caso che nel secondo. L’ altezza media barometrica per Brusselles essendo mill. 755,97, ecco i risultati medi dei delti confronti, dedotti da cinque anni d’ osservazione (1842-46). Invarrò Uri ma r;t i Tastata AnMinno Anno Eletlrie. super, alla media 757,88 755,48 756,22 * 756,97 756,55 Eleùric. infer. alla media 755,34 752,93 755,48 754,52 75-i,65 Differenza 2,54 2,55 0,74 2,45 1,90 Risulta pertanto che, astrazion fatta dell’altre condizioni influenti su la pressione atmosferica, il barometro tiensi tanto più elevato quant’ è più sentita l’elettricità positiva dell’ atmosfera. La differenza che è rilevante nei mesi freddi, lorquando è maggiore anco la differenza fra la massima e la minima intensità elettrica, tocca un massimo in aprile ed in ottobre, e s’impiccolisce nell’estate; anzi nel mese più caldo (luglio) questa differenza muta di segno. Quando poi T elettricità del- 1’ aria è negativa — il che accade di rado — il barometro riesce ancor più basso che con una debole elettricità positiva; avendo ottenuto per medio di 23 osservazioni fatte coll’ aria elettrizzata negativamente mill. 731,19. 139. Il vapor acqueo atmosferico, rendendosi visibile per alcuna delle condizioni sovranotate (§ 136), dà luogo a quei fenomeni che diconsi nebbie o nubi , secondo che accadono negli stessi strati d’aria dove sta l’osservatore, oppure negli strati superiori. Le nubi, a motivo della varia loro altezza, grossezza, densità e forma, intercettando o riverberando differenti quantità di luce, ci presentano tinte assai svariate. Howard propose una classificazione delle forme delle nubi, accettata da molti meLeorologi. Distinse tre forme principali : iti CAPO QUARTO il cirro, il cumulo e lo strato; c quali forme di trapasso fra queste, il cirro-cumulo, il cirro-strato ed il cumulo-strato (a). 1 / altezza in cui si tengono le nubi è variabile molto. Il cirro si leva a maggiori altitudini dell’ altre nubi. Le consuete altezze delle nubi son comprese fra 500 e 3 mila metri (ò). Le nubi temporalesche sono le più basse. Ed, in generale, d'inverno le nubi sono meno alte che nella state, e nei paesi caldi ^ sono più elevate che nei freddi. (a) 1 cirri , o code di gatto, sono nuvolette a sottili striscie, ora ondeggianti e parallele, ora intralciale a guisa ili rete. I cumuli, od ammassi di cotone, sono nubi raccolte, rotonde superiormente e quasi emisferiche; talora addossate le une su le altre.Gli strati sono nubi a lunghe falde orizzontali. Il cirro-cumulo è formato da uovo- i lette tondeggianti, le quali, ove siano disposte in lile vicine e rego- j lari, offrono quell’aspetto che dicesi cielo a pecorelle od a pagnotte. Il cirrostrato è una nube rara e distesa, somigliante ad una falda di cotone cardato. 1! cumulo-strato è una estesa striscia di densi e filli cumuli. Iti confuso ammasso di cumulo-strati, a tintili irregolari ed ^ a tinta grigiastra, cosiiluiscc il nembo, apportatore di dirotte pioggie o di temporale. ( b ) In allo mare, Tessan (t 8 44), officiale del vascello Vénus, trovò le nubi più alte a met. 1400 e le più basse a 900, col mezzo d'un ìougi- melro di Rochon, da lui modificalo. Pcytier e Hossard, con livellazioni geodetiche, rinvennero sui Pirenei delle nubi le cui altezze, pel limite intcriore, variavano da met. 450 a 2500, e da 900 a sooo per il limite superiore. Bravais (1 842), con uno stromento da esso idealo, osservò dei cirri starsi quasi immobili all’altezza di io mila metri, mentre dei cumuli spinti da un vento di S. E. passavano al dissopra di Lione coll’enorme velocità di met. 34 per secondo. Pouillel (1840), mercè un altro processo suo proprio, osservando in ottobre, al di \ fuori di Parigi, due strali di nubi sospinti da diversi venti, riscontrò, con sei osservazioni, 1’altezza di met. 7500 per lo strato inferiore e 42,000 per il superiore. Barrai e Bivio, il 27 luglio 4850, in un volo aerostatico sovra Parigi, attraversarono uno strato di nubi della grossezza di oltre 5 mila metri, il cui limile superiore era a circa metri 7 mila d’altitudine. Gay-Lussac, nel secondo^suo volo aerostatico sovra Parigi (scttem. 1804), trovandosi a metri 7035, osservò delle nubi ancor superiori ad esso, ACQUA CADESTE DALL’ATMOSFERA 475 La pioggia, risultante dalla condensazione e precipitazione del vapor acqueo atmosferico, cade in forma di gocce, di grossezza variabile secondo l’altezza delle nubi e secondo le differenze nella temperatura degli strati attraversati. Si denominano ombrometri, jetonietri od udometri ( da òVGf«?, o ù«roV> pioggia, ed i acqua), ed anche pluviometri gli stromenti che servono a determinare la quantità dell’acqua caduta in un dato tempo ne’ diversi luoghi (a). La quantità dell’acqua cadente ne’diversi paesi in forma di pioggia, di neve, di grandine, eec. ha relazione non solo colla latitudine, ma ancora colla prossimità o lontananza del mare, coll’altitudine, colla direzione dei venti dominanti e colla postura rispetto alle catene dei monti. In generale, l’acqua cadente cresce colla temperatura dei paesi: massima all’ equatore, va decrescendo coll’aumentare della latitudine e delia altitudine sul livello del mare. In vicinanza ai mari è maggiore che nell’ interno de’continenti. Per le coste occidentali d’Europa il vento di S. 0. è più degli altri apportatore di pioggie; nella Germania meridionale sono invece i venti di N. e IV. 0.; nella Vaile del Po il vento di N. E.; su la spiaggia orientale dell’ India il vento di N. E., e su quella occidentale il vento di S. 0. Epperò dove alti monti impediscono l’arrivo di codesti venti, o li spogliano della loro umidii à, minore riesce l’acqua cadente. Queste diverse influenze si riscontrano, prendendo in esame i dati della seguente tavola, nella quale il valor medio della quantità dell’acqua cadente nel corso d’un anno in diversi luoghi vidi espressa in millimetri e l’altitudine in metri. (a) Sembra che Marioite (1717) sia stato il primo a mettere in opera imo di siffatti stromenti. Ma la foggia della loro costruzione varia limi poco Molti se ne trovai) descritti nell'.Annuaire Méthéo roto gioie di Francia pei 1851. Per 1' esattezza delle misure convien seguire il metodo delle pesate, adunalo negli Osservatorj di Monaco e di Versailles. È degno di rimarco l’ombrometro costrutto da Legeler (1845) per Sans-Souei, che dà distinta la quantità d’acqua cadérne coi diversi verni, e segua in pari tempi la direzione c la forza del velilo^ 476 CAPO QUARTO Kandy Latitudine 7° 35’ Altitudine b\Z Acqua cadent 1864 Bologna Xatìtu- dine 44" 30’ Altitudine 85 Acqua cadrete 556 tìranàda (isola) 12. 2 — 2844 Bordeaux 44. 50 — 650 Seringapatam 12. 25 735 602 Torino 45. 4 230 956 Tivoli (S.DuinÌngO)lS. 35 — 2734 Lodi 45. 11 79 979 Bombay 18. 56 — 2350 Milano 45. 28 131 983 Macao 22. 11 — 1747 Brescia 45. 32 150 907 Calcutta 22, 35 — 1929 Udine 46. 4 HO 1579 Rio Janeiro 22. 54 — 1505 La liocbclle 46. 9 60 652 Avana 23. 9 — 2321 Nantes 47. 13 T0 1292 Funchal (Madera) 32. 27 — 75? Strasburgo 48. 35 2G0 691 Tunisi 36. 47 — 1292 Parigi 48. 50 65 577 Lisbona 38. 42 72- 60S Ainborgo 50. 0 — 597 Madrid 40. 25 663 260 Londra 51. 31 — 564 Napoli 40. 52 W 796 Rotterdam 51. 55 — 574 Sìeua 43. 18 3 -iS 812 Swamborgo 52. 29 — 661 Marsiglia 43. 18 45 470 Berlino 52. 33 40 520 Firenze 43. 47 67 916 Copenaghen 55- 0 —, 468 Orango 44. 6 110 740 Stoccolma 59. 21 41 520 Genova 44. 25 43 1346 Pietroborgo 59. 56 — 460 Sonvi dei luoghi ne’ quali mai non piove: ad esempio, al deserto di Sahara in Àfrica, ed al nord dell’India e della China. Sotto i tropici l’acqua cade di preferenza nell’estate, e nell’inverno alle regioni polari. Nelle zone intermedie cade pioggia in tutte le stagioni, ma con diversa misura, secondo le inlluenze locali. Ecco le quantità d’acqua cadente nelle diverse stagioni dell’ anno per differenti regioni in Europa, secondo Schouw e Gasparin, espresse pure in millimetri. Quantità d’acqua cadente Inverno Prunai era aie A ii' unno A-no Italia ss zona degli Apennini 263 210 121 321 915 Id. zona cispadana 140 137 137 219 633 Id. zona transpadana 197 210 229 291 927 Id. zona delle Alpi 301 321 394 480 1496 Francia meridionale Id. settentrionale ? 195 194 133 292 804 Germania 5 126 148 229 174 678 Inghilterra occidentale 240 171 222 283 916 id. oi iemale 167 145 171 204 687 Scandinavia 82 76 171 148 477 Russia 40 60 167 97 364 ACQUA CAPENTE DALL* ATMOSFERA 177 Però il numero dei giorni acquosi (piovosi e nevosi) nelle sìngole stagioni non ha sempre relazione colla quantità dell’acqua cadente, come rilevasi confrontando il precedente quadro col seguente, (tolto pure da Gasparin. Numero dei giorni acquosi Italia meridionale £ Frauda meridionale ) JllVPfllO 25,4 Pi'iuuiitru 25,2 Esiale 15,2 Allunino 25,4 Anno 91,2 Italia settentrionale 25,4 27,1 25,1 26,6 104,2 Francia settentrionale £ Germania ^ 86,4 37,0 36,8 35,0 144,9 Inghilterra occidentale 43,1 37,6 33,9 44,9 159,5 Id. orientale 40,0 39,5 34,4 38,8 152,7 Scandinavia 35,2 30,3 32,6 35,1 133,2 Russia 23,1 23,4 27,9 26,5 100,9 Ad esempio della ripartizione dei giorni acquosi e del- l’acqua cadente nei singoli mesi dell’anno, citiamo i risultati medi di 80 anni (17G4-L843) d’osservazione per Milano, e di 33 anni (1817-49) per Grange. Giorni Acqua Giorni Acqua acquosi cadente * acquosi cadente Alitano Or .n le MI. Orm-te JVIilano Orante Milano Orange Dicembre 3,6 7,0 77,1 54,9 Giugno 0,9 7,4 80,7 48,0 Geunajo 3,4 6,7 66,9 34,0 Luglio 0,9 5,0 72,9 27,4 Febbrajo 6,3- 6,5 61,4 36,0 Agosto 1,5 7,0 81,1 38,8 Marzo 1,8 7,2 59,2 43,9 Settembre 2,9 8,7 88,0 126,9 Aprile . 2,8 9,0 80,3 59,7 Ottobre 6,5 9,4 108,5 106,9 Maggio 5,5 10,3 98,3 74,0 Novembre 3,5 9,1 107,7 90,6 Inverno 13,3 20,2 205,4 ! 124,9 Estate 3,3 19,1 235,7 114,2 Primavera 9,8 26,5 237,8 177,6 Auiimno 11,7 27,2 304,2 323,5 Anno (a) 38,1 93,0 983, 7-40,9 (a'' Quantunque le stagioni più piovose, tanto a Milano quanto ad Orange, siano la primavera e l’autunno, pure sono rimarchevoli le differenze che sussistono nel rapporto tra i giorni acquosi e la quantità dell’acqua cadente ne’due paesi. Nell’insieme dell'anno maggiore di molto è il numero dei giorni acquosi ad Orange che a Milano, mentre la quantità dell’acqua cadente a Milano supera non poco 478 CAPO QUARTO Gnspnrin, ad Orante, notò altresì, neiranzidetta serie di anni, le relazioni sussistenti fra le altezze della colonna barometrica ed il numero dei giorni aequosi e k quantità d’acqua cadente, come nel seguente specchio, dorè si è indicato anche il numero dei giorni ne’ quali si verificarono le altezze barometriche controsegnate («). Altezza Giorni Giorni Quantità Altezza Giorni Giorni Quantità barometrica corrici. acquosi (tetta pio;; barometrica corrlsp. acquosi ,letta mìo- Inlér.a 734 0,09 0,06 1,60 752 — 54 44,06 19,27 137,76 734 — 36 0,24 0,15 2,53 754 — 56 63,88 17,64 105,94 736 — 38 0,30 0,24 0,81 756 — 58 76 73 12,41 64,65 731) — 40 1,30 0,81 15,72 758 — 60 45,92 5,54 27,46 740 — 42 2,02 0,90 8,20 760 — 62 36,33 2,84 10.29 742 — 44 2,96 1,42 22,62 762 — 64 18,03 1,07 2,16 744 — 46 5,11 2,63 36,96 764 — 66 7,55 0,36 0,43 746 — 48 8,73 5,32 74,29 766 — 68 4,67 0,09 0,09 748 — 50 16,34 8,51 95,03 768 — 70 3,71 750 — 52 22,78 13,7-8 133,75 Super.a 770 0,45 Media altezza barometrica mil. 756 Totale 365 93,04 740,30 In una stessa località si trovano differenti tra loro le quantità d’acqua raccolte a diverse altezze ; e codeste differenze sono molto sentite — ben più di quello che lo si potesse pre- qtiella cadente ad Orango: e questo andamento opposto di tali due fatti ne’due paesi è sentito specialmente nell’estate ed in primavera, cosicché le pioggie, benché meno, frequenti e meno durevoli, sono assai più copiose e dirotte a Milano che ad Grange. Nell’ autunno peto, e segnatamente in settembre, cade maggior quantità d’acqua ad Grange che a Milano, laddove nell’estate è molto minore in quello an zichè in questo paese. (a) Da esso emerge che su 100 piovute ne cadono, per medio nqH'anno, 78 col barometro inferiore all’ altezza media e 22 col barometro più alto; mentre su utili. 100 di pioggia ne cadono 88 col barometro basso e 12 col barometro allo Però, ne’singoli mesi, cotesti rapporti presentano notevoli differenze : nell’inverno è più facile e più abbondante la pioggia col barometro alto che noi sia nel- 1’‘estate; ed in aprile si ha un minor numero di giorni piovosi col barometro basso di quello die si verifica col barometro aito, e ia quantità della pioggia è appena di poco minore nella seconda condizione che nella prima. ACQUA CADENTE DALL’ ATMOSFERA 479 supporre — anche per poco che differiscano le altezze. Ed, in generale, le differenze istesse sono tanto maggiori quanto minore è la temperatura dell’ aria. Cray e Phillips a York, nell'Inghilterra, nel -1832, stabilirono tre ombrometri, l’uno a fior di suolo, un altro all’ altezza di met. 12,4 e dal primo discosto met. 41, ed un terzo alto met. (14,0 e situato a met. 330 lungi dal precedente. Esponiamo qui i risultali delle loro osservazioni pel 1833, ed il valor medio di quelli ottenuti in tre anni (1833-38). Acqua cadente negli ombrometri d 833 nn'.lia I ir Ut. R unioni om ri. poiittenti Inverno 2",39 253,8 186,6 138,2 100 73,3 53,8 Primavera 8,67 96,A 69,5 53,2 100 79,9 55,2 Estate 16,00 d2A,9 102,6 82,1 100 82,1 65,7 Autunno 9,06 167,6 137,6 102,3 100 82,1 61,0 Anno 9,00 612,8 496,3 375,8 100 77,2 58,2 1833-85 Inverno 433,1 301,3 216,3 100 70,3 49,9 Estate — 507,7 436,8 336,8 100 85,8 '66,4 Persoti istituì analoghe osservazioni a Jlesnmjon con due ombrometri, l’uno più elevato dell’altro di met. 194, essendo però la loro distanza orizzontale di met. 1360. Ecco i valori medi delle risultanze avute in tre anni (1840-48) nelle singole stagioni, espressi in millimetri d’acqua cadente, cui si aggiunge il rapporto fra le quantità raccolte ne’due ombrometri, posta 100 la quantità caduta alla stazione inferiore: Inverno Pi i. invera Estate Autunno Anno Ombrometro inferiore 223,3 329,1 308,6 2S8,0 1149,0 ■ superiore et,8 151,5 219,9 182,6 615,8 Rapporto . . . 27,68 46,04 71,26 63,40 53,60 All’Osservatorio di Parigi, sino dal 1817, si determina l’acqua cadente in due ombrometri, l’uno nella corte e l’altro su d'una terrazza, all’altezza di met. 28,76 sul precedente. 483 CAPO QUARTO Ed in 32 tinnì (1817-iS) si ottennero i seguenti dati, che si espongono in modo analogo ai precedenti (a). Inverno Prilli iver .1 E.tate Autunno A uno Ombrometro inferiore 123,06 140,11 154,00 162,16 576,78 • superiore 103,02 123,65 142,70 141,16 507,41 Rapporto.83,4 87,2 82,7 86,9 88,0 E da ricordare una serie di confronti fra l’acqua cadente e l’acqua evaporatesi (determinata per mezzo di larghi vasi svaporatorj disposti alla superfìcie del suolo) in un medesimo luogo nei singoli mesi dell’ anno, continuata per 20 anni (1831-50) in quattro diversi punti del dipartimento della Costa d Oro in Francia, quale risulta dai «alcoli dell’ingegnere Colin. Ci limitiamo ad esporre i valori medii di quelli corrispondenti alle dette quattro località, espressi in millimetri: Acqua. Acqua carlina evaj (nata Genna’o 42,0 26,4 Febbrajo 4i5,6 25,0 Marzo 44,0 35.4 Aprile 56,7 63,9 Maggio 62,5 79,9 Giugno 67,9 98,7 caduta evaporata Luglio 56,4 103,9 Agosto 65,5 85,4 Settembre 64,1 52,3 Ottobre 82,0 28,4 Novembre 84,6 17,6 Dicembre 57,8 17,5 Anno. . . 729,1 627,4 » » i (a) Le sovraccennate differenze sembrano provenire da che lo goccie d’ acqua cadenti, comectiè piti fredde dell’ aria costituente gli strati prossimi al suolo, s’ingrossano a spese del vapor acqueo diffuso in questi e che su di esse si condensa; ma d’altronde le goccie stesse lunghesso il loro cammino tendono a scemare per svaporazione. È poi evidente che nei mesi freddi questa seconda influenza dev’esser meno efficace, e più sentila la prima; invece nei mesi caldi la svaporazione, essendo mollo più attiva, tenderà ad eliderò fc per una maggior proporzione l’effetto della prima fra le anzidetto influenze, la quale, per sè sarà anco meno operosa, minore essendo la differenza fra le temperature degli strati atmosferici. Nondimeno è ancor sorprendente il vedere, secondo Person, che nell’ inverno un’elevazione di circa met. 200 basti a ridurre l’acqua cadente a poco più d’un quarto di quella che cade alla stazione inferiore. acqua cadeste dace’atmosfera 481 La svaporazione è dunque crescente colla temperatura dell’aria, e decrescente colla di lei umidità relativa, cioè coll’aumentare dell’acqua cadente. Nei mesi caldi l’acqua evaporata soverchia la caduta: nei mesi freddi avviene il contrario. La massima evaporazione cade nel mese più caldo (luglio), la minima cade nel mese più piovoso (novembre) e nel consecutivo. Per alcuni straordinari acquazzoni cadono talora notevoli quantità d’acqua in si poco tempo, che il suolo ne rimane inondato. Nelle basse pianure d’Europa bastano mill. 30 cadenti in un giorno per produrre colesto effetto. Ecco alcuni esempi di piovute diluviali: Jcqua caduta in mill. Epoca Aurata In tutta la durata In un'ora jier indillo 94,7 54,1 Ginevra. . . O.«‘s. or - 1G2,4 Genova . . . 1. — 825,0 34,4 Drusselles. . . . 1839, giugno — 3. 112,8 34,3 Joyeuse (Ardèche) 1827, ollobre 1. — 791,7 33,0 Cajenna . . — 10. 277,8 27,8 Viviers . . . — 18. 357,2 19,9 Dombay . . . . 1819, . . . . 1. — 162,4 10,9 Allorché il vapor acqueo si condensa in tali strati ove la temperatura sia inferiore a 0°, l’acqua, solidificandosi, forma la neve o la grandine. Se la condensazione del vapore è lenta e graduale, l’acqua cristallizza regolarmente e dà i fiocchi' di neve, le cui forme, benché svariatissime, provengono tutte dalla riunione di molti e sottili aghi di ghiaccio comprendenti tra loro angoli di (>t)°, di 30° o di 120°: però la forma predo- minante è quella di stellette a 6 raggi con minuscoli secondari e simmetrici. Ma affinchè la neve giunga al suolo, bisogna che anco gli strati aerei da essa attraversati, cadendo, abbiano una temperatura inferiore odi poco superiore a 0°: se non che tanto minore è la quantità della neve eaduta, quant’è 482 CAPO QUARTO più bassa la temperatura dell’aria, epperò minore la copia del vapore in esso diffuso. Qualora 1’ aria ove si condensa il vapore sia molto agitala, la condensazione stessa accadendo rapidamente, produce dei piccoli grani nevosi, ne’quali gli aghi sono stipati confusamente (a), oppure produce dei grani di grandine. Questi ultimi raggiu grossezze, e sono d’ordinario formati da un nucleo nevoso, contornato da strati concentrici di ghiaccio, alternativamente diafani ed opachi. Già altrove (nota b pag. 433) si accennò una delle probabili condizioni della formazione della grandine; e più innanzi cadrà occasione di riparlarne. 140. Quando l’atmosfera è calma e serena, tosto dopo il tramonto del sole, la superficie del suolo e dei vegetali che sorgono su di esso, avendo una distinta facoltà emittente (§104) (*), irradiano mano mano, verso i freddi spazj celesti, il calore guadagnato durante il giorno, e si raffreddano perciò ad un grado più basso che noi faccia l’aria, dotala d'una ben debole facoltà emittente ( c ). Intanto l’umidità relativa (а) Cotesta forma di neve si denomina nevischio. (б) Sui metalli puliti, dai quali è minima l’irradiazione, poco o punto si depone di rugiada, come già avvertirono Gersten e Mus- schembroecii. Ne’ metalli concorre anco la condullricità calorilìca a render minore la differenza tra la loro temperatura e quella dell’aria. (e) Melloni, conoscendo che il potere emittente d’un corpo varia colla temperatura, volle determinare questa facoltà per riguardo alle temperature stesse per le quali si produce comunemente la rugiada , ed ottenne i seguenti rapporti: Nerofumo.100 i Erbe diverse . . . . . .403 Carbonato piombico . . . 99 ) Foglie d' olmo e di pioppo . tot Vernice.97 ; Segatura di pioppo .... 99 Colla di pesce.96 Id. mogano ... 95 p Piombaggine.96 Arena selciosa.9* Vetro.93 Terra vegetale.92 Se non che i risultati esposti nella seconda di queste fìnclte non offrono lo stesso grado di precisione di quelli della prima finca, avendo ne’ primi influenza la varia conducibilità dei corpi stessi, e l’azione Rl'GUTU 483 dell’aria va di continuo crescendo, col raffreddarsi di questa (pag. 458-5!)): anzi gli strali infuni e contigui al suolo si rendono notevolmente più freddi — come osservò Pictet (17!)0), — e quindi più prossimi allo stato di saturazione, degli strati sovrastanti, pur a poca altezza (a). In breve ne dell’aria fredda stagnante negli interstizi delle loro parli. Colest’ultima influenza è messa in evidenza da queste altre prove dei Melloni. Mentre un termometro ricoperto di nero fumo non scese mai al dissotto di 1°,S della temperatura dell’aria (data da un termometro munito di copertura d’argento terso), involgendo i termometri con falde di cotone o di lana più o meno compiesse, ottenne, in tre diverse serie d’ osservazioni, i seguenti raffreddamenti : Abbass. sotto la t*-mper. Inviluppo del termometro dell'’aria riicost. nella serie Cotone cardalo libero, cent. 6 di diam., coni- l. a 2. a 3.' preso il bulbo termometrico .... La stessa quantità di cotone ridottaacculim. 2 3”,8 4°, 5 4",7 con sei giri di l’ilo di cotone. 2,9 3,4 3,7 Tela di cotone della fustagno . 2,5 3,2 2,9 Tela lina di cotone, doppia. . > 1,9 2,2 2,4 Lana cardala libera, cumini, fi di diam. . . La stessa quantità di lana ridotta a eentim. 2 3,1 3,6 3,3 con sei giri di lana (Hata. 2,5 3,0 n’o Pannolano, dello flanella, grosso 2,0 2,3 2,5 Si olile, lino. 1,8 2,1 2,3 Quest’ influenza raffreddatrice dell’aria fredda impigliala ne’ corpi fioccosi, mostra l’inapplicabilità di alcune esperienze fatte da Wells e da Pouillct con termometri involti nel cotone fioccoso o nella piuma di cigno, al raffreddamento che nelle foglie vegetali può produrre la loro facoltà irradiatile. Coi più squisiti termometri, posti in contatto colla pagina inferiore dulie foglie di qualsiasi vegetale, Melloni non ottenne mai un raffreddamento maggiore di 2° su quello dell’aria. (a) Di giorno, sotto la diretta azione dei raggi solari, gli strati aerei contigui al suolo sono, per opposto, più caldi degli strati sovrastanti. E die la rugiada si lorrni più pronta e più copiosa sui corpi vicini al suolo che non su quelli situati a qualche altezza, fu mostralo da Gei-sten, Musschcmbroeck e Dufay poc’oltre il principio del secolo scorso. 484 CAPO QUARTO consegue su la superficie dei detti corpi la deposizione di parte del vapor acqueo diffuso nell’aria ambiente, che denominasi nujinda, la quale sarà più copiosa per gli anzidetti strati infimi, e quindi sul suolo e su l’erba che lo ricopre (a). Ma, lorquando 1’ atmosfera è ingombra di nubi o di nebbie, oppur l’aria è vivamente agitata per vento ;ò), non verificandosi le predette condizioni, poco o punto si condensa di vapore (e). Qualora poi la rugiada tocchi una temperatura inferiore a 0°, agghiacciandosi in aghi cristallini, dà la brina. (а) E più abbondante, in generale, sarà la rugiada in quelle epoche dell’anno nelle quali si riuniscono le seguenti circostanze: notti lunghe, grande l’umidità relativa dell’aria, ed elevata la temperatura di questa e quindi notevole la quantità del vapore in essa diffuso. Nel- l’autunno si verificano insieme le dette circostanze, meglio che in altra stagione. (б) Aristotile ebbe già notato che la rugiada si forma di preferenza nelle notti tranquille e serene, c Wilson (1783) avvertì, che l’insorgere delle nubi, non solo annulla la differenza fra la temperatura degl’infimi strali aerei, ma fa aumentare sensibilmente la temperatura stessa. (c ) Wells (1814) propose una teoria della rugiada, che venne in qualche parte rettificata da Fusinieri (1831) e da Melloni (1844 . Wells ritenne effetto puramente dell’irradiazione la differenza fra la temperatura d’un termometro posto appena al dissopra de! stuolo ed altro sospeso all’ altezza di poco più d’ un metro, differenza che talora giunge a 4° ed anco a 7°, non tenendo conto della temperatura propria degli strati infimi dell’aria. Fusinieri, riconfermando l’osservazione di Pictet, notò che lo stenterello d’aria ricoprente la terra o la piota o la neve è il più freddo di tutti i sovraiucombenti, e che a pochi millimetri di profondità, la terra, la piota o la neve conservano una temperatura di alcuni gradi superiore a quella del- l’anzidetto slralerello sovrastante di aria. Melloni trovò che due termometri, la superficie d’ uno dei quali abbia il massimo potere emissivo e l’altra il minimo, situali nello stesso strato orizzontale d’aria, in una notte placida e serena, e pur sotto I’ aere limpidissimo di Napoli, indicano una differenza di temperatura che non giunge a 2°, e questa differenza è sensibilmente costante qualunque sia la loro distanza dal suolo e la temperatura dell’aria: laddove, MACCHINE A VAPORE 485 4il. La ragguardevole forza espansiva spiegata dal vapor acqueo alle temperatura prossima a 100.°, e la facilità con che se ne ottiene io sviluppo dall’acqua bollente, suggerirono, da tempo, l’idea di adoperarla quale forza motrice. Nella storia dcH’invenziesc di quelle efficacissime macchine che, in genere, ponendo due termometri con egual superficie, l'uno nello strato d’aria dove sporgono le estreme foglie dell’ erba, evitandone però il contatto, e 1’altro all’altezza di mel. A,3, trovò che quest'ultimo nv,allietisi, nelle circostanze favorevoli, ad una temperatura di S J a IO" superiore a quello dell’altro. Pertanto, conctiiudc il Melloni, l’aria, oltre allo scarso suo irraggiamento, colla propria fredda temperatura, stagnando sul suolo, esercita un’cflìcace influenza sul fenomeno del raffreddamento del suolo stesso, e quindi su la formazione della rugiada. A sito credere, coteslo raffreddamento proviene da una serie di azioni e reazioni della superficie irradiatile su 1’ aria contigua e di questa su quella, per cui scambievolmente 1’ una raffredda l’altra, nel mentre che fra le loro temperature deve serbarsi una costante differenza. I-’usinieri, considerando che il suolo, a ben piccola profondità, lieusi più caldo dell’aria sovrastante, ed osservando che la rugiada è più copiosa su la pagàia inferiore clic su la superiore delle foglie, e su l’erbe e gli arbusti più assai clic su gli alti alberi, e che per una campana di vetro posta sul terreno riesce più abbondante la rugiada su la superficie interna che non sull'esterna, volle richiamata l’opinione di Gersten, elle la rugiada provenga dal vapore ascenderne dal suolo. Citiamo una delle osservazioni da esso fatte. Avendo disposti vari termometri a mel. 1,54; 0,78; 0,19 e 0,03 al dissopra del suolo, ed altro in contatto con questo, trovò che in una notte calma e serena di dicembre, essi indicavano ordinatamente 4°,0; SV; 2°,3; l°,3 e 2°,0 un’ ora dopo il tramonto del sole, e 5 ore dopo segnavano 2",5 ; 2°,0; A°,o; — 2°,2 e — 0",5. Certo è elle, finquando 1’ aria circostante non sarà satura di vapore, le foglie de’ vegetali emeitcvanuo vapore per traspirazione, e svaporerà pure il terreno umido : ma ciò non toglie che nella formazione della rugiada intervengano il fenomeno deli’ irradiazione ed il vapore già contenuto nell' aria prima del notturno raffreddamento, come si indicò sopra. La pagina inferiore delle luglio, più ricca di stomi e di peli, sia per la propria traspirazione. •58(5 CAPO QUARTO diconsi a vapore, perocché la tensione d'un vapore v’è impiegata qual potenza motrice, vanno ricordati i tentativi di Ero- ne (circa 120 anni avanti l’era volg.), di G. 15. Porta (1606), di Salomone di Caos (1615), di Giovanni Branca (1629), di Edoardo Worcester (1663), di Cristiano Huyghens (1680), di Dionigi Papin (1687), di Tommaso Savery (1696), di lYeweomen e Cavley (1705), e ancora di Papin (1707 e 1721). Ma sovratutti ineritasi nome d’inventore Giacomo Watt (1765-82), il quale recò si importanti e sì numerose modificazioni ai congegni proposti dai suoi antecessori, da tramutarli in quel meccanismo complicato e pur ingegnosissimo in ogni sua parte, che tuttodì denominasi macchina a vapore a doppio effetto di Watt. Questa, senza grave dispendio, svolge una forza motrice poderosissima e nondimeno tanto maneggevole, da prestarsi agli intenti più disparati ed alle più svariate circostanze. sia per azione capillare può accogliere su la sua superficie maggior quantità d'umidore, ancorché la sua temperatura sia alcun po'più elevata di quella della pagina superiore. E quanto all’altre osservazioni or citate, bisogna tener conto dei moti idrostatici dell’aria, dovuti alle variazioni che succedono nella sua temperatura, i quali in alcune parti sono liberi e favoriti, in altre impediti o rallentali. I! principale appoggio dell’ opinione di Fusiuieri sta nel riscaldamento prodotto nell’ aria dal passaggio d’ima nube o da un ombrello spiegato al dissopra degli stromenli che si osservano. Avendo egli disposti due termometri elevati sul suolo di centiin. 49 e cenlim. 6, ed un altro in contatto col suolo, i quali a notte inoltrata segnavano rispettivamente 5°,5 ; 4°,o e 7”,5, ed avendo spiegato al dissopra un ombrello, dopo un quarto d’ora segnarono SV; 4°,7 e 8«,5: quindi, levalo ancora 1’ombrello, e trascorso un altro quarto d’ora, si ridussero a 4°.5; 3°,7 e 7°,o. A suo credere, questo riscaldanunto sarebbe prodotto da un rallentamento che sovviene nel molo ascensivo del vapor caldo uscente dal .suolo. Ma pur questo fatto poirebbesi spiegare altrimenti, avuto riflesso ai moti idrostatici provocali al dissotto dell’ombrello stesso dal suo proprio raffreddamento, per cui si mescoleranno tra loro i sottostanti strati superiori più caldi cogli inferiori più freddi. Comunque ciò accada, pare a noi che questo fenomeno ineriti uno studio ulteriore. Macchine a vapore 4 87 (Nelle macchine a doppio effetto la stessa forza espansiva del vapore sospinge alternativamente in due contrarii versi un embolo scorrevole entro un recipiente cilindrico: mentre in ([nelle ad effetto semplice il vapore opera per muover l'embolo in un solo verso, essendo questo sospinto nel verso opposto dalla pressione atmosferica. Chiamasi tensione assoluta del vapore svolgentesi entro una caldaja la sua propria forza espansiva, esercitante una corrispondente pressione contro l’interne pareti della caldaja stessa, e si dice tensione utile od efficace l’eccesso della tensione assoluta su la pressione atmosferica esterna, oppure su la pressione che si oppone al movimento deli’ embolo nel verso in citi opera la tensione del vapore. Le macchine a vapore si dicono a bassa, a media e ad alta pressione, secondo che la tensione assoluta del vapore nella caldaja è minore di due atmosfere, oppure compresa fra 2 e 4 atmosfere, oppure superiore a 4 atmosfere. Si chiamano poi a condensazione quelle macchine nelle quali il vapore, dopo aver sospinto l’embolo all’un estremo della sua corsa, si precipita in un recipiente mantenuto freddo, liquefacendovisi. Le macchine ad effetto semplice, ed in genere quelle a bassa pressione, sono munite d’un condensatore : quelle ad alla pressione ponno essere senza condensazione, passando il vapore, dopo aver operato, a diffondersi liberamente nell'atmosfera. Quando il vapore continua ad affluire nel cilindro durante l’intera corsa dell’embolo, la macchina è detta senza espansione; laddove nelle macchine ad espansione il vapore passa dalla caldaja nel cilindro, premendo su l’embolo coll’intera sua tensione, solo per un tratto della corsa dell’embolo stesso, poi viene intercettato il detto passaggio, ed il vapore già entrato continua a sospingere l’embolo colla propria tendenza ad espandersi in uno spazio ognor maggiore, riducendosi però ad una tensione proporzionalmente minore. Il lavoro motore teorico ( cioè l’effetto dinamico, valutato senza riguardo agli attriti ed alle resistenze fra le parti della Man. di Fìsica 3 [ 488 CAPO QUARTO macchina) prodotto da un chilogrammo di vapore, quando operi senza espansione, è dato dalla formola L m — V ( /'-/”) = * rs {f-n, posto L m il lavoro motore teorico espresso in grandi dinamodi (corrispondente ciascuno a mille chilogrammetri); V il volume, in metri cubi, d’un chilogrammo del vapore operante su 1’ embolo alla tensione assoluta f, espressa questa coll’altezza, in metri, della colonna d’acqua ehe produce un’equivalente pressione su l’unità di superficie; f’ la pressione, similmente espressa, che sì oppone al moto dell’embolo; r il raggio di questo in metri, ed s lo spazio, pure in metri, percorso dall’embolo nell’unità di tempo. Qualora da una banda dell’embolo si potesse operare un vuoto perfetto, sarebbe f 0: colla condensazione si ha per f* un valor piccolo, corrispondente alla tensione cui ri- ducesi il vapore alla temperatura del refrigerante: e quando non siavi condensazione, può ammettersi, in generale, f ~ met. 10,3329, cioè eguale ad un’atmosfera (pag. 83). Nel seguente quadro si espongono i valori di L m a diverse tensioni, nei due supposti di f rr 0 ed f rr 10,3329. Ed il volume V fu calcolato colla formola 760 1 f S t ove 5 è il coef- f ‘ d.p fidente della dilatazione cubica dell’aria secca, d la densità del vapor acqueo riferita a quella dell’aria, p il peso d’un metro cubo d’aria secca, in chilogrammi, e t la temperatura del vapore corrispondente alla sua tensione f\a). (a) Propriamente, nella seguente tabella a calcolare V, inveeedi assumere, secondo Regnault § = 0,003665; d = o,622 ; p = 1,293, si ritenne, con Gay-Lussac S = o,00375, d = 0,6235 p si,3, e per la relazione fra i ed f si addotto la tavola calcolata da Pouillet piota a pag. 338). Nondimeno queste differenze si compensano fra loro in parte, cosicché i valori di V che si otterrebbero coi dati di Regnault, ditferiscono ben poco da quelli qui esposti. Per esempio ad atinosf. 1,0 e 10,0 si avrebbe 1,6991 e 0,20698, invece di 1,696 e 0,2074. STACCHINE A VAPORE 489 Tensione opressione Volumedi assoluta f un chilogram- ^ avoro nwtore teorico L del vapore in mo di vapore in grandi dinamodi, posto Atmosfere Metri d’acqua' (1) 2 v—nr s /‘ = 0 f s= 10,3329 0,25- 2,583 6,114 15,79 — 47,39 0,50 5,166 3.191 16,49 — 16,49 0,75 7,750 2,209 17,12 — 5,71 1,00 10,333 1,696 17,52 0,00' 1,25 12,916 1,381 17,84 t 3,57 1,50 15,499 1,168 18,12 6,04 1,75 18,083 1,014 18,34 7,86 2,00 20,666 0,897 18,52 9,26 2,25 23,249 0,806 18,74 10,41 2,5C 25,832 0,7314 18,91 11,35 2,75 28,416 0,671 19,07 12,13 3,00 31,000 0,619 19,19 12,79 3,25 33,582. 0,576 19,34 13,39 3,50 36,165 0,538 19,46 13,90 3,75 38,748 0,505 19,57 14,35 4,00 41,332 0,4763 19,67 14,75 4,25 43,915 0,449 19,72 15,08 4,50 46,498 0,427 19,90' 15,48 4,75 49,082 0,407 19,98 15,77 5,00 51,665 0,388 20,10 16,0S 5,50 56,831 0,856 20,23 16,55 6,00 61,997 0,329 20,34 16,95 6,50 67,164 0,306 20,55 17,39 7,00 72,330 0,286 20,69 •17,73 7,50 77,497 0,269 20,85 18,07 8,do 82,663 0,2536 21,00 18,3T 8,50 87,830 0,240 21,08 18.60 9,00 92,996' 0,228 21,20 18.85 9,50 98,163 0,217 . 21,30 19,06 ' 10,00 103,329 0,2074 21,49 19,34 (1)1 numeri di questa colonna, divisi per 10, esprimono anche la pressione in chilogrammi, esercitata su ciascun centimetro quadrar to della base dell’embolo.. 490 CAPO QUARTO Pertanto l’utile dovuto alla condensazione diminuisce grado grado che s’aumenta la tensione assoluta del vapore ; ep- però, nella pratica, la condensazione è messa in opera sol quando la tensione stessa sia inferiore aio» atmosfere. Qualora si ammetta la legge di Watt (pag. 410-11), secondo la quale le calorìe richieste a vaporizzare un dato peso di acqua, sono indipendenti dalla temperatura alla quale accade la vaporizzazione, e quindi dal volume del vapore prodotto, sì può applicare al vapore stesso la legge di Boyle, ritenendone le tensioni inversamente proporzionali ai volumi. Propriamente cotesta legge di Watt non è rigorosa (§ 131): ma, entro i limiti di temperatura etti s’ adopera comunemente il vapore come forza motrice, cioè fra 110° e ICO 0 , essa è ammissibile per approssimazione. Inoltre, coll’espandersi, il vapore muterà di temperatura, e quindi di forza espansiva, allo stesso modo dei gas (§ 107 pag. 231); ma pur quest’influenza non sarà molto sensibile nelle unzidette condizioni. Laonde (piando in una macchina si metta in opera l’espansione, il lavoro motore teorico è dato dalla (l-H2,302Clog. j.) } ritenute le precedenti indicazioni, e posto s ’lo spazio percorso dall’embolo prima di espandersi, s la sua corsa totale, e V il volume del vapore entrato nel cilindro colla tensione /'avanti d’incominciare l’espansione. A valutare T effetto utile dell’espansione, servono le seguenti corrispondenze fra i valori dip e di 2,3020 log. -, indicati rispettivamente con e ed L : fi L e L e L t 0,000 . 5 1,609 2,197 2 0,093 6 1,791 10 3,3026 3 1,098 7 1,946 15 2,708 4 1,386 8 2,079 20 2,996 Non giova però, in pratica, di dare al rapporto della e- spansione -, un valore maggiore di 10, poiché, al di là, gli attriti e l’imperfezione del vuoto dall’ima banda deU’embolu, darebbero un lavoro resistente maggiore del lavoro motore prodotto dall’ espansione del vapore. !W CCHINE A VAPORE 491 L’effetto dinamico praticamente ottenibile da una macchina a vapore differisce dal lavoro motore teorico, per riguardo non solo agli attriti ed alle resistenze opposte alla comunicazione del moto fra le varie parti della macchina stessa, ma per riguardo ancora ad altre circostanze, e segnatamente per causa del raffreddamento provato da! vapore passando dulia caldaja al cilindro, e della pressione esercitata dal vapore che non trovando una facile uscita dal cilindro, non può ridursi esattamente alla forza espansiva corrispondente alla temperatura del condensatore od alla pressione dell’ aria e- sterna. Quindi il lavoro motore pratico in grandi dinamodi, quando non siavi espansione, è espresso da L\ r*. t ■ k . (f-D, e quando vi sia espansione da L J m —T'.f.k. ( 1 + 2,3026 log. ^ - j. ritenute le indicazioni antecedenti, e postoti la velocità media dell’embolo, ossia lo spazio in metri da esso percorso in un minuto secondo (a), e k un coefficiente numerico, relativo alle diverse resistenze passive della macchina, al modo di operare della medesima piuttosto a condensazione o senza, ad espansione o senza, ed alla forza della macchina stessa. Ecco un quadro dei valori di k noi singoli casi, ritenendo le macchine funzionanti nell’ ordinario stato di buona manutenzione, e la loro forza espressa in cavalli-vapore da 75 chilogrammetri cadauno. (a) Questa velocità v può facilmente calcolarsi, ove si conosca il peso/y in chilogrammi dell’acqua che in forma di vapore passa in un minuto secondo dalla caldaja nel cilindro, mercè la forinola v — ^ C ‘ = Co V C m= C f C a> inno/? ~c7~ i F - a ove Cp indica le calorie di vaporizzazione di un chilogrammo di liquido; C v le calorie di vaporizzazione di un litro dello stesso liquido; .fife F barinogli stessi significali di più sopra; E indica l ’equivalente meccanico del calore, ossia il lavoro motore prodotto da una caloria che sia interamente trasformala in lavoro meccanico (come diremo più avanti, secondo Joule, sarebbe E = 0,4235 grandi dina- modi , ossia a chilogrammetri 423,5, ed è il primo di questi valori che noi assumeremo nei computi che seguono); C a le calorie necessarie a produrre l’elaterio che equilibra la pressione esterna nel vapore generato da un litro di liquido; C m le calorie richieste a vincere le forze molecolari in un litro di liquido, nell’atto che lo si vaporizza; F m il lavoro motore prodotto da quest’ultime calorie, cd equivalente al lavoro resistente spiegalo dalle forze molecolari di coesione, tuttavia operanti nel liquido già dilatato alla temperatura t ; C, le calorie che devonsi spendere per ottenere un metro cubo di vapore dal rispettivo liquido già scaldalo a f ; F a effetto utile o lavoro motore, in chilogrammetri, prodotto da una caloria vaporizzante ciascuno dei diversi liquidi alla temperatura t. Ecco i valori che ottenni per ciascuno dei delti elementi per i quattro liquidi sovra considerati : Acqua Àlcoole Etere Terehenteno Cp sec. Favre e Silb. 536,5 20S,92 91,11 68,73 C v .514,113 156,502 63,754 5S,S49 c a .3'>.734 11,454 5,8392 4,7852 C m 145,048 57,915 54,064 F m in gr. dinamodi 217,73 66,279 27,000 22,4265 c, .315,69 333,37 266,39 300,07 F a in chilogrammetri 32,731 30,996 38,789 34,436 Da qnesti dati si rileva, che quei vapori i quali dispiegano un maggior potere dinamico sono quelli prodotti dai liquidi che ricer- MACCHINE A VAPORE 490 «ano maggior numero di calorie per essere vaporizzali ed i cui vapori hanno la minor densità relativa ; che ben poca pane delle calorie spese per la vaporizzazione d’un liquido vieu trasformala in potere dinamico nel vapore; die la massima pane delle dette calorie va consumata, per vincere la coesione sussistente fra le molecole del liquido; che questa seconda pane corrisponde rispettivamente a t2,S ; -11,9; di,5 e 9,9 volle la prima nell’alcoole. nell’acqua, nel terebeo- leuo e nell’etere, presi questi liquidi alla rispettiva temperatura d’ebollizione; che per cotesta via è dato valutare (con una precisione forse maggiore di quella ottenibile colle vie che sembrano più dirette) la coesione relativa dei diversi liquidi alla rispettiva loro temperatura d’ebollizione; clte qualora si determinassero le calorie di vaporizzazione dei singoli liquidi a differenti temperature, siccome fece Regnatili per l'acqua, e si calcolassero pure i volumi relativi dei vapori alle stesse temperature (mercè le Corniole delle loro tensioni e quelle delle dilatazioni de’ corrispondenti liquidi), potrebhersi determinare le variazioni nell’intensità delle forze molecolari operanti nei liquidi in relazione alle variazioni nelle densità di questi, e quindi in relazione alle differenti distanze delle loro molecole; che, preso per unità il valore della coesione nel lerebenieno, nell’acqua, nell’al- coole e nell’etere essa risulla rappresentala rispettivamente da 9,7 ; 2,9 od 1,2 (prendendo però questi diversi liquidi a tali temperature per cui riescano in essi eguali le rispettive forze evaporanti (§ 118 ); cnc questi rapporti risultano in bastevole accordo coi rapporti dei va- loriw, d esposti nella nota a pag. 166, siccome esprimenti l’azione coesiva dei liquidi, dedotta dall’elevazione loro ne’tubi capillari (dove l’acqua, l’aleoole, l’etere ed il terebenteno diedero rispettivamente 15,13; 4,99; 3,71 e 5,72), purcbè si rifletta che quest’ultimi dati concernono i liquidi stessi presi tutti a 0*, mentre i precedenti si riferiscono a temperature superiori a questa e tra loro molto differenti, e si rifletta altresì che, col crescere della temperatura, diminuiscono sensibilmente, ma con diversa ragione, tanto in, 2 ( pag. 157), quanto d ; clte in un litro d’acqua a 100” la coesione sviluppa uu lavoro resisterne corrispondente a 2900 cavalli-vapore; che perciò validissima è la coesione anche nei liquidi, come lo si era argomentato da altri fenomeni (§ 86 ) ; che le calorie richieste a produrre eguali volumi dì vapori a tensione eguale coi diversi liquidi non differiscono molto t r a di loro; che perciò differiscono poco tra di loro anco gli 600 CAPO QUARTO effetti utili ottenibili con una data quantità di calore vaporizzando f diversi liquidi ad eguali pressioni; che, preso per unità l’effetto utile fornito dall"acqua, quelli dati dall’ etere, dai terebenteno e dai- I’alcoole risultano rispettivamente espressi da 1,19; 1,06 e 0,95; che pur coll’’etere, il quale porge il massimo effetto utile, questo corrisponde appena ad un undecimo del lavoro' motore che dovrebbesi spiegare (chilogrammetri 423,5) dalla forza messa in opera per produrlo, ove questa forza pulito non si esaurisse per vincere delle resistenze passive; che perciò' i liquidi, vaporizzandosi, operano come le macchine in genere, le quali assorbono 1 colle loro resistenze passive non poca parte del lavoro motore che si svolge dalla forza motrice ad esse applicata; che anzi i liquidi, operando nell’indicato modo, si mostrano quali macchine ben più svantaggiose de’ consueti meccanismi solidi, i quali consumano, tutl’al più, la metà dell' immediato lavoro delia potenza. Aggiungasi che, a vaporizzare un liquido, oltre le calorie di vaporizzazione finora considerate, bisogna consumare altresì le calorie C t necessarie a ridurre alla temperatura, della vaporizzazione un litro di liquido, le quali , partendo per ciascun liquido da 0°, si determinano colla relazione C t — c.t. D t , essendo c il valor medio delle calorie di temperaiura del liquido da 0° a f. Cosicché, a determinare l’effetto utile od il lavoro motore-, in chilogrammetri, effettivamente prodotto da ognuna delle calorie impiegate, sia a scaldare il liquido, sia a vaporizzarlo, si userà laformola F ~ Per u t t^ L v i predetti liquidi trovai.- Acqua A'tcon’e Etere TPH’^ntHio e secondo Regnault -1^05- 0,6051 0,5174 0/i672 c t . . - . - 96,306 35,537.' 12,853 65,500 F in-chilogrammetri 27,567 25,260- 3-2,280 *6,6046 Pertanto l’alcoole, pur con questo riguardo, rende per ciascuna caloria impiegata un effetto utile minore di un dodicesimo circa di quello dato dall’acqua; l’etere supera, di quasi un sesto l’effetto utile dell’aequa, ed il terebenteno giunge appena, alla metà di quest’ ultimo- Noteremo, finalmente, che, vaporizzando i liquidi a temperature superiori a quelle della loro ebollizione, si avranno dei vapori i cui MACCHINE A VAPORE 501 volumi relativi ed i cui poteri dinamici differiranno sensibilmente da quelli determinati sopra, e quindi saranno pur variabili gli effetti utili ritraibiii da ciascuna caloria impiegata. Per un dato vapore, for- mantesi ad una qualsiasi temperatura t, si avranno le relazioni: T V ~ D t T ‘ #=«,3329 ^ r-, # = 7926,86 _ t C t T C v t d ritenute le precedetiti notazioni. Sarebbe quindi importante che si determinassero per gli altri liquidi le calorie di temperatura e le calorie di vaporizzazione a differenti temperature, come fece Regnault per l’aequa (pag. 223 d) e pag. 412 ), e che si determinassero altresì le densità dei liquidi a temperature superiori a quelle della loro ebollizione. Siccome però, in generale col crescere di t, la quantità 1 | à t aumenterà ben più che non diminuirà , e C decrescerà» così si può dire che il poter dinamico, e — probabilmente'— anco Feffetto utile andrà crescendo, e tanto più quant’è più rapido l’incremento della tensione del vapore f rispetto a quello della temperatura. Sotto questo riguardo l’alcoole supera notevolmente l’acqua, l’etere è poco inferiore a quest’ultima, ed il ferebenteno si mostra di gran pezza inferiore all’etere non solo, ma aneora al solfuro di carbonio ed al cloroformio (pag. 364-65). Per esempio, spiegano una tensione eguale a rnill. 7076, ossia ad atmosfere 9,3 il vapor d’alcoole a 149°, quello d’acqua a 177°,2, e quello di etere a 116», cioè ad una temperatura rispettivamente superiore di 70°,6; 77°,2 e di 81°,5 a quella in cui ciascuno di essi spiega la tensione d’un’atmosfera; mentre il vapore di terebenteno a 63° al di là della propria temperatura d’ebollizione manifesta soltanto la tensione di atmosfere 3,66. Secondo Joule (1850), nelle ordinarie macchine a vapore, vieti utilizzata, trasformandola in lavoro motore, soltanto quella parte delle calorìe impiegate a vaporizzare l’acqua che serve a promuovere nel vapore la tensione equilibrante l’esterna pressione, pur facendo astrazione degli attriti e delle resistenze passive spiegantisi nel moto delle parti stesse della macchina. E cotesiu parte, per una macchina perfetta mantenuta in molo dal vapore a 100 u , senza espansione, corrisponderebbe appena a circa un tredicesimo delle calorie di vaporizzazione, cioè a calorìe 41,5 (a): le restanti calo- (a) Queste calorìe che si riferiscono al peso e non al volume del li- 502 CAPO QUARTO rie 195 andrebbero perdute, rappresentando le calorìe conservate dal vapore all’uscir dal cilindro, e trasmesse poi al condensatore. E vanno altresì perdute le calorìe richieste a scaldare l’acqua sino a 100°. Iiegnault (1855) parte invece dal dato, che una porzione delle calorìe comunicate al vapore nella caldaja scompare durante il passaggio del vapore stesso nel cilindro (indipendentemente dal raffreddamento eh’esso prova per l’equilibrarsi delia temperatura fra i corpi cui viene in contatto), e che il lavoro motore prodotto nell’embolo riesce appunto proporzionale a coteste calorìe scomparse. Il calore trasformasi adunque in lavoro meccanico, in egual modo che un lavoro meccanico può trasformarsi in calore (pag. al). Quindi, ad ottenere il massimo effetto dinamico da una quantità di calore comunicata al vapore, bisogna far sì che minima risulti la forza espansiva residua nel vapore ali’ uscire da! cilindro. Da qui il vantaggio grandissimo riscontrato praticamente coll’ espansione del vapore i«),il quale, nell’atto stesso dell'espandersi, si raffredda, appunto perchè una parte del proprio calme trasformasi in lavoro motore. Nondimeno, anco nelle migliori macchine a vapore ad espansione e condensazione, le calorìe utilizzate non sarano che mia piccola parte di quelle comunicate ai vapore nella caldaja ,6,. Si può ottenere un maggior quido vaporizzato, si determinano moltiplicando il volume, in metri cubi, di un chilogrammo di vapore a 100° per la esterna pressione, in chilogrammi, esercitata su d’un metro quadrato, e dividendo il prodotto per l’equivalente meccanico del calore. (a) Nelle macchine di VYoolf, nelle quali il vapore passa successivamente in due cilindri di diverso diametro, si trae molto partito dall’espansione, e sì rende più uniforme la velocità nel moto degli emboli che non lo sia nelle macchine ad espansione ad un sol cilindro. (ò) Quando non siavi espansione, si potranno calcolare le calorìe trasformate in lavoro motore colla foruiola mc(l-t'), posto m il peso del vapore che passa nell’unità di tempo pel cilindro, t e V le temperature del medesimo all’ entrare ed all’ uscire dal cilindro, e e le calorìe MACCHILE A VAPORE i>0."> vantaggio, riscaldando ulteriormente il vapore durante il suo passaggio dalla caldaja al cilindro ; 1’ aumento nella forza «11 temperatura del vapore a pressione costante ed a peso riferite a quelle dell’ acqua: pel vapor acqueo, secondo Regnault, sarebbe c = 0,475. Ma quando il vapore si espande, mutandosi in esso la pressione ed il volume, non pud valere la precedente formola. In questo caso Regnault calcola le calorìe utilizzabili con riguardo alle differenze nel calor totale del vapore alle differenti temperature (pag. 412-13). Poiché la variazione di 1° nella temperatura produce la variazione di 0,305 calorie nel calor totale dell’unità di peso del vapore, si potranno calcolare le calorìe trasformate in lavoro motore colla formola 0,305 in ( t-t’), ritenute le notazioni precedenti. Per esempio, in una macchina ad espansione, senza condensazione, dove il vapore entri nel cilindro colla tensione di 6 atmosfere e ne esca colla tensione di atm. 1,25, sarà t— 159”,2, t 106",3, epperò ogni unità di peso di vapore cederà nel cilindro calorìe 16,14; mentre applicandovi la condensazione, e supponendo ridursi a mill. 55 la tensione de! vapore in comunicazione col condensatore, si avrà t’r=40°,0. e si utilizzeranno calorie 36.26. Ora le calorìe possedute dall'unità di peso del vapore all’entrare nel cilindro essendo 654,96, se ne trasformeranno in lavoro motore soltanto un quarantesimo circa nel primo caso ed un diciottesimo nel secondo, pur supponendo nulle le resistenze passive della macchina. Regnault stima conveniente di far subire al vapor acqueo un’espansione non molto grande nel cilindro, trasformandovi in lavoro motore solo una piccola parte delle sue calorìe, per impiegarne poi le restanti a trasformare in vapore un altro liquido (il quale passerebbe a condensarsi mediante un tubo a serpentino) mollo più vaporabile dell’acqua, come l’etere od il cloroformio; quindi quest’altro vapore, dotato di una ben superiore tensione, andrebbe ad espandersi in un secondo cilindro, sino a ridurvisi ad una tensione sì bassa clic l’acqua d’infezione possa farlo rifluire nel condensatore. La parte delle calorìe comunicate al vapor acqueo che in tal modo trasformerebbesi in lavoro motore, sarebbe maggiore di mollo di quella ottenibile con una più grande espansione del vapore acqueo nel primo Cilindro. Alcuni tenutivi fatti da Tremblay (1853) per una macchina a vapor d'acqua e di etere'diedero risultati che lasciano sperare de’ miglioramenti. Man. di Fisica 32 u(H CAPO QUARTO .espansiva che inducesi cosi direttamente nel vapore stesso può Vssere utilizzato durante la consecutiva sua espansione nel cilindro. Sonosi pertanto in quest’ultimi anni immaginate diverse disposizioni per ottenere, come suol dirsi, il surriscaldamento del vapore (a). Appunto in vista dello scarso numero delle calorìe spese che vien utilizzato nelle macchine a vapore, si pensò in quest ’ ultimi anni a riscaldare invece direttamente dei corpi aventi già lo stato di fluido espansibile, come sono i gas. Con questi, ■teoricamente almeno, potrebbesi utilizzare tutto il lavoro molare comunicato loro dal calore, poiché con essi non si hanno a vincer prima le forze di coesione, come accade nella vaporizzazione dei liquidi, e poiché la forza viva corrispondente alle loro calorie di temperatura può tutta trasformarsi in lavoro d’espansione. Ma perchè ciò avvenga, vuoisi che il gas, ( il quale è la stessa aria atmosferica ) scaldato in apposito fornello prima d’entrare nel cilindro, abbia poi entro di questo a dilatarsi di tanto per la propria forza espansiva da ridursi ad una temperatura eguale a quella clic aveva prima dell’ applicazione del calore (*). Che se Furia esce dal cilindro con una (a) Secondo Vanx (1853), operando nei limiti di tensione da < a 5 atmosfere, sia ad espansione, come senza, il surriscaldamento del vapore non saturo a 400° può dare un’economia del 20 al 27 per 100.* e 1’eff: tto ut ite d’un chilogrammo di vapore surriscaldato a 400°, pur operante senza espansione, equivarrebbe a chilogrammetri 34,2, invece «li 27 a 28,5 ottenibili col vapore salm o da 100° a 153\ (b) Secondo Walerston (4 852), qualora si contino le temperature deli’aria partendo dal così detto zero assoluto, cioè da — 273°, iì lavoro meccanico spiegato da una data massa d’aria nel dilatarsi v proporzionale alla differenza delle radici cubiche delle sue densità iniziale c finale, ossia alla differenza fra le temperature iniziale e tinaie, cosicché la diminuzione avvenuta nella temperatura sarà proporzionale al lavoro prodotto. Ed il totale potere meccanico spiegato da un volume d’aria avente una data forza espansiva, ove si «spandesse indefinitamente, sarebbe eguale alla stessa forza espansiva FOSTI DI CALORE »G3 temperatura superiore a quest’ultima, giova far in modo, come immaginò Ericson (1832), che il residuo calore sia ceduto ad un sistema di tele metalliche, cui vien poi ritolto dall’ aria che entra nei forno. Un tal sistema si denomina rùjenet'alo- re 3 poiché conserva il calore che andrebbe perduto come lavoro motore, per trasformarlo poi in forza viva. Giova altresì , secondo Liais, Tresca e Lissignol (1833) che l’aria sia compressa notevolmente innanzi di scaldarla, e che durante il riscaldamento sia mantenuta a volume costante, affinchè il volume del serbatojo non sia molto grande e riesca tanto maggiore 1’aumento di volume che subisce l’aria espandendosi nel cilindro. Nondimeno, praticamente , non seppesi ancora trarre molto partito da questo mezzo. Si è però trovato vantaggioso di applicare il rigenei'atore a tele metalliche ad ottenere con economia il surriscaldamento del vapore, come nelle macchine di Seguin e di Siemens (1858). 141. Veduti i diversi ordini di fenomeni provocati dal calore operante ne’ corpi, ora ci rimane dì accennare quei fenomeni o quelle azioni che eccitano ne’ corpi uno svolgimento di calore. Tali sono: alcuni cambiamenti nello stato fisico de’corpi, la compressione o condensazione, lo strofinio, il moto, 1’ elettricità e le chimiche combinazioni. Diremo anche del calor radiante inviato dal sole e dagli altri astri alla terra, e del calor proprio delle interne parti di questa. E cotesto esame delle varie fonti del calore ci porgerà qualche lume su la natura propria del calore istesso, riguardato qual forza promotrice de’ diversi fenomeni termici. operante su un volume triplo, e sarebbe proporzionale alla temperatura iniziale dell' aria, contata nel detto modo. Ed il lavoro motore spiegato da una data massa, scaldandola da una ad altra temperatura e lasciandola dilatare sotto una pressione costante, equivale ad un ter/o della differenza fra tali temperature; e le calorìe necessarie ad ottenere il detto riscaldamento corrispondono a quattro terzi di quelle volute a produrre lo stesso effetto nel caso che il volume resti costante, 503 CAPO QUARTO 445. Si è notato svolgersi calore in quelle mutazioni nello stato d’aggregazione delle molecole d’un corpo, per le quali le molecole stesse si riducono a ben minori mutue distanze, o si aggruppano formando un sistema dotato di ben maggiore coerenza, siccome accade nella liquefazione dei vapori e nella solidificazione dei liquidi. E già s’indicarono le quantità relative di calore che in tali casi si sviluppano (§ 415 e 417, 434 a 433). Svolgesi allora quel calore, che dianzi serviva a mantenere in istato espansivo le molecole del vapore od in istato fluido le molecole del liquido, elidendo, almeno in parte, l’azione delle forze molecolari attrattive e di orientazione. Può dirsi dunque che ne’ vapori e ne’ liquidi il calore opera come una forza motrice, la quale di continuo dispiega un lavoro meccanico antagonista a quello, pur di continuo esercitato, dalle forze molecolari aggregative. 146. Ogni volta che un corpo prova l’azione di forze e- slrinseche prementi, svolgesi da esso una quantità di calore, la quale è tanto maggiore quant’è maggiore la variazione avvenuta nella sua densità, maggiore la sua capacità calorifica e minore la sua dilatabilità per il calore. E, per una data forza premente, la detta variazione nella densità d on corpo sarà inversamente proporzionale al suo coefficiente d’elasticità se trattasi d’un solido, ovvero direttamente proporzionale al suo coefficiente di compressibilità ove trattisi d’un liquido. Imperocché, posto d e d’ le densità d’un corpo prima e dopo la compressione, à il suo coefficiente della dilatazione cubica, i l’aumento nella temperatura che in esso produrrebbe la compressione, qualora il calore svolto non si trasmettesse punto ai corpi circostanti, c le calorìe di temperatura d’ogni unità di peso del corpo che si comprime, e V le calorie sviluppate dalla compressione nell’ unità di volume del corpo stesso, si avranno le relazioni t : d’—d 'd’. f ' Le ~ i dj-d d -"“.E volendosi determinare le calorie C’ svolte in ogni unità di volume di un solido mereè una forza comprimente, operante CALORE SVOLTO PER COMPRESSIONE 507 solo nel senso della lunghezza del corpo e corrispondente ad un chilogrammo per ogni millimetro quadrato della sua sezione trasversale, posto e il coefficiente d’elasticità del corpo stesso (§ 76), sarà C” —0,0001 ~~ : e l’aumento t’ nella tem- peratura prodotto nello stesso solido da cotesta compressione si avrà dalla t’ ■ Laddove, per un liquido, il cui coefficiente della compressione cubica reale (§77) sia c’, le calorie 6” svolte da ogni sua unità di volume per una pressione esercitan- tesi in ogni verso, e corrispondente ad 1 chilogrammo per ogni millimetro quadrato della sua superficie, saranno date dalla formola mentre il corrispondente aumento /’ nella temperatura del liquido stesso sarà dato da t'— Che se la forza comprimente il liquido equivarrà alia pressione d’un’atmosfera, le calorie C” svolte da ogni unità di volume dello stesso ed il corrispondente aumento t” nella temperatura saranno date da C”zz;0,000001 —e f”—0,000001 ~.(«) O à I metalli percossi a martello, compressi sotto il conio, passati alla tratila od al laminatojo si scaldano sensibilmente. Berthollet, insieme con Pictet e Biot, determinando gli aumenti di temperatura prodotti in diverse monete sotto successivi colpi del torchio da conio, rilevò che essi vanno decrescendo mano mano che scemano gl'incrementi della densità delle monete stesse. Ecco alcuni esempi. - Aumenti di temperatura osservali 1° colpo 2° colpo 3° colpo totale 1* Moneta di rame . . . . 9°,69 4°,06 1 °,06 14°, SI 2* idem . . . . 11,56 2,50 0,81 14,87 l a Moneta d’argento . . • . 3,44 3,25 1,50 8,19 9“ idem . • • 4,06 -1,19 1,12 6,37 (a) Tutte le quantità d, c, J, e e c’ che entrano nelle suesposte forinole variando colla temperatura, bisognerà, nell’applicare queste ai casi particolari, assumere i convenienti valori s altrimenti esse varranno solo a fornire dei dati di approssimazione. ,'io,? CAPO QUARTO K rimarchevole che le due monete di rame diedero, in totale, coi tre colpi aumenti pressoché eguali di temperatura, benché nei singoli colpi gli aumenti stessi siano non poco differenti nelle due monete. Il calore svolto dall’ argento' risulta minore di quello dato dal rame : coll’ oro ebbesi uno sviluppo di calore inferiore ancora a quello dell' argento. Per molte prove si trovò che, dopo tre colpi del torchio, lo monete, battute ancora, o non diedero calor sensibile, o ne dieder meno che coll’ultimo colpo. Però il processo usato dai delti sperimentatori non poteva dar loro gli effetiivi aumenti di temperatura provati dalle monete per opera della compressione, ma soltanto i rapporti degli incrementi stessi. Cn fianco di rame avente la densità 8,8529, battuto una prima volta, si ridusse alla densità 8,8898, ed a 8,90st dopo un secondo colpo. Vii fianco d'argento, con un primo colpo presentò un aumento di densità da 10,4465 a 10,4838; mentre un fianco d’oro crebbe solo da 19,2390 a 19.24S7. Quindi, col primo colpo, la densità variò da 1,0 ad 1,0041 nel rame, da 1,0 ad 1,00105 nell’argento.; e nell’ oro soltanto da 1,0 ad 1,000537. I.’aumento di temperatura prodotto dal primo colpo di torchio fu, per medio, nelle due monete di rame 10°,625, e 3°,75 in quelle d’argento, eppcrò il rapporto di questi due aumenti medi è di 2,83 ad 1. Colle forinole suesposte si trova per il rame t = 80°,337 e C— 67,678; per l'argento f = 27®,475 e C = 14,580 (a), e quindi il rapporto dei valori di t pei metalli sarebbe di 2,92 ad l,o, molto prossimo a quello avuto sperimentalmente. Col secondo colpo si ha, per medio, nelle due monete di rame l'aumento di 3,°2S nella temperatura: mentre la prima delle dette forinole darebbe t = 39°,760 : e quindi il rapporto de’due valori di t corrispondente al primo ed al secondo colpo sarebbe di 2 ad t, mentre l’analogo rapporto sperimentale sarebbe di 3 ad 4 : la qual differenza non è molto significante, ove si guardi alle notevoli differenze fra gli aumenti di temperatura osservati nelle due monete di rame, sì col primo che col secondo colpo. Weber (4 830), per determinare nei metalli la variazione di temperatura prodotta da una data variazione nel loro volume, si prevalse d'una rapida tra